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L’ETA’ DELLA CONTRORIFORMA: TORQUATO TASSO

A livello storico, la seconda metà del Cinquecento si caratterizza per la Controriforma.


La riforma cattolica condiziona la cultura laica, ossia artisti e letterati.
La Controriforma nasce dalla necessità di arginare la riforma protestante e segna il tentativo da parte della
chiesa di ritornare ad una religiosità più pura. Proprio per tale ragione la Chiesa adotta atteggiamenti rigidi e
intransigenti, ad esempio istituendo nuovamente il Tribunale dell’Inquisizione ed elaborando l’indice dei libri
proibiti.

Da un punto di vista artistico, questo periodo coincide con il Manierismo: pittori e scultori deformano i modelli,
cioè deviano dalla maniera.
AAA! Se durante il Rinascimento prevale l’equilibrio e l’armonia, il Manierismo rappresenta deformazione di
questo equilibrio, alterando i modelli e le regole, ma rimanendo all’interno di questi modelli deformandoli
dall’interno.

Tali soluzioni artistiche e letterarie sono esito di un’inquietudine che pervade gli intellettuali, i quali vivono in
una realtà in trasformazione in cui il loro ruolo inizia a modificarsi.
Infatti, nei secoli precedenti gli artisti lavorano soprattutto per una dimensione pubblica (pittori e scultori) e
gli intellettuali esprimono gli ideali e i valori di coloro che sono al potere.
Nella seconda metà del Cinquecento, accanto a questa dimensione pubblica, inizia ad affermarsi anche una
dimensione privata, cioè gli artisti sono ingaggiati dai nobili per realizzare opere private. Il committente può
decidere di interrompere in ogni momento il rapporto con l’artista, e questo può determinare la mancanza di
sostegno economico e quindi precarietà.

Inoltre, l’inquietudine che anima gli intellettuali è prodotta anche dalla crisi della visione antropocentrica tipica
del Rinascimento che aveva riabilitato la dimensione terrena dell’uomo, valorizzandone le capacità e la
razionalità.
Verso la metà del secolo però, Niccolò Copernico pubblica la sua teoria eliocentrica, sostenendo che la
Terra non è al centro dell’universo, bensì in una posizione marginale, come quella di tutti gli altri pianeti.
Questo contribuisce a ridimensionare l’importanza dell’uomo.
TORQUATO TASSO

Biografia
Tasso nasce a Sorrento l’11 marzo 1544.
Il padre è un cortigiano e poeta e nel 1557 si trasferisce con la famiglia presso la corte dei della Rovere a
Urbino, mentre, nel 1559 i Tasso approdano a Venezia. In questo periodo Venezia è impegnata in un conflitto
contro i turchi ottomani e Torquato (ha 15 anni), probabilmente affascinato da questo evento, inizia a scrivere
un poema epico sulla prima crociata intitolato Gerusalemme. Il poema però rimane incompiuto.

Nel 1560 Torquato si trasferisce a Padova dove inizia a frequentare una prestigiosa università, studiando
dapprima diritto, per poi dedicarsi alla filosofia e alla letteratura.
A 18 anni scrive Rinaldo, un poema epico di argomento cavalleresco e inizia a comporre poesie d’amore.

Nel 1565 Torquato è assunto dal cardinale Luigi d’Este e quindi si trasferisce alla corte di Ferrara, rimanendo
profondamente affascinato da questo ambiente. È proprio qui che trascorre gli anni più sereni e più fecondi
a livello creativo della sua vita.
Nel 1572 passa al servizio del duca di Ferrara, Alfonso d’Este, senza mansioni specifiche. Tasso quindi si
dedica interamente alla poesia e a partire dal 1570, sino al 1575, lavora alla Gerusalemme liberata, un poema
epico sulla prima crociata, tema che aveva già parzialmente affrontato da adolescente. Contestualmente
scrive anche l’Aminta, un dramma pastorale.

