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Parla poi di Benozzo Gozzoli e Domenico Ghirlandaio. Benozzo aveva una rara capacità di
invenzione e a palazzo Riccardi apre la strada a quella che sarà la pittura di paesaggio.
Successivamente si perde il meglio di Benozzo perché inizia ad aggiungere dettagli
insignificanti e a raffigurare metropoli. Anche Verrocchio si avvicina alla pittura di paesaggio,
lo si vede nella sua annunciazione e ci riuscì dopo di lui un altro toscano, Leonardo. Il genio
di Ghirlandaio invece si rivede solo nell’epifania agli Uffizio e nei ritratti come L’affresco con i
ritratti Sassetti a Santa Trinita.
Botticelli deve il suo successo al fato che si concentra più sui modi della rappresentazione
rispetto alle cose rappresentate. È contraddistinto da un forte valore tattile e dona un
movimento che da vitalità come ad esempio per i capelli della venere (Warburg) e la Pallade.
Idea era quella di comunicare valori incorporei attraverso la linea e quindi la resa plastica dei
soggetti. Questo vale per le opere ne giovanili ne tarde ma quelle della venere e della
primavera.
Cavalcaselle
Cavalcaselle e Crowe scrivono in inglese e pubblicano a Londra con la casa editrice Murray,
convinta da Layard e Rastlake, Early Flemish painters e poi new history pubblicato nel
1864-66. In fine ottocento non era inusuale pubblicare in lingua straniera, Morelli infatti
pubblica in tedesco, già Venturi citava la diffusione del fenomeno. Uno dei motivi era perché
c’era una povertà nell’ambito della pubblicazione storico-artistica in Italia. Pietro Estense
Selvatico (ruskiniano) critica Rosini che è winkelmaniano perché parla di opere che non ha
vista nella sua opera storia della pittura italiana esposta con i monumenti, mancava quindi di
osservazione diretta delle opere. Selvatico diceva di considerare l’arte come espressione di
un’epoca e non andava considerata singolarmente.Selvatico pubblica nel 1852 storia
estetico critica per farci un quadro del mondo italiano, il cui destinatario era lo studente
d’arte. Importante è il ruolo della Toscana dove prevaleva la ricerca documentaria, ripresa
dai paesi tedeschi. La critica tedesca riprende quella italiana ma si differenzia nel non
essere così vasariana e critica la censura dovuta allo scarso approfondimento.Milanes 1866
dice che era necessario abbinare all’erudizione documentaria (Toscana) una descrizione
approfondita dell’opera, la pratica visione dell’opera (Germania). La pratica conoscenza era
propria degli stranieri ma mancava in Italia, lo dice anche Venturi. In Italia il commercio era
dovuto solamente all’esportazione delle opere e si era creata così una situazione di
collezionismo estero. Il museo di Berlino il maggior esponente del collezionismo pubblico. Lo
studio diretto delle opere e la loro analisi diventavano indispensabili per la gestione delle
gallerie; la maggior parte degli studiosi d’arte svolse un ruolo di primo piano nelle
trasformazioni che i musei subirono in questo periodo. Si afferma qui la figura di storico
dell’arte il più importante di Waahen a Berlino.
Kugler Berlino scrive dei manuali per ricapitolare io lavoro svolto fino a quel momento
nell’arte e consolidare una base di ricerca per i successivi (base manualistica in Germania).
È dunque nel vivacissimo ambito anglo-tedesco e con scarsissimi agganci sul territorio
italiano che si situa l’operazione di Crowe e Cavalcaselle. Da un lato la loro ricerca
approfondivano i settori particolari e dall’altro si rivolgeva al pubblico dei piccoli collezionisti
e dell’ élite. Vennero più apprezza nella critica estera inglese e tedesca piuttosto che
italiana, ad esempio da Eastlake nell’ apprezzamento della New history.
Warburg - Arte italiana e astrologia internazionale nel Palazzo Schifanoja di Ferrara 1912
Parla di astrologia e il suo rapporto con lo sviluppo stilistico nella pittura italiana del 500.
L’influsso della pittura profana antica nel 400 fa si che ci sia una mobilità intensificata del
corpo come in Lippi e in Botticelli e nel linguaggio mimico del Pollaiolo.
