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inglese
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12.09 - I LEZIONE

Il soprannaturale ha in America un esponente di punta di assoluto rilievo, che è Edgar Allan Poe (1809-1849), più
tardi abbiamo Markheim (pubblicato nel 1885), e ancora più avanti, di qualche anno, The Canterville Ghost
(pubblicato nel 1887).

Il soprannaturale in genere viene associato alla ghost story: un vero e proprio genere, o sottogenere, che consiste nel
racconto di fantasmi. Più che un sottogenere però, la ghost story i
ùn realtà è una forma letteraria; questo perché, a differenza del gotico, che è un genere vero e proprio, il fantastico,
sotto cui ombrello si inserisce anche la ghost story, non è un vero e proprio genere letterario, bensì una modalità
dell’immaginario.

Una delle prevalenti tesi sostenute dai teorici sull’argomento, per la presenza di elementi soprannaturali, di elementi
fantastici, fantasy, in così diverse forme e generi letterari (si pensi al fiabesco, alla fantascienza, allo stesso gothic
novel e anche al romanzo contemporaneo), invita a considerare il fantastico, non un genere, ma per l’appunto, una
modalità dell’immaginario.
Il gothic novel invece è un genere storicamente delimitato ad alcuni testi di fine Settecento e dell’Ottocento, come il
Frankenstein di Mary Shelley e quel romanzo che inaugura questo fortunatissimo filone, ovvero The Castle of
Otranto, all’interno del quale tra l’altro, appare, per la prima volta nella storia letteraria, il termine “gothic”.
Il romanzo venne scritto da un personaggio estremamente eccentrico, Horace Walpole, nel 1764.

È interessante notare come non vi sia, non solo nella cultura occidentale, ma proprio nel mondo intero, un popolo
delle terra che non abbia avuto un suo leggendario mitico corredo di fantasmi, mostri, apparizioni, demoni, figure
diaboliche o demoniache... Tuttavia, anche lasciando ad etnologi, antropologi, a studiosi del folklore e delle religioni
antiche, “la parte del leone”, e anche se noi volessimo restringere questo immenso campo alla sola Europa, ci
troveremmo davanti ad una veramente sterminata ricchissima presenza di testi, che trattano, in modalità diverse, il
tema del soprannaturale.

→ Oltretutto, è soltanto con il Settecento, l’età dei lumi, che streghe, diavoli, maghi, spettri, alchimisti (alchimia ->
tema cruciale in Frankenstein), cessano di rappresentare un problema di polizia, un pericolo reale; solo allora
diventano argomento letterario.
Per esempio, King James I, assunto al trono di Inghilterra e di Scozia nel 1567, scrive un trattato di demologia
(Daemonologie). La pubblicazione di questo trattato portò alla condanna a morte, al rogo, centinaia di donne per
stregoneria.

Il gusto del soprannaturale, dell’orrido, del diabolico, e anche del mostruoso, che venne volgarizzato da un’altra
grande scrittrice, una delle prime esponenti della narrativa gotica, ovvero Ann Radcliffe (1764-1823) e che poi sarà,
proprio agli inizi, dileggiato in maniera elegante, con quella vena di umorismo tipica da Jane Austen (1775-1817), in
una sua parodia molto gustosa, la cui eroina è un’appassionata lettrice di romanzi gotici, Catherine Morland in
Northanger Abbey, nel 1818; e che sarà poi nobilitato da Poe negli anni ’40; percorre tutto l’Ottocento e trasmigra
anche negli Stati Uniti. Sull’altra sponda dell’Atlantico, interessa scrittori, non solo come Poe, ma per esempio anche
Washington Irving (1783-1859), autore di Rip van Winkle, del 1819.
Il personaggio di Rip van Winkle è il primo di una lunga serie di caratteri assai comuni nella letteratura e nella
tradizione letteraria americana; è colui che tenta in qualche modo di sottrarsi all’urgenza della realtà e si rifugia nel
sogno, in un mondo suo privato e libero. Un altro autore importantissimo del cosiddetto American Renaissance, che
scrisse non solo racconti fantastici, è Nathaniel Hawthorne (1804-1864), autore di The Scarlet Letter e di The House
of the Seven Gables.
Per altro, Hawthorne nacque a Salem, in Massachusetts, quel paese tristemente noto per la crudelissima caccia alle
streghe, nonché roccaforte del puritanesimo americano più intransigente. È autore anche dei racconti Mosses from an
Old Manse (Muschi di una vecchia canonica), e uno dei suoi più celebri racconti è Young Goodman Brown, raccolto
in Twice-Told Tales del 1837.

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Questi racconti oscillano fra realtà e sogno, disillusione e follia, quest’ultimo è un altro arci tema, non solo della
letteratura dell’ottocento, ma in particolare di quella fantastica, nonché tema che troveremo puntualmente in Green
Tea.
Nell’opera di Hawthorne, si affaccia già sia il tema del potere pericoloso, dalle conseguenze nefaste, dello scienziato
(che è naturalmente al centro di Frankenstein, in quanto Victor Frankenstein è uno scienziato), ma anche quello
dell’artista. Questi due temi inoltre, si accompagnano all’esplorazione dell’origine del male e possono essere
interpretati come una proiezione nella modalità letteraria del fantastico, di tutta una seria di problemi di ordine
morale, ma anche e soprattutto, di ordine psichico. Il fantastico interessa anche la Francia, con un autore che
associamo alla tradizione letteraria realista, vale a dire, Honoré de Balzac (1799-1850), autore della “Commedia
umana” (1834), una sorta di storia “presa dal vivo” dei costumi dell’epoca. Si tratta di una straordinaria panoramica,
affresco sociale dominato da personaggi portavoce degli istinti dell’uomo ed è un’opera improntata ad un sano
realismo. Anche Balzac, soprattutto nel primo periodo della sua attività, quando era più viva in lui la fascinazione per
l’occultismo (soprattutto quello del teologo/scienziato svedese E. Swedenborg), sente l’attrazione per il fantastico.
Il racconto “La pelle di Zigrino”, resta uno dei suoi capolavori ed è una delle fonti di uno degli ultimi racconti scritti
prima di morire da Stevenson, un racconto a metà strada tra racconto fantastico e fiaba, chiamato ‘The Bottle Imp”
(1891). Imp è un diavoletto in una bottiglia che è in grado di soddisfare ogni desiderio di chi ne venga a possesso.
Nella “Pelle di Zigrino” un giovane ambizioso, ma fragile, viene spinto al suicidio dalla miseria e da un amore
infelice. Dopo aver speso gli ultimi soldi alla roulette, per caso conosce in una bottega di un antiquario uno strano
personaggio dai tratti demoniaci che gli regala un talismano, vale a dire un oggetto a cui viene attribuito un potere
magico. Siamo nuovamente nell’ambito del soprannaturale. Il protagonista del racconto di Balzac riceve in dono
questa pelle di zigrino che può esaudire ogni suo desiderio, ma questa pelle si restringe ogni volta che viene esaudito
un desiderio, mentre la sua vita diventerà sempre più breve. Naturalmente, il talismano come ogni oggetto diabolico,
mostra ben presto questo suo terribile potere. Anche nel racconto di Stevenson, se il protagonista non riuscirà a
vendere il talismano ad un prezzo inferiore rispetto a quello pagato, finirà all’inferno.

Un altro importante racconto di Balzac, strettamente legato a Frankenstein, è “L’elisir di lunga vita”, interessante
soprattutto perché vi è la presenza di uno scienziato satanico. È questo infatti un vecchio tema medievale e
rinascimentale, si pensi ad esempio a Faust o alle leggende degli alchimisti (alchimia = l’arte della pietra filosofale
che presuppone di trasformare i metalli in oro). Lo scienziato abbandona gli studi tradizionali e si avvicina sempre di
più all’alchimia, agli studi esoterici e si appassiona al punto da perdere ogni contatto con la realtà, completamente
preso dal folle progetto di dare vita ad un essere umano, che nasce dalla morte. Similmente Frankenstein, sottraendo
parti di cadaveri prese dai cimiteri, genererà la vita ex nihilo. Questo tema dello scienziato satanico lo ritroviamo in
Frankenstein, in cui è presente la sfida alchimistica alle leggi della natura (da un uomo non può nascere un altro
uomo) e poi emigrerà nella fantascienza. Frankenstein è infatti considerato uno dei prototipi del science fiction novel.

Tornando a Poe, nella narrativa fantastica, egli è sicuramente la figura centrale, la più rappresentativa e potente. Uno
dei suoi racconti più emblematici è “The fall of the house of Usher” (1839) che racchiude tutti i motivi principali della
sua opera: la casa cadente che ispira un’aura di dissoluzione e putrefazione, circondata da uno stagno che la circonda
e che esala fumi mortiferi; la donna malata, esangue, prossima alla morte; l’uomo assorto, di nuovo come
Frankenstein, in studi esoterici/occulti; la sepoltura prematura della donna che si risveglia…
Dopo Poe, tutta la letteratura del Decadentismo si è abbondantemente nutrita di questi motivi e il cinema, dalle origini
ad oggi, li ha divulgati a sazietà. Poe inaugura anche un altro tipo di fantastico di cui Le Fanu e Stevenson
accoglieranno la lezione, dominante nella seconda metà del secolo, è il fantastico tutto psicologico, già moderno ed
ottenuto con un minimo di mezzi. “The tell tale heart” è paradigmatico di questa dimensione interiore, fantastica,
psicologica del fantastico. Si tratta del monologo interiore di un assassino ed è forse il capolavoro assoluto di Poe.
L’assassino è nascosto nel buio di una stanza, quella della sua futura vittima, un vecchio che rimane in allarme con un
occhio sbarrato e la cui presenza è manifestata solo attraverso un occhio che disturba fino alla follia l’assassino,
portandolo a compiere il delitto, dal momento che era velato. La presenza del vecchio che intuisce di essere in
pericolo, pur non avendo fatto niente all’assassino, si manifesta solo attraverso l’occhio velato che ossessiona
l’assassino. Questo cuore che batte continuerà ad ossessionare l’omicida, anche dopo la morte dell’uomo: quando
arriverà la polizia, egli, ossessionato dal battito calzante si tradirà, autodenunciandosi poco prima che la polizia se ne
andasse.
Questo interesse per gli aspetti notturni della psiche non è venuto meno nel nostro secolo: non solo si manifesta in
tutto l’Ottocento, ma ritorna anche nel Novecento. In ambito contemporaneo citiamo uno degli autori più

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convincenti/geniali: la scrittrice inglese Angela Carter (1940-1992), autrice della raccolta “The bloody chamber”,
considerata la sua opera più famosa e basata sulla riscrittura in chiave femminista, gotica, post-moderna di alcune
delle fiabe più famose, ispirata soprattutto alla famosa fiaba di Barbablù, Biancaneve, La bella e la bestia, Il gatto con
gli stivali…
I racconti della Carter, in uno stile geniale e barocco, sono un lavoro di reinvenzione, espansione e neutralizzazione
della struttura chiusa della fiaba e delle posizioni rigidamente codificate dai personaggi. In “The bloody chamber”, la
madre dell’eroina sul punto di essere giustiziata dallo sposo, un marchese pluri-uxoricida, arriva a cavallo armata di
tutto punto nel momento cruciale (quando sta per essere decapitata) e uccide l’uomo con la pistola. Questa figura non
è prevista nel disegno di nessuna fiaba tradizionale che solitamente prevede che il salvatore siano i fratelli.

→ C’è dunque una precisa tradizione testuale vivissima nel primo Ottocento, continuata poi nella seconda metà del
secolo e nel secolo successivo, nel quale il soprannaturale, il fantastico viene usato per organizzare la struttura della
rappresentazione e soprattutto, per trasmettere al lettore esperienze inquietanti e angoscianti, oltre a trasmettere un
senso di angoscia e smarrimento.

Italo Calvino (1923-1985) negli anni 80’ compila per Mondadori un’antologia europea del racconto fantastico
dell’Ottocento e nella sua prefazione scrive:

"Il fantastico è una delle produzioni più caratteristiche della narrativa dell'Ottocento, e una delle più significative per
noi. Alla nostra sensibilità d'oggi l'elemento soprannaturale al centro di questi intrecci appare sempre carico di
senso, come l'insorgere dell'inconscio, del represso, del dimenticato, dell'allontanamento dalla nostra attenzione
razionale. In ciò va vista la modernità del fantastico, la ragione del suo ritorno di fortuna nella nostra epoca.
Sentiamo che il fantastico dice cose che ci riguardano direttamente, anche se siamo meno disposti dei lettori
ottocenteschi a lasciarci sorprendere da apparizioni e fantasmagorie..."

Facendo una breve cronistoria, il fantastico nasce in Germania, all’inizio del XIX secolo con il Romanticismo
tedesco. Tuttavia, in Inghilterra, già a fine Settecento, il romanzo gotico, inaugurato da H. Walpole con “The Castle of
Otranto”, aveva già esplorato tutto un repertorio di motivi, ambienti, effetti macabri, crudeli e paurosi, dai quali gli
scrittori romantici avrebbero attinto largamente. Uno degli esponenti dei racconti fantastici è Hoffmann (1776-1822),
il cui racconto più importante è “The Sandman” (= l’uomo della sabbia, l’uomo in sabbia), inserito nella raccolta
“Notturni”. I personaggi e gli eventi di una tranquilla vita borghese vengono trasfigurati in apparizioni grottesche,
diaboliche, terrorizzanti, come accade negli incubi. Questo racconto è stato anche la fonte principale del compositore,
violoncellista Offenbach e ha dato spunto per la scrittura del celeberrimo saggio “Il perturbante” di Freud.
“The Sandman” è un racconto ricco di suggestioni e qui avviene la scoperta dell’inconscio, quasi cento anni prima
della sua definizione teorica. Il piccolo Nathaniel identifica nei suoi incubi il boogeyman, evocato dalla madre per
mandarlo a letto, con il sinistro personaggio dell’avvocato Coppelius, che strapperebbe gli occhi dei bambini che non
vogliono andare a letto. Da adulto, studente in città, crede di riconoscere questa figura che lo aveva così ossessionato
da bambino, nella figura del piemontese Coppola (da notare l’assonanza dei nomi) che è un venditore di barometri e
occhiali (torna il tema dell’occhio presente anche in Markheim, arci tema del fantastico). Nathaniel si innamora della
figlia di un professore (Olimpia) che egli crede essere una ragazza, quando invece è un manichino. Anche il tema
dell’automa diventerà ricorrente in tutta la letteratura fantastica e alla fine, il povero Nathaniel, sconvolto da nuove
apparizioni di questo Sandman incarnato, prima in Coppelius e poi in Coppola, morirà suicida, impazzito.

→ Nel primo Settecento, il romanzo si presenta per lo più sotto mentite spoglie e viene mimetizzato nei generi illustri:
è quindi soprattutto dramma raccontato, epica in miniatura, perchè esso pretende di aderire solo alla vita vissuta, solo
al vero. Il romanzo quindi, a differenza di quello che accade in Frankenstein, deve essere mimesi, riproduzione del
vero e non fiction, finzione. Nel Settecento il romanzo è HISTORY, non FICTION, secondo Defoe (il padre del
romanzo in Inghilterra). Defoe, per assicurare il lettore che quello che racconta è una storia vera, ricorre all’espediente
del manoscritto, di cui lui sarebbe non l’autore, ma il trascrittore, editore. A sua volta Henry Fielding (autore di “Tom
Jones”, 1749), respinge tutto ciò che non entri nell’ordine naturale delle cose e non risulti credibile. Questo è il
motivo per cui non entrerà nell’animo dei personaggi, perchè non si può sapere cosa questi pensino. Si parla solo di
ciò che è plausibile e verosimile. L’immaginazione, la creatività tenuta a freno si sbriglia e si sfrena verso la fine del
secolo. Per la narrativa che fa di tutto per poter tornare a essere fiction, il veicolo privilegiato è quello del gothic novel
(o romanzo nero) che dalla fine del 700 contagia, dall’Inghilterra, la Francia per poi espandersi in tutta l’Europa. C’è

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anche un mutamento di setting, di ambientazione. Il romanzo non è più ambientato in una realtà precisa,
contemporanea, ma queste vicende fantastiche, tenebrose, crudeli, vengono, spesso nei primi romanzieri gotici,
ambientate con un distanziamento storico, geografico e cronologico, in un Medioevo di maniera, quasi sempre
italiano o spagnolo. Questo romanzo gotico va incontro ai gusti di un pubblico amante del mistero, di forti emozioni,
e riprende fra l’altro, gli aspetti più appariscenti e forse più superficiali della teoria della categoria estetica del
sublime, inteso come esaltazione dei sentimenti più estremi e sconvolgenti. In Inghilterra, a portare in auge questa
antica categoria estetica, elaborata tra il I e II a.C. in ambito neoplatonico, è Edmund Burke (1729-1797), autore del
trattato A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful, del 1757.
Con questo trattato si afferma il concetto secondo cui, la proprietà dell’arte è quella di indurre, per le sue connotazioni
di mistero, di ineffabilità, uno stato di estasi. Burke, in questo celeberrimo e citatissimo trattato, sottolinea la capacità
dell’arte, in conflitto con la razionalità, di dare consapevolezza emotiva alla potenza, anche terribile, della natura.
Questo è un concetto chiave in Frankenstein, lo si vede soprattutto nell’ultima parte del libro, nell’inseguimento, da
parte della creatura, di Frankenstein, nei ghiacci, in un paesaggio desolato ma al tempo stesso sublime nella sua
terribilità. Tra i moltissimi artisti che, a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, hanno dato vita a questo sentimento del
sublime, sono da ricordare W. Turner (1775-1851), con le sue numerosissime scene di tempeste, e un altro artista, che
probabilmente costituisce proprio l’incarnazione poetica della concezione del sublime, Caspar Friedrich (1774-1840).
Si ricordi il quadro “Monaco in riva al mare” che da l’idea della terribilità della natura e dell’uomo, che in rapporto
alla grandezza della natura, quasi scompare. Caspar Friedrich è inoltre celeberrimo per “Viandante sul mare di
nebbia”. Molto spesso quindi troviamo personaggi sullo sfondo di paesaggi marini, montani. Un altro suo quadro
importante, tra l’altro molto usato come copertina di tanti libri, è “Abbazia nel querceto”, in cui vi è il tema delle
rovine gotiche. Tra l’altro, è proprio al cospetto di un panorama montagnoso, quello delle alpi svizzere, che Mary
Shelley concepì il suo romanzo.
Gli ingredienti narrativi fondamentali del gothic novel sono sempre gli stessi: cupi castelli pieni di segreti, scricchiolii
sinistri, segrete (dungeons), cieli tempestosi, fanciulle indifese e perseguitate (persecuted maiden), personaggi
diabolici, talvolta anche religiosi, scene di orrore, intrecci movimentati, ricchi colpi di scena, incantesimi e
stregonerie. Nonostante la non elevatissima qualità dei primi romanzi gotici, nonostante certi personaggi siano
abbastanza stereotipati, si tratta di un genere che si impernerà fortemente sulla fantasia del lettore, e che ritornerà in
un genere fortunatissimo, il cosiddetto romanzo d’appendice, il feuilleton.

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19.09 - II LEZIONE

Nonostante la non elevatissima qualità di certi romanzi gotici, essi eserciteranno un forte influsso sulla narrativa
successiva, ritornando per esempio in un genere fortunato dell’Ottocento, il cosiddetto feuilleton, il romanzo a
puntate, di appendice, come i Misteri di Parigi (1842).
Molti elementi del romanzo d’appendice si ritrovano anche nel capolavoro “Il conte di Montecristo” (1844-1845) di
Alexander Dumas, così come in altri autori, tra i quali Mary Shelley e in seguito, in Walter Scott (uno dei primi
estimatori di Frankenstein), in Charles Dickens, Victor Hugo e in moltissimi altri.

→ Le ghost stories di Dickens: alcuni dei racconti più celebri di Dickens (ghost stories) sono The Signalman (trad. Il
casellante), A trial for murder, The haunted house, Christmas Carol…
Dickens, nonostante i patetismi, la mancanza di misure e certi eccessi moralistici, è sicuramente il maggior scrittore
del tempo e anche Dickens, che in genere leghiamo alla narrativa realista, non resiste alla tentazione di misurarsi con
la modalità dell’immaginario che è il fantastico. Egli scrive tantissimi racconti che verranno pubblicati nelle piccole
riviste di cui è editore e autore esclusivo. Queste opere nascono in uno scenario di ordinaria quotidianità:
inizialmente c’è un realismo quasi minuto nella descrizione e successivamente abbiamo l’ingresso impetuoso
dell’elemento soprannaturale. Dickens dimostra come tutta la narrativa legata al soprannaturale non ha nulla da
invidiare a quella che è, per molti versi, la sua discendente di oggi: la science fiction (fantascienza. Genere letterario
che poi si estende anche al cinema, in cui l’elemento narrativo si fonda su intuizioni di carattere più o meno
scientifico e si sviluppa, come nel caso di Frankenstein, da molti considerato l’antesignano del science fiction, una
mescolanza di elementi immaginari e la scienza).
Gli inizi della fantascienza come genere letterario coincidono con lo sviluppo del tecnicismo, così come si annuncia
nella seconda metà del XIX secolo. È proprio in questi anni che nasce la voga del romanzo avveniristico, ossia
proiettato in un futuro lontano ed è allora che si affermano quelli che di questo genere sono considerati i fondatori,
Jules Verne e H. G. Wells. Questo genere ha avuto successo anche nel mondo del cinema (007, la macchina del
tempo…). The Island of Doctor Moreau (1896) è uno dei libri più di successo di Wells.

FRANKENSTEIN: Romanzo nutrito di cultura classica e illuminista

Frankenstein è il primo libro di Mary Shelley e segna il suo clamoroso esordio nel mondo della narrativa. Esso
nasce per caso e per gioco, quando Lord Byron, durante il soggiorno estivo con gli Shelley sul Lago di Ginevra,
suggerì che ciascuno scrivesse una storia terrificante, un racconto dell’orrore. Il romanzo si ispira al mito antichissimo
dell’uomo creatore della vita, ma qui al prodigio si sostituiscono la chimica e il 1galvanismo. Frankenstein ha goduto
di una costante e immensa fortuna, quest’anno ricorre il bicentenario dalla sua prima pubblicazione (1818).
Perché è un romanzo interessante? Contiene una serie di spunti e riflessioni profonde, come:
la speculazione sulle origini della vita e sul mistero delle origini - il ruolo ambiguo e perverso della scienza che, se
non diretta in modo etico, finisce per generare dei mostri, come nel caso della mostruosa creatura del dottor
Frankenstein - tema del buon selvaggio di Rousseau, della bontà e della creatività originario dell’uomo che viene
completamente corrotta dalla società.

DR JEKYLL E MR HYDE: La vicinanza con Frankenstein e il tema del doppio

Sia Frankenstein che The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde (1886), in genere considerato come il testo
fondante, paradigmatico del doppio, del doppelganger, declinano, fra gli altri, un tema di urticante attualità, ovvero
quello dell’ambivalente attrazione e repulsione per la scienza. Tema concepito in un’età post-darwiniana, in un
clima di sfiducia della scienza, parallelo per altro ad una grave crisi politica ed economica. Il breve romanzo di
Stevenson condivide inoltre anche il tema faustiano. Faust è un personaggio divenuto leggendario, noto soprattutto

1In fisiologia si tratta della contrazione di un muscolo stimolato dalla corrente elettrico. Luigi Galvani (1737-1798)
esplorò questo fenomeno e sviluppò la teoria secondo la quale tutti gli esseri viventi fossero in possesso di un’insita
energia elettrica, prodotta dal cervello, propagata attraverso i nervi e poi in qualche modo immagazzinata nei muscoli. Se
opportunamente stimolata può liberarsi.
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per essere stato il protagonista dell’omonimo dramma di Goethe del 1808, e per tema faustiano si intende la sete
insaziabile di conoscenza e di nuove esperienze e sensazioni, definita anche, con l’espressione latina, libido sciendi.

Dr. Jekyll è uno stimato membro dell’establishment, della società vittoriana, incarnazione del gentleman illuminato,
pieno di buon senso e misura. Tenta un esperimento scientifico e mette appunto una polverina, una magia alchemica,
illudendosi di poter espellere e epurare il male, ovvero separare da sé la propria parte reproba. Una volta trasformatosi
nel repellente e scimmiesco Mr. Hyde, che ammazza per cattiveria gratuita, giusto per il piacere di farlo, il misurato
Dr Jekyll da libero corso alle sue peggiori pulsioni, abbandona la via del decoro e dell’opprimente rispettabilità
vittoriana per seguire quelli che egli definisce i propri “illeciti piaceri”.

Si parla dunque dell’osare troppo e di non essere più capaci di controllare lo strumento scientifico. Le
trasformazioni ad un certo punto si dimostreranno incontrollate, mentre all’inizio riusciva a gestirle. In una scena
Jekyll si sveglia e nota una mano pelosa, in una sorta di involuzione in uno stadio primitivo dal quale non riuscirà più
a uscirne (alla fine si ammazza). Nella scena finale assistiamo ad un processo regressivo dal perfetto gentleman
illuminato inglese alla scimmia, ad una riemersione degli impulsi irrazionali repressi dalla civiltà.

Hyde è il doppio trasgressivo e malefico di Jekyll. Questo breve romanzo sviluppa una delle forme archetipiche
preferite da Stevenson, ossia quella del doppelganger (identità sdoppiata, split personality, il sosia). Questo è un
arci tema della letteratura gotica e fantastica, affrontato in America da Edgar Allan Poe (in William Wilson - 1839) e
poco dopo da Dostoevskij (ne Il sosia - 1846). Di questo tema Dr Jekyll è il testo canonico, per eccellenza.
Alla luce dell’interesse precoce di Stevenson per la psicologia, il romanzo si può anche considerare un caso
prefreudiano di sdoppiamento della personalità. Freud, oltre ad essere stato un grandissimo innovatore e scienziato
del 900’, è stato anche un grandissimo scrittore; sono noti i suoi famosi casi clinici, come il caso di Dora o quello del
piccolo Hans.
In Stevenson, il caso è quello di uno stimato dottore che si trasforma in uno scimmiesco assassino, abbandonando la
via del decoro della sua rispettabilità vittoriana per seguire i propri piaceri. Il motivo dell’io diviso ha conosciuto la
sua grande stagione tra gli albori del romanticismo, con l’affermarsi della letteratura fantastica in tutta Europa
(Hoffman è stato l’iniziatore di questo fortunatissimo filone narrativo) e la scoperta dell’inconscio. Il fantastico ha
colto l’ambiguità delle pulsioni, raffigurandola tramite dei sosia, dei doppi, delle presenze sovrannaturali (ossia lo
sdoppiamento è dovuto a queste forze soprannaturali). Lo sdoppiamento è dunque una proiezione di desideri repressi
dall’inconscio e di paure.

IL ROMANZO SENSAZIONALE E LE GHOST STORIES: Wilkie Collins e Sheridan Le Fanu

Wilkie Collins è in Gran Bretagna l’esponente maggiore del cosiddetto romanzo sensazionale, mentre Joseph
Sheridan Le Fanu deve la sua fama alle ghost stories, soprattutto grazie a “The Ghost and the Bone setter” (1835, trad.
Il fantasma e il conciaossa). Va tenuto presente che ai suoi tempi, Le Fanu è l’autore più famoso di ghost stories di
tutto il periodo vittoriano. Era protestante e discendente degli ugonotti francesi. La ghost story nel periodo vittoriano,
resa popolare da Collins e Dickens, ha in Inghilterra una consolidata e curiosa tradizione che risale all’antica
consuetudine di raccogliersi attorno al fuoco alla vigilia di Natale per leggere storie di fantasmi (pensa a Christmas
Carol). Dickens stesso scrisse vari racconti di fantasmi, improntati ad un umorismo macabro, talvolta allegorici.
Spesso sono racconti perturbanti, benché non manchino spettri e apparizioni infatti, non è il soprannaturale la
dimensione più propria di questi racconti, ma piuttosto è la dimensione del mistero (di passioni devastanti, di
maniacali ossessioni, oscuri presagi di un destino incombenti o memorie di un passato lontano). Ciò che è interessante
è che in tutte queste storie, i confini fra realtà e allucinazione, fra ragione e follia, fra vita e morte, sono sempre più
labili (pensa a Green Tea di Le Fanu). I fantasmi stessi sono legati ai morti, richiamati in vita. Storie rese ancora più
inquietanti grazie al contesto realista, di cui Dickens era un maestro.

Come esempio paradigmatico di fantasmi rievocati da bambini orfani si può citare The Turn of The Screw (di Henry
James). La fioritura del fantastico deriva dal perdurare della popolarità del romanzo gotico (di cui dal 1830 la ghost
story diventa la forma più caratteristica) e coincide anche con l’espansione del mercato editoriale, con la diffusione
di riviste e di periodici (che spesso ospitavano le ghost stories). Si afferma, come sottolineato da Calvino, una
specializzazione della ghost story (che si svilupperà ampiamente tra 800-900), sia a livello di letteratura popolare che
di letteratura di altissima qualità.

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FRANKENSTEIN
Frankenstein viene pubblicato anonimo in tre volumi, nel gennaio del 1818. La seconda edizione (1831), si rivelò da
subito un grandissimo successo editoriale. Si parla di una creatura senza nome, partorito dagli incubi di una
giovanissima Mary Shelley nemmeno ventenne e al suo esordio letterario. Il romanzo è a metà tra romanzo gotico
fantascientifico e racconto filosofico, è stato benedetto da un favore ininterrotto dei lettori ed è stato tradotto in
centinaia di lingue. Varie le edizioni, le trasposizioni cinematografiche e teatrali, si ricordino per esempio:
Presumption or the fate of Frankenstein (1823), rappresentato a Londra alla presenza della Shelley stessa, il 2film del
1931 diretto da James Whale, con la maschera di Boris Karloff, la parodia di Mel Brooks Frankenstein Junior
(1974) e The Bride of Frankenstein (1935), sempre di James Whale, primo sequel in cui compare una versione di
Frankenstein donna. La prima edizione, nella prefazione, riporta una dedica al padre William Godwin, anarchico,
autore di numerose opere politiche come Political Justice, firmata da Percy Shelley, marito di Mary. Numerosi
ricensori ritennero che si trattasse dell’autore stesso del romanzo. Percy Shelley era già all’epoca un eccellente
latinista e grecista, aveva pubblicato già due romanzi gotici, aveva al suo attivo numerose poesie antimonarchiche, é il
famoso pamphlet “The Necessity of Atheism” (1811) che gli costò l’espulsione da Oxford e il poema filosofico
“Queen Mab”, in cui è peraltro evidente l’influsso di Godwin, padre di Mary. Due mesi dopo la pubblicazione del
romanzo, mentre Walter Scott ne lodava il genio originale e la felice capacità espressiva (the author's original genius
and happy power of expression), vede la maggioranza dei critici diffidenti rispetto al romanzo (non soddisfatti).
Solo con la rappresentazione teatrale del ’23, l’editore lanciò la ristampa del romanzo, apparso poi in due volumi, ma
quando poi si scoprì che l’autore era una donna, i recensori rimasero allibiti, strabiliati. Lo stesso Byron, di solito
poco incline a riconoscere l’ingegno femminile, fece un’eccezione nei confronti di Mary Shelley, definendo il
romanzo un’opera meravigliosa, soprattutto per il fatto che fosse scritto da una ragazza neanche diciannovenne.
Nella prefazione del volume del 1831, Mary si firmò con il nome della madre, Mary Wollstonecraft, famosa autrice
del pamphlet femminista “A vindication of the rights of woman” (1792), mai conosciuta e il nome del marito. Ivi
dichiarò di essere l’autrice del libro e, sollecitata dall’editore a fornire i motivi che l’avevano portata a concepire una
storia così spaventata, chiarisce come abbia avuto l’idea e ricostruisce in differita la genesi e la gestazione della storia.
La metafora della gestazione è centrale nel romanzo, lo stesso è stato scritto in nove mesi, come i mesi di
gravidanza. Benché nel Settecento fosse consolidata la presenza delle scrittrici femminili nel panorama letterario (e
dunque avesse varie autrici a cui ispirarsi, tra le quali la madre stessa), la seconda prefazione del romanzo rivela la
difficoltà di Mary ad identificarsi come soggetto autoriale (definita anxiety of authorship, esplicata nella scelta di tre
narratori e nelle revisioni di Shelley), determinata sicuramente dal confronto con i genitori (note personalità, figure
ingombranti a livello psicologico) e con il marito (Mary sottolinea nella seconda prefazione la sua superiorità
intellettuale). Nella biografia dell’autrice l’angoscia legata alla creatività è intimamente correlata all’immagine della
propria funzione materna, come evento creativo (ossia lo scrivere un libro e generare un figlio sono intimamente
correlati). L’immagine della funzione materna richiama, in un complesso gioco di proiezioni e identificazioni, il
rapporto dell’autrice con la propria madre (madre mai conosciuta, idealizzata perché morta precocemente) e il
richiamo della propria infanzia.
Il romanzo nacque per gioco, nel 1816 (the year without the summer), durante un soggiorno presso il lago di Ginevra,
dove si svolgeranno poi gli ambienti riportati nel racconto. Venne definito “the year without the summer “, in seguito
all’eruzione di un vulcano indonesiano, esploso con una violenza 20 volte superiore a quella che distrusse Pompei.
Questa eruzione segnò le sorti di tutto il pianeta, causando, carestie, epidemie, un radicale abbassamento della
temperatura e un numero di vittime 12 mila persone.

2Per importanza, il primo adattamento cinematografico, in bianco e nero, è quello di James Whale. È un film cupo, fosco,
che ha un impianto che ricorda il cinema impressionista tedesco; è tutto fatto su giochi di ombre e di luci che esalta
soprattutto la solitudine estrema di questa creatura rifiutata. Ci sono scene poetiche, come quella dell’incontro con la
natura, in cui il mostro è spaventato dal fuoco, c’è un sentimento quasi panico.
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26.09 - III LEZIONE

Ospiti di Lord Byron, a soggiornare a villa Diodati, sulle rive del Lago di Ginevra, vi erano oltre che a Mary e Percy,
anche Clara Mary Jane Clairmont, sorellastra di Mary, figlia di W. Godwin e della sua seconda moglie (la prima
moglie, madre di Mary, era morto di febbre puerperale).
Clara diventerà poi l’amante di Lord Byron, da cui avrà una figlia, Allegra, la quale morì però all’età di cinque anni.
Il 1816 venne definito “the year without the summer”, in seguito all’eruzione di un vulcano indonesiano Tambora.
Sullo sfondo ci sono i luoghi del sublime celebrati poi dai versi nel terzo canto del “Childe Harold’s Pilgrimage”
(ossia il Monte Bianco, la Mer de Glace e le Alpi) di Byron.
Pochi mesi prima, Byron, perduti i favori dell’alta società londinese, dopo il divorzio da Anne Isabella Milbanke (che
Byron chiamava “my princess of parallelograms” per la sua personalità), fra le accuse guadagnò sempre più terreno
quello del rapporto incestuoso con l’amatissima sorellastra, Augusta Leigh, l’unica figlia di primo letto del padre.
Byron deve dunque allontanarsi precipitosamente da Londra, firmando le carte del divorzio. Egli era stato accusato
infatti dagli avvocati della moglie di aver avuto una relazione con la sorellastra Augusta Leigh. Lascia poi
l’Inghilterra (e non ci tornerà, morendo in Grecia) insieme al giovanissimo medico personale di origine italiana, John
Polidori, stabilendosi infine nella villa Diodati a Ginevra. Polidori si era laureato in medicina a Edimburgo a soli 22
anni e aveva inoltre ambizioni letterarie.

Frankenstein venne scritto quando Mary e Percy erano ospiti di Lord Byron a villa Diodati, sulle rive del lago di
Ginevra. Al seguito c’era anche Claire, sorellastra di Mary, di cui ben presto Byron diventa l’amante (e da cui avrà
anche una bimba, Allegra). Come si legge nell’introduzione alla terza e definitiva edizione di Frankenstein (1831)
essendo costretti in casa (Mary e Percy) a causa del cattivo tempo (dovuto all’eruzione del vulcano), trascorrevano il
tempo leggendo e discutendo circa l’origine della vita, il galvanismo, gli esperimenti di Darwin e la rianimazione di
cadaveri. Un libro in particolare li affascinava: Phantasmagoria si trattava di un’antologia di racconti tedeschi (ghost
stories), letti in francese. Stimolato da questa lettura, Byron invita e sfida i suoi ospiti a scrivere una ghost story. Mary
Shelley, a differenza degli altri ospiti, accolse molto seriamente questa sfida, arrovellandosi per scrivere una ghost
story all’altezza di quelli che li avevano scritti all’impresa, una storia che testimoniasse i misteri terrori dell’anima e li
scuotesse con brividi di orrore.

LETTURA BRANO - Introduzione dell’autrice alla terza edizione (1831)

I busied myself to think of a story, — a story to rival those which had excited us to this task. One which would speak
to the mysterious fears of our nature, and awaken thrilling horror—one to make the reader dread to look round, to
curdle the blood, and quicken the beatings of the heart.

Io continuavo ad arrovellarmi per trovare una storia all'altezza di quelle che ci avevano spinti all'impresa. Una storia
che testimoniasse i misteriosi terrori della nostra anima, che ci scuotesse con brividi di orrore. Una storia che facesse
temere al lettore di guardare dietro di sé, che gli gelasse il sangue nelle vene e gli facesse balzare il cuore in gola.

Questo è quello a cui pensa Mary Shelley. Di li a poco, nel corso di una notte insonne, guidata e posseduta da una
serie di immagini che oltrepassavano i confini di una semplice fantasticheria, vedeva a occhi chiusi, ma con i sensi
vigili (il sogno è spesso matrice delle ghost stories) il pallido studioso di una scienza sacrilega, inginocchiarsi accanto
alla cosa che aveva messo insieme.

Night waned upon this talk, and even the witching hour had gone by, before we retired to rest. When I placed my head
on my pillow, I did not sleep, nor could I be said to think. My imagination, unbidden, possessed and guided me,
gifting the successive images that arose in my mind with a vividness far beyond the usual bounds of reverie. I saw—
with shut eyes, but acute mental vision, — I saw the pale student of unhallowed arts kneeling beside the thing he had
put together. I saw the hideous phantasm of a man stretched out, and then, on the working of some powerful engine,
show signs of life, and stir with an uneasy, half vital motion. Frightful must it be; for supremely frightful would be the
effect of any human endeavour to mock the stupendous mechanism of the Creator of the world.

