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Leonardo da Vinci nacque nel 1452, è l’artista più conosciuto al mondo ed apprezzatissima è la sua
opera “la Gioconda”, dipinto molto familiare in quanto replicato moltissime volte. Fu un artista, un
ingegnere, un meccanico, un visionario ed un anatomista, non c’è ambito di cui durante la sua vita non
si fosse occupato. Riteneva, comunque, la pittura un’arte privilegiata.
Si formò a Firenze, presso la bottega del Verrocchio ed in seguito, presso la corte di Ludovico il Moro,
vivrà il proprio periodo Milanese (in cui comporrà opere come il cenacolo ed il ritratto di Cecilia
Gallerani), che durerà ben 17 anni: Milano, infatti, già all’epoca era una città cosmopolita.
All’interno della pittura di Leonardo, ritroviamo delle caratteristiche comuni ad ogni opera:
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Leonardo da Vinci
piramidale è data dall’incrociarsi di sguardi e di gesti. Tale composizione piramidale rende evidenti due
importanti concezioni:
Giuda non è isolato, non è collocato dalla parte opposta del tavolo di fronte a Gesù;
Il momento rappresentato non è il momento sacrale dell’eucarestia, bensì il momento
profondamente umano della rivelazione del tradimento;
(Giovanni non è appoggiato al petto di Cristo)
Oltre a questi due cambiamenti, Leonardo svolge ogni consuetudine: i 12 apostoli sono tuti dalla stessa
parte della grande tavola rettangolare, sei a destra e sei a sinistra del Cristo. Le parole di Gesù, che
rivela il tradimento, diffondono angoscia in tutte le figure, che si raggruppano a tre a tre; in questo
modo, isolano la figura del santo, che si erge imponente e solitario al centro della composizione.
Attraverso il linguaggio gestuale, dei volti e delle mani, ma dell’intero corpo, il pittore riesce a
rappresentare le emozioni, diverse, di ogni apostolo: ognuno di loro compie un gesto che richiama il
pensiero che lo attraversa. Cristo non possiede un’aureola fisica, tuttavia, la luce proveniente dalle
finestre (che mostrano uno spazio reale) va quasi a crearne una. Gli artisti del ‘400, solitamente,
inserivano i personaggi in uno spazio classico (come Andrea Del Castagno) e sempre chiuso, al
contrario di Leonardo, il quale pone i propri personaggi all’interno di uno spazio finito ma che vuole
essere il continuo dello spazio reale del refettorio del convento. Il tutto va a creare profondità
prospettica e allude ad uno spazio dotato di apertura totale, anche verso l’esterno (attraverso le finestre).
La tavola, inoltre, appare “ribaltata” verso lo spettatore in modo tale da mostrare tutti gli oggetti e le
vivande sulla tovaglia, ricamata, che altrimenti non sarebbero visibili.
L’opera, già poco dopo la composizione, iniziò a deperire: Leonardo utilizzò una tecnica a secco, la
quale gli permise di allungare i tempi di composizione, in modo tale da poter tornare più volte sui
personaggi, ma non tenne conto dell’umidità molto presente nel luogo in cui era posto il dipinto: vicino
alla cucina. Leonardo stendeva, dunque, il gesso, per poi utilizzare i colori a tempera e ad olio. Il
restauro, avvenuto tra il 1982 ed il 1999, ha probabilmente alterato il dipinto in sé, in quanto la postura
dei personaggi appare innaturale: è presente una mano che regge un coltello che non si sa a chi
appartenga, per alcuni a Giuda, per altri a Pietro, per altri ancora è solo un simbolo.
