Edward Bulwer-Lytton
Prefazione
Il titolo di un libro in genere e di unopera narrativa in
particolare determinante per lincontro col lettore. Da
questo fatto emerge la responsabilit e la capacit del
traduttore, vero mediatore culturale di un contatto
proficuo fra lautore e quanti ne seguiranno il pensiero con
interesse.
Il presente romanzo di Sir Edward Bulwer-Lytton,
autore, fra laltro, del celebre T he Last Days of Pompeii
(Gli ultimi giorni di Pompei), proprio nel titolo: Vril, T he
Power of the Coming Race evidenzia la forza e il motivo
conduttore di unavventura della logica fantastica, che viene
comparando con marcata efficacia la realt della societ
democratica con un mondo immaginario di grande fascino
storico-filosofico, seppur basato su elementi che
trascendono la nostra razionalit occidentale.
Infatti la nostra cultura deve cedere il passo al fascino
mistico caratteristico di molta parte del pensiero orientale.
La ragione, in altri termini, deve arricchirsi del fantastico o,
meglio ancora, deve scontrarsi con un sentire magico che
sia in grado di svelare il mistero delluomo e perci gli
arcani della sua storia attraverso la coscienza di ritorni
epocali alle origini.
Il libro-romanzo apparso nel tempo e nei diversi Paesi
con un titolo, per cos dire, difforme, anche se coerente
con la lingua e la cultura di traduttori e lettori: T he Coming
Race (La razza futura, La razza a venire).
In genere si sempre preferito evidenziare una Razza
futura, mentre ora, nella presente versione, si puntualizza
il concetto di una Razza che verr, caricando il futuro
verr del carattere dellineluttabilit, che lAutore si
Capitolo I
Sono nato a ...., negli Stati Uniti dAmerica. I miei
antenati emigrarono dallInghilterra durante il regno di
Carlo II, e mio nonno, durante la guerra dIndipendenza, non
fu uno di quelli che passarono inosservati. La mia famiglia,
quindi, pot godere per nascita di una posizione sociale
alquanto elevata ed essendo anche opulenta, non venne
considerata idonea a svolgere funzioni pubbliche. Una volta
mio padre si candid al Congresso, ma venne
clamorosamente
sconfitto
dal
suo
sarto.
Dopo
quellepisodio, si occup poco di politica e visse per lo pi
nella sua biblioteca. Io ero il primogenito di tre figli e allet
di sedici anni fui mandato nel vecchio continente tanto per
completare la mia istruzione letteraria, quanto per iniziare
un tirocinio commerciale presso unazienda mercantile di
Liverpool. Mio padre mor poco dopo il mio ventunesimo
compleanno e, poich mi ritrovai con uningente eredit,
assecondai la mia passione per i viaggi e lavventura,
abbandonando per un certo periodo la ricerca del potente
dollaro e diventando un errante giramondo che vagava sulla
faccia della terra.
Nellanno 18...., quando mi capit di essere a ...., fui
invitato da un ingegnere professionista che avevo
conosciuto a visitare i meandri della miniera di ...., nella
quale egli lavorava.
Il lettore comprender, prima della fine del racconto, il
motivo che mi porta a tenere nascosto qualsiasi
riferimento alla regione di cui sto scrivendo e,
probabilmente, mi sar grato per essermi astenuto da
qualsivoglia descrizione che possa in alcun modo rivelarne
lubicazione.
Capitolo II
Il mattino seguente i nervi del mio amico si erano
ritemprati e la curiosit eccitava tanto lui quanto me. Lui,
forse, era ancor pi eccitato poich, evidentemente,
credeva alla sua storia, mentre io nutrivo dei considerevoli
dubbi. Non che lui avesse raccontato di proposito una
menzogna, ma pensai che la sua mente fosse stata vittima di
una di quelle allucinazioni che colpiscono limmaginazione,
o i nervi, in luoghi solitari e inusitati e che attribuiscono
una forma a cose che non hanno forma e un suono al
silenzio.
Per aiutarci nella nostra discesa, scegliemmo sei
minatori esperti e, poich la gabbia poteva contenere una
sola persona alla volta, lingegnere scese per primo. Quando
arriv al cornicione dove sera fermato la volta precedente,
la gabbia risal per venirmi a prendere. Lo raggiunsi in men
che non si dica. Ci eravamo muniti di diversi metri di corda
robusta.
La luce mi colp gli occhi, proprio comera successo al
mio amico il giorno innanzi. Il crepaccio da cui proveniva,
scendeva diagonalmente. Mi parve una diffusa luce
atmosferica, non come quella di un fuoco, ma dolce e
argentata, quasi fosse irradiata da una stella del Nord.
Abbandonata la gabbia, scendemmo piuttosto facilmente,
uno dopo laltro, avvalendoci delle sporgenze presenti sulla
parete. Raggiungemmo il punto in cui il mio amico sera
fermato la volta precedente, ossia uno sperone abbastanza
spazioso da permetterci di stare luno accanto allaltro. Di l
in poi il crepaccio si allargava rapidamente, quasi fosse
lestremit inferiore di unampia galleria e vidi chiaramente
la vallata, la strada e i lampioni che aveva descritto il mio
Capitolo III
Lentamente e con cautela, percorsi il solitario tragitto
che conduceva alla strada illuminata dai lampioni e verso il
grande edificio che ho gi descritto. Il sentiero era simile a
un grande passo alpino e costeggiava pareti rocciose, di cui
faceva parte il crepaccio da cui ero sceso. In fondo, a
sinistra, vidi unampia vallata che presentava ai miei occhi
stupefatti prove inconfutabili di arte e cultura. Vidi campi
coperti da una strana vegetazione, che non assomigliava a
nulla che avessi mai visto sulla superficie della Terra, il cui
colore non era verde, ma piuttosto di una cupa tonalit
plumbea o rosso dorato.
Cerano laghi e ruscelletti i cui corsi sembravano
scorrere allinterno di sinuosi argini artificiali. Alcuni erano
di acqua pura e altri rilucevano come bacini di nafta. Alla
mia destra, fra le rocce, si aprivano burroni e anfratti,
attraversati da passaggi, evidentemente costruiti a regola
darte, e delimitati da alberi, simili per lo pi a felci giganti
con un fogliame piumato squisitamente variegato e fusti
simili a quelli delle palme. Altre piante erano pi simili alla
canna da zucchero, ma pi alte e con grossi grappoli di fiori.
Altre ancora avevano la forma di enormi funghi, con gambi
corti e robusti che sostenevano un largo cappello a forma
di cupola da cui salivano o scendevano lunghi rami sottili.
Lintera scena dietro, davanti e attorno a me, a perdita
docchio, era illuminata da innumerevoli lampioni. Quel
mondo privo di sole era luminoso e caldo come un
panorama italiano a mezzogiorno, ma laria era meno
opprimente e il calore pi dolce. La scena che avevo di
fronte non era priva di segnali che mostrassero che il posto
era abitato. Riuscii a distinguere, in lontananza, sia sugli
Capitolo IV
Ora riuscivo a vedere chiaramente ledificio. S, era stato
costruito dagli abitanti di quel luogo e parzialmente scavato
in una grande roccia. A prima vista, avrei detto si trattasse
di una delle prime forme di architettura egizia. La facciata
presentava enormi colonne affusolate con plinti massicci e
capitelli che, visti pi da vicino, mi apparvero pi ornati e
meravigliosamente aggraziati di quelli tipici dellarchitettura
egizia. Cos come il capitello corinzio riproduce foglie di
acanto, il capitello di quelle colonne riproduceva le foglie
della vegetazione circostante, alcune simili alle foglie daloe
altre alle felci. Poi vidi uscire da quelledificio una forma
umana Ma era veramente un essere umano? Rimase l, su
quella strada larga, e si guard intorno, poi mi vide e si
avvicin. Arriv a pochi metri da me e alla sua vista, alla sua
presenza, venni colto da unindescrivibile forma di timore e
tremore che radic i miei piedi al terreno. Mi fece
sovvenire immagini simboliche di Genii o Demoni
raffigurati su vasi etruschi o sulle pareti dei sepolcri
orientali immagini che riprendono forme umane pur
appartenendo a unaltra razza. Era alto, non un gigante, ma
alto quanto luomo pi alto al di sotto della statura dei
giganti.
Il suo soprabito mi sembr composto da grandi ali
ripiegate sul torace che arrivavano alle ginocchia. Il resto
del suo abbigliamento era composto da un sotto tunica e da
gambali fatti in un sottile materiale fibroso. In testa
indossava una sorta di tiara che splendeva di gemme e nella
mano destra teneva un sottile bastone, una sorta di scettro
di metallo lucido, simile allacciaio spazzolato. Ma la sua
faccia! Fu quella a ispirare tutto il mio timore reverenziale
Capitolo V
Una voce si rivolse a me una voce dal tono molto
tranquillo e melodico in una lingua di cui non riuscivo a
capire neppure una parola, ma che serv a dissipare la mia
paura. Mi scoprii il volto e alzai gli occhi. Lessere (era per
me molto difficile considerarlo un uomo) mi sorvegliava
con occhi che sembravano leggere nel pi profondo del mio
cuore. Poi mi pos la mano sinistra sulla fronte e mi tocc
delicatamente la spalla con lo scettro che teneva nella
mano destra. Leffetto del doppio contatto fu magico. Al
terrore che avevo provato si sostitu una sensazione di
soddisfazione, di gioia, di fiducia in me stesso e nei confronti
dellessere che avevo di fronte. Mi alzai e parlai nella mia
lingua. Egli mi ascolt con apparente attenzione, ma con
sguardi che facevano trapelare un lieve stupore. Scosse la
testa, quasi volesse dirmi che non riusciva a capirmi. Poi mi
prese per mano e, in silenzio, mi condusse alledificio. Era
aperto anzi, lingresso non aveva alcuna porta. Entrammo
in una sala immensa, irradiata dallo stesso tipo di luce che
cera allesterno, ma satura di un odore fragrante che si
diffondeva ovunque. Il pavimento era formato da un
mosaico di grossi blocchi di metalli preziosi, parzialmente
coperto da tappeti simili a stuoie. In sottofondo, sulle
nostre teste e attorno a noi, aleggiava un motivo musicale
che sembrava provenire da strumenti invisibili e
appartenere naturalmente a quel luogo, proprio come il
mormorio dellacqua appartiene a un paesaggio roccioso, o
il gorgheggio degli uccelli ai boschetti in primavera.
