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Francesco Petrarca:
Nasce:
il 20 luglio 1304 ad Arezzo da Eletta Canigiani e da Pietro, detto Petracco, notaio fiorentino
guelfo di parte bianca esiliato nel 1302 da Firenze.
Nel 1307 nasce l’unico fratello di Francesco Petrarca, Gherardo – poi a Pisa in quegli anni
forse il poeta incontra Dante.
Nel 1312 il padre di Francesco Petrarca entra al servizio della corte pontificia ad Avignone.
dove Petrarca inizia a studiare
Tra il 1316 e il 1320 studia diritto con il fratello presso l’Università di Montpellier.
Tra il 1320 e il 1326 prosegue gli studi giuridici all’Università di Bologna.
Nel 1326 muore il padre di Francesco Petrarca (sua madre era morta sette anni prima) e
Francesco rientra ad Avignone.
Ad Avignone il poeta trascorre con il fratello anni di vita spensierata, immerso nell’ambiente
mondano della corte papale, ricercato e ammirato per la sua cultura e il suo carattere
brillante. Nella chiesa di Santa Chiara avviene intanto, secondo la testimonianza del
poeta, l’incontro decisivo con Laura: è l’alba del 6 aprile 1327. Nessuna certezza esiste però
intorno alla effettiva identità storica della donna, e qualcuno ha perfino negato la reale
esistenza.
Qui Petrarca entra in contatto con personaggi molto importanti dell’epoca: è bene integrato
nella vita politica e culturale del suo tempo, è molto attento a tutto quello che lo circonda, a
partire dalle questioni politiche, come il problema di riportare o meno la sede della Chiesa a
Roma.
Nel 1330, spinto da necessità economiche, intraprende la carriera ecclesiastica prendendo
gli ordini minori e diviene cappellano del cardinale Giovanni Colonna. Si apre un periodo di
viaggi: a Parigi, in Germania, infine a Roma (1337). Crebbe l’amore per il mondo classico e
l’avversione per Avignone, ( divenuta la nuova sede della Chiesa di Roma ) «indegna
usurpatrice della sede papale». Ciò favorì, al rientro in Provenza, la decisione di ritirarsi in
campagna, in una casetta in Valchiusa, vicino alle sorgenti del fiume Sorga. Qui Francesco
Petrarca si rifugerà spesso per coltivare gli studi e il raccoglimento.
Intanto gli è nato – da donna a noi sconosciuta – il figlio Giovanni
Nel 1341 gli giunge l’invito a ricevere la corona poetica sia dall’Università di Parigi, sia dal
Senato di Roma. Viene incoronato ad honoris «grande poeta e storico» a Roma, sul
Campidoglio, l’8 aprile 1341, giorno di Pasqua. ( si reca a Napoli per farsi esaminare dal re
Roberto d’Angio’, il quale era noto in tutta Europa per la sua vasta cultura)
Si apre ora un periodo di profonda crisi spirituale. La morte di alcuni amici e protettori di
Francesco Petrarca, tra cui lo stesso Roberto d’Angiò, acuì il suo sentimento di vanità della
vita e i suoi sensi di colpa per l’abbandonarsi alle passioni terrene e per il desiderio di gloria.
Nel 1343 gli nasce una seconda figlia naturale, Francesca. È in questo periodo che comincia
a comporre il Secretum [Il segreto].
Sono anni in cui il poeta si sposta continuamente, alternando permanenze ad Avignone (e
soprattutto ritiri a Valchiusa) e brevi soggiorni presso alcuni signori suoi ammiratori: a
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Parma, a Napoli, a Verona (dove scopre le lettere di Cicerone, sul cui modello prende a
costruire il proprio epistolario).
Dalla fine del 1345 vive ritirato a Valchiusa,
Nel 1347, Petrarca sostiene l’insurrezione romana, un tentativo di riforma politica guidato
dall’amico Cola di Rienzo, conosciuto ad Avignone nel 1343, di cui ammirava l’entusiasmo
per l’antica civilta’latina: il poeta decide di andare a Roma, ma mentre e’per strada viene a
sapere del fallimento della rivolta, che voleva far rivivere i valori repubblicani in quella
citta’abbandonata dai papi e straziata dai conglitti tra famiglie aristocratiche.