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Scese la notte su questi discorsi ed era già̀ trascorsa l'ora delle streghe allorché́ ci ritirammo per dormire. Ma quando
poggiai la testa sul guanciale non potei prendere sonno e neppure potrei dire che stessi pensando. L'immaginazione,
senza che lo volessi, si impadronì̀ di me guidandomi: le immagini si susseguivano nella mia mente vivide come non
mi era mai accaduto prima, travalicando i confini consueti della fantasticheria. Vedevo - a occhi chiusi ma con la
mente ben desta - lo studioso di una scienza sacrilega, pallido, inginocchiato accanto alla cosa che aveva messo
insieme. Vedevo l'orrida forma di un uomo disteso, poi una macchina potente entrava in azione, il cadavere mostrava
segni di vita e si sollevava con movimento difficoltoso, solo parzialmente vitale. Doveva essere terrificante: come
terrificante sarebbe l'effetto di qualsiasi opera umana che riproducesse lo stupendo meccanismo del Creatore del
mondo.
L’indomani mattina, dopo questa notte insonne in cui ha la visione di quello che diventerà il suo capolavoro, Mary
annuncia a questa elette compagnia (Byron, Shelley e Polidori) di aver trovato una storia, che non era altro che la
trascrizione di uno spaventoso sogno ad occhi aperti, usando quelle parole che poi riprenderà all’apertura del capitolo
circa la creazione del mostro: it was a dreary (cupa, desolata) night of November.
Byron scrisse solo un frammento di un romanzo (poche pagine) circa la misteriosa fine di un gentiluomo in Grecia
(muore in modo misterioso), da cui si ispira poi Polidori scrivendo il suo celeberrimo racconto “The Vampire”, in cui
trasforma un personaggio tipico del folklore, il vampiro, in un seduttore compulsivo e instancabile viaggiatore, così
come era Byron. Si tratta di una sorta di atto di accusa, di presa in giro nei confronti di Byron. Mary Shelley vinse
così l’amichevole tenzone letteraria, essendo l’unica a portare a compimento il proprio racconto.
Il romanzo si apre a Pietroburgo, nel 700. L’apertura ha il ritmo sostenuto che ricorda quello di un largo musicale.
Inizia con le lettere che il giovane navigatore Robert Walton indirizza alla sorella, Mrs. Saville, rimasta in
Inghilterra. Come un novello Ulisse, Walton è in procinto di solcare i mari dell’ignoto, intraprendere un viaggio
ambizioso verso le regioni inesplorate del Nord, verso “la terra di nebbia e di neve” che si presenta ai suoi occhi, non
come il regno del gelo e della desolazione, ma come un luogo di bellezza e di delizie.
LETTURA BRANO - seconda lettera
I am going to unexplored regions, to "the land of mist and snow"; but I shall kill no albatross, therefore do not be
alarmed for my safety, or if I should come back to you as worn and woful as the "Ancient Mariner"?
Richiamo alla famosa ballata di Coleridge (The rime of the Ancient Mariner): un gruppo di marinari, dopo aver
ucciso l’uccello sacro e puro Albatross, sono colpiti da un maleficio e progressivamente muoiono. Venne scritta e
pubblicata nella prima edizione delle Lyrical Ballads (manifesto del romanticismo inglese), insieme a Wordsworth. Si
tratta di una vicenda che ha a che vedere con il sovrannaturale, con una maledizione (tantissimi racconti gotici hanno
questa maledizione che cade su di loro) e con il sublime.
Mary aveva conosciuto Coleridge a casa del padre, da bambina. Tutta la narrazione segue un processo di redenzione
del vecchio marinaio che, tormentato dalla colpa per aver ucciso l’albatross, racconta e ripete la vicenda a chi
incontra. Dice come la nave, una volta superato l’equatore, sia stata colpita da una tempesta che la fa rimanere
incagliata tra i ghiacci del Polo Sud. Vedendo poi l’albatro questo viene salutato dagli altri (l’equipaggio e il
marinaio) come un portatore di fortuna, quindi con grande rispetto.
→ l’inizio di Frankenstein è dunque classificabile nella categoria del sublime e del meraviglioso. È inoltre intrisa di
echi e richiami alla ballata di Coleridge e alla sua atmosfera onirica e soprannaturale (che Mary conosceva a memoria,
avendo incontrato l’autore da bambina a casa del padre).
QUARTA LETTERA: Nella quarta lettera, mentre la nave è imprigionata in un deserto di ghiacci (come quella
dell’Ancient Mariner) ed è immersa in una fitta nebbia, l’attenzione dei membri dell’equipaggio viene attratta da uno
strano spettacolo che li distrae dalla ‘precarietà della situazione’
LETTURA BRANO
So strange an accident has happened to us, that I cannot forbear recording it, although it is very probable that you
will see me before these papers can come into your possession. About two o'clock the mist cleared away, (si sollevò)
and we beheld (scorgemmo), stretched out in every direction, vast and irregular plains of ice, which seemed to have

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no end. Some of my comrades groaned (presero a gemere), and my own mind began to grow watchful with anxious
thoughts, when a strange sight suddenly attracted our attention, and diverted our solicitude (distraendoci dalla
precarietà della situazione) from our own situation.
We perceived a low carriage (carro), fixed on a sledge (slitta) and drawn by dogs, pass on towards the north, at the
distance of half a mile: a being which had the shape of a man, but apparently of gigantic stature, sat in the sledge,
(slitta) and guided the dogs. We watched the rapid progress of the traveller with our telescopes (cannocchiali) until
he was lost among the distant inequalities (anfrettuosità) of the ice.

Si tratta dell’apparizione quasi soprannaturale del mostro che precede quella di Frankenstein che si è avventurato
nelle pianure di ghiaccio allo scopo di annientare la sua creatura.

Nella lettera stessa, Walton scrive alla sorella che l’indomani mattina, alcuni marinai avevano trovato su un grosso
banco di ghiaccio, accanto ormai all’unico cane superstite, un naufrago morente, disperato. Questo misterioso
straniero confiderà a Walton di essere stato ‘vittima di inaudite sciagure’ e gli racconterà la propria storia, così come
l’Ancient Mariner aveva fatto.
A sua volta il racconto di Frankenstein, che si protrae per sei capitoli, contiene al suo interno quello del terzo
narratore, quello del mostro al suo creatore. Il romanzo dunque presenta una struttura narrativa molto complessa: si
tratta una storia dentro l’altra (embadding). È una struttura che si articola in tre racconti, uno dentro l’altro, distinti,
con tre diversi narratori, però al tempo stesso tutti intimamente collegati.
Questi tre racconti sono costellati da dialoghi, digressioni, descrizioni paesaggistiche…
Gli eventi raccontati, non solo hanno diversi destinatari (Walton alla sorella, Frankenstein a Walton e il mostro al
creatore) e sono riferiti da punti di vista diversi.

Va inoltre notato l’uso della prima persona, al posto del narratore onnisciente.
Per quanto riguarda la cornice del romanzo invece (ossia le vicende di Walton), Mary Shelley opta per la forma
epistolare (assai in auge nel Settecento) che nella immediatezza e nella finzione autobiografica accresce la
verosimiglianza della vicenda e l’identificazione del lettore con il narratore-personaggio di cui passo passo, in presa
diretta, vengono registrati gli stati d’animo e le oscillazioni psicologiche. Si pensi a Dracula che fa raccontare la sua
storia da altri personaggi (attraverso scambi epistolari) che anticipano il romanzo del 900. Ciò rende ancora più
credibile le vicende straordinarie e spaventose che vengono poi raccontate. In questa elaborata struttura a scatole
cinesi (embedding) in cui ogni storia contiene e si rispecchia in quella degli altri, il racconto principale, sia per
importanza che per collocazione temporale, stando al centro del libro, è quello di Frankenstein a Walton. Frankenstein
infatti racconta le sue spaventose sciagure con il fine esplicito di indurlo a desistere dalla sua folle impresa. Fin
dalle prime battute del romanzo, è evidente che ci siano delle strette analogie tra i due personaggi: l’esploratore
Walton è un Faust potenziale. Egli vuole saziare la sua ardente curiosità di conoscere una parte inesplorata del
mondo, ma che alla fine si convincerà a rinunciare a questa rischiosissima impresa.

PRIMA LETTERA

I am already far north of London; and as I walk in the streets of Petersburgh, I feel a cold northern breeze play upon
my cheeks, which braces (distende) my nerves, and fills me with delight. Do you understand this feeling? This breeze,
which has travelled from the regions towards which I am advancing (verso le quali io sono diretto), gives me a
foretaste (preannuncio) of those icy climes. Inspirited by this wind of promise (vento carico di promesse), my day
dreams (sogni ad occhi aperti) become more fervent (evidenti) and vivid (arditi). I try in vain to be persuaded that the
pole is the seat of frost and desolation; it ever presents itself to my imagination as the region of beauty and delight.

I shall satiate my ardent curiosity with the sight of a part of the world never before visited, and may tread a land
never before imprinted by the foot of man. These are my enticements, (questo mi attire) and they are sufficient to
conquer all fear of danger or death, and to induce me to commence this laborious voyage with the joy a child feels
when he embarks in a little boat, with his holiday mates, on an expedition of discovery up his native (natale) river.

Quarta lettera: Yesterday the stranger said to me, "You may easily perceive, Captain Walton, that I have suffered
great and unparalleled misfortunes. I had determined, at one time, that the memory of these evils should die with me;
but you have won me to alter my determination. You seek for knowledge and wisdom, as I once did; and I ardently

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hope that the gratification (adempimento) of your wishes may not be a serpent (serpe) to sting (ferisca) you, as mine
has been. I do not know that the relation of my disasters will be useful to you; yet, when I reflect that you are pursuing
the same course, exposing yourself to the same dangers which have rendered me what I am, I imagine that you may
deduce an apt moral from my tale.

Nell’espressione “you seek for knowledge and wisdom, as I once did” riferita da Frankenstein a Walton, c’è un
esplicito riferimento a Dante, al canto 26 di Ulisse. Qui Dante scrive: “fatti non foste per vivere come bruti, ma per
seguire virtute e conoscenza”. Ulisse perde sé stesso e il suo equipaggio, subendo la dannazione eterna. Ulisse
compare nella bolgia dei fraudolenti o machiavellici che dell’ingegno si valsero per ingannare gli altri e sono avvolti
dalle fiamme. Oggetto di questo canto sono le frodi per cui Ulisse è punito insieme a Diomede. Dante fa capire che
l’ingegno è un dono di Dio, ma se questo desiderio di conoscenza non è guidato dalle virtù cristiane del timore, può
portare alla perdizione. In questa locuzione (you seek for knowledge etc) rientra dunque nel perimetro etico-cristiano
della necessaria normatività della trasgressione: come Ulisse è stato punito per essersi voluto spingere verso la parte
del mondo definita “sansa conoscenza”, ugualmente Frankenstein pagherà con la vita la propria ubris per aver voluto
emulare Dio nella creazione di un essere umano. Si tratta quindi di una costante culturale secondo la quale, dal
proibito albero dell’Eden del sapere alle colonne di Ercole, poste ai confini del mondo esplorabile (ossia lo stretto di
Gibilterra, secondo Dante) l’uomo si dibatte tra due impulsi dicotomici: da una parte l’impulso ad accrescere il
proprio sapere e dall’altra l’etica cristiana che vincola l’uomo a rispettare dei limiti. Va ricordato che il sottotitolo di
Frankenstein è The Modern Prometheus (Prometeo era figlio del titano Giapeto e di Climene. I titani sono figure
ribelli molto conosciuti nell’immaginario della letteratura greca. Fra questi Prometeo, avendo rubato il fuoco agli dei,
era stato legato al Caucauso e costretto a farsi mangiare le membra da un’aquila tutte le notti. Il gesto di Prometeo è
visto da alcuni come gesto di ribellione del Dio dell’ordine, un atto di insubordinazione, ma altri lo elevano a eroe
perché grazie a Prometeo l’umanità ha il dono della tecnica (originata dalla possibilità di usare il fuoco). Anche in
Goethe, Prometeo è un eroe coraggioso e ribelle. L’interpretazione del mito di Prometeo come vittoria della scienza e
dell’ingegno umano, sarà ripresa più avanti (in età romantica e positivista) e si aggiungerà anche l’idea di Prometeo
come colui che soffre, a causa della sua ribellione contro l’autorità. È necessario ricordare che Shelley aveva scritto
un poemetto in versi che si chiama “Prometheus Unbound” (liberatosi dai ceppi del Caucaso).

→ Frankenstein e Walton dunque si muovono tra questi due poli dicotomici: l’impulso e l’esigenza di accrescere il
proprio sapere, spingendosi oltre le dantesche colonne d’Ercole e l’etica cristiana che li vincola a rispettare quei
limiti. C’è quindi un’ovvia affinità tra i due personaggi (ed è alla base dell’attrazione che Frankenstein esercita su
Walton). Si stabilisce dunque un parallelismo tra la volontà di conoscere al di la dei limiti e il vago presagio di una
punizione (che segue la trasgressione di quei limiti). Di fatti l’imprigionamento della nave di Walton e in seguito
l’ammutinamento dell’equipaggio, assumono la valenza di una punizione.

Per quanto riguarda il racconto di Frankenstein, questa narrazione costituisce una completa analessi in rapporto
all’intera opera. Si tratta infatti di un lunghissimo flashback, condotto secondo la forma narrativa del romanzo di
formazione che riporta gli eventi del protagonista, Frankenstein, alla sua nascita.
Il racconto di Frankenstein infatti inizia con il resoconto dei suoi studi. Inizialmente Frankenstein, è autodidatta come
Walton ed è attratto dai misteri della natura. Dapprima si concentra sulla scienza esoterica, approfondendo lo studio di
autori come Cornelio Agrippa, Alberto Manio e Paracelso.

LETTURA BRANO
“But here were books, and here were men who had penetrated deeper and knew more. I took their word for all that
they averred (come definitive) and I became their disciple. It may appear strange that such should arise (accadere) in
the eighteenth century; but while I followed the routine of education in the schools of Geneva, I was, to a great degree
(tempo stesso), self-taught with regard to my favourite studies. My father was not scientific, and I was left to struggle
with a child's blindness, added to a student's thirst for knowledge. Under the guidance of my new preceptors, I
entered with the greatest diligence into the search of the philosopher's stone and the elixir of life; but the latter soon
obtained my undivided (complete) attention. Wealth was an inferior (meschino) object; but what glory would attend
the discovery, if I could banish disease from the human frame, and render man invulnerable to any but a violent
death!”

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“Nor were these my only visions. The raising (evocazione) of ghosts or devils was a promise (favori) liberally
accorded by my favourite authors, the fulfilment of which I most eagerly sought; and if my incantations were always
unsuccessful, I attributed the failure rather to my own inexperience and mistake, than to a want of skill or fidelity
(veridicità) in my instructors…”

Note d’analisi:
Il progetto di Frankenstein è già ben definito. In questo racconto si parla della sua giovanile brama di penetrare i
misteri preclusi all’uomo dalle leggi etiche e religiose. Queste aspirazioni lo conducono oltre la soglia della morte
(ghosts). In questa chiave è spiegabile l’attrazione di Frankenstein. per la pseudo scienza di stampo medievale che
aveva come oggetto la dimensione extra-sensibile. Durante ulteriori studi compiuti all’università, Frankenstein si
avvicina anche alle moderne scienze naturali, individuando nella chimica e nella biologia gli strumenti per attuare il
suo progetto, i cui intendimenti rientrano già nella del magico, dell’esoterico e violano l’ordine delle cose. Egli infatti
viola delle salme, dalle quali vengono prese delle parti anatomiche e poi messe assieme (si tratta dunque di una
trasgressione), riuscendo poi a scoprire il principio della vita

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03.10 - IV LEZIONE

Il racconto di Frankenstein può essere letto alla luce degli stilemi classici del romanzo di formazione (comincia a
raccontare le sue tragedie, partendo dall’infanzia, poi c’è una sorta di riepilogo dei suoi studi, il racconto di come sia
stato attratto dai misteri della natura (scienze ortodosse) e parla di autori le quali wild fantasies lo attraggono di più
delle scoperte dei moderni filosofi).
l progetto di Frankenstein è quello di trovare l’elisir di lunga vita, volendo bandire dal consorzio umano la morte
provocata dalla malattia. Da questo intento, esprime già un desiderio di travalicare i limiti imposti dalle leggi etico
religiose. Avvalendosi dunque della scienza, Frankenstein mette a punto il diabolico progetto di emulare il creatore
nell’infondere la scintilla vitale ad un essere che nasce dalla morte. (c’è già la perversione dal nascere dalla morte per
vivere. Egli inoltre combina parti atomiche di cadaveri, violandone le salme. Prima di accendere la scintilla della vita
in questo essere mostruoso e prima di sovvertire quello che è l’ordine naturale del cosmo, già si cominciano a
manifestare una serie di segni premonitori della punizione che seguirà questo atto empio. A questo progetto di
trasgressione, inoltre, corrisponde un deperimento fisico

CAPITOLO IV

“These thoughts supported my spirits, while I pursued my undertaking with unremitting (instancabile) ardour. My
cheek had grown pale with study, and my person had become emaciated with confinement. Sometimes, on the very
brink (orlo) of certainty, I failed; yet still I clung to the hope which the next day or the next hour might realize. One
secret which I alone possessed was the hope to which I had dedicated myself; and the moon gazed on my midnight
labours, while, with unrelaxed and breathless eagerness, I pursued (penetravo) nature to her hiding-places (penetravo
nei misteri della natura). Who shall conceive (immaginare) the horrors of my secret toil as I dabbled among the
unhallowed damps of the grave or tortured the living animal to animate the lifeless clay? My limbs (ginocchia)now
tremble, and my eyes swim with the remembrance; but then a resistless and almost frantic impulse urged me forward;
I seemed to have lost all soul or sensation but for this one pursuit. It was indeed but a passing trance (esaltazione), that
only made me feel with renewed acuteness so soon as, the unnatural stimulus ceasing to operate, I had returned to my
old habits. I collected bones from charnel-houses (cripte) and disturbed, with profane fingers, the tremendous
secrets of the human frame. In a solitary chamber, or rather cell, (soffitta) at the top of the house, and separated
from all the other apartments by a gallery and staircase, (rampa di scale) I kept my workshop of filthy creation; my
eyeballs were starting from their sockets (orbite) in attending to the details of my employment. The dissecting room
and the slaughter-house (mattatoio) furnished many of my materials; and often did my human nature turn with
loathing from my occupation, whilst, still urged on by an eagerness which perpetually increased, I brought my work
near to a conclusion.

NOTE D’ANALISI

È visibile il deperimento fisico e il progressivo allontanamento della natura (nella cultura del 700, la natura è specchio
di Dio). Al centro del romanzo c’è l’esperienza del dare alla luce, della gestazione. Labour infatti è sia il travaglio del
parto che la fatica.

Frankenstein è il primo genito di una famiglia illustre repubblicana di Ginevra. Egli cresce in un ambiente ricco di
stimoli liberali e culturali, come vale per la stessa Mary Shelley, figlia di due dei più noti esponenti dell’intelligentia
del tempo (il padre, William Godwin, era un famoso romanziere e filosofo, mentre la madre era una famosissima
autrice protofemminista). Anche Frankenstein cresce in questo ambiente colto e manifesta fin dalla più tenera età sete
di conoscenza. Poco prima di partire per l’università, viene colpito dalla morte della madre (presagio delle sventure
che poi seguiranno). Da allora, spinto da questo terribile lutto e dall’idea di “bandire la malattia e rendere l’uomo
invulnerabile da ogni morte”, si dedica alla ricerca della pietra filosofale (cercata invano dagli alchimisti per la
supposta capacità di trasformare qualsiasi metallo in oro) e l’elisir di lunga vita.

Come Faust, Frankenstein è posseduto da questa sorta di libido sciendi (secondo l’interpretazione freudiana,
l’investimento energico va tutta nella scienza). Frankenstein infatti ha ormai dimenticato il resto della famiglia ed è
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totalmente assorbito da questa sua idea megalomaniaca. Si accosta quindi all’alchimia ed è spinto da un delirio di
onnipotenza ( “un sogno non turbato dalla realtà”). In questo lungo racconto, sorta di riassunto della sua educazione
molto simile a quella di Mary Shelley, confessa di come non a questo soltanto si limitassero le sue fantasie (visions).
All’analogia con Shelley circa l’educazione, si possono aggiungere gli interessi di Percy Shelley molto simili (era
anche lui affascinato dalle sperimentazioni scientifiche, stimolate dai suoi anni in università da un eccentrico
inventore le cui lezioni erano state seguite da Percy). Senza timore di travalicare i confini della scienza ortodossa,
dell’etica e della religione, Frankenstein concepisce infine questo diabolico progetto. Come un novello Prometeo, egli
vuole resuscitare i corpi.

FINE DEL CAPITOLO II

Nor were these my only visions. The raising of ghosts or devils was a promise liberally accorded by my favourite
authors, the fulfillment of which I most eagerly sought; and if my incantations were always unsuccessful, I attributed
the failure rather to my own inexperience and mistake than to a want of skill or fidelity in my instructors. And thus for
a time I was occupied by exploded systems, mingling, like an unadept, a thousand contradictory theories and
floundering desperately in a very slough of multifarious knowledge, guided by an ardent imagination and childish
reasoning, till an accident again changed the current of my ideas. When I was about fifteen years old we had retired to
our house near Belrive, when we witnessed a most violent and terrible thunderstorm.

Torturando gli animali e assemblando le parti di cadaveri trafugati dai mattatoi, dalle camere mortuarie, riuscì in
questa folle impresa (dimenticando tutti gli affetti e rendendolo insensibile all’incanto della natura). Seguirà un
tremendo castigo a causa della presunzione (ubris) di aver voluto emulare Dio nel farsi creatore della vita. Le
conseguenze di questo peccato ricadranno sull’intera famiglia e sulla sua cerchia di amici (il compagno di studi, la
bambinaia, Frankenstein stesso…). Sarà poi rinchiuso in un manicomio in mezzo ai delinquenti e infine sarà ucciso
dagli stenti nell’inseguimenti della sua creatura.

Nel corso di una notte fatale, dove segna “la fine delle fatiche e l’inizio delle sciagure”, eglì riuscì ad animare un
essere che tuttavia non si rivelerà di certo a sua immagine e somiglianza, ma sarà una sorta di aborto, un essere
mostruoso. La scena del risveglio è sostenuta da una eloquentia miltoniana (per gli inglesi il più grande latinista),
accompagnata dalla rielaborazione di una serie di motivi della letteratura gotica

CAPITOLO V

It was on a dreary night of November that I beheld the accomplishment of my toils. With an anxiety that almost
amounted to agony (angoscia, pena, sofferenza), I collected the instruments of life around me, that I might infuse a
spark of being into the lifeless thing that lay at my feet. It was already one in the morning; the rain pattered dismally
(batteva monotona) against the panes, and my candle was nearly burnt out, when, by the glimmer of the half-
extinguished light, I saw the dull (foschi)yellow eye of the creature open; it breathed hard, and a convulsive motion
agitated its limbs. How can I describe my emotions at this catastrophe, or how delineate the wretch whom with such
infinite pains and care I had endeavoured to form? His limbs were in proportion, and I had selected his features as
beautiful. Beautiful! Great God! His yellow skin scarcely covered the work of muscles and arteries beneath; his hair
was of a lustrous black, and flowing; his teeth of a pearly whiteness; but these luxuriances only formed a more horrid
contrast with his watery eyes, that seemed almost of the same colour as the dun-white sockets in which they were set,
his shrivelled (grinzosa)complexion and straight black lips. The different accidents of life are not so changeable as the
feelings of human nature. I had worked hard for nearly two years, for the sole purpose of infusing life into an
inanimate body. For this I had deprived myself of rest and health. I had desired it with an ardour that far exceeded
moderation; but now that I had finished, the beauty of the dream vanished, and breathless horror and disgust filled my
heart. Unable to endure the aspect of the being I had created, I rushed out of the room and continued a long time
traversing my bed-chamber, unable to compose my mind to sleep. At length lassitude succeeded to the tumult I had
before endured, and I threw myself on the bed in my clothes, endeavouring to seek a few moments of forgetfulness
(oblio).

NOTE D’ANALISI:

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-fatica della nascita

-le due parole chiave che definiscono l’atteggiamento psicologico di Frankenstein nei confronti della sua creatura
appena nata sono orrore e disgusto. Questa creatura diventerà sempre più ai suoi occhi una sorta di demonio che egli
vuole esorcizzare e poi annientare

-frustrazione dopo un lavoro estenuante per il risultato spiacevole

Nel sogno che segue questa terribile nascita, appare chiaro la connessione tra la ricerca della vita e l’esperienza
dolorosa del lutto. C’è una polarità tra creazione-distruzione e vita-morte. Quasi tutte le letture di orientamento
psicanalitiche ruotano attorno al sogno che segue questo momento in cui Frankenstein si addormenta. In questo sogno
egli vede la promessa sposa (Elizabeth) subire una trasformazione nel cadavere della propria madre

But it was in vain; I slept, indeed, but I was disturbed by the wildest dreams. I thought I saw Elizabeth, in the bloom
of health, walking in the streets of Ingolstadt. Delighted and surprised, I embraced her, but as I imprinted the first kiss
on her lips, they became livid with the hue of death; her features appeared to change, and I thought that I held the
corpse of my dead mother in my arms; a shroud (sudario) enveloped her form, and I saw the grave- worms crawling
in the folds of the flannel. I started from my sleep with horror; a cold dew (sudore) covered my forehead, my teeth
chattered (battevano) and every limb became convulsed; when, by the dim and yellow light of the moon, as it forced
its way through the window shutters, I beheld the wretch— the miserable monster whom I had created. He held up
the curtain of the bed; and his eyes, if eyes they may be called, were fixed on me. His jaws (mascelle)opened, and he
muttered some inarticulate sounds, while a grin wrinkled his cheeks. He might have spoken, but I did not hear; one
hand was stretched out, (tesa in Avanti) seemingly to detain (trattenermi) me, but I escaped and rushed downstairs. I
took refuge in the courtyard belonging to the house which I inhabited, where I remained during the rest of the night,
walking up and down in the greatest agitation, listening attentively, catching and fearing each sound as if it were to
announce the approach of the demoniacal corpse (cadaver)to which I had so miserably given life. Oh! No mortal
could support the horror of that countenance. A mummy again endued with animation could not be so hideous
(orrendo) as that wretch. I had gazed on him while unfinished; he was ugly then, but when those muscles and joints
(giunture)were rendered capable of motion, it became a thing such as even Dante could not have conceived.
(concepire) I passed the night wretchedly.

NOTE D’ANALISI

Riferimento a Dante (come precedentemente già avvenuto)


L’essere a cui da vita Frankenstein è un mostro. Il termine deriva dal latino monstrum (uno dei primi significati è
‘fenomeno portentoso’, quasi ‘ prodigio divino’). Questo è un termine polisemantico perché indica sia un portento, sia
qualcosa di spaventoso. Nel significato originario designava un’emanazione divina della divinità di Dio, dunque era
un’allegoria di vari valori spirituali o significati invisibili. Similarmente ad altri termini teratologici (teras in greco
significa mostro) come ‘miraculum’ ‘omen’ ‘portentum’, monstrum rimanda al meraviglioso e al portentoso. Nel
romanzo l’apparizione del mostro infatti viene equiparata ad una sorta di prodigio divino, nel momento in cui Walton
e i suoi uomini vedono un essere di forma umana, ma di proporzioni gigantesche (questo genera in loro stupore, più
che orrore).
Con il tempo, il termine monstrum ha perduto la connotazione originaria che lo legava all’azione di monstrare,
indicare con il dito. Pur mantenendo l’ambivalenza costitutiva (l’eccezionalità positiva da un lato e dall’altro quella
negativa dii bruttezza), di fatto monstrum spesso designa una figura dell’eccesso, un’eccezione rispetto alla norma.
Inoltre, poiché l’etimo di mostro è simile a quella di monstrare, ma anche a quella di monere (avvertire, ammonire
ecc), il termine monstrum ha finito per abbracciare un significato disciplinare in virtù del quale la mostruosità
definisce non solo un segno di deformità, di diversità rispetto alla norma, ma anche un’aberrazione morale. Come i
mostri mitologici quali giganti o orchi, la creatura di Frankenstein è possente, egli ha una forza e agilità prodigiose,
ma il suo animo si rivela da subito assolutamente buono e gentile (è vegetariano come Percy, è amante della natura e
si dimostra spesso generoso). Mary Shelley lo dipinge difatti come l’incarnazione perfetta del buon selvaggio di
Rousseau. Accortosi del disgusto che il suo aspetto suscita, subisce una brusca trasformazione, trasformandosi in una
macchina portatrice di morte, una vera e propria bestia. Il suo stesso creatore ne rimane disgustato e lo rifiuta,
bandendolo dalla società
16
CAPITOLO 16

Cursed, cursed creator! Why did I live? Why, in that instant, did I not extinguish the spark(scintilla) of existence
which you had so wantonly (inavventatamente) bestowed? I know not; despair had not yet taken possession of me;
my feelings were those of rage and revenge. I could with pleasure have destroyed the cottage and its inhabitants and
have glutted myself with their shrieks and misery. ‘When night came I quitted my retreat (rifugio) and wandered in
the wood; and now, no longer restrained by the fear of discovery, I gave vent to my anguish in fearful howlings. I was
like a wild beast that had broken the toils (lacci), destroying the objects that obstructed me and ranging (correvo)
through the wood with a staglike (cervo) swiftness. Oh! What a miserable night I passed! The cold stars shone in
mockery, and the bare trees waved their branches above me; now and then the sweet voice of a bird burst forth amidst
the universal stillness. All, save I, were at rest or in enjoyment; I, like the arch-fiend, bore a hell within me, and
finding myself unsympathized with, wished to tear up (strappare) the trees, spread havoc (sterminio) and destruction
around me, and then to have sat down and enjoyed the ruin ‘But this was a luxury of sensation that could not endure; I
became fatigued with excess of bodily exertion and sank on the damp grass in the sick impotence of despair. There
was none among the myriads of men that existed who would pity or assist me; and should I feel kindness towards my
enemies? No; from that moment I declared everlasting war against the species, and more than all, against him who
had formed me and sent me forth to this insupportable misery. ‘The sun rose; I heard the voices of men and knew that
it was impossible to return to my retreat during that day. Accordingly I hid myself in some thick underwood,
determining to devote the ensuing hours to reflection on my situation. ‘The pleasant sunshine and the pure air of day
restored me to some degree of tranquillity; and when I considered what had passed at the cottage, I could not help
believing that I had been too hasty in my conclusions. I had certainly acted imprudently. It was apparent that my
conversation had interested the father in my behalf, and I was a fool in having exposed my person to the horror of his
children. I ought to have familiarized the old De Lacey to me, and by degrees to have discovered myself to the rest of
his family, when they should have been prepared for my approach. But I did not believe my errors to be irretrievable,
and after much consideration I resolved to return to the cottage, seek the old man, and by my representations win him
to my party. ‘These thoughts calmed me, and in the afternoon I sank into a profound sleep; but the fever of my blood
did not allow me to be visited by peaceful dreams. The horrible scene of the preceding day was forever acting before
my eyes; the

NOTE D’ANALISI

Fa parte della narrazione del mostro. Un’intera sequenza è dedicata al processo di acculturazione del mostro che
mostra anche questo singolari analogie con quelle del suo creatore. Anche nella narrazione del mostro si può notare
una libido scendi simile a quelle di Walton e Frankenstein. Questa evoluzione del mostro avviene per gradi; la sua
capacità di apprendimento potrebbe essere definita mostruosa (desta meraviglia). Dapprima la creatura apprende l’uso
del fuoco come fonte di luce e anche di calore, poi impara l’utilizzo del fuoco per cucinare il cibo, poi conosce
l’uomo e arriva all’acquisizione di forme cognitive sempre più complesse, impara a parlare, scrivere, apprende
nozioni sulle religioni, sulla storia, sulle differenze sulle classi sociali. In questo prodigioso processo di
apprendimento (assimilabile a quella del buon selvaggio), l’intelligenza è nettamente superiore a quello di qualsiasi
altro essere umano. Egli impara molto più in fretta in confronto con la bambina araba, origliando gli insegnamenti dei
suoi vicini di casa a lei. Il mostro ancora prima aveva dimostrato di avere capacità di apprendimento fuori dal comune
anche nel decifrare il linguaggio della comunicazione. Queste facoltà eccezionali da un lato, rafforzano la qualità del
diverso (ossia il fatto che la creatura fosse un diverso), dall’altro canto pongono il mostro su un piano analogo a
quello del creatore (in grado, senza la mediazione della donna, a dare vita ad una creatura). La creatura spinge la sua
acculturazione, sino a leggere alcuni libri come le Vitae di Plutarco ( un’indagine della storia di Roma attraverso
l’ethos di uomini illustri e personaggi minori che l’hanno attraversata) oppure, lettura sicuramente formativa, “I dolori
del giovane Werter” (Goethe). Questo romanzo lo illumina sulla storia degli uomini, offrendogli spunti sulla
grandezza di certi personaggi e sull’iniquità di certi altri. Il romanzo di Goethe è stato accompagnato da un successo
internazionale travolgente, si tratta di un romanzo epistolare. Lo scandalo che ne seguì fece di Goethe una figura di
spicco nell’epoca. Werter, un’anima appassionata come Frankenstein, si innamora di Carlotta venendo a sapere
troppo tardi che è già promessa ad Alberto, un uomo pacato, tranquillo e borghese. Werter incapace di resistere alla
passione e non sopportando il fidanzamento con Alberto, finge di partire per un viaggio e poi si suicida. Infine,
Frankenstein legge Paradise Lost di Milton. Tutte queste letture fanno sì che Frankenstein diventi completamente
conscio della sua diversità e dell’isolamento a cui è condannato per questo motivo. Ha già sperimentato
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l’aggressività degli uomini verso di lui, a causa della sua immagine mostruosa (ad un certo punto, Frankenstein vede
annegare una donna, lui interviene e viene preso a pistolettate). Non solo è un’anima ardente, ma estremamente
coraggiosa.

10.10 - V LEZIONE

Dalla lezione precedente

Fin dal suo primo venire al mondo, la creatura suscita in Frankenstein orrore e disgusto ; inoltre la creatura viene
allontanata e respinta (mettendo così in luce uno dei perni attorno il quale ruota il romanzo, vale a dire il nesso
causale tra creazione e distruzione). Altro tema importante è la metafora della gestazione, non a caso Mary Shelley ci
mise nove mesi (come per la gestazione) a scrivere il romanzo. Fin dall’inizio dunque è chiaro il nesso vita-morte e
creazione-distruzione; inoltre Frankenstein si costruisce come creatura demoniaca, alterità che è necessario
distruggere. Il termine monstrum rimanda al meraviglioso, ma anche all’aberrazione. Importante la capacità di
apprendimento (anche rispetto alla bambina che impara molto più lentamente), origliando infatti apprende i primi
rudimenti del linguaggio e della scrittura (sicuramente mostruosa, nel senso di fuori dal comune, questa sua capacità
di apprendimento). Compie poi letture (le stesse della Shelley) come Le Vite Parallele di Plutarco o il romanzo
epistolare di Goethe I dolori del giovane Werter (1774). Grazie a queste letture, tra le quali Paradise Lost di Milton, il
mostro acquisisce una consapevolezza sia per quanto riguarda la sua identità (è un reietto, un diavolo), sia per quanto
riguarda le reazioni della sua immagine deforme da parte degli uomini. Queste reazioni negative son ben evidenti in
un episodio nel quale salva una donna dall’annegamento, ma viene preso a fucilate. Questo dimostra in maniera
lampante l’aggressività e la paura che suscita negli uomini. L’ostilità degli uomini nei suoi confronti si palesa sempre
di più, nonostante le azioni caritatevoli e generose da parte sua ( mito del buon selvaggio). Esacerbato da tutti questi
suoi rifiuti, decide di far ritorno al suo creatore per chiedergli una compagna. Tutti i delitti di cui si macchierà poi son
la diretta conseguenza del rifiuto violento/omicida degli altri uomini, a causa della sua mostruosità ( della quale è
totalmente incolpevole). Nonostante l’aspetto terrificante, la creatura di Frankenstein dimostra fin da subito un animo
buono e mito; è desideroso di amore e simpatia ( non concesse neanche dal suo creatore) . Accortosi della reazione
che ha nei confronti degli altri, questa natura buona e sensibile ( anche alle bellezze del creato) si trasforma in una
macchina distruttiva. Abbandonato a sé stesso, compie dunque una serie di azioni efferate, dettate più
dall’isolamento e dal bisogno di affetto che da una natura intrinsecamente malvagia. Dolorosamente conscio dei
propri difetti e della sua deformità (per la quale si nasconde), egli si definisce un aborto (ancora una volta c’è una
metafora legata alla nascita). Dopo il rifiuto successivo di Frankenstein che raggiunge in Scozia di creargli una
compagna (in un primo momento Frankenstein accetta, poi distrugge davanti al mostro), “dichiara guerra all’umanità
intera”. Arrabbiato e vendicativo, compie una serie di delitti: Il primo a morire è William ( il fratellino di
Frankenstein), della cui morte viene incolpata e poi impiccata l’amorevole bambinaia Justine; poi uccide Henry (il
compagno di studi) e infine, durante la notte di nozze, Elizabeth. Cercherà infine di uccidere anche Frankenstein,
dopo una serie di inseguimenti. A sua volta Frankenstein cerca di ucciderlo, ma il mostro gli sfugge. Frankenstein
viene soccorso dal capitano Walton, in viaggio verso il Polo Nord, ma morirà poco dopo per gli stenti. Walton viene a
conoscenza dell’estrema solitudine del mostro, del suo desiderio di vendetta, ma anche del suo cocente rimorso. Una
volta morto il suo creatore, la creatura non ha più scopo per vivere e decide dunque di porre fine alla sua miserabile
esistenza. Allontanatosi dunque dalla nave che aveva raccolto Frankenstein moribondo, cerca la morte buttandosi
verso le regioni artiche, totalmente disabitate.