Accanto alla soglia, una figura immobile in abiti simili, ma
pi semplici, rispetto a quelli indossati dalla mia guida. La
mia guida tocc quella figura due volte con lo scettro e
Capitolo VI
Pi tardi appresi di essere rimasto in quello stato
dincoscienza per molti giorni, anzi per diverse settimane,
in base al nostro computo del tempo. Quando mi ristabilii,
mi ritrovai in una stanza sconosciuta. Il mio ospite e tutta la
sua famiglia erano raccolti attorno a me e, con mia grande
sorpresa, la figlia del mio ospite si rivolse a me nella mia
lingua, con un leggero accento straniero.
Come vi sentite? chiese la ragazza.
Passarono alcuni istanti prima che riuscissi a superare il
mio stupore e dicessi: Conoscete la mia lingua? Come mai?
Chi e che cosa siete?
Il mio ospite sorrise e fece un cenno a uno dei suoi figli.
Questi prese da un tavolo svariati fogli di metallo sottile su
cui erano state disegnate diverse figure: una casa, un
albero, un uccello, un uomo, ecc. ecc.
In questi disegni riconobbi il mio modo di disegnare. Sotto
ogni figura cera scritto il nome nella mia lingua e con la mia
calligrafia, e ancora pi sotto, in unaltra calligrafia, cera
scritta una parola a me sconosciuta.
Lospite disse: Abbiamo iniziato cos, e mia figlia Zee,
che fa parte del Collegio dei Saggi, stata tanto la vostra
istruttrice quanto la nostra.
Poi Zee mi mostr altri fogli di metallo sui quali erano
state scritte, con la mia calligrafia, prima parole e poi frasi.
Sotto ogni parola e ogni frase cerano degli strani caratteri
in unaltra calligrafia. Riprendendo i sensi, compresi che
quello era un dizionario rudimentale. Era stato forse
realizzato mentre dormivo?
Per ora basta cos! ordin Zee in tono perentorio.
Adesso riposatevi e mangiate.
Capitolo VII
Mi venne assegnata una stanza allinterno di
quellimmenso edificio. Era arredata in maniera aggraziata e
fantasiosa, ma senza lo splendore degli oggetti metallici o
delle pietre preziose che avevo notato negli appartamenti
pi pubblici. Alle pareti erano appese stuoie di vario genere
intessute con steli e fibre vegetali e sul pavimento cerano
tappeti realizzati con lo stesso materiale.
Il letto era privo di baldacchino, i supporti in acciaio
poggiavano su sfere di cristallo e le lenzuola erano di sottile
stoffa bianca simile al cotone. Cerano svariati scaffali
contenenti libri. Una nicchia coperta da una tenda
comunicava con una voliera piena di uccelli canterini fra i
quali non riuscii a trovarne neppure uno che assomigliasse
a quelli che avevo visto sulla superficie della Terra, fatta
eccezione per una magnifica specie di colomba che,
tuttavia, era diversa dalle nostre colombe per via di unalta
cresta di piume bluastre. T utti questi uccelli erano stati
addestrati a cantare melodie e la loro abilit superava di
gran lunga quella dei nostri ciuffolotti che, raramente,
riescono a imparare pi di due motivi e, per quanto ne so,
non sono capaci di cantare in coro. Ascoltando le voci che
provenivano dalla mia voliera si aveva la sensazione di
essere allopera. Cerano duetti, terzetti, quartetti e cori,
tutti arrangiati in un unico brano musicale. Volevo far
tacere quegli uccelli? Bastava che tirassi una tenda sulla
voliera e non appena si ritrovavano nel buio, il loro canto
cessava. Unaltra apertura formava una finestra: era senza
vetri, tuttavia, toccando una molla, dal pavimento saliva
unimposta fatta di una sostanza meno trasparente del
vetro, ma ancora sufficientemente tersa da consentire di
Capitolo VIII
Quando mi risvegliai, vidi accanto al letto il bambino che
aveva portato la corda e gli arpioni da roccia nella prima
casa in cui ero stato accolto che, come venni a sapere in
seguito, era la residenza del magistrato capo della trib. Il
bambino si chiamava Ta (pronunciato Tar) ed era il figlio
maggiore del magistrato. Mi accorsi che durante il mio
ultimo sonno o trance ero riuscito a fare ancora pi
progressi nella lingua locale, riuscivo a sostenere una
conversazione
con
relativa
facilit
e
parlando
fluentemente.
Questo bambino era straordinariamente bello, perfino
per la bellissima razza a cui apparteneva, con un volto
molto virile per la sua et e con unespressione pi vivace
ed energica di quella che avevo riscontrato fino a quel
momento sui volti sereni e impassibili degli uomini. Mi
port la tavoletta su cui avevo disegnato in che modo ero
sceso e avevo fatto lo schizzo della testa dellorribile rettile
che mi aveva fatto scappare di paura dal cadavere del mio
amico. Indicando quella parte del disegno, Ta mi fece
alcune domande in merito alla grandezza, alla forma del
mostro e alla caverna, o voragine, da cui era uscito. Il suo
interesse per le mie risposte era cos serio da distoglierlo
per un po da qualsiasi curiosit inerente la mia persona o i
miei antenati. Ma con mio grande imbarazzo, viste le
promesse fatte al mio ospite, proprio quando stava per
iniziare a farmi delle domande, fortunatamente, entr Zee
e, avendolo casualmente sentito, disse:
Ta, fornisci al nostro ospite qualsiasi informazione
possa desiderare, ma non chiedergliene in cambio.
Chiedergli chi , da dove viene o per quale motivo si trova
Capitolo IX
Col passare del tempo e dopo ripetute trances, se cos
vogliamo chiamarle, la mia mente risult pi preparata allo
scambio di idee con i miei interlocutori e pi pronta a
comprendere le diversit di quegli usi e costumi, che
inizialmente si rivelarono troppo estranei alla mia
esperienza per poter essere compresi dalla ragione. Solo
allora riuscii a raccogliere i seguenti dettagli in merito
allorigine e alla storia di questa popolazione sotterranea
appartenente a ununica grande razza denominata Ana.
Secondo le prime tradizioni, i lontani progenitori della
razza un tempo avevano abitato in un mondo in superficie
che si trovava esattamente sopra a quello successivamente
abitato dai loro discendenti. I miti di quel mondo vengono
ancora conservati nei loro archivi e di quei miti fanno parte
leggende riguardanti una grande volta in cui le luci non
venivano accese dalla mano delluomo. T uttavia, la maggior
parte dei commentatori reputava tali leggende fiabe
allegoriche. Secondo quelle tradizioni, la Terra, a quei
tempi, non era assolutamente ai suoi albori, bens nel
travaglio che accompagna la transizione da una forma di
sviluppo allaltra ed era soggetta a numerosi violenti
sovvertimenti della natura. In seguito a uno di essi, la
porzione di mondo superiore abitata dagli antenati di questa
razza fu colpita da inondazioni, non rapide, ma graduali e
incontrollabili, in cui tutti, tranne qualche superstite,
vennero sommersi e perirono. Non ho la pretesa di fare
speculazioni sul fatto che questa possa essere o meno una
testimonianza del nostro Diluvio storico e biblico, o di un
diluvio antecedente di cui parlano i geologi. T uttavia,
secondo la cronologia di quel popolo, comparata con quella
disposti a partire.
Questi stati divisi, insignificanti se si considerano il
territorio e la popolazione, appartenevano tutti a una
grande famiglia comune. Parlavano la stessa lingua, anche se
con dialetti leggermente diversi fra loro. Si sposavano fra di
loro; mantenevano le stesse leggi e le stesse abitudini
comuni; e il legame pi importante che teneva unite le
comunit era la conoscenza del vril e lutilizzo delle sue
energie, pertanto la parola A-Vril era sinonimo di civilt. E
Vril-ya, che significa Le Nazioni Civili, era il nome
comune con cui le comunit che utilizzavano il vril si
distinguevano da quegli Ana che, invece, vivevano come
barbari.
Il governo della trib di Vril-ya di cui sto parlando era
apparentemente molto complicato ma, in realt molto
semplice. Si basava su un principio che, nel mondo sulla
superficie della Terra, veniva riconosciuto a livello teorico,
ma tuttavia scarsamente applicato, ossia che loggetto di
qualsiasi sistema di pensiero filosofico sia volto al
raggiungimento dellunit, ovvero allascesa con ogni mezzo
verso la semplicit di ununica causa prima o principio.
Conseguentemente, in politica, perfino gli scrittori
repubblicani
sono
concordi
nellaffermare
che
unautocrazia benevola assicurerebbe una migliore
amministrazione, se solo ci fossero garanzie sulla sua
continuit o fosse possibile prevenire qualsiasi eventuale
abuso di potere. Questa singolare comunit ha eletto,
quindi, un solo magistrato supremo, il T ur. Il magistrato
supremo nominalmente manteneva la sua carica a vita,
anche se raramente poteva essere spinto a mantenerla con
lavvicinarsi della vecchiaia. In questa societ, infatti, nulla
induceva i propri membri a desiderare ardentemente le
Capitolo X
La parola Ana (pronunciata grossomodo Arna)
corrisponde al nostro plurale uomini; An (pronunciato Arn),
al singolare uomo. La parola utilizzata per indicare la donna
Gy (pronunciata con la G dura, come in ghiro); al plurale
diventa Gy-ei, ma la G diventa dolce, come in gioco. Gli Ana
hanno un proverbio secondo il quale la differenza di
pronuncia simbolica poich il genere femminile, se preso
nel suo insieme, dolce, mentre cosa alquanto dura avere
a che fare con una singola donna. Le Gy-ei godono
esattamente degli stessi diritti dei maschi, principio per il
quale si battono alcuni filosofi sulla superficie della Terra.
