Sei sulla pagina 1di 7

FOSCOLO

LA VITA
Ugo Foscolo nasce nel 1778 a Zacinto, oggi conosciuta come Zante, un’isola greca ionica, controllata dalla
repubblica di Venezia, da padre italiano, Andrea, e madre greca.
Luogo in cui il poeta vive fino all’età di 7 anni, Zacinto per Foscolo non è solo un luogo a cui è legato da un
punto di vista affettivo, ma essendo quest’ultima un’isola greca rappresenta e convince Foscolo del suo
profondo legame con la cultura classica.
L’improvvisa morte del padre nel 1788, lo costringe a trasferirsi a Venezia, modificando la sua situazione
economica: da una vita agiata inizia a condurre una vita precaria, vivendo in prima persona il peso di essere
un intellettuale, poiché non sarà in grado di mantenersi vivendo unicamente della sua professione. Venezia
gli offre molte opportunità: è una città ricca, culturalmente vivace e politicamente indipendente.
A Venezia apprende il dialetto veneziano, così la necessità di conoscere l’italiano lo porta a studiare
tantissimo non solo i classici, ma anche autori italiani moderni e contemporanei, cimentandosi in traduzioni
e composizioni.
In questo periodo conosce Melchiorre Cesarotti, di cui segue qualche lezione e di cui legge la traduzione dei
Canti di Ossian, dei falsi letterari, racconti del XII secolo che trattano vicende guerresche e scritti in lingua
celtica, tradotti e rielaborati da Cesarotti, caratterizzati da un’ambientazione nordica, ovvero paesaggi cupi
e vicende tragiche.
In seguito entra in contatto con alcune delle personalità più significative dell'epoca, come Casanova e
Pindemonte.
Quando Napoleone giunge in Italia e conquista Venezia (che era una repubblica oligarchica), instaurando
diversi regimi repubblicani su modello francese, viene accolto con grande entusiasmo, poiché predicava la
libertà e l’uguaglianza. Ma quando nel 1797, con il trattato di Campoformio, cede Venezia all’Austria in
cambio di altri territori, Foscolo deluso decide di trasferirsi a Milano, dove incontra Parini e Monti.
Nonostante però la delusione Foscolo continua a militare per l’esercito napoleonico spinto dalle necessità
economiche.
Combatte al fianco dei francesi spostandosi in diverse città d’Italia, dove conosce diverse donne che
saranno d’ispirazione per le sue opere come Antonietta Fagnani Arese.
Gli anni che vanno dal 1802 al 1817 sono caratterizzati da un forte fervore creativo.
Nel 1802 pubblica la prima edizione dell’Ortis, nel 1803 pubblica la raccolta Poesie, composta da due odi e
dodici sonetti.
Nel 1807 pubblica i Sepolcri, mentre nel 1813 inizia la composizione delle Grazie, rimaste incompiute.
Nel 1814 con il congresso di Vienna gli austriaci recuperano il dominio sull’Italia Settentrionale, e con la
restaurazione del dominio austriaco Foscolo fugge in Svizzera diventando un esule, spesso in fuga per
sfuggire alla polizia austriaca. Un anno dopo si trasferisce a Londra dove viene inizialmente ben accolto
dall’ambiente intellettuale, ma il suo stile di vita lo allontana dalle simpatie e lo riduce in povertà. Muore
nel 1827, isolato e ammalato, ma assistito da una figlia, le sue spoglie furono traslate nel 1871 a Santa
Croce, presso Firenze.

LA FORMAZIONE
A cavallo tra due secoli e due epoche, Foscolo vive in un momento di svolta per la storia letteraria e
culturale italiana.
Con lui si delinea una figura di intellettuale nuovo, che percepisce un solco profondo tra sé e i letterati della
generazione precedente. Anche in lui è ravvisabile quell’intreccio tra Classicismo e Romanticismo che
caratterizza molti degli autori più significativi tra Sette e Ottocento.
Nella formazione di Foscolo convengono le componenti classiche, preromantiche e illuministiche.
Il giovane poeta studia i grandi classici latini e greci, oltre a quelli italiani come Petrarca e Dante e anche
stranieri come i poeti cimiteriali inglesi e la grandiosa cupezza di Ossian.
Invece, tra i moderni guarda con ammirazione Parini e il desiderio di libertà di Alfieri. Al tempo stesso è
influenzato dal sentimentalismo di Rousseau, e di Goethe.
Per quanto riguarda le idee tra gli illuministi subì l’influenza di Rousseau che gli suggerì concezioni
democratiche e lo spinse nella giovinezza ad abbracciare posizioni giacobine.
Sempre da Rousseau riprende la concezione della società umana, la quale si fondava sulla naturale bontà
dell’uomo che era stata corrotta dallo sviluppo della civiltà. Più tardi Foscolo abbracciò le concezioni più
pessimistiche di Machiavelli e di Hobbes, che lo inducevano a credere nell’originaria malvagità dell’uomo, la
società gli appare come una guerra di tutti contro tutti, in cui trionfa solo la legge del più forte.
Al pessimismo si aggiunge il materialismo, che apprende sempre dalla cultura illuministica del Settecento,
con l'ausilio anche di pensatori e poeti classici, come