LETTURA BRANO:

You, who call Frankenstein your friend, seem to have a knowledge of my crimes and his misfortunes. But in the detail
which he gave you of them he could not sum up the hours and months of misery which I endured wasting in impotent
passions. For while I destroyed his hopes, I did not satisfy my own desires. They were forever ardent and craving;
still I desired love and fellowship, and I was still spurned. Was there no injustice in this? Am I to be thought the only
criminal, when all humankind sinned against me? Why do you not hate Felix, who drove his friend from his door with
contumely? Why do you not execrate the rustic who sought to destroy the saviour of his child? Nay, these are virtuous

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and immaculate beings! I, the miserable and the abandoned, am an abortion, to be spurned at, and kicked, and
trampled on. Even now my blood boils at the recollection (ricordo) of this injustice ‘But it is true that I am a wretch. I
have murdered the lovely and the helpless; I have strangled the innocent as they slept and grasped (stretto) to death
his throat who never injured me or any other living thing. I have devoted my creator, the select specimen(prototipo)
of all that is worthy of love and admiration among men, to misery; I have pursued(perseguitato) him even to that
irremediable ruin. There he lies, white and cold in death. You hate me, but your abhorrence cannot equal that with
which I regard myself. I look on the hands which executed the deed (misfatti); I think on the heart in which the
imagination of it was conceived and long for the moment when these hands will meet my eyes, when that imagination
will haunt my thoughts no more. ‘Fear not that I shall be the instrument of future mischief. My work is nearly
complete. Neither yours nor any man’s death is needed to consummate the series of my being and accomplish that
which must be done, but it requires my own. Do not think that I shall be slow to perform this sacrifice. I shall quit
your vessel on the ice raft (banco di ghiaccio) which brought me thither and shall seek the most northern extremity of
the globe; I shall collect my funeral pile and consume to ashes this miserable frame (corpo), that its remains may
afford no light to any curious and unhallowed wretch who would create such another as I have been. I shall die. I
shall no longer feel the agonies which now consume me or be the prey of feelings unsatisfied, yet unquenched. He is
dead who called me into being; and when I shall be no more, the very remembrance of us both will speedily vanish. I
shall no longer see the sun or stars or feel the winds play (alitare) on my cheeks. Light, feeling, and sense will pass
away; and in this condition must I find my happiness. Some years ago, when the images which this world affords first
opened upon me, when I felt the cheering warmth of summer and heard the rustling of the leaves and the warbling of
the birds, and these were all to me, I should have wept to die; now it is my only consolation. Polluted by crimes and
torn by the bitterest remorse, where can I find rest but in death? ‘Farewell! I leave you, and in you the last of
humankind whom these eyes will ever behold. Farewell, Frankenstein! If thou wert yet alive (se tu ancora fossi vivo)
and yet cherished a desire of revenge against me, it would be better satiated in my life than in my destruction. But it
was not so; thou didst seek my extinction, that I might not cause greater wretchedness; and if yet in some mode
unknown to me, thou hadst not ceased to think and feel, thou wouldst not desire against me a vengeance greater than
that which I feel. Blasted as thou wert, my agony was still superior to thine, for the bitter sting of remorse will not
cease to rankle in my wounds until death shall close them forever. ‘But soon,’ he cried with sad and solemn
enthusiasm, ‘I shall die, and what I now feel be no longer felt. Soon these burning miseries will be extinct. I shall
ascend my funeral pile triumphantly and exult in the agony of the torturing flames. The light of that conflagration will
fade away; my ashes will be swept into the sea by the winds. My spirit will sleep in peace, or if it thinks, it will not
surely think thus. Farewell.’ He sprang from the cabin window as he said this, upon the ice raft which lay close to the
vessel. He was soon borne away by the waves and lost in darkness and distance.

Note d’analisi:

Anche in considerazione della giovanissima età dell’autrice (non aveva neanche compiuto 20), è difficile sottrarsi
dallo stabilire un qualche nesso tra questo capolavoro e le travagliate esistenze che fanno capo alla vita della Shelley.
Vale a dire un’esistenza segnata dalla colpa, dalla solitudine, da ripetuti lutti, aborti e dal confronto con i genitori fin
troppo e il marito fin troppo ingombranti. Difficile dunque separare il dato autobiografico e il puro racconto
fantascientifico. Nel romanzo emerge una sofferenza tipicamente femminile: esso ruota ossessivamente intorno alla
metafora della nascita (il venire alla luce e il mettere al mondo). Il mettere al mondo allude alla capacità divina di
creare ( to play God) e far esistere ciò che prima non era (passare dal nulla all’essere, dalle tenebre alla luce, dal
silenzio alla parola). Anche l’uomo possiede meravigliose capacità creative, ma mentre Dio crea ex nihilo, l’uomo ha
bisogno di materia e di tecnica. Ogni tipo di prodotto artistico crea un mondo che prima non c’era, una realtà capace
di coinvolgere chi è in grado di coglierne il senso. L’arte in tal senso è una forma di comunicazione e interazione che
deve per forza essere condivisa (ogni opera d’arte è un unicuum che, anche se riprodotto in molte copie, rimane
tuttavia tale). Oltre alla creatività dell’arte, esiste un’altra attività che si avvicina alla creazione artistica, vale a dire
la generazione umana ( ossia il partorire un essere non duplicabile e inconfondibile). Mentre gli animali si
riproducono, gli uomini procreano. Ogni neonato, venendo alla luce, porta con sé una storia e un destino. All’atto
generativo concorrono due elementi, uno maschile e uno femminile, dunque nella matematica dell’esistenza 1 +1=3.
Nove sono i mesi della gravidanza ed è nell’attesa (dalla fecondazione al parto) che si forma il plusvalore materno. La
gravidanza attiva poi immagini capaci di prefigurare in qualche modo il nascituro. È stato detto che questo mostro
potrebbe anche risponde ala teratofobia (dal greco teratòs, mostro), ossia l’angoscia legata al parto di poter generare

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un mostro ( bisogna ricordare che la Shelley ebbe svariati aborti). La gravidanza nel romanzo è accompagnata invece
da una serie di attese e aspettative legate al desiderio di dare alla luce una creatura potente, sconfiggere la malattia.

Summa tematiche

->Dunque il romanzo della Shelley riflette sia sul tema dell’innaturalità dell’impresa concepita e attuata
irresponsabilmente da Frankenstein (dare alla luce un essere vivente senza una donna), sia sul tema della creatura
creata in laboratorio con le parti anatomiche trafugate empiamente dai cimiteri e dalle camere mortuarie, poi
rifiutata.

I drammi di Mary Shelley

Nella solitudine estrema della creatura, secondo numerosi critici soprattutto femministe, sembra esserci un eco
autobiografico, legato alla perdita dell’autrice della madre (idealizzata perché mai conosciuta, però sempre
agognata). Nella biografia travagliata di Shelley, il dare alla vita sembra essere coniugata ad una serie di lutti. Nel
1797 infatti la madre Mary Wollstonecraft, autrice del saggio protofemminista A Vindication of the Rights of
Woman, muore di febbre puerperale pochi giorni dopo aver partorito Mary Shelley. Il padre, William Godwin, è
autore del trattato Enquiry concerning political justice”che esercitò per il sapore anarchico un forte ascendente sulle
giovani generazioni e su Percy Shelley. Godwin è inoltre autore del romanzo The adventure of Caleb Williams di
avventura, considerato il prototipo del romanzo poliziesco. A 15 anni, Mary conosce il poeta Shelley nella casa del
padre. Percy era uno spirito ribelle, un giovane anticonformista che rimane subito colpito dall’intelligenza di Mary.
L’incontro con Percy è più di una passione amorosa, infatti si rivela un’esperienza fondante sia dal punto di vista
umano che lavorativo. Sicuramente Percy è la persona che più amerà e la personalità a lei più affine per
temperamento. Percy era già conosciuto per i suoi atteggiamenti antimonarchici, si era infatti speso per la causa
irlandese ( indipendenza rispetto all’Inghilterra) e per le sue professioni di ateismo. Viene educato a Oxford dalla
quale viene espulso nel 1812 per aver pubblicato The Necessity of atheism, un opuscoletto agnostico. Non ancora
diciottenne, fugge in Scozia ( eloping) con Harriet Westbrook dalla quale ebbe due figli e con la quale si sposò.
Pubblicato poi un pamphlet schierato per la causa irlandese, viene schedato. Quando conosce poi Mary, Shelley era
già un eccellente grecista e latinista, aveva già pubblicato romanzi, pamphlets, un poemetto filosofico ( Queen Mab: a
philosophical poem) etc.

Quest’ultimo risente dell’influenza di Godwin. Godwin, un tempo apostolo del libero amore e spregiatore della
morale borghese, non vede di buon occhio la relazione tra Mary e Percy che si rincontrano in gran segreto in un
cimitero, davanti alla tomba della madre. A preoccupare Godwin non è solo il burrascoso passato sentimentale di
Percy, ma anche la sua precaria situazione finanziaria ( il padre Timothy gli aveva tagliato i fondi). Lo stesso Godwin
non navigava in buone acque. Messo alla porta, Percy e Mary son costretti a scappare da Londra nella notte del 28
luglio 1814 e raggiungono con una carrozza Dover. I due sono accompagnati da Claire, figlia della seconda moglie di
Godwin sposata 4 anni dopo la morte della madre di Mary. Non ancora trentenne, Percy morirà al largo di Lerici
(1822) a bordo di un’imbarcazione (Ariel), al ritorno da una gita in barca, essendo stati sorpresi da una tempesta. Il
corpo di Shelley viene rinvenuto 10 giorni dopo e sarà arso, alla presenza di Byron e di un altro amico (Hunt).

La vita di Mary è dunque segnata dal rifiuto di ogni costrizione razionale (rifiuto esaltato anche dalla sua natura
utopica, dalla sensibilità idealista di Shelley, dalla contrapposizione tra individuo e società borghese e nessuna
consapevolezza del limite, come Frankenstein). Tutti questi atteggiamenti, esclusivi del pensiero romantico,
privilegiano l’anelito verso l’individualismo, la valorizzazione estrema della passione e orientano verso il ribellismo
prometeico, il titanismo e verso l’onnipotenza.

Arrivati in Francia, sono raminghi in questi territori solitari e bui, fino a qualche settimana in guerra. Attraversata la
Svizzera e l’Olanda, finché son costretti a tornare in Inghilterra a causa delle disperate condizioni economiche. Dopo
due anni nel maggio del 1816, gli Shelley compiono un viaggio durante il quale ci sarà un soggiorno sul lago di
Ginevra. Qui, Byron (una sorta di eroe romantico vivente) all’indomani della pubblicazione del Child Harold’s
Pilgrimage, dovette smussare certi costumi privati ( omosessualità, accusa di incesto, fallimento del matrimonio,
radicalismo politico) e dovette lasciare l’Inghilterra per riparare in Svizzera e poi in Italia. Nascerà poi dalla relazione

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tra Claire e Byron una bambina (Allegra), abbandonata in un convento di suore a Ravenna, che morirà di febbre
tifoidea a soli cinque anni. Si instaura un sodalizio fruttuoso tra Percy e Byron, fruttuoso anche sul piano letterario
con la famosa ghost section.

Sulle alpi svizzere, viene concepito il romanzo che si presenta come un testo eversivo e perturbante. Questo
precorrerà la moderna fantascienza. La qualità perturbante del romanzo è determinata non solo dai contenuti ( ossia la
creazione di una persona in laboratorio e il creare la vita dalla morta) terrificanti e trasgressivi (to mock the
stupendous mechanism of the creator of the world), ma anche perché Mary dice di essere stata in preda e quasi
guidata dalla sua immaginazione.

Nota a margine: con il termine perturbante si rimanda al romanzo omonimo di Freud.

Il tema del romanzo ha anche una rilevanza simbolica, mitica e antropologica che la caricarono molto culturalmente e
socialmente, sollevando problemi di ordine etico (poiché la vita che viene creata in laboratorio è immonda; inoltre la
creatura- definita the horrid thing- invece è mostruosa). Si attinge dunque non solo alle sfere dell’occulto,
dell’inconoscibile, ma anche alle teorie che prevedono la nascita di un uomo, da parte di un altro uomo. Il contenuto
stesso dell’opera è dunque una trasgressione del codice etico e morale della società. Inoltre Frankenstein risente
della suggestione degli esperimenti pseudo scientifici di cibernetica messi in atto già nel 700 (per esempio
l’autonoma di un’anatra digeritrice progettata da Jacques de Vaucanson), soprattutto in Francia, per riprodurre
prototipi umani artificiali. In questo senso il mostro di Frankenstein è dunque il prototipo dei robots, di una creatura
da laboratorio.

D’altro canto, non si tratta di una mera condanna di ordine etico e religioso. Il romanzo infatti tocca tutti i temi ad alta
densità psicologica, come quello della diversità, del delirio di onnipotenza e dell’ambivalenza che contrassegna il
rapporto tra creatura-creatore. L’autrice , orfana dalla nascita, avendo vissuto dalla nascita una realtà fortemente
abbandonica (esacerbata dal matrimonio frettoloso del padre con una donna volgare e arrogante, non approvata da
Mary Shelley), si identifica da una parte con il mostro (che annienta il proprio creatore, spinto dalla rabbia e dal
rifiuto) e dall’altra parte si identifica con Frankenstein (che genera creature toccate dalla morte). Ivi è dunque una
doppia identificazione.

Lasciata la Svizzera, (dove Percy fa anche testamento e dove aveva concepito il romanzo), i tre (forse per tenere
nascosta la gravidanza di Claire) riparano a Bath. Qui sono raggiunti dalla notizia della morte di Fanny (sorellastra di
Mary Shelley e figlia di Mary W.) per suicidio. A questo evento luttuoso si aggiunge il suicidio di Harriet, la prima
moglie di Shelley, in avanzato stato di gravidanza ( e questo feto viene rinvenuto nella serpentina successivamente).
Unico figlio superstite sarà Percy Florence Shelley. L’essere a cui Frankenstein dà vita è un mostro, in ragione non
solo del suo aspetto deforme, ma anche perché proiezione del delirio di onnipotenza del suo creatore (indice anche di
un pericoloso scollamento dalla realtà). Quando Frankenstein è assorto dalla frenesia di creare il proprio mostro, vive
in un totale isolamento rispetto agli affetti (famiglia, amici, ragazza…).

17.10.18 - VI LEZIONE

21
Il mostro, senza nome, si sottrae a qualsiasi tentativo di essere definito, categorizzato e nominato. Nel testo viene
percepito, soprattutto dal suo creatore, come una rottura della norma. La sua identità viene a darsi solo in quanto
presenta il doppio, un’alterità demoniaca, malvagia e persecutoria (vedi l’ultima parte del romanzo, in cui c’è un
reciproco inseguirsi).
È interessante notare, non solo in virtù del primo importante adattamento cinematografico del 1931 di James Whale,
che ha consegnato all’immaginario collettivo la maschera indimenticabile di Boris Karloff (pseudonimo), come il
lettore e gli spettatori abbiano colto in modo subliminale l’identità tra creatore e creatura, tanto che Frankenstein ha
finito per essere associato più alla creatura mostruosa a cui egli da vita, in questo suo folle esperimento scientifico,
che allo scienziato ginevrino.
Se da un lato il mostro è legato in modo indissolubile al suo artefice, essendo anche testimonianza vivente del suo
genio creatore, egli finirà per essere aborrito in quanto emblema della colpa di “play God”, di cercare cioè di imitare
“the stupendous mechanism of the world”, (come scrive Mary Shelley) e a ciò segue una punizione, un sentimento
cocente di rimorso, non solo della creatura, ma anche del creatore.
Il romanzo declina dunque un altro tema, ancora più doloroso: quello della creatura rifiutata, aborrita, respinta che, in
realtà, anela ad un riconoscimento come il dono più alto dell’amore e che, suo malgrado, non potrà rispondere che con
violenza, alla violenza subita.
La trasgressione di Dr. Frankenstein è assoluta, la nemesi appare inevitabile; oltre al fatto che il suo progetto ha
contemplato l’idea di sostituirsi a Dio e ha quindi commesso il peccato imperdonabile di voler superare i confini della
sua umanità, la colpa più grave di Frankenstein è quella di essersi, fin dall’inizio, sottratto alla sua responsabilità
genitoriale, ad aver voluto allontanare, e poi del tutto espellere, la sua creatura.
Non a caso, le parole di Adamo, poste in epigrafe del romanzo e tratte da Paradise Lost, testo fondamentale per la
comprensione del romanzo in quanto si può pensare alla creatura come ad un “novello Adamo”, sembrano il grido di
dolore di ogni creature rifiutata:

“Did I request the, Maker, from my clay to mould me man? Did I solicit thee from darkness to promote me?”

“Chiuso dentro la mia creta, ti ho forse chiesto, fattore, di diventare uomo? Ti ho forse chiesto io di suscitarmi dalle
tenebre?”

L’interrogativo sull’identità e sul mistero delle origini che attraversa tutto il romanzo sembra coinvolgerne un altro,
ancora più eversivo; quello della creazione come atto imposto, arbitrario, l’idea stessa che la nascita possa tradursi in
colpevolezza e che, l’inappagata legittima richiesta di amore di ogni essere che venga al mondo, dunque il mancato
riconoscimento da parte di chi ci ha generato, consegnino ad azioni regressive (in termine psicanalitici), come quelle
di uccidere o fare del male agli altri, determinando la sottomissione a quello che Freud chiamava l’istinto di morte,
contrapposto all’istinto della vita, del piacere.
L’inseguimento da parte della creatura di Frankenstein, non solo è un movimento distruttivo, volto ad annientare il
proprio creatore, ma anche autodistruttivo; tant’è che quando egli vede Frankenstein morente, sulla nave del capitano
Walton, non ha più ragione per vivere.
GREEN TEA, Sheridan Le Fanu

Si tratta di una ghost story, avente al centro il soprannaturale.


La ghost story si sviluppa sul tronco del romanzo gotico, di cui Frankenstein rappresenta, agli inizi del secolo, il
vertice assoluto.
Il gotico, infatti, inteso come narrativa permeata da un gusto per l’elemento soprannaturale e per la dimensione del
mistero, della magia e dell’occultismo, non si esaurisce con Frankenstein ma, nel corso di tutto il 19 secolo, si
intreccia e si ibrida con altri generi e forme narrative, come il fantastico, il poliziesco (si pensi a Doyle) e il romanzo
di appendice.
È un fatto che i più disparati interessi per l’occulto e il misterioso per questa scrittura, che è stata anche definita come
una scrittura dell’eccesso, dell’iperbole e dell’oscurità, contagino tutta la letteratura inglese dell’Ottocento. Grandi
scrittori romantici, tra i quali W. Scott si avvalsero di tipologie proprie del romanzo gotico, così come fecero anche
altri romanzieri realisti, come Charles Dickens, nelle pagine più grottesche delle sue opere, per esempio in The old
curiosity shop.

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Troviamo una punta di questo gusto nero (non a caso in Francia il romanzo gotico viene chiamato roman noir) anche
nell’autrice realista, una delle più importanti dell’epoca vittoriana, George Eliot (che spesso non colleghiamo al
gotico).

La sua opera Middlemarch è considerata oggi un capolavoro di letteratura inglese per la sua fine indagine psicologica
e per la complessità dell’ambientazione.

È autrice anche di The Lifted Veil, una novella in cui il protagonista, Latimer, che ha in comune con alcuni personaggi
poeschi, come anche con i personaggi che analizzeremo in seguito di “The tell-tale heart” e “The black cat”, una sorta
di ipersensibilità, una sensibilità nervosa, morbosa; questi protagonisti inoltre si accomunano perché parlano a sé
stessi e contemporaneamente si rivolgono al lettore.

Il protagonista di The Lifted Veil si può considerare come il controcanto dell’anima solare dell’autrice.
Oltre ad essere un visionario, Latimer ha la dote della telepatia (interesse che affonda in tutte le sperimentazioni
pseudoscientifiche compiute nella seconda parte dell’800, in Inghilterra e in America), grazie alla quale entra nel
pensiero e nella psiche altrui.
Viene poi colpito da una grave malattia che cambia il suo rapporto con il mondo; è proprio in questo momento che
scopre di avere il dono prodigioso, ma che gli si rivelerà poi fatale.
Latimer può leggere la mente di tutti, tranne che quella della sua amata, Bertha, fidanzata in realtà al fratello.
Un incidente di caccia cambierà completamente il corso del suo destino, da futura cognata, Bertha diventerà sua
moglie, gli eventi sembreranno quindi andare nel migliore dei modi, ma non fino alla fine
.
Quello che la Eliot propone in questa novella è una grandissima metafora, quella della lacerazione del velo, che
oscura le verità ultime, e ciò che attende l’uomo nell’aldilà. Il tono, che risulta da questo racconto, è di una profezia
biblica all’incontrario: perché invece di una visione beatifica, il velo, lacerandosi (o sollevandosi), si apre sul baratro,
sulla tenebra.
La confessione, alla fine del racconto, del protagonista Latimer rasenta quasi una confessione di nichilismo come
conseguenza del fatto che egli non ha avuto altro che delusioni nella vita e non ha certezze ultime in ordine ad
un’esistenza ultra terrena; la dimensione trascendente è centrale anche in Green Tea, il protagonista è infatti un uomo
di fede: un reverendo.

Ad una visione analoga, parimente tragica, approda per l’appunto il protagonista di Green Tea, il primo racconto che
compare in un’antologia, l’ultima scritta da Sheridan Le Fanu, pochi anni prima della morte, composta da cinque
racconti fantastici, chiamata In a glass darkly.
Il titolo evocativo rimanda all’idea di un ossimoro (glass→ trasparenza; dark → oscurità) ed è tratto dalla prima
lettera di San Paolo ai Corinzi:

“For now we see in a mirror dimly, but then face to face. Now I know in part; then I shall know fully, even as I have
been fully known.”

“Ora vediamo come in uno specchio scuro, ma allora vedremo faccia a faccia; Ora conosco in modo imparziale; ma
allora conoscerò perfettamente come anch’io sono conosciuto”.

Si tratta di una citazione parziale, nel senso che di questo passo biblico del Nuovo Testamento, Le Fanu trae solo la
prima parte e, così facendo, le conferisce un’accentuazione molto pessimista.

Questa citazione può essere assunta come una sorta di manifesto della sua poetica: attraverso l’immagine dello
specchio viene richiamato il motivo della specularità, che è anche quello del doppio, (arci tema del fantastico) che si
nutre di visioni, di figure di doppi, che spesso sono il doppio notturno, mortifero, oscuro della personalità diurna;
questo è presente anche in Markheim.

Nella seconda parte del racconto, il giovane Markheim entra nella notte di Natale nella bottega di un antiquario,
impegnato, anche in questa notte di festa, a fare i suoi conti (→ richiamo a Scroodge di A Christmas Carol di
Dickens) e gli dice di essere entrato perché vuole comprare un regalo per la sua futura moglie.
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Questo vecchio antiquario gli propone uno specchio da toletta d’argento veneziano, ciò scatena in modo folle la
rabbia e poi una furia omicida. Lo specchio viene interpretato da Markheim come una sorta di memento dei suoi
errori perché guardandosi, si vede per quello che veramente è, e non per come si propone agli altri.
La furia omicida è scatenata proprio da questo specchio.
Nella seconda parte del racconto, dopo aver ammazzato brutalmente l’artigiano, colpendolo alle spalle, rimane per un
attimo come sconvolto; anziché allontanarsi dalla bottega, salire al piano di sopra per arraffare il denaro e poi
andarsene, rimane come prigioniero di una sorta di impasse psicologica emotiva. Solo dopo un po’ sale le scale.
Ad un certo punto comincia a sentire delle voci e consapevole di una presenza, con questa figura misteriosa, che
Stevenson chiama visitant, instaura un dialogo. Questo rappresenta il suo doppio ed è la sua cattiva coscienza.
Anche in questo caso c’è il motivo dello specchio (centrale in tantissimi racconti soprannaturali); nella seconda parte
del racconto il doppio rappresenta il doppio demoniaco, infernale del protagonista che alla fine decide però di non
ascoltare e di consegnarsi alla polizia.

In questo titolo dunque è richiamato il motivo dello specchio e dall’altro, forse ancora in modo più importante, quello
dell’idea dell’opacità dell’imperscrutabilità del reale, che ontologicamente non è possedibile né veramente
conoscibile.
Si tratta di una sorta di paradosso; normalmente allo specchio ci si vede bene.
Le Fanu insiste su questa visione tragica della realtà, che come verrà palesato nella drammatica conclusione del
racconto, esclude a priori, anche in un uomo di chiesa, il contatto con il divino, il conforto di una dimensione
trascendente che viene dato alla persona che ha fede.
Il filone fantastico, che percorre tutto l’Ottocento, trova, a distanza di mezzo secolo, (In a glass darkly è del 1872) un
esponente di grande rilievo in questo autore irlandese, molto noto soprattutto per il racconto suggestivo “Carmilla”, in
cui per la prima volta in prosa e non in poesia, appare la figura di una vampiressa che si innamora della protagonista.
Da ricordare perché in questo caso la figura vampiresca è molto seducente, molto lontana quindi dalla
caratterizzazione della figura prototipica del vampiro Dracula, descritto come un mostro.
In questo caso abbiamo una donna estremamente attraente.
Dopo aver corso il rischio di finire vittima di Carmilla, la protagonista racconta questa sua esperienza.

Come fa in Carmilla, da cui poi prenderà spunto anche Stoker, in Green Tea Le Fanu lascia perdere tutto
quell’insieme di convenzioni, strategie, caratterizzazioni ormai passate e apre una nuova via al soprannaturale,
ricorrendo ad espedienti più sottili, spettacolari e raffinati, rovistando nei meandri della psiche ed evocando paure
inconsce.

Con Le Fanu l’elemento soprannaturale si interiorizza e anziché avere la classica figura del fantasma che ritorna dal
mondo dei morti, vi sembra essere una proiezione della mente sconvolta del reverendo.

Uno dei temi che l’autore fa propri è quello della scissione dell’Io. Tramite la rappresentazione delle figure del
doppio, del sosia o, come si dice modernamente dell’identità sdoppiata, viene messa in discussione l’identità del
soggetto.

Le Fanu è nato in Irlanda, una terra ricca di mitologie e leggende celtiche, di orizzonti in cui silenzio e solitudine sono
la culla alle tendenze mistiche.

In simile modo l’irlandese e protestante, premio Nobel per la poesia, William Yeats (primo Novecento) aveva un
interesse per la dimensione dell’occulto.

Con Le Fanu, il fantastico acquisisce una dimensione interiore, prettamente psicologica.

I fantasmi delle storie di Le Fanu sono entità persecutrici e nel caso di Green Tea si tratta di una scimmietta (che
dalla descrizione sembra poter essere un cappuccino o un macaco) infernale (la chiamerà demon, termine usato anche
in Frankenstein).

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Per sondarne la natura, il protagonista la tocca con la punta dell’ombrello, capendo che è trasparente. È una scimmia
che fa il male per il gusto di farlo, lo perseguita, lo tiranneggia; in realtà questa appare sempre di più come la
proiezione di una sua attività allucinatoria e paranoicale.

Le Fanu cala il soprannaturale in una dimensione di un terrore, non tanto fisico, quanto metafisico, psicologico, nelle
sfere di una mente traumatizzata.

Come sempre nel racconto fantastico, la vicenda, pur in questo clima allucinato e rarefatto, parte sempre da una
premessa realistica, attuale, da un contesto quotidiano riconoscibile. La costruzione soprannaturale infatti
perderebbe la sua efficacia se non fosse sufficientemente contrastata da un ambiente riconoscibile quotidiano.

Del resto, già alla fine degli anni ‘50, uno dei maggiori critici del fantastico, Roger Caillois, provando a definire
questa forma letteraria del fantastico, insiste sul concetto di rottura di scandalo della razionalità, sempre iscritto nel
genere, che viene presentato come un’esperienza inammissibile.

“Il fantastico è rottura di un ordine conosciuto, è l’irruzione dell’inammissibile all’interno di un’alterabile legalità
quotidiana e non è sostituzione totale di un universo esclusivamente prodigioso, all’universo reale. Il procedimento
essenziale del fantastico è l’apparizione: ciò che non può accadere e che invece succede. In un punto e in un istante
preciso, nel cuore di un universo perfettamente individuato e caratterizzato da un modo realista e da cui si riteneva, a
torto, che il mistero fosse oramai eternamente bandito”. (definizione di Caillois)

Anche in questo racconto, la scimmia, che incarna l’elemento soprannaturale, è un’apparizione. Il reverendo si trova a
bordo dell’omnibus per tornare a casa, e in un’ambientazione realistica incontra la scimmia. Questa lo ostacolerà in
ogni modo, non abbandonandolo mai e portandolo poi al suicidio.

Le Fanu è un autore caduto un po’ nel dimenticatoio, ma ai suoi tempi era un autore apprezzatissimo dai
contemporanei sia in Irlanda che in Gran Bretagna; C. Bronte in Jane Eyre si ispirò ad un suo racconto giovanile per
la creazione di un personaggio centrale, Bertha Mason.

BIOGRAFIA

Le Fanu nasce a Dublino. Ha antenati illustri: era il pronipote di Richard Brinsley Sheridan, il più famoso
commediografo del ‘700 a cui si deve The School for Scandals.
Il padre di Le Fanu, esattamente come il suo protagonista, era un religioso, decano della chiesa d’Irlanda e discendeva
da un’antica famiglia di ugonotti (protestanti francesi), che era stata costretta a lasciare la Bretagna con la revoca
dell’editto di Nantes che concedeva libertà di culto ai protestanti.
Uno degli avi di Le Fanu aveva combattuto affianco di Guglielmo III, principe d’Orange, ed era rimasto fedele a
Giacomo II.
Le origini protestanti ed ugonotti sono da tenere in rilevante considerazione poiché, dietro le pagine calibrate e
informate da un’unità compositiva, non si fa fatica a cogliere la sensibilità tormentata protestante e anticamente
calvinista, terrorizzata dal pensiero della dannazione eterna.
Altra cifra tipicamente protestante è lo scandaglio interiore che caratterizza buona parte della sua produzione, così
come anche quella di Stevenson che proveniva da una famiglia presbiteriana (ma lui era ateo).
Questo lancinante scandaglio interiore si oggettiva nella forma che gli fu più congeniale, quella del racconto.

L’attrazione per l’introspezione psicologica, anche spietata e per i temi della trascendenza sono radicati in
un’esasperata sensibilità religiosa, tipicamente protestante (l’Irlanda è sempre stata un paese a maggioranza
cattolica).

Questi ultimi possono anche essere visti in relazione all’interesse che egli nutrì per la filosofia e per i testi di
Emanuel Swedenborg (1688-1772), interprete di tutto un insieme di esperienze spiritualistiche e spiritistiche.
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Swedenborg aveva moltissime competenze; era un botanico, aveva studiato a Londra assieme Newton, aveva una
solida preparazione scientifica e ad un certo punto decide di dedicarsi solo alla filosofia.
La sua opera più importante è un’opera scritta in latino, dal titolo Arcana Coelestia, da ricordare perché nel racconto
c’è un riferimento a Swedenborg → Il dottor Hesselius si reca a casa del reverendo e in attesa che lui arrivi, viene
fatto accomodare nella biblioteca e curiosa tra i vari testi; tra quelli che più lo attraggono vi è proprio l’Arcana
Coelestia.
Questa opera, per la pretesa di voler interpretare la Bibbia con riferimento a delle illuminazioni personali, venne
aspramente condannata dalla chiesa luterana e contestata dai più autorevoli filosofi dell’epoca, come Kant, il quale
scrisse un’opera chiaramente polemica, Sogni di un visionario.

Tutto questo interesse per la dimensione occulta, trascendente, non solo spirituale ma anche spiritistica, in un’epoca di
trionfante positivismo è un contro movimento a questo spirito. (Si pensi alla fortuna dei medium in questi periodo in
America).

In Le Fanu c’è però anche una dimensione gaelica, non più ugonotta (i gaeli son le popolazioni celtiche presenti dal
VII secolo a.C. in Scozia, Galles, Irlanda).
La madre aveva dimostrato simpatie repubblicane, e come tanti rivoluzionari irlandesi, voleva essere indipendente
dall’Inghilterra.
Per quanto riguarda le posizioni politiche dell’autore cambiarono nel tempo: inizialmente si oppose al pensiero di
Daniel O’Connel (avvocato che si era battuto per l’emancipazione dei cattolici), poi si avvicinò ad altri movimenti
nazionalisti (come quello della Young Ireland, la cui avventura rivoluzionaria fu interrotta dalla spaventosa carestia
del 1845 che decimò la popolazione d’Irlanda) e, verso la fine dei suoi anni, si assestò su posizioni più conservatrici.

Benchè appartenesse ad una famiglia di importanti ascendenze culturali, piuttosto benestante, gli antenati di Le Fanu
non erano dei proprietari terrieri, questo non va dimenticato perché smentisce l’idea che la sua opera sia espressione
della minoranza, la Protestant Ascendancy, decisa a difendere i propri privilegi.

Anche Oscar Wilde era irlandese, non cattolico (ma affascinato dal suo fasto) e come Le Fanu, Stoker, Joyce e Yeates
apparteneva alla Protestant Ascendancy (= minoranza protestante).

Il padre venne nominato decano nella poverissima contea di Limerick, qui assiste bambino alle sommosse agrarie (i
contadini irlandesi dovevano versare delle imposte per il mantenimento della Chiesa anglicana, cioè protestante. Si
rifiutarono di pagarle) che segnarono la sua infanzia.

Questo complesso retaggio familiare, questa identità politico-culturale divisa sono un riferimento chiave per capire
meglio la sua opera che sembra contrassegnata da un senso di perdita, in cui si vede come il potere protestante veniva
sempre più eroso.

Si laurea in giurisprudenza (facoltà che allora si avvicinava più alle materie umanistiche) al Trinity College, in cui
studiò anche Wilde.

Si dedica poi con successo al giornalismo, diventando direttore di numerosi periodici in cui pubblica, prima
anonimamente, la maggior parte delle sue opere. Nel Dublin University Magazine collaborerà anche O. Wilde.

Nel 1835 appare il primo racconto di fantasmi The ghost and the bone-setter ("Il fantasma e il concia ossa"), nel ‘51
esce un’altra raccolta dal titolo “Ghost story and tales mistery”, poi ripubblicata da un altro autore di testi fantastici
nel ’23, M.R James.

Si sposa nel ‘44 con Susan Bennet. La moglie soffriva di disturbi nervosi, aveva avuto episodi di gravi crisi psichiche.
Dopo soli 14 anni, dopo aver messo al mondo quattro figli, si spegne. Le Fanu, scosso dalla tragica perdita, si isola
sempre di più e abbandona il giornalismo.

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Anche se le cause del decesso non vengono ufficialmente chiarite, i biografi parlano di un decesso successivo ad una
crisi isterica di natura religiosa. È un durissimo colpo per l’autore che precipita nella disperazione, nello sconforto
della solitudine.
Da questo momento la sua vena creativa subisce una battuta d’arresto.
Esce pochissimo di casa, lo fa soltanto di sera, in cerca di testi sull’occulto e di nuovi materiali per i suoi racconti
soprannaturali nelle librerie di Dublino.

Questo suo isolamento gli fa guadagnare l’appellativo di “the Invisible prince”.

Nel 1865 scrive Uncle Silas, un romanzo gotico con l’elemento della detective story e poi una serie di romanzi con
titoli molto emblematici (All in the Dark, Haunted lives, The Wyvern Mistery).

Nel 1870 comincia una collaborazione con Dickens, nella sua rivista pubblica un altro romanzo, Checkmate
(scaccomatto) che lo rivelò precursore del poliziesco, accanto ad Edgar Allan Poe e a Wilkie Collins, con il quale
presenta molti punti in contatto.

Scrive The Rose and the Key e prima di morire, scrive Willing to die.

Nel ’72, un anno prima della morte, esce un’antologia di 5 racconti: Green Tea apre la collazione. Seguono poi,
the Familiar, Mr Justice Harbottle, The room in the dragon volant (racconto imperniato sul tema della burla, della
morte apparente della quale era ossessionato Poe, insieme al tema del seppellimento prematuro) e Carmilla.

Muore nel 1873 a Dublino.

Escono postumi The purcell papers, storie irlandesi che risalgono ai primi tempi della sua attività giornalistica e nel
1894 un’altra raccolta di novelle, The watcher and other weird stories, la prima delle quali era già apparsa.

Come autore di racconti polizieschi va paragonato a W. Collins, i cui romanzi appaiono a puntate nella rivista di
Dickens, di cui era amico.

Va osservato che il gusto per il fantastico e l’occulto derivano dal razionalismo settecentesco, così come era accaduto
per gli iniziatori del genere gotico, Walpole e Radcliff che non sapevano resistere alla tentazione razionale di spiegare
ciò che con tanta fatica avevano avvolto nel mistero e nel soprannaturale → TEORIA DELL’EXPLAINED
SUPERNATURAL (cause riconoscibili e razionali per spiegare il soprannaturale).

Anche Le Fanu tenta di spiegare, di riportare il mistero sul terreno delle leggi fisiche, oppure ricorre alla casistica
delle coincidenze.

Nella narrativa fantastica, l’elemento anomalo, soprannaturale può venire spiegato razionalmente nella conclusione
del racconto, rivelandosi per esempio frutto dell’immaginazione, di un sogno, di un episodio di follia, di un’attività
allucinatoria conseguente all’assunzione di oppiacei, oppure del caso. In altri casi talvolta invece è accettato come una
vera e propria manifestazione del soprannaturale, del meraviglioso iperbolico o del meraviglioso esotico (fenomeni
naturali che sono riconducibili a regioni altre, sconosciute).

Nel caso di Green Tea, la spiegazione della catena di eventi infausti che portano il reverendo Jennings a togliersi la
vita è affidata alla figura di un medico-filosofo-scienziato che, nella parte finale, individua le cause della prematura
morte del reverendo a un eccessivo lavorio celebrale, lo attribuisce anche ad un disturbo della sensibilità e
all’irritazione delle fibre nervose provocate dall’apertura di quello che chiama l’occhio interiore (termine che
deriva da Swedenborg e da cui sarà influenzato anche Blake) (= inner eye).

Infine, il medico parla dell’eccessivo consumo di tè verde (proveniente dalla Cina così come la scimmia). La figura
di questa eccentrica figura di scienziato filosofo metafisico è Martin Hesselius e nei suoi discorsi ragiona in base ad
una scienza non positivista, né empirista.
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Per questa sua soprannaturale capacità di risolvere casi clinici molto complessi, con le vie normali della scienza,
diventerà il modello di future detective stories.

Si tratta di un personaggio che da un lato, può essere visto come una sorta di psichiatra ante litteram, che analizza
con un’attenzione psicologica il suo paziente che però alla fine non riesce a curare, dall’altro, proprio perché ha una
sorta di abilità investigativa, ricostruisce il contesto, raccoglie indizi e testimonianze, attraverso un procedimento
induttivo, può essere considerato un prototipo dei detective dell’occulto che si affermeranno in una letteratura
minore, ma di grande successo in Inghilterra agli inizi del Novecento.