Durante linfanzia, esse svolgono imparzialmente le
stesse mansioni e gli stessi lavori dei loro coetanei maschi.
Anzi, nella prima infanzia, quando i bambini vengono
impiegati per la distruzione degli animali irriducibilmente
ostili, spesso si preferiscono le bambine, poich se esposte
allinfluenza della paura e dellodio, la loro indole le rende
pi spietate. Nel periodo che va dallinfanzia allet del
matrimonio viene sospesa la frequentazione familiare fra i
due sessi. Una volta raggiunta let del matrimonio, la
frequentazione fra i due sessi riprende senza portare con
s conseguenze peggiori di quelle delle nozze. T utte le arti
e le professioni accessibili a uno dei due sessi, lo sono
anche per laltro e le Gy-ei si arrogano la superiorit in tutti
quegli ambiti del ragionamento pi astrusi e mistici, per i
quali notoriamente gli Ana non sono idonei a causa di una
pi noiosa sobriet di comprensione o di attivit quotidiane
pi concrete. Cos come accade nel nostro mondo, le
giovani donne si definiscono delle autorit per quanto
concerne le pi estreme sottigliezze della dottrina teologica
Capitolo XI
Mentre cercavo il modo per riconciliarmi con lidea
dellesistenza di regioni sotto la superficie terrestre abitate
da esseri diversi e al contempo affini, dal punto di vista
organico, a quelli del mondo sulla superficie della Terra,
nulla mi lasciava pi perplesso della contraddizione
esistente nei confronti della dottrina accettata, credo, dalla
maggior parte dei geologi e dei filosofi. Malgrado il Sole
rappresenti la nostra massima sorgente di calore, secondo
questi studiosi, pi si scende sotto la crosta terrestre e pi
sale la temperatura, in quanto laumento di calore stato
misurato in tre gradi per metro, partendo da circa quindici
metri sotto la superficie terrestre. T uttavia, sebbene i
territori della trib di cui parlo si trovassero in una
posizione relativamente elevata e vicina alla superficie e
quindi potessi contare su una temperatura adatta alla vita
organica, perfino nei burroni e nelle valli di quel regno
faceva assai meno caldo di quanto gli studiosi
reputerebbero possibile a tale profondit: la temperatura,
infatti, non superava quella che si riscontra nel Sud della
Francia o in Italia.
Secondo tutte le informazioni che ricevetti, vasti tratti
situati a profondit immensamente maggiore sotto la
superficie della Terra, in cui si sarebbe potuto pensare che
potessero vivere soltanto le salamandre, erano abitati da
innumerevoli razze organizzate come noi. Non posso in
alcun modo pretendere di dare una spiegazione a un fatto
tanto contrastante con le leggi riconosciute dalla scienza e
neppure Zee era in grado di aiutarmi a trovare una ragione.
Si limitava, infatti, a ipotizzare che i nostri filosofi non
avessero tenuto sufficientemente conto dellestremo grado
Capitolo XII
La lingua dei Vril-ya particolarmente interessante,
poich mi sembra mostrare con estrema chiarezza tracce
delle tre principali transizioni che il linguaggio deve
superare per raggiungere la perfezione della forma.
Uno dei pi illustri filologi dei nostri tempi, Max Mller,
discutendo lanalogia esistente fra gli strati della lingua e gli
strati geologici della terra, stabilisce questo dogma assoluto:
Nessuna lingua pu, in nessun caso, essere flessiva
senza essere passata attraverso lo strato agglutinante e
isolante. Nessuna lingua pu essere agglutinante senza
affondare le proprie radici nello strato dellisolamento (On
the Stratification of Language, pag. 20).
Prendendo poi la lingua cinese come il miglior esempio
esistente dello strato isolante originario, come la fedele
fotografia delluomo imbrigliato che mette alla prova i
muscoli della propria mente, procedendo a tentoni, ed
cos soddisfatto dei suoi primi tentativi che li ripete
continuamente, troviamo nella lingua dei Vril-ya, ancora
ben radicata nello strato sottostante, la prova
dellisolamento originale. Si tratta di una lingua che abbonda
in monosillabi, che costituiscono le fondamenta del
linguaggio. La transizione alla forma agglutinante segna
unepoca che deve essersi estesa gradualmente nel corso
dei secoli e la cui letteratura scritta sopravvissuta
soltanto in pochi frammenti di mitologia simbolica e in
alcune frasi concise successivamente tramutate in
proverbi popolari. Lo strato flessivo comincia con la
letteratura esistente dei Vril-ya. Indubbiamente, allepoca,
cause concomitanti dovevano aver agito nella fusione delle
razze ad opera di una popolazione dominante e nella nascita
infallibile e assoluta. Ho gi ricordato il valore di A in Aglauran; cos, per quanto concerne il vril (alla cui azione
fanno risalire la loro attuale civilt) A-vril denota, come ho
detto, la civilt stessa.
In base a quando sopra, i filologi avranno gi compreso
quanto la lingua dei Vril-ya sia affine allariano o
indogermanico ma, come accade in tutte le lingue, contiene
parole e forme che possono provenire dalle fonti pi
disparate. Lo stesso titolo di T ur, che essi conferiscono al
magistrato supremo, non altro che un furto da una lingua
affine al turanico. Essi stessi affermano che si tratta di una
parola straniera che, in base ai loro annali, riprende un
titolo portato dal capo di una nazione, estinta da lunga data,
con cui, in un passato estremamente remoto, gli antenati
dei Vril-ya intrattenevano rapporti amichevoli. Sostengono,
inoltre, che, dopo la scoperta del vril, quando modificarono
le proprie istituzioni politiche, adottarono espressamente
per il loro supremo magistrato un titolo utilizzato da una
razza estinta e tratto da una lingua morta al fine di evitare
qualsiasi associazione a titoli passati riferiti a quella carica.
Se mi fosse risparmiata la vita, potrei raccogliere in
forma sistematica la conoscenza di questa lingua acquisita
durante il mio soggiorno tra i Vril-ya. Ma quanto ho gi
detto, forse potr bastare a mostrare agli studiosi di filologia
che una lingua che ha raggiunto una tale semplicit e
perfezione nelle forme flessive finali, pur conservando
numerose radici appartenenti alla sua forma originaria e
liberandosi, nello stadio polisintetico transitorio, di tanti
elementi ingombranti e rozzi, deve essere indubbiamente il
risultato di secoli e secoli di evoluzione e di mentalit
diverse. Essa contiene levidenza di una fusione tra razze
congeniali e, per arrivare alla forma di cui ho fornito
Capitolo XIII
Questo popolo ha una religione e, qualsiasi cosa si possa
dire a suo sfavore, presenta almeno queste strane
peculiarit: in primis, tutti credono nella fede che
professano e in secondo luogo, tutti mettono in pratica i
precetti insegnati dal loro credo. Sono uniti nel culto del
Creatore e Sostenitore dellUniverso. Credono che una
delle propriet dellenergia del vril che pervade qualsiasi
cosa, sia quella di trasmettere alla sorgente della vita e
dellintelligenza ogni pensiero che un essere vivente pu
concepire e, bench non sostengano che lidea della
Divinit sia innata, affermano che lAn (uomo) sia lunica
creatura a cui, in base alle loro osservazioni della natura,
concesso avere la capacit di concepire tale idea, con tutti i
pensieri che ci comporta. Sostengono che questa capacit
costituisca un privilegio e non pu essere stata data invano,
conseguentemente
accettano
la
preghiera
e
il
ringraziamento per il divino Creatore reputandoli necessari
allevoluzione completa dellessere umano. Offrono le loro
preghiere sia in privato sia in pubblico. Poich non mi
consideravano un membro della loro specie, non venivo
ammesso alledificio, o tempio, destinato alla celebrazione
del culto pubblico. T uttavia, so che il rito
straordinariamente breve e assolutamente privo di
grandiosit e cerimoniali. Fra i Vril-ya vige la dottrina che la
mente umana non sia in grado di sostenere a lungo la
devozione sincera o lassoluta astrazione dalle cose del
mondo, soprattutto in pubblico, e che tutti i tentativi in
questo senso portano al fanatismo o allipocrisia. Quando
pregano in privato, lo fanno da soli o insieme ai figli piccoli.
Dicono che nellantichit le ipotesi sulla natura
Capitolo XIV
Sebbene i Vril-ya, come ho gi detto, scoraggino
qualunque tipo di speculazione in merito alla natura
dellEssere Supremo, sembrano essere concordi nel
credere fermamente di poter risolvere il grande problema
dellesistenza del male: tematica alquanto dibattuta fra i
filosofi che popolano il mondo sulla superficie della Terra.
Essi sostengono che, una volta che il Creatore ha dato agli
esseri viventi la vita e la sua relativa percezione, per
quanto flebile, come nel caso di una pianta, la vita non viene
pi distrutta ma passa a una forma nuova e migliore.
Levoluzione in tale forma non avviene necessariamente su
questo pianeta (a differenza di quanto previsto dalla comune
dottrina della metempsicosi), ma lessere vivente conserva
il suo senso didentit e pu, quindi, collegare la vita passata
a quella futura con la consapevolezza della sua ascesa sulla
scala della felicit. Essi affermano, infatti, che senza un
simile presupposto, secondo il lume della ragione umana di
cui sono dotati, non potrebbero scoprire la perfetta
giustizia, qualit fondamentale della Saggezza e della Bont
Suprema. Lingiustizia, a loro avviso, pu avere solo tre
cause: mancanza di saggezza nel percepire ci che giusto,
mancanza di benevolenza nel desiderarlo e mancanza di
potere nel realizzarlo. Ognuna di queste tre mancanze
incompatibile con la Saggezza Suprema, la Bont Suprema e
il Potere Supremo.