Democrito ed Epicuro oppure Lucrezio, secondo cui tutta la realtà è materia, si esclude lo spirito se non
come prodotto della materia stessa.
Ne deriva la negazione del trascendente e dell’anima immortale.
Il pessimismo tipico di questo secolo scaturisce indifferenza e passività nell’animo dell’uomo, in netto
contrasto con la visione attiva e vivace della vita di Foscolo. Egli infatti cercherà di trovare alternative ma
non arriverà mai a superare le concezioni materialistiche e meccanicistiche.
Il poeta assegna un particolare compito alla letteratura e alle arti, intese come depositarie della bellezza.
Il compito è quello di depurare l’animo dell’uomo dalle passioni che nascono dai conflitti della vita, di
consolarlo dalle sofferenze del vivere.
Ma alla letteratura e alle arti è in realtà assegnato un fine più alto: purificando l’animo dell’uomo lo
rendono più umano, lo allontanano dalla condizione feroce che lo spinge alla guerra e gli insegnano il
rispetto per gli altri.
Queste discipline hanno per Foscolo un inestimabile funzione civilizzatrice. Ad esse è attribuito anche il
compito di tramandare le memorie, in cui consiste l’animo di un popolo.

JACOPO ORTIS
La prima opera importante di Foscolo fu un romanzo, Ultime lettere di Jacopo Ortis, in cui l’esperienza
vissuta e la finzione letteraria si intrecciano (già nel titolo è presente uno spoiler).
Una prima redazione del romanzo fu parzialmente stampata dal giovane Foscolo a Bologna, nel 1798, ma
restò interrotta per le vicende belliche.
Il romanzo fu ripreso e pubblicato con profondi mutamenti nel 1802 da Foscolo. Successivamente lo
scrittore tornò ancora sul romanzo durante l’esilio, pubblicandolo per l’ultima volta nel 1817 a Londra con
ritocchi e aggiunte.
L’Ortis è dunque un’opera giovanile, ma anche un’opera che Foscolo sentì come centrale nella sua
esperienza, dato che vi ritornò parecchie volte a distanza di anni.
Si tratta di un romanzo epistolare: il racconto si costruisce attraverso una serie di lettere che il protagonista
scrive all’amico Lorenzo Alderani, le lettere presentate sono unicamente quelle di Jacopo: in questo modo
l’opera diviene una sorta di monologo che racconta la storia intima del protagonista. Di fatto Ortis è l'alter
ego dell’autore, i due presentano personalità simili, ma non identiche: Jacopo sceglierà il suicidio, Ugo
troverà scampo nella letteratura.
Questa uccisione è simbolica poiché con la morte di Jacopo è come se Ugo avesse ucciso la parte negativa
di sé, ovvero il Nichilismo, termine che deriva dal latino nihil ovvero NULLA, dottrina che non riconosce
alcun senso all’esistenza, negandone i valori.

