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X(f ) =
x(t )e i 2 ft dt
(6)
ovvero
X ( ) =
x(t )e
i t
dt
(7)
con = 2f.
Definendo ora una nuova funzione (t) = x(t)et, con numero reale, la definizione precedente,
applicata a questo nuovo segnale, fornisce:
V ( ) =
(t )e
i t
dt =
x(t )e
t i t
dt =
x(t )e
( + i )t
dt .
(8)
Per confronto con la (7), lultimo membro di questa equazione rappresenta X(+i). Posto dunque s
= +i (s la variabile di Laplace), la (8) pu essere riscritta come:
X ( s) =
x(t )e
st
dt .
(9)
La (9) rappresenta la trasformata di Laplace del segnale x(t). A partire dallespressione della
trasformata inversa di Fourier:
1
x(t ) =
2
X ( )e
i t
d ,
(10)
+ i
X ( s)e st ds .
(11)
Nel caso di segnali causali, e cio nulli per t < 0 2 , la (9) si specializza in
X ( s) = x(t )e st dt ,
(12)
(13)
(14)
Il principio di causalit viene introdotto, preliminarmente, con la definizione di risposta impulsiva di un sistema
lineare, e qui esteso ad un segnale qualsiasi.
2
1
vin (t ) = i (t ) R +
i ( )d .
C
0
Vin ( s)
.
1
R+
sC
Se ora si assume come tensione in ingresso un gradino unitario la cui trasformata vale Vin(s) = 1/s,
la precedente fornisce:
1
R
I (s) =
s+
1
RC
1 t /( RC )
e
.
R
Questa funzione descrive landamento della corrente nel circuito per qualunque valore di t 0.
Figura 1
*****
ESEMPIO:
Con riferimento alla Figura 2, essendo Vout(s) = I(s)/(sC), si pu scrivere:
H ( s) =
Vout ( s )
1
=
.
Vin ( s ) sRC + 1
Questa espressione ha il significato di funzione di trasferimento (secondo Laplace) del sistema, per
estensione dellanaloga definizione valida per la trasformata di Fourier, questultima potendosi
ottenere direttamente da quanto appena ricavato ponendo s = i.
Figura 2
*****
Un sistema lineare per definizione descritto da una equazione integro-differenziale (che possiamo
assumere, per quanto segue, a coefficienti costanti); ad esempio (equazione del secondo ordine):
y (t ) = A
d 2 x(t )
dt 2
dx(t )
d 2 y (t )
dy (t )
+B
+ Cx(t ) + D
+E
.
2
dt
dt
dt
(15)
(16)
Si pu allora definire la funzione di trasferimento H(s) = Y(s)/X(s), che per il caso in questione vale:
H (s) =
As 2 + Bs + C
Ds 2 Es + 1
A(s a0 )(s a1 )
.
D(s b0 )(s b1 )
(17)
Le radici [a0, a1] del numeratore sono gli zeri della funzione, mentre le radici [b0, b1] del
denominatore sono i poli.
E facile verificare che il sistema con funzione di trasferimento H(s) stabile 3 se tutti i suoi poli
hanno parte reale minore di zero.
ESEMPIO:
Si consideri la funzione di trasferimento:
H ( s) =
1
s
Come gi nella trattazione dei filtri numerici, la stabilit che qui interessa considerare di tipo Bounded Input
Bounded Output (BIBO): ad ingresso limitato corrisponde uscita limitata.
4
Ora, eit una funzione oscillante; la risposta impulsiva diverge se = Re[] > 0, converge (e, in
particolare tende a zero, come ragionevole per un segnale fisico di durata efficace limitata) se <
0.
*****
Per un sistema stabile, dunque, i poli della funzione di trasferimento si trovano a sinistra dellasse
immaginario. Ai fini della stabilit nessun particolare vincolo si pone, invece, sugli zeri della
funzione di trasferimento. Nel caso di funzioni H(s) rappresentative di sistemi descritti da equazioni
con coefficienti (detti di Laplace) reali (e quindi, come nella (17), espresse da rapporti di
polinomi in s con coefficienti reali) i poli e gli zeri sono reali o, a coppie, complessi coniugati.
ESEMPIO:
Si consideri la funzione di trasferimento:
H ( s) =
La distribuzione dei suoi poli e dei suoi zeri riportata in Figura 3. I poli sono in:
s = 1, 0.5 i0.5, 0.5 + i0.5;
gli zeri in:
s = 0.1, 0.2 i0.2, 0.2 + i0.2.
Il sistema certamente stabile.