Nel 1348 si diffonde la peste ; il 6 aprile muore Laura.
Tra il 1348 e il 1350 riorganizza il Canzoniere dandogli la struttura bipartita, con al centro la
morte di Laura.
Nel 1350 e’ a Firenze dove stringe amicizia con Boccaccio.
Nella primavera del 1353 si trasferisce a Milano, ospite dei Visconti. Vi rimarrà fino al 1361.
Nel 1361 gli muore di peste il figlio Giovanni; e il diffondersi dell’epidemia lo induce a
lasciare Milano e a trasferirsi a Padova.
Nell’autunno del 1362 si trasferisce a Venezia, dove rimarrà, salvo brevi allontanamenti, fino
al 1368.
Nel 1370 va a vivere ad Arquà, nei Colli Euganei, dove ha ricevuto in dono da Francesco da
Carrara una casa. Qui trascorre gli ultimi anni, muovendosi assai raramente. Lavora
soprattutto a ulteriori redazioni del Canzoniere.
Francesco Petrarca muore ad Arquà la notte tra il 18 e il 19 luglio del 1374. Viene sepolto ad
Arquà, dove ancora riposa.
In versi:
Africa – poema epico sulla seconda guerra punica e per il quale fu incoronato poeta in
Campidoglio;
L'Africa è suddivisa in nove libri: nei primi due, i più compatti e organici per forma e
contenuto, è narrato un sogno di Scipione, cui appare il padre per rivelargli le future glorie
di Roma fino ad Augusto. Petrarca conclude il poema dedicandolo alla memoria di re
Roberto D'Angiò.
Il Bucolicum carmen
Le Epistolae metricae
I Psalmi poenitentiales
In prosa:
Il De viris illustribus è una raccolta di 36 biografie di uomini illustri in prosa latina, redatta a
partire dal 1338 e dedicata a Francesco I da Carrara signore di Padova nel 1358.
Nell'intenzione originale dell'autore l'opera doveva trattare la vita di personaggi della storia
di Roma da Romolo a Tito, ma arrivò solo fino a Nerone. In seguito Petrarca aggiunse
personaggi di tutti i tempi, cominciando da Adamo e arrivando a Ercole. L'opera rimase
incompiuta e fu continuata dall'amico e discepolo padovano di Petrarca, Lombardo della
Seta, fino alla vita di Traiano
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Rerum memorandarum libri
De vita Solitaria ("La vita solitaria") è un trattato di carattere religioso e morale. Fu
elaborato nel 1346, ma venne successivamente ampliato nel 1353 e nel 1366. L'autore vi
esalta la solitudine, tema caro anche all'ascetismo medioevale, ma il punto di vista con cui la
osserva non è strettamente religioso: al rigore della vita monastica Petrarca contrappone
l'isolamento operoso dell'intellettuale, dedito alle letture e alla scrittura in luoghi appartati e
sereni, in compagnia di amici e di altri intellettuali. L'isolamento dello studioso in una
cornice naturale che favorisce la concentrazione è l'unica forma di solitudine e di distacco
dal mondo che Petrarca riuscì a conseguire, non considerandola in contrasto con i valori
spirituali cristiani, in quanto riteneva che la saggezza contenuta nei libri, soprattutto nei testi
classici, fosse in perfetta sintonia con quelli. Da questa sua posizione è derivata l'espressione
di "umanesimo cristiano" di Petrarca[140].
Il De otio religioso
Redatto all'incirca tra il 1347 e il 1356/57, il De otio religioso è un'esaltazione della vita
monastica, dedicata al fratello Gherardo. Simile al De vita solitaria, esalta però soprattutto la
solitudine legata alle regole degli ordini religiosi, definita come la migliore condizione di vita
possibile[151].
Il dialogo si svolge in tre giorni al cospetto della Verità (allegoricamente rappresentata come
una donna, che per tutto il tempo rimane in silenzio); è suddiviso in tre libri, con riferimento
al simbolo della Trinità.