A partire dalla conclusione della Gerusalemme liberata, Tasso entra in crisi e inizia a guardare il suo poema
con inquietudine e insoddisfazione, in quanto ha l’ambizione di rendere l’opera aderente ai canoni sia letterari
che religiosi. Durante un viaggio a Roma, sottopone il poema al giudizio di un gruppo di letterati, i quali
sollevano alcune critiche che contribuiscono a rendere l’autore sempre più inquieto.
Gli scrupoli di Tasso, soprattutto quelli religiosi, non riguardano solo il poema, ma addirittura la sua persona.
Infatti, è assalito da mille dubbi e quindi nel 1577 decide volontariamente di sottoporsi all’Inquisizione di
Ferrara per avere la certezza che la sua fede sia perfettamente aderente ai dettami della Chiesa.

L’Inquisizione assolve Torquato, ma ciò non basta per placare le sue inquietudini.
Infatti, inizia a soffrire di manie di persecuzione che minano sempre di più la sua salute mentale. Addirittura
Tasso accoltella un servo credendolo una spia. Per tale ragione, il duca di Ferrara rinchiude il poeta nel
convento di San Francesco, ma Tasso riesce a fuggire.
Giunge dalla sorella a Sorrento e fingendosi un messaggero annuncia la sua morte per mettere alla prova il
suo amore. Anche questo episodio denota una fragilità mentale.

Successivamente Tasso inizia a vagabondare per l’Italia e si reca a Mantova, Urbino e Tornio.
Nel 1579 rientra a Ferrara mentre si celebrano le nozze del duca Alfonso con Margherita Gonzaga. Però,
non trovando un’accoglienza calorosa, è colpito da una crisi di nervi a tal punto che il duca lo rinchiude come
pazzo nell’ospedale di Sant’Anna dove rimane per sette anni sino al 1586.
Qui, dopo un periodo di completa segregazione, il duca concede al poeta la possibilità di ricevere visite, di
studiare e scrivere. Tasso riprende quindi l’attività letteraria, scrivendo molte poesie, lettere e una buona
parte dei Dialoghi.
In realtà, la salute di Torquato non migliora. Anzi, soffre di incubi, allucinazioni e manie di persecuzioni.
Inoltre, proprio durante la prigionia, la Gerusalemme liberata è pubblicata senza il suo permesso e,
nonostante il grande successo di pubblico, Tasso rimane profondamente turbato. Inoltre, la pubblicazione
del poema scatena una polemica tra i sostenitori della Gerusalemme liberata e quelli che invece ritengono
superiore il Furioso di Ariosto. Proprio per questo, Tasso decide di scrivere l’Apologia della Gerusalemme
liberata, dedicandosi poi ad una revisione radicale dell’opera.

Nel 1586 Tasso riacquista la libertà e inizia a vagare nelle corti italiane. In questo periodo compone molte
poesie per celebrare i signori che lo ospitano e si dedica al rifacimento del poema che è ripubblicato nel 1593
con il titolo Gerusalemme conquistata.
Il papa propone l’incoronazione poetica ufficiale di Tasso che però nel frattempo si ammala gravemente.
Muore nel 1595 dopo essersi ritirato nel convento di Sant’Onofrio sul Gianicolo.

Tasso incarna la figura del poeta cortigiano della seconda metà del Cinquecento. La sua vita si svolge
completamente all’interno della corte cercando il favore dei principi e signori.
Tasso ritiene che solo nella corte può diventare un grande poeta e che solo in esse ci sia il pubblico capace
di apprezzare e comprendere la sua poesia.
AAA! Tuttavia, Tasso vive una contraddizione interiore: se da un lato cerca il contatto con la corte, dall’altro
prova un’inconscia avversione verso la corte, testimoniata dalle mille peregrinazioni senza mai trovare un
luogo in cui risiedere stabilmente.
È l’autore più rappresentativo della crisi che gli intellettuali vivono nella seconda metà del Cinquecento.

OPERE
L’Epistolario
Le lettere, in parte pubblicate quando Tasso è in vita, sono circa 700 e riflettono la tormentata vicenda
interiore dell’autore.

Rinaldo
Nel 1562 pubblica il Rinaldo, un’opera in 12 canti in cui narra la giovinezza del famoso paladino della
leggenda carolingia. L’argomento cavalleresco è molto amato dal pubblico della corte.
Nella prefazione, Tasso dichiara di voler imitare in parte gli antichi, come Omero e Virgilio, in parte i moderni,
cioè Ariosto. Tuttavia, rispetto al Furioso, Tasso rifiuta i molteplici personaggi e azioni concentrandosi solo
su un unico protagonista, cioè Rinaldo. Inoltre, un’ulteriore differenza, è l’assenza d’ironia, in quanto
nell’opera di Torquato tutto è molto serio ed elevato.