24/10 - VII LEZIONE

Green Tea è il racconto di apertura della piccola antologia di racconti di fantasmi. Il curioso, sfaccettato personaggio
di Dr Hesselius sembra preannunciare i detective dell’occulto dell’inizio del secolo.

Ha una funzione di dare una sorta di continuità a tutti i racconti, la sua figura infatti compare nella cornice di tutti e
quattro i racconti, ad eccezione che in The room in the dragon volant.

Green Tea, vista la sua lunghezza, presenta una struttura abbastanza complessa, che in genere non è dato trovare in un
breve racconto di fantasmi; una delle caratteristiche precipue della ghost story è proprio quella di essere breve.

Le Fanu infrange le regole in vigore in ambito vittoriano che prevedevano quasi sempre un narratore onnisciente
(l’unica eccezione è costituita dal romanzo Whutering Heigts di Emily Bronte - anche qui ci sono più narratori).

Coerentemente con i procedimenti dell’annunciazione caratteristici del fantastico, la fabula (nella terminologia dei
formalisti russi è il susseguirsi cronologicamente e casualmente ordinato degli eventi) si avvale di tre narratori che
si alternano in una cosiddetta successione ad incastro (embedded narrative), già vista anche in Frankenstein.

In genere, nel tipico racconto fantastico, nella tipica ghost story, la narrazione è in prima persona.; c’è un personaggio
narratore che racconta la propria storia, gli avvenimenti soprannaturali di cui è stato testimone, vittima e questo per
facilitare il processo di identificazione del lettore con quel personaggio narratore che racconta gli avvenimenti
incredibili, inauditi, soprannaturali che si sono presentati alla sua esperienza.

1) Il primo narratore in Green Tea è un medico, la cui figura rimane un po’ nell’ombra, una sorte di medico
segretario che lavorò con Hesselius per 20 anni. Si tratta di un chirurgo costretto ad abbandonare la sua
professione in seguito ad un incidente mentre lavorava. Prima di morire, Hesselius gli affida i documenti, le
lettere scritte in tedesco che lui aveva indirizzato ad un altro professionista, un chimico olandese, van Loo.
Questa corrispondenza era originariamente redatta in inglese ed è questa strana figura, che rimane nell’ombra,
che si prende cura di tradurle.
2) Secondo narratore è il sapiente Hesselius, una sorta di proto-detective che racconta il caso del reverendo
Jennings nella corrispondenza con il professore Van Loo.
3) Il terzo narratore è il reverendo stesso che prende la parola in prima persona a metà testo e racconta gli strani
avvedimenti di cui ad un certo punto divenne protagonista.

Hesselius è uno studioso di medicina metafisica che fino ai tempi di Aristotele, è quella filosofia prima che definiva
come una teoria, quindi insieme di studi che vertono sull’ente in quanto ente, cioè che studia realtà nei suoi caratteri
universali escludendo quelli specifici che le conferiscono la naturale di realtà detarminata, cioè oggetto di una scienza
particolare.

Nella storia del pensiero, la metafisica evolve poi come Ontologia, studio dell’essere, a volte invece, più raramente,
viene identificata con la psicologia o con la gnoseologia, ma con termini più generali quando parliamo di metafisica ci

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riferiamo qualsiasi dottrina che, ponendosi come scienza della realtà assoluta si presenti fondamentale rispetto le altre
scienzi, nelle realtà relative e particolari.

Per la presenza del misterioso chirurgo segretario, per quella di Hesselius e quella del reverendo, la storia che ha
perno attorno al reverendo e agli inspiegabili accadimenti, arriva al lettore filtrata da tre punti diversi. La conseguenza
di ciò è che l’ambiguità (cifra caratteristica del racconto fantastico) del racconto è ulteriormente esaltata.

Ambiguità che nelle parole di Hesselius in apertura vorrebbe essere nient’altro che un resoconto parascientifico.

Dalla corrispondenza e dai documenti di questo studioso sapiente di medicina metafisica, il narratore apprende lo
strano caso del reverendo Jennings, che da subito ci viene presentato come un uomo dalle molte qualità, buono,
generoso, ricco, scapolo (Dr Jekyll and Mr Hide - esemplare dell’establishment vittoriano) però in preda ad uno
schivo, sindrome depressiva di natura misteriosa. Pare che non riesca ad attendere ai suoi doveri religiosi per più di
qualche giorno, è costretto a tornare nella sua casa di Londra. Queste sono le prima cose che ci vengono dette di lui
quando c’è La presentazione del personaggio che avviene a casa di Hediuke, di cui lui è una sorta di beniamino ed è
proprio Lady Mary che dice a Hesselius che quando si reca nella sua rocca, viene assalito da improvvise ed
inspiegabili crisi nervose.

He is most anxious to be actively employed in his sacred profession, and yet though always tolerably well elsewhere,
when he goes down to his vicarage in Warwickshire, to engage in the actual duties of his sacred calling, his health
soon fails him, and in a very strange way. So says Lady Mary.

Uomo di accesa religiosità, uomo autenticamente religioso. Come vedremo più avanti ci sarà una sorta di esasperata
calvinistica protestante religiosità in questo personaggio. (“He is most anxious to be actively employed in his sacred
profession”). Espressione dubitativa → “So says Lady Mary”.

There is no doubt that Mr. Jennings' health does break down in, generally, a sudden and mysterious way, sometimes
in the very act of officiating in his old and pretty church at Kenlis. It may be his heart, it may be his brain. But so it
has happened three or four times, or oftener, that after proceeding a certain way in the service, he has on a sudden
stopped short, and after a silence, apparently quite unable to resume, he has fallen into solitary, inaudible prayer, his
hands and his eyes uplifted, and then pale as death, and in the agitation of a strange shame and horror, descended
trembling, and got into the vestry-room, leaving his congregation, without explanation, to themselves. This occurred
when his curate was absent. When he goes down to Kenlis now, he always takes care to provide a clergyman to share
his duty, and to supply his place on the instant should he become thus suddenly incapacitated. When Mr. Jennings
breaks down quite, and beats a retreat from the vicarage, and returns to London, where, in a dark street off
Piccadilly, he inhabits a very narrow house, Lady Mary says that he is always perfectly well. I have my own opinion
about that. There are degrees of course.

We shall see.

Espressioni dubitative caratteristiche della modalità del fantastico.

Mr. Jennings is a perfectly gentlemanlike man. People, however, remark something odd. There is an impression a
little ambiguous. One thing which certainly contributes to it, people think don't remember; or, perhaps, distinctly
remark. But I did, almost immediately. Mr. Jennings has a way of looking sidelong upon the carpet, as if his eye
followed the movements of something there. This, of course, is not always. It occurs now and then. But often enough
to give a certain oddity, as I have said, to his manner, and in this glance traveling along the floor there is something
both shy and anxious.”

Come ci accorgeremo anche più avanti, Hesselius non perde occasione di dire che lui si era accorto prima degli altri
della situazione di Jennings; è auto elogiativo (→” But I did, almost immediately”).

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Questo brano contiene già delle spie per interpretare l’opera. Nel secondo capitolo Hesselius, grazie alla sua
particolare sensibilità ed esperienza di medico, filosofo, scienziato nelle varie branche del sapere (anche Swedenborg
era uno scienziato a tutto campo; in astrologia era particolarmente versato), fa una serie di illazioni e deduzioni su
Jennings che si riveleranno tutte veritiere e che stupiranno la sua ospite. Tali deduzioni sembrano anticipare Sherlock
Holmes. Egli, senza sapere nulla, dice alla sua ospite che il reverendo è scapolo, che stava scrivendo un libro di
teologia, e che era un forte bevitore di the verde. Inoltre, Hesselius le dice anche che il padre era morto dopo avere
visto un fantasma. (→ pag 64)

“Well, either his mother or his father--l should rather think his father, saw a ghost," said I.

"Well, you really are a conjurer, Dr. Hesselius."

"Conjurer or no, haven't I said right?" I answered merrily.

"You certainly have, and it was his father: he was a silent, whimsical man, and he used to bore my father about his
dreams, and at last he told him a story about a ghost he had seen and talked with, and a very odd story it was. I
remember it particularly, because 1 was so afraid of him. This story was long before he died--when I was quite a
child--and his ways were so silent and moping, and he used to drop in sometimes, in the dusk, when I was alone in the
drawing-room, and I used to fancy there were ghosts about him."

Jennings alla fine oppresso dall’angoscia che lo tormenta da tanto tempo decide di rivelargli la sua storia. Le Fanu fa
precedere la narrazione del reverendo, che gli esporrà il suo caso, da, non solo la descrizione della casa, (artificio
molto usato in letteratura, in quanto la casa può rappresentare un espressione di noi stessi), la quale, seppure una casa
di una persona ricca è molto cupa, circondata da olmi che ritorneranno nell’ultima drammatica scena finale quando
Hesselius scopre che il reverendo si è tagliato la gola) della biblioteca e delle letture.

Hesselius viene fatto accomodare dal maggiordomo in biblioteca e inizia a spulciare tra i libri. La sua attenzione è
rivolta ad un libro in particolare, l’Arcana Coelestia, opera monumentale scritta in Latino da Swedenborg. Opera in
cui questo filosofo e scienziato svedese diceva di essere in contatto con il mondo degli spiriti e di riportarne
addirittura i messaggi.

Hesselius vede il libro aperto e nota le sottolineature del reverendo; traduce alcuni di questi brani.

I brani sottolineati dal reverendo richiamano i concetti relativi tra anima e corpo, l’idea del mondo come espressione
della divinità a cui si può accedere mediante una specie di visione interiore (visus internus), concetto che ebbe molta
fortuna presso i preromantici, presente anche in Blake.

C’è poi un’altra teoria espressa in uno di questi volumi, ovvero quella delle corrispondenze. → secondo la quale, ogni
cosa della natura ha un suo esatto preciso corrispondente nel mondo dello spirito.

Il brano, la chiosa, la sottolineatura, che più colpisce e già preoccupa Hesselius è un’altra e cioè il brano in cui si parla
di spiriti maligni, il cui diletto è quello di precipitare l’uomo nella rovina eterna movimento prolettico,
flashword, chiara analessi, anticipazione di quello che verrà raccontato dopo.

Accanto a questo brano, sempre più impensierito e preoccupato, legge l’annotazione “Dio abbiate pietà di me”.

C’è anche un’anticipazione dell’avvento della scimmia perchè si parla di questi spettri che assumono “bestial forms”.

(→ pag 74-75)

“I was reading some pages which refer to "representatives" and "correspondents," in the technical language of
Swedenborg, and had arrived at a passage, the substance of which is, that evil spirits, when seen by other eyes than
those of their infernal associates, pre sent themselves, by "correspondence," in the shape of the beast ()fera) which
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represents their particular lust and life, in aspect direful and atrocious. This is a long passage, and particularises a
number of those bestial forms.” (fine capitolo 3)

Nel quarto capitolo, i due discutono di Swedenborg. Il dottore capisce che il reverendo è un personaggio decisamente
fragile, ipocondriaco, depresso; gli racconta di aver già cercato confronto in un altro dottore e di non aver trovato
alcun giovamento.

Infine, come presagendo la minaccia di un attacco, Jennings pur manifestando la preoccupazione che neanche
Hesselius potrebbe decifrare, si dimostra desideroso di confidarsi. Nel sesto capitolo, dotato tra l’altro di un titolo
molto eloquente, Jennings ricostruisce a ritroso le fasi della persecuzione da parte della scimmietta. Fa coincidere
l’inizio di questo suo crescente malessere con il periodo che lo vedeva impegnato nella stesura del trattato sul
paganesimo, elemento curioso per un fedele protestante.

Questa tragica vicenda al centro del racconto può essere letta come il graduale sviluppo di un delirio paranoicale,
forma grave di psicosi caratterizzata da diffidenza, sospettosità pervasive nei confronti degli altri, le cui intenzioni
vengono sempre interpretate come aggressive. È una forma di psicosi caratterizzata dalla presenza di uno o più deliri
e di frequenti allucinazioni uditive. I sintomi (le manifestazioni somatiche) del delirio investono tutta l’attività
psichica ai propri fini. Sono deliri relativamente coerenti, logici nella loro illogicità e relativamente plausibili; da qui
la forza della loro convinzione. Freud riconobbe nella paranoia, la dominazione del meccanismo psichico della
proiezione e formulò la teoria che il ritorno del represso (il ritorno di qualcosa che era stato allontanato o represso
dalla coscienza) in certe occasioni si rimanifesta e quando ritorna si presenta sotto forma di delirio di persecuzione.
Freud inoltre aggiunge importanti elementi alla sua teoria; prima di tutto quello della connessione con impulsi latenti
omosessuali non riconosciuti dal soggetto (ci potrebbe essere un’analogia visto che il reverendo è scapolo. Non ci
sono affetti nella sua vita).

LA FOLLIA

Come fenomeno patologico e sociale, la follia ha una sua diffusa presenza e come fenomeno culturale e anche come
tema letterario ha una lunga tradizione (come tale è stato studiato da Foucault, autore di “storia della follia” del 1963).

Il tema della follia nell’immaginario fantastico assume caratteristiche molto specifiche: innanzitutto nei testi fantastici
e soprannaturali è sempre connesso con i problemi mentali della percezione, non c’è più un salto tra il folle e l’uomo
normale (labili i confini tra il folle e il normale). La follia però si trasforma in un’esperienza, a suo modo conoscitiva
che ha il valore pessimistico e tragico della discesa nelle profondità dell’essere. La follia è dunque la conoscenza del
limite oltre il quale c’è la lacerazione. La tematica dello sdoppiamento (centrale anche in Green Tea) assume così un
significato pregnante. Il tema del folle si collega con quello dell’automa, della persona lacerata, divisa (“L’Io diviso”
di Laing), ma anche a quella del visionario (il conoscitore di fantasmi e mostri).

In questo racconto, in cui come in numerose altre ghost stories, la dimensione fantastico-visionaria convive con
annotazioni di realtà quotidiana, si ricostruiscono le fasi della persecuzione della scimmia. C’è una strategia narrativa
tipica del racconto fantastico, definita dai critici francesi (i primi ad occuparsene) “un passaggio di soglia” (per
esempio, come il passaggio dalla realtà al sogno; dal sogno all’incubo; dalla sanità mentale alla follia). Il protagonista
improvvisamente si trova entro due dimensioni diverse con codici nuovi a disposizione per orientarsi e capire ciò che
gli succede.

Jennings parla dell’abitudine di bere thè (come abitudine inglese) e di come avesse scoperto che questo avesse un
effetto stimolante, aiutandolo a lavorare durante la notte (resistenza al sonno e maggiore concentrazione).

(→ Pag 94) I believe, that everyone who sets about writing in earnest does his work, as a friend of mine phrased it,
on something--tea, or coffee, or tobacco. I suppose there is a material waste that must be hourly supplied in such
occupations, or that we should grow too abstracted, and the mind, as it were, pass out of the body, unless it were
reminded often enough of the connection by actual sensation. At all events, I felt the want, and I supplied it. Tea was
my companion-at first the ordinary black tea, made in the usual way, not too strong: but I drank a good deal, and
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increased its strength as I went on. I never, experienced an uncomfortable symptom from it. I began to take a little
green tea. I found the effect pleasanter, it cleared and intensified the power of thought so, I had come to take it
frequently, but not stronger than one might take it for pleasure. I wrote a great deal out here, it was so quiet, and in
this room. I used to sit up very late, and it became a habit with me to sip my tea--green tea--every now and then as
my work proceeded.

Mentre torna a casa, Jennings ha l’impressione di vedere una scimmia che lo fissa insistentemente. Inizialmente pensa
sia un’allucinazione visiva, la pungola con il bastone, scende dall’omnibus credendo di essersene liberato ma se la
trova accanto.

(→ Pag 96) "The interior of the omnibus was nearly dark. I had observed in the corner opposite to me at the other
side, and at the end next the horses, two small circular reflections, as it seemed to me of a reddish light. They were
about two inches apart, and about the size of those small brass buttons that yachting men used to put upon their
jackets. I began to speculate, as listless men will, upon this trifle, as it seemed. From what center did that faint but
deep red light come, and from what--glass beads, buttons, toy decorations-was it reflected? We were lumbering along
gently, having nearly a mile still to go. I had not solved the puzzle, and it became in another minute more odd, for
these two luminous points, with a sudden jerk, descended nearer and nearer the floor, keeping still their relative
distance and horizontal position, and then, as suddenly, they rose to the level of the seat on which I was sitting and I
saw them no more. My curiosity was now really excited, and, before I had time to think, I saw again these two dull
lamps, again together near the floor; again they disappeared, and again in their old corner I saw them. "So, keeping
my eyes upon them, I edged quietly up my own side, towards the end at which I still saw these tiny discs of red. "There
was very little light in the 'bus. It was nearly dark. I leaned forward to aid my endeavor to discover what these little
circles really were. They shifted position a little as I did so. I began now to perceive an outline of something black,
and I soon saw, with tolerable distinctness, the outline of a small black monkey, pushing its face forward in mimicry
to meet mine; those were its eyes, and I now dimly saw its teeth grinning at me. "I drew back, not knowing whether it
might not meditate a spring. I fancied that one of the passengers had forgot this ugly pet, and wishing to ascertain
something of its temper, though not caring to trust my fingers to it, I poked my umbrella softly towards it. It remained
immovable--up to it--through it. For through it, and back and forward it passed, without the slightest resistance. "I
can't, in the least, convey to you the kind of horror that I felt. When I had ascertained that the thing was an illusion,
as I then supposed, there came a misgiving about myself and a terror that fascinated me in impotence to remove my
gaze from the eyes of the brute for some moments. As I looked, it made a little skip back, quite into the corner, and I,
in a panic, found myself at the door, having put my head out, drawing deep breaths of the outer air, and staring at the
lights and tress we were passing, too glad to reassure myself of reality. "I stopped the 'bus and got out. I perceived the
man look oddly at me as I paid him. I dare say there was something unusual in my looks and manner, for I had never
felt so strangely before."

Ha la percezione che si tratti di un incubo, di un’allucinazione. Ripete “little light” “nearly dark”, insistendo sulle
notazioni del notturno (il mondo del fantastico è il mondo del buio). La scimmietta digrigna i denti (segno di
aggressività per i primati e per altri animali). Benchè così turbato dalla scimmia che gli suscita, similmente a
Frankenstein, sentimenti di disgusto e orrore, inizialmente cerca di razionalizzare cerca di dare cioè una spiegazione
razionale a questa misteriosa entità che fin dall’inizio si presenta come persecutrice nei suoi confronti, cerca di non
abbandonarsi alla disperazione e dice anche di aver letto qualcosa a proposito di queste allucinazioni spettrali, tenta di
consolarsi e ripete a se stesso “the thing is purely disease”.

(→ Pag 104) “I had been more agitated than I have said. I had read, of course, as everyone has, something about
'spectral illusions,' as you physicians term the phenomena of such cases. I considered my situation, and looked my
misfortune in the face. "These affections, I had read, are sometimes transitory and sometimes obstinate. I had read of
cases in which the appearance, at first harmless, had, step by step, degenerated into something direful and
insupportable, and ended by wearing its victim out. Still as I stood there, but for my bestial companion, quite alone, I
tried to comfort myself by repeating again and again the assurance, 'the thing is purely disease, a well-known
physical affection, as distinctly as small-pox or neuralgia. Doctors are all agreed on that, philosophy demonstrates
it. I must not be a fool. I've been sitting up too late, and I daresay my digestion is quite wrong, and, with God's help, I
shall be all right, and this is but a symptom of nervous dyspepsia. 'Did I believe all this? Not one word of it, no more

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than any other miserable being ever did who is once seized and riveted in this satanic captivity. Against my
convictions, I might say my knowledge, I was simply bullying myself into a false courage."

● IL DOPPIO

Questa locuzione “my bestial companion” esprime la fissazione paranoicale ed è legata alla figura del doppio verso la
quale il soggetto vive sentimenti contradditori di intimità e estraneità (intimità per la parola “companion” ed estraneità
per “bestial”). Procedendo con il racconto si definisce la funzione della scimmia come una sorta di doppio,
proiezione dei sentimenti del reverendo. Il tema del doppio, del sosia, della doppiezza di ogni personalità è un tema
antichissimo, molto sviluppato nel teatro sia tragico che comico e nella letteratura di tutti i tempi. Nel fantastico, il
tema è fortemente interiorizzato e si collega sempre con la vita della coscienza, delle sue fissazioni e proiezioni.
Questo tema si complica e arricchisce attraverso una fitta applicazione dei motivi del ritratto (si pensi a The Picture of
Dorian Gray di Wilde), dello specchio (che vedremo anche in Markheim). I testi fantastici aggrediscono l’unità della
soggettività e della personalità umana; cercano di metterne in crisi il ruolo al punto tale che possiamo dire che la
narrazione fantastica costruisce un discorso decentrato sul soggetto che appare lacerato, diviso.

● LA SCIMMIA

Con il passare del tempo, la caratteristica della scimmia si rivela sempre più maligna, tirannica, persecutoria. Fin dalla
prima apparizione infatti essa è connotata sia in senso persecutorio, paranoicale che in senso perturbante, nella tipica
accezione freudiana sviluppata nel saggio “Il Perturbante” del 1919. Perturbante nel senso che suscita sentimenti di
inquietudine, rifiuto, smarrimento e angoscia (ossia qualcosa che suscita paura in generale e che fa traballare le nostre
categorie di interpretazione del mondo e della realtà).

L’interesse di Freud per questa aerea dell’esperienza umana si focalizza attorno a quei testi che fanno maggiormente
leva sull’evocazione del sovrannaturale e dello spaventoso per coinvolgere il lettore e condurlo verso un’esperienza
emotiva micro traumatica nella quale l’effetto indotto è quello della paura. Come esempio del perturbante, Freud
porta il saggio Der Sandmann (“L’orco in sabbia”) di Hoffmann (1815) con cui si inaugura il fantastico in Europa.
Questo celeberrimo racconto è raccolto in un’antologia di pezzi notturni (“Nachtstücke”). Freud dice che questo
racconto è esemplificativo dell’angoscia infantile di evirazione (termine clinico per castrazione) perché mette in scena
un orco capace di cavare gli occhi ai bambini che non vogliono andare a dormire. Il protagonista, tale Nataniele, ha
subito questo trauma infantile legato alla minaccia della mutilazione degli occhi; esso si riproporrà in età adulta alla
vista della figura e della distruzione di Olimpia (una fanciulla di cui è innamorato. Si tratta di un automa) da parte di
un losco personaggio Copelius Coppola che vende occhiali (ritorna il tema delle superfici riflettenti) in cui crede di
riconoscere un amico del padre che da bambino aveva identificato con questo orco. Freud dice che si tratta di un vero
e proprio caso clinico: c’è il timore per la perdita degli affetti, la fascinazione ma anche repulsione per l’oggetto
meccanico (Olimpia), l’agorafobia e la allucinate fissazione per tutto ciò che ha a che fare con gli occhi. Su questi
elementi si innesta l’incontro con Copelius, la sua minaccia di cavargli gli occhi e la morte del padre che lo aveva
salvato dalla terribile mutilazione. Nataniele reprimerà quindi quest’esperienza poiché troppo traumatica.

31/10 - VIII LEZIONE

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Hoffman ritorna in Edgar Alla Poe, che proprio nella prefazione a “Tales of the Grotesque and Arabesque”, dice
“terror is not of Germany, but of the soul” (= i terrori veri non sono quelli che vengono alla moda da un influsso
letterario (cioè dai racconti di Hoffman, ma sono i terrori dell’anima).

Freud dimostra che il sentimento del perturbante ha a che fare con esperienze ben più profonde di quelle collegate con
gli automi (Olimpia, bambola di cui Nathaniel si innamora) oppure quegli esseri inanimati che sembrano vivi. Freud
brevemente riconduce questo fenomeno all’azione della rimozione, o per meglio dire del ritorno del rimosso (the
return of the repressed): noto meccanismo psichico consistente in un processo inconscio che consente al soggetto di
escludere dalla coscienza determinate rappresentazioni connesse ad una pulsione il cui soddisfacimento sarebbe in
contrasto con altre profonde esigenze psichiche, oppure con gli ideali dell’io (sentimento dell’invidia).

In quanto processo inconscio, la rimozione va distinta dalla repressione, la quale è invece cosciente.

La follia suicida dello sventurato protagonista Nataniele vengono fatte risalire ad un lontano e rimosso trauma
infantile legato alla suggestione paurosa della figura che viene evocata quando i bambini non vogliono andare a letto.
Freud scrive che quando, per effetto del processo inconscio della rimozione, ciò quando questo sentimento riaffiora
alla coscienza, esso appare come stranamente intimo perché già vissuta dal soggetto e al tempo stesso estraneo perché
rimossa; suscita sentimenti di angoscia, smarrimento, un sentimento perturbante. Il termine Unheimliche, che Freud
stesso definisce come intraducibile nelle altre lingue, e che in italiano è stato approssimativamente tradotto come
perturbante, è un aggettivo che restituisce soltanto in parte il carattere duplice insito in questo concetto: al tempo
stesso infatti vuol dire intimo/familiare (deriva infatti da heim → casa) ma è anche usato per indicare qualcosa di
segreto, nascosto, sinistro, identificandosi così con il suo contrario. Se l’heimliche è ciò che è famigliare ma tenuto
nascosto, il suo opposto, l’unheimliche è per estensione il venire alla luce di ciò che è stato rimosso e in ciò risiede la
sua natura perturbante, ansiogena, traumatica, disturbante.

L’analisi di Freud da significato a molti elementi, altrimenti incomprensibili nel racconto e mette in luce un
meccanismo narrativo, ma soprattutto piscologico, quello che poi descriverà nel famosissimo saggio del 1920, “Il
principio del trincere”→ IL MECCANISMO DELLA COAZIONE A RIPETERE.

Secondo quest’ultimo ciò che è stato represso, nel caso di Nataniele il timore della evirazione, si ripresenta
continuamente, inevitabilmente nella sua vita futura, sotto nuove forme di pensiero e nelle azioni diventando qualcosa
di estremamente angosciosa.

È sempre merito di Freud l’aver messo in luce alcuni temi, ma anche alcuni dei procedimenti narrativi più interessanti
e più misteriosi nel racconto di Hoffman e più in generale del testo fantastico che infatti potremmo vedere anche nei
prossimi racconti che analizzeremo.

In The tell tale heart, per esempio, il tema dell’occhio e della percezione visiva è assolutamente rilevante. Un altro
tema è quello della scissione dell’io, della formazione del doppio, del sosia, modernamente e in termini clinici
potremmo definirlo dell’io diviso che non è più un’entità organica padrone della propria vita, quello delle presenze
soprannaturali.

C’è un altro meccanismo narrativo che viene impiegato spesso nelle ghost stories, quello che si propone di mantenere
il lettore il più a lungo possibile sul filo dell’incertezza se quanto viene raccontato sia frutto di mera invenzione o se
sia invece frutto di strane coincidenze. Freud considera questi temi e procedimenti narrativi come tipici
dell’esperienza dell’Unheimliche, in generale, del fantastico. Tant’è che nella moderna critica, i due termini, cioè il
perturbante spesso viene affiancato, e addirittura sovrapposto a quello del fantastico.

In Green Tea, c’è un crescendo sempre più drammatico: il reverendo ha la sensazione non solo di essere seguito come
all’inizio, ma di essere sorvegliato a vista dalla diabolica scimmietta. Conseguentemente c’è un’alterazione delle sue
facoltà psichiche, alterazione sostenuta da fenomeni allucinatori uditivi, ha l’impressione che l’animaletto parli, gli
dia degli ordini e che tutto sappia (risvolto della sua crescente crisi paranoicale) tutto ciò lo porterà sull’orlo della
follia e poi al suicidio.

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Nel 1951 Pierre-Georges Castex, uno dei primi teorici del fantastico, un vero pioniere di tutta la letteratura fantastica
francese, rilevava che questa modalità letteraria era caratterizzata da un’intrusione repentina del mistero nella vita
reale.

Scrive anche che Il fantastico è legato con gli stati morbosi della coscienza che in fenomeni come quelli dell’incubo o
del delirio, proietta davanti a se l’immagine delle sue angosce e dei suoi terrori.

Questa diabolica scimmietta che onnipresente e onnisciente sembrerebbe proprio la proiezione, la materializzazione di
una patologia psichica del reverendo, cioè frutto di un’attività allucinatoria e paranoica, sottolineata anche dalla
concentrazione mentale e oculare attribuita al reverendo che dice di vedere quello che Hesselius non vede o, secondo
il suo punto di vista, quello che Hesselius non sa vedere.

(→ Da pag. 108 a 110) “In total dark it is visible as in daylight. I do not mean merely its eyes. It is all visible
distinctly in a halo that resembles a glow of red embers, and which accompanies it in all its movements. “When it
leaves me for a time, it is always at night, in the dark, and in the same way. It grows at first uneasy, and then furious,
and then advances towards me, grinning and shaking, its paws clenched, and, at the same time, there comes the
appearance of fire in the grate. I never have any fire. I can’t sleep in the room where there is any, and it draws nearer
and nearer to the chimney, quivering, it seems, with rage, and when its fury rises to the highest pitch, it springs into
the grate, and up the chimney, and I see it no more. “When first this happened, I thought I was released. I was now a
new man. A day passed — a night — and no return, and a blessed week — a week — another week. I was always on
my knees, Dr. Hesselius, always, thanking God and praying. A whole month passed of liberty, but on a sudden, it was
with me again.”

Presenza di notazioni che confermano la dimensione notturna del fantastico. (““In total dark it is visible as in daylight.
I do not mean merely its eyes.”

Immagine proto impressionista.

Ancora presente un sentimento di intimità (“it was with me again”); ritrovato anche la scorsa volta in “my bestial
companion”. Oltrettutto, qui si precisa la connotazione demoniaca, è infatti legata al fuoco, è a tutti gli effetti un
essere infernale.

Questi fasi del racconto del reverendo registrano una sorta di crescendo nella persecuzione di questo diabolico
animaletto che si palesa anche a parole e addirittura interrompe le sue preghiere con delle bestemmie, proprio come
un demonio, di piccolo anticristo.

Possiamo notare la violenza nel brano in cui la scimmietta, non solo insegue il reverendo in chiesa, ma salta sul
pulpito e sul libro delle preghiere e si acquatta per impedirgli di leggere e recitare le preghiere; è questa un’immagine
grottesca e surreale.

Suggerisce una sorte di crisi di fede nel reverendo ma sembra addirittura suggerire una sorte di rifiuto inconsapevole
nei confronti della religione.

(→ Pag. 117) “It was with me when I left this place for Dawlbridge. It was my silent traveling companion, and it
remained with me at the vicarage. When I entered on the discharge of my duties, another change took place. The thing
exhibited an atrocious determination to thwart me. It was with me in the church — in the reading desk — in the pulpit
— within the communion rails. At last, it reached this extremity, that while I was reading to the congregation, it
would spring upon the book and squat there, so that I was unable to see the page. This happened more than once.”

È chiaramente un animale demoniaco.

Il demonio era stato presente durante in tutte le dark ages durante il Medioevo, si pensi all’iconografia ma anche alla
letteratura cristiana.
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Riappare nell’800, dopo l’illuminismo, in cui le figure demoniache bandite dall’immaginario collettivo perché
venivano considerate soltanto come delle superstizioni. Nell’800 riappare questa figura, comincia a popolare di nuovo
la letteratura e a comparire anche nell’iconografia, nella pittura, nella statuaria.

È significativo che la scimmia, prima ancora della pubblicazione de “Le origine delle specie” di Darwin, in virtù
delle sue straordinarie caratteristiche antropomorfiche, e della vita evoluta che hanno in genere tutti i primati, questi
ultimi siano stati identificati con una serie di vizi umani, come la vanità, l’avidità, la lussuria ma soprattutto con
l’eresia e il paganesimo. Il testo è dissiminato da tutta una serie di indizi che ci invitano a interpretare la scimmia in
questo senso; la presenza mette in luce il conflitto drammatico vissuto dal reverendo tra le sue segrete aspirazioni (il
suo appassionarsi alla metafisica degli antichi, il libro sul paganesimo che stava scrivendo) e invece la sua professione
di riverendo e quindi l’esigenza di aderire ad un comportamento diverso e di dedicarsi a delle letture di teologia.
Sembra che egli senta come inconciliabile con lo spirito cristiano questo suo interesse per il paganesimo, che egli
definisce la religione della bellezza.

(→ pag.94) “I know,” said I, “the actual religion of educated and thinking paganism, quite apart from symbolic
worship? A wide and very interesting field.” “Yes, but not good for the mind — the Christian mind, I mean. Paganism
is all bound together in essential unity, and, with evil sympathy, their religion involves their art, and both their
manners, and the subject is a degrading fascination and the Nemesis sure. God forgive me!”

La sente come un’azione degradante, sminuente e implora il perdono.

A conferma dell’ispirazione protestante di Le Fanu, sente che la nemesi è certa, sente che questa è una trasgressione
che ha compiuto e inevitabilmente segue una punizione.

Hesselius intuisce che questo crescente malessere del reverendo sia determinato dal suo senso di colpa e dice che ha
l’impressione che Jennings pensi che questo suo stare male sia solo l’espressione di una condanna spirituale.

(→ pag. 130) “I made him have candles lighted, and saw the room looking cheery and inhabited before I left him. I
told him that he must regard his illness strictly as one dependent on physical, though subtle physical causes. I told him
that he had evidence of God’s care and love in the deliverance which he had just described, and that I had perceived
with pain that he seemed to regard its peculiar features as indicating that he had been delivered over to spiritual
reprobation.”

Questa osservazione mette in luce l’esasperata religiosità del reverendo, con l’immagine della nemesi la minaccia
della dannazione eterna e sono tutti elementi radicati nel retroterra protestante e calvinista da cui muove l’ispirazione
di Le Fanu. La teologia calvinista, nei suoi rigidi precetti, riprende alcune tesi fondamentali del luteranesimo,
aggiungendovi però teorie elaborate da Calvino, primo riformatore, che fanno capo ad una sorte di doppia
predestinazione; alcuni uomini sono destinati alla gloria eterna, altri alla dannazione. Calvino accentuò questo
riconoscimento della sovranità assoluta di Dio e da questo riconoscimento dedusse, con una sorte di rigore logico, la
famosa dottrina della predestinazione, secondo la quale, Dio, sin dall’inizio avrebbe stabilito quali uomini fossero
destinati alla salvezza e chi alla dannazione eterna. L’uomo destinato alla dannazione sarà quindi un peccatore anche
se questo non elimina la responsabilità individuale nel fare il bene.

Analogamente, 20 anni più tardi, Stevenson con Dr Jekyll e mr Hide, ciò che spinge il Dr. Jekyll, stimato membro
dell’establishment vittoriano, a mettere a punto la polverina, è questo suo desiderio di potere espellere da sé quella
che lui sente la parte reproba. Ciò che lo spinge sono le sue stesse esagerate aspirazioni morali, questo suo eccessivo
anelito al bene.

Vediamo la drammatica chiusa dell’ottavo capitolo, dove viene messo chiaramente in luce lo scollamento dalla realtà,
la follia del reverendo. Qui è anche interessante la duplicità, la complessità dei sentimenti che Jennings sente nei
confronti di questo animaletto; sentimento espresso molto bene anche da un punto di vista linguistico. C’è quasi una
specie di fascinazione ipnotica che si sprigiona da questa scimmietta che continua ad osservarlo; si traduce quasi in

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un’ossessione ipnotica, sembra stregato, non riesce a sottrarsi a una malia, evidentemente nefasta, che si sprigiona da
questa figura e che lo fa precipitare nelle tenebre della follia.

(→ pag. 118) “The same persecution followed. After a short struggle I submitted, and soon I left the place. “I told
you,” he said, “that the beast has before this become in certain ways aggressive. I will explain a little. It seemed to be
actuated by intense and increasing fury, whenever I said my prayers, or even meditated prayer. It amounted at last to a
dreadful interruption. You will ask, how could a silent immaterial phantom effect that? It was thus, whenever I
meditated praying; it was always before me, and nearer and nearer. “It used to spring on the table, on the back of the
chair, on the chimney-piece, and slowly swing itself from side to side, looking at me all the time. There is in its
motion an indefinable power to dissipate thought, and to contract one’s attention to that monotony, till the ideas
shrink, as it were, to a point, and at last to nothing — and unless I had started up, and shook off the catalepsy I have
felt as if my mind were to a point of losing itself. There are other ways,” he sighed heavily; “thus, for instance, while I
pray with my eyes closed, it comes closer and closer and closer, and I see it. I know it is not to be accounted for
physically, but I do actually see it, though my lids are closed, and so it rocks my mind, as it were, and overpowers me,
and I am obliged to rise from my knees. If you had ever yourself known this, you would be acquainted with
desperation.”

A questo punto il reverendo, avendo la sensazione di non essere più guidato e sostenuto dalla fede, non trova altra
soluzione per liberarsi da questa tirannia e prigione se non il suicidio. Per una catena di infauste circostanze, che
fanno parte in questo caso più della detective story che del racconto fantastico, e per via di Hesselius che non capisce
la gravità che affligge il reverendo, arriviamo alla conclusione.