Nel primo libro sant’Agostino rimprovera a Francesco la debolezza della volontà, che gli
impedisce di tradurre in atto le sue apirazioni ad una vita più pura e virtuosa
Nel secondo libro sant’Agostino dimostra al Petrarca come egli sia colpevole di tutti i peccati
capitali, salvo l’invidia. È qui che viene definita l’accidia, vizio Maggiore di Petrarca, una
sorta di inerzia morale, di languida debolezza del volere, che annulla ogni possibilità di scelta
e di azione e getta l’animo in una tristezza perenne.
Nel terzo libro sant’Agostino dimostra come siano peccaminose anche le due passioni che
Petrarca considerava purissime: l’amore per Laura e il desiderio di gloria.
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collaboratori dopo la morte del poeta. L'epistola dell'ascesa al Ventoso, fa parte della
raccolta delle “Familiares è una delle più significative della raccolta e racconta,
allegoricamente, il passaggio del poeta alla maturità. Dieci delle tredici lettere che
compongono l'ultimo libro delle Familiares sono indirizzate ai grandi autori del passato,
agli Antiquis illustrioribus. Si tratta, ovviamente, di lettere fittizie che Petrarca indirizza a
quelli che sono per lui veri e propri modelli di vita: sin dalla prima lettera si va, infatti, dagli
amati Cicerone e Seneca (modelli dichiarati dell'intera opera epistolare petrarchesca), a
Orazio e Virgilio, simboli di eleganza e di misura formale.
Il Canzoniere
"Trionfi"
(la titolazione originale è in latino, Triumphi) sono un poemetto allegorico in volgare
toscano, in terzine dantesche, incominciato da Petrarca nel 1351, durante il periodo
milanese, e mai portato a termine.
Il poema è ambientato in una dimensione onirica e irreale (strettissimo, per scelta metrica e
tematica, è il legame con la Comedia): Petrarca viene visitato da Amore, che gli mostra tutti
gli uomini illustri che hanno ceduto alle passioni del cuore. Annoverato tra questi ultimi,
Petrarca verrà poi liberato da Laura. Petrarca scoprirà dalla stessa Laura, apparsagli in
sogno, che ella si trova nella beatitudine celeste, e che egli stesso potrà contemplarla nella
gloria divina soltanto dopo che la morte lo avrà liberato dal corpo caduco in cui si ritrova.
Il Canzoniere di Petrarca, oltre ai Trionfi, è l’unica sua opera scritta in volgare toscano e il
poeta dedicò molti anni a limarne i versi e a perfezionarli.
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Canzoniere – è l’opera più famosa; è considerato opera di grande rilievo in tutta la poesia
lirica europea e testo fondamentale della lingua italiana, insieme con
la Commedia di Dante e il Decameron di Boccaccio.
Centro del mondo lirico di Francesco Petrarca è dunque Laura; tuttavia non tutte le rime
sono di carattere amoroso: alcune sono polemiche contro la Chiesa, altre di natura politica,
altre ancora hanno come argomento l’amicizia, la caducità delle cose terrene, le inquietudini
e le passioni della vita.
L'opera ripercorre le varie fasi dell’innamoramento del poeta, soffermandosi sulle vicende di
un amore infelice: ne’il poeta sa dichiararlo adeguatamente all’amata, ne’questa si mostra
disposta ad accoglierlo e a ricambiarlo.
Di fronte alla morte di Laura, la reazione del poeta e’dapprima di disperazione, poi la
scomparsa dell’amata apre la possibilita’di ridefinire la sua figura:si afferma il desiderio di
segnare un distacco dai valori terreni per aderire ai valori religiosi, introducendo cosi’il tema
del pentimento.
In realtà Petrarca sosteneva di aspettarsi fama maggiore non dalle opere in volgare, ma da
quelle latine. Egli amava presentarsi come il continuatore dei classici e diceva di tenere in
poca considerazione i propri versi in volgare, che definiva nugae, «bazzecole». Ma se da un
lato egli cercava di eguagliare i classici, dall’altro, rendendosi conto che gli scrittori latini
avevano raggiunto la perfezione, cercava di innalzare la nuova lingua volgare alla dignità e
alla perfezione del latino
La struttura nella quale oggi leggiamo l’opera non è l’unica che essa abbia assunto; è quella
definitiva (la nona) organizzata da Petrarca nell’ultimo anno di vita, tra il 1373 e il 1374. Il
Canzoniere raccoglie dunque testi composti durante un arco di tempo assai esteso, dalla
giovinezza alla vecchiaia.