Il modello a cui Foscolo si ispira è soprattutto i Dolori del giovane Werther di Goethe, anche se non è da
trascurare la Nuova Eloisa di Rousseau. Chiaramente ispirato al Werther è il nodo fondamentale
dell’intreccio, un giovane che si suicida per l’amore di una donna già destinata ad un altro.
Ma riprende da Goethe anche il conflitto tra l’intellettuale e la società in cui non può inserirsi (titanismo).
Il romanzo diventa fin da subito il libro in cui si rispecchiano tutti coloro che avevano accolto gli ideali
rivoluzionari, per poi subire una cocente delusione, diventando il libro di una generazione.
Il romanzo racconta di Jacopo, un giovane studente che dopo il Trattato di Campoformio si è unito alle
truppe napoleoniche, ha dovuto abbandonare Venezia, la sua città.
Si rifugia sui colli Euganei, dove incontra Teresa, promessa sposa a Odoardo. Quando Teresa scopre di
essere innamorata di Jacopo, ricambiata, lo rivela al padre, il quale però non ritiene opportuno sciogliere la
promessa di matrimonio, per non compromettere la stabilità economica della famiglia.
Jacopo si allontana da Teresa, per non farla soffrire. Inizia a peregrinare per l’Italia settentrionale, senza
trovare pace.
Quando viene a sapere delle nozze tra Teresa e Odoardo distrugge tutti i suoi scritti e si uccide.

SCHEMA

LO STILE
La forma epistolare conferisce al racconto autenticità. Nell’Ortis Foscolo evita termini arcaici, ammette
colloquialismi, rifiuta strutture sintattiche innaturali(per esempio si anticipano le subordinate rispetto alla
reggente come il periodare latino), recuperando a tratti i caratteri della lingua viva: il tentativo di conferire
all’opera un tono medio.
Non rinuncia del tutto alla prosa aulica letteraria attraverso l’uso di apostrofi, esclamazioni, o preziosismi
lessicali. I registri e la costruzione sintattica sono vari, legati alle diverse situazioni e agli stati d’animo del
protagonista.

LA LIRICA
Foscolo inizia molto presto a scrivere le liriche. Già nelle sue prime composizioni è evidente il legame che
mantiene tra la poetica e la vita. Il poeta è molto critico nei confronti dei propri versi, fu sicuramente uno
scrittore molto prolifico nel corso del tempo però ai fini della pubblicazione fece una selezione
rigorosissima del materiale che aveva a
disposizione e pubblicò nella raccolta Poesie soltanto due Odi e 12 Sonetti. Eliminò tutta la prima parte
della sua produzione poetica che era per lo più una poesia ispirata all’Arcadia.
Le poesie sono caratterizzate dunque da Odi e Sonetti:
● l’Ode è un componimento poetico diviso in strofe con schema metrico diverso, in genere caratterizzate
da endecasillabi e settenari, l’endecasillabo e il settenario piano sono caratterizzati da 11 e 7 sillabe, invece
se l’endecasillabo è sdrucciolo o tronco può essere composto rispettivamente da 12 o 10 sillabe, il
settenario sdrucciolo da 8 sillabe se è tronco da 6.
● I Sonetti hanno una struttura molto precisa, sono un componimento poetico di 14 endecasillabi
organizzati in due quartine e due terzine, che possono avere rime differenti, per esempio per le due
quartine possono essere rime alternate o incrociate, mentre per le due terzine ripetute.
Il Sonetto fu inventato nella scuola siciliana da Jacopo da Lentini.
Le due Odi hanno dei temi differenti rispetto ai 12 sonetti.
LE ODI
Le Odi si configurano come omaggi galanti alla bella donna, A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All’amica
risanata. La prima Ode è dedicata a Luigia, una sua cara amica che è caduta da cavallo, l’altra Ode la dedica
a un’altra bella donna con cui avrà anche un’intensa relazione, Antonietta Fagniani Arese che sta guarendo
da una malattia.
Anche qui sono presenti riferimenti autobiografici, però a differenza dell’Ortis,
qui i riferimenti sono tenui e banali, ovvero si tratta di un riferimento molto debole come le occasioni, le
tematiche vere e proprie sono infatti altre come l’esaltazione della bellezza femminile.
La bellezza per Foscolo è uno dei valori più importanti, è consolatoria rispetto alla tristezza dell’esistenza, è
uno di quei valori che può dare un senso all’esistenza.
Infatti Foscolo le attribuisce una funzione civilizzatrice, e portatrice di valori che possono migliorare l’uomo
stesso.
Si propone attraverso il componimento di eternare questa bellezza, ovvero Foscolo parte da questa
occasione, ossia la caduta da cavallo o la ripresa dalla malattia e ne approfitta per celebrare la bellezza di
queste due donne, che viene arricchita da continui riferimenti alla mitologia e ad altre divinità come Venere
e Artemide, questi riferimenti mitologici dimostrano come un tempo la bellezza di una dea sono state rese
eterne dai poeti classici, e così Foscolo si propone di eternare attraverso la celebrazioni poetica la bellezza
delle sue amiche.
Come nei sonetti anche nelle Odi ci sono fitte reminiscenze letterarie, cioè alcuni punti delle sue odi
richiamano contenuti e passi che provengono da altri autori, in particolar modo classici (greco-latini) come
Orazio, e ad autori italiani come Petrarca.
Il fatto che richiama i poeti antichi significa che vuole conferire una dimensione universale alle sue emozioni
e riflessioni, dunque il suo scopo è quello di inserire le sue riflessioni in un orizzonte culturale valido per
tutti i tempi.
Da un punto di vista delle influenze:
● è rilevante quella di Petrarca, per quanto riguarda la cura formale e alcuni temi.
● la sensibilità è Neoclassica, soprattutto nell’abbondare di immagini mitologiche, la costruzione perfetta
del verso, la ricerca dell’armonia.
● certamente l’influenza di Parini; nelle Odi di Foscolo a differenza di quelle di Parini non c’è la tematica
civile, però, c’è la riflessione esistenziale (la Salubrità dell’aria affronta la tematica civile con Foscolo si dà
spazio alle riflessioni esistenziali e filosofiche sulla bellezza).