Le poesie
Tasso scrive poesie per tutto l’arco della sua esistenza.
Un primo gruppo di poesie è pubblicato nel 1567 in una raccolta intitolata Rime degli Accademici Eterei;
mentre nel 1581 altre rime sono riunite nella raccolta Rime e prose.
Durante il periodo della prigionia, il poeta riordina tutte le sue poesie. Da questa operazione nasce nel 1591
una raccolta delle poesie d’amore intitolata Prima parte delle Rime, mentre nel 1593 pubblica la Seconda
parte delle Rime comprendente le poesie encomiastiche.

L’Aminta
L’Aminta è un testo drammatico, ossia teatrale. Si tratta di una favola pastorale, un genere che si afferma
intorno alla metà del Cinquecento e che mette in scena vicende ambientate nel mondo dei pastori.
È scritta nel 1573 e rappresentata nello stesso anno presso la corte estense, mentre la pubblicazione è del
1580.
Rispetto alla commedia e alla tragedia, il genere della favola pastorale è particolare, in quanto non presenta
situazioni comiche collocate in un contesto cittadino contemporaneo, ma temi seri e sentimentali ambientati
in un mondo favoloso. Nonostante questo i toni non raggiungono mai quelli drammatici della tragedia, dalla
quale si distingue anche per la presenza del lieto fine.

L’Aminta è composta di cinque atti ed è scritta in versi.


È incentrata su un rapporto d’amore difficile che però si conclude felicemente. Il pastore Aminta, sin dalla
fanciullezza, ama la ninfa Silvia, ma questa non è interessata all’amore e si dedica solo alla caccia.
Dafne, amica di Silvia ed esperta conoscitrice dell’amore, consiglia al pastore di recarsi ad una fonte dove di
solito la ninfa si lava.
Mentre Aminta è alla fonte per cercare di vincere le ritrosie di Silvia, un satiro cerca di impossessarsi di Silvia,
ma Aminta interviene e la libera. Silvia però, anziché ringraziare il suo salvatore, fugge nel bosco. Aminta la
insegue e trova il velo della ninfa insanguinato. Crede che Silvia sia stata sbranata dai lupi e disperato si
getta da un dirupo. Quando Silvia, che in realtà è viva, scopre che Aminta si è ucciso per il dolore della sua
presunta morte è presa dal rimorso e si scopre innamorata del pastore. Corre quindi a cercare l’amato e si
getta sul suo corpo e piange. Grazie alle lacrime, Aminta, che non è morto perché un cespuglio ha attutito la
caduta, riprende i sensi. La vicenda si conclude con il matrimonio dei due giovani.

È un’opera scritta per divertire il pubblico della corte e infatti sono presenti molti riferimenti all’ambiente
cortigiano. Ad esempio, dietro ai personaggi sono riconoscibili alcuni cortigiani della corte ferrarese.
Proprio per questo nasce una sorta di ambiguità in quanto l’ambientazione fantastica simboleggia l’esigenza
di una vita più semplice, lontano dagli intrighi e dalle ipocrisie della corte.
AAA! Emerge il tipico atteggiamento ambivalente che Tasso nutre verso la corte.

Re Torrismondo
Nel 1573-1574 Tasso inizia una tragedia intitolata Galealto re di Norvegia, ma non la conclude.
Dopo la liberazione da Sant’Anna, l’autore riprende la tragedia, la conclude, ma cambia i nomi dei personaggi
e il titolo in Re Torrismondo. È una vicenda intricata che si svolge in paesaggi nordici e si incentra sul tema
dell’incesto. Tasso si ispira alle tragedie classiche.

La Gerusalemme liberata
Genesi dell’opera
Già nel 1559, mentre è a Venezia, Tasso inizia a scrivere un poema epico sulla liberazione del Santo
Sepolcro. Torquato non conclude l’opera, ma ritorna a questo progetto tra il 1565 e il 1566 dopo l’arrivo a
Ferrara. Anche questo secondo tentativo è interrotto.
Nel 1570, il poeta riprende l’opera e la conclude nell’aprile 1575. Durante l’estate il poema è letto dal duca
Alfonso e dalla sorella Lucrezia.
Il poema non è dato alle stampe e circola solo attraverso alcune copie frammentarie manoscritte. Durante la
prigionia, nel 1580, senza l’autorizzazione di Tasso, il poema è pubblicato con il titolo Goffredo. È un’edizione
incompleta e, proprio per questo, nel 1581 Tasso decide di pubblicare integralmente l’opera con il titolo di
Gerusalemme liberata.