Il Vaticano Lauratino 3195, ricopiato dal copista Giovanni Malpaghini sotto sorveglianza
dell’autore, corrisponde alla versione definitiva dell’opera. Il Vaticano 3196, quasi tutto
autografo, rappresenta il codice di partenza e di riferimento: si tratta di una raccolta di venti
carte di vario formato, le sole superstiti tra i fogli di lavoro del poeta. Il “codice degli
abbozzi” contiene correzioni, versioni superate e liriche scartate del Canzoniere.
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Il Canzoniere di Petrarca: il titolo
Il titolo data dall’autore all’opera è Francisci Petrarche laureati poete Rerum vulgarium
fragmenta (Frammenti di cose in volgare di Francesco Petrarca, poeta laureato).
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Il tema della fuga del tempo: anche se la sua formazione religiosa impone di
cercare la felicita’nei valori della fede, il poeta rimpiange lo stesso la brevita’della vita. Laura
e’ emblema della bellezza delle cose terrene e della loro fragilita’.
L'io lirico: al poeta interessa analizzare il suo ïo”ed il suo dissidio interno fra quello che
egli e’e quello che vorrebbe essere. L’elemento che carratterizza l’opera e’ l’analisi della
propria interiorita’rappresentata da pensieri, sentimenti, desideri, pulsioni, stimoli.
L’introspezione psicologica e’quindi dominante.
Il suo io e’preso da contraddizioni:
speranze e perdita di illusioni, passioni terrene e aspirazioni verso il bene spirituale,
desiderio di liberarsi dale fragilita’umane ( che crea inquietudine )
presa di coscienza che l’attaccamento alle passioni terrene lo allontana da Dio. Da
questo deriva la formazione, all’interno del suo “io” senso di colpa e desiderio di
perdono
necessita’di fuggire dal mondo e quindi dall’attrazione che le cose terrene esercitano
su di lui
desiderio di raggiungere la gloria per mezzo della poesia
coscienza del tempo che passa e della morte che si avvicina da cui deriva la presa di
coscienza della brevita’umana
L’introspezione psicologica che vede l’io Lirico al centro della poesia e’uno degli aspetti
di modernita’di Petrarca che si ritrova anche nella lirica moderna
Il profondo sentimento che egli provava nei confronti della donna è stato per il poeta
motivo di un profondissimo dissidio interiore che ne ha tormentato lo spirito per tutta la
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vita, nell’impossibilità di conciliare l’amore terreno per la donna amata con quello
spirituale per Dio. Nonostante cerchi di convincersi che la vita sia un inganno e che la sola
certezza si trovi in Dio, il poeta si sente attratto dai valori terreni ( l’amore, il desiderio, la
fama letteraria ) di cui Laura e’lo straordinario emblema.
Le poesie del Canzoniere parlano così di amore, ma anche del profondo malessere del
poeta, della malinconica insoddisfazione che egli avverte, di un perenne senso di
incompletezza, della costante ricerca di un equilibrio interiore che non troverà mai.
Nelle donne dello Stil novo predominano le qualita’morali su quelle fisiche. Per quanto
riguarda il Canzoniere e’l’aspetto fisico del corpo di Laura a suscitare il desiderio nel
poeta. Per Petrarca non e’piu’possibile amare soltanto l’immagine idealizzata della donna:
egli desidera Laura in tutti I sensi. Il suo amore e’condannato cosi’a vivere dentro la
contraddizione tra anima e corpo, tra senso di colpa e bisogno di redenzione.
Il rapporto stilnovistico fra amata e amante e’cosi’capovolto: Laura non solo non e’un
angelo che porta la salvezza, ma e’causa di sofferenza.
Il Canzoniere: lo stile
La lirica petrarchesca sviluppa soluzioni molto diverse da quelle proposte da Dante. Dante
e’il poeta sperimentale per eccellenza. Il suo stile abbraccia l’intera gamma delle
possibilita’espressive, mirando all’allargamneto e all’arricchimento delle forme
metriche, ,linguistiche, stilistiche, retoriche, Petrarca invece opera in una Direzione
opposta: restringendo, riducendo, semplificando. Dante coltiva nella Commedia il
plurilinguismo e il pluristilismo, Petrarca nel Canzoniere sceglie il monolinguismo e il
monostilismo.