(→ Pag. 136) “I concluded, sir, from your words, and looks, sir, as you left last night, that you thought my master was
seriously ill. I thought it might be that you were afraid of a fit, or something. So I attended very close to your
directions. He sat up late, till past three o’clock. He was not writing or reading. He was talking a great deal to himself,
but that was nothing unusual. At about that hour I assisted him to undress, and left him in his slippers and dressing-
gown. I went back softly in about half-an-hour. He was in his bed, quite undressed, and a pair of candles lighted on
the table beside his bed. He was leaning on his elbow, and looking out at the other side of the bed when I came in. I
asked him if he wanted anything, and he said No. “I don’t know whether it was what you said to me, sir, or some
thing a little unusual about him, but I was uneasy, uncommon uneasy about him last night. “In another half hour, or it
might be a little more, I went up again. I did not hear him talking as before. I opened the door a little. The candles
were both out, which was not usual. I had a bedroom candle, and I let the light in, a little bit, looking softly round. I
saw him sitting in that chair beside the dressing-table with his clothes on again. He turned round and looked at me. I
thought it strange he should get up and dress, and put out the candles to sit in the dark, that way. But I only asked him
again if I could do anything for him. He said, No, rather sharp, I thought. He said, ‘Tell me truth, Jones; why did you
come again — you did not hear anyone cursing?’ ‘No, sir,’ I said, wondering what he could mean. “‘No,’ said he,
after me, ‘of course, no;’ and I said to him, ‘Wouldn’t it be well, sir, you went to bed? It’s just five o’clock;’ and he
said nothing, but, ‘Very likely; good-night, Jones.’ So I went, sir, but in less than an hour I came again. The door was
fast, and he heard me, and called as I thought from the bed to know what I wanted, and he desired me not to disturb
him again. I lay down and slept for a little. It must have been between six and seven when I went up again. The door
was still fast, and he made no answer, so I did not like to disturb him, and thinking he was asleep, I left him till nine.
It was his custom to ring when he wished me to come, and I had no particular hour for calling him. I tapped very
gently, and getting no answer, I stayed away a good while, supposing he was getting some rest then. It was not till
eleven o’clock I grew really uncomfortable about him — for at the latest he was never, that I could remember, later
than half past ten. I got no answer. I knocked and called, and still no answer. So not being able to force the door, I
called Thomas from the stables, and together we forced it, and found him in the shocking way you saw.” Jones had no
more to tell. Poor Mr. Jennings was very gentle, and very kind. All his people were fond of him. I could see that the
servant was very much moved.”

Nella conclusione, Hesselius riprende la parola e a attribuisce a questo eccessivo lavorio celebrale e all’irritazione
delle fibre nervose provocate dall’aperture dell’occhio interiore, ma soprattutto all’abuso del consumo di the verde, le
cause che hanno portato il reverendo a farla finita.

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Il the è una bevanda altamente stimolante e assieme al tabacco, al caffè, al cioccolato può essere considerato uno
stimolante. Quando venne introdotto negli ambienti inglesi, prima in quelli di corte e poi nel restante popolazione, ci
furono moltissime campagne contro l’uso del consumo di the perché veniva considerato come quasi una droga.
Il caffè, come la nicotina e la morfina, contiene alcaloidi, sostanze organiche prevalentemente di origine vegetale, che
sono psicoattive, nervine, che stimolano il sistema nervoso, di solito, nel senso dell’euforia e dell’espansività. Questo
potere del The era noto in Cina già dal III secolo a.C.

Quando quella bevanda si diffuse a tutti gli strati della popolazione, ci furono dei medici che ingaggiarono una vera e
propria battaglia perché lo consideravano alla stregua di una moderna droga. Inoltre, dicevano che l’eccessivo
consumo di questa bevanda poteva essere responsabile di tutta una seria di disturbi legati all’ipocondria (di cui
manifestatamente sembra soffrire Jennings), all’ansia e addirittura dicevano che poteva causare paralisi e
avvelenamento.

In questa pseudo scientifica, pseudo medica che Hesselius fa delle ragioni del suicidio di Jennings, c’è una chiara
correlazione fra il suo malessere, la sua eccessiva angoscia e una vera e proprio intossicazione di the verde che lo
porta alla follia.

È interessante come, nel raccontare la sua testimonianza delle fasi dell’incontro, Jennings, da un lato, riconosce il
benefico effetto del the, dall’altro ne riconosce anche la dipendenza, sembra considerarlo quasi come una droga.
Hesselius, quando mette in relazione il declino del reverendo e la decisione di smettere di bere il the, sembra
riconosce che l’angoscia, la depressione, l’ansia che si impadroniscono del reverendo, non siano nient’altro che
sintomi psicofisici legati al fenomeno dell’assistenza da sostanze stupefacenti.
Il tema delle droghe pervia di sé in tutta la letteratura della decadenza e nell’estetismo di fine secolo. Si pensi a
Coleridge con “Kubla Khan”, che si dica essere stato ispirato dall’assunzione dell’oppio. Oppure si pensi anche a
Baudelaire.
Anche qui, come avverrà poi dopo con Mr Jekyll, siamo in un clima di totale sfiducia, in un clima antipositivista. Qui
si registra un chiaro clima di totale sfiducia nei confronti della scienza, incarnata da questo personaggio che è anche
medico, Dr. Hesselius.
Qui i fantasmi del pre-umano, che sono espressi dalla figura di questa scimmietta, sono la testimonianza del clima di
sfiducia nei confronti della scienza positivista e della religione. Difatti a dispetto del suo intento, e della sua capacità
di penetrare, di leggere oltre le apparenze, Hesselius è uno sconfitto, non è in grado di salvare il suo paziente. Anche
le spiegazioni a cui ricorrere nella chiusa del racconto non sciolgono il mistero della vicenda, che rimane inviolato e
oscuro. L’unico custode di questo mistero è il reverendo, protagonista di un’esperienza che l’ha spinto oltre la soglia
del male di vivere, che l’ha portato allo smarrimento di sé, alla perdita totale di sé, la perdita del controllo sulla
propria vita. Le Fanu, come farà poi Stevenson, utilizza il fantastico anche per condurre questo discorso polemico non
solo sulla religione, ma anche sulla scienza, in un clima in pieno razionalismo, in pieno ottimismi vittoriani. Si pensi
al successo della Teoria dell’evoluzione, la pubblicazione di The origins of species di Darwin nel 1859 che scuote le
credenze tradizionali, non solo gli ambienti religiosi cosiddetti creazionisti ma anche tutti gli ambienti filosofici e
rivelano come questo racconto mostri una totale sfiducia nei confronti del positivismo, del razionalismo trionfanti in
epoca vittoriana, nella quale per molti versi è proprio l’uomo di scienza il vero eroe.

07/11 - IX LEZIONE

Durante la scorsa lezione abbiamo parlato dell’esasperata sensibilità religiosa del reverendo, oltre che del drammatico
conflitto che vive tra le sue aspirazioni che giudica non ortodosse e il ministero religioso che è chiamato a avere. Si
può paragonare a Dr Jekyll and Mr Hide perché anche qui c’è un conflitto esasperato da questa sensibilità religiosa.
Non si deve mai dimenticare che Le Fanu era di origine protestante e che viveva in un paese a larga maggioranza
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cattolica, ma era rimasto molto ad un’impronta culturale e non solo in senso strettamente religioso. Il raffronto con
Jekyll and Mr Hide parla anche del discorso polemico che Le Fanu conduce nei discorsi della scienza.

Il testo, soprattutto nell’ultima drammatica fase, registra un clima crescente di totale sfiducia nei confronti della
scienza positivista che poi si affermerà in maniera compiuta con Stevenson.

C’è anche un’interpretazione politica che alcuni commentatori hanno voluto dare a questo racconto: si è detto che
poiché il racconto venne scritto in un periodo in cui il crescente attivismo dei nazionalisti irlandesi che premevano,
rivendicavano l’autonomia parlamentare, istituzionale, politica dell’Irlanda dal resto della Gran Bretagna attuato
anche con sommosse aveva rafforzato sentimenti di ostilità nei confronti dei Native Irish. Questo pregiudizio nei
confronti dell’irrazionalità, della mancanza di autocontrollo, della natura violenta da parte degli inglesi nei confronti
dei vicinissimi irlandesi è un pregiudizio che permane tuttora oggi. Nelle vignette del giornale satirico Punch si
rappresentano gli irlandesi come primati (ritorniamo al discorso circa la regressione ad aspetti pre umani). In virtù
della loro esuberanza, irrazionalità, mancanza di autocontrollo e di un’indole anche violenta messa in relazione ai
movimenti nazionalisti che miravano a sovvertire lo status quo avevano portato una certa stampa vignettistica a
rappresentare gli irlandesi come delle scimmie, come la scimmia che tormenta il reverendo protestante Jennings. Essi
dunque erano un’etnia che, a differenza degli inglesi, non si era mai evoluta. In questa prospettiva politica, è possibile
interpretare in questa diabolica scimmietta una sorta di esemplificazione su un piano privato di un conflitto nazionale
fra il fenian movement (società segreta carbonara a carattere nazionalista) e la minoranza protestante (protestant
ascendacy) .

EDGAR ALLAN POE

Ciò che portò ad un radicale mutamento della sensibilità letteraria e introdusse nuove forme del fantastico soprattutto
in Francia, dall’America, fu l’arrivo dei perturbanti racconti di Edgar Allan Poe che da un lato sono più radicati in una
sensibilità gotica (che si afferma a fine Settecento), dall’altra parte anticipano un gusto nuovo per il macabro,
l’assurdo, la perversione, l’esotico, e anche il grottesco. Questa oggettivizzazione, spesso anche molto scenografica,
dell’incubo si compie a prezzo di rinuncia a ogni intervento personale. Vale a dire che non è mai accompagnato da un
giudizio di natura etica, morale. Poe dunque anticipa quel principio estetico che prenderà più piede nella seconda
metà del secolo durante la decadenza, chiamato art for art’s sake secondo il quale l’arte non ha nessuna finalità che
sé stessa e non deve veicolare un messaggio. Non solo Poe distrugge ogni traccia di autobiografismo con lo stesso
scrupolo con il quale i suoi assassini cancellano le prove del delitto, ma non dà ai suoi protagonisti veramente
ossessionati, degli antagonisti che li possano definire per contrasto. Diversamente di quanto avviene in Moby Dick,
nel quale Captain Ahab è definito per contrasto rispetto al mite Starbuck, ma anche rispetto allo stesso narratore
Ishmael. Questo romanzo ha chiaramente una dimensione simbolica: la balena identifica infatti il mistero della
coscienza suprema e nella visione folle di Ahab rimanda al male assoluto. Come Frankenstein, nel suo sforzo di
andare oltre e mettendo a rischio il suo equipaggio, il capitano si macchia di superbia e fa appello anche lui alle forze
diaboliche. diversamente il primo ufficiale Starbuck incarna la saggezza dell’uomo medio, così come in Frankenstein
Henry cerca di dissuadere Frankenstein.

Se in questa visione di Poe il mondo è abbandonato da Dio, nella sua visione estetica l’opera d’arte, supremamente
autonoma, non rivela nessun autobiografismo né alcun conflitto dell’artista. Il linguaggio simbolico non rappresenta
per Poe, come per i suoi contemporanei, uno strumento che serva a penetrare il mistero delle cose, ma anzi sempre
essere la cifra risolutiva di quel segreto. I suoi geroglifici sembrano essere la sua verità ultima.

BIOGRAFIA

È abbastanza difficile districare la vita di Poe dalle leggende anche malevoli dei contemporanei e da quelle leggende
byroniche che Poe stesso si compiaceva di diffondere. Nasce nel 1809 a Boston da un’attrice inglese diciannovenne e
già vedova e da un giovane fattosi attore per seguirla, David Poe. Sia la madre che il padre sono di origine irlandese.
A 2 anni, dopo aver perso i genitori ( il padre sparì nel 1810, poi si verrà a sapere che è morto alcolizzato mentre la
madre morì di tisi l’anno dopo), Poe viene adottato da un ricco mercante scozzese della Virginia, John Allan, che lo
accolse senza però legalmente adottarlo. A Richmond Poe compie i primi studi. Con Allan ha un rapporto conflittuale

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e ciò inasprisce il trauma per l’abbandono del padre e poi quello precoce per la madre, la cui immagine si fissò in
modo ossessivo nella sua memoria.

Nel 1815 viene portato in Inghilterra dove vi rimane per cinque anni, compiendovi buoni studi che vengono registrati
in un racconto, William Wilson testo paradigmatico del doppio. Alla tradizione gotica (per la scelta del doppio e per
le reminiscenze autobiografiche) si ricollega questo celeberrimo racconto dove il sosia (identico al protagonista se
non per la voce) rappresenta la buona coscienza che insegue il protagonista e vuole mettere un freno alle sregolatezze
(l’alcol, il gioco d’azzardo…). Originali la tensione interiore che anima questo breve racconto, il senso di ossessiva
persecuzione e la volontà di autodistruzione che anima il protagonista e che ritroveremo in The Black Cat e in The tell
tale heart.

Nel 1820 rientra poi in America dove frequenta l’università della Virginia, ma per contrasti con i professori si
allontana pochi mesi dopo. I debiti da gioco e l’ubriachezza lo portarono ad una rottura con il padre che si aggrava
dopo la morte della moglie di John Allan. Cercando l’indipendenza Edgar si arruola, pubblica un libro di poesie,
Tamerlane and other poems, un’opera di chiara impronta byroniana. Questi tentativi di emanciparsi dalla famiglia
non hanno però molto successo, infatti Poe non riesce ad affermarsi nel lavoro, neanche in quello creativo. Risolve
dunque con il padre, il quale lo iscrive come cadetto alla prestigiosa accademia militare di West Point. Anche da
questa accademia fu espulso per infrazione disciplinare e per una condotta sregolata. Tuttavia, in questo periodo,
organizzando una colletta con i compagni riuscirà a far pubblicare un secondo libro di poesie.

Il secondo matrimonio di Allan e la nascita di due gemelli nuovi eredi gli tolgono ogni speranza di ricevere aiuti e di
essere anche se in minima parte erede di Allan. Dal 1831 al 1835 vive a Baltimora accanto alla famiglia del padre
naturale, soprattutto alla zia Maria Clemm, finalmente un punto di ancoraggio affettivo e una presenza materna. La
figlia di Maria Virginia diventerà segretamente sua moglie a 15 anni. A questi anni risale la stesura dei primi racconti
come Metzengerstein, a tale in imitation of the German e di altri racconti che invierà a vari editori, accompagnati dal
post scrittum “I’m poor”. In aspra lotta con la povertà, venne in seguito soccorso da un generoso mecenate che cercò
di sollevarlo dallo stato di estrema miseria in cui si era trovato dopo l’abbandono della casa di Allan. Finalmente gli si
offrono alcune possibilità giornalistiche. Porta poi la zia da Richmond a Philadelfia. Eternamente inquieto, spesso
costretto a cambiare occupazione per colpa dell’alcool, venne assunto alla redazione di diverse riviste, ma anche
regolarmente licenziato. Nei brevi intervalli tra un periodo e l’altro, riesce a piazzare racconti come Ligeia, The fall of
the house of Usher, The narrative of Gordon Pym of Nantucket (racconto più lungo e imperniato sulla dimensione
psicologica dell’orrore). In questa ultima opera inoltre c’è l’attrazione frequentissima in Poe per quello stato soglia tra
la vita e la morte, oltre che per il passaggio oltre le colonne d’Ercole (così come in Frankenstein) e per questa sorta di
limbo in cui si può entrare in contatto con il mondo dei morti.

Ritornando a The fall of the House of Usher, qui il narratore racconta il suo tragico soggiorno nella casa dell’amico
Roderick Usher. È interessante come un’atmosfera di decadenza, di imputridimento circonda questa antica
malinconica dimora che sorge presso uno stagno caliginoso in cui non c’è vita né di pianti e né pesci. Usher è preda di
uno stato di tensione nervosa, quasi parossistica che rasenta la follia. La sorella gemella Madeline è afflitta da un male
misterioso. (→ossessione per l’incesto di Poe) e viene seppellita provvisoriamente in una nicchia nelle mura della
dimora (come farà il protagonista di the black cat). Qualche giorno dopo, mentre il narratore legge a Roderick un
racconto fantastico, durante un furioso temporale, irrompe nella stanza Madeline coperta di sangue e completamente
folle. Il narratore capisce in quel momento che era stata sepolta viva. Sorella e fratello muoiono dunque insieme di
terrore e il narratore fugge mentre alle sue spalle sprofonda la mansion in questo stagno che la circonda. Qui la storia
è presentata attraverso la sensibilità nevrotica, impressionabile di uno spettatore (come nei due racconti in
programma) che assiste alle angosce del cadaverico Roderick condotto da “un’acutezza morbosa dei sensi” a
determinare il declino e la catalessi della sorella gemella Madeline. Con catalessi Poe fa riferimento ad un fenomeno
medico scientifico, ossia una sorta di automatismo psico nevrotico caratterizzato dall’impossibilità della contrazione
volontaria dei muscoli. Anche in un racconto di Le Fanu, in the “the room in the dragon volant” c’è un episodio di
catalessi. Durante questa catalessi c’è un’innaturale rigidità muscolare che può durare settimanale e i riflessi tendinei
e la capacità respiratoria sono indeboliti.

Il motivo dell’incesto nel racconto (the fall of the house of usher) si sposa al motivo dell’ossessione della sepoltura
prematura (titolo di un altro suo racconto). L’abbraccio mortale con la gemella è interpretabile come il sigillo di una
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simbiosi assoluta con sé stessi che sembra sottintendere l’incesto. Il motivo del disfacimento della psiche, presente
anche nei due racconti in programma, trova in the fall of the house of usher il correlativo nella distruzione della casa.
È stato suggerito che gli ambienti chiusi e soffocanti spesso presenti nei racconti di Poe sono delle maisons oniriques,
ma c’è la concretezza di dettagli che rende però fisicamente rovinosa e simbolica la caduta.

Poe ha comunque difficoltà a sostentarsi ed è in preda a inquietudini esistenziali. Continua la sua carriera di
giornalista, di critico letterario e di narratore. È inoltre un abile cruciverbista. Nel 1839 a Philadelphia esce in volumi
Tales of the Grotesque and Arabesque ( già il titolo è un manifesto artistico. Esso allude al carattere astratto, non
realistico dei racconti, inoltre rimanda al principio della deformazione ed esagerazione, spesso presente nella sua
narrativa), ma rimangono precarie le condizioni finanziarie. Grotesque e arabesque erano termini usati da Walter
Scott per definire l’arte di Hoffman nel quale la fantasia spazia con estrema libertà e si tentano tutte le forme di
combinazione strana e mostruosa tipiche dell’estrosità romantica. Un principio esagerativo deformante è alla base
dell’ispirazione di Poe che in una lettera al direttore di un giornale delineava un programma poetico, dicendo che il
ridicolo andava esasperato nel grottesco e lo spaventoso andava caricato, attraverso l’iperbole, nell’orribile.

La pubblicazione del The Gold Bug ottenne un successo strepitoso, si tratta di un racconto lucido che combina le
sottigliezze della criptografia di cui era maestro (c’è una pergamena con il disegno del teschio e uno strano messaggio
cifrato) con il tema del tesoro segreto. È ambientato in Carolina mentre il protagonista è William Le Grand
discendente di una famiglia ugonotta come Le Fanu che era finito in povertà con il servitore nero Jupiter.

A New York Poe ha un modesto lavoro fisso. Nel 1844 pubblica The Raven che, come il racconto precedente, ebbe
un successo strepitoso e gli darà la celebrità. Il corvo in questione non è un messaggero degli dei, ma un semplice
uccello infreddolito che trova rifugio nel tepore di una stanza e gracida monotono lo stesso ritornello: never more.
L’attribuzione al corvo di una sinistra attività profetica è tutta opera del protagonista (si tratta di un fenomeno non
metafisico, ma soggettivo e psichico).

Dopo aver tentato invano di fondare una propria rivista che lo avrebbe tolto dallo sfruttamento di cui era oggetto,
assunse la direzione della rivista The Graham Magazine che portò al successo. In questo periodico uscirono le sue
cose migliori fra cui The Murders in the Rue Morgu ( i murders sono due primati) considerato tra i primi esempi di
crime story e detective story. Qui figura un detective che dissipa il mistero e ristabilisce l’ordine compromesso, grazie
alla sua ingegnosità prodigiosa sottolineata dalla competizione con la stupidità e sprovvedutezza delle forze
dell’ordine con i canali di informazione tradizionale.

Altro racconto assimilabile a questo è The Mystery of Maria Roget . Altro è The descend into the maelstrom; qui ciò
che sovrasta ogni altra situazione è il momento finale nel quale questa sorta di excitement, parossismo del terrore,
raggiunge e converge con il colore bianco ( un’assenza di colore in realtà). In Moby Dick c’è un capitolo di the
madness of the whale perché Ahab pensa che sia perfida anche perché non è un capidoglio, ma è albina.

Parlando dei racconti soprannaturali è interessante come in Poe insieme alla storia scompaia anche la storia del
personaggio: The Tell Tale Heart e Black cat iniziano in medias res. Il destino del personaggio che realizza e conosce
con lo svilupparsi del racconto è clamorosamente assente nella narrativa Poesia come elemento strutturante l’azione:
il personaggio di Poe è spesso isolato disperatamente. Non c’è autorità, né sistema di valori che possa sanzionare lo
scacco oppure il successo. È il personaggio stesso ad essere unico giudice e imputato. In The Tell Tale heart l
condanna è firmata dallo stesso assassino.

THE TELL TALE HEART

No doubt I now grew very pale; --but I talked more fluently, and with a heightened voice. Yet the sound increased --
and what could I do? It was a low, dull, quick sound --much such a sound as a watch makes when enveloped in
cotton. I gasped for breath (respiravo a fatica) --and yet the officers heard it not. I talked more quickly --more
vehemently; but the noise steadily increased. I arose and argued about trifles, (quisquiglie) in a high key (altissima

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voce) and with violent gesticulations; but the noise steadily increased. Why would they not be gone? I paced the floor
to and fro with heavy strides, as if excited to fury by the observations of the men --but the noise steadily increased. Oh
God! what could I do? I foamed (agitavo) --I raved (smaniavo)-I swore! I swung the chair upon which I had been
sitting, and grated it upon the boards, but the noise arose over all and continually increased. It grew louder --louder --
louder! And still the men chatted pleasantly, and smiled. Was it possible they heard not? Almighty God! --no, no!
They heard! --they suspected! --they knew! --they were making a mockery of my horror!-this I thought, and this I
think. But anything was better than this agony! Anything was more tolerable than this derision! I could bear those
hypocritical smiles no longer! I felt that I must scream or die! and now --again! --hark! louder! louder! louder! louder!
"Villains!" I shrieked (gridai), "dissemble (smettete di fingere) no more! I admit the deed! --tear up the planks! here,
here! --It is the beating of his hideous heart!"

→ da notare l’enfasi, la quantità di esclamazioni e il senso di persecuzione.

14/11 - X LEZIONE

Un altro racconto fortunatissimo è The oval portrait, qui il motivo principale è quello dell’arte che si appropria della
vita e la dissipa. L’anonimo autore, racconta la storia di una fanciulla, sposa di un pittore dominato dalla passione
dell’arte. Ad un certo punto facendo il ritratto della moglie e man mano che il ritratto prendeva forma restituendo
un’immagine veritiera della moglie questa perdeva la slaute e la vitalità quando con un’ultima pennellata urla “this
indeed is life itlself” non si accorge che nel frattempo la moglie era deceduta. Quindi dietro al tema dell’arte che è
superiore alla vita c’è anche il tema vampiresco dell’arte che si nutre della vita dissanguandola ed immobilizzandola
in un effetto di morte.

Un altro racconto che partecipa alla dimensione grottesca che Poe mutua da Hoffman è The mask of the red death
ambientato a Venezia, un gruppo cerca di sfuggire alla peste rinchiudendosi in un palazzo ed alla fine appare la morte
stessa.

Nell’ importante rivista Graham Magazine pubblica anche il saggio The philosopy of composition del 1846 che è una
sorta di manifesto della sua poetica, dove Poe espone il suo metodo artistico e fa anche una sorta di analisi critica del
suo poemetto The Raven. Il motivo della duplicità che è centrale all’ispirazione poesca fra dimensione fantastica e
razionale, impulsi oscuri ed anche un vigile controllo mentale, questo tema viene articolato attraverso il binomio
amore-morte che per lui è quello di maggiore successo per la poesia. Tuttavia nonostante l’intensa applicazione la sua
famiglia viveva nelle ristrettezze più estreme e benché ricevesse degli aiuti economici dagli amici non si riesce
sollevare. Nell’inverno del 1847 muore virginia e affranto dal lutto Poe cade ammalato restano in pericolo di vita per
mesi. Una volta ristabilitosi esprime la propria sofferenza nella poesia Ulalume e riprende la scrittura saggistica con
una conferenza che troverà forma scritta in The poetic principle. Negli ultimi due anni della sua vita scrive poesie: il
poema cosmico Eureka che è un delirante tentativo di spiegare i misteri dell’universo; la poesia Annabelle Lee che ha
un tono che sembra presago della fine imminente. Fra una crisi di ubriachezza e l’altra Poe corteggerà alcune donne
della buona società, fidanzandosi con una di queste ma dopo la prematura scomparsa di Virginia la sua vita sembra
disgregarsi sotto il peso delle sue ossessioni e la tendenza all’alcolismo assunse un decorso morboso e la solitudine un
tono allucinato. Nell’ottobre del 1849 fu colto da un eccesso di delirium tremens e verrà trovato privo di sensi in una
strada di Baltimora morendo in ospedale qualche giorno dopo probabilmente di emorragia celebrale.

POETICA

Come autore Poe si pone al primissimo posto fra i maestri della short story tenuta in chiave di mistero e di orrore, che
in The poetic principle sostiene essere l’unica vera forma letteraria, nel senso che l’attenzione che lui si proponeva di
raggiungere non poteva essere sostenuta in un romanzo lungo. La mancanza di una tradizione letteraria viva negli stati
Uniti spinse Poe ad esaminare i fondamenti della sua arte e del suo linguaggio a fare scoperte che verranno poi colte

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con entusiasmo dia simbolisti e decadentisti europei. Difatti in una prospettiva storica Poe è senz’altro da annoverarsi
come capostipite del decadentismo da Baudelaire a Huysmans (autore di À Rebours 1884 considerato come la bibbia
del decadentismo. Fin dall’inizio Huysmans presenta una sensibilità morbosa ed estetizzante. Il protagonista del suo
romanzo sarà ripreso da Wilde in The picture of Dorian Gray ed è uno che rifiuta la mediocrità del mondo
contemporaneo richiudendosi in una sorta di chiusura e clausura popolata dai suoi sogni ed incubi, artificiose bellezze
alla fine sarà costretto ad uscirne a causa della malattia psichica). Il più grande ammiratore e che contribuì a far
conoscere Poe in Europa fu Baudelaire che lo studiò e lo tradusse per 20 anni trovando in questo autore americano
una serie di immagini e metafore da cui prese ispirazione.

Poe dovette molto per i temi scelti al romanzo gotico europeo, tuttavia come indice della sua originalità Poe rinuncia
alla ricostruzione storica ad eccezione di The narrative of Gordon Pim in cui ricorre all’espediente del manoscritto
ritrovato. Questa scelta si fonde e si giustifica in parte con l’adozione della forma breve ma ha anche le sue radici più
ideologiche nella consapevolezza e nella mancanza della tradizione letteraria di un passato che si identifichi con la
supremazia di una classe sull’altra. Del cattolicesimo propagandistico e caratteristico del romanzo gotico che si
proponeva polemicamente di denunciare il fanatismo religioso e dei delitti che in nome della chiesa cattolica venivano
compiuti (chiesa corrotta, i personaggi del monaco, del prete malvagio e persecutore in preda al demonio, badesse
lussuriose e soprattutto inquisitori crudeli), in Poe non restano che alcune tracce in The pit and the pendulum. La
tortura rappresentata in questo racconto non ha nulla a che vedere con le persecuzioni inflitte ad Ambrosio,
protagonista di The Monk di Lewis che alla fine dopo essersi macchiato di efferati delitti verrà giustiziato dopo un
agonia spaventosa; qui c’è un eccesso di crudeltà e sadismo.

Insieme alla storia scompare anche la storia del personaggio, il destino che il personaggio conosce e realizza man
mano che il racconto procede e le cui molle, moto propulsivo nel romanzo gotico erano la sete di potere, la velleità di
domino, la pulsione erotica tutti questi elementi sono clamorosamente nella produzione di Poe ed anzi il personaggio
è presentato in un isolamento totale. Isolamento in cui non esiste un’autorità e serie di valori che possa sanzionare lo
scacco o il successo, è il personaggio protagonista ad essere imputato e giudice. Al tempo stesso se non c’è la storia
del personaggio anche il personaggio è sommariamente ricostruito, rappresentato e anche la scarsa presenza di altri
personaggi contribuisce a non far uscire il protagonista dall’isolamento perché tutti i personaggi vengono
rappresentati come delle entità separate. Un altro elemento caratteristico è la prevalenza del monologo sul dialogo
oppure in alcuni casi come nel racconto The cask of amontillado , il dialogo c’è ma di fatto è un dialogo che avviene
fra persone che non si capiscono proprio a ribadire l’isolamento del personaggio. Spesso il protagonista dei racconti è
un out cast ma non perché rappresenti una coscienza divisa, tormentata da istinti contrapposti, lacerato fra bene e male
ma perché incapace di riconoscersi in nient’altro che in un destino predeterminato. Fra gli scrittori americani uno in
particolare riscuote l’interesse di Poe è Charles Brockden Brown , autore di Wieland da cui prenderà molti spunti,
inoltre l’opera di Poe si contraddistingue per l’assoluta mancanza di colore locale e questo spiega anche il ritardo con
cui venne apprezzato in America. Con Poe c’è inoltre una sorta di rovesciamento di quelle che erano le convenzioni
settecentesche: l’uomo non è più visto in chiave razionale e/o sostanzialmente ottimistica, ma all’interno nelle sue
componenti più contraddittorie, misteriose ed assurde. L’assenza di colore locale si può notare in A discent into the
maelstrom , ambientato che è un’agghiacciante avventura di un marinaio prigioniero di un vortice (maelstrom) al
largo della Norvegia. Quindi poe è un caso anomalo essendo difficilmente classificabile nel quadro del genere gotico,
della letteratura americana del suo periodo proprio perché come scriveva Baudelaire nel suo saggio del 1856 il poeta
maledetto non presentava nessun carattere autoctono ovvero nessun carattere riconducibile all’esperienza americana,
al paesaggio, agli sfondi, anzi si sentiva avverso a tutte le idee che formavano e che si identificavano all’americano
medio del suo tempo. Quindi si può dire che Poe era chiaramente avverso a principi come la fiducia dell’avvenire, la
convinzione democratica, alla visone ottimistica del progresso scientifico industriale, ovvero i valori dominanti della
società americana e si sentiva più vicino ad una posizione aristocratica europea, non democratica. Questo conflitto è
espresso appieno nella continua oscillazione fra due poli estremi: regolare disordine, realtà e sogno, ascesa e caduta,
temperanza e sregolatezze, speranza e conforto, senno e follia; che sono anche i poli estremi della sua parabola
esistenziale. L’etilismo, il baratro dell’abbiezione sono le porte che si aprono quasi per inghiottire l’indifeso Poe.
Questa moto pendolare fra due estremi lo fa schierare fra momenti di lucidità estrema di cui sono documento i suoi
racconti del raziocinio e momenti di paurose allucinazioni. La letteratura di poe si cala davvero nei gorghi di un
inferno psicologico di u genio malato a tratti illuminato da sprazzi di raziocinio e sotto questo profilo sono i racconti
razionali come The mistery of Marie Roget; The murders in the rue morgue che serviranno come modello agli
iniziatori del romanzo poliziesco da Wilkie Collins ad arthur Conan Doyle. Poiché la letteratura americana nella
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prima metà dell’800 è ancora legata ai modelli forniti dall’Europa e che in Europa erano già vecchi (come ad esempio
il romanzo di costume (novel of manners), che inoltre in America ebbe un eco scarso), il genere che attecchì di più
negli Stati Uniti fu quello gotico, opportunamente modificato e sviluppato in senso più simbolico lasciando intatte le
qualità drammatiche, costituendo una vera e propria tradizione che si identifica con la chiara preponderanza anche a
livello formale del romance fantastico simbolico sul novel, ovvero il romanzo di costume e di ispirazione realistica.
Autore dell’estraniamento e dell’incubo Poe accoglie da Washington Irving (primo letterato americano assieme a
Charles Brockden Brown che sottopone il genere gotico a duna serie di adattamenti e modifiche sostituendo ai castelli
ed ai villains gli episodi della guerra con gli indiani) il genere e la misura del racconto e della novella (più lunga di un
racconto e più breve di un romanzo) che poi teorizzò come massima espressione della narrativa, assieme a questa
predilezione per il fantastic romance anche s e c’è da dire che in Irving alla fine l’elemento sovrannaturale viene
spiegato e tutti i misteri si dissipano. Poe oltre ad Hoffmann conosce lo scrittore del terrore tedesco Ludwig Tieck e
nella prefazione di The tales of the grotesque and the arabesque afferma “terror is not of Germany, but of the souls”
per cui pur avendo preso ispirazione dagli scrittori tedeschi, i veri terrori, quelli che ci fanno agghiacciare il sangue
sono quelli dell’anima.

Pur non rinunciando all’armamentario estetico del genere, già con Poe il gotico si interiorizza diventando quasi una
categoria esistenziale, trasformandosi in una visone completamente allucinata del mondo, possiamo dire che il gotico
diventi veicolo per il grido dell’anima angosciata e l’elemento sovrannaturale che definisce il fantastico non è
nient’altro che proiezione dell’incubo.

The imp of the perverse pubblicato nel 1845 in The Graham Magazine, il titolo è traducibile come il demone innato
del perverso è una sorta di racconto saggio in cui la riflessione sulla storia. Qui l’essere umano è connotato da questa
tendenza innata al male, da una pulsione enigmatica ed inconoscibile che lo porta a distruggere non solo gli altri ma
anche sé stesso. Inoltre Poe esamina l’istinto paradossale per cui il protagonista dopo aver compiuto il delitto perfetto
senza lasciare traccia alcuna ne è poi ossessionato fino alla confessione spontanea che ha il carattere di una
dichiarazione di principio; ricercando le radici e le ragioni della propria rovina l’assassino non trova che la perversità
e sotto questa oscura inclinazione dice

“Induction, a posteriori, would have brought phrenology to admit, as an innate and primitive principle of human
action, a paradoxical something, which we may call perverseness, for want of a more characteristic term. In the sense
I intend, it is, in fact, a mobile without motive, a motive not motivirt. Through its promptings we act without
comprehensible object; or, if this shall be understood as a contradiction in terms, we may so far modify the
proposition as to say, that through its promptings we act, for the reason that we should not (agiamo solo perchè non
dovremmo). In theory, no reason can be more unreasonable, but, in fact, there is none more strong. With certain
minds, under certain conditions, it becomes absolutely irresistible. I am not more certain that I breathe, than that the
assurance of the wrong or error of any action is often the one unconquerable force which impels us, and alone impels
us to its prosecution. Nor will this overwhelming tendency to do wrong for the wrong’s sake, admit of analysis, or
resolution into ulterior elements. It is a radical, a primitive impulse-elementary.”

Quindi il demone della perversità in questo racconto saggio ha spinto l’assassino non solo al delitto ma la vera
perversità sta nella confessione e pertanto si potrebbe dire che coincide con un’azione dal carattere autodistruttivo; è
una confessione avvertita non come espiazione ma come pura angoscia emale. Questa perversione che spinge
l’assassino alla confessione può essere paragonata a ciò che è definito in psicanalisi come inconsapevole auto
sabotaggio emotivo inconscio, ciè per qualche ragione il nostro inconscio pone un freno alla nostra crescita personale
ed al raggiungimento di alcuni obiettivi (si presume positivi) che ci siamo dati. Esempi di auto sabotaggio possono
andare da semplici rinvii, all’impiego di scarse forse di concentrazione oppure alla scelta di circostanze ostili che
possono in qualche modo inficiare il risultato che ci siamo dati. Questo si spiega con il fatto che la mente umana odi il
cambiamento e tutto ciò che ne consegue, nel senso che a livello inconscio ogni cambiamento viene visto come
potenziale pericolo anche se razionalmente noi sappiamo che non è così.

Letteralmente imp significa demonietto, diavoletto, figlio del diavolo e nell’antico inglese si usava la parola impa che
deriva da un aggettivo greco col significato di innato, insito; quindi la traduzione migliore sarebbe il demone innato
della perversione/del perverso o come la matrice demonica del perverso. Il protagonista esordisce esponendo questa
sua teoria della perversione, per lui si tratta di una tendenza inconoscibile innata al male che lo spinge a distruggere sé
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stesso e gli altri; “ci sentiamo perversi e usiamo questa parola senza comprenderne appieno il senso” cit. e colui che
parla afferma di aver ucciso la sua vittima con una tecnica sopraffina suggeritagli dalla lettura di alcune cronache
giudiziarie francesi. Uccide la sua vittima perché ne conosceva le sue abitudini “I knew my victim’s habits” dopo il
delitto però, in preda ad un incontrollabile impulso distruttivo corre per le strade affollate e finirà per confessare il
proprio crimine:

“I became blind, and deaf, and giddy; and then some invisible fiend, I thought, struck me with his broad palm upon
the back. The long imprisoned secret burst forth from my soul. They say that I spoke with a distinct enunciation, but
with marked emphasis and passionate hurry, as if in dread of interruption before concluding the brief, but pregnant
sentences that consigned me to the hangman and to hell. Having related all that was necessary for the fullest judicial
conviction, I fell prostrate in a swoon. But why shall I say more? Today I wear these chains, and am here! Tomorrow
I shall be fetterless!—but where?”

Quindi in questo racconto-saggio il male ha un carattere illogico di un intervento miterioso ed inarrestabile nel suo
meccanismo, e fatale nelle sue conseguenze. Per la sua natura demoniaca il male smebra insondabile e si colloca al di
là di ogni giudizio, scelta e decisone morale. Per Poe il male a diffreenza dei suoi contemporanei come Nathaniel
Hawthorne non è il peccato o la ferocia del vuoto come per Melville in Moby Dick, ma sembra identificarsi
nell’angoscia stessa insita nella condizione umana.

The imp of the perverse appare nel 1845 ma Poe aveva già presentato la sua rovinosa parabola della perversione in
The tell tale heart e ne aveva già dato una sorta di definizione teorica in The black cat.

Nel passaggio seguente, tratto da The black cat possiamo trovare la definizione di questa pulsione oscura :

In the meantime the cat slowly recovered. The socket of the lost eye presented, it is true, a frightful appearance, but he
no longer appeared to suffer any pain. He went about the house as usual, but, as might be expected, fled in extreme
terror at my approach. I had so much of my old heart left, as to be at first grieved by this evident dislike on the part of
a creature which had once so loved me. But this feeling soon gave place to irritation. And then came, as if to my final
and irrevocable overthrow, the spirit of PERVERSENESS. Of this spirit philosophy takes no account. Yet I am not
more sure that my soul lives, than I am that perverseness is one of the primitive impulses of the human heart — one of
the indivisible primary faculties, or sentiments, which give direction to the character of Man. Who has not, a hundred
times, found himself committing a vile or a silly action, for no other reason than because he knows he should not?
Have we not a perpetual inclination, in the teeth of our best judgment, to violate that which is Law, merely because
we understand it to be such? This spirit of perverseness, I say, came to my final overthrow. It was this unfathomable
longing of the soul to vex itself — to offer violence to its own nature — to do wrong for the wrong’s sake only — that
urged me to continue and finally to consummate the injury I had inflicted upon the unoffending brute.