T uttavia, mentre anche in questa vita la saggezza, la
benevolenza e il potere dellEssere Supremo sono
abbastanza evidenti da costringerci a riconoscerle,
inevitabilmente, la giustizia risultante da questi attributi
richiede lesistenza di unaltra vita, non solo per luomo, ma
Capitolo XV
Ancorch tutta la famiglia fosse molto buona con me, la
giovane figlia del mio ospite, con i suoi modi gentili, era la
pi affettuosa e premurosa di tutti. Seguendo il suo
consiglio, misi da parte gli indumenti con cui ero sceso dalla
superficie della Terra e adottai labbigliamento dei Vril-ya,
fatta eccezione per quelle ingegnose ali che, quando
camminavano, fungevano da elegante mantello. T uttavia,
molti Vril-ya, nellesercizio delle loro attivit urbane, non
indossano le ali, quindi tale eccezione mi permise di non
evidenziare una marcata differenza tra me e la razza di cui
ero ospite riuscendo, cos, a visitare la citt senza suscitare
uneccessiva curiosit che avrebbe creato soltanto disagio.
Al di fuori della famiglia del mio ospite nessuno sospettava
che provenissi dalla superficie della Terra, credevano,
invece, che fossi un membro di una delle trib barbare e
inferiori e che fossi stato accolto da Aph-Lin nella sua
abitazione.
La citt era grande rispetto al territorio circostante, che
non era pi vasto della tenuta di un nobile inglese. T uttavia,
fino alla cinta di rocce che ne delimitava il confine, il
territorio era interamente coltivato nel migliore dei modi,
fatta eccezione per i tratti di montagna e di pascolo lasciati
generosamente incolti a disposizione degli animali innocui
che i Vril-ya erano riusciti ad addomesticare, pur non
dovendo sfruttarli per usi domestici. La loro bont verso
queste umili creature talmente grande che, quando
diventano troppo numerose per i pascoli loro riservati
nelle localit dorigine, lorgano che gestisce le finanze
stanzia una somma per trasportarle in altre comunit di
Vril-ya (solitamente nuove colonie) che desiderano
accenno di baffi.
Fui sorpreso nel constatare che il colore della loro pelle
non era uniforme e uguale a quello che avevo notato nei
primi individui che avevo incontrato: alcuni avevano una
carnagione molto pi chiara e perfino occhi azzurri e
capelli dun intenso rosso dorato, sebbene il colore
dellincarnato fosse comunque pi caldo di quello degli
abitanti dellEuropa settentrionale.
Mi fu detto che quella mescolanza di toni derivava dai
matrimoni misti con altre trib pi lontane dei Vril-ya che, a
causa del clima piuttosto che di unantica distinzione della
razza, avevano carnagioni pi chiare delle trib cui
apparteneva la comunit che mi ospitava. Si riteneva che la
pelle rosso scuro distinguesse la pi antica famiglia degli
Ana. T uttavia essi non andavano affatto orgogliosi di tale
antichit ma, al contrario, credevano che la loro attuale
eccellenza genetica fosse dovuta ai frequenti matrimoni
con famiglie diverse e tuttavia affini. I matrimoni misti
vengono incoraggiati, a patto che rimangano nellambito
delle nazioni Vril-ya. Le nazioni che non si conformavano ai
costumi e alle istituzioni dei Vril-ya e che non erano
ritenute capaci di acquisire il dominio sulle energie vril che
essi avevano conquistato e perfezionato generazione dopo
generazione, venivano considerate dai Vril-ya con maggiore
disprezzo di quello che i cittadini di New York riservano ai
negri.
Seppi da Zee, che aveva una conoscenza generale pi
vasta di quella di tutti i maschi con cui ebbi modo di
conversare amichevolmente, che si pensava che la
superiorit dei Vril-ya avesse avuto origine nellintensit
delle loro prime lotte contro gli ostacoli naturali, nelle
localit in cui si erano inizialmente rifugiati. Ovunque
Capitolo XVI
Ho parlato talmente tanto dello scettro Vril che il mio
lettore saspetter che lo descriva. Non posso farlo
accuratamente, poich non ebbi mai il permesso di
maneggiarne uno per paura che la mia ignoranza potesse
causare qualche terribile incidente. un bastone cavo il
cui manico provvisto di svariati tasti, pulsanti e
interruttori che servono ad alterarne, modificarne o
direzionarne lenergia in modo che, mediante un certo
processo possa distruggere e mediante un altro possa
guarire, piuttosto che sventrare la roccia, disperdere il
calore, influire sui corpi o perfino esercitare una certa
influenza sulle menti. Solitamente ha il comodo formato di
un bastone da passeggio, ma dotato di scanalature che lo
rendono telescopico, permettendo di allungarlo o
accorciarlo a seconda dellesigenza. Quando utilizzato per
scopi speciali, la parte superiore viene tenuta nel palmo
della mano, con lindice e il medio allungati. Mi fu
assicurato, comunque, che lenergia non sempre uguale,
ma proporzionata alla quantit di alcune qualit vril di chi
lo porta, a seconda degli scopi. Alcuni avevano maggiori
poteri distruttivi, altri guaritori e cos via, molto dipendeva
anche dalla calma e dalla decisione del manipolatore.
I Vril-ya affermano che il pieno esercizio dellenergia vril
pu essere acquisito soltanto grazie a un temperamento
innato, ovvero a una caratteristica organica ereditaria. Essi
sostengono che, qualora lo scettro fosse messo in mano a
una bambina di quattro anni appartenente alla razza Vril-ya,
questa potrebbe compiere cose che il meccanico pi forte
ed esperto di unaltra razza non potrebbe ottenere neppure
dopo unintera vita trascorsa a esercitarsi.
Capitolo XVII
Poich i Vril-ya non possono vedere i corpi celesti e non
hanno altra distinzione tra giorno e notte che quella
stabilita, per comodit, da loro stessi, ovviamente non
dividono il tempo mediante un processo simile al nostro.
T uttavia, grazie al mio orologio, che fortunatamente avevo
con me, mi riusc facile calcolare il loro tempo con
estrema precisione. Riservo a unopera futura sulla scienza
e la letteratura dei Vril-ya, semmai vivr abbastanza per
completarla, tutti i dettagli sul modo in cui la gente di
questo popolo stabilisce la notazione del tempo e qui mi
accontento di dire che, in quanto a durata, il loro anno
differisce solo leggermente dal nostro, mentre le sue
suddivisioni non corrispondono assolutamente alle nostre.
La loro giornata (che comprende anche quella che noi
chiamiamo notte) composta di venti ore del nostro tempo,
anzich ventiquattro, e, naturalmente, il loro anno
comprende un corrispondente aumento del numero di
giorni. Le venti ore sono cos ripartite: otto, chiamate Ore
del Silenzio, per il riposo; otto, chiamate Ore
Coscienziose, per le varie occupazioni della vita; e
quattro, chiamate Ore Liete (con cui posso dire si
concluda la loro giornata) dedicate alle feste, allo sport, alla
ricreazione e alle conversazioni familiari, a seconda dei
gusti e delle inclinazioni.
A dire il vero, allaperto la notte non esiste. Per le vie e
nella campagna circostante, fino ai confini del loro
territorio, viene mantenuta la stessa intensit di luce a
tutte le ore. Allinterno degli edifici, invece, durante le Ore
del Silenzio, le luci vengono abbassate fino a creare una
sommessa penombra. I Vril-ya provano un profondo senso
damore.
Questa poesia dissi, potrebbe indubbiamente essere
resa affascinante. T ra la mia gente, molti critici la
considerano una forma pi elevata di quella che dipinge i
crimini delluomo o ne analizza le passioni. In ogni caso, la
poesia del tipo insipido che avete ricordato, quella che
oggi attira il maggior numero di lettori fra la gente che ho
lasciato sulla superficie della Terra.
Pu darsi, tuttavia suppongo che gli scrittori si
prendano grande cura del linguaggio che utilizzano e si
dedichino alla cultura applicandosi per raffinare e levigare
con arte le parole e i ritmi.
Certamente! T utti i grandi poeti devono farlo. Il dono
della poesia pu essere innato, ma necessario curarlo
perch venga reso disponibile, proprio come avviene per
un blocco di metallo che deve essere trasformato in una
delle vostre macchine.
E senza dubbio i vostri poeti hanno qualche incentivo
che li spinge a dedicare tanto impegno a queste leziosit
verbali.
Be, presumo che sia listinto a spingerli a cantare,
proprio come accade negli uccelli; ma per coltivare quel
canto al fine di conferirgli grazia probabilmente
necessario un incentivo esterno, che i nostri poeti trovano
nella fama... e forse, talvolta, nel bisogno di denaro.
Esattamente. Ma nella nostra societ non colleghiamo la
fama a nulla di ci che luomo pu compiere nel momento
della sua esistenza che viene chiamato vita. Se
scegliessimo qualche individuo per farne loggetto di lodi
eminenti, perderemmo leguaglianza che costituisce
lessenza felice del nostro stato di benessere comune. La
lode eminente conferirebbe un eminente potere, e qualora
Capitolo XVIII
Quando io e Ta, una volta fuori citt, abbandonammo
sulla sinistra la via principale e cincamminammo fra i
campi, la strana e solenne bellezza del paesaggio,
rischiarato fino al limitare dellorizzonte da innumerevoli
lampioni, affascin i miei occhi, distogliendo per un po la
mia attenzione dallascolto di ci che mi stava dicendo il mio
compagno.