Discorsi dell’arte poetica


In concomitanza con la scrittura del poema, Tasso elabora una riflessione teorica che confluisce nei Discorsi
dell’arte poetica e in particolare del poema eroico. Successivamente, dopo averli rimaneggiati ed ampliati, li
pubblica nel 1594 con il titolo di Discorsi del poema eroico.

Sono scritti teorici in cui Tasso delinea quali caratteristiche deve avere il poema eroico per essere aderente
ai canoni letterari e religiosi.
L’autore individua diverse caratteristiche.

1 Verisimile
Secondo Tasso, la storiografia deve trattare del vero, mentre la poesia del verisimile, ossia di ciò che
sarebbe potuto avvenire.
Il poema epico, per essere verisimile, deve avere come argomento un evento storico ma, per distinguersi
dalla storiografia, deve contenere anche la finzione.
Proprio per questo, l’argomento non deve essere un evento storico troppo vicino nel tempo, poiché questo
impedisce al poeta di inserire la finzione, ma nemmeno una vicenda troppo lontana, in quanto non sarebbe
nota al lettore.

2 Il giovamento
La Controriforma influenza le regole letterarie del tempo, secondo le quali la poesia deve avere uno scopo
pedagogico e morale.
Secondo Tasso la poesia non può però essere disgiunta dal diletto, cioè dall’intrattenimento e divertimento.
AAA! Per conciliare le esigenze morali-pedagogiche e il diletto, nei Dialoghi l’autore afferma che il diletto
deve essere finalizzato al giovamento, ossia la poesia deve rendere piacevole gli insegnamenti morali e
religiosi. Per fare questo e per garantire il diletto, Tasso utilizza il meraviglioso cristiano, cioè gli interventi
soprannaturali di Dio, degli angeli, ma anche delle potenze infernali.

3 Unità e varietà
Secondo l’autore il poema eroico deve essere vario, cioè deve contenere diverse realtà, come ad esempio
le battaglie, gli amori, le tempeste, le siccità ecc., ma tutte queste realtà devono essere legate in una struttura
unitaria.

4 Stile sublime
Lo stile da adottare è quello sublime, cioè un linguaggio lontano dall’uso quotidiano e una sintassi
caratterizzata da periodi lunghi.

L’argomento
Tasso, fedele al principio di verisimiglianza espresso nei Discorsi, abbandona i temi cavallereschi e
romanzeschi dell’Ariosto e si rivolge alla storia, ossia alla conquista del Santo Sepolcro da parte dei crociati
nel 1099.
L’argomento consente di introdurre delle invenzioni perché non è una vicenda troppo recente, ma anche il
meraviglioso cristiano.
Il tema, inoltre, è molto interessante per il pubblico del tempo perché dopo la conquista di Bisanzio nel 1453,
nella seconda metà del Cinquecento i turchi ottomani avanzano nel Mediterraneo minacciando l’Europa
Occidentale.
Incentrare il poema sulla prima crociata e quindi sulla lotta tra cristiani e infedeli, è un modo per stimolare il
lettore a prendere coscienza dei problemi contemporanei, in particolare la necessità di respingere i nuovi
infedeli, ossia i turchi ottomani di religione islamica.

Anche a livello stilistico Tasso è fedele ai principi dichiarati nei Discorsi e addotta uno stile sublime.
I modelli di riferimento sono gli antichi poemi epici classici: Iliade ed Eneide.

AAA! Queste scelte, cioè le finalità pedagogiche-morali e lo stile sublime, influiscono sulla struttura formale
della Gerusalemme liberata.
Infatti, rispetto al poema epico cavalleresco, caratterizzato da una moltitudine di eroi, azioni e vicende, Tasso
punta all’unità. Anche questo principio è affermato nei Discorsi.
- L’azione è unica, cioè l’assedio di Gerusalemme e la conquista del Santo Sepolcro.
- È presente un eroe centrale, cioè Goffredo.
Il poema di articola in venti canti in ottave.