SONETTI
I Sonetti sono più vicini ai temi dell’Ortis, in questi è presente una forte componente autobiografica, amori
burrascosi, tendenze al suicidio e riflessioni sulla morte.
Tra i 12 sonetti ricordiamo: Alla sera, dove è presente una riflessione sulla morte, In morte del fratello
Giovanni, dove sono presenti riferimenti alle vicende personali, A Zacinto, dove ritroviamo il tema dell’esilio
come condizione politica ed esistenziale, infine Alla Musa, ruolo eternatore della poesia.
A parte questo forte autobiografismo ricordiamo come vicino all’Ortis, il Nichilismo (dottrina che non
riconosce alcun senso all’esistenza, negandone i valori), ma i sonetti sono governati anche dalla poetica
delle illusioni, ovvero la ricerca di valori positivi per superare il Nichilismo, come la poesia, l’aggrapparsi
all’amor di patria.
Mentre dunque l’Ortis è dominato dal Nichilismo, infatti alla fine Jacopo si suicida, nei Sonetti si avverte un
cambiamento, ma questa cosa sarà ancora più evidente nei Sepolcri.
Anche qui sono presenti fitte reminiscenze letterarie, per esempio in Morte del fratello Giovanni richiama il
Carme 101 di Catullo, quando Catullo fa visita alla tomba del fratello. Nei sonetti è evidente l’influenza di:
Alfieri e Petrarca, per quanto riguarda i temi e l’architettura, ossia la costruzione del verso in metrica.
I SEPOLCRI
I Sepolcri vennero pubblicati nel 1807 a Brescia, periodo in cui in Italia sono ancora presenti le repubbliche
giacobine, e Foscolo milita nella Guardia Nazionale Della Repubblica Cisalpina, però è anche il periodo in cui
egli si dedica con grande fervore e impegno alla sua produzione letteraria. Il Carme è dedicato a
Pindemonte, anche lui interessato alla poesia cimiteriale, definito Carme da Foscolo stesso in quanto
componimento poetico, comprende 295 endecasillabi sciolti (non legati da rima). Il Carme dei Sepolcri si
colloca nel periodo in cui è stato da pochi anni emanato l’Editto di Saint Cloud.

