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VERGINE DELLE ROCCE

QUANDO: 1483 1485


DOVE: LOUVRE, NATIONAL GALLERY
COMMITTENTE: CONFRATERNITA ELIGIOSA DI SANTA MARIA
DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE

La prima opera realizzata a Milano fu la vergine delle rocce per essere posta all’interno di
una
Cappella della chiesa di San Francesco grande e i committenti erano stati proprio una
confraternita religiosa di Santa Maria dell’Immacolata Concezione.
Leonardo realizzò quest’opera tra il 1483 e il 1485.
Quest’opera non venne mai posta in loco perché, secondo gli storici (che hanno letto il
contratto),
Leonardo creò qualcosa di leggermente diverso e che non soddisfò i committenti,
Leonardo sente
proprio un fastidio alle idee imposte.
Il contratto parlava proprio di una tavola che avrebbe dovuto rappresentare la Madonna
con il
bambino, i profeti e gli angeli, mentre nell’opera finale ci sono molti meno personaggi.
Ad Oggi viene conservata al museo del Louvre di Parigi molto probabilmente perché degli
emissari del re di Francia comprarono quest’opera e secondo altri venne comprata
dall’imperatore austriaco che poi la vendette ai francesi.
L’opera rappresenta un soggetto religioso che non è canonico, che non esiste nei vangeli
ma nella
tradizionale orale, Leonardo starebbe rappresentando la sacra famiglia che sta tornando
dalla
fuga in Egitto verso la Palestina e che nel suo ritorno si incontra con San Giovannino.
È un soggetto che vuole prefigurare quello che sarà il battesimo di San Giovanni a Gesù
nel fiume
Giordano, il momento in cui San Giovanni svela la natura divina di Gesù.
In centro vi è la Madonna che sta tenendo una mano al di sopra di Gesù, come in atto di
protezione, e si intende che quest’ultimo è Gesù bambino perché sta benedicendo con la
mano
un altro bambino che si inginocchia davanti a lui ed è evidente che sia proprio San
Giovannino,
l’altro personaggio raffigurato è un angelo che sta indicando con l’indice San Giovannino e
sta
guardando gli osservatori. L’angelo indica San Giovannino perché lui era stato il primo a
individuare la natura divina di Gesù, questo è il motivo per cui è anche inginocchiato
perché Gesù
non è un uomo normale ma è figlio di Dio.
La poetica degli affetti di Leonardo qua è ben evidente, che fa sì che ci sia un gioco di
sguardi tra
i personaggi del dipinto e tra di noi.
I gesti delle mani vanno a formare un’invisibile croce, e questa è una prefigurazione di ciò
che
sarà il destino del bambino.
Gesù è seduto sul bordo e risulta in primo piano, al di là c’è il dirupo, Gesù è salvezza e
blocca gli
uomini dal peccato e inoltre siede su un manto di erba, simbolo di salvezza e di speranza.
L’ambientazione è fondamentale, perché Leonardo realizzava le sue opere artistiche
parallelamente ai suoi studi geologici e qua si vede proprio lo studio della geologia da lui
portato
avanti.
Leonardo amava ambientare le scene in luci particolari, come quelle delle Alba o del
tramonto,
perché creavano degli effetti luminosi tali da realizzare delle figure in controluce e
quest’opera è
propio realizzata sulla soglia di una grotta.
Leonardo tentò di realizzare una nuova versione della Vergine delle rocce negli anni 90 del
400
che però rispetto alla prima fu terminata dagli allievi di Leonardo e a oggi viene conservata
alla
National Gallery di Londra.
Questa seconda versione venne realmente posta in loco anche se nella seconda meta del
‘700 la
chiesa di San Francesco Grande venne distrutta.
Non ci sono rappresentazioni di dogmi, non ci sono aureole proprio perché Leonardo era
uno
sperimentatore ante litteram.

