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Le vicende letterarie e culturali di metà Cinquecento hanno un corrispettivo nelle arti figurative. Il
classicismo umanista e rinascimentale è oggetto di contestazioni e intorno alla metà del secolo si succedono
due nuove fasi della vicenda artistica: l’una caratterizzata dallo sperimentalismo anticlassico, l’altra
incarnata nel termine “maniera”. Con le sue ostentate caratteristiche di rottura l’orientamento anticlassico si
fonda sull’aperta dichiarazione di una crisi: la visione antropocentrica dell’universo; la crisi della
convinzione che vi sia una concordanza fra natura e ragione e che la natura sia pienamente conoscibile, la
crisi insomma del mito dell’antico. Al centro del secolo, invece, in un contesto politico e religioso
caratterizzato dalla lacerazione del mondo cristiano, il Manierismo non esibirà la crisi, ma tenterà di porvi
rimedio o cercherà quanto meno di eluderla e rimuoverla.
La fine del secolo è segnata dalla reazione al Manierismo, ma la crisi che esso aveva sancito rimarrà come
un tassello decisivo, in un periodo a metà fra il Rinascimento e il Barocco ormai alle porte. Il Seicento si
aprirà, dopo la fine dell’esperienza manierista, con la rivendicazione del valore di realtà che spetta alle
immagini che popolano la nostra mente, a modo loro reali perché esistenti nella fantasia
Per molti aspetti l’esistenza di Tasso si svolge all’insegna di un’inquietudine che non trova risposte
unicamente nel fragile temperamento dell’autore, ma riflette anche il complesso momento storico che egli si
trova a vivere: i valori rinascimentali si avviano al tramonto, mentre la cultura della Controriforma ne
accelera il processo di decadimento, complicandolo.
Tradizione e modernità: Tasso è un intellettuale poliedrico, i suoi interessi sono molteplici, la sua
produzione è feconda: dalla lirica al poema epico, dai trattai ai dialoghi, dal teatro ai testi eruditi, dalle lettere
alle rime sacre. Nel suo inesausto ricercare tra forme e moduli espressivi, egli ha dunque provato tutte le
categorie letterarie fornite dalla tradizione prima di trovare nel poema epico il suo “contenitore” ideale. La
vicenda letteraria tassiana è ricca e attraversa fasi diverse: dall’iniziale continuità con l’esperienza
ariostesca, al successivo distacco e alla maturazione di intenti innovativi che veicoleranno una nuova idea
di letteratura percorsa da considerevoli tratti di modernità.
Il rapporto con la corte: Nell esistenza di Tasso gioca un ruolo fondamentale la corte, sentita come l’unico
luogo in cui è possibile realizzarsi, ricevendo protezione e gratificazioni. Egli non possiede la visione
disincantata propria di Ariosto, tende anzi a idealizzare la corte e a dipenderne totalmente da essa. Ne
scaturiscono disagi e contraddizioni, conflitti che mettono a nudo l’intima insofferenza verso gli aspetti
rigidi e formali che la vita di corte reca in sé. L’altra faccia dell’attrazione è dunque una profonda e viscerale
avversione, che porta il poeta alla ribellione e alla fuga: un’inquietudine testimoniata dalla frequenza degli
spostamenti (Tasso vive quasi la vita di un nomade)
La crisi del modello cortigiano: Nei confronti della corte permane un atteggiamento di ambivalenza
costante. Del resto, per comprendere meglio questa ambivalenza, dobbiamo ricordare che all’epoca di Tasso
la corte non è più la libera corte rinascimentale dei tempi di Ariosto: chiusa nel culto dell’etichetta e gravata
da convenzioni soffocanti, essa appare ora dominata da un sempre più marcato rigorismo etico-religioso
(dietro la facciata splendente delle corte vive una profonda decadenza economica e culturale). La coscienza
del poeta può così proiettare in questo mondo dai risvolti contraddittori le proprie inquietudini psicologiche
e culturali, presagio della crisi che stava per travolgere il mondo cortigiano.