Figura 3
*****
Problemi di stabilit si pongono soprattutto nei sistemi retroazionati. Per questi ultimi, dunque, la
quantit della retroazione (che di per s viene introdotta per ottenere effetti benefici: ad esempio un
aumento del guadagno nel caso di retroazione positiva, o una riduzione di sensibilit nel caso di
retroazione negativa) deve essere adeguatamente controllata, al fine di evitare che il sistema diventi
instabile.
5
X (s) =
x(kT )e
skT
(18)
k =0
Posto z = esT e sostituita la variabile temporale discreta kT con il solo numero intero k
(identificando, in tal modo, ugualmente il campione, ma eliminando la dipendenza dallintervallo di
campionamento) la (18) diventa:
X ( z) =
x( k ) z
(19)
k =0
TRASFORMATA Z
La Trasformata Z, gi richiamata in precedenza trattando la Trasformata di Laplace, un altro utile
strumento per la rappresentazione, lanalisi e il progetto di segnali e sistemi a tempo discreto. Si pu
ben dire che essa svolge, nei sistemi a tempo discreto, lo stesso ruolo che la Trasformata di Laplace
riveste per i sistemi a tempo continuo.
La trasformata Z della sequenza x(n), con n arbitrario, cos definita:
X ( z) =
x ( n) z
(38)
n =
X ( z) =
x ( n) z
(39)
n =0
In virt della definizione, la trasformata Z una serie di potenze con un numero infinito di termini.
Non allora scontato che si tratti di una funzione convergente per tutti i valori di z. Utilizzando la
(38) (o, pi frequentemente, la (39)) allora necessario specificare la regione di z che assicura la
convergenza (ROC: Region Of Convergence); in tale regione (e solo in tale regione) la X(z) assume
valori finiti. Come facile giustificare, la regione di convergenza determinata dalle caratteristiche
della sequenza x(n) (che si riflettono in corrispondenti propriet della X(z)).
ESEMPIO:
La sequenza di Figura 6 non causale: x(n), infatti, diversa da zero per n < 0. Nondimeno essa ha
durata finita.
Direttamente dalla figura, si evince: x(5) = x(1) = 1, x(4) = x(2) = 3, x(3) = 5. Per tutti gli altri
valori di n (n 6, n 0) la sequenza nulla. Applicando allora la definizione (38) si ottiene:
X ( z ) = z 5 + 3z 4 + 5 z 3 + 3z 2 + z .
Si verifica immediatamente che X(z) rimane finita per qualunque valore finito di z. La regione di
convergenza allora lintero piano complesso ad eccezione della frontiera allinfinito (z = ).
Figura 6
*****
ESEMPIO:
La sequenza di Figura 7 non causale: x(n), infatti, diversa da zero per n < 0. Nondimeno essa ha
durata finita, ed diversa da zero sia per n < 0 che per n > 0.
Direttamente dalla figura, si evince: x(2) = x(2) = 1, x(1) = x(1) = 3, x(0) = 5. Per tutti gli altri
valori di n (n 3, n 3) la sequenza nulla. Applicando allora la definizione (38) si ottiene:
X ( z ) = z 2 + 3 z + 5 + 3 z 1 + z 2 .
Si verifica immediatamente che X(z) rimane finita per qualunque valore di z finito e diverso da zero.
La regione di convergenza allora lintero piano complesso ad eccezione di z = 0 e z = .
Figura 7
*****
ESEMPIO:
La sequenza di Figura 8 causale ed ha durata finita.
Direttamente dalla figura, si evince: x(1) = x(5) = 1, x(2) = x(4) = 3, x(3) = 5. Per tutti gli altri valori
di n (n 0, n 6) la sequenza nulla. Applicando allora la definizione (39) si ottiene:
X ( z ) = z 1 + 3 z 2 + 5 z 3 + 3 z 4 + z 5 .
Si verifica immediatamente che X(z) rimane finita per qualunque valore di z diverso da zero. La
regione di convergenza allora lintero piano complesso ad eccezione del punto z = 0.
Figura 8
*****
ESEMPIO:
La sequenza di Figura 9 pu essere descritta matematicamente come segue:
x(n) = 1 per 0 n
= 0 per n < 0
Si tratta quindi di una sequenza causale di durata infinita. Applicando la (39) si ottiene:
8
X ( z) =
= 1 + z 1 + z 2 + .... .
n =0
X(z) quindi fornita da una serie geometrica di ragione z1 che converge per z1 < 1 o,
equivalentemente, z > 1. La regione di convergenza allora la parte di piano esterna al cerchio di
raggio unitario, mostrata in Figura 10.