Sul nostro cammino vidi che varie attivit agricole
venivano svolte da macchine le cui forme erano per me
nuove e, nella maggior parte dei casi, assai eleganti poich,
tra quella gente, larte viene coltivata ai fini della pura
utilit e si esalta nelladornare e affinare le forme di oggetti
pratici. In quella societ i metalli preziosi e le gemme sono
talmente abbondanti da venire abbondantemente utilizzati
su oggetti dedicati alluso pi comune e lamore per lutilit
spinge i Vril-ya ad abbellire le proprie attrezzature,
accendendo la loro immaginazione in maniera impensabile.
In tutti i loro lavori, tanto al coperto quanto allaperto,
fanno grande uso di automi, tanto ingegnosi e sottomessi
alle energie del vril, da sembrare realmente dotati di
ragione. Era quasi impossibile distinguere quelle figure che
vedevo, apparentemente intente a guidare o a
sovrintendere i rapidi movimenti delle grandi macchine,
dagli esseri umani dotati di intelligenza.
Pian piano, strada facendo, la mia attenzione venne
attratta dalle osservazioni acute e vivaci del mio compagno.
Lintelligenza
dei
bambini,
in
questa
razza,
Capitolo XIX
Mentre tornavamo in citt, Ta si avvi lungo un
percorso diverso e arzigogolato per mostrarmi quella che,
utilizzando un termine familiare, chiamer Stazione da cui
erano soliti iniziare i loro viaggi gli emigranti e i viaggiatori.
In precedenza, avevo espresso il desiderio di vedere i
veicoli dei Vril-ya. Constatai che ne esistevano di due tipi:
uno per i viaggi di terra, laltro per i viaggi aerei. I primi
erano di ogni forma e dimensione: alcuni non pi grandi di
una normale carrozza, altri erano vere e proprie case
mobili a un piano, suddivise in diverse stanze arredate
secondo il concetto di lusso e di comodit tipico dei Vril-ya.
I veicoli aerei, invece, erano realizzati in materiali leggeri e
non somigliavano affatto ai nostri aerostati bens alle nostre
barche o battelli da diporto. Erano muniti di timone, al posto
dei remi avevano grandi ali e al centro erano dotati di un
motore alimentato dal vril. T utti i veicoli terrestri e aerei
erano, infatti, azionati da quellenergia potente e misteriosa.
Vidi un convoglio in partenza. Aveva pochi passeggeri,
trasportava perlopi merci ed era diretto a una comunit
vicina, poich gli scambi commerciali fra le varie trib dei
Vril-ya sono molto attivi. Posso osservare che la loro
moneta non si avvale di metalli preziosi, troppo comuni per
essere utilizzati a tale scopo. Le monete pi piccole duso
ordinario sono ricavate da una particolare conchiglia
fossile, residuo
relativamente
scarso
di qualche
antichissimo diluvio, o di qualche altro cataclisma naturale,
che ne ha sterminato la specie. minuscola e piatta come
unostrica, e ha la lucentezza di un gioiello. Questa moneta
circola fra tutte le trib dei Vril-ya. Le transazioni
commerciali pi consistenti si svolgono, a grandi linee
Capitolo XX
Dopo la spedizione con Ta di cui ho appena parlato, il
ragazzino venne sovente a farmi visita. Provava per me una
simpatia che ricambiavo cordialmente. Inoltre, poich non
aveva ancora compiuto dodici anni e non aveva, quindi,
iniziato il corso di studi scientifici che in quel paese
conclude linfanzia, nei suoi confronti mi sentivo
intellettualmente meno inferiore di quanto non mi sentissi
nei riguardi dei membri pi adulti della sua razza, in
particolare delle Gy-ei e, in special modo, dellesperta Zee.
I bambini dei Vril-ya, sulle cui menti pesano tanti doveri e
tante responsabilit, non sono generalmente allegri; tuttavia
Ta, nonostante la sua saggezza, aveva quel gioioso buon
umore che spesso caratterizza gli uomini di genio di una
certa et. Nella mia compagnia trovava lo stesso piacere
che, nel mondo sulla superficie della Terra, un bambino
della sua et trova nella compagnia di un cane o di una
scimmietta. T rovava divertente cercare dinsegnarmi le
abitudini del suo popolo, proprio come uno dei miei nipoti si
diverte a far camminare il suo barboncino sulle zampe
posteriori o a farlo saltare attraverso un cerchio. Mi
prestavo volentieri a tali esperimenti, ma non ottenevo mai
il successo del barboncino. Inizialmente fui molto
interessato a tentare di far pratica con le ali che anche i
Vril-ya pi giovani usano con lagilit e la disinvoltura con
cui i nostri bambini muovono le braccia e le gambe, ma i
miei sforzi furono ricompensati soltanto da contusioni
abbastanza serie da convincermi a rinunciare per
disperazione.
Le ali, come ho gi detto, sono molto grandi; arrivano alle
ginocchia, e quando non sono utilizzate vengono tenute
Capitolo XXI
Da qualche tempo avevo notato nellinformatissima e
possente figlia del mio ospite quel sentimento gentile e
protettivo che, sulla superficie della Terra cos come nelle
sue viscere, la saggia Provvidenza ha conferito alla met
femminile della razza umana. Per molti anni lavevo sempre
attribuito a quellaffetto per gli animali domestici che una
donna umana, di qualsiasi et, ha in comune con il bambino.
Ora, invece, mi accorsi, dolorosamente, che il sentimento
che mi dimostrava Zee era ben diverso da quello che
ispiravo a Ta. T uttavia, una simile convinzione non mi
fece affatto provare quel compiaciuto senso di
gratificazione che la vanit maschile trae solitamente da un
apprezzamento lusinghiero dei suoi meriti personali da
parte del gentil sesso, al contrario, mispir paura. Eppure,
fra tutte le Gy-ei della comunit, Zee non solo era la pi
sapiente e la pi forte, ma anche, a detta di tutti, la pi
dolce e, indubbiamente, anche la pi amata da tutti. Il
desiderio di aiutare, soccorrere, proteggere, confortare,
benedire sembrava pervadere tutto il suo essere.
Sebbene nel sistema sociale dei Vril-ya le complicate
infelicit che traggono origine dalla miseria e dalla colpa
siano cosa sconosciuta, nessun saggio aveva ancora
scoperto nel vril unenergia capace di eliminare il dolore
dalla vita. E dovunque ci fosse dolore, tra la sua gente, Zee
accorreva a svolgere la sua missione consolatrice. Una
sorella Gy non era riuscita a ottenere lamore dellAn per
cui sospirava? Zee la cercava e usava tutte le risorse della
sua conoscenza e tutte le consolazioni della sua
compassione, per alleviare unangoscia tanto bisognosa del
conforto di una confidente. Nei rari casi in cui una malattia
Capitolo XXII
Come il lettore avr avuto modo di vedere, Aph-Lin non
mi aveva favorito nellavere un contatto generale e
illimitato con i suoi compatrioti. Sebbene si fidasse della
mia promessa di astenermi dal dare informazioni sul mondo
che avevo lasciato e ancor pi della promessa di non
interrogarmi fatta da quanti mi conoscevano, cosa che Zee
aveva richiesto a Ta, non era del tutto sicuro che, qualora
mi fosse stato permesso di frequentare gli estranei
incuriositi
dalla
mia
presenza,
io
sarei
stato
sufficientemente in grado di difendermi dalle loro domande.
Quando uscivo, quindi, non ero mai solo. Venivo sempre
accompagnato da un familiare del mio ospite o dal mio
giovane amico Ta.
Bra, la moglie di Aph-Lin, raramente si spingeva oltre i
giardini che circondavano la sua casa e amava leggere la
letteratura antica, pi romanzesca e avventurosa di quella
scritta negli ultimi anni e contenente immagini di una vita
estranea alla sua esperienza e interessante per la sua
fantasia, una vita, a dire il vero, pi simile a quella che
siamo soliti condurre quotidianamente sulla superficie della
Terra, colorata dalle nostre sofferenze, dai nostri peccati e
dalle nostre passioni. T utte cose per lei fiabesche come lo
sono per noi le Storie del Genii o le fiabe delle Mille e una
notte.
Ma lamore per la lettura non impediva a Bra di assolvere
ai suoi doveri di padrona della casa pi grande della citt.
Ogni giorno faceva il giro delle stanze, si assicurava che gli
automi e gli altri apparecchi meccanici fossero a posto e
che i numerosi bambini impiegati da Aph-Lin, per sue
attivit tanto
private
quanto
pubbliche,
fossero
lattenzione del Collegio dei Saggi in tutte le comunit Vrilya che potreste visitare ed essere accolto con spirito
ospitale, piuttosto che essere sezionato per scopi
scientifici, dipenderebbe, com avvenuto qui, dal
temperamento di qualche saggio. Dovete sapere che quando
il T ur vi port nella sua casa, subito dopo il vostro arrivo, e
Ta vi fece addormentare perch vi riprendeste dal dolore
e dalla stanchezza, i saggi convocati dal T ur espressero
opinioni divergenti sul vostro conto. Per alcuni eravate
solo un animale innocuo, per altri un animale pericoloso.
Mentre eravate privo di conoscenza, venne esaminata la
vostra dentatura e risult chiaramente che eravate non
solo granivoro, ma anche carnivoro. Gli animali carnivori
della vostra stazza vengono sempre uccisi, poich hanno
unindole pericolosa e feroce. Come avrete sicuramente
osservato, i nostri denti non sono come quelli degli esseri
che si nutrono di carne. Zee e altri filosofi sostengono, per
la verit, che in tempi antichi gli Ana si siano nutriti di
carne e pertanto, dovevano avere dentature adatte allo
scopo. In ogni caso, si sono modificate nella trasmissione
ereditaria, adeguandosi al cibo con cui ora ci alimentiamo. E
neppure i barbari, che adottano le istituzioni turbolente e
feroci del Glek-Nas, divorano la carne come belve.