Il rapporto con la religione: Oltre che come poeta cortigiano, Tasso intende porsi come poeta cristiano,
cantore degli ideali controriformistici dominanti. L’intento didascalico e pedagogico si accompagnerà alla
volontà di rispettare le norme aristoteliche, per fare della Gerusalemme liberata il poema epico che celebri
degnamente l’eroismo, la cristianità e la maestà della Chiesa, allontanandosi dall’irregolarità del modello
ariostesco. Ma si tratta di una scelta che non cancella le ambiguità. Il rigore perseguito vacilla non solo nei
contenuti ma anche nella forma: la struttura unitaria del poema cede al patetico, al voluttuoso, all’idillico,
disperdendosi in molteplici spinte che riconducono l’opera ai modi del rinnegato romanzo cavalleresco. La
stessa religiosità di fatto celebrata è quella autenticamente vissuta nell’intimo dell’animo umano, come
avviene per Rinaldo, e non quella vuota ed esteriore imposta dai rituali della Controriforma. L’esito della
contraddizione tra quanto il poeta si propone e quanto realizza concretamente è un’opera di grande
ricchezza e complessità, dove prevale il cosiddetto bifrontismo spirituale tassiano.
UNA NUOVA LETTERATURA
Il letterato solitario: L’opera di Tasso costituisce un monumento solitario di una bellezza in cui molti
hanno visto il luogo di sintesi di quel momento storico in cui si consuma il trapasso dell’esperienza del
Rinascimento all’età barocca. In effetti Tasso seppe rappresentare meglio di chiunque altro molte delle
tendenze culturali dell’ultimo Cinquecento, ma la sua poesia non è tuttavia svincolabile dalla difficile
vicenda personale. Il testo poetico diviene allora autentico “teatro dell’anima”: il poema eroico che è
poema di conflitti traduce sulla scena dell’opera uno scontro in cui sono rispecchiate le lacerazioni interiori
dell’individuo.
Questo scontro è la traduzione in letteratura della tensione tra rigore controriformistico cui il poeta cerca in
ongi modo di aderire, e richiamo dei calori naturalistici, fonte di libertà e individualismo. Con Tasso
possiamo dire di trovarci di fronte a una nuova concezione della letteratura elevata a valore assoluto:
Tasso contrappone al classicismo un modello nuovo, che risente dei contrasti e della realtà di un’epoca,
rispecchiando una nuova civiltà letteraria cui l’individualità del poeta aderisce e reagisce.
I temi: la stessa apertura alla varietà dei temi e delle occasioni comporta il distacco dal modello di Petrarca,
presente ma ormai superato, e aumenta la difficoltà di dare vita a un organismo concluso che non si afferma
più un unico centro ispiratore, ma sulla disponibilità a lasciare che l’ispirazione sgorghi dall’ episodio reale.
In queste condizioni le Rime e la Gerusalemme liberata non possono che essere delle “opere aperte” e
suscettibili di infinite “mutazioni” nelle quali si rispecchia la sensibilità nuova: quella manieristica, votata
alla variabilità e all’asistematicità.
Per diversi aspetti nell’esperienza di Tasso si riverberano le inquietudini di un’epoca che sperimenta la fine
delle certezze rinascimentali. La crescente insofferenza verso le regole codificate dal classicismo genera la
rottura dell’equilibrio formale e della misura armonica. Di qui lo sperimentalismo che contraddistingue la
produzione manieristica, tesa a dissolvere la tradizione conservandone però i materiali e penetrandone le
zone d’ombra. Emergono contenuti legati all’irrazionale, al magico, al demoniaco, al sovrannaturale: tutti
presenti nella Gerusalemme Liberata. Tasso diventa così una figura emblematica, che si congeda dalle forme
classicistiche attraverso il loro riuso ossessivo, cui corrisponde uno svuotamento di significato e concorre ad
aprire la strada al Barocco ormai alle porte.
LINGUA E STILE
Dalla nuova sensibilità tassiana nasce uno nuovo orientamento stilistico: egli afferma di usare troppo spesso
il “parlar disgiunto”, cioè una forma della scrittura che tende a frantumare i legami grammaticali affidando
piuttosto la produzione di significati all’associazione fulminante di parole. Tasso predilige dunque
espressamente un parlare paratattico, che non trova la propria coesione nei normali legami grammaticali,
ma nei concetti.
