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ASCESA AL MONTE VENTOSO, Familiares

- La lettera è indirizzata a Dionigi di borgo San Sepolcro → monaco agostiniano che


Petrarca incontrò ad Avignone e che fece conoscere allo scrittore le Confessioni di
Agostino.
In apertura della lettera, Petrarca confessa all'amico di aver intrapreso la scalata del
Monte Ventoso, sia per soddisfare una curiosità personale, sia su suggestione di un
precedente letterario, Filippo V di Macedonia, a seguito della sua salita sul monte
Emo in Tessaglia, raccontata da Tito Livio nella sua Ab Urbe Condita.
La scalata diventa in realtà un'allegoria della crisi spirituale del poeta, e quindi il
raggiungimento della cima può divenire esplicito simbolo della salvezza eterna.
- La descrizione geografica si unisce a quella psicologica, per rendere più chiara la
comprensione del senso metaforico del testo: Petrarca, che si accinge all'ascesa in
compagnia del fratello Gherardo, parte nonostante gli avvertimenti di un anziano
pastore sulla difficoltà del cammino, assai impervio e difficile.
→ Subito si palesa una chiara differenza tra due personaggi: se Gherardo sale
rapidamente per la via più aperte e veloce, Petrarca, per scansare la fatica preferisce
il sentiero più basso, attardandosi nella ricerca del sentiero più comodo e facile.

La lettura simbolica è immediata: Gherardo Petrarca, che prende i voti monacali nel
1343, sale senza difficoltà perché è libero dalla schiavitù dei beni materiali, mentre
Francesco si riconosce ancora legato ai peccaminosi piaceri della terra.
- L'esame di coscienza del poeta parte proprio dal riconoscimento delle proprie
mancanze; quando vede salire agilmente il fratello, Petrarca ammette di essere
“mollior” (ovvero assai debole e voluttuoso) e che la via più facile lo affatica
inutilmente senza portargli reali vantaggi.
È l’autore stesso a stabilire questo parallelismo tra questa condizione concreta e la
propria condizione morale; la difficoltà e il tormento interiore nel seguire la retta via
verso la salvezza eterna è esplicita grazie ad una citazione di Ovidio.
→ Il passo è pieno di rimandi alla letteratura classica
 I poeti Virgilio e Ovidio (tra i modelli più importanti per Petrarca)
 Lo storico Tito Livio, citato quando fa riferimento al passaggio di Annibale
attraverso le Alpi.
 Ovidio; particolarmente significativo il verso tratto dagli Amores (Odero, si
potero; si non, invitus amabo), che esprime assai bene il tormento interiore
dell'autore che si rende conto della vanità e delle lusinghe del mondo,
tuttavia non può evitare di seguirle e di esserne attratto
La crisi spirituale viene risolta una volta raggiunta la cima, quando di fronte alla
bellezza naturale del paesaggio, Petrarca legge un passo delle Confessioni di
Sant’Agostino, in cui lo scrittore cristiano deplora gli uomini che viaggiano per
"contemplare le cime dei monti" e non sanno leggere dentro sé stessi, cosa che
Petrarca non può non attribuire al suo caso (anche Agostino nell'opera raccontava di
aver aperto a caso il libro delle lettere di S. Paolo e di aver letto un brano illuminante
per lui, quello citato dallo stesso Petrarca più avanti nella lettera).
In tal senso, l’ascesa alla montagna diventa un modo per tratteggiare un biografia
ideale di sé come uomo e come intellettuale umanista, dimostrando come
l’insegnamento dei classici sia vivo e presente e ricollegandosi al tema della
spiritualizzazione delle passioni terrene che attraversa tutto il Canzoniere.
La narrazione si conclude con la discesa a valle e la presa di coscienza da parte del
poeta dell’importanza del cambiamento interiore e del grande impegno necessario
non tanto per scalare il monte quanto per vincere “terrenis impulsibus appetitus”,
ovvero i “desideri suscitati dalle passioni terrene”.

L’epistola del monte Ventoso è assai emblematica delle caratteristiche


delle Familiares di Petrarca, sia per lo stile - colto, elaborato e ricchissimo di
citazioni, com’è tipico delle Familiari - sia per il processo di rielaborazione cui
l’autore sottopone i suoi testi. Se Petrarca afferma di aver scritto la lettera nel 1336
“raptim et ex tempore” (“in fretta e di getto”), in realtà è stato chiaramente
dimostrato che si tratta di una costruzione letteraria, che mette volutamente
insieme elementi interpretabili simbolicamente (la monacazione di Gherardo, le
citazioni dai classici, l’ambientazione nel giorno di Venerdì Santo) per
dare un’immagine ideale del percorso di maturazione interiore del poeta.
In particolare il filologo e critico letterario Giuseppe Billanovich ha proposto di datare
l’epistola al 1352-1353 (successiva anche alla morte del destinatario Dionigi,
avvenuta nel 1342), considerandola come una delle molte lettere fittizie con cui
Petrarca costruisce la propria raccolta.

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