Questo stile mosso e anticheggiante degli italiani non penetro nell’arte nordica che aveva
una tendenza verso l’astrologia. Ad esempio le sette raffigurazioni delle sette divinità antiche
pagane venivano associate ai sette pianeti che decidevano le sorti umane, come dei
calendari mensili. Le prime rappresentazioni nordiche di questo periodo riguardavano
appunto queste tematiche. Da qui dobbiamo analizzare gli affreschi di palazzo Schifanoja
—> abbiamo qui sia la dottrina delle divinità olimpiche sia quella astrologica. La serie di
affreschi prevedeva la serie di immagine dei dodici mesi divisa in tre fasce: sopra abbiamo i
carri trionfali degli dei dell’Olimpo, in basso la vita alla corte del duca Borso e al centro il
segno dello zodiaco con tre figure enigmatiche.
Bisogna decifrare queste tre figure—> analizza tre mesi aprile, marzo e luglio, non prima di
parlare dello strumentario e della tecnica dell’astrologia antica; strumento sono le
costellazioni e i loro nomi divise in due gruppi di astri: le stelle erranti che sono quelle in
movimento le stelle fisse. Fra questi rapporti della posizione astrale l'astrologia faceva
riprendere i rapporti tra gli uomini. Il cielo delle stelle fisse di Arato risalente al 300 a.C. è
ancora oggi lo strumennto primario dell’astronomia; si faceva riferimento alla Sphaera
barbarica composta in Asia minore da Teucro che era una descrizione del cielo delle stelle
fisse arricchita da nomi astrali di vari luoghi, che superava il catalogo astrale di Arato quasi
del triplo. Franz Boll l’ha ricostruita con geniale acume nel 1903, che penetra fino a un libro
illustrato di stilografie con i vari calendari astrologici, astrolabium planum edito da Engel ma
l’autore è l’italiano Pietro d’Abano. La Sphaera barbarica rimaneva nella sua suddivisione in
decani ossia in terzi del mese, questo tipo di suddivisione fu tramandato dai lapidari degli
arabi. Ricollega lo scritto di Pietro d’Abano alla rappresentazione nel salone di Padova,
calendario astrologico-profetico che ci riporta agli affreschi di Ferrara.La rappresentazione
dei decani è quindi ripresa anche a Ferrara (come a Padova). I decani derivano dall’Egitto e
vengono riadattati pur facendo riferimento a quelli egiziani. Solo nella versione dell’arabo
Abu Mashable ci porta alla striscia mediana di Palazzo Schifanoia. Ci sono tre diversi
sistemi di stelle fisse: quello arabo, tolemaico e indiano. Quest’ultimo parla appunto di
decani indiani ma ci si rende conto che questi riprendono dei simboli astrali greci. Warburg si
rende conto che le tre figure di palazzo Schifanoja sono come i decani indiani di Abu
Ma’shar. Questo perché alla corte estense erano appassionati di astrologia.
Queste raffigurazioni si ricollegano a Botticelli perché ha realizzato il Calendario Baldini
sempre rifacendosi all'antichità greca. Ad esempio Botticelli riprende Venere come
Simonetta Vespucci perché Venere appare nel mese di Aprile e Simonetta infatti morì il 26
aprile 1476. Lo scopo di Warburg con l’analisi di questi affreschi è far capire le connessioni
tra i vari periodi da quelli antichi a quelli moderni con la volontà di restaurare l’antichità ed
entrare nel periodo che noi chiamiamo età del rinascimento.
Wolfflin - concetti fondamentali della storia dell’arte
Introduzione
Esempio dei quattro pittori di Tivoli: ci racconta che Richter racconta sulle sue memorie, con
altri artisti realizzano un quadro di uno stesso paesaggio e ognuno lo rese in maniera
differente. Questo sta a significare che ogni pittore dipinge con il proprio sangue e abbiamo
diversi modi individuali di rappresentare la forma. Confronta come esempio Botticelli e
Lorenzo di Credi che appartengono allo stesso periodo storico entrambi fiorentini ma
Botticelli ha una carica più forte che Lorenzo non ha. Anche nello stesso tema, come ad
esempio la madonna seduta, ogni artista la rende in maniera differente con una
diversa/propria sfumatura. Importante per questi artisti è lo studio del panneggio: Terborch si
riconosce nella rappresentazione del raso, stesso sentimento che non troviamo in Metsu in
cui si perde quella finezza e morbidezza dei panneggi. Analizza anche i paesaggistici come
Hobbema e Ruysdael e di come pur essendo simili, si riscontrano differenze ad esempio nei
dettagli dei rami.