Il poeta sceglie una tonalita’media e raffinata, evita le discese verso il registro comico-basso,
quanto le ascese verso l’aulico-sublime. Il risultato pero’non e’una lingua quotidiana o
commune, Petrarca tende a evitare elementi realistici e concreti e a ricercare una certa
generalita’e astrattezza.
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5. e ‘l viso di pietosi color farsi,
6. non so se vero o falso, mi parea:
7. i’ che l’ésca amorosa al petto avea,
8. qual meraviglia se di sùbito arsi?
Struttura
La struttura del sonetto e’costruita secondo I principi di armonia ed equilibrio di Petrarca. Le
due quartine compomgono un unico periodo. Le due terzine sono, a loro volta, parallele: a
ognuna corrisponde un periodo caratterizzato da una pausa centrale.
Per quanto riguarda I tempi verbali, si noti la contrapposizione tra passato ( imperfetto,
remoto ) e presente, caratteristica del linguaggio di chi ricorda.
Un angelo che si muove: Petrarca e il distacco dalla tradizione
Anche se la rappresentazione della donna amata in questo sonetto risente in modo
particolare dello Stil novo, ( la donna risulta nel ricordo del poeta una figura di angelo, la cui
natura luminosa viene particolarmente sottolineata ( vago lume, vivo sole ).
si possono osservare tuttavia alcune differenze fondamentali rispetto alla tradizione.
La prima e’la descrizione del movimento che accompagna la bellezza fisica di Laura: il
particolare fisico dei capelli biondi mossi dal vento. Mentre le donne amate dai poeti
stilnovistici erano creature immobili e intangibili, Laura si muove nello spazio e nella natura.
Amore e ricordo: l’originalita’di Petrarca
La differenza che contraddistingue piu’profondamente la poesia di Petrarca rispetto alla
tradizione lirica precedente riguarda, tuttavia, il tempo.
Mentre in Dante e negli stilnovisti la donna viene presentata e descritta al presente, come se
fosse sotto gli occhi del poeta nel momento in cui ne parla, in Petrarca, invece, l’amata viene
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rievocata, cioe’viene rappresentata sulla base del ricordo. Se Beatrice viveva al di fuori del
tempo, ed era dunque immune dai guasti che esso produce, lo stesso non si puo’dire per
Laura: una delle maggiori novita’petrarchesche, rispetto alla tradizione stilnovistica, consiste
infatti nell’aver suggerito l’immagine invecchiata dell’amata.
I contemporanei del poeta propendevano a credere che si trattasse di un nome simbolico,
e che, sotto le specie di Laura, Petrarca cantasse la laurea poetica, cioè che l'amor di
donna simboleggiasse l'amore della gloria; ma Petrarca stesso insistette energicamente
sulla realtà biografica dell'amore.
Nel Canzoniere la parola che più di ogni altra muta di forma e di significato è Laura. Petrarca
utilizza questo nome come senhal (segnale) ( è una figura retorica impiegata per la prima
volta nella poesia trobadorica. Era un appellativo riservato generalmente alla donna amata
ma anche ad amici o altri personaggi.), un appellativo fittizio che nell’antica poesia
provenzale era usato per alludere alla donna amata o anche ad altro personaggio senza mai
nominarli direttamente.
Laura è anche l’aura, cioè la brezza, l’aria che, secondo un tema diffuso nella poesia
provenzale, soffia dal paese della donna amata per portare il suo ricordo al poeta lontano;
è l’auro, l’oro, per il colore biondo dei capelli e per lo splendore del sole, con cui il poeta la
identifica.
Il dissidio interiore che tormentava Petrarca, l'autore lo rappresenta anche in altre due
opere: il De vita solitaria, dove si capisce che il poeta non rinuncia ai piaceri terreni; il De
otio religioso, nel quale elogia la vita monastica dedita alla preghiera e alla sola
contemplazione di Dio. Per Petrarca nella fede c'è una tensione continua, mentre per
Dante è un'entità solida e stabile.
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Petrarca vive durante il crollo della Chiesa, ormai corrotta e instabile, e per questo motivo
egli nutre una profonda delusione.