Dalla teoria della serie geometrica, nella regione di convergenza, X(z) pu essere espressa in forma
chiusa come segue:
X ( z ) = 1 + z 1 + z 2 + .... =
1
1 z
z
.
z 1
1 1 1
2
+ + + .... =
= 2.
2 4 8
2 1
Figura 9
Figura 10
*****
I valori di z per cui risulta X(z) = si dicono poli di X(z). I valori di z per cui risulta X(z) = 0 si
dicono zeri di X(z).
In termini generali, si pu affermare che per sequenze causali di durata finita X(z) converge
ovunque sul piano complesso ad eccezione del punto z = 0. Per sequenze causali di durata infinita,
invece, X(z) converge nella regione esterna al cerchio di raggio pari al modulo del polo di X(z) pi
lontano dallorigine nel piano complesso. Nel caso pi generale, e per sequenze anche non causali,
la regione di convergenza un anello sul piano complesso 4 . Per sistemi causali stabili la regione di
convergenza include sempre il cerchio di raggio di raggio unitario.
Come ulteriore caso particolare, ma di scarso interesse pratico, si possono avere sequenze diverse
da zero solo per n 1 (si parla di left-sided sequences cos come, dualmente, si parla di right-sided
sequences per sequenze causali, e dunque diverse da zero solo per n 0); in questo caso la regione
di convergenza interna al cerchio di raggio pari al modulo del polo di X(z) pi vicino allorigine
nel piano complesso.
Se una funzione ottenuta come somma di due funzioni, la regione di convergenza della sua
trasformata data dallintersezione delle regioni di convergenza delle trasformate dei singoli
addendi.
ESEMPIO:
La regione di convergenza per la trasformata Z della funzione:
x ( n ) = 1 e n
, n0
x1 (n) = 1 , n 0
e
x 2 ( n ) = e n
, n0.
z
z 1
z
z e
e converge per |z| > e. Combinando i risultati, sotto lipotesi che sia > 0 risulta e < 1, e dunque
la regione di convergenza di X(z) la parte di piano esterna al cerchio di raggio unitario.
4
Del resto, anche le ROC menzionate pi sopra possono essere viste come particolari anelli, in cui la circonferenza
pi esterna pu andare allinfinito e quella pi interna pu andare a zero.
10
*****
Un elenco delle trasformate di alcuni importanti segnali a tempo discreto riportato in Tabella 1,
insieme alle relative regioni di convergenza. In tabella, k ed sono costanti reali assegnate, mentre
c e p sono numeri complessi. I segnali considerati sono tutti causali, visto che questa propriet si
rinviene nella quasi totalit dei segnali di interesse applicativo.
Tabella 1
Loperazione di antitrasformazione Z si indica con:
x ( n) = Z 1[ X ( z )]
(40)
In linea di principio, visto che si pu scrivere (riferiamoci, per comodit, a sistemi causali):
x ( n) z
X ( z) =
(41)
n =0
ove la X(z) fosse scritta esplicitamente come successione di potenze di z, la x(n) potrebbe essere
immediatamente ricavata per ispezione visiva dei coefficienti di tali potenze. In realt, la X(z)
spesso espressa come rapporto di due polinomi in z (o z1):
b0 + b1 z 1 + b2 z 2 + ... + bN z N
X ( z) =
a0 + a1 z 1 + a 2 z 2 + ... + a M z M
(42)
A partire dalla (42), la trasformata inversa pu essere ottenuta utilizzando diverse tecniche, tra le
quali le pi note:
1. il metodo dellespansione in serie di potenze;
2. il metodo dellespansione in frazioni parziali;
3. il metodo dei residui.
Ciascuno di questi metodi ha vantaggi e svantaggi: dal punto di vista del rigore matematico, il
metodo dei residui probabilmente il pi elegante; dal punto di vista dellimplementazione al
calcolatore, per, il metodo dellespansione in serie di potenze probabilmente il pi efficace,
soprattutto in ragione della sua semplicit.
ESEMPIO:
Sia data la seguente trasformata Z:
X ( z) =
1 + 2 z 1 + z 2
1 z 1 + 0.3561z 2
z 2 + 2z + 1
z 2 z + 0.3561
12
x(0) =
b0
a0
x(1) =
b1 x(0)a1
a0
x(2) =
b2 x(1)a1 x(0)a 2
.
a0
.....
n
bn
x(n i)a
i =1
x ( n) =
a0
Queste espressioni sono ovviamente molto utili nellottica dellimplementazione del metodo al
calcolatore.