CENACOLO
QUANDO: 1495/97
DOVE: SANTA MARIA DELLE GRAZIE A MILANO
COMMITTENTE: DOMENICANI

I committenti sono i domenicani che volevano una rappresentazione dell’ultima cena


all’interno
del loro refettorio di Santa Maria delle Grazie e quest’opera venne realizzata nel 1495-
1497.
Fu una delle prime opere di grandi dimensioni di Leonardo, è un’opera a grandezza più del
naturale e i personaggi sono quasi più grandi delle dimensioni naturali, sembra infatti che
la scena
del refettorio dove mangiano i monaci si rispecchi nell’ultima cena di Gesù.
A Leonardo non andava a genio la tecnica del buon fresco, perché consiste nell’essere
veloci nel
porre il colore nel manto ancora umido e così Leonardo, che voleva essere più libero e
indipendente, elaborò una tecnica diversa, quella della tempera mischiata ad olio su una
base a
gesso, ma la parete diede umidità e intaccò la preparazione in gesso e già negli anni 30
del ‘500
era rovinata.
Ci fu un grande restauro negli anni 80 e 90 che venne realizzato da Brambilla, uno dei più
grandi
restauratori e grazie al quale riemersero tutti i particolari di questo capolavoro parietale.
Quest’opera è una somma degli studi di Leonardo in fisionomica, anatomia e dei moti
dell’animo
In quest’opera Leonardo rinnova l’iconografia tradizionale, questo è un momento
fondamentale
che fa iniziare subito dopo la passione di Cristo. Gesù sta celebrando la Pasqua ebraica e
attraverso l’offerta del pane e del vino dà la testimonianza di ciò che Gesù realmente è.
Gli artisti del passato rappresentavano quest’iconografia attraverso una tavolata dove era
subito
evidente la figura di Giuda il traditore, Leonardo sceglie, invece, un momento molto
preciso e
particolare, quando Gesù disse :“in verità vi dico qualcuno di voi mi tradirà”.
Bisogna immaginare questi apostoli che hanno seguito Gesù per anni e si sentono dire
una cosa
del genere e Leonardo sceglie questo momento perché si vede parossismo delle emozioni
degli
apostoli.
Ci sono apostoli che si sentono in colpa, chi è spaventato, chi è sorpreso.
Tommaso con l’indice si auto interroga, Filippo pone le mani davanti al petto per chiedere
se forse
è lui il colpevole, Giacomo maggiore che apre le braccia quasi a rappresentare la
crocifissione
futura.
Questo è un affresco vivo, è come vedere un film, le figure sono credibili, si vede la così
detta
terza maniera leonardesca.
Questo è un capolavoro della pittura parietale, lui non amava la tecnica dell’affresco,
preferiva
avere sotto controllo l’opera e mette in atto una tecnica molto particolare, utilizza una
tempera
grassa sopra uno strato gessoso.
Le fonti dicono che stava dall’alba al tramonto sui ponteggi senza scendere neanche per
mangiare, altre volti, invece, si recava con il suo cavallo per perfezionare dei dettagli e poi
se ne
andava.
Realizza una composizione in maniera ordinata: Cristo è la figura centrale, isolata, è una
figura
eroica, il suo viso è dolce, ed è consapevole di ciò che dovrà affrontare.
Apre le mani per indicare il pane e il vino, simboli dell’eucarestia.
Leonardo non utilizza le aureole classiche dorate perché Cristo è luce, luce che viene dal
paesaggio sullo sfondo.
Gli altri apostoli sono divisi in gruppi di tre e rispetto alle altre rappresentazioni è difficile
individuare Giuda.
Oltre alla Prospettiva tradizionale Fiorentina, Leonardo utilizza una prospettiva aerea
atmosferica,
data dalla diversità della forza dei colori.
L’apertura al di sotto dell’opera venne realizzata più di 100 anni dopo e oltre alle sorgenti
di luce
della finzione pittorica, aveva anche immaginato l’opera in corrispondenza con una finestra
che
venne però poi murata.
Nel 1499 l’Italia diventa terra di conquista dei francesi e degli spagnoli, ma l’italia continua
a
detenere il primato come guida della cultura.