La discussione, riguardo l’editto napoleonico di Saint Cloud, avviene tra Foscolo e lo stesso Pindemonte a
Venezia nel 1806.
Questo editto stabiliva:
 La componente scientifica del dibattito comprendeva che i cimiteri dovevano essere trasferiti fuori
dai centri abitati per motivi igienici (infatti ricordiamo che nei circoli culturali si discuteva anche di
problematiche di carattere scientifico).
Concorde con il razionalismo e l’egualitarismo illuministico, questo editto non è altro che il
prodotto della realtà storico culturale francese.
 La componente politica del dibattito riguardava invece il divieto dei monumenti funebri, per evitare
la disparità tra chi può permetterseli e chi non può.
In virtù di quello spirito egualitario secondo cui non bisogna fare differenze tra classi sociali si
stabilisce che non bisogna mettere né iscrizioni, né lapidi e né monumenti funebri al fine di non
creare una disparità nelle sepolture.
In questa occasione Pindemonte difende il valore della sepoltura individuale, mentre Foscolo nega
l’importanza delle tombe, dunque egli era inizialmente favorevole all’editto poiché riteneva che non fosse
importante per i defunti una tomba con il nome, dato che la morte determina la dissoluzione dell’essere.
Nei mesi seguenti Foscolo, nel Carme, pur ribadendo la sua visione materialistica, rivaluta il significato della
tomba, ecco perché “I Sepolcri” possono considerarsi una Palinodìa, ossia un discorso di ritrattazione,
mutare i pensieri in merito a qualcosa espresso in precedenza (quindi nella prima fase non riconosce
l’utilità della tomba mentre nel Carme dei sepolcri si).
I Sepolcri sono stati associati alla poesia cimiteriale che si è sviluppata nel 700 in Inghilterra con Young e
Gray. Foscolo conosce le opere “pensieri notturni” e “Elegia scritta in un cimitero di campagna” grazie alle
traduzioni di Cesarotti e, lo stesso Ippolito Pindemonte, si cimenta nella produzione di poesia cimiteriale,
che però non porterà mai a termine.
In realtà i Sepolcri possono essere associati debolmente alla poesia cimiteriale, poiché la posizione di
Foscolo e quella dei poeti cimiteriali è diametralmente opposta, infatti è Foscolo stesso a precisarlo in una
lettera inviata all'abate Guillon dopo la pubblicazione dei Sepolcri.
In questa lettera precisa che la sua poesia è molto lontana dalla poesia cimiteriale inglese, poiché
quest’ultima tratta riflessioni sulla morte, un compiacimento per sentimenti melanconici, poi c’è una
visione cristiana della sepoltura, ovvero secondo Gray il valore della tomba è associato al valore
dell’individuo, e siccome ogni individuo ha un suo valore a prescindere da ciò che ha compiuto in vita o
meno, ogni sepoltura ha il suo valore. Gray canta le tombe degli umili, dunque secondo la visione cristiana,
c’è un valore insito in tutti gli individui, anche nelle esistenze più oscure.
Foscolo invece non condivide la visione cristiana, egli parte infatti dalla sua concezione materialistica,
secondo la quale la sepoltura non ha nessun valore per i morti poiché destinati al nulla eterno.
La poesia ha una funzione politica e civile, nelle poesie cimiteriali si tratta per lo più di riflessioni
intimistiche, cioè riflessioni sulla morte, personali dell’autore. Se nelle poesie cimiteriali si cantano le tombe
degli umili, Foscolo afferma invece una visione aristocratica ed eroica della sepoltura, canta infatti le tombe
dei grandi uomini perché devono stimolare all’agire eroico, devono praticamente invogliare gli italiani
all’azione in un momento in cui si ritrova sotto il dominio dello straniero. Dunque parte dalla concezione
materialistica affermando che la tomba è inutile per i morti, tuttavia è invece utile per i vivi, poiché
stabilisce una corrispondenza tra vivi e morti, mantiene vivo il ricordo del defunto e gli conferisce una
condizione di immortalità ed è stimolo per la vita civile.
Foscolo utilizzò per definire questa poesia sia il termine “Carme” che “epistola”, quest’ultima viene definita
così perché è una lunga lettera all’amico Ippolito Pindemonte però è pur sempre in versi.
I Sepolcri sono anche un testo argomentativo, perché devono dimostrare una tesi, ovvero l’utilità dei
sepolcri e affinché non risulti noioso pur essendo un testo argomentativo, l’autore limita al minimo i
connettori logici, e privilegia dei collegamenti impliciti tra le idee, i vari argomenti non sono collegati tra di
loro in maniera diretta e chiara ma spesso alcuni passaggi logici vengono saltati. Predilige dunque uno stile
che lavora per soppressione, ovvero alcuni passaggi logici intermedi sono impliciti, questo modello risale a
Pindaro, un poeta greco che utilizzava dei passaggi arditi tra un argomento e l’altro e effettuava dei veri e
propri salti logici che vengono definiti “VOLI PINDARICI” (quando si passa da un argomento all’altro senza
esplicitare il legame logico tra l’argomento precedente e quello successivo).
In virtù di questo il Carme non viene accolto con favore, questa struttura complessa del testo e i passaggi
impliciti ne rendono difficile la comprensione, lo stesso Pindemonte sottolinea la difficoltà del testo pur
riconoscendone il grande valore.
Pietro Giordani che era un classicista, lo definisce un “fumoso enigma”, mentre Aimé Guillon che lo critica
sul giornale italiano.
Foscolo che si sentiva piccato da questa critica risponde scrivendo “Lettera a Monsieur Guillon su la sua
incompetenza nel giudicare i poeti italiani”, nella quale spiega l’uso delle transizioni e l’uso della struttura
quadripartita dei sepolcri attraverso l’estratto del Carme stesso, Foscolo si difende dicendo che il suo
obiettivo non è giungere al sillogismo (mente) dei lettori bensì al loro cuore e per facilitarne la lettura pone
una sorta di schema, illustrando così la struttura quadripartita del carme.