In realtà i gruppi degli artisti si dispongono anche in gruppi più grandi —> accanto allo stile
personale esiste lo stile di una scuola, di un paese e di una razza.
Confronta l’arte fiamminga e quella olandese, e per quanto siano simili nella resa
paesaggistica, gli olandesi non hanno il lato emotivo di Rubens (fiamminghi), gli olandesi si
cimentano molto sul dettaglio sia per i paesaggi che per le architetture. Questa
differenziazione vale nel XVII secolo poiché il rapporto tra le due arti cambia nel tempo
perché periodo diversi producono un’arte diversa e il carattere del tempo interferisce sul
carattere del popolo. Per esempio Rubens ha uno stile dell’epoca e la sua arte non ha un
carattere permanente.
Fa l’esempio del passaggio dal Rinascimento al Barocco per far capire l’idea dello stile
d’epoca.
Confronta architettura rinascimentale e barocca—> quella rinascimentale si concentra sul
concetto di proporzione perfetta, mentre quella barocca offre il movimento e il divenire. I tre
stili ovvero individuale, nazionale e dell’epoca, esprimono lo stile di un tempo e di un popolo
ma non ne determinano il valore artistico. Il temperamento di un artista non riesce a
spiegare come un’opera sia nata; importante non è evidenziare le differenze tra i due artisti,
ma capire come entrambi siano arrivati allo stesso risultato. Bisogna tenere conto di un altro
elemento che è quello della raffigurazione come tale —> ogni artista si pone davanti a delle
possibilità ottiche e quindi non tutto è possibile in ogni tempo. Anche artisti che sembrano
lontani sono mossi da possibilità che riguardano il loro periodo. Nella storia degli stili
affiorano dei concerti che si riferiscono alla raffigurazione come tale è ci fa pensare a
un’evoluzione storica del modo di vedere occidentale quindi il carattere individuale e
nazionale non hanno più tanta importanza.
Si concentra poi sul rinascimento; per Giliberti, Alberti e Vasari la cultura dell’antico si era
persa a causa delle invasioni Barbare si riacquista solo col rinascimento. Hanno sia ragione
che torto perché da una parte non ci era stata una netta rottura con l’antico perché
l’atteggiamento generale era cambiato nei confronti dell’antichità. Spesso nel medioevo
venivano ripresi i motivi classico ma mutati in temi cristiani. Esempio veniva usata la figura di
Orfeo per rappresentare Davide. Gli artisti che raffiguravano ciò copiavano semplicemente i
modelli classici che si trovavano davanti oppure attraverso le fonti letterarie. Si crea una
sorta di tradizione mitografica che arriva fino agli artisti medievali, importante testo è ad
esempio Mythographus III usato anche da Petrarca per le immagini degli dei pagani (in
Africa), la mitologia antica bienne messa in diretta relazione con la tradizione cristiana. Un
passo nuovo è Boccaccio nella Genealogia deorum in cui confronta le fonti originarie antiche
accuratamente. Già alla fine dell’XI secolo gli antichi avevano iniziato a tradurre quello che
era scritto sui testi sempre in chiave religiosa, quindi in maniera diversa rispetto alla
tradizione. Nei manoscritti carolingi le immagini classe che venivano copiate fedelmente
anche se rozzamente, pochi secoli più tardi queste immagini/copie non erano più
riconoscibili come classiche. Si perde la connessione tra temi e motivi classici che solo nel
quattrocento rinascimentale si riacquista. Quando l’arte classica veniva trasposta in quella
medievale perdeva la carica emotiva. Col rinascimento si arriva finalmente a un’arte che
accomuna sia quella medievale che quella classica.
Lionello Venturi
Lezioni americane
Il libro americano parte da appunto da queste lezioni. Critica allo scientismo culturale
americano, se era persa la critica dell’arte in senso vero ma in relazione solo all’economia.
Prima lezione introduttiva con le linee e e i principi della critica dal 1920 al 1940; seconda
lezione riguardo l’impressione amo e il post impressionismo; terza lezione teoria della forma
astratta nel cubismo e nell’architettura contemporanea; quarta lezione promuovere l’arte
rappresentativa. Di Panofsky critica la sua posizione scientifica perché può valere solo la
critica.
