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Sandro Botticielli

Sandro Botticelli, nato a Firenze nel 1445, è uno degli artisti simbolo del Rinascimento. Era un personaggio
di grande cultura ed è stato uno dei più raffinati pittori del suo tempo. È stato l’artista che forse più d’ogni
altro ha dato forma agli ideali dei filosofi neoplatonici, è stato il pittore per eccellenza della famiglia Medici e
ha saputo dimostrare grandi doti cimentandosi in un’ampia varietà di soggetti. Si è trovato a vivere tra due
epoche: la crisi religiosa e la caduta dei Medici e dell’ascesa di Savonarola.
La carriera di Botticelli si svolse quasi per intero nella Firenze di Lorenzo il Magnifico: l’artista, infatti,
cominciò a lavorare nella corte dei Medici, proprio dal 1469, anno che coincide con l’inizio della signoria del
Magnifico, figura di notevole rilevanza. Botticelli vive dunque il momento più luminoso del Rinascimento
fiorentino: la fine della signoria medicea avrebbe significato per lui una profonda crisi che lo avrebbe
portato, negli ultimi anni della sua vita, a cambiare completamente i propri orientamenti per poi anche
smettere la carriera di artista.

La vita:
Il suo vero nome è Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi. Molte sono le ipotesi che circolano sull’origine
del soprannome Botticelli. Secondo il Vasari, il pittore, da piccolo, sarebbe stato un bambino molto vivace a
cui piaceva scherzare e il padre, stanco del suo comportamento, lo avrebbe inviato nella bottega di un
orafo con un suo compare chiamato Botticello, cioè colui che batteva l’oro. Da qui, secondo il noto storico,
sarebbe nato il soprannome. Un’altra ipotesi, invece, vuole che il soprannome “Botticello” sarebbe
appartenuto al fratello e passato in un secondo tempo a Sandro. In questo caso il termine si riferisce ad
una persona bassa, grossa, colorita e piena di vino o forse ancora riferita all’attività dell’altro fratello
Antonio che batteva l’oro, battigello.
Il giovane Sandro venne avviato all’arte probabilmente dal fratello Antonio che era un orafo. Nel 1459
divenne allievo di Filippo Lippi, con il quale collaborò alla realizzazione degli affreschi nel Duomo di Prato.
Nel 1466, in seguito alla partenza di Filippo Lippi per Spoleto, Sandro passò alla bottega del Verrocchio e
attorno al 1467 eseguì la Madonna della Loggia, una delle sue prime opere note. Nel 1470 aprì la sua
bottega e nello stesso anno ottenne il primo incarico pubblico, la figura della Fortezza per il Tribunale della
Mercanzia: si tratta anche della sua prima opera documentata. Nel 1474 esegue un’altra opera pubblica,
una Adorazione dei Magi per Palazzo Vecchio andata perduta. Nel 1477, Lorenzo di Pierfrancesco de’
Medici gli commissiona il suo grande capolavoro, la Primavera. Nel 1480 viene incaricato dalla famiglia
Vespucci (la stessa della famosa Simonetta Vespucci indicata spesso come musa di Botticelli) di eseguire
il Sant’Agostino per la chiesa di Ognissanti.

Attorno al 1482 esegue invece la Madonna del Magnificat conservata agli Uffizi. Nel 1484 circa dipinge
la Nascita di Venere.
Il clima cambia a Firenze nel 1489, anno in cui hanno inizio le prediche di Girolamo Savonarola e Sandro
ne rimane molto colpito. Nel 1492 Lorenzo il Magnifico muore: è l’inizio del declino artistico di Sandro che
entra in una fase di misticismo anche a causa dei sermoni di Savonarola. In questo clima, attorno al 1495,
dipinge la Calunnia di Apelle, dopodiché, nel 1501, esegue la sua ultima opera: la Natività mistica, che è
anche la sua unica opera datata e firmata.
Sandro Botticelli morì a Firenze il 17 maggio del 1510 e venne sepolto nella chiesa di Ognissanti.

Lo stile:
La carriera di Sandro Botticelli comincia nel segno dei suoi maestri, su tutti Filippo Lippi e il Verrocchio,
come si vede nella Madonna della Loggia, una delle sue prime opere note. Provengono dalla lezione di
Filippo Lippi la grazia, il lirismo, il gusto per il contorno marcato: sono elementi che Botticelli rielabora,
reinterpreta e fa diventare veri “marchi” della sua pittura. Nella Madonna della Loggia si notano anche
suggestioni derivanti dalla lezione del Verrocchio, in particolare la resa realistica di alcuni dettagli, come le
decorazioni delle vesti e le architetture: l’arte del Verrocchio era una delle più naturalistiche della Firenze
del tempo ed era fondata su di una rappresentazione vibrante, realistica, attenta ai dettagli.