Ciò che accomuna The tell-tale heart, The balck cat e The imp of the perverse è il fatto che l’assassino si confessi
spontaneamente, se spontaneo si può chiamare il meccanismo della perversità. L’assassino alla viglia della morte
racconta ciò che l’ha portato al proprio destino; non ci sono forze esterne che determinino la confessione essa nasce
dall’incubo della consapevolezza ed allo stesso modo il delitto era nato dall’orrore dell’esistere, inoltre in qualche
modo la confessione si potrebbe dire che tenda a ristabilire quell’ordine che il delitto aveva in qualche modo infranto.
Consegnandosi ad una giustizia esterna ed indifferente alla sua angoscia l’assassino riconosce la futilità del suo
tentativo di evadere dall’angoscia, tenta di rimuovere la causa di questa sua angoscia con il delitto ed alla fine si
decide a confessare e forse sa anche di aver ucciso solo i suoi fantasmi della sua coscienza tormentata che sono, pronti
a rinascere. Si può dire che Poe abbia fatto dell’orrore quella che è la temperatura naturale dell’esistenza e l’incubo è
chiaramente prodotto dalla nostra mente.

The tell-tale heart è un monologo di un assassino, ricco di suspance ed in questa storia il narratore-assasino prende per
mano il lettore accompagnandolo sull’orlo dell’abisso delle proprie perversioni. Fra queste ci sono il delirio di
onnipotenza,

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Upon the eighth night I was more than usually cautious in opening the door. A watch’s minute hand moves more
quickly than did mine. Never before that night had I felt the extent of my own powers—of my sagacity. I could
scarcely contain my feelings of triumph.

il sadismo ed una sorta di voyerismo necrofilo. Il protagonista uccide il vecchio vicino di casa per nessun’altro motivo
al mondo che per una sorta di motivo immotivato:

It is impossible to say how first the idea entered my brain; but once conceived, it haunted me day and night. Object
there was none. Passion there was none. I loved the old man. He had never wronged me. He had never given me
insult. For his gold I had no desire. I think it was his eye! yes, it was this! One of his eyes resembled that of a
vulture—a pale blue eye, with a film over it. Whenever it fell upon me, my blood ran cold; and so by degrees—very
gradually—I made up my mind to take the life of the old man, and thus rid myself of the eye for ever.

27/11 - XI LEZIONE

Il mito della perversità è teorizzato in The Imp of the Perverse. The Tell Tale Heart è sostanzialmente il monologo di
un assassino e il motivo della perversità e la sollecitazione che viene fatta dallo stesso omicida convive con un'altra
serie di motivi Poeschi come il voyeurismo ( visibile nello sguardo dell omicida la cui attenzione e focalizzata sul
vedere il vecchio) e il sadismo. Non c'era nessun motivo per uccidere il vecchio, non aveva subito nessun torto, dice
invece che sono stati gli occhi (un occhio velato) a spingerlo a compiere l'omicidio. Questo occhio è la forma suprema
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di una sorta di ossessione maniacale, tutta concentrata sull’occhio, che lo perseguita fino alla follia. Sepolto il vecchio
sotto le assi del pavimento della camera da letto, l'ossessione del narratore omicida assume un’altra forma. Questa
ossessione inizialmente è visiva e poi muta in un suono: è il battito inestinguibile del cuore del vecchio, affrettato un
attimo prima di morire. Con lo stesso ritmo, condanna il colpevole.

LETTURA BRANO
And have I not told you that what you mistake for madness is but over-acuteness of the sense? --now, I say, there
came to my ears a low, dull, quick sound, such as a watch makes when enveloped in cotton. I knew that sound well,
too. It was the beating of the old man's heart. It increased my fury, as the beating of a drum stimulates the soldier into
courage.
ANALISI BRANO
Questo suono del cuore soffocato, ma non spento è una metafora dell’incubo. Come l'incubo, cresce oltre le assi del
pavimento, al di là della certezza del delitto compiuto fino a divenire da immaginario concreto, oggettivo al punto che
l'assassino ne riconosce pubblicamente l'allucinante realtà pur di non vivere un momento di più nell angoscia.
Le torture di Raskol'nikov, protagonista di Delitto e Castigo di Dostoevskij che uccide un usuraia, sono vissute dall
assassino di Poe nel breve atto di una notte, ma la rivelazione del delitto non è che una sorta di simulacro di un
riscatto morale. Non c'è nessun riscatto morale. Anche per questo Poe è uno scrittore difficilmente assimilabile al
mainstream della letteratura americana, infatti non c'è nessuna finalità etica. A differenza del romanzo di Dostoevskij
in cui il protagonista riesce a redimersi anche grazie all'aiuto di una prostituta dal cuore buono, qui non c’è nessun
riscatto e l'incubo non avrà fine se non con la soppressione della coscienza. Come l'orrore che l'occhio suscita nel
narratore, così nel racconto The Black Cat il gatto nero, prima accecato e poi impiccato dal padrone in un accesso di
furia e perversità, rivive, anche dopo morto, nella figura del gigantesco gatto che, simile ad una specie di bassorilievo,
appare con la corda al collo sull'unico muro superstite della casa distrutta dall'incendio all'indomani di questa assurda
esecuzione. Anche in questo caso, si assiste ad un atto di crudeltà immotivata che però diventa subito sufficiente
motivo per alimentare l'infinita vitalità di questa ossessione.

LETTURA BRANO
one morning, in cool blood, I slipped a noose about its neck and hung it to the limb of a tree; -- hung it with the tears
streaming from my eyes, and with the bitterest remorse at my heart; -- hung it because I knew that it had loved me,
and because I felt it had given me no reason of offence; -- hung it because I knew that in so doing I was committing a
sin -- a deadly sin that would so jeopardize (compromesso) my immortal soul as to place it -- if such a thing were
possible -- even beyond the reach of the infinite mercy of the Most Merciful and Most Terrible God.

ANALISI BRANO
Le donne e i racconti tratti da quella sequenza di racconti femminili non cedono alla morte in virtù di una disperata,
fortissima volontà di dominio. Allo stesso modo il gatto impiccato è più vivo che mai: dopo mesi che il fantasma del
gatto persegue il suo uccisore facendogli sorgere ciò che sembrerebbe, ma non è rimorso (I experienced a sentiment
half of horror, half of remorse, for the crime of which I had been guilty). l’incubo assume una nuova veste, una veste
reale: c’è un oggetto nero, posato sulla sommità di una botte di rhum in una caverna

LETTURA BRANO
One night as I sat, half stupified, (instupidito) in a den of more than infamy, my attention was suddenly drawn to
some black object, reposing upon the head of one of the immense hogsheads (botti) of Gin, or of Rum, which
constituted the chief furniture of the apartment. I had been looking steadily at the top of this hogshead for some
minutes, and what now caused me surprise was the fact that I had not sooner perceived the object thereupon. I
approached it, and touched it with my hand. It was a black cat -- a very large one -- fully as large as Pluto, and closely
resembling him in every respect but one. Pluto had not a white hair upon any portion of his body; but this cat had a
large, although indefinite splotch of white, covering nearly the whole region of the breast.

ANALISI BRANO
i due gatti si differenziano solo per una macchia bianca sul petto (anche lui è privo di un occhio) a forma di forca (
possiamo dire che l’orrore si è già mostrato). Il gatto nero non abbandona il padrone nemmeno per un istante e la
notte incombe sul suo sonno irrequieto
LETTURA BRANO

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This dread was not exactly a dread of physical evil -- and yet I should be at a loss how otherwise to define it. I am
almost ashamed to own -- yes, even in this felon's cell, I am almost ashamed to own -- that the terror and horror with
which the animal inspired me, had been heightened (aumentati) by one of the merest chimeras it would be possible to
conceive. My wife had called my attention, more than once, to the character of the mark of white hair, of which I have
spoken, and which constituted the sole visible difference between the strange beast and the one I had destroyed. The
reader will remember that this mark, although large, had been originally very indefinite; but, by slow degrees --
degrees nearly imperceptible, and which for a long time my Reason struggled to reject as fanciful -- it had, at length,
assumed a rigorous distinctness of outline (contorni). It was now the representation of an object that I shudder to
name -- and for this, above all, I loathed (detestavo), and dreaded, and would have rid myself of the monster had I
dared -- it was now, I say, the image of a hideous -- of a ghastly thing -- of the GALLOWS ! -- oh, mournful and
terrible engine (arnese) of Horror and of Crime -- of Agony (sofferenza) and of Death !During the former (giorno) the
creature left me no moment alone; and, in the latter, I started, hourly, from dreams of unutterable fear, to find the hot
breath of the thing upon my face, and its vast weight -- an incarnate Night-Mare that I had no power to shake off --
incumbent eternally upon my heart !
ANALISI BRANO
Il gatto, incontrato nella bettola, si struscia subito al suo assassino. Lo segue e non smette di stargli accanto. Si
definisce fin da subito dunque come un animale persecutorio. Il delitto e la perversione che portano al consegnarsi
alla giustizia equivalgono anche in questo caso ad un tentativo estremo di liberarsi dall’ossessione ed equivalgono
alla resa all’inspiegabile. Nel racconto lo spirito della vendetta si incarna nel secondo gatto che, a differenza del
primo, conduce alla morte l’uomo colpevole della morte del gatto e della moglie (uxoricidio). Alla fine, si scoprirà il
cadavere della morte della moglie che tentava di difendere la bestiola, avvertendo un urlo.

LETTURA BRANO
Upon the fourth day of the assassination, a party of the police came, very unexpectedly, into the house, and proceeded
again to make rigorous investigation of the premises (luoghi). Secure, however, in the inscrutability of my place of
concealment, I felt no embarrassment (timore) whatever. The officers bade me accompany them in their search. They
left no nook or corner unexplored. At length, for the third or fourth time, they descended into the cellar (cantina). I
quivered not in a muscle. My heart beat calmly as that of one who slumbers in innocence. I walked the cellar from
end to end. I folded my arms upon my bosom, and roamed(passeggiavo) easily to and fro. The police were thoroughly
satisfied and prepared to depart. The glee at my heart was too strong to be restrained. I burned to say if but one word,
by way of triumph, and to render doubly sure their assurance of my guiltlessness. "Gentlemen," I said at last, as the
party ascended the steps, "I delight to have allayed (tranquilizzato) your suspicions. I wish you all health, and a little
more courtesy. By the bye, gentlemen, this -- this is a very well constructed house." (In the rabid desire to say
something easily, I scarcely knew what I uttered at all.) -- "I may say an excellently well constructed house. These
walls -- are you going, gentlemen? -- these walls are solidly put together;" and here, through the mere phrenzy of
bravado, I rapped heavily, with a cane which I held in my hand, upon that very portion of the brick-work behind
which stood the corpse of the wife of my bosom. But may God shield (proteggermi) and deliver me from the fangs of
the Arch-Fiend ! No sooner had the reverberation of my blows sunk into silence, than I was answered by a voice from
within the tomb! -- by a cry, at first muffled (sordo/indistinto) and broken, like the sobbing of a child, and then
quickly swelling into one long, loud, and continuous scream, utterly anomalous and inhuman -- a howl -- a wailing
shriek, half of horror and half of triumph, such as might have arisen only out of hell, conjointly from the throats of the
dammed in their agony and of the demons that exult in the damnation. Of my own thoughts it is folly to speak.
Swooning, I staggered to the opposite wall. For one instant the party upon the stairs remained motionless, through
extremity of terror and of awe. In the next, a dozen stout (robuste) arms were toiling at the wall. It fell bodily. The
corpse, already greatly decayed and clotted with gore, stood erect before the eyes of the spectators. Upon its head,
with red extended mouth and solitary eye of fire, sat the hideous beast whose craft had seduced me into murder, and
whose informing voice had consigned me to the hangman. I had walled the monster up within the tomb!

ANALISI BRANO
Like the sobbing of a child -> umanizzazione

Questa immagine finale sensazionale del gatto nero che siede con la bocca rossa spalancata sul cadavere murato ha la
stessa potenza del corvo (di The Raven) che posa immobile sul busto bianco di Pallade. è una sorta di eternità di
angoscia e terrore fissati in modo trionfante. In questi due racconti (Tell Tale Heart e Black Cat) i perversi

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protagonisti uccidono i loro incubi per trovarli vivi come prima, ugualmente inesplicabili. Il loro drammatico destino
è quello di soccombere a sé stessi, né di poter comunicare con il mondo, rimanendo prigionieri di queste ossessioni.
La società che li attende per giudicarli (i poliziotti), condannarli e poi giustiziarli, è rappresentata come qualcosa di
lontano e impersonale, aldilà di una barriera che gli assassini infrangono nel disperato desiderio di comunicare e di
confessare. Colpa ed espiazione sono tuttavia i momenti di una sconfitta che non ha catarsi. Il prezzo della resa finale
conferisce ai protagonisti di Poe se non certo una grandezza morale, un’intensità di dolore e sofferenza che li riscatta
da quanto essi hanno di disumano.

Anche in The Tell Tale Heart, ricordiamo che, sul punto di uccidere il vecchio, l’assassino dice : I knew it was the
groan of mortal terror. It was not a groan of pain or of grief --oh, no! --it was the low stifled sound that arises from the
bottom of the soul when overcharged with awe.

L’orrore è il paradossale legame che, anche se per un istante, affratella sia l’assassino che la vittima. L’elemento
sensazionale caratteristico della produzione poesca (riapparizioni della tomba secondo l’archetipo del revenant) è un
modo per la contemplazione e rivelazione di una verità psicologica tormentosa e abnorme che spesso assume i
caratteri della dimensione dell’incubo e dell’orrore. Efferate crudeltà, sadismo, violenze gratuite, smembramento di
corpi e persone, immagini di putrefazione e morte, oltre ad urgenti detrazioni masochistiche perchè i personaggi di
Poe sono animati da una sete di auto punizione (self torture). è difficile dunque in Poe separar l’errore che deriva da
fuori, rispetto a quello che è insito nella natura umana. Forse parte della grandezza deriva dalla superba
interpenetrazione di elementi soggettivi ed oggettivi. La disintegrazione della psiche che molti considerano il tema
ossessivo, principe, dominante che caratterizza Poe diventa in ultima analisi l’incontro con un altrove inspiegabile
alla coscienza stessa del protagonista.

STEVENSON

Alla fine dell’Ottocento, è soprattutto in Inghilterra che si aprono le strade che poi verranno percorse dal fantastico
nel Novecento. è proprio in questo periodo infatti che si caratterizza in Uk uno scrittore raffinato che però ama
travestirsi in maniera straordinaria. Come diceva Calvino, Stevenson sa coniugare il divertimento del narratore
popolare e la tecnica raffinata del mestiere di scrittore, tipicamente artigianale. Non c’è sapienza artistica che valga se
non si coniugano questi due caratteri. Stevenson fra i suoi scrittori preferiti citava sempre Dumas.

Tra i suoi scritti abbiamo romanzi d’avventura, racconti fantastici… Sviluppa due archetipi: uno circa il viaggio e
quello del doppio. L’immaginazione astratta del romanzo d’avventura è potenziata in Stevenson da uno stile terso,
senza digressioni, compatto, nitido e preciso.
La sua vita fu segnata dalla tubercolosi che fin da piccolo lo costrinse a lunghe degenze allevate dai racconti di
folklore scozzese che gli faceva la sua amata nanny. Inoltre quando cresce è costretto a continui viaggi e spostamenti
lontano dalla fredda Edimburgo alla ricerca di climi più favorevoli (Francia, Stati Uniti, Isole dell’Oceano Pacifico).
Bisogna anche tener presente della cultura calvinista dell’ambiente scozzese dalla quale cercò, invano, di sottrarsi.
Infine la passione per i viaggi intrapresi sia per ragioni di salute, ma anche per spirito di avventura.

Stevenson era figlio unico, di un ingegnere civile specializzato nella costruzione di fari. Cresce in un ambiente colto
di Edimburgo. La madre era figlia di un pastore presbiteriano. Di costituzione debole, salute precarissima che lo
costringono a trascorrere l’infanzia in solitudine. A otto anni, la tisi ne mette a rischio la vita e ne segna per sempre il
destino. Fu forse proprio la malattia ad aver alimentato in Stevenson la propensione ad isolarsi in un mondo
immaginarlo e ad alimentare quell’amore per la vita avventurosa che non lo abbandonò mai.

Le parabole bibliche e le truci leggende del folklore scozzese ascoltate dalla bambinaia durante i periodi di degenza,
sono il primo apprendistato artistico. Cresce ribelle e anticonformista rispetto al clima autoritario della famiglia, si
rifiuta di seguire la professione del padre e del nonno per il suo stato di salute, ma soprattutto per il prepotente
emergere della vocazione letteraria. Segue senza convinzione gli studi di legge, l’unica facoltà vicino a Lettere. Si
laurea, ma non esercitò mai la professione. Cresciuto divenne ateo e libertino. Nel 1896 si innamorò di un’americana
già sposata che aveva due figli, più grandi di lui, Fanny Van de Grift. Decise di seguirla in America, viaggiando in
terza classe in condizioni terribili, partendo da Liverpool. Arrivato in California, lei divorziò, si sposarono e
trascorsero la luna di miele in una miniera. Dopo la riconciliazione con il padre che ovviamente non approvava la

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relazione e il conseguente ritorno in Scozia, raggiunse una certa notorietà come scrittore e un certo benessere
economico. Dopo la morte del padre, si imbarca per un lungo viaggio che l’avrebbe portato a stabilirsi con la famiglia
a Upolu (la maggiore delle isole della Samoa) dove oggi è sepolto. La vita dei mari del sud vede da un lato il continuo
della sua attività artistica e un costante impegno nella conoscenza degli indigeni e delle loro tradizioni (spesso li
paragonava agli scozzesi). Si impegnò nella difesa dei diritti contro i soprusi dei bianchi, inoltre prendeva lezioni di
lingue da un abitante del posto. Condusse dunque una vita tranquilla infine, circondato dall’amore e dal rispetto degli
indigeni che vedevano in lui il “Narratore di storie”, tusitala. Quando morì improvvisamente per un'emorragia
cerebrale, fu celebrato con onoranze funebri.

Inizia la carriera letteraria come autore di resoconti di viaggio di tipo autobiografico ( tra cui The silverado
squatters sulla sua luna di miele; Travel with a donkey in the Cevennes...) nei quali si dimostra vicino alla teoria
estetica di ** , al nascente simbolismo, all’influsso della grande prosa francese e alla limpidezza linguistica dei classi.
Il 1882 è l’anno in cui raggiunse la fama con quello che è ritenuto un perfetto romanzo d’avventura: Treasure Island.
Qui dà forma classica e dimensione mitica all’antico tema del tesoro sepolto e delle dimensioni di un’adolescenza.
Così come in Markheim, si affaccia il tema del doppio. C’è infatti un rapporto odio-amore tra Jim, un ragazzino e il
pirata Long John Silver. Seguirono anni in cui, malgrado la malattia e i frequenti anni la sua attività artistica fu
vastissima. Il 1886 è l’anno in cui esce Strange Case of Doctor Jekyll e Mr Hyde in cui la narrazione di un caso di
sdoppiamento della personalità assume un potente senso allegorico. Nello stesso anno la pubblicazione di Kidnapped,
Catriona nei quali all’ambientazione esotica di Treasure Island si sono sostituite le islands scozzesi, ma son sempre
romanzi d’avventura.
Nel 1888 esce The Black Arrow, un romanzo per ragazzi ambientato nell’epoca delle due rose.

L’anno dopo vede la pubblicazione di The Master of Ballantrae in cui ci sono due fratelli (anche qui torna il tema del
doppio). Di ambienti polinesiano gli ultimi racconti raccolti nel volume “The islands nights entertainments”).

Già nel giovane e inquieto Stevenson si affaccia già la seduzione dell’elemento satanico che costituisce l’essenza dei
suoi racconti, non solo quelli fantastici. Oltre a ciò, altri racconti segnano il passo verso quella scissione della
personalità. L’esempio più clamoroso in Jekyll e Mr Hyde. La problematicità sottesa a gran parte della produzione di
Stevenson è per gran parte correlata alla cultura calvinista. Non è infrequente il caso di autori che ritornano più volte
su certi temi; si può facilmente ipotizzare che ciò avvenga non per mancanza di fantasia, ma perchè questo teme è
così sentito ed urgente da non poter essere esaurito in un solo racconto. Questo è il caso di Stevenson che riprende
sovente il tema del doppio. Alla base di questa fantasia letteraria del doppio possiamo individuare la formazione
calvinista secondo la quale l’umanità si divideva in due categorie: da una parte gli uomini di fede destinati alla
salvezza, dagli altri quelli destinati alla dannazione eterna. Adolescente rifiuta quest’educazione e rigida mentalità,
così come rifiuta l’ipocrisia dei rispettabili gentiluomini vittoriani. Malgrado il rifiuto e il disprezzo per questa
materia l’atteggiamento è di suggestione e in parte di timore. è proprio da questa cultura calvinista che desume un
insieme di motivi tra i quali cimiteri e giardini spogli, la presenza delle streghe e dei diavoli… Queste figure nella
opera di Stevenson hanno la funzione specifica di portare i personaggi dinanzi a questioni ultime, aprendo in loro crisi
che impedisce la ricomposizione di un animo scisso e proietta il protagonista verso la follia e verso il suicidio. L’altro
aspetto strettamente correlato all’educazione presbiteriana, è l’interesse per la psicologia (soprattutto quella del
doppio) e per la tradizione romantica per l’interesse di Poe, Hoffmann, LeFanu. Stevenson scrive un saggio “A
chapters on dreams” prima dell’Interpretazioni dei sogni di Freud (1900). Il saggio di Stevenson traccia la genesi di
Doctor Jekyll e Mr Hyde e registra la sensazione di essere due persone in una, data una repressione così violenta.
Questo saggio, nato da un sogno, venne accoltò dalla Society for Psychical Research come un importante contributo
di psicologia sperimentale.
28/11 - XII LEZIONE

Stevenson

Con Stevenson, il fantastico riemerge negli ultimi decenni dell’Ottocento.


La sua biografia, sia artistica che umana, è condizionata dalla cultura calvinista che è alla base della sua formazione.
Quasi tutta la sua produzione è scandita da due forme archetipiche, quella del viaggio, esperienza che
contraddistingue anche la sua vita da malato (soffrì di Tisi ma questa non fu la causa della sua morte; morì di
un’emorragia celebrale) e la cultura calvinista che tanto aveva forgiato la sua esperienza dell’ambiente scozzese. Le
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prime opere sono una serie di resoconti di viaggi, come Travels with a Donkey in the Cèvennes; nel 1882 raggiunge la
fama con la pubblicazione di Treasure Island, a cui seguono tanti altri capolavori e nel 1886, successivo a Markheim
di due anni, arriva la pubblicazione di The strange case of Dr Jekyll and Mr Hide, in cui viene messo appunto questo
tema che gli era così caro e a cui ritornò, e non per mancanza di ispirazione, in molte altre sue opere, anche di
impianto realistico, per esempio The Master of Ballantrae.
Dobbiamo sempre tenere presente la sua formazione calvinista, dalla quale intese emanciparsi e ribellarsi ma che
comunque troviamo in tante sue opere. Da questo tipo di formazione, Stevenson dedicò un immaginario che soliamo
definire tipicamente gotico: solitari cimiteri isolati di campagna, gelide canoniche ecc...

L’altro aspetto del nucleo problematico stevensoniano (che però è strettamente collegato alla concezione calvinista
manichea della vita secondo la quale c’era una divisione netta tra chi era destinato alla salvezza e chi invece alla
dannazione eterna), l’altro archetipo su cui si innerva la sua produzione, è costituito da interessi psicologici, in
particolare per la psicologia del doppio. Fu Stevenson un cultore aggiornato della psicologia del suo tempo; si pensi al
saggio A chapter on dreams, in cui parla di folletti che presiedono la spiegazione di Dr jekyll and Mr Hide. Nel
saggio egli registra di essere due persone in una. Questo suo contributo sottolinea come tante opere fantastiche
(Frankenstein) la genesi onirica. Tale testo venne consideato un importante contributo da Frederic William Henry
Myers, uno dei membri fondatori della Society for Psychical Research, società costituita a Londra.

La componente dell’interesse per il doppio è anche radicata nella memoria delle leggende edimburghesi, nelle quali
questa visione doppia rinvia all’intrinsecamente duplice visione calvinista. Una di queste leggende è quella di Deacon
Brodie, protagonista dell’omonimo play teatrale che Stevenson a William Ernest Henley scrisse nel 1868, agli inizi
della sua carriera letteraria. William Brody era un uomo realmente vissuto a Edimburgo nel Settecento. Conduceva
una vita doppia; di giorno svolgeva le rispettabili funzioni di diacono e di notte era a capo di una banda di ladri.
Quando fu scoperto venne giustiziato. Deacon Brody è l’archetipo diretto di Jekyll. All’influsso del calvinismo
scozzese si accompagnano tutto un insieme di storie piuttosto fosche della Scozia popolare in cui oltretutto è
comunissima la figura del fantasma, di un doppio per eccellenza.

Si parla di fetch (apparizione soprannaturale) ed è, secondo la mitologia celtica, il doppio che gli uomini vedono un
istante prima di morire. Un altro testo di riferimento importante è il romanzo di un altro conterraneo scozzese, James
Hogg, dal titolo The Private Memoirs and Confessions of a 3Justified Sinner, del 1824.

Questo è un altro romanzo a cui Stevenson guarda. Il sinner (l’omicida del titolo) del titolo è guidato da una sorta di
doppio diabolico, c’è un processo di deresponsabilizzazione dell’individuo.

Un impulso decisivo ad approfondire la tematica del doppio, in cui viene messo in crisi lo statuto del soggetto, venne
a Stevenson dalla lettura della prima traduzione del romanzo Delitto e castigo, Crime and Punishment, del 1866 di
Dostoevskij.

Il protagonista, Raskòl’nikov, è un giovane studente, che uccide una vecchia usuraia (→ tema del denaro molto
insisito) per derubarla al fine di potersi finanziare gli studi, sistemare la madre e la sorella che altrimenti sarebbe
costretto a contrarre un matrimonio di interesse con un vecchio laido. Sopraggiunge poi inaspettatamente sulla scena
del delitto, la sorella di questa usuraia, e Raskòl’nikov, suo malgrado, è costretto ad un secondo omicidio.

Come anche possiamo notare in Markheim, dopo il delitto, la paura si impadronisce di lui e Raskòl’nikov, schiacciato
dal peso di questo duplice delitto, finisce per confessare la colpa ad una giovane prostituta; verrà condannato ai lavori
forzati in Siberia. Il romanzo colpì tantissimo Stevenson, oltre che per la tematica, per la mirabile analisi psicologica.
Inoltre, il libro riflette le idee filosofiche allora dominanti: l’umanitarismo di Marx (si può affermare che
Raskòl’nikov uccide la vecchia per denaro che egli considera incamerato, sottratto in modo ignobile e quindi si sente
legittimato a derubarla per farne un uso migliore) e del messianismo russo.

Markheim

3 Justified va inteso come eletto, non come giustificato.

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È un racconto estremamente breve, molto serrato, al cui centro vi è un delitto che sfocerà, in modalità diverse ma per
alcuni versi analoghe a quelle di Poe, nella spontanea confessione dell’omicida.

Markheim è un vero e proprio concentrato della lettura di Delitto e Castigo che tanto colpì Stevenson. Anche questa È
una storia di un delitto che cerca una giustificazione e che però non sfugge alla meritata punizione. Markheim viene
scritto nel 1884, precede di due anni Jekyll. Venne pubblicato originariamente nella Pall Mall Gazette e
successivamente nella raccolta The Merry Men and Other Tales and Fables del 1887.

Tutto il racconto è giocato su una trama iniziale di magistrale suspense. Si presenta, quasi nettamente, diviso in due
parti; la prima, il cui culmine è il delitto, e una seconda che vede il dialogo tra il protagonista, Markheim e il suo
doppio che in questa parte innesca una serie di riflessioni di carattere esistenziale e morale.

È interessante notare che anche qui, come spesso accadde nei racconti, in Inghilterra, ma anche altrove, la dimensione
fantastica soprannaturale coesiste con notazioni di quotidianità, di sordido realismo. Il racconto è ambientato nello
spazio claustrofobico di una bottega cittadina di Londra, il cui interno viene descritto minutamente. È un racconto che
ha un disegno lineare, rapido, tagliente e tutto sembra essere teso ad un fine.

Il lettore ascolta una conversazione che inizia in medias res. Il racconto si apre appunto con questa conversazione
iniziata prima del suo arrivo sulla scena tra Markheim e il suo interlocutore, che non ha nome, durante la vigilia di
natale.

“Yes” said the dealer, ‘our windfalls are of various kinds. Some customers are ignorant, and then I touch a dividend
on my superior knowledge. Some are dishonest,’ and here he held up the candle, so that the light fell strongly on his
visitor, ‘and in that case,’ he continued, ‘I profit by my virtue.’

Markheim had but just entered from the daylight streets, and his eyes had not yet grown familiar with the mingled
shine and darkness in the shop. At these pointed words, and before the near presence of the flame, he blinked
painfully and looked aside.

The dealer chuckled. ‘You come to me on Christmas Day,’ he resumed, ‘when you know that I am alone in my house,
put up my shutters, and make a point of refusing business. Well, you will have to pay for that; you will have to pay for
my loss of time, when I should be balancing my books; you will have to pay, besides, for a kind of manner that I
remark in you to-day very strongly.

- “… he blinked painfully” → è una persona sensibile e tormentata. Analogia con Poe, di cui anche Stevenson
fu un grandissimo e entusiasta ammiratore. Scrisse anche un breve saggio su di lui.

L’incipit contiene già una serie di motivi interessanti. Tutta la suggestione drammatica del racconto deriva dal punto
di visto con cui è raccontata, quello di Markheim. Stevenson mette a fuco la coscienza del narratore interno, che è un
killer. Il lettore è portato a vedere la vittima predestinata attraverso i suoi occhi; questo fa si che il lettore diventi quasi
“complice” del crimine, portandolo a considerare Markheim un “unwilling sinner”, nel senso che lui uccide quasi in
modo riluttante, non perché non ne possa fare a meno.

Queste poche battute del dialogo iniziale già definiscono il personaggio della vittima, definiscono la desolazione che
per Stevenson era inconcepibile, lo squallore di una vita scandita dalla sola logica del profitto e del denaro. Il dealer è
un avaro, un misantropo, una persona per cui il Natale sembra essere un giorno come un altro.

Si noti il linguaggio pragmatico, affaristico, “pay” “profit” “divident” “business” che sottolineano l’avidità e
l’egoismo del personaggio.

Questo breve passaggio getta tuttavia una luce ambigua anche su lo stesso Markheim.

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Quando il dealer aggiunge: “when a customer cannot look me in the eye, he has to pay for it.” sembra chiaro che
questa volta, Markheim non è entrato nella bottega per concludere un affare, come forse in precedenza, ma sono
indicazione di come lui possa avere qualcosa di malvagio in mente.

L’atteggiamento di Markheim verso questo rapace bottegaio oscilla tra sentimenti di infinity pity e horror. Il vecchio,
un uomo pragmatico, senza immaginazione, senza cuore, esasperano Markheim.

Incalzato dall’uomo che vuole concludere la vendita, Markheim precisa di essere venuto per comprare un regalo.

And the little pale, round-shouldered dealer stood almost on tip-toe, looking over the top of his gold spectacles, and
nodding his head with every mark of disbelief. Markheim returned his gaze with one of infinite pity, and a touch of
horror.

‘This time,’ said he, ‘you are in error. I have not come to sell, but to buy. I have no curios to dispose of; my uncle’s
cabinet is bare to the wainscot; even were it still intact, I have done well on the Stock Exchange, and should more
likely add to it than otherwise, and my errand to-day is simplicity itself.

I seek a Christmas present for a lady,’ he continued, waxing more fluent as he struck into the speech he had
prepared; ‘and certainly I owe you every excuse for thus disturbing you upon so small a matter. But the thing was
neglected yesterday; I must produce my little compliment (regalo) at dinner; and, as you very well know, a rich
marriage is not a thing to be neglected.’

Questo brano può suggerire che nella personalità di Markheim ci sono aspetti poco nobili, poco lusinghieri: sembra
voglia sposarsi per motivi di mero interesse più che per amore, dal momento che pensa “, a rich marriage is not a
thing to be neglected”.
Ciò che precipita l’azione e l’inaspettata furia omicida in un crescendo di tensione è lo specchio da toletta che è
invitato ad acquistare.

‘A glass,’ he said hoarsely, and then paused, and repeated it more clearly. ‘A glass? For Christmas? Surely not?’
‘And why not?’ cried the dealer. ‘Why not a glass?’
Markheim was looking upon him with an indefinable expression. ‘You ask me why not?’ he said. ‘Why, look here —
look in it — look at yourself! Do you like to see it? No! nor I— nor any man.’
The little man had jumped back when Markheim had so suddenly confronted him with the mirror; but now,
perceiving there was nothing worse on hand, he chuckled. ‘Your future lady, sir, must be pretty hard favoured,’ said
he.
‘I ask you,’ said Markheim, ‘for a Christmas present, and you give me this — this damned reminder of years, and
sins and follies — this hand-conscience! Did you mean it? Had you a thought in your mind? Tell me. It will be
better for you if you do. Come, tell me about yourself. I hazard a guess now, that you are in secret a very charitable
man?’
ANALISI BRANO

Guardando lo specchio vengono fuori i peccati secondo la concezione calvinista. L’incomprensione abbastanza
stupida del mercante dei motivi che spingono Markheim a rifiutare lo specchio (egli pensa che si tratti di mera vanità
e perché la donna sia brutta) esasperano ulteriormente Markheim. L’angoscia e l’orrore suscitati dallo specchio
derivano dal fatto che è evidentemente il simbolo della coscienza, il doppio. Lo specchio è sia uno strumento di
autorivelazione e riconoscimento, sia uno strumento di verità. In questo senso è il correlativo oggettivo dell’anima
colpevole e tormentata di Markheim; è qualcosa che lo rende consapevole del suo passato, dei suoi errori e del suo
peccato, oltre che della sua mortalità. Segue poi uno scambio che definisce in modo ancora più chiaro la natura
egoista del dealer: un uomo avaro, avido, incapace di amare come il dickensiano Ebenezer Scrooge (Christmas Carol,
1843) che è l’archetipo dell’avaro, del misantropo. Come Scrooge, è un uomo che non ha mai vissuto o amato, ma ha
consacrato tutta la sua esistenza ad accumulare denaro. Si presenta chiuso a qualsiasi sollecitazione sentimentale: no
all’amore, sì al denaro. Organizzazione utilitaristica e rapace dell’esistenza.

53
LETTURA BRANO

‘What are you driving at?’ the dealer asked.

‘Not charitable?’ returned the other, gloomily. Not charitable; not pious; not scrupulous; unloving, unbeloved; a
hand to get money, a safe (cassaforte) to keep it. Is that all? Dear God, man, is that all?’

ANALISI BRANO

È interessente Come A Christmas Carol, anche Markheim è una storia natalizia che venne pubblicata (prima di essere
inclusa nella raccolta di racconti The Merry Men and Other Tales and Fables, uscì per il numero natalizio della rivista
The Broken Shaft secondo una convenzione (abbastanza insolita) tipicamente vittoriana che voleva che si
raccontassero storie di fantasmi alla vigilia di Natale. Il testo di Stevenson nega il prototipo dal momento che nella
visione ben più cupa e pessimistica di Stevenson non c’è redenzione (alla fine anche l’orrido Scrooge viene redento
invece). Qui vediamo come il dealer mostri un totale disprezzo per i sentimenti, bollandoli come non-sense.

LETTURA BRANO

Ah, have you been in love? Tell me about that.’‘I,’ cried the dealer. ‘I in love! I never had the time, nor have I the
time to-day for all this nonsense. Will you take the glass?’

ANALISI BRANO

La storia di Markheim non è quella di Scroodge, del misantropo che viene ricondotto al ravvedimento grazie
all’intervento degli spiriti che gli rivelano le occasioni non colte, aspirazioni della giovinezza perdute e che svelano la
sordità emotiva, l’avidità calcolatrice. Stevenson si era innamorato di una donna americana sposata e per inseguirla,
povero, viaggiò in terza classe in mezzo a poveracci alla ricerca di un lavoro migliore. Una volta arrivato a New
York, dovette raggiungere la California in treno in condizioni pietose. Il fatto che anche in questo caso, il dealer non è
sposato, come in Scrooge è significativo perché ribadisce ancora l’aridità emotiva e sentimentale dell’uomo e che ne
rafforza l’isolamento.

Egli rappresenta un atteggiamento da cui Stevenson rifuggiva da tutte le forze, cioè il rifiuto di ogni opportunità di
gioia, amore, avventura in favore dei valori legati alla stabilità, alla sicurezza, alla prudenza e all’accumulo. L’invito
disperato e angoscioso di Markheim a vivere, a cogliere il momento, il famoso carpe diem, rimangono del tutto
inascoltati.

LETTURA BRANO

‘Where is the hurry?’ returned Markheim. ‘It is very pleasant to stand here talking; and life is so short and insecure
that I would not hurry away from any pleasure — no, not even from so mild a one as this. We should rather cling,
cling to what little we can get, like a man at a cliff’s edge. Every second is a cliff, if you think upon it — a cliff a mile
high — high enough, if we fall, to dash us out of every feature of humanity. Hence it is best to talk pleasantly. Let us
talk of each other: why should we wear this mask? Let us be confidential. Who knows, we might become friends?’

ANALISI BRANO

Il dealer non capisce proprio Markheim e lo incalza invitandolo o ad andarsene o a comprare lo specchio. Markheim
finge di acconsentire, ma subito dopo lo accoltella nella schiena.

LETTURA BRANO

54
The dealer stooped once more, this time to replace the glass upon the shelf, his thin blond hair falling over his eyes as
he did so. Markheim moved a little nearer, with one hand in the pocket of his greatcoat; he drew himself up and filled
his lungs; at the same time many different emotions were depicted together on his face — terror, horror, and resolve,
fascination and a physical repulsion; and through a haggard lift of his upper lip, his teeth looked out.