Nel 1946 scrive considerazioni sull’arte attratta dove la difende a proposito della cultura
cubista, la forma stratta doveva contenere il sentimento dell’artista. I conoscitori non li
considerano storici dell’arte.
Ginzburg
Miti emblemi spie
Verso la fine dell’800 è emerso un modello epistemologico ovvero un paradigma per uscire
dalla contrapposizione tra razionalismo e irrazionalismo. Per quanto riguarda l’attribuzione
dei quadri antichi di era adottato il mettono morelliano. In tal modo Morelli riuscì ad attribuire
opere sicuramente autografe di Giorgione. Nonostante questo il metodo di Morelli fu molto
criticato perché giudicato meccanico e non si poneva problemi di ordine estetico. Il
rinnovato interesse per i suoi lavori è merito di Wind.
Castelnuovo collega Morelli a Sherlock Holmes per la sua analisi sul particolare
dell’orecchio. Il conoscitore dell’arte è paragonato al detective che scopre l’autore del
quadro sulla base di indizi impercettibili ai più. Morelli tramite le pagine di Wind su di lui egli
è stato apprezzato da Freud che paragona il suo metodo alla psicoanalisi medica. Morelli in
realtà aiuta la formazione della psicanalisi. Quello che i fredda a Freud di Morelli è il suo
metodo interpretativo imperniato sugli scarti, sui dati marginali considerati come rivelatori.
Colpisce l’identificazione del nucleo intimo dell’individualità artistica con gli elementi sottratti
al controllo della coscienza. Analogia tra Holmes/Freud/Morelli perché tutti e tre sono legati
all’ambito della semeiotica medica e alla fine del 1800 cominciò ad affermarsi nelle scienze
umane un paradigma imperniato per l’appunto sulla semeiotica. Ma le sue radici erano molto
più antiche: il cacciatore è il primo a riconoscere le impronte e a costruirne una storia.
Sapere di tipo venatorio è la capacità di risalire a dati sperimentali apparentemente
trascurabili a una realtà complessa non sperimentabile direttamente.
Questo decifrare le tracce porta alla creazione della scrittura; si può parlare di paradigma
indiziario o divinatorio in paradigma implicito dei testi divinatori mesopotamici perché
presuppongono una minuziosa ricognizione di una realtà magari infima per scoprire tracce di
eventi non totalmente esperibili dallo spettatore.
Dall’ scrittura nascono varie discipline imperniate sulla decifrazione dei segni. La svuota si
ha in Grecia con la medicina ippocratica che insiste sulla natura indiziaria della medicina. Lo
storico è paragonabile al medico infatti la conoscenza storica è indiretta, indiziaria,
congetturale. Con l’invenzione della scrittura e della stampa si sviluppa la filologia, e l'oralità
viene sempre meno considerata. Galileo dice che per comprendere l’universo bisogna
imparare a intendere la lingua e a conoscere i caratteri nei quali è scritto, cioè nelle figure
geometriche. Il testo è un’entità profonda e invisibile da ricostruire al di là dei dati sensibili.
Uno di questi medici era il senese Giulio Mancini; la conoscership nasce da Mancini medico
di Urbano VII che riusciva nelle diagnosi a colpo d’occhio. Si parte dalla convinzione che un
dipinto sia irripetibile, ad esempio un Raffaello rispetto alla sua copia avrà comunque una
differenza. Diverso è per gli scritti che possono essere copiati. Abbiamo un collegamento tra
pittura e scrittura che è sia macroscopico (tempo) ma anche individuale. Mancini si sofferma
sulla inimitabilità delle scritture individuali. Voleva isolare nelle pitture gli elementi inimitabili
per permettere il riconoscimento dei falsi. Analogia anche per la questione della velocità: lo
studio della scrittura dei caratteri mostrava che l’identificazione della mano del maestro deve
essere cercata nelle parti del quadro che sono condotte più rapidamente e sganciate dalla
rappresentazione del reale. C’era la stessa idea sia negli scritti della fisica moderna sia nella
parte scientifica che in quella grafologica della connoisseurship. Più si consideravano i tratti
individuali più la conoscenza religiosa spariva.