*****
ESEMPIO:
Sia data la seguente trasformata Z:
X ( z) =
z 1
z
= 2
.
1
2
1 0.25 z 0.375 z
z 0.25 z 0.375
X ( z ) = B0 +
C1
C2
CM
C1z
C2 z
CM z
+
+
+
=
+
+
+
+
=
B
0
z p1 z p2
z pM
1 p1z 1 1 p2 z 1
1 pM z 1
M
= B0 +
k =1
(43)
Ck z
z pk
bN
aN
I coefficienti Ck si dicono residui della funzione X(z) (vedi esempi successivi relativi
allapplicazione del metodo dei residui).
Se, nella (42), N < M (e quindi il grado del numeratore minore del grado del denominatore), B0 =
0.
13
Se, invece, N > M (e quindi il grado del numeratore maggiore del grado del denominatore), allora
preliminarmente necessario dividere il polinomio a numeratore per il polinomio a denominatore,
in modo da riscrivere X(z) come segue:
X ( z) =
N ( z)
R( z )
= Q( z ) +
D( z )
D( z )
essendo Q(z) il polinomio quoziente e R(z) il polinomio resto. A questo punto, per la fattorizzazione
del rapporto R(z)/X(z) si potr procedere come sopra.
Il coefficiente Ck, relativo al polo pk, pu essere calcolato moltiplicando ambo i membri della (43)
per (z pk)/z e quindi ponendo, nellespressione cos ottenuta, z = pk; esplicitamente, si ha allora:
Ck =
X ( z)
( z pk )
z
z = pk
Se X(z) contiene uno o pi poli multipli (degli M poli, alcuni sono coincidenti) allora occorre
introdurre, a tenere conto di questo fatto, termini aggiuntivi nella (43). Per esempio, se X(z)
contiene un polo di ordine m, in z = pk, allora lespansione in frazione parziali deve includere:
m
(z p )
Dj
j =1
1
d m j
(m j )! dz m j
m X ( z)
( z pk )
z z = pk
Volendo dunque applicare la procedura descritta allesempio in oggetto, come primo passo, si
devono mettere in evidenza i poli di X(z):
X ( z) =
z
( z 0.75)( z + 0.5)
Si vede allora che, nellesempio specifico, la funzione ha due poli del primo ordine in z = 0.75 e z =
0.5. Di qui, tenendo conto che il grado del numeratore minore del grado del denominatore (N <
M), la X(z) pu essere fattorizzata come segue:
X ( z) =
C1 z
C2 z
z
=
+
.
(z 0.75)(z + 0.5) (z 0.75) (z + 0.5)
Per calcolare C1, dividiamo per z e moltiplichiamo i membri di questa relazione per (z 0.75);
quindi, valutiamo il risultato in z = 0.75. Cos facendo si trova:
C1 =
1
4
= .
(z + 0.5) z =0.75 5
14
(4 / 5) z
(4 / 5) z
.
(z 0.75) (z + 0.5)
4
(0.75) n (0.5) n ,
5
n 0.
*****
ESEMPIO:
Sia data la seguente trasformata Z:
X ( z) =
1 + 2 z 1 + z 2
z2 + 2z + 1
z2 + 2z + 1
=
=
.
1 z 1 + 0.3561z 2 z 2 z + 0.3561 ( z 0.5 i 0.3257 )( z 0.5 + i 0.3257 )
In questo caso X(z) contiene due poli complessi coniugati, del primo ordine: p1 = rei = 0.5 +
i0.3257 e p2 = p1* = rei = 0.5 i0.3257 (r = 0.5967, = 33.08). Essendo il grado del numeratore
uguale a quello del denominatore, la trasformata assegnata si fattorizza come segue:
X ( z ) = B0 +
C1z
C2 z
+
( z p1 ) z p1*
Facilmente si trova:
B0 =
bN
1
=
= 2.8082
a N 0.3561
e
Ck =
X ( z)
(z p k ) ,
z
z = pk
.
( z 0.5 i0.3257 ) ( z 0.5 + i 0.3257 )
*****
15
n 0.
ESEMPIO:
Sia data la seguente trasformata Z:
X ( z) =
z2
( z 0.5)( z 1) 2
In questo caso X(z) ha un polo del primo ordine in z = 0.5, ma anche un polo del secondo ordine in z
= 1. Lespansione in frazioni parziali assume allora la forma seguente:
X ( z) =
Dz
D2 z
Cz
+ 1 +
.