Trama
Durante il sesto anno di guerra, Goffredo di Buglione, un valoroso crociato, attende la fine dell'inverno in
Libano. Qui gli appare l'Arcangelo Gabriele che lo invita ad assumere il comando dell'esercito e a condurre
l'attacco finale contro Gerusalemme.
I cristiani accettano di eleggere Goffredo loro capo supremo e si mettono in marcia verso la Città Santa.
Nascono i primi scontri e tra i cristiani si distinguono Rinaldo e Tancredi, tra gli infedeli musulmani Clorinda
e Argante. Dall'alto delle mura, assiste allo scontro la principessa Erminia che comunica al re di
Gerusalemme quali sono i guerrieri cristiani più forti.
Argante vuole risolvere con un duello le sorti della guerra e sfida i cristiani ad affrontarlo. I cristiani scelgono
Tancredi. L'accanito duello però viene sospeso per il sopraggiungere della notte e rinviato.
Tuttavia intervengono i diavoli che decidono di aiutare i musulmani a vincere la guerra. Armida, una maga
pagana diventa lo strumento di Satana, usa la seduzione per condurre e imprigionare i guerrieri cristiani in
un castello. In seguito ad una delle molte contese che turbano il campo cristiano Rinaldo è costretto a lasciare
l'accampamento.
La pagana Erminia, innamorata di Tancredi, indossa le armi di Clorinda (della quale Tancredi è innamorato)
per fuggire dalla città e recarsi al campo cristiano per curare le ferite del suo amato. Tuttavia viene avvistata
al chiaro di luna ed è costretta a fuggire, trovando rifugio tra i pastori. Tancredi, credendo che ella sia
Clorinda, la insegue ma viene fatto prigioniero da Armida nel castello con gli altri crociati.
Visto che Tancredi è scomparso, i cristiani schierano nel duello contro Argante Raimondo di Tolosa, ma i
diavoli trasformano il duello in battaglia generale.
Giunge al campo cristiano Carlo, il quale racconta che un principe danese, che stava raggiungendo i crociati
con il suo esercito, è stato ucciso dal sultano dei turchi Solimano.
Contestualmente, nel campo cristiano si diffonde la notizia del ritrovamento del cadavere di Rinaldo e un
crociato accusa Goffredo di averlo fatto uccidere. Quest'ultimo, con la sua autorevolezza e con l'aiuto divino,
riesce a neutralizzare i disordini nati nel campo.
A questo punto Solimano attacca il campo cristiano con l'aiuto di Clorinda e Argante; le sorti della battaglia
si rovesciano però con l'arrivo dei crociati prigionieri di Armida, liberati da Rinaldo, erroneamente creduto
morto per un inganno dei pagani.
Goffredo così ordina ai suoi di costruire una torre per dare l'assalto a Gerusalemme, ma di notte Argante e
Clorinda (di cui Tancredi è innamorato) incendiano la torre. Clorinda tuttavia non riesce a rientrare nelle mura
e viene uccisa in duello proprio da colui che la ama, Tancredi, che non l'ha riconosciuta perché coperta dalla
corazza da combattimento. Tancredi è addolorato per aver ucciso la donna che ama e solo l'apparizione in
sogno di Clorinda gli impedisce di suicidarsi.
Il mago Ismeno lancia un incantesimo sul bosco in modo che i crociati non possano ricostruire la torre in
mancanza di materiale ligneo da costruzione. L'unico in grado di spezzare l'incantesimo è Rinaldo, che è
però stato fatto prigioniero della maga Armida che lo trattiene presso di sé.
Due guerrieri vengono inviati da Goffredo per cercarlo e alla fine lo trovano e lo liberano. Rinaldo, pentito di
essersi lasciato irretire da Armida fino a trascurare il suo dovere di guerriero e di cristiano, vince gli
incantesimi della selva e permette ai crociati di assalire e conquistare Gerusalemme.
Il poema si conclude con Goffredo che pianta il vessillo cristiano all'interno delle mura della città santa.
Gli intenti dell’opera
Tasso, con la sua opera, vuole essere un perfetto cortigiano e un perfetto poeta cristiano, cioè in linea con
i dettami della Controriforma, un’esigenza espressa nei Dialoghi e alla quale l’autore cerca di essere fedele.
AAA! In realtà il poema, rispetto agli intenti dell’autore, presenta tre ambivalenze.