Dante e Petrarca hanno anche una concezione diversa della figura del poeta e della
letteratura
Mentre Dante è il colto medioevale interessato all'intera conoscenza e per lui la
letteratura è basata sulla fede e sulla morale
Petrarca è convinto del valore autonomo della letteratura e vede nella poesia un mezzo di
purificazione
LA DIFFERENZA STILISTICA
Tra i due autori si nota una sostanziale differenza stilistica dovuta al plurilinguismo di Dante
e all’unilinguismo di Petrarca. Prendiamo ad esempio il De vulgari eloquentia di Dante:
questo è un trattato in latino sulle lingue in cui il poeta cerca di ridare alla lingua volgare
una sua dignità. Dante vede nel volgare la lingua di comunicazione con cui si può trattare
anche di argomenti più elevati. Definisce il latino una lingua secondaria e la utilizza
principalmente per rivolgersi ad un pubblico dotto nel De vulgari eloquentia.
A differenza di Dante, Petrarca elegge il latino come lingua di comunicazione. Utilizza il
volgare solo nel Canzoniere e nel poemetto i Trionfi e privilegia per le opere dai contenuti
più elevati, il latino.
Petrarca non disprezza il volgare e cerca di elevarlo alla bellezza formale del latino ma allo
stesso tempo privilegia quest'ultimo.
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Il rapporto con la cultura classica
Petrarca è una figura di intellettuale nuova e moderna rispetto a Dante e agli scrittori del
Due-Trecento, anzitutto nel rapporto col patrimonio della letteratura latina classica l latino
di Petrarca è quello di Orazio e Virgilio, che lo scrittore conosce e usa perfettamente.
E’anche un profondo conoscitore del mondo classico e della letteratura volgare
( cioe’stilnovo e letteratura francese ).
La maggior parte delle opera di Petrarca e’ scritta in latino e da queste, ancor piu che dal
Canzoniere, si attendeva fama duratura. Petrarca e’convinto che il latino sia la lingua della
cultura, cioe una lingua che consenta la comunicazione fra studiosi di origini diverse. Nel
Trecento il latino e’infatti la lingua della corte papale ad Avignone, divenuta il centro dei
dibattiti politico-culturali in Europa. Studiando accuratamente I classici, Petrarca elimina dal
proprio latino ogni influenza del volgare: in questo modo egli rilancia uno strumento
linguistico prestigioso su cui si fondera’poi il latino umanistico.
Il latino e’per lo scrittore la lingua pubblica, la lingua prestigiosa degli intellettuali europei; il
volgare, invece e’una lingua privata, dell’interiorita’.
Petrarca getta le basi della filologia come disciplina che studia e ricostruisce il testo delle
opere antiche, ha già un atteggiamento pre-umanistico che si ritroverà con poche varianti
nei principali autori italiani (ed europei) del XV sec
L'atteggiamento morale e religioso
La novità rappresentata da Petrarca riguarda anche la sua visione della vita e il mutato
atteggiamento riguardo le questioni religiose, poiché se Dante era il poeta delle certezze e
della fede incrollabile, l'autore del Canzoniere è invece il poeta del dubbio e dei tormenti
interiori: tutta la vita dello scrittore è segnata da lacerazioni interiori che si possono
riassumere nel contrasto tra una visione del mondo di tipo laico e il richiamo ai valori della
religione e della fede, due poli che lui avverte come antitetici e tra i quali non sa scegliere,
cosa che gli provoca crisi e dolorosi ripensamenti.
Un intellettuale senza patria
Petrarca è diverso da Dante anche per la sua condizione di intellettuale apolide e
"sradicato" da un contesto sociale e cittadino che senta come la sua patria, dal momento
che nasce ad Arezzo da un esule fiorentino cacciato per motivi politici ma si trasferisce
presto in Provenza, dove avviene la sua prima formazione, mentre negli anni successivi
viaggerà e si sposterà tra Avignone, Montpellier, Bologna, Roma, senza contare i frequenti
viaggi in Europa alla ricerca di libri e codici, e facendo tappa in Valchiusa che per lui sarà un
"porto" e un rifugio dove studiare e scrivere, non certo un luogo che senta "suo" più degli
altri in cui ha variamente soggiornato.
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