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La Gioconda
Questo dipinto è stato realizzato tra il 1503 ed il 1505, tuttavia Leonardo continuò ad apportare
modifiche fino alla sua morte. Attraverso un’analisi con i raggi x è stato confermato che si tratti della
terza edizione dell’opera, in un continuo lavoro, che hanno contribuito a creare il senso di mistero ed
incertezza dell’opera. La tavola mostra una giovane donna in posa, possiamo notare l’ispirazione di
Leonardo nei confronti dei modelli fiamminghi per la postura: di ¾, come abbiamo già potuto notare
con il ritratto di Cecilia Gallerani. Il busto della donna è obliquo, in modo tale da conferirle una terza
dimensione. Con il braccio sinistro sul bracciolo di una sedia e la mano destra su quella sinistra, la
donna volge il proprio sguardo verso lo spettatore e lievemente sorride. Non si comprende se sia un
sorriso felice o malinconico, proprio come lo sguardo che segue lo spettatore, l’opera è in grado di
trasmettere emozioni diverse in base alla sensibilità dello spettatore. Il senso di indefinito è dato anche,
ed in particolar modo dal sorriso enigmatico della donna, ma anche dal paesaggio, dalla prospettiva
aerea e dallo sfumato, costruiti mediante un sistema di velature. La mancanza di definizione è data
anche dalla mancanza dei contorni, sia nella donna, evidenziati dal velo che le sovrasta il capo (parte
della moda fiorentina del tempo), sia nel paesaggio retrostante. I colori del paesaggio, mediante la
prospettiva aerea, variano in relazione all’atmosfera; il paesaggio sembra essere molto lontano dagli
ambienti di Firenze e dai luoghi successivamente frequentati dall’artista: è deserto e roccioso e si
dissolve combinandosi con il cielo. Nella natura rappresentata distinguiamo due laghi color smeraldo ed
alti monti, l’unico elemento umano del paesaggio, quasi primordiale, è un ponte. Da ciò possiamo
dedurre il significato profondo della Gioconda: è un’allusione alla nascita dell’umanità, o anche il
superamento degli ostacoli naturali da parte, riponendo fiducia nei dotti.
La donna, secondo le fonti più accreditate (Vasari) è la moglie di Francesco di Giocondo, Lisa
Gherardini, una nobildonna fiorentina. In particolare, Vasari descrive con interesse la peluria e le labbra
rosse; probabilmente si tratta di un’altra versione della Gioconda, realizzata da Leonardo stesso o da uno
dei suoi allievi. Secondo un’altra testimonianza: un ambasciatore italiano andato a far visita a Leonardo
in Francia, Leonardo possedeva un ritratto per Giuliano De Medici (duca di Nemours) di una
nobildonna fiorentina. Questo, secondo tale testimonianza, fu uno dei dipinti (insieme al San Giovanni
ed alla Sant’Anna con la Madonna) lasciati al Salai. Quindi, sembrerebbe che la donna ritratta non sia
Lisa Gherardini, ma si tratta di un altro dipinto. Le tre opere di cui parla l’ambasciatore italiano
risultarono presenti nell’inventario dell’eredità di Capretti, dunque, non si sa se le opere siano giunte
dalla Francia in Toscana e dopo viceversa, o se Leonardo avesse creato più opere uguali. Gian Giacomo
Caprotti, ipotetico amante di Leonardo, soprannominato Salai (salaino. Demonio), secondo alcune
ipotesi sarebbe il soggetto della Gioconda: secondo alcuni negli occhi della Gioconda sono contenute
due lettere: una S (salai) ed una L (Leonardo). Si suppone anche che lui sia stato il modello del San
Giovanni di Leonardo. Monna Lisa, inoltre, potrebbe anche essere Monna Isa, Isabella D’Este, che più
volte aveva richiesto un ritratto, ottenendo solo degli schizzi incompiuti. Secondo la teoria dello storico
(anni ’50) Carlo Pedretti, Pacifica aveva una relazione con Giuliano De Medici, e dalla loro relazione
extraconiugale nacque Ippolito D’Este. Alla morte della donna, venuto a conoscenza del figlio, decide
di riconoscerlo, portandolo alla corte papale, venendo amato e ricevendo persino un dipinto da Raffaello
“L’incoronazione di Calo Magno”. Giuliano, secondo la teoria, decise di chiedere a Leonardo di
realizzare un ritratto di Pacifica (che aveva conosciuto), per poterne avere memoria. Né Giuliano, né
Ippolito ricevettero mai l’opera per via della morte del primo
Esistono centinaia di versioni della Gioconda: la Gioconda di Isleworth sembra essere il ritratto più
fedele a Lisa Gherardini, tuttavia risulta incompiuto e non risulta tra i beni ereditati da Lorenzo
Gherardini. È stata sicuramente dipinta nel 1503, tuttavia Leonardo potrebbe essere stato restio nel
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realizzare un dipinto per tale figura, a causa dello status sociale. La Gioconda è un continuo mistero e
probabilmente resterà irrisolto nei secoli.