Ambivalenza verso la corte


In molte scene Tasso celebra il potere, riferendosi quindi indirettamente al potere delle corti. Nonostante
questo però, emerge una certa insofferenza verso questi ambienti. Questo si concretizza nel canto VII del
poema in cui Erminia incontra un vecchio pastore il quale condanna le inique corti e invece celebra la vita
schietta si campagna. Dopo queste parole Erminia decide di rifugiarsi in questo mondo pastorale per cercare
la pace e la serenità.
AAA! Con questo episodio è come se Tasso volesse rifugiarsi in un mondo lontanissimo, più autentico e
semplice rispetto a quello della corte, dominato da regole e imposizioni.
Emerge quindi l’insofferenza dell’autore verso l’ambiente cortigiano.

Ambivalenza verso i precetti religiosi


Tasso, da un lato cerca di costruire un’opera rigorosa e moralistica, esaltando ad esempio il sacrificio dei
guerrieri per conquistare il Saro Sepolcro, ma dall’alto emerge la nostalgia dell’autore verso la concezione
dell’amore rinascimentale, ossia un amore svincolato dal moralismo. Tale visione è però impossibile
nell’epoca rigida della Controriforma.
AAA! Questa ambivalenza si concretizza con i guerrieri crociati che spesso sono distratti dai loro compiti a
causa dell’amore. In questo modo si attenua l’intento moraleggiante e pedagogico.

Ambivalenza verso la guerra


Tasso esalta la guerra perché permette di manifestare l’eroismo e la forza, valori celebrati nel mondo
cortigiano, ma allo stesso tempo l’autore si sofferma sulla sofferenza prodotta dalla guerra.
AAA! Questo aspetto è assente nel Furioso.

Queste ambivalenze tematiche si riflettono anche a livello formale.


Tasso punta a costruire un poema unitario, ma questa unità è continuamente messa alla prova da tendenze
disgregatrici, cioè dagli eroi che spesso lasciano il campo di battaglia per seguire i loro impulsi. Questo
determina l’inserimento di episodi secondari rispetto alla vicenda della conquista del Santo Sepolcro, anche
se tali episodi non si trasformano in filoni narrativi indipendenti come nel Furioso.
AAA! Le contraddizioni tra gli intenti teorici e l’opera non rappresentano solo la crisi individuale di Tasso, ma
esprimono le contraddizioni di una civiltà in un’epoca di passaggio e di transizione.

L’opposizione tra visione rinascimentale e visione controriformistica


Un altro elemento che emerge dalla Gerusalemme liberata è la contrapposizione tra la visione
rinascimentale e quella della controriforma.
In linea teorica lo scontro tra cristiani e musulmani, ossia pagani, dovrebbe rappresentare lo scontro tra due
religioni e due culture differenti.
AAA! In realtà, lo scontro è tra la cultura rinascimentale e la cultura della Controriforma che cancella e vieta
i principi rinascimentali.

Infatti, i musulmani non esprimono i valori della religione islamica, ma i tipici valori rinascimentali: esaltazione
delle capacità del singolo, dell’uomo come artefice del proprio destino, della dimensione terrena e la ricerca
dei piaceri terreni (edonismo).
I guerrieri cristiani, invece, esprimono i tipici valori dell’età della Controriforma: la subordinazione alla
religione e all’autorità della Chiesa, l’esaltazione della fede, il rigido moralismo.
AAA! I valori rinascimentali sono agli antipodi rispetti a quelli cristiani e quindi sono descritti come il male,
l’eresia e l’errore. Infatti, i paladini musulmani sono sostenuti da Satana e dalle forze demoniache.

Nel poema, anche alcuni eroi cristiani sono distratti dai valori rinascimentali, ad esempio combattono per la
propria gloria personale anziché per il trionfo della religione, oppure inseguono l’amore abbandonando i loro
compiti di guerrieri.
Queste condotte sono descritte dal Tasso come errori. Questi errori sono repressi da Goffredo che incarna
al massimo livello i principi della Controriforma (condotta rigida seguendo i dettami della Chiesa).
Nonostante Tasso voglia essere il poeta cristiano per eccellenza, il cantore della vera fede, aderentissimo ai
principi della Controriforma e descrive tali condotte come errori, nel poema emerge l’attrazione dei Tasso per
i valori tipicamente rinascimentali. Infatti, i personaggi musulmani sono costruiti meglio a livello psicologico
rispetto ai paladini cristiani, che sembrano invece convenzionali e meno vivi da un punto di vista poetico.