Nel corso della discussione fu proposto di sezionarvi, ma
Ta intercesse per voi e poich il T ur, per dovere dufficio,
contrario a qualsiasi esperimento che contrasti con la
nostra consuetudine di risparmiare la vita quando non sia
chiaramente provato che necessario toglierla per il bene
della comunit, mand a chiamare me che, essendo luomo
pi ricco dello Stato, ho il compito di offrire ospitalit agli
stranieri venuti a lontano. Spettava a me decidere se
eravate o meno uno straniero che si poteva accogliere
Capitolo XXIII
Confesso che la mia conversazione con Aph-Lin e
lestremo distacco con cui si era dichiarato incapace di
controllare il pericoloso capriccio di sua figlia e con cui mi
aveva prospettato lidea che a causa della fiamma damore di
Zee la mia persona, troppo seducente, potesse essere
incenerita, mi tolsero il piacere che altrimenti avrei
provato nellammirare la residenza di campagna del mio
ospite e la sorprendente perfezione dei macchinari che si
occupavano delle attivit agricole. Laspetto di quella casa
era assai diverso rispetto alledificio massiccio e cupo in
cui Aph-Lin abitava in citt e che sembrava simile alle
rocce stesse da cui aveva preso forma la citt. Le pareti
della residenza di campagna erano formate da alberi piantati
a pochi metri luno dallaltro e gli interstizi erano riempiti
dalla sostanza metallica trasparente che presso gli Ana
sostituisce il vetro. Gli alberi erano tutti in fiore e leffetto
era molto piacevole, anche se di dubbio gusto. Alcuni
automi ci accolsero sulla veranda e ci condussero in una
stanza che non avevo mai visto, ma che avevo spesso
immaginato nei sogni fatti nelle giornate destate. Era un
pergolato, per met stanza e per met giardino. Le pareti
erano un insieme di fiori rampicanti.
Gli spazi che noi chiamiamo finestre erano aperti, poich
le lastre metalliche erano state fatte rientrare, e
mostravano paesaggi di vario genere. Alcuni rivelavano un
ampio panorama con laghi e rocce, altri piccoli tratti
limitati, simili ai nostri vivai, pieni di gradinate in fiore.
Lungo i lati della camera cerano letti fioriti cosparsi di
cuscini. Al centro del pavimento della stanza cerano una
cisterna e una fontana di quel liquido che presumevo fosse
afflizione?
Sicuramente, sono veramente pochi Vril-ya che non
ritengono che un patrimonio superiore alla media sia un
pesante fardello. Dopo linfanzia diventiamo piuttosto pigri
e non amiamo farci carico di maggiori preoccupazioni del
necessario, e una grande ricchezza ne d molte. Ad
esempio, ci rende eleggibili per le cariche pubbliche, cosa
che nessuno ama e che nessuno pu rifiutare. Questo ci
impone dinteressarci costantemente agli affari dei
compatrioti pi poveri per prevedere le loro esigenze ed
evitare che cadano in miseria. Un vecchio proverbio dice:
Il bisogno del povero la vergogna del ricco.
Scusate se vinterrompo un attimo. Ma, ammettete,
quindi, che perfino tra i Vril-ya c chi conosce il bisogno e
necessita di aiuto?
Se per bisogno intendi la povert che regna in un KoomPosh, tra noi non possibile a meno che un An non si sia
sbarazzato di tutte le sue risorse in maniera alquanto
insolita, non voglia o non possa emigrare e abbia esaurito
ogni possibilit di affettuoso aiuto da parte dei suoi parenti e
degli amici, oppure rifiuti di accettarlo.
Be, in tal caso, perch non prende il posto di un
bambino o di un automa e non diventa un operaio... un
servitore?
No. A quel punto lo consideriamo uno sventurato,
mentalmente menomato e, a spese dello Stato, provvediamo
ad alloggiarlo in un edificio pubblico in cui possa godere di
comodit e lusso tali da riuscire a mitigare la sua afflizione.
Ma un An non ama essere considerato insano di mente e
quindi casi simili sono talmente rari che ledificio pubblico
di cui vi ho parlato, oggi non altro che un rudere
abbandonato. Lultimo ospite fu un An che ricordo di aver
casa.
Contavo su un cenno di aiuto da parte del mio ospite
dissi amaramente nei pericoli a cui sua figlia stessa a
espormi.
Vi ho dato tutto laiuto che potevo. Contraddire una Gy
nei suoi affari di cuore significa rafforzare i suoi propositi:
non tollera che alcun consiglio si frapponga tra lei e i suoi
affetti.
Capitolo XXIV
Quando scendemmo dalla barca aerea, nellatrio, un
bambino si avvicin ad Aph-Lin, e gli rifer che era stato
pregato di presenziare alle esequie di un parente che aveva
recentemente lasciato quel mondo.
Laggi non avevo mai visto luoghi di sepoltura o cimiteri
e, lieto di cogliere unoccasione, sia pure malinconica, per
evitare lincontro con Zee, chiesi ad Aph-Lin se potevo
assistere con lui alla sepoltura del suo parente, a meno che,
naturalmente, non fosse considerata una di quelle
cerimonie sacre cui gli stranieri di altre razze non sono
ammessi.
La dipartita di un An per un mondo pi felice rispose il
mio ospite quando, come nel caso del mio parente, si
vissuti cos a lungo in questo mondo da perderne il piacere,
pi che una cerimonia sacra una festa lieta e tranquilla.
Quindi, potete accompagnarmi, se lo desiderate.
Preceduti dal bambino messaggero, cincamminammo
lungo la via principale fino ad una casa poco lontana.
Fummo condotti in una stanza al piano terra, dove
trovammo parecchie persone radunate intorno al giaciglio
su cui riposava il defunto. Mi dissero che si trattava di un
vecchio che aveva superato i centotrenta anni. A giudicare
dal sorriso sereno sul suo volto, si era spento senza
soffrire. Uno dei figli, quello che ora era diventato il capo
famiglia e sembrava una persona vigorosa di mezzet, di
fatto aveva passato la settantina, si fece avanti con volto
lieto e raccont ad Aph-Lin che, il giorno prima di morire,
suo padre aveva visto in sogno la sua defunta Gy ed era
impaziente di ricongiungersi con lei, restituito alla
giovinezza sotto il sorriso della Bont Suprema.
Capitolo XXV
Questa dissi io, con la mente colma di ci che avevo
visto, questa, presumo, sia la vostra consueta forma di
esequie.
la nostra forma invariabile rispose Aph-Lin. Cosa
fate presso il tuo popolo?
Seppelliamo il corpo nella terra.
Come! Degradare la forma che avete amato e onorato,
la moglie sul cui seno avete dormito, abbandonandola a una
ripugnante putrefazione?
Ma se lanima continua a vivere, che importa se il corpo
si consuma nella terra o viene ridotto a un pizzico di
polvere da quel terribile meccanismo, indubbiamente
alimentato dallenergia del vril?
La tua risposta giusta disse il mio ospite, ed inutile
discutere su questioni di sentimento, ma, per me, la vostra
consuetudine orribile e ripugnante e fa s che la morte
venga associata a pensieri lugubri e repellenti. Inoltre, a
mio parere, importante conservare il ricordo del nostro
parente o amico nella casa in cui viviamo. Cos percepiamo
meglio il fatto che egli vive ancora, sebbene, ai nostri
occhi, non sia pi visibile. Ma in questo, cos come in tutto
il resto, i nostri sentimenti sono dettati dalla consuetudine.
Una consuetudine non pu essere cambiata da un saggio An,
n, tanto meno, da una saggia Comunit, senza una serissima
riflessione seguita dalla pi fervida delle convinzioni. Solo
cos il cambiamento cessa di essere volubilit e, una volta
effettuato, risulta fatto a fin di bene.
Quando tornammo a casa, Aph-Lin chiam alcuni dei
bambini al suo servizio e li mand da vari suoi amici per
invitarli a una festa che avrebbe tenuto in onore del ritorno
diritti.
qui la giovane Gy di cui parli?
Oh, s. seduta laggi e sta parlando con mia madre.
Guardai nella direzione indicatami e vidi una Gy vestita di
rosso vivo, colore che presso quel popolo, significa che
una Gy preferisce ancora restare nubile. Una Gy si veste di
grigio, una tinta neutra, per indicare che sta cercando uno
sposo; viola scuro per far capire che ha gi compiuto una
scelta; viola e arancione quando fidanzata o sposata;
azzurro quando divorziata o vedova e desidera risposarsi.
Lazzurro, ovviamente, un colore che si vede raramente.
In una razza dove tutti sono bellissimi, difficile trovare
qualcuno che si distingua per la bellezza. La prescelta del
mio giovane amico mi sembr possedere una bellezza
normale, ma sul suo volto cera unespressione che mi
piacque pi di quella delle altre Gy-ei in generale, poich mi
sembr meno impavida, meno conscia dei diritti femminili.
Notai che, mentre parlava a Bra, di tanto in tanto guardava
furtivamente il mio giovane amico.
Coraggio gli dissi quella giovane Gy ti ama.
Ah, ma se non me lo dir, a che servir che mi ami?
T ua madre sa del tuo affetto?
Forse s. Non gliene ho mai parlato. Sarebbe poco virile
confessare tale debolezza ad una madre. Lho detto a mio
padre e forse lui lha rivelato a sua moglie.
Mi permetti di lasciarti per un momento e di accostarmi
a tua madre e alla tua amata? Sono certo che stanno
parlando di te. Non temere. T i prometto che non
permetter a nessuno di farmi delle domande finch non
sar tornato da te.
Il giovane An si pos una mano sul cuore, mi tocc
leggermente la testa e mi lasci andare. Inosservato, mi
Gy pi di unaltra?
Lingenuit delle sue domande mi mise in imbarazzo e
dissi:
Perdonatemi, ma temo che stiamo iniziando a violare
lingiunzione di Aph-Lin. Posso dire soltanto questo, in
risposta, e poi, vi supplico di non chiedermi altro. Una volta
provai quella preferenza di cui parlate, mi dichiarai e la Gy
mi avrebbe accettato volentieri se i suoi genitori non
avessero rifiutato il consenso.