LA GIOCONDA:
QUANDO: PRIMI ANNI '500
DOVE: LOUVRE
COMMITTENTE: FRANCESCO DEL GIOCONDO, MARITO DI LISA GHERARDINI

Questo è un ritratto di una figura umana e il Vasari lo definisce “il ritratto della Dama in
paesaggio”, questo è diventato il ritratto dell’essere umano in armonia con la natura
perché
rappresenta l’uomo rinascimentale, che unisce il microcosmo con il macrocosmo, sia
l’uomo che
la natura pesano in maniera lenta e impercettibile .
La Monnalisa è la moglie di Francesco del Giocondo (venditore di seta), ma si ipotizza che
possa
essere una nobildonna napoletana.
L’opera venne realizzata nei primi anni del 1500 e Leonardo ci mette mano per anni e lo
vediamo
dalle "velature" , che sono delle sovrapposizioni dei colori che creano luci particolari.
Nel 1911 un italiano ruba l'opera e rimane nascosta per tre anni.
I capelli sono realizzati con lievissimi movimenti come le piante circostanti e ciò sta a
simboleggiare che la vita è un continuo scorrere.
La Gioconda si trova sopra un parapetto sul fondo del quale c'è un paesaggio.
Alcune parti della tavola sono state probabilmente segate.
Il sorriso della Gioconda è enigmatico, Leonardo da questo punto di vista è un’analisi a
ante
litteram perché non si capisce l’intento del quadro, se siamo noi a scrutare la Gioconda o
se è lei a
farlo, gli occhi della donna sembrano infatti muoversi in base a dove ci spostiamo o
collochiamo.
Questa figura divenne un’icona pop e ci sono copie a partire addirittura dagli allievi di
Leonardo

ADORAZIONE DEI MAGI


QUANDO: 1481
DOVE: UFFIZZI FIRENZE
COMMITTENTE: MONACI SAN DONATO

Questa è un’opera incompiuta da parte di Leonardo, egli ci mise mano nel 1481 ma poi nel
1482
si recò a Milano.
Questa è l’ultima opera che realizzò nel periodo fiorentino perché poi si recherà a Milano
per un
ventennio.
È interessante, attraverso quest’opera, vedere il modo in cui lavorava Leonardo.
È un’opera quasi monocroma perché era all’inizio e la stava solo iniziando.
Leonardo non realizzava un cartone predefinito e che poi ricalcava nella tavola o sulla tela,
lui
realizzava dei progetti o delle idee che poi poneva sulla tavola e li modificava in itinere,
generalmente, invece, gli altri artisti utilizzavano i bozzetti che poi ricalcavano sulla tela.
Leonardo cercò di realizzare le figure fortemente tridimensionali, attraverso l’uso del visto,
una
sorta di Bruno di manganese, un colore che si avvicina al grigio, e questo strato veniva poi
rialzato
dal bianco di piombo, in questo modo qui creava delle fonti luminose molto accese dando
tridimensionalità alle figure.
Quest’opera venne realizzata per il convento di San Donato a Scopeto, che venne poi
demolito
nel 1530 e per questo motivo la tavola viene a oggi conservata agli Uffizi.
Questa è un’iconografia religiosa ma Leonardo la rinnova nuovamente, innanzitutto non ci
sono i
committenti celebrati, generalmente all’interno delle opere religiose si trovavano i
committenti
celebrati, inoltre Leonardo mette in atto la poetica degli affetti e i moti dell’animo.
Si vede nel centro uno spazio aperto e isolato in cui si vede la Madonna con in braccio il
bambino
e tutto intorno le fanno da corona un nugolo di persone che si atteggiano in maniera
diversa, c’è
chi è in atto di devozione, chi si stupisce, chi si meraviglia, chi rimane incerto, sono tutti
atteggiamenti che Leonardo ha studiato dal vero e che riproduce in quest’opera.
Leonardo molto spesso univa la fisionomica ai gesti delle mani, i quali enfatizzano ciò che
una
persona sente.
Antonio Natali, studioso del rinascimento italiano, vide quest’opera qui legata alle prediche
degli
Scopetini, ha notato che in questa scena affollata ci sono degli alberi, uno di questi
rappresenta la
palma e quest’ultima sarebbe il simbolo della palma del martirio e della vincita sulla morte,
quindi
sarebbe legata alla figura di Cristo, l’altro albero, invece, si riferisce alla richiesta dei
committenti
di riprendere uno dei passi in cui c’è Isaia in cui si parla di un Messia con un germoglio,
dal quale
nascerà una nuova era.
Sul fondo ci sono degli edifici in costruzione, che significano l’inizio di una nuova era data
dall’arrivo del Messia e si sta proprio costruendo il nuovo tempio del Signore, e sulla
destra delle
persone in lotta, che testimoniano che prima dell’avvento della nascita di Cristo c’era caos
e che
l’uomo si era arrivato da Dio a causa del peccato originale.
Leonardo aveva preparato un disegno che gli servì in parte per realizzare quest’opera.
In questo disegno c’è una prospettiva tipica a fuga centrale di Brunelleschi ma che
Leonardo
segue solo in parte perché Leonardo nell’opera finale va a creare una prospettiva aerea.

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