LA STRUTTURA
Il carme è diviso in 4 parti a seconda del contenuto.
Ci sono dunque 4 nuclei tematici fondamentali:
● dal v.1 al v. 90 FUNZIONE AFFETTIVA DELLE TOMBE: qui Foscolo afferma la concezione materialistica
secondo cui le tombe sono inutili per i morti, poiché dopo la morte c’è il nulla eterna, tuttavia queste
risultano essere utili ai vivi poiché mantengono vivo il rapporto affettivo e il ricordo del defunto
conferendogli un'immortalità laica. In seguito polemizza contro l’editto che sottrae ai defunti la possibilità
di avere una lapide con il proprio nome;
● dal v.91 al 150LE TOMBE SEGNO DI CIVILTÀ’: le tombe e la pietà per i defunti sono caratteristiche
fondamentali della civiltà, come la famiglia. I sepolcri rappresentano uno strumento per misurare il grado di
civiltà di una determinata società, il culto dei morti fu tra le conquiste dell’homo sapiens, e quindi l’uomo
fin dai tempi antichissimi ha sentito l’esigenza di praticare il culto dei morti attraverso la sepoltura.
Foscolo propone 4 esempi di questa funzione civile delle tombe: del medioevo né fa un esempio negativo,
conforme al suo pensiero illuministico, e criticava l’uso di seppellire nelle chiese i defunti; del mondo
classico né fa un esempio positivo (ricordiamo che Foscolo aveva influenze neoclassiche), dell’Inghilterra né
fa di nuovo un esempio positivo, e dell’Italia Napoleonica le tombe sono un inutile sfoggio di lusso perché
nessuno si preoccupa della grandezza di colore che hanno fatto grande l’Italia nel passato per stimolarsi ad
una sorta di riscatto nel presente.
● dal v.151 al v.212LE TOMBE DEI GRANDI: le reliquie dei grandi uomini esortano a grandi imprese.
Un’esortazione agli italiani a venerare le sepolture dei loro grandi concittadini.
● dal v.213 al v.295: quando il tempo con la sua azione disgregatrice distruggerà le tombe degli uomini di
egregia virtù, la memoria della virtù vive immortale negli scrittori. La poesia, come i sepolcri, tramanda la
storia, ha una funzione eternatrice.