I genitori! Volete dire davvero che i genitori possono
interferire nelle scelte delle loro figlie?
S, possono farlo, e lo fanno molto spesso.
Non mi piacerebbe vivere in quel paese disse la Gy,
semplicemente, ma spero che voi non vi facciate mai
ritorno.
Chinai il capo in silenzio. La Gy, con la mano destra, mi
risollev il volto con fare gentile, e mi guard teneramente.
Restate con noi disse, restate con noi e lasciatevi
amare.
T remo ancora oggi al pensiero di ci che avrei potuto
rispondere, al pericolo che avrei potuto correre di essere
incenerito, quando la luce della fontana di nafta fu oscurata
dallombra di un paio dali e Zee, scendendo dal tetto aperto,
atterr accanto a noi. Non disse una parola ma,
afferrandomi il braccio con la mano possente, mi trascin
via, come fa una madre col figlioletto capriccioso, e mi fece
attraversare gli appartamenti fino a uno dei corridoi da cui,
salendo su uno di quei meccanismi che i Vril-ya
preferiscono generalmente alle scale, raggiungemmo la mia
stanza. Una volta l, Zee mi alit sulla fronte, mi tocc il
petto con lo scettro, e io precipitai immediatamente in un
sonno profondo.
Certamente no.
Non ami la sorella di Ta?
Non lavevo mai vista prima di ieri sera.
Non una risposta. Lamore pi fulmineo del vril. T u
esiti a dirmelo. Non credere che sia soltanto la gelosia a
indurmi a metterti in guardia. Se la figlia del T ur ti
dichiarasse amore, se nella sua ignoranza confidasse al
padre la sua preferenza e lo convincesse delle sue
intenzioni di corteggiarti, egli non avrebbe altra scelta che
richiedere la tua immediata eliminazione, poich ha il
compito di vegliare sul bene della comunit e questo non
permette a una figlia dei Vril-ya di sposare un figlio dei T isha, nel senso di un matrimonio che non si limiti a ununione
delle anime. Ahim, in tal caso non avresti scampo. Lei non
abbastanza forte per trasportarti in volo, non ha alcuna
conoscenza che le permetta di creare una casa in localit
desolate e selvagge. Credimi, la mia amicizia che ti parla
mentre la mia gelosia tace.
Con queste parole, Zee mi lasci. E ricordandole, non
pensai pi a salire sul trono dei Vril-ya, n tanto meno alle
riforme politiche, sociali e morali che avrei potuto istituire
in qualit di Sovrano Assoluto.
Capitolo XXVI
Dopo la conversazione con Zee che ho appena
raccontato, precipitai in uno stato di profonda malinconia. Il
curioso interesse con cui in precedenza avevo osservato la
vita e le abitudini di quella meravigliosa comunit era
svanito. Non riuscivo a togliermi dalla mente la
consapevolezza di trovarmi in mezzo a gente che, sebbene
mite e cortese, avrebbe potuto annientarmi da un momento
allaltro, senza alcun scrupolo n rimorso. La vita virtuosa
e pacifica che, fintanto che aveva costituito per me una
novit, mi era sembrata cos santa in confronto ai dissidi,
alle passioni e i vizi del mondo sulla superficie della Terra,
cominci a opprimermi, a trasmettermi un certo senso di
squallore e monotonia. Anche la serena tranquillit dellaria
luminosa deprimeva il mio spirito. Desideravo un
cambiamento, fosse pure linverno, un temporale o
loscurit. Cominciai a pensare che, qualunque siano i
nostri sogni di perfezione, le nostre inquiete aspirazioni a
una sfera dellessere migliore, pi alta e pi serena, noi
mortali del mondo sulla superficie della Terra non siamo n
abituati n adatti a godere a lungo la felicit che sogniamo.
Era curioso notare come la societ dei Vril-ya riuscisse a
unire e armonizzare in un unico sistema quasi tutti i fini
che i vari filosofi del mondo sulla superficie della Terra
hanno prospettato alle speranze umane quali ideali di un
futuro utopistico. Era uno stato in cui la guerra, con tutte
le sue calamit, veniva ritenuta impossibile; in cui la libert
di tutti e dei singoli era garantita al massimo livello, senza
quelle animosit che nel mondo sulla superficie della Terra
fanno s che la libert dipenda dalla lotta perpetua fra le
parti ostili. Qui nessuno conosceva n la corruzione che
dai loro recessi sotterranei per vivere alla luce del giorno,
secondo la tradizionale fede nel loro destino supremo,
avrebbero annientato e sostituito le nostre variet umane.
T uttavia, si pu dire che, siccome pi di una Gy poteva
concepire una predilezione per un tipo comune della razza
del mondo sulla superficie della Terra, quale sono io, se
anche i Vril-ya fossero usciti alla luce nel sole, ci saremmo
potuti salvare dallo sterminio mediante la fusione delle
razze. Ma si tratta di una convinzione troppo ardita. I casi di
una simile msalliance sarebbero rari quanto i matrimoni
misti tra gli emigranti anglosassoni e i pellerossa.
Mancherebbe il tempo per stabilire rapporti di familiarit. I
Vril-ya, uscendo in superficie, e indotti dal fascino del cielo
rischiarato dal sole a formare colonie, comincerebbero
subito la loro opera di distruzione, simpadronirebbero dei
territori gi coltivati e senza farsi alcuno scrupolo
eliminerebbero quanti si opponessero allinvasione. E
considerando il loro disprezzo per le istituzioni del KoomPosh o Governo Popolare, e il valore pugnace dei miei
amati compatrioti, credo che se i Vril-ya comparissero nella
libera America (che, essendo la parte migliore della terra
abitabile, verrebbe indubbiamente prescelta), e dicessero:
Prendiamo questo quarto del globo. Cittadini di un KoomPosh, lasciate il posto allo sviluppo della specie dei Vril-ya,
i miei coraggiosi compatrioti combatterebbero, e nel giro di
una settimana non resterebbe viva neppure unanima per
reggere il vessillo a stelle e strisce.
Ora vedevo poco Zee, tranne durante lora dei pasti,
quando tutta la famiglia si riuniva, e lei si mostrava sempre
riservata e taciturna. I miei timori rispetto a pericoli
causati da un affetto che non avevo incoraggiato n
meritato erano svaniti, ma il mio avvilimento cresceva. Mi
Capitolo XXVII
Un giorno, mentre ero solo nella mia stanza, intento a
rimuginare su questi pensieri, Ta entr in volo dalla
finestra aperta e si pos sul divano accanto a me. Mi
facevano sempre piacere le visite del ragazzino, in
compagnia del quale, pur sentendomi umiliato, ero meno
eclissato di quanto non lo fossi quando mi trovavo insieme
agli Ana che avevano completato la loro educazione e
maturato la loro cognizione. E poich ero autorizzato a
uscire insieme a lui e desideravo rivisitare il luogo in cui
ero sceso nel mondo sotterraneo, mi affrettai a chiedergli
se era disposto a fare una passeggiata fuori citt. Il suo
volto mi parve pi serio del solito, quando rispose: Sono
venuto appunto per invitarti a uscire.
Scendemmo in strada e non eravamo molto lontani da
casa quando incontrammo cinque o sei Gy-ei che tornavano
dai campi con ceste piene di fiori, cantando in coro lungo la
strada. Una giovane Gy canta pi spesso di quanto non parli.
Vedendoci, si fermarono, si rivolsero a Ta con labituale
tenerezza e a me con la cortese galanteria che
contraddistingue le Gy-ei nel loro comportamento verso il
nostro sesso debole.
Posso osservare che, sebbene una Gy vergine sia
particolarmente franca quando corteggia il suo prediletto,
nelle sue parole e nei suoi modi non si troverebbe mai nulla
che potesse arrivare al modo chiassoso in cui le giovani
donne anglosassoni indicate con lepiteto di fast, trattano i
giovani gentiluomini che non dichiarano di amare. No, il
contegno delle Gy-ei nei confronti dei maschi ,
abitualmente, simile a quello degli uomini ben educati del
nostro mondo verso le signore che essi rispettano ma non
corteggiano,
ossia
deferente,
complimentoso,
squisitamente educato, ci che noi definiremmo
cavalleresco.
Rimasi certo un po stupito per le numerose frasi cortesi
che quelle giovani e gentili Gy-ei rivolsero al mio amor
proprio. Nel mondo da cui provengo, un uomo si sarebbe
sentito trattato con ironia, preso per i fondelli (se mi
consentita unespressione tanto volgare), se avesse udito,
come accadde a me, complimenti da parte di una Gy per la
freschezza della carnagione, per la scelta dei colori
dellabbigliamento e per le conquiste fatte al ricevimento di
Aph-Lin. Ma io sapevo gi che tale linguaggio corrispondeva
a quello che i francesi definiscono banal e dimostrava
semplicemente il desiderio delle Gy-ei di apparire amabili
agli occhi dellaltro sesso, cosa che, nel mondo sulla
superficie della Terra, per costume arbitrario e
trasmissione ereditaria, tipico degli uomini. E come nel
nostro mondo una fanciulla ben educata, abituata a tali
complimenti, capisce di non poterli ricambiare senza
sfidare il decoro, e di non poterne trarre una grande
soddisfazione nel riceverli, cos io, che avevo imparato le
buone maniere nella casa di un ricco e dignitoso Ministro di
quella nazione, non potei far altro che sorridere e declinare
gentilmente i complimenti che mi venivano rivolti. Mentre
stavamo parlando, la sorella di Ta sembr averci visti dalle
finestre del Palazzo Reale, situato allingresso della citt, e
lanciatasi in volo, discese in mezzo al gruppo.
Si rivolse a me, seppure con linimitabile deferenza di
modi che ho chiamato cavalleresca, non senza una certa
bruschezza di tono che Sir Philip Sidney avrebbe definito
rustica se usata con il sesso debole, e mi disse: Perch
non venite mai a trovarci?