This, perhaps, may suit,’ observed the dealer: and then, as he began to re-arise, Markheim bounded from behind
upon his victim. The long, skewerlike dagger flashed and fell. The dealer struggled like a hen, striking his temple on
the shelf, and then tumbled on the floor in a heap.

ANALISI BRANO

Da questo momento in poi il registro del racconto muta in modo radicale (va ricordato che strutturalmente il racconto
è diviso in due parti). Da questa iniziale atmosfera realistica, il movimento della narrazione diventa soprannaturale,
fantastico. Tutta l’azione viene interiorizzata, mentre gli elementi realistici sono ridotti al minimo indispensabile, per
esaltarne il tono simbolico. Questi elementi realistici sono: il ticchettio martellante degli orologi, il suono della
pioggia, gli specchi che riflettono il dealer. L’azione risulta interiorizzata e ci sono pochi elementi realistici che hanno
chiaramente una funzione simbolica. La prima parte del racconto è giocata nell’ambito di un’azione già preannunciata
ed è tutta imperniata sulla strategia della suspense, invece la seconda si apre ad una riflessione morale ad una
riflessione etica. Da un uomo come Markheim in perenne difficoltà finanziaria a causa dei debiti di gioco e dei debiti
contratti per la Borsa (altra allusione a Dostoevskij che era un giocatore d’azzardo compulsivo. Ha scritto anche un
racconto, “Il giocatore”) ci si aspetterebbe che, una volta arraffato il denaro, scappasse dal negozio e cercasse un
posto dove mettersi al sicuro. Questo, però, non accade. Dopo il delitto sembra che Markheim perda qualsiasi stimolo
ad agire. Lo vediamo entrare in una dimensione tutta mentale dove l’incubo si mescola ad allucinazione e il mondo
esterno viene deformato dal terrore e dal rimorso, fino a quindi trasformarsi in una sorta di oggettivizzazione della sua
coscienza. Questa infirmity of purpose (paralisi della volontà) richiama quella di Macbeth, dramma più cupo e
sanguinario di Shakespeare. Questa paralisi richiama quella di Macbeth dopo l’omicidio del buon e giusto re di
Scozia, Duncan, vilmente assassinato nel sonno mentre è ospite nel suo castello.

È con queste parole infatti che Lady Macbeth apostrofa il marito, spronandolo ad agire. L’omicida aspetta che si
compia il proprio castigo in una condizione di angosciosa suspense, in cui tutto l’ambiente esterno è
un’oggettivizzazione del suo senso di colpa. Rimasto solo nel negozio, full of shadows, pieno di ombre e specchi in
cui vede il proprio viso “ripetuto all’infinito come se fosse un’armata di spie”, Markheim comincia a rendersi conto di
quel che ha fatto. Gli occhi sono come una macchina da presa; si soffermano sulla pozza di sangue in cui giace il
cadavere della vittima. Come nel Macbeth shakespeariano, il racconto è l’analisi di un delitto ed è
contemporaneamente il ritratto di un’altra battaglia, quella che si combatte interamente nella coscienza dell’omicida.

LETTURA BRANO

From these fear-stricken rovings, Markheim’s eyes returned to the body of his victim, where it lay both humped and
sprawling, incredibly small and strangely meaner than in life. In these poor, miserly clothes, in that ungainly attitude,
the dealer lay like so much sawdust. Markheim had feared to see it, and, lo! it was nothing. And yet, as he gazed, this
bundle of old clothes and pool of blood began to find eloquent voices. There it must lie; there was none to work the
cunning hinges or direct the miracle of locomotion — there it must lie till it was found. Found! ay, and then? Then
would this dead flesh lift up a cry that would ring over England, and fill the world with the echoes of pursuit. Ay, dead
or not, this was still the enemy. ‘Time was that when the brains were out,’ he thought; and the first word struck into
his mind. Time, now that the deed was accomplished — time, which had closed for the victim, had become instant and
momentous for the slayer.

ANALISI BRANO

Cita nuovamente Macbeth (frase in grassetto), nel terzo atto dice: “The time has been that when the brains were out,
the man would die and there an end. But now they rise again, with twenty mortal murders on their crowns, and push
us from our stools”.

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I versi della tragedia a cui Stevenson si richiama, subito dopo che Macbeth, al famoso banchetto, vede il fantasma di
Banquo, ci fanno capire che, come Macbeth, anche Markheim, è ossessionato dalla possibilità che i morti ritornano.
Sono versi prolettici della fine.

Il ticchettio degli orologi per Markheim è insopportabile ed è anche presago di morte dal momento che ciò che è stato
fatto non può più essere revocato. Benchè colpevole, Markheim, è sicuro che Dio lo perdoni e capisca, come il
justified sinner di James Hogg, come Raskòl’nikov l’hybris di Markheim lo spinge a cercare giustificazioni per il
proprio delitto.

LETTURA BRANO

I was born and I have lived in a land of giants; giants have dragged me by the wrists since I was born out of my
mother — the giants of circumstance. And you would judge me by my acts! But can you not look within?

ANALISI BRANO

Viene espressa l’idea che i delitti non macchiano il carattere delle persone superiori; idea che attraversa ugualmente
tutto il romanzo di Dostoevskij che Stevenson lesse e apprezzò moltissimo. Il protagonista di Dostoevskij è un uomo
immensamente orgoglioso che disprezza la società (hird - gregge, massa). Dostoevskij esplora l’ideale napoleonico, la
teoria secondo la quale esistono alcuni uomini superiori che si collocano al di sopra della legge. Questa è pero un’idea
svilita dalla pochezza della vittima (usuraia) e dall’impresa del protagonista, a cui è estranea qualsiasi componente
nobile e eroica. Ci sono ulteriori parallelismi, in entrambe le opere la vittima è un vecchio usuraio che il protagonista
uccide senza sentirsi in colpa perché l’usuraia è vista come una parassita immorale, indegna di perdono perché capace
solo di succhiare la vita alle sue vittime.

5/12 - XIII LEZIONE

L’ansia di andare incontro al favore del pubblico, alimentando la narrazione con continui colpi di scena è un dato che
fu comune ad entrambi gli scrittori, inoltre comune è l’attenzione ai grandi temi morali e psicologici nei quali
Dostoevskij seppe dare espressione, fino a raggiungere profondità inaudite. In Dostoevskij l’interesse per la
psicologia criminale era nato in lui sin dalla traumatica esperienza della deportazione in Siberia per motivi politici
(aveva partecipato ad una congiura, la società venne scoperta) nel 1849 e in seguito fu condannato a morte. Lo zar
Nicola I decise di commutare la pena di morte in lavori forzati a tempo indeterminato, ma la revoca della pena
capitale fu sadicamente comunicata a Dostoevskij quando si trovava sul patibolo. Questo esercizio di sadismo creò in
Dostoevskij un forte stress psichico, quindi il trauma di questa mancata fucilazione è stata messa in relazione
all’insorgenza dell’epilessia di cui soffrì per tutta la vita. Freud nel saggio intitolato Dostoevskij e il parricidio mette
in relazione questo evento traumatico con l’insorgenza dell’epilessia poiché non c’era una base neurologica ma
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psichica. Descrivendo il progetto di Delitto e Castigo a proposito dell’interesse per la psicologia criminale
Dostoevskij scrive che si trattava di un resoconto psicologico di un delitto, come per tanti versi lo è il racconto di
Stevenson.

La tensione in Markheim raggiunge il culmine:

Terror of the people in the street sat down before his mind (assediava la sua mente) like a besieging army (esercito di
occupazione). It was impossible, he thought, but that some rumour of the struggle must have reached their ears and
set on edge their curiosity; and now, in all the neighbouring houses, he divined them sitting motionless (immobili)
and with uplifted ear (orecchie tese) — solitary people, condemned to spend Christmas dwelling (indugiando) alone
on memories of the past, and now startingly recalled (distolte) from that tender exercise; happy family parties struck
(cadute) into silence round the table, the mother still with raised finger: every degree (di rango) and age and humour,
but all, by their own hearths, prying and hearkening (ascoltavano) and weaving (tessendo) the rope that was to hang
him (che lo avrebbe impiccato). Sometimes it seemed to him he could not move too softly; the clink of the tall
Bohemian goblets rang out loudly like a bell; and alarmed by the bigness (volume) of the ticking, he was tempted to
stop the clocks. And then, again, with a swift transition of his terrors, the very silence of the place appeared a source
of peril, and a thing to strike and freeze the passer-by; and he would step more boldly (con più sicurezza), and bustle
aloud among the contents of the shop, and imitate, with elaborate bravado (ostentata disinvoltura), the movements of
a busy man at ease in his own house.
But he was now so pulled about by different alarms that, while one portion of his mind was still alert and cunning
(vigile), another trembled on the brink of lunacy (sull’orlo della follia).

È terrorizzato:

He beheld, in galloping defile, the dock, the prison, the gallows, and the black coffin.
(contemplava, in rapida successione, il banco degli imputati, la prigione, il patibolo, la bara nera)

E la sensazione di non essere solo e di essere scrutato da occhi invisibili viene comunicata anche qui attraverso una
rete di immagini di grande forza visiva:

One hallucination in particular took a strong hold on his credulity (aveva forte presa sulla sua credulità). The
neighbour hearkening (che ascoltava) with white face beside his window, the passer-by (passante) arrested by a
horrible surmise (congettura) on the pavement — these could at worst suspect, they could not know; through the brick
walls and shuttered windows only sounds could penetrate. But here, within the house, was he alone? He knew he was;
he had watched the servant set forth sweet-hearting, in her poor best, ‘out for the day’ written in every ribbon and
smile. Yes, he was alone, of course; and yet, in the bulk (vastità) of empty house above him, he could surely hear a stir
of delicate footing — he was surely conscious, inexplicably conscious of some presence. Ay, surely; to every room
and corner of the house his imagination followed it; and now it was a faceless thing, and yet had eyes to see with; and
again it was a shadow of himself. (concetto Junghiano di ombra)

Il tempo passa scandito dal ticchettio delle pendole del negozio ma la mente di Markheim è completamente
paralizzata dal terrore, si avvicina al corpo della vittima e la vista del cadavere lo riempie di nausea, lo porta indietro
ai tempi della fanciullezza, ormai perduta. Questa analessi produce un effetto di drammatica intensità ma il
pentimento non è ancora giunto a compimento :

At best, he felt a gleam of pity for one who had been endowed in vain with all those faculties that can make the world
a garden of enchantment, one who had never lived and who was now dead. But of penitence, no, not a tremor.

Il tempo diventa sempre di più una dimensione psicologica in un’orchestrazione paranoicale e persecutoria esaltata
non solo dal ticchettio degli orologi ma anche dal rumore della pioggia battente. Markheim alla fine si decide a salire
al piano superiore in cui si trova la casa del dealer e dove pensa sia nascosto il denaro. In quell’istante entra un
visitant nella stanza proprio mentre Markheim pensa ad un immagine spensierata che contrasta con l’atmosfera

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claustrofobica che pervade la scena del delitto. Lo vede arrivare proprio mentre immagina questa scena in cui domina
un’atmosfera ariosa:

church-going children and the pealing of the high organ; children afield, bathers by the brookside, ramblers on the
brambly common, kite-flyers in the windy and cloud-navigated sky;
(bambini che entravano in chiesa, il suono dell’organo a canne , abbini sul prato, a bagno nel ruscello, sparso su un
terreno desolato e pienoni rovi, aquiloni volanti nel cielo ventoso striato di nuvole)

Markheim in preda ad un’ansia crescente non sa bene cosa aspettarsi e alla presenza di questo visitant si chiede se sia
il morto che cammina, si domanda se siano le autorità giudiziarie pronte a consegnarlo al patibolo, ma il misterioso
visitant lo guarda in modo amichevole, as if in firendly recognition:

Fear held Markheim in a vice. What to expect he knew not, whether the dead man walking, or the official ministers of
human justice, or some chance witness blindly stumbling in to consign him to the gallows. But when a face was thrust
(si cacciò) into the aperture, glanced (gettò uno sguardo) round the room, looked at him, nodded and smiled as if in
friendly recognition, and then withdrew again, and the door closed behind it, his fear broke loose from his control in
a hoarse cry. At the sound of this the visitant returned.

Quindi la descrizione di questa ombra misteriosa e familiare a un tempo, at time he thought he knew him, e che
tuttavia sembra ai suoi occhi essere una presenza sovrannaturale, this thing was not of the Earth and not of God, rivela
che quindi si tratta del doppio di Markheim e il visitant si materializza nella storia come una sorta di Deus ex
machina. Il termine che deriva dal teatro greco: quando era necessario far intervenire un Dio sulla scena, l’attore che
lo interpretava si posizionava in una sorta di rudimentale gru in legno, manovrata da un sistema di funi chiamata
mechané. In questo modo l’attore veniva fatto scendere dall’alto, simulando l’intervento di Dio che cala
improvvisamente dal cielo. Quindi letteralmente l’espressione Deus ex machina sigifica Dio che viene dalla
macchina. Sempre nel teatro greco si ricorreva a questo intervento per risolvere una situazione intricata senza via di
uscita, il significato si è ampliato verso qualsiasi soluzione che non presti il dovuto riguardo alla logica interna del
racconto e che viene usata dall’autore per finire la storia in un modo voluto. Ed è proprio quello che fa Stevenson
ricorrendo a questo personaggio misterioso e per metà soprannaturale. Questo visitant è quindi un doppelgänger di
Markheim, nel testo viene definito Markheim second-self e il confronto fra i due che segue è strutturato come se fosse
una sorta di dibattimento di carattere morale.
Questo visitant è una sorta di doppio malefico di Markheim che lo spinge a commettere il male ma al tempo stesso
essendo espressione della coscienza colpevole di Markheim finisce per essere l’agente catalizzatore nel processo di
pentimento. Il visitant, che sembra cnscere bene Markheim passa in rassegna la sua vita, il suo passato, le motivazioni
dietro i suoi comportamenti:

‘You know me?’ cried the murderer.


The visitor (visitatore) smiled. ‘You have long been a favourite of mine,’ he said; ‘and I have long observed and often
sought to help you.’
‘What are you?’ cried Markheim: ‘the devil?’

Quindi la voce della sua coscienza è uno specchio dove Markheim guarda dentro sé stesso e nona caso gli appare
come un demone malvagio, un doppio persecutorio che in qualche modo ne usurpa le funzioni e lo costringe ad
affrontare la verità:

‘Know me!’ cried Markheim. ‘Who can do so? My life is but a travesty (parodia) and slander (calunnia) on myself. I
have lived to belie (contraffare) my nature. All men do; all men are better than this disguise (maschera) that grows
about (che cresce loro attorno) and stifles (soffoca) them.

Sulle prime egli tenta di giustificare la propria condotta e dice:

I was a bond-slave to poverty driven and scourged. […] I had a thirst of pelasure.
(ero uno schiavo della povertà, picchiato e frustato. […] avevo sete di piacere.)

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Ma tutti i pretesti che Markhiem adduce in sua difesa e come attenuante dei suoi misteriosi trascorsi vengono derisi
dai prestanti argomenti del suo alter ego, che gli fa capire che non cambierà mai costringendolo ad aprire gli occhi e
vedersi per quello che è:

‘It is true,’ said Markheim; ‘and I see clearly what remains for me by way of duty (cosa mi rimane sulla strada del
dovere). I thank you for these lessons from my soul; my eyes are opened, and I behold myself at last for what I am.’

Quando poi suona il campanello annunciando il ritorno della cameriera questo visitant, gli ordina di ucciderla,
saccheggiare la casa e mettersi in salvo. Ma Markheim scende le scale, pesa al suo passato, alla sua vita che ora gli
appare una battaglia perduta, a scene of defeat. Giunto sulla soglia accoglie la cameriera con qualcosa che assomiglia
ad un sorriso e le dice di andare dalla polizia e che ha ucciso il suo padrone:

He opened the door and went downstairs very slowly, thinking to himself. His past went soberly before him (gli
scorreva davanti lentamente); he beheld it as it was, ugly and strenuous like a dream, random as chance-medley (un
intreccio casuale) — a scene of defeat. Life, as he thus reviewed it, tempted him no longer; but on the further side he
perceived a quiet haven for his bark. He paused in the passage, and looked into the shop, where the candle still
burned by the dead body. It was strangely silent. Thoughts of the dealer swarmed into his mind (gli ronzarono nella
mente), as he stood gazing (si fermò a contemplarlo). And then the bell once more broke out into impatient clamour.
He confronted the maid upon the threshold with something like a smile.
‘You had better go for the police,’ said he: ‘I have killed your master.’

Quindi Markheim si consegna alle autorità non nei modi enfatici ed auto-accusatori dei due assassini dei racconti di
Poe, invece Stevenson desume da Dostoevskij l’idea della confessione. Benché ci siano molte analogie tra i due non si
può parlare di un’opera di mera derivazione, l’epilogo contiene una nota autenticamente disperata e la pena per
omicidio era più severa in Inghilterra che in Russia: Raskol’nikov viene condannato per i suoi due delitti a 7 anni di
lavori forzati in Siberia, Markheim invece sarà impiccato. (Inoltre nell’epilogo si nota la predilezione quasi genetica
di Stevenson per il mare, c’è sempre tutta questa imagery legata al mare in tutta la sua opera, anche in questo racconto
cittadino ambientato nel cuore di Londra.)
Per Dostoevskij, a differenza che per Stevenson (retroterra calvinista, chiesa presbiteriana, pensiero della dannazione
eterna) il cristianesimo è una forza che in qualche modo preserva l’individuo mettendolo al riparo
dall’autodistruzione. Nella visione calvinista e ben più pessimista di Stevenson non c’è salvezza perché la natura è
intrinsecamente malvagia, e pertanto ogni tentativo di agire secondo principi virtuosi è comunque destinato al
fallimento.
Il motivo del doppio era centrale nella sua percezione della realtà, radicato in una concezione dualistica e questa
visione manichea fra le forze del bene e le forze del male. Il manicheismo è una confessione religiosa radicalmente
dualista, ci sono due principi, c’è una polarizzazione estrema: luce e tenebre e questi due principi, indipendenti e
contrapposti influiscono in ogni aspetto dell’esistenza e della condotta.
Come sarà in Dr Jekyll e Mr Hyde, anche il mondo di Markheim è un universo di nette divisioni morali. Le immagini
dominanti sono quelle della luce e dell’ombra e tuttavia la tensione psicologica con cui viene indagata l’anima ribelle
di Markheim, la sua audacia, il suo disprezzo per la morale, per le convenzioni correnti ma anche la sua fragilità e
disperazione consentirono a Stevenson di superare i limiti di un rigido e acritico manicheismo.
Questo è riprova del fatto che il motivo del doppio era per Stevenson prioritariamente uno strumento di indagine e
scavo interiore che gli consente di sondare le ambiguità delle motivazioni e anche la coesistenza nell’individuo di
spinte opposte.
È interessante notare che Markheim (viene detto nel testo) ha 36 anni, la stessa età di Stevenson all’epoca della
stesura del racconto; quindi siamo legittimati a pensare che Markheim sia una sorta di doppio di Stevenson che era
cresciuto, e aveva sofferto per questo, nell’ambito degli angusti confini dell’ambiente calvinista scozzese.
La sete di piacere di Markheim, thirst of pleasure e la disposizione psicologica nell’essere guidato dal caso e
dall’azzardo (fin dalle battute iniziali capiamo che frequenta la borsa) esprimono anche la fascinazione per la
trasgressione, che fu chiaramente di Stevenson, e insieme la scissione
dell’io come risultato della repressione esercitata dal moralismo vittoriano.
Stevenson sembra anticipare quella che Freud nel saggio Il Disagio della Civiltà nominerà la “divisione fra il
Principio del Piacere e il Principio della Realtà”.
Il primo ha come scopo la gratificazione immediata: evitare il dispiacere e procurare il piacere.

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Il secondo ha invece il fine di rinviare la gratificazione in funzione delle condizioni imposte dal mondo esterno.
Il Principio di Realtà nello sviluppo umano compare più tardi. Invece il Principio del Piacere caratterizza
completamente la vita infantile quando ha fame o bisogno di essere cambiato strilla perché non può differire questo
momento, non ne ha la capacità. Questo perché il bambino per soddisfare i propri bisogni dipende completamente
dall’accadimento di un adulto. Strilla perché non può sfuggire all’aumento di tensione che viene determinato
dall’aumento di bisogno di essere accudito. Il bambino non ammette rinvii o dilazioni, non può fare altrimenti.
Invece l’adulto che desidera qualcosa impara a negoziare con il mondo esterno e ad aspettare.
La divisione fra il Principio del Piacere e Principio della Realtà viene ripreso in Dr. Jekyll and Mr. Hyde nella storia
di crimini e colpe segrete di un rispettabile membro della società vittoriana. Attraverso la pozione creata per liberare
la sua parte malvagia, il Dr. Jekyll si può trasformare in un essere completamente dimentico dei limiti, delle
restrizioni dei codici sociali e morali, e indulgere nel principio del piacere, in piaceri proibiti perfino sadici, ivi inclusi
l’assassinio, perché il suo imperativo è quello di fare ciò che fa piacere e non subordinarlo a ciò che è necessario o è
bene fare come ad esempio fa uno dei personaggi di questo racconto, il legale Aterson che mortifica i suoi desideri,
anche quelli più innocenti, ad esempio a lui piace il vino e sente il bisogno di mortificare questo piacere bevendo Gin,
per auto mortificarsi.
Markheim è un racconto rivoluzionario non solo per l’idea dell’io diviso ma anche per l’implicita affermazione che
bene e male non possono essere separati in quanto parte indissolubile della natura umana. Il fatalismo di Markheim
che alla fine si consegna alla polizia può anche essere visto come una metafora espressiva del comportamento umano,
il rifiuto di ogni facile rassicurazione, il rifiuto dei valori cristiani, in poche parole Stevenson trasforma un racconto
allegorico in un’indagine psicologica dei motivi imperscrutabili che portano il soggetto all’autodistruzione e potremo
interpretare questo atteggiamento di Markheim come una sorta di codice proto-esistenzialista , un codice di coraggio
ma anche fatalismo che presuppone l’esistenza di un universo di fatto senza senso e sicuramente senza fede perché a
soccorrere Markheim non c‘è un cristianesimo messianico di Dostoevskij che in una certa misura sembra anticipare la
poetica dell’assurdo di Camus o Kafka.

OSCAR WILDE

L’opera di Oscar Wilde che fu un arguto conversatore, un sottilissimo polemista è completamente inseparabile dalla
sua vita. Questo scrittore non solo predicò l’estetismo nelle forme energiche che gli erano proprie ma volle vivere
tutta la propria vita come se fosse un’opera d’arte. La sua infatti fu una vicenda ancorata alla modalità dell’apparire,
un’ avventura iscritta nel segno della seduzione, della provocazione anche sessuale e dell’artificio.
La figura dell’artista è soppiantata dalla figura di colui che non ha più bisogno dell’arte perché pienamente estetica è
la sua vita. Una vita all’insegna del rigore dell’opera d’arte nel rispetto delle sue forme, delle sue convenzioni e per la
quale vale l’assurdo che stile e senso dell’esistenza sono perfettamente convertibili.
Esibizionista istrionico fin dagli esordi, fin da quando era uno studente a Oxford dove studia classici, latino e greco
laureandosi brillantemente; la tendenza a fare l’istrione e ad assumere anche nella vita atteggiamenti esageratamente
teatrali, a fare insomma il commediante; non solo praticò l’estetismo nelle forme vitali (bisogna ricordare che era
Irlandese “I’m Irish, not English which is quite a different thing”) essendo molto lontano dal preziosismo di Walter
Pater che fu suo maestro, di cui condivise la poetica dell’Art for Art’s Sake, ma volle vivere la sua vita come un’opera
d’arte. Quindi con Wilde l’arte cede il posto alla vita artistica, alla compiuta estetizzazione della sua vita e tutta l’arte
a questo punto finisce per essere compleatamente inutile ed inessenziale (anticipa le avanguardie di anni, come dice
nella prefazione di Dorian Gray: All art is quite useless).
“L’unico scrittore degli anni novanta che tutti hanno letto e leggono ancora era Irlandese”, definito così dal suo
maggior biografo Richard Ellmann.
Wilde si descrive così a Ellmann Francese di inclinazione, Irlandese di etnia e dice che gli inglesi lo hanno
condannato a parlare la lingua di Shakespeare.

BIOGRAFIA E OPERE

Nasce a Dublino nel 1854 in un ambiente colto e spregiudicato e come irlandese apparteneva alla sottospecie meglio
definita come Anglo-Irish (come LeFanu).
Era di Marrion Square, centro più conosciuto della upperclass filo-britannica e di tradizioni rigorosamente protestanti
in un paese dalla maggioranza cattolica. Quando cominciò a flirtare con il cattolicesimo ad Oxford un parente ricco lo

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diseredò e la conversione venne rinviata sul letto di morte. In realtà la sua fascinazione per il cattolicesimo era solo di
tipo estetico, amava i quadri, gli ornamenti ecc…
Il padre, William Wilde era un oculista illustre, medico curante della regina Vittoria, la madre Jane Francesca Elgie
che romanticamente amava accampare discendenti toscani, in gioventù aveva composto poesie e libelli
appassionatamente nazionalistici firmandosi in italiano Speranza.
Alla morte del marito si trasferisce a Londra aprendo un salotto letterario.
Dopo aver studiato al Trinity college di Dublino, baluardo della cultura protestante (i cattolici furono ammessi dopo
molto tempo), viene mandato ad Oxford e segue l’insegnamento di John Ruskin (autore di The Stones of Venice) e
soprattutto il suo maestro è Walter Pater di cui condivide la teoria dell’Arte per l’Arte. La conclusione dello studio sul
rinascimento di Pater, The Renaissance del 1873 secondo la quale il valore dell’arte si misura soprattutto
dall’intensità delle sensazioni che trasmette diventa una sorta di manifesto del nuovo edonismo anti-vittoriano. La
prosa elegante delle opere di Pater influenzò moltissimo Wilde ed un’intera generazione di intellettuali ed artisti
ansiosi di sottrarsi al moralismo imperante la critica artistica e letteraria vittoriana. A Oxford viene a contatto con il
cattolicesimo di Newman, fa colpo sui coetanei di prestigio sociale e compie con successo i primi esperimenti poetici.
L’anno stesso della prima laurea (1876) lo vede in italia, l’anno successivoin Grecia dove ritorna per la seconda
laurea e per il trionfo del più ambito premio poetico dell’università conquistato con il poema Ravenna.
Sotto l’influsso del Cardinal Newman si dedica ad una vita mondana di stravagante estetismo diventando la classica
figura del Dandy, segnalandosi per le pose bizzarre, per le eccelse qualità di conversatore argutissimo e raffinato, ma
anche per la pubblicazione dei suoi Poems nel 1881.
Il suo ingegno brillante, i suoi successi letterari, le sue pose eccentriche lo imposero come una delle personalità
dominanti nei circoli artistici e letterari e nei salotti mondani non solo inglesi ma anche francesi.
Wilde conosceva benissimo il francese e alternò sempre i suoi soggiorni fra Londra e Parigi con frequenti viaggi in
Italia, in Grecia e in Nord Africa.
Nel 1882 parte per gli Stati Uniti per tenere una serie di conferenze dove espone le teorie dell’estetismo e del
movimento preraffaellita ed anche lì dà prova di numerose eccentricità con grandissima soddisfazione degli
organizzatori del tour. Pare che appena sbarcato a New York avesse detto “I’ve nothing to declare but my genious”.
Nello stesso anno si traferisce a Parigi dove completa i suoi drammi romantici The Duchess of Padua e soprattutto
dove consolida la sua fama di genio del paradosso e genio della battuta brillante. A proposito del romanzo di Dickens
Old Curiosity Shop dice: “One would have to have a heart of stone to read the death of little Nell without dissolving
into tears...of laughter” facendosi gioco di tutto il sentimentalismo dei romanzi di Dickens; oppure “life is too much
important a thing have to talk seriously about it”; e “education is an admirable thing but is well to remember from
time to time that nothing that is worth knowing can be thought”.
Tornato a Londra nel 1884 si sposa con Constance Lloyd anche lei irlandese, ebbe due figli maschi, Cyril e Vivian
(amava questi figli che ad un certo punto della sua vita gli verranno tolti e saranno costretti a cambiare nome dopo lo
scandalo) e si dedica all’attività giornalistica.
Fra il 1887 e il 1889 dirige una rivista di moda The Woman’s World e verso la fine degli anni 80 rivela il suo talento
letterario. Scrive una serie di meravigliosi racconti, quasi tutti per i suoi bambini: The Happy Prince and Other Tales,
The Canterville Ghost, Lord Arthur Saville’s Crime, The Modern Millionaire, A house of Pomegranates e The
Portrait of Mister W.H.
12/12 - XIV LEZIONE

Wilde si sposa con Costance Lloyd da cui ha due figli, per i quali scrive per altro numerosissime fiabe.
Nel 1891 esce l’unico scandaloso romanzo di Oscar Wilde, The picture of Dorian Gray, che racconta le vicissitudini
di un dandy che vive proprio come lui, che vuole vivere la sua vita come un’opera d’arte. È un’opera intrisa di
elementi gotici (ritratto, sanguinante e ripugnante, che diventa la coscienza).
Dello stesso anno è anche The soul of man under socialism, opera saggistica ispirata alle idee soprattutto di John
Ruskin, la massima autorità accademica in fatto di storia dell’arte e William Morris. In questo essay, Wilde afferma
l’importanza dell’individualismo e di un’idea che gli stava molto a cuore, ovvero quella della libertà assoluta
dell’artista.
Scrivere romanzi non fu sicuramente l’interessa primario di Wilde, che invece si distinse per le sue briose,
spumeggianti e intelligentissime commedie, scritte in un brevissimo arco di anni, tra il 1892 e il 1895, tra cui Lady
Windermere’s fan, A woman of no importance e il suo capolavoro, The importance of being Earnest.

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Wilde dette sicuramente il meglio di sé in queste commedie, da una parte ricollegate, per quanto riguarda la letteratura
inglese, alla tradizione della restaurazione, dall’altro ispirate alle commedie francesi. I dialoghi sono fitti di battute,
paradossi (di paradossi è anche intessuto The Canterville ghost).
Scrive anche Salomen nel 1891, originariamente in francese, censurata in Inghilterra per il contenuto così
esplicitamente perverso e scandaloso, e rappresentata a Parigi cinque anni dopo.
A Londra, Wilde, prima di cadere in disgrazia, occupa il posto dell’oracolo dell’avanguardia ed è contorniato da
giovani entusiasti che ne assumono le pose e gli atteggiamenti.
Continua la sua attività da articolista. Alcuni suoi contributi aprono gli orizzonti della critica inglese dell’ultimo ‘800.
Gli anni precedenti al 1890, segnano l’intensificarsi della sua attività creativa sino però ai casi giudiziari che
provocheranno un radicale voltafaccia da quel pubblico che tanto lo aveva idolatrato e amato sino alla follia.
Il tentativo di conciliare le istanze di ribellione, di sfida e mondanità (tentativo indubbiamente espresso nell’
atteggiamento abbastanza ambivalente di Wilde nei confronti della società vittoriana, società da una parte condannata
aspramente per il suo perbenismo e per la sua ipocrisia ma anche, dall’altra parte blandita e corteggiata) non poté
essere sostenuto a lungo.
Quando Wilde, sempre fedele a sé stesso, volle accentuare, radicalizzare, la sfida con l’ostentazione della sua
relazione pericolosa con Lord Douglas, da lui affettuosamente chiamato Bosie, quella stessa società che lo aveva così
tanto amato, gli fu violentemente contro. Lord Douglas era rampollo di una delle famiglie aristocratiche londinesi più
in vista, aveva studiato anche lui ad Oxford, era un atleta e anche un poeta. Tradusse la tragedia Salomè dal francese
all’inglese, un cupo dramma che Wilde compose espressamente per Sara Bernard, famosissima attrice. Il dramma non
poté essere messo in scena, sarà rappresentato dopo più di vent’anni rispetto la Francia; questo perché venne
rispolverata una vecchia legge che impediva categoricamente la rappresentazione di opere teatrali aventi personaggi
biblici come protagonisti.
La trama è ispirata alla figura di Salomè, figlia di Erodiade, la cui storia è riportata nei vangeli di Marco e Matteo. Per
compiacere il suo desiderio perverso, Erode ordinò la decapitazione del profeta Iokanaan (Giovanni Battista, nella
tradizione cristiana).
Come detto precedentemente, Wilde volle accentuare la sfida ma fu in realtà avventato e sottovalutò la trappola che
intanto gli stava segretamente tendendo il padre di Lord Bosie, il marchese di Queensberry, che lo aveva accusato di
atteggiarsi a sodomita.
Fu così che, Wilde, all’apice del suo successo teatrale, si impelagò in uno scandalo da cui non sarebbe più uscito
indenne. Al processo ci fu un clamoroso colpo di scena: Lord Queensberry da accusato si trasformò in accusatore e
pubblicamente denunciò Wilde di immoralità.
Wilde venne arrestato dopo due processi, venne condannato per omosessualità, dovette fare due anni di lavori forzati
nel carcere di Reading e venne ridotto sul lastrico.
In carcere riesaminò la sua triste parabola personale e d’artista, scrisse una lunga lettera a Bosie che sarà pubblicata
con il titolo postumo De profundis, edita parzialmente nel 1905.
Sempre dal carcere, manda al Daily Chronicle, un giornale dell’epoca, uno scritto di denuncia sul maltrattamento dei
bambini nel penitenziario.
Scontata la pena, Wilde esce di prigione nel 1897 ma completamente rovinato finanziariamente; in banca rotta.
A questo punto sceglie l’esilio volontario; l’anno seguente la scarcerazione, si trasferisce a Parigi e lì assume lo
pseudonimo di un suo illustre conterraneo, Sebastian Melmoth, in onore del protagonista di Melmoth the wanderer,
un romanzo gotico di Charles Robert Maturin, irlandese anche lui.
Ma di fatto non riuscì più a trovare l’ispirazione per continuare a lavorare.
Visitò Napoli, Capri e la Sicilia sempre assieme a Bosie. Nel 1898 muore la moglie e durante l’esilio a Parigi, scrive
la ballata del carcere di Reading.
Muore, tristemente, in miseria e in solitudine, a soli 44 anni per un attacco di meningite, dopo essersi convertito sul
letto di morte al cattolicesimo.
Il suo celebre aforisma sembra essere stato “At last I’m dying beyond my means” “Ahimè muoio al di sopra dei miei
mezzi”.
Per quanto riguarda Canterville ghost, quando Wilde scrive questo racconto, nel 1887, la ghost story, grazie alla fitta
presenza sul mercato editoriale e anche al successo di autori come Dickens, Wilkie Collins, Le Fanu, Stevenson, era
già un genere altamente codificato, popolarissimo, ben consolidato.
Wilde, fedele al suo spirito, non prende assolutamente sul serio la tradizione del soprannaturale e del fantastico che
reagisce ai lumi progressisti del razionalismo e del positivismo, non crede a questa letteratura popolata da fantasmi, di

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figure di doppio, villains, malvagi, presenze soprannaturali, demoni, vampiri venuti a turbare il mondo e il sonno dei
vivi.
Era pertanto forse inevitabile che Wilde, con il suo spirito irriverente, la sua meravigliosa ironia ma anche con la sua
educazione classica (si era laureato in lettere classiche), volesse scrivere una parodia, genere assai raffinato.
Parodia è un travestimento burlesco di un’opera d’arte, che può essere condotto a fini satirici, umoristici anche critici,
consistente, nel caso di opere di poesia, nel contraffare i versi, conservandone però le cadenze, le rime, il tessuto
sintattico, alcuni termini e nel caso per esempio di opere musicali, nel sostituire le parole del testo originario,
conservando intatto o con lievi modifiche il motivo.
In un’accezione più generica, meno restrittiva, per parodia si intende un’imitazione deliberata, con intento più o meno
caricaturale, dello stile caratteristico proprio di uno scrittore, realizzata inserendo nel testo parodico dei passi che ne
rievochino con immediatezza la maniera.
Per parodia intendiamo quindi un procedimento per cui si riprende e si rovescia completamente il senso, il contenuto
di un testo, imitandone però lo stile, con finalità comico-ironiche. Si tratta di una contraffazione caricaturale di un
componimento serio che viene deformato per esempio degradando, svilendo lo stato sociale dei personaggi,
modificando alcuni particolari significativi della vicenda, introducendo vistosi anacronismi e ricalcando con
distorsioni grottesche le battute più famose. Anche se non è facile darne una definizione univoca, la parodia in realtà
ha un’antichissima tradizione, è un genere estremamente flessibile e duttile, ed è presente in tutta la storia della
letteratura e del teatro comico.
Uno degli esempi più antichi è la Batracomiomachia, la guerra dei topi e delle rane; un poemetto giocoso che è
parodia dell’epica eroica.
Questo poemetto, che è una riscrittura, un rifacimento in chiave burlesca della gloriosa tradizione epica dell’Iliade,
venne recuperato, con analoga funzione, dal nostro Giacomo Leopardi in un poemetto satirico (molto spesso la
parodia può combaciare con la satira) dal nome Paralipomeni della Batracomiomachia, pubblicato nel 1842 a Parigi.
L’opera descrive in forma satirica e parodica il fallimento dei moti rivoluzionari in Italia, tra il 1820 e il 1821. È in
realtà un travestimento in chiave satirica di una vicenda drammatica. Leopardi raffigura sotto le fattezze di rane, topi e
granchi, i patrioti italiani, il potere borbonico e l’assolutismo austriaco.
In Inghilterra, nel ‘700, la parodia si afferma soprattutto con Henry Fielding, l’autore del picaresco The History of the
Adventures of Joseph Andrews and of his Friend Mr. Abraham Adams, del 1742.
Nell’opera, viene preso di mira il moralismo borghese e puritano di Samuel Richardson e in particolare, il suo più
celebre romanzo, Pamela.
In Fielding, che rappresenta la corrente ironica parodica del romanzo inglese, erede per altro di tutta questa tradizione
eroicomica, non c’è assolutamente traccia dello spirito puritano ma c’è una libertà di pensiero e un umorismo che,
come in Oscar Wilde, si fondano su una cospicua cultura classica.
Un altro segnale inequivocabile della grande diffusione e della popolarità del romanzo gotico, e quindi della
inevitabile trasformazione in uno stereotipo che non poteva non prestarsi ad un gioco così caricaturale, è quello di
Northanger Abbey di Jane Austen, testo del 1803.
La parodia consente di valorizzare nel trasformare quel genere che sembra ridicolizzare, e sul quale sorride,
costruendo un nuovo modello che supera quello precedente.
Wilde non prende affatto sul serio la tradizione della ghost story e del genere gotico. O meglio, si potrebbe dire che
attribuisce loro dei significati nuovi e li contamina, non solo con la parodia, ma con la satira, con la fiaba, con
l’universo fiabesco di cui riprende una serie di motivi e temi.
Il termine fiaba deriva dal latino fabula, che deriva dal verbo dire, raccontare.
In origine il termine fabula indicava una narrazione di storie, di fatti inventati, spesso di natura leggendaria o mitica.
Invece fiaba, nel significato di racconto, di discorso inverosimile, nel senso di frutto di immaginazione senza
un’aderenza agli accadimenti della realtà quotidiana, pura fandonia, si trova già anticamente contrapposta a discorso
sensato.
La fiaba disegna un racconto fantastico di origine popolare, di tradizione orale, in cui il meraviglioso e il magico, cioè
la presenza di fate, folletti, maghi, streghe, metamorfosi, hanno una parte predominante.
Il racconto di Wilde riprende e rinnova uno dei topos prediletti della letteratura fantastica, quello della haunted house,
della casa infestata dai fantasmi, che a partire dall’età classica, ha percorso un po’ tutta la letteratura occidentale.
Wilde rinnova questo antichissimo topos, che è presenta anche in Hoffman, però immediatamente infrange l’orizzonte
di aspettativa del lettore e dissolve anche l’inquietudine generata dalla ghost story, non appena l’american minister di
questo racconto rassicura Lord Canterville sulla sua intenzione di comperare Canterville Chase nonostante la presenza
di un fantasma.