Prima ancora di dedicarsi alla pittura mitologica per la quale è universalmente noto, Botticelli infatti eccelse
nell’arte religiosa. L’Adorazione dei Magi conservata agli Uffizi, capolavoro del 1475 circa, è dove si può
individuare anche un probabile autoritratto di Sandro Botticelli (il giovane biondo sulla destra, con il vestito
dorato).
Con questo dipinto il pittore si procura in modo definitivo le grazie dei Medici (il committente faceva parte
dell’entourage mediceo). Si tratta infatti di un’opera che sottolinea il ruolo, il prestigio e la potenza della
signoria e della famiglia che la governava (nel corteo dei Magi, infatti, Botticelli inserisce anche i ritratti di
alcuni membri della famiglia dei Medici).

Celeberrime sono poi le Madonne di Sandro Botticelli, e in tal senso uno degli esempi migliori e più celebri
è la Madonna del Magnificat, anch’essa agli Uffizi (prende il nome dall’Inno, il Magnificat, che la Madonna
sta scrivendo sul libro che gli porgono i due angeli).

Da notare il dettaglio di Gesù Bambino che pone il suo braccio sopra quello della madre per guidarla nella
sua scrittura, per renderla ancora più partecipe di questa unione con la divinità. Si tratta di un tondo di
grande eleganza, bellezza e raffinatezza, capace di riscuotere un grande successo già all’epoca: i volti
aggraziati dei personaggi, l’espressione contemplativa del Gesù Bambino, quella della Madonna assorta
nella scrittura dell’incipit del Magnificat, la ricchezza e la finezza delle decorazioni delle vesti, la corona, gli
ori, la calligrafia con la quale l’inno viene scritto, il paesaggio alle spalle delle figure, l’uso sapiente del
contorno, i colori preziosi denotano l’eleganza e la minuzia dell’artista nel delineare ogni singolo dettaglio.
Si tratta, peraltro, di una delle prime opere in cui l’artista comincia a manifestare i segni della crisi mistica
che lo avrebbe poi travolto dopo la caduta dei Medici.
La Primavera, fu commissionata a Botticelli nel 1477 da Lorenzo di Pierfrancesco de Medici, cugino del
Magnifico. Vede la presenza di diversi personaggi che, secondo l’identificazione tradizionale sono, da
sinistra, Mercurio, le tre Grazie, Venere e Cupido, il vento Zefiro, la ninfa Cloris e infine Flora, ovvero Cloris
trasformata a seguito dell’unione con Zefiro (Flora è la personificazione della Primavera stessa). Il tutto è
ambientato in un rigoglioso giardino dove gli esperti di botanica hanno individuato circa duecento specie di
piante diverse.

Il dipinto rappresenta il regno di Venere, descritto sulla base di un programma iconografico forse elaborato
da Poliziano sulla base dei testi degli autori classici, su tutti Orazio e Ovidio. Sandro Botticelli faceva parte,
infatti, di una cerchia di intellettuali attivi presso la corte del Magnifico, che spaziavano in diversi campi
dell’arte. Alcuni studiosi ipotizzano che la primavera sia il simbolo della pax medicea: all’epoca, Firenze
viveva una stagione di pace, e sogno dei Medici era quello di difenderla il più a lungo possibile. Se si fa
attenzione ai gioielli si nota subito che sono davvero pochi se non per due delle sue ancelle e, ovviamente
su Venere. Il personaggio principale del dipinto infatti indossa un pendete arricchito da un rubino rosso,
tipico dei pendenti femminili dell’epoca e indossa un diadema sul capo da cui parte un leggero velo.
Botticelli conosceva bene il simbolismo dei gioielli, anche grazie al fratello orafo. La scelta delle perle
dunque non è casuale ma è voluta in quanto sono i gioielli prediletti del periodo, usati spesso dalle spose,
in quanto simbolo di bellezza femminile.
La Nascita di Venere risale forse al 1484 e anch’essa fu eseguita per Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici:
anche se l’opera è universalmente nota come la “nascita” di Venere, quella che vediamo non è la nascita
della dea in senso stretto, quanto invece l’arrivo sull’isola di Cipro, sacra alla dea, dopo la sua nascita.