WARBURG
Arte del ritratto e borghesia Fiorentina- Domenico Ghirlandaio in santa trinità. I ritratti di
Lorenzo de medici e dei suoi familiari.
Segue il modello di Burckhardt e lavora allo stesso modo parlando della società borghese e
artistica della cerchia di di Lorenzo de Medici. Analizza l’azione reciproca che c’è tra il
committente dell’opera e l’artista; queste opere d’arte del rinascimento devono origine a
questa cooperazione. Firenze è un esempio tangibile di questa cooperazione essendo una
città mercantile molto ricca. Confronta i due affreschi di Giotto a Santa Croce 1317 che
realizza le raffigurazioni di San Francesco e Ghirlandaio in Santa trinita 1480-86, nella
cappella sepolcrale della famiglia Sassetti. Mentre in Giotto l’azione principale occupa tutta
la scena, riproduce la corporeità umana, per Ghirlandaio è tutto il contrario e il tema religioso
è un gradito pretesto per rispecchiare la bella parvenza di una temporalità; l’azione sacra si
è mondanizzata in Ghirlandaio, non sembrerebbe essere rappresentata una sacra leggenda,
tende più a raffigurati palazzi fiorentini come palazzo Vecchio. Abbiamo quasi
un’introduzione profana quando vediamo inserito oltre che al ritratto di Francesco Sassetti
con i figli, anche Lorenzo de Medici. In realtà Sassetti non vuole solo celebrare Lorenzo
poiché Lorenzo faceva parte della comunità ristretta dei Sassetti perché Francesco era
socio della ditta medicea in Lione e dovette risolvere problemi bancari. Ghirlandaio trasforma
la raffigurazione della leggenda degli eterni poveri in una rappresentazione sfarzosa della
ricca aristocrazia mercantile Fiorentina.
I fiorentini si interessano molto all’idea del ritratto religioso; la chiesa della Santissima
Annunziata conferiva ai potenti di inserire ancora in vita la propria figura in riproduzione di
cera, rivestita dei propri abiti. Questa pratica era molto sviluppata durante il periodo di
Lorenzo de Medici, che dopo la congiura dei pazzi si fece fare il voto per tre chiese diverse
da Orsino benintendi. L’uomo fiorentino mediceo rinascimentale quindi è un organismo
enigmatico di un’energia vitale elementare e pur armonica; egli scopre in sé ogni vibrazione
della sua anima ed è in sé ampliamento della sua natura culturale (tendevano a farsi
rappresentare per mirare all’eternità). Francesco Sassetti è questo tipo di Borghese
intelligente che rende giustizia al nuovo senza rinnegare il
Vecchio. I ritratti nella sua cappella sono espressione della sua imperturbata volontà di
esistenza. Il ritratto di Lorenzo de medici del Ghirlandaio viene poco studiato ma è l’unica
attestazione che rende la spiritualizzazione che poteva rendere attraente un viso di così
demoniaca distorsione. Francesco Sassetti indica i figli; Lorenzo anche compie un gesto di
stupore perché si spalanca davanti a lui piazza della signoria e per la scala salgono tre
uomini e tre fanciulli: queste figure hanno il primo piano del dipinto e spostano la
scena sacra sullo sfondo. A capo del corteo è Angelo Poliziano, riconosciuto dalla sua
medaglia seguito dai tre figli di Lorenzo ovvero Piero, Giovanni (futuro papa Leone X) e
Giuliano. Delle ultime due figure una non è identificabile mentre l’altra raffigura Matteo
Franco, maestro elementare dei figli e amico di Poliziano.
La rappresentazione che fa Ghirlandaio è uguale a una descrizione epistolare realizzata da
Matteo del 12 maggio 1485. Ultima figura figura finalmente identificata è quella di Luigi Pulci,
confidente di Lorenzo, tramite il confronto con affresco di filippino nella chiesa di Santa
Maria del Carmine. Matteo Franco e lui si odiavano ma qui sono raffigurati vicini all’unica
cosa che li unisce ovvero la devozione per Lorenzo. Francesco Sassetti si mette con i figli al
lato della rappresentazione mostrando di essere consapevoli della loro posizione modesta di
pubblico profano. Il fascino lo emana Lorenzo de 'Medici posto come un poeta-regista che
gestisce la scena.