( z 0.5) ( z 1) (z 1)2
1
d m j
X ( z)
,
( z pk )m
m
j
z z = p
(m j )! dz
dove m lordine del polo (m = 2 per il caso in esame). In definitiva, con semplici calcoli, si
ottiene:
X ( z) =
2z
2z
2z
+
.
( z 0.5) ( z 1) (z 1)2
x( n) = 2(0.5) n 2 + 2n = 2 ( n 1) + (0.5) n ,
n 0.
*****
ESEMPIO:
Sia data la seguente trasformata Z:
X ( z) =
z
,
( z 0.75)( z + 0.5)
che presenta due poli del primo ordine, in z = 0.75 e z = 0.5. Applicando il metodo dei residui, la
trasformata inversa si calcola come risultato del seguente integrale di linea:
x ( n) =
1
z n1 X ( z )dz ,
2i C
dove C il percorso chiuso di integrazione che include tutti i poli di X(z). Daltro canto, nel caso di
X(z) costituita da polinomi razionali, si applica il Teorema dei Residui di Cauchy, per cui:
1
z n1 X ( z )dz =
2i C
Res[F ( z), p ] ,
k
16
dove:
Res [ F ( z ), pk ] =
1
d m 1
[( z pk ) F ( z )] z = pk
(m 1)! dz m 1
il residuo di F(z) = zn1X(z) in z = pk (polo di ordine m), e la sommatoria estesa ai poli di F(z)
entro il contorno C. Nel caso di poli semplici distinti, in particolare, si ha:
Res[F ( z ), p k ] = ( z p k ) F ( z ) z = p = ( z p k ) z n1 X ( z )
k
z = pk
Possiamo utilizzare queste espressioni generali per il caso in esame. Come contorno di integrazione
C si pu assumere il cerchio unitario (|z| = 1) che infatti include ambedue i poli della X(z). Cos
facendo, si trova:
4
(0.75) n .
5
4
(0.5) n ,
5
4
(0.75) n (0.5) n ,
5
n 0.
*****
ESEMPIO:
Sia data la seguente trasformata Z:
X ( z) =
z2 + 2z + 1
z2 + 2z + 1
.
=
z 2 z + 0.3561 ( z 0.5 i 0.3257 )( z 0.5 + i 0.3257 )
Come contorno C di integrazione si pu assumere il cerchio di raggio r = 0.5967, che infatti include
ambedue i poli (complessi coniugati) di X(z).
Daltro canto, ai fini dellapplicazione del teorema dei residui, necessario distinguere il caso n = 0
dal caso n > 0.
Per n = 0, infatti, la funzione ausiliaria F(z) = z1X(z) vale:
F ( z) =
z 2 + 2z + 1
);
z z 2 z + 0.3561
oltre ai poli complessi coniugati, quindi, presenta anche un polo nellorigine (z = 0).
Applicando la formula dei residui si ottiene quindi:
17
x(n) = Res [ F ( z ),0.5 + i0.3257 ] + Res [ F ( z ),0.5 i0.3257] = 12.1213(0.5967) n cos(33.08n 98.58)
E questa espressione vale, come detto, limitatamente a valori di n > 0.
*****
ESEMPIO:
Sia data la seguente trasformata Z:
X ( z) =
z2
( z 0.5)( z 1) 2
x ( n) =
Res[F ( z), p ] ,
k
k =1
con M = 2 e
F ( z ) = z n1 X ( z ) =
z n+1
( z 0.5)( z 1) 2
18
Res[F ( z ),0.5] =
Res [ F ( z ),1] =
( z 0.5) z n+1
( z 0.5)( z 1)
= 2(0.5) n ,
z =0.5
d ( z 1)2 z n +1
dz ( z 0.5)( z 1)2
= 2(n 1) .
z =1
x( n) = 2 ( n 1) + (0.5) n .
*****
La trasformata Z gode di propriet del tutto analoghe a quelle valide per la trasformata di Fourier.
Tra esse, la pi importante probabilmente la propriet di traslazione dellasse dei tempi, in virt
della quale allintroduzione di un ritardo di m campioni nella sequenza x(n) corrisponde, nel
dominio della trasformata, il prodotto per il fattore zm. Formalmente:
x ( n) X ( z )
x ( n m) z
(44)
X ( z)
Ovviamente non va dimenticata la propriet della convoluzione, in virt della quale dato un sistema
lineare stazionario a tempo discreto, caratterizzato dalla risposta impulsiva h(k), luscita del sistema
ad un segnale in ingresso x(n) vale:
y ( n) =
h(k ) x ( n k )
(45)
k =
Y ( z) = H ( z) X ( z)
(46)
19