LE GRAZIE
Nell’antologia classica sono divinità del corteo di Venere che hanno avuto il compito di suscitare negli
uomini i sentimenti più puri ed elevati attraverso il senso della bellezza, inducendoli a superare la feroce
bestialità della loro natura originaria e portarlo nella civiltà. Questo, quindi, è un po' lo stesso pensiero di
Foscolo: la bellezza e la grazia può ingentilire e incivilire gli uomini che per loro natura sono malvagi e
bestiali poiché dominanti dalla legge della sopraffazione (pensiero derivante da Machiavelli e Hobbes).
In questa opera, che rimane incompiuta (il fatto che le opere neoclassiche rimangono incompiuto non è
raro, infatti, anche “il giorno” di Parini è rimasto incompiuto), oltre ad essere neoclassica, tratta anche di
tematiche civili.
Nel 1803 all’interno della traduzione della “chioma di Berenice” (una traduzione che Catullo fece di un
originario greco di Callimaco, un componimento in cui si parla del fenomeno del “catasterismo”, cioè della
trasformazione in costellazione della ciocca di capelli di Berenice, ossia la moglie del re D’Egitto che
sacrificò questa ciocca per far tornare in patria il suo amato che era lontano in guerra) Foscolo inserisce
quattro frammenti che sono parti di un antico inno dedicato alle Grazie, ma in realtà sono suoi versi, quindi
finge di aver trovato questo antico inno.
L’idea del carme unitario si forma nel 1813 e inizia la composizione; poi si fa strada l’idea di una forma
tripartita, ovvero organizzata in tre inni sempre in endecasillabi sciolti, dedicati: uno a Venere, che è la dea
dell’amore, uno a Vesta, che è la dea del focolare, e uno a Pallade Atena, dea dell’ingegno. Seguono
numerosi interventi di riscrittura e nel 1822 va alle stampe un unico lavoro.
Il primo inno è ambientato in Grecia (Mar Ionio) e narra la nascita di Venere e delle Grazie; gli uomini, che
vivono ancora in uno stato bestiale, subiscono l’incanto della bellezza e percepiscono per la prima volta
l’armonia dell’universo grazie alla bellezza intesa come armonia e perfezione delle forme, disponendosi a
coltivare le arti civili.
Nel secondo inno la scena si sposta in Italia nella villa di Bellosguardo a Firenze, in cui il poeta immagina un
rito in onore delle Grazie, celebrato da tre donne, realmente esistite, che rappresentano rispettivamente: la
musica, la poesia e la danza.
Il terzo inno, invece, è collocato in un luogo immaginario, ossia la mitica isola di Atlantide, dove Pallade
Atene cerca rifugio quando gli uomini scatenano le guerre. Il paesaggio metafisico del terzo inno
rappresenta un mondo ideale di suprema armonia dove le Grazie dovrebbero svolgere nuovamente quella
funzione civilizzatrice. Con questo Foscolo fa riferimento alla situazione che stava vivendo l’Italia
napoleonica. Pallade fa tessere ad una schiera di dee minori un velo, coperte dal quale le Grazie possono di
nuovo discendere tra gli uomini e disporli alla civiltà così come era successo originariamente; sul velo sono
effigiati i sentimenti più elevati. Qui, il poemetto, si interrompe bruscamente. Probabilmente perché ci
troviamo a ridosso della sconfitta napoleonica e l’avvento del dominatore straniero

Il poemetto è fortemente allegorico poiché le figure del mito rappresentano degli ideali e dei concetti;
Foscolo (il quale, ricordiamo, non vuole arrivare al sillogismo del lettore ma al suo cuore) utilizza il mito
perché attraverso queste rappresentazioni si arriva con più facilità al lettore (la Divina Commedia ha
quest’impostazione).
Nelle Grazie sono presenti la riflessione sull’arte, sulla poesia e sulla loro missione civilizzatrice perché
possono dare un contributo al miglioramento e al perfezionamento della vita sociale, attraverso la
celebrazione di valori puri ed elevati come la bellezza, disponendo gli uomini ad abbandonare la guerra.
Lo stile è caratterizzato da una costante ricerca di armoniosità musicale ma soprattutto un uso del
linguaggio che dà una forte suggestione visiva (come il linguaggio visivo del barocco).

DIDIMO CHIERICO
Può essere considerato come un altro alter ego di Foscolo dell’età matura, molto diverso rispetto a Jacopo
Ortis (il quale era il suo alter ego negli anni giovanili).
Foscolo rappresenta questo personaggio immaginando che sia stato Didimo a tradurre il testo “il viaggio
sentimentale di Laurence Sterne”; il poeta, infatti, si dichiara autore solo di “Una notizia intorno a Didimo
Chierico” che correda il testo. Innanzitutto Didimo Chierico porta il nome di un filologo (un intellettuale
ribadito anche nel cognome “chierico” Didimo Calcentero), il suo nome significa “doppio, gemello” e quindi,
attraverso questo significato, sottolinea la sua natura di alter ego.
Didimo è una figura molto disincantata, ironica, autoironica, molto distaccata rispetto alle passioni, per lui
le passioni sono un calore di fiamma lontana. Si esprime in questa figura un bisogno di dominare un mondo
passionale invece di farsene travolgere; questa è una disposizione d’animo simile a quella che dà vita alle
Grazie. Didimo Chierico, sostanzialmente, ha un atteggiamento molto distaccato nei confronti della realtà,
non è passionale come nell’Ortis. Nel termine richiama questa natura di alter ego. In realtà Didimo Chierico
non è nemmeno un’opera.

Potrebbero piacerti anche