Anche in questo caso il tema è ispirato dalle Metamorfosi di Ovidio e da una sua ripresa in chiave moderna
probabilmente suggerita da Poliziano. Come la Primavera, anche la Nascita di Venere è un dipinto di non
certa datazione e il cui significato sfugge: è stata pertanto oggetto di diverse interpretazioni. Come nel caso
della Primavera, la Venere potrebbe ancora alludere all’ideale di Humanitas: in particolare, la nudità della
dea farebbe riferimento alla purezza dell’anima. Un’interpretazione di matrice cristiana vuole il dipinto come
nascita dell’anima dall’acqua del battesimo. Altri studiosi hanno letto la Nascita di Venere come
una rappresentazione dell’amore, con la passione, la sensualità e l’erotismo simboleggiati dalla coppia a
sinistra e la castità simboleggiata dalla Ora che vuole proteggere la nudità della dea, che a sua volta
incarna sia la sensualità sia la castità, poiché è nuda ma allo stesso tempo si copre il pube. La Nascita di
Venere è peraltro uno dei pochi dipinti di Sandro Botticelli ad essere stato eseguito su tela invece che su
tavola.
Il clima di tensione che travolse Firenze dopo la caduta dei Medici si riflette in un’opera allegorica
conservata agli Uffizi, la Calunnia di Apelle, anche se non è dato sapere chi sia il calunniato: alcuni
pensano che possa essere lo stesso Botticelli, altri pensano che possa essere un suo amico, ma ad ogni
modo potrebbe trattarsi di un dipinto che nasce nel contesto politico della Firenze savonaroliana.
Apelle, pittore che secondo la tradizione raffigurò la Calunnia nei termini che sarebbero stati poi ripresi da
Botticelli, sarebbe stato calunniato e avrebbe risposto ai suoi calunniatori realizzando un dipinto allegorico.
Per realizzare il dipinto, Botticelli si basò su fonti scritte e su ricostruzioni, in particolare su una descrizione
di Leon Battista Alberti contenuta nel suo De Pictura, descrizione a sua volta ripresa dall’autore greco
Luciano. Botticelli segue fedelmente il racconto: partendo da destra s’incontra sul trono il re dipinto con le
orecchie d’asino, attributo che sottolinea la sua ignoranza.

Le due figure femminili che bisbigliano nelle orecchie del re sono l’Ignoranza e il Sospetto, mentre il
calunniato è il giovane che viene trascinato per i capelli dalla figura femminile che tiene nella mano sinistra
la fiaccola: quest’ultima è la Calunnia, e la fiaccola potrebbe essere il simbolo della sua furia o il simbolo
del falso amore per la verità.
Le figure che acconciano i capelli alla Calunnia sono la Frode e l’Insidia, a significare che all’apparenza la
calunnia sembra dire la verità perché si presenta con un bell’aspetto. L’uomo brutto e vestito di stracci che
la tiene per mano e chiede al re di essere ascoltato è il Livore, che guida quindi la Calunnia. Il Rimorso
viene raffigurato come una vecchia nascosta sotto lunghi abiti logori bianchi e neri, mentre osserva la
Verità, nuda, che guarda verso il cielo come a dire che è da lì che arriverà la giustizia.

È un’opera fortemente simbolica, ricca di citazioni classiche (statue e rilievi che potrebbero anche
ironicamente alludere a scene di giustizia), caratterizzata da un accentuato dinamismo e da una certa
tensione: si tratta di un dipinto che segna una netta divisione tra il Botticelli “mediceo”, per così dire e il
Botticelli della tarda maturità.
L’opera-simbolo dell’ultimo Botticelli è la Natività mistica, del 1501 (è l’unica opera di Botticelli datata e
firmata), conservata alla National Gallery di Londra.
Data e firma si trovano nell’iscrizione in greco che accompagna il dipinto e che allude anche agli eventi di
quegli anni, con anche un esplicito riferimento all’Apocalisse di san Giovanni. Il dipinto è forse un’allegoria
della pace, a cui alluderebbero anche i ramoscelli di ulivo recati in mano dagli angeli in volo, instaurata
dall’avvento di Cristo sulla terra. Si tratta di un’opera fondamentale perché è il manifesto pittorico di questa
fase della carriera di Botticelli: un dipinto che si fa portatore di tutte le sue inquietudini dovute all’influsso
che su di lui avevano esercitato le prediche di Savonarola, un dipinto che manifesta anche un
certo arcaismo (la Madonna, per esempio, è più grande rispetto alle altre figure, in modo irrealistico: una
modalità tipica della raffigurazione gerarchica della pittura medievale). Una pittura pregna di misticismo e di
inquietudine, l’opera di un pittore la cui carriera si avviava ormai verso il declino, in un momento in cui
cominciavano ad affermarsi altri grandi artisti, come Leonardo e Michelangelo.
 
Solo guardando i personaggi di questi dipinti del Botticelli, si può notare come questi sembrino appartenere
a un mondo ideale delle favole più che alla realtà nella quale viviamo. A farcelo capire in particolare sono i
lineamenti sempre volti alla ricerca di una bellezza.

Margherita Garelli

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