Caratteristiche stilistiche
Il punto di vista
Il punto di vista della narrazione è mobile, ossia le vicende sono spesso presentate sia dal punto di vista
dell’esercito cristiano, che da quello musulmano.
Ad esempio, l’episodio dell’arrivo dei crociati a Gerusalemme è prima descritto attraverso il filtro dei paladini
cristiani, ma successivamente anche attraverso il punto di vista dei pagani.
Questo cambio di prospettiva è frequente nel poema.

Focalizzazione
Il lettore conosce i pensieri e l’interiorità sia dei paladini cristiani che dei guerrieri musulmani. Tasso,
utilizzando la tecnica della focalizzazione interna anche per i personaggi pagani, conferisce a questi una
profondità psicologica e un’alta dignità.

AAA! Le scelte di presentare gli episodi anche dal punto di vista dei pagani e di descriverne l’interiorità
dimostrano quanto Tasso sia segretamente attratto e anche nostalgico verso gli ideali rinascimentali, ormai
proibiti e rinnegati nell’epoca in cui vive.

Spazio
L’organizzazione dello spazio in un’opera letteraria è importantissima in quanto riflette la concezione del
mondo dell’autore.
Se nel Furioso di Ariosto è presene solo la dimensione terrestre, che riflette una concezione laica, nella
Gerusalemme liberata si intrecciano:
- Uno spazio orizzontale, cioè la città di Gerusalemme, sede dei pagani che rappresenta il male, e
l’accampamento dei cristiani che invece rappresenta il bene.
- Uno spazio verticale, cioè l’inferno dal quale provengono le forze demoniache che rappresentano il
male, e il cielo, sede di Dio che rappresenta il bene.
AAA! Lo spazio ha quindi una qualificazione morale, ossia la contrapposizione tra bene e male.

Tempo
Le vicende si svolgono in un momento storico reale, cioè nel 1099, ma Tasso non narra tutta la prima crociata,
ma racconta solo la parte finale in quanto è quella risolutiva, cioè la conquista del Santo Sepolcro.
Il modello di riferimento è l’Iliade, in cui si narra solo la fase finale dell’assedio di Troia.

Lingua
Dal punto di vista linguistico lo stile è alto, privo di elementi comici o realistici.
Spesso Tasso utilizza formule e versi impiegati da Virgilio, Dante e Petrarca.
Molte sono le figure retoriche, mentre la sintassi è complessa, costruita con periodi particolarmente lunghi.

La Gerusalemme conquistata
Quando Tasso termina la Gerusalemme librata, subito inizia a preoccuparsi della sua revisione per rendere
il poema perfettamente conforme ai principi letterari e soprattutto ai principi religiosi del tempo. Per questo,
decide di sottoporre l’opera al giudizio di quattro autorevoli revisori.
Gli autori muovono alcune critiche che provocano nel Tasso molti conflitti e tormenti a tal punto che nel 1585
pubblica l’Apologia della Gerusalemme liberata, cioè una difesa della sua opera in cui motiva le scelte fatte,
Contestualmente, però, Torquato inizia un lungo lavoro di revisione del poema che sfocia in una nuova
stesura completamente differente rispetto alla Gerusalemme liberata. Il nuovo poema è intitolato
Gerusalemme conquistata ed è pubblicata nel 1593 a Roma.
Rispetto alla Gerusalemme liberata, nella Gerusalemme conquistata:
- I canti sono aumentati da 20 a 24
- È presente una più rigida aderenza ai principi della Controriforma: sono eliminati tutti gli episodi in cui
l’amore è equivoco, sono accentuati i toni eroici e quelli celebrativi della materia religiosa
- Tendenza maggiormente unitaria, cioè sono eliminati tutti gli episodi che si svolgono lontano da
Gerusalemme, come ad esempio l’incontro di Erminia con il pastore nelle campagne.
AAA! La Conquistata ha pochissimo successo, mentre la Liberata continua ad essere ristampata e letta.

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