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Il “dolce stil novo” nasce in Toscana nella seconda metà del ‘200.

Inizialmente si sviluppa a Bologna fra il 1260 e il 1276 con Guido


Guinizzelli e inseguito intorno al 1280 e al 1310 raggiungerà anche Firenze sotto Guido Cavalcanti e Dante Alighieri che hanno
rappresentato le personalità più rilevanti della scuola stilnovistica. La poetica del “dolce stil novo” presenta alcune differenze e
varietà rispetto a quella dei rimatori precedenti. Ad esempio l’omaggio feudale rivolto alla dama viene sostituito da una visione
più spiritualizzata della donna. Ella viene rappresentata come un angelo, un essere divino disceso sulla Terra per manifestare la
salvezza e il miracolo di Dio. Gli elementi caratteristici della donna-angelo sono la bellezza, lo sguardo e il saluto: attraverso questi
elementi ella riesce ad ammaliare ed estasiare l’uomo. Di fronte alla donna l’uomo appare immerso nella sua contemplazione e
rapito dal suo sguardo e dalla sua bellezza. In questo contesto l’uomo si mostra talvolta umile e cosciente della propria inferiorità,
e talvolta frustrato a causa della potenza devastante dell’amore. Oltre alla donna-angelo, uno dei temi saldi della concezione
stilnovistica è “l’identità d’amore e il cuore gentile”. Con la consacrazione di questa nuova tendenza poetica di origina una forma
di poesia caratterizzata da uno stile “dolce e leggiadro”, ossia uno stile puro, semplice e limpido, e da un lessico elevato in cui
compaiono anche provenzalismi e latinismi. Con l’aggettivo “Novo” Dante sta ad indicare l’innovazione di questa manifestazione
poetica che si differenzia notevolmente per il modo di poetare luminoso e semplice, libero dal "nodo" dell'eccessivo formalismo
stilistico della tradizione precedente. Il precursore del gruppo dei poeti stilnovistici è il bolognese Guido Guinizzelli. Egli dà inizio
alla tendenza poetica dello “stil novo” attraverso la canzone manifesto “Al cor gentil rempaira sempre amore”.

Voi che per li occhi mi passaste 'l core (Guido Cavalcanti)  Il sonetto descrive i devastanti effetti dell'amore, rivolgendosi
direttamente alla donna. Cavalcanti concepisce l'amore con toni dolorosi e drammatici. Il poeta rappresenta l’innamoramento
attraverso gli occhi. Il sonetto si conclude con la morte figurata del cuore.

Tanto gentile e tanto onesta pare  Dante scrive di Beatrice, donna che amava, dipingendola come una dea, che con la sua
grazia, bellezza e gentilezza rende attoniti tutti coloro che la vedono. Con la descrizione che ne fa Alighieri noi riusciamo ad
immaginare questa bellissima donna che appare tra le vie della città come una angelo. Questo sonetto esalta la donna e le sue
caratteristiche principali: l’umiltà, la bellezza, la gentilezza, l’onestà e la bontà d’animo.

Io voglio del ver la mia donna laudare  In questo sonetto la donna viene considerata bella come un angelo in quanto rende
umile colui che la guarda; è quindi una creatura idealizzata di cui non viene descritto alcun tratto fisico.

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