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Non solo non ne è intimorito ma afferma di acquistarla di buon grado.

LETTURA BRANO

"My lord," answered the Minister, "I will take the furniture and the ghost at a valuation. I come from a modern
country, where we have everything that money can buy; and with all our spry young fellows painting the Old World
red, and carrying off your best actresses and prima-donnas, I reckon that if there were such a thing as a ghost in
Europe, we'd have it at home in a very short time in one of our public museums, or on the road as a show."

The Canterville ghost viene pubblicato sulla rivista The Court and Society Review nel febbraio del 1887 e in seguito,
nel 1891, appare nel volume intitolato Lord Arthur Savile’s crime and other stories, un’esilarante canzonatura
dell’imperturbabile classe dirigente inglese, assieme a The Sphinx without a secret e a The Model Millionaire .
Il racconto che da il titolo a questa raccolta, Lord Arthur Savile’s crime, è una brillante, ingegnosa, esilarante
canzonatura della cosiddetta imperturbabile classe dirigente inglese e, come The Canterville ghost, è caratterizzato da
un umorismo lieve ma al tempo stesso scanzonato, applicato alla società vittoriana in chiave di spregiudicatezza
paradossale.
Durante un ricevimento, un chiromante, tale Podgers, predice ad un giovane Lord, Lord Arthur, che prima o poi
ucciderà qualcuno. Lord Arthur cede in un primo momento allo sgomento ma ben presto riacquista la propria calma e
capisce che è suo dovere compiere il delitto prima di sposarsi con la fidanzata, Sybil Merton.
Nonostante tutti i suoi tentativi, Lord Arthur non riesce, per ben due volte, a portare a termine l’omicidio ma proprio
quando si decide oramai a rinunciare al suo proposito, durante una sera riconosce il chiromante che gli aveva predetto
che avrebbe ucciso qualcuno e prendendo coraggio, uccide proprio lui.
Lord Arthur, libero dal proprio destino, può sposare la sua amata.
Il gioco parodico è rivolto alla detective story, la cui struttura portante si basa sulla ricerca del colpevole. Ma anche
qui c’è una parodizzazione di altri generi, sia di opere come The lifted veil di Geroge Elliot che affronta il termine
della premonizione, sia di opere come il feuilleton che si risolvono con il lieto fine della storia.
Anche qui, come in Canterville ghost, notevoli sono la perfetta eleganza della prosa, il motteggio, il vivo gusto per il
paradosso, il sarcasmo acuminato però sempre offerto con inimitabile grazia e la satira ingentilita dalla meravigliosa
arguzia di Wilde.
In questo racconto, Wilde si rifà alla tradizione del gotico e del soprannaturale e sfrutta per fini comici e paradossali,
una galleria di personaggi che sono soliti essere associati con questo tipo di letteratura.
Come denuncia già il titolo, c’è un ghost che da tempo immemore infesta Canterville Chase, un’antica dimora piena
di passaggi segreti.
Altri elementi soprannaturali presenti sono quelli della macchia indelebile, di minacciosi sfrigolii, lo sferragliare di
catene, pesanti armature (che rimandano a una delle prime scene di The castle of Otranto) ci sono gemiti orribili che
giungono dal camposanto, burrascose tempeste, venti… sono presenti tutte le convinzioni, cliché e armamentario di
motivi, situazioni, personaggi del gotico e soprannaturale.
Sono tutti presenti ma vengono gioiosamente ridicolizzati, decostruiti, grazie alla verve comica di Wilde attraverso lo
scherzo, la beffa, lo scherno, a tratti dissacrante, denso di battute irresistibili.
Il riconoscimento del sistema parodico che costituisce il racconto, rende necessario che il lettore possegga una
conoscenza letteraria che gli permetta di mettere in relazione il racconto di Wilde, a quei testi che Wilde vuole
prendere in giro.
Il lettore deve avere una certa conoscenza che gli permetta di confrontare il racconto di Wilde con testi già conosciuti,
con convenzioni culturali relativi a questo genere del soprannaturale, già codificate.
In questo modo il lettore si forma un suo proprio sistema di attese e può al meglio apprezzare l’ironia, l’intento
parodico.
In the Canterville ghost, il disincanto, il sovvertimento delle normali aspettative del lettore, viene messo in atto sin
dalle prime battute e riguarda innanzitutto la figura del protagonista, uno spettro che non riesce più a far paura ad
eccezione che a vecchie zitelle, a duchesse dai nervi fragili o a giovani inesperte che credono alle sue performance di
vecchio attore oramai sulla via del declino.

LETTURA

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When, Mr. Hiram B. Otis, the American minister, bought Canterville Chase, every one told him he was doing a very
foolish thing, as there was no doubt at all that the place was haunted. Indeed Lord Canterville himself, who was a
man of the most punctilious honour, had felt it his duty to mention the fact to Mr. Otis, when they came to discuss
terms.
"We have not cared to live in the place ourselves," said Lord Canterville, "since my grand- aunt, the Dowager
Duchess of Bolton, was frightened into a fit, from which she never really recovered, by two skeleton hands being
placed on her shoulders as she was dressing for dinner, and I feet bound to tell you, Mr. Otis, that the ghost has been
seen by several living members of my family, as well as by the rector of the parish, the Rev. Augustus Dampier, who is
a fellow of King's College, Cambridge. After the unfortunate accident to the Duchess, none very little sleep at night,
in consequence of the mysterious noises that came of our younger servants would stay with us, and Lady Canterville
often got from the corridor and the library."

Questa atmosfera di suspense è immediatamente vanificata dall’inaspettato intervento dell’ambasciatore che


riconduce il mistero in una dimensione concreta, commerciale, replicando a queste osservazioni, in modo serafico e
imperturbabile con “si prenderà mobile e fantasma al prezzo stabilito”.
Infatti, l’azione del racconto ruota attorno agli esilaranti, ma falliti, tentativi di terrorizzare quelli che vengono definiti
degli “stramaledetti americani” al loro arrivo nella vecchia dimora.
Gli antagonisti di questa storia, caratterizzata da rovesciamenti ironici inaspettati e da clamorosi colpi di scena, sono
una famiglia di facoltosi e inguaribilmente pragmatici americani che, a partire dal capofamiglia, non solo si rifiutano
di prendere sul serio il povero fantasma, ma si divertono a giocargli tutta una serie di scherzetti che lo ridurranno K.O.
Il confronto fra testi diversi, implicito nel meccanismo interno della parodia, qui comprende la questione più ampia
del confronto-scontro tra l’America e la vecchia Europa, quel mondo che Henry James, negli stessi anni, andava
delineando nei suoi romanzi e racconti, e che è stato definito il cosiddetto “international theme”. Americano di
educazione ma di gusti europei, in James ha particolare rilievo il contrasto tra il vecchio e il nuovo mondo, con le loro
diverse tradizioni e il complesso rapporto tra presente e passato.
Un altro motivo, caratteristicamente jamesiano, è il confronto tra americani espatriati e aristocrazia europea, che
conserva il fascino di un’antica tradizione di un immenso patrimonio culturale che l’America evidentemente non
possiede ma che però, a differenza degli americani, è in una fase declinante, non ha il potere economico, ne possiede
l’inossidabile spirito pragmatico, pratico degli americani, né l’ottimismo.
Fedele a questo suo gusto per il paradosso, Wilde rovescia completamente questo rapporto. Qui i villains non sono,
come spesso in James, gli europei, ma per usare il titolo di un libro dell’umorista Mark Twain, the innocents of road.
L’originalità del racconto e l’autentica vena comica che lo pervade nella prima parte, consiste nel fatto che Wilde
decide di assumere il punto di vista del fantasma.
Un altro elemento originale della sua parodia è il rovesciamento puntuale delle aspettative del lettore cosicché il
fantasma diventa la vittima e coloro che vorrebbe spaventare diventano i suoi implacabile aggressori.
Non appena arrivati a Canterville Chase, una dimora in stile Tudor, non lontana da Ascott, famoso ippodromo, gli
Otis vengono accolti dalla vecchia governante, Mrs. Umney, che li invita ad accomodarsi nella libreria per prendere il
tea.

LETTURA

Standing on the steps to receive them was an old woman, neatly dressed in black silk, with a white cap and apron.
This was Mrs. Umney, the housekeeper, whom Mrs. Otis, at Lady Canterville's earnest request, had consented to keep
on in her former position. She made them each a low curtsey as they alighted, and said in a quaint, old-fashioned
manner, "I bid you welcome to Canterville Chase." Following her, they passed through the fine Tudor hall into the
library, a tong, low room, paneled in black oak, at the end of which was a large stained- glass window. Here they
found tea laid out for them, and, after taking off their wraps, they sat down and began to look round, while Mrs.
Umney waited on them.

Immediatamente, l’occhio vigile di Mrs. Otis nota con disappunto una macchia color rosso cupo sul pavimento e
chiede a Mrs. Umney di farla sparire.

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Nell brano che segue, possiamo leggere la descrizione che viene fatta di Mrs. Otis, anch’essa piena di ironia e
paradossi.

LETTURA

She had a magnificent constitution, and a really wonderful amount of animal spirits. Indeed, in many respects, she
was quite English, and was an excellent example of the fact that we have really everything in common with America
nowadays, except, of course, language. […]

Suddenly Mrs. Otis caught sight of a dull red stain on the floor just by the fireplace and, quite unconscious of what it
really signified, said to Mrs. Umney, "I am afraid something has been spilt there."
"Yes, madam," replied the old housekeeper in a low voice, "blood has been spilt on that spot."
"How horrid," cried Mrs. Otis. "I don't at all care for blood-stains in a sitting-room. It must be removed at once."

L’ improvvisa comparsa della macchia di sangue, elemento strano, eccedente i limiti del normale, immediatamente
vanifica l’elemento soprannaturale e misterioso che noi associamo alla ghost story. La spiegazione sinistra che viene
offerte dalla vecchia governante, custode gelosa delle tradizioni della famiglia Canterville, viene immediatamente
irrisa e sbeffeggiata dalla famiglia americana che si dimostra per nulla atterrita da questo evento, non si cura per
niente delle parole allarmate della donna ma soltanto dell’aspetto pratico, quello di eliminare la fastidiosa macchia.

LETTURA

The old woman smiled, and answered in the same low, mysterious voice, "It is the blood of Lady Eleanore de
Canterville, who was murdered on that very spot by her own husband, Sir Simon de Canterville, in 1575. Sir Simon
survived here nine years, and disappeared suddenly under very mysterious circumstances. His body has never been
discovered, but his guilty spirit still haunts the Chase. The blood-stain has been much admired by tourists and others,
and cannot be removed."
"That is all nonsense," cried Washington Otis; "Pinkerton's Champion Stain Remover and Paragon Detergent will
clean it up in no time," and before the terrified housekeeper could interfere he had fallen upon his knees, and was
rapidly scouring the floor with a small stick of what looked like a black cosmetic. In a few moments no trace of the
blood-stain could be seen.

In questo confronto tra i due mondi, europeo e americano, che da subito appaiono comicamente inconciliabili, si
evidenzia l’impianto ludico, parodico, giocoso del testo. È infatti nella prospettiva del gioco, che alla visione
trascendente, soprannaturale della governante, si oppone il punto di vista pragmatico del primo genito degli Otis che
appare immerso in un mondo in cui la nascente civiltà tecnologica e anche la nascente pubblicità, creano l’illusione di
poter dominare, conoscere le cose.
Nel 1896 nasce in America la prima agenzia pubblicitaria e nasce allorché l’aumento della produzione, la sempre
crescente varietà di beni prodotti e la concorrenza tra gli imprenditori, impongono una maggiore informazione degli
acquirenti.
La pubblicità è quel complesso fenomeno comunicativo che mira deliberatamente, intenzionalmente a influenzare
atteggiamenti e comportamenti dei potenziali consumatori e che naturalmente ha soprattutto un aspetto persuasorio.

LETTURA

Her eldest son, christened Washington by his parents in a moment of patriotism, which he never ceased to regret, was
a fair-haired, rather good-looking young man, who had qualified himself for American diplomacy by leading the
German at the Newport Casino for three successive seasons, and even in London was well known as an excellent
dancer. Gardenias and the peerage were his only weaknesses. Otherwise he was extremely sensible.

Anche qui c’è un’ironia nella scelta del nome perché G. Washington è stato, non solo un politico e militare
statunitense, comandante dell’esercito durante tutta la guerra di indipendenza americana (1775), ma anche il primo
presidente degli Stati Uniti, uno dei padri fondatori della nazione.

66
19/12 - XV LEZIONE

Vi è una contrapposizione tra aristocrazia inglese decaduta (di cui lo stesso Simon ne è la rappresentazione vivente) e
tra la famiglia americana che muove all’assalto del vecchio mondo, con tutta l’arroganza del potere economico.
Rispetto alla rimozione di questa macchia di sangue del fantasma Simon, colpevole di uxoricidio, viene anche mossa
una critica alla nascente civiltà di massa, ai persuasori occulti, alla pubblicità. Da notare anche l’ironia nella scelta
del nome del figlio maggiore (Washington), stesso nome del politico, militare, comandante della guerra
d’indipendenza americana e primo presidente degli USA. Non è solo l’inconciliabile interpretazione di un fenomeno
sovrannaturale a collocare americani e inglesi in due dimensioni antitetiche, tali da non poter essere presi sul serio. La
stessa governante, Mrs Umney, e il suo stesso terrore denunciano in modo enfatico la sua appartenenza all’universo
fittizio della letteratura fantastica. Altrettanto esagerata è l’energia dimostrata dal giovane Washington Otis, la sua
convinzione nel potere di questo campione contro le macchie, uno smacchiatore, un prodotto commerciale che
sottolinea nuovamente la netta opposizione a quel mondo. Questo smacchiatore diventa il più potente antidoto
simbolico ai trucchi inscenati dallo spettro di Canterville. Attraverso Washington che adopera un linguaggio
pubblicitario, tutto il materialismo della moderna società americana si impone sulla tradizionale antica fede degli
inglesi nelle storie di fantasmi. È importante ricordare che non è solo la cornice ludica che inquadra il racconto, ma il
registro ironico e satirico che presiede la presentazione di questi due mondi ‘altri’, comicamente irriconciliabili.
Anche il narratore si diverte a mettere a confronto due realtà antitetiche, agli antipodi che si guardano specularmente
e anche altrettanto specularmente deridono le proprie convinzioni e certezze. Dopo questo intervento energico di
Washington, la voce narrante comincia a giocare sull’equilibrio e su quella ricerca della contrapposizione tra naturale
e sovrannaturale, al centro del racconto di fantasmi. Con la prima congiunzione avversativa But il narratore si
diverte a rompere le trionfanti certezze della tecnologia americana annunciando l’intervento di un terribile flash of
lightning che caratterizza tutta la narrativa gotica

LETTURA BRANO

“I knew Pinkerton would do it," he exclaimed triumphantly, as he looked round at his admiring family; but no sooner
had he said these words than a terrible flash of lightning lit up the somber (buia) room, a fearful peal (boato) of
thunder made them all start to their feet, and Mrs. Umney fainted.

What a monstrous climate!" said the American Minister calmly, as he lit a long cheroot.

ANALISI BRANO

Tuttavia la seconda congiunzione avversativa di fatto smentisce qualsiasi corrispondenza tra questo monstrous
climate e gli eventi paurosi e sovrannaturali che vengono convenzionalmente associali alla ghost story, tant’è che a
inizio capitolo successivo c’è un temporale, ma nulla capita di significativo.

Dopo il fallimento di sortire l’effetto sperato ( ossia di rimuovere la macchia di sangue) l’incredulità di Washington a
proposito dei fantasmi sembra avere termine.

LETTURA BRANO

The storm raged fiercely all that night, but nothing of particular note occurred. The next morning, however, when they
came down to breakfast, they found the terrible stain of blood once again on the floor. "I don't think it can be the fault
of the Paragon Detergent," said Washington, "for I have tried it with everything. It must be the ghost." He accordingly
rubbed(strofinò) out the stain a second time, but the second morning it appeared again. The third morning also it was
there, though the library had been locked up at night by Mr. Otis himself, and the key carried upstairs. The whole
family were now quite interested; Mr. Otis began to suspect that he had been too dogmatic in his denial of the
existence of ghosts, Mrs. Otis expressed her intention of joining the Psychical Society,(associazione di para
psicologia) and Washington prepared a long letter to Messrs. Myers and Podmore on the subject of the Permanence of
Sanguineous Stains when connected with crime. That night all doubts about the objective existence of phantasmata
were removed for ever.

67
ANALISI BRANO

Vi è un riferimento alla Psychical Society. Si tratta di un’organizzazione non-profit realmente esistita che indagava
circa il sovrannaturale, nata nel 1882 in Inghilterra. Rimanda a quell’interesse per il sovrannaturale. Sul modello di
questa società, ne viene fondata una anche negli USA sempre con lo scopo di indagare su questi fenomeni irrazionali
e inspiegabili.

È un periodo di grande scetticismo verso il positivismo, si ricordi la presenza di medium e il fatto che prendano piede
tutta una serie di esperienze spiritiche. È il rovescio della medaglia per le magnifiche sorti progressive dell’UK.
Myers era uno dei presidenti della Psychical Society, conosciuto anche da Freud.

Qui la dimensione sovrannaturale entra a far parte del mondo reale, senza alcuna frattura. Questo può essere spiegato
in ragione del fatto che il soprannaturale non solo non viene considerato dagli americani con la dovuta serietà e
preoccupazione, ma viene ricondotto alla dimensione naturale. Non si tratta di un mancato riconoscimento di una
dimensione ‘altra’, come avviene per esempio nel mondo delle fiabe, a caratterizzare il racconto, ma la pretesa di
attribuire al sovrannaturale le stesse regole che appartengono al mondo reale e la volontà di assoggettare il
sovrannaturale alle leggi del mondo naturale.

In questo senso, emblematica la prima apparizione del fantasma, la notte stessa dell’arrivo della famiglia Otis al
Canterville Chase. Qui si esercita tutta l’ironia divertita di Wilde che scrive questo racconto per i figli. Alla vista di
questo orribile vecchio, dall’aspetto terrificante con gli occhi rossi, le catene, le vesti lacerate, Mr Otis ha una
reazione totalmente imprevedibile. C’è qui il classico rovesciamento delle aspettative dell’audience, secondo il
meccanismo dell’umorismo e dei giochi di parole che prevedono si costruisca prima una situazione verosimile, poi
c’è la punch line (battuta) che capovolge la premessa iniziale. Mr Otis infatti non è assolutamente spaventato, anzi
prima di rientrare nei propri appartamenti, invita il fantasma a usare un lubrificante per le catene, così da non
disturbarlo quando dorme.

Qui c’è un riferimento alla Tammany Hall, un’organizzazione legata al partito democratico, nata a New York e che
Wilde conosceva bene perché fece molte conferenze, anche in America. Già a inizio Ottocento, quest’organizzazione
era divenuta sinonimo di corruzione politica, da qui l’allusione un po’sessuale al lubrificante ( ‘ te lo dovresti oliare
per portare dalla tua parte’). Esilarante la reazione basita del fantasma che rimane esterrefatto e per la prima volta
deve battere ignominiosamente in ritirata.

LETTURA BRANO

At eleven o' clock the family retired and by half-past all the lights were out. Some time after, Mr. Otis was awakened
by a curious noise in the corridor, outside his room. It sounded like the clank (tintinnio) of metal, and seemed to be
coming nearer every moment. He got up at once, struck a match(accese un fiammifero), and looked at the time. It was
exactly one o' clock. He was quite calm, and felt his pulse, which was not at all feverish. The strange noise still
continued, and with it he heard distinctly the sound of footsteps. He put on his slippers (pantofole), took a small
oblong phial (fialetta) out of his dressing-case, and opened the door. Right in front of him he saw, in the wan
moonlight, an old man of terrible aspect. His eyes were as red as burning coals(carboni); long grey hair fell over his
shoulders in matted coils(ciocche arruffate); his garments, which were of antique cut, were soiled and ragged (sporchi
e logori), and from his wrists (polsi) and ankles hung heavy manacles and rusty gyves.(catene arrugginite) "My dear
sir," said Mr. Otis, "I really must insist on your oiling those chains, and have brought you for that purpose a small
bottle of the Tammany Rising Sun Lubricator. It is said to be completely efficacious upon one application, and there
are several testimonials to that effect on the wrapper from some of our most eminent native divines. I shall leave it
here for you by the bedroom candles, and will be happy to supply you with more should you require it." With these
words the United States Minister (ambasciatore) laid the bottle down on a marble table, and, closing his door, retired
to rest. For a moment the Canterville ghost stood quite motionless in natural indignation; then, dashing the bottle
violently upon the polished (lucidato)floor, he fled down the corridor, uttering hollow groans, and emitting a ghastly
(agghiacciante)green light.

68
ANALISI BRANO

È importante sottolineare che il fantasma è soprattutto un attore, dotato però anche di un nome(solitamente i fantasmi
non ne hanno uno) ed è a conoscenza del proprio passato sia come spettro di uomo e di fantasma. Ha inoltre
sentimenti umani (sdegno, paura…) ed è provvisto di un proprio punto di vista che nel racconto di Wilde è espresso
attraverso il ricorso al discorso indiretto libero ( =quel discorso che riporta il discorso in forma indiretta, ossia non è
introdotto da verbi per presentarlo).

LETTURA BRANO

THE next day the ghost was very weak and tired. The terrible excitement of the last four weeks was beginning to have
its effect. His nerves were completely shattered(a pezzi), and he started at the slightest noise. For five days he kept his
room, and at last made up his mind to give up the point of the blood-stain on the library floor. If the Otis family did
not want it, they clearly did not deserve it. They were evidently people on a low, material plane of existence, and
quite incapable of appreciating the symbolic value of sensuous (sensibili)phenomena.

ANALISI BRANO

Inoltre, contrariamente agli altri fantasmi, Simon non è solo visto dai personaggi della sua storia, ma a sua volta vede
la realtà che lo circonda e ne esprime un giudizio a riguardo. Umiliato dai terribili gemelli armati di una cerbottana (lo
mettono in fuga, gli tirano proiettili, gli fanno scherzi…) e dalla volgarità della Signora Otis che gli propone una sorta
di sciroppo per ovviare agli effetti di un’apparente cattiva digestione, il fantasma dichiara vendetta nei confronti dei
nuovi inquilini del castello

LETTURA BRANO

On reaching a small secret chamber in the left wing, he leaned up against a moonbeam to recover his breath, and
began to try and realize his position. Never, in a brilliant and uninterrupted career of three hundred years, had he been
so grossly insulted. He thought of the Dowager Duchess, whom he had frightened into a fit as she stood before the
glass in her lace and diamonds; of the four housemaids, who had gone off into hysterics when he merely grinned
(sogghignò)at them through the curtains of one of the spare bedrooms; of the rector of the parish, whose candle he
had blown out as he was coming late one night from the library, and who had been under the care of Sir William
Gull ever since, a perfect martyr to nervous disorders; and of old Madame de Tremouillac, who, having wakened up
one morning early and seen a skeleton seated in an armchair by the fire reading her diary had been confined to her bed
for six weeks with an attack of brain fever, and, on her recovery, had become reconciled to the Church, and had
broken off her connection with that notorious skeptic Monsieur de Voltaire. He remembered the terrible night when
the wicked (bastardo) Lord Canterville was found choking in his dressing-room, with the knave (fante)of diamonds
half-way down his throat, and confessed, just before he died, that he had cheated Charles James Fox out of £50,000 at
Crockford's by means of that very card, and swore that the ghost had made him swallow it. All his great
achievements came back to him again, from the butler (maggiordomo) who had shot himself in the pantry because
he had seen a green hand tapping at the window pane, to the beautiful Lady Stutfield, who was always obliged to
wear a black velvet band(nastro) round her throat to hide the mark of five fingers burnt upon her white skin, and who
drowned herself at last in the carp-pond (stegne di carpe) at the end of the King's Walk

ANALISI BRANO

Sir William Gull era un medico inglese, è un gioco di parole perchè gull significa sciocco.

LETTURA BRANO

With the enthusiastic egotism of the true artist he went over his most celebrated performances, and smiled bitterly to
himself as he recalled to mind his last appearance as "Red Ruben, or the Strangled Babe," his debut as "Gaunt

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Gibeon, the Blood- sucker of Bexley Moor," and the furor he had excited one lonely June evening by merely playing
ninepins with his own bones upon the lawn-tennis ground

ANALISI BRANO

Qui si sottolinea il fatto che il fantasma sia un performer.

Il fantasma incontra poi lo spettro creato dall’inventiva dei due gemelli. L’effetto comico è accresciuto dal fatto che
proprio quella sera Simon si accingeva a dare una lezione a Washington, avendo scoperto che si ostinava a cercare di
rimuovere con il detergente la macchia di sangue

LETTURA BRANO

At half past ten he heard the family going to bed. For some time he was disturbed by wild shrieks of laughter (risate
sfrenate)from the twins, who, with the lighthearted gaiety of schoolboys, were evidently amusing themselves before
they retired to rest, but at a quarter-past eleven all was still, and, as midnight sounded, he sallied forth. The owl beat
against the window panes, the raven croaked from the old yew-tree(tasso), and the wind wandered moaning round the
house like a lost soul; but the Otis family slept unconscious of their doom, and high above the rain and storm he could
hear the steady snoring of the Minister for the United States. He stepped stealthily out of the wainscoting, with an evil
smile on his cruel, wrinkled mouth, and the moon hid her face in a cloud as he stole past the great oriel window,
where his own arms and those of his murdered wife were blazoned in azure and gold. On and on he glided, like an
evil shadow, the very darkness seeming to loathe (detestarlo)him as he passed. Once he thought he heard something
call, and stopped; but it was only the baying of a dog from the Red Farm, and he went on, muttering strange sixteenth-
century curses, and ever and anon brandishing the rusty dagger (spade arrugginita) in the midnight air. Finally he
reached the corner of the passage that led to luckless Washington's room. For a moment he paused there, the wind
blowing his long grey locks about his head, and twisting into grotesque and fantastic folds the nameless horror of the
dead man's shroud. Then the clock struck the quarter, and he felt the time was come. He chuckled to himself and
turned the corner; but no sooner had he done so, than, with a piteous wail of terror, he fell back, and hid his blanched
face in his long, bony hands. Right in front of him was standing a horrible spectre, motionless as a carven image,
and monstrous as a madman's dream! Its head was bald and burnished(lucido); its face round, and fat, and white; and
hideous laughter seemed to have writhed its features into an eternal grin. From the eyes streamed rays of scarlet light,
the mouth was a wide well of fire, and a hideous garment, like to his own, swathed with its silent snows the Titan
form. On its breast was a placard with strange writing in antique characters, some scroll of shame it seemed, some
record of wild sins, some awful calendar of crime, and, with its right hand, it bore aloft a fashion of gleaming steel.
Never having seen a ghost before, he naturally was terribly frightened, and, after a second hasty glance at the awful
phantom, he fled back to his room, tripping up(inciampando) in his long winding- sheet as he sped down the corridor,
and finally dropping the rusty dagger into the Minister's jack-boots, where it was found in the morning by the butler.

ANALISI BRANO

Gli yew trees (tasso comume) son spesso associati ai racconti gotici, perchè si trovano spesso nei cimiteri.

Man mano che il racconto procede c’è un progressivo indebolimento dell’autorità del narratore a favore
dell’autonomia del personaggio e del suo punto di vista. Questa tendenza è particolarmente evidente nella quinta
sezione dove il discorso diretto diventa predominante. Se fino ad adesso i pensieri e i sentimenti del fantasma
venivano verbalizzati dal narratore tramite il discorso indiretto, ora il fantasma, in questa parte del racconto, assume
la propria responsabilità enunciativa in un dialogo che lo vede riferire alla dolce Virginia, l’unica figlia degli Otis, le
proprie sofferenze. Il fantasma le chiede di aiutarlo, conducendolo nel ‘ garden of death’. Così facendo, il fantasma
diventa il soggetto della propria enunciazione (=lui parla, non più il narratore) e finisce in tal modo la parodia.

Un giorno Virginia scopre nella sala degli arazzi il vecchio fantasma e lo vede seduto vicino alla finestra, con il capo
nella mano, in un atteggiamento di estrema tristezza. Virginia si scusa per il comportamento dei fratelli e lo rassicura

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dice che il giorno dopo si allontaneranno per andare a scuola. Il fantasma, confortato dalla dolcezza della bambina, si
confida con lei.

LETTURA BRANO

"No, thank you, I never eat anything now; but it is very kind of you, all the same, and you are much nicer than the
rest of your horrid, rude, vulgar, dishonest family."

ANALISI BRANO

Confortato dalla sua gentilezza, il fantasma ammette di aver ucciso, in un paradosso tipico di Wilde, la moglie perché
era bruttina, perché non gli inamidava la gorgiera, era pessima in cucina…

Racconta poi che i cognati lo avevano fatto morire di fame, chiudendolo in una stanza del castello e naturalmente il
suo corpo non aveva ricevuto sepoltura, ma era stato costretto come punizione per il delitto a vagare in eterno, non
dandogli la possibilità di potersi riposare nel giardino della morte.

Uno degli aspetti più interessanti del racconto è il suo rapporto con i generi, non solo con il gotico. La storia del
rapporto tra Virginia e Simon si risolve con la decisione della fanciulla di accompagnare il fantasma nel regno dei
morti, percorrendo un cammino oscuro, denso di ombre e voci malvagie che cercheranno di farla tornare indietro

LETTURA BRANO

He rose from his seat with a faint cry of joy, and taking her hand bent over it with old- fashioned grace and kissed it.
His fingers were as cold as ice, and his lips burned like fire, but Virginia did not falter, as he led her across the dusky
room. On the faded green tapestry were broidered little huntsmen. They blew their tasselled horns and with their tiny
hands waved to her to go back "Go back! Little Virginia," they cried, "go back!" but the Ghost clutched her hand
more tightly, and she shut her eyes against them. Horrible animals with lizard tails, and goggle eyes, blinked at her
from the carven chimney-piece, and murmured, "Beware! little Virginia, beware! we may never see you again," but
the Ghost glided (scivolò) on more swiftly, and Virginia did not listen. When they reached the end of the room he
stopped, and muttered some words she could not understand. She opened her eyes, and saw the wall slowly fading
away like a mist, and a great black cavern in front of her. A bitter cold wind swept round them, and she felt something
pulling at her dress. "Quick, quick," cried the Ghost, or it will be too late,"and, in a moment, the wainscoting had
closed behind them, and the Tapestry (arazzi) Chamber was empty.

ANALISI BRANO

Il tono è completamente diverso rispetto al resto del racconto. In questa sequenza troviamo miniaturizzati tutti gli
elementi del gotico: la fuga precipitosa, i rumori sinistri provenienti dall’oscurità, il fruscio del vento, gli animali
mostruosi, gli arazzi che ricordano l’inseguimento di Isabella da parte di Manfred (da Castle of Otranto, capostipite
genere gotico). Benché questi rovesciamenti più evidenti si manifestino a livello strutturale (Virginia a differenza di
Isabella non è una persecuted maiden, anzi sarà proprio lei ad aiutare il fantasma, come nel romanzo di Walpole a
farsi soccorrere. La differenza sta nel fatto che si rifiuta di guardare gli animali negli arazzi, di ascoltare i loro moniti,
a conferma di come Wilde si faccia gioco di tutta questa tradizione. I discorsi dei personaggi interagiscono con quelli
del narratore, intrecciandosi in un gioco. Anche qui c’è un’introduzione di una pluri discorsività che secondo Baktin
(formalista russo) costituisce la caratteristica forse più importante del romanzo. C’è un intreccio di voci

LETTURA BRANO

"I am so sorry for you," she said, "but my brothers are going back to Eton tomorrow, and then, if you behave yourself
no one will annoy you."

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"It is absurd asking me to behave myself" he answered, looking round in astonishment at the pretty little girl who had
ventured to address him, "quite absurd. I must rattle my chains, and groan through keyholes, and walk about at night,
if that is what you mean. It is my only reason for existing."

ANALISI BRANO

Al tono rimproverante delle parole di Virginia, Simon risponde e riproduce in tal senso in una sorta di parodia la
vuota eloquenza/solennità nobiliare.

La tecnica parodico/umoristica è rivolta nella prima parte soprattutto alle convenzioni, ai motivi, alle strategie
narrative della ghost story; ora invece il racconto risuona di altre voci e discorsi in una pluri discorsività che di fatto
ha la meglio sulla stilizzazione parodica. Emblematico è il passaggio in cui I due parlano della possibilità di emigrare
in America; qui si vede come le valutazioni dei personaggi inglobano anche il punto di vista dell’autore che si diverte
ancora ad esprimere la sua vision ironica della vita americana.

LETTURA BRANO

"You know nothing about it, and the best thing you can do is to emigrate and improve your mind. My father will be
only too happy to give you a free passage, and though there is a heavy duty on spirits of every kind, there will be no
difficulty about the Custom House, as the officers are all Democrats. Once in New York, you are sure to be a great
success. I know lots of people there who would give a hundred thousand dollars to have a grandfather, and much
more than that to have a family Ghost."

ANALISI BRANO

Gioco di parole con il termine SPIRIT (= spirito; alcolici).

La nota fondamentale dell’ultima parte del racconto è completamente diversa. Cambia il registro umoristico. Che è
successo allora alla parodia e a quel gioco di rovesciamenti e inversioni che fino a questo momento hanno costituito
la struttura del racconto? Wilde contamina la ghost story con l’economia, la stringatezza del dettato, il pathos poetico
che spesso hanno le fiabe. Questo mutamento di registro narrativo è anche espresso nel testo dalla scrittura, meno
elaborata, più piana e meno densa di aggettivi e che però è un artifizio, un effetto voluto.

Il fantasma informa Virginia della profezia sulla vetrata della Biblioteca, dicendole che solo se pregherà per i suoi
peccati e per la sua anima, l’angelo della morte finalmente avrà pietà di lui. Virginia è dunque l’eroina che porterà
redenzione al fantasma, cosicché che Simon potrà essere sepolto

LETTURA BRANO

"I have not slept for three hundred years," he said sadly, and Virginia's beautiful blue eyes opened in wonder; "for
three hundred years I have not slept, and I am so tired."

[…]

"Yes, Death. Death must be so beautiful. To lie in the soft brown earth, with the grasses waving above one's head, and
listen to silence. To have no yesterday, and no to-morrow. To forget time, to forgive life, to be at peace. You can help
me. You can open for me the portals of Death's house, for Love is always with you, and Love is stronger than Death
is."

ANALISI BRANO

Non si prende più in giro il fantasma e i suoi tentativi di spaventare la famiglia americana. Negli ultimi capitoli del
racconto, si passa al ritorno di Virginia dal mondo dei morti al mondo reale, con un piccolo scrigno dono del fantasma
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in segno di gratitudine. C’è un tipico happy ending fiabesco, più vicino alle cadenze tipiche della fiaba che ai racconti
di fantasmi ( chiusi da un finale tetro)

LETTURA BRANO

The whole family gazed at her in mute astonishment, but she was quite grave and serious; and, turning round, she led
them through the opening in the wainscoting down a narrow secret corridor, Washington following with a lighted
candle, which he had caught up from the table. Finally, they came to a great oak door, studded with rusty nails. When
Virginia touched it, it swung back on its heavy hinges, and they found themselves in a little low room, with a vaulted
ceiling, and one tiny grated window. Imbedded in the wall was a huge iron ring, and chained to it was a gaunt
skeleton, that was stretched out at full length on the stone floor, and seemed to be trying to grasp with its long
fleshless fingers an old-fashioned trencher and ewer, that were placed just out of its reach. The jug had evidently been
once filled with water, as it was covered inside with green mould. There was nothing on the trencher but a pile of
dust. Virginia knelt down beside the skeleton, and, folding her little hands together, began to pray silently, while the
rest of the party looked on in wonder at the terrible tragedy whose secret was now disclosed to them.

"Hallo!" suddenly exclaimed one of the twins, who had been looking out of the window to try and discover in what
wing of the house the room was situated. "Hallo! the old withered almond-tree has blossomed. I can see the flowers
quite plainly in the moonlight."

"God has forgiven him," said Virginia gravely, as she rose to her feet, and a beautiful light seemed to illumine her
face.

"What an angel you are!" cried the young Duke, and he put his arm round her neck and kissed her.

→ fioritura del mandorlo; si compie la profezia e torna la pace.

Virginia infine può sposarsi con il suo giovane nobile innamorato, The Duke of Cheshire (allusione al mondo della
fiaba e alla letteratura per l’infanzia. Il riferimento è allo stregatto di Lewis Carrol). Le ultime parole di Virginia allo
sposo sono completamente scevre di ironia. In questa profonda intensità e nella saggezza, nel pathos poetico di queste
parole, vediamo come Wilde anticipi i motivi dell’altruismo, del perdono, della compassione che sono al cuore non
solo delle sue meravigliose fiabe (the happy prince, the selfish giant, the nightingale and the rose), ma di un po’ tutta
la sua opera

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