Capitolo XXVIII
Quando Ta e io ci trovammo soli sullampia strada che si
estendeva dalla citt fino al crepaccio da cui ero caduto in
quella regione priva della luce delle stelle e del sole, dissi
sottovoce: Mio piccolo amico, lespressione sul volto di
tuo padre mi fa paura. Nella sua spaventosa serenit, mi
parso di aver visto la morte.
Ta non rispose subito. Sembrava agitato, come se si
chiedesse con quali parole avrebbe dovuto addolcire una
sgradita rivelazione. Infine disse: Nessuno dei Vril-ya teme
la morte. E voi?
La paura della morte innata nella razza cui appartengo.
Possiamo vincerla per senso di dovere e donore, e per
amore. Possiamo morire per una verit, per la terra natia o
per coloro che ci sono pi cari di noi stessi. Ma se la morte
mi minaccia davvero, qui e ora, dove sono gli influssi
contrari allistinto naturale che imprime sgomento e
terrore allidea della separazione tra lanima ed il corpo?
Ta mi sembr sorpreso, ma rispose con grande
tenerezza nella voce: Riferir a mio padre ci che avete
detto. Lo supplicher di risparmiarvi la vita.
Dunque ha gi deciso di togliermela?
colpa della follia di mia sorella rispose Ta, con una
certa petulanza. Ma questa mattina lei ha parlato a mio
padre. Dopo di che egli mi ha chiamato, in quanto preposto
ai bambini che hanno lincarico di eliminare gli esseri
pericolosi per la comunit, e mi ha detto: Prendi il tuo
scettro vril e cerca lo straniero che ti divenuto caro. Che
la sua fine sia rapida e indolore.
Ed per questo balbettai, scostandomi dal ragazzo,
per assassinarmi che mi hai infidamente invitato ad uscire?
Capitolo XXIX
Nelle ore destinate al riposo, che per i Vril-ya
rappresentano la notte, una mano si pos sulla mia spalla e
mi svegli dal sonno agitato in cui ero da poco piombato.
Sussultai, e vidi Zee ritta accanto a me.
Zitto! disse in un bisbiglio. Non deve sentirci
nessuno. Credi che abbia smesso di vegliare sulla tua
sicurezza soltanto perch non ho potuto conquistare il tuo
amore? Ho visto Ta. Non riuscito a convincere suo
padre, il quale nel frattempo aveva conferito con i tre saggi
di cui chiede il parere quando in dubbio. Accettando il loro
consiglio, ha ordinato che tu muoia quando il mondo si
risveglier. T i salver io. Alzati e vestiti.
Zee indic un tavolo accanto al divano, su cui vidi gli abiti
che avevo indosso quando avevo lasciato il mondo in
superficie e che, in seguito, avevo abbandonato per
indossare gli indumenti pi pittoreschi dei Vril-ya. La
giovane Gy si diresse verso la finestra e usc sul balcone,
mentre io, stupito, mi affrettai a indossare i vestiti. Quando
la raggiunsi, il suo volto era pallido e rigido. Prendendomi
per mano disse sottovoce:
Guarda come larte dei Vril-ya ha illuminato il mondo in
cui essi dimorano. Domani il mondo sar buio, per me.
Mi riport nella stanza senza attendere la risposta, poi mi
condusse nel corridoio, da cui scendemmo nellatrio.
Percorremmo le strade deserte e cincamminammo su per
lampia strada in salita che si snodava sotto le rocce. L,
dove non esiste n giorno n notte, le Ore del Silenzio sono
indicibilmente solenni. Lo spazio immenso illuminato
artificialmente non mostra alcuna traccia di vita mortale.
Per quanto i nostri passi fossero lievi, il loro suono colpiva
Appendice
La Citt del Sole. Dialogo di Tommaso Campanella
(1568-1639). Redazione latina con titolo: Civitas Solis idea
reipubblicae philosophica, pubblicata a Francoforte (1623)
e a Parigi (1637); redazione italiana, composta nel Carcere
di Napoli (1602); prima edizione integrale a cura di Edmondo
Solmi (1904).
Proiezione utopica di una citt ideale, dialogo tra un
Ospitalario (cavaliere dellOrdine degli Ospitalieri di S.
Giovanni in Gerusalemme) e un Genovese Nocchiero del
Colombo il quale narra di esser giunto alla Taprobana dove
fu condotto alla Citt del Sole.
Questa sorge su un colle, di cui occupa una parte delle
pendici, ed divisa in sette gironi col nome dei pianeti e vi
si entra da quattro porte secondo i punti cardinali. Alla
sommit sta un tempio rotondo con un grande mappamondo
sullaltare. Capo spirituale e temporale un Principe
Sacerdote, chiamato Sole o Metafisico, mentre principi
collaterali sono Pon (potere), Sin (sapienza) e Mor (amore).
Il primo si occupa delle guerre, il secondo delle arti e
delle scienze ed coadiuvato da uffiziali quali lAstrologo,
il Cosmografo, il Geometra, il Loico, il Retorico, il
Grammatico, il Medico, il Fisico, il Politico, il Morale. Il
Principe Sin possiede inoltre un libro con tutte le scienze,
raffigurate e illustrate anche sui muri della citt. Lamore
(Mor) si prende cura della procreazione, delleducazione,
del sostentamento.
I predatori erano giunti dalle Indie, scegliendo di vivere
alla filosofica in commune.
Lassenza del concetto di propriet e dellistituzione
famiglia impedisce avidit e amor proprio ed esalta lamore
Postfazione
LAshtar Vidya, la pi importante opera sullalta magia
secondo la tradizione dei Rishi ariani, affermerebbe
lesistenza di una Forza Occulta potentissima che, [...]
diretta contro un esercito da un Agniratha (carro di fuoco,
N.d.A.) fissato su un vascello volante, ridurrebbe in cenere
centomila uomini ed elefanti. Cos riporta Madame
Blavatsky ne La Dottrina Segreta confermando la reale
esistenza del Vril: la Forza primaria, lAnima Mundi, la Luce
Siderea, il Fohat che gli antichi maghi e i teurghi usavano
sapientemente e di cui conoscevano gli sterminati poteri,
una Forza primordiale che il saggio ovvero luomo
spiritualmente evoluto pu gestire a proprio piacimento.
Lintero romanzo di Lord Lytton incentrato su questa
energia immensa che il popolo sotterraneo dei Vril-ya
convinto essere la fonte unica di tutte le energie. Lenergia
magnetica, quella elettrica come anche quella atomica e
nucleare avrebbero quindi una origine comune che le
comprende e nello stesso tempo le genera e le differenzia.
Una forza che in grado di controllare sia gli elementi
naturali sia luomo o meglio lUomo nella sua totalit di
corpo, anima e spirito.
La razza che verr la razza che ha raggiunto un livello
elevatissimo di conoscenze scientifiche e tecnologiche ma
soprattutto la razza che ha conquistato la consapevolezza
del Vril, della propria grandezza e della propria capacit di
evolvere la specie umana che abita la superficie del pianeta
e il Cosmo intero.
Il clima positivista in cui Lord Lytton viveva come anche
il chiaro influsso della tradizione utopica europea, di cui
Utopia di T homas More e La Citt del Sole di Tommaso
Glossario
ALCHIMIA: nome arabo di una scienza antichissima collegata con la
magia; studiava la trasformazione delle sostanze, i veleni ecc Con
le sue effettive scoperte precorse la Chimica.
ARIANI (O ARII): antichissimi abitanti della regione del fiume
Oxus (Turkestan) e dellArius (Afghanistan) e progenitori dei popoli
europei. Dalla loro lingua ebbero origine le lingue arie (greco,
sanscrito, latino, germanico, nonch slave e derivate). Nella
terminologia razzista ariani sono i non semiti in generale.
AUTOMA: macchina (anche con figura umana) che pu eseguire
movimenti e azioni degli esseri animati. Fin dallantichit si
costruirono automi, sia per diletto che per attrazione (Erone).
BRACHICEFALO: individuo il cui cranio ha il diametro trasversale
e quello antero-posteriore di misura uguale (es. gli indoeuropei).
BUDDHA: (in sanscrito = il risvegliato). Siddharta (ca. 520-480 a.
C.), principe indiano fondatore del buddismo che sostitu il
brahamanesimo. Abbandonata la famiglia, si diede alla meditazione,
indi allascesi e alla predicazione.
DOLICOCEFALO: individuo il cui cranio ha il diametro anteroposteriore molto pi lungo di quello trasversale.
ELETTROBIOLOGIA: (parte della biologia) studia i fenomeni
elettrici connessi con le attivit dei tessuti muscolari e nervosi e in
genere linfluenza dellelettricit sui fenomeni biologici.
ENTOMOLOGIA: studia gli insetti, sia per classificarli, sia per
conoscerne lutilit.
ESOTERISMO: insegnamento occulto, dottrina o tecnica speciale di
espressione simbolica che ha come fine liniziazione. anche
quellinsieme di conoscenze occulte che vanno sotto il nome di
forma
di
di
una
misteriosa
terra
nordica
Nota delleditore
Un particolare ringraziamento rivolto al Prof. No Rocchi per la
stesura della prefazione, dellAppendice e del Glossario e al Dott.
Fabrizio Ferretti per la redazione della postfazione.
Questi importanti apparati critici consentono al lettore di avvicinarsi
con maggiore consapevolezza a La razza che verr e di apprezzare
maggiormente una delle opere pi significative della letteratura
minore ottocentesca.
Benedetta Reverberi
Indice
Copertina
Prefazione
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo XIX
Capitolo XX
Capitolo XXI
Capitolo XXII
Capitolo XXIII
Capitolo XXIV
Capitolo XXV
Capitolo XXVI
Capitolo XXVII
Capitolo XXVIII
Capitolo XXIX
Appendice
Postfazione
Glossario
Nota delleditore