Dalla “disgiunzione “risultano brevità, asprezza e asimmetria sintattica. Strumento per eccellenza del
“parlar disgiunto” è l’enjambement che nella frattura tra svolgimento sintattico e struttura metrica esprime
magistralmente la disarmonia, insieme all’iperbato e al chiasmo. Molti anni più tardi, questa forma di
costruzione del testo sarà percepita quale esatto opposto dell’armoniosa levigatezza ariostesca.
Ogni sequenzialità è dunque eliminata: si procede per accostamenti sensoriali e per sinestesie, ovvero per
percezioni simultanee e associazioni di parole che fanno riferimento a sfere sensoriali diverse, favorendo così
l’irruzione del dato esistenziale.
Le opere in prosa
L’epistolario tassiano può essere considerato una vera autobiografia intellettuale, in cui il poeta
crea il proprio mito in uno stile ricercato, elegante, eloquente. Centrali i motivi del dolore, della
corte, dei viaggi, di questioni letterarie, della condizione di recluso durante la prigionia di
Sant’Anna. Di particolare rilievo sono le lettere in cui si evidenzia la propria coscienza malata,
preda di allucinazioni, ossessioni e incubi.
Al dialogo, genere tipico della discussione teorica, Tasso si dedica soprattutto negli anni della
prigionia a Sant’Anna. Per il poeta il dialogo è un genere che consente di unire la sua esigenza
dialettica e speculativa a quella psicologica e lirica. Il modello, offerto dal dialogo platonico, è
mediato dall’esempio del trattato rinascimentale, che aveva trovato nel Cortegiano di Baldassarre
Castiglione l’espressione più alta.
I Discorsi dell’arte poetica rappresentano una riflessione sulla poesia eroica, che prosegue poi, su
basi più rigide, nei successivi Discorsi del poema eroico. I dettami controriformistici spingeranno
Tasso a teorizzare un’arte dai fini marcatamente didascalici.
Le opere in poesia
La vocazione lirica del giovane Tasso è dimostrata dal grande numero di componimenti. La
produzione lirica di Tasso si caratterizza per una decisa impronta sperimentalistica: la misura
classica viene meno, aprendo le porte alla lirica barocca essa è duttile e in continuo movimento.
Per l’Aminta il modello è la tragedia greca: ogni atto si conclude con un coro, destinato a
commentare l’azione scenica. L’opera mette in scena una ambigua celebrazione della vita cortigiana,
a cui si contrappone l’anelito nostalgico e vano verso una stagione libera e felice, a contatto con la
natura.
Con il poema didascalico Le sette giornate del mondo creato Tasso si propone di fornire un
equivalente cristiano del De rerum natura di Lucrezio come poeta-teologo. Questa raffigurazione
dell’universo, che offre il suo spettacolo multiforme e vario, reca i segni del nascente spirito
barocco.
La Gerusalemme Liberata
La vicenda editoriale: la vicenda editoriale del poema è rappresentativa del suo carattere di opera aperta.
Tasso, infatti, non considerò mai definitivamente concluso il suo lavoro: furono invece gli editori a darlo alle
stampe in diverse versioni. In sostanza Tasso non produsse mai quel manoscritto compiuto in cui è
depositato il testo come l’autore lo vuole, pronto per andare in stampa e per essere diffuso fra i lettori.
Eppure, i lettori dimostrarono che si succedettero in un brevissimo giro d’anni. Dopo l’ospedalizzazione del
poeta a Sant’Anna la Liberata rimase in mano ai tipografi, che cominciarono a darne alle stampe, prima
singoli canti poi versioni frammentarie. Videro quindi la luce alcune edizioni complete e importanti ma
ugualmente non riconducibili alla volontà dell’autore. A queste successive edizioni si deve la stabilizzazione
del titolo di Gerusalemme liberata, a posteriori implicitamente avallato dall’autore stesso: egli interverrà
infatti nelle dispute sorte intorno all’opera con un’Apologia in difesa della Gierusalemme liberata
La successiva esperienza della Gerusalemme conquistata è testimone di questo incessante lavorio, sebbene
l’impulso di revisione abbia finito per produrre piuttosto un libro nuovo, generato dal primo ma a tutti gli
effetti diverso rispetto ad esso. Anche questo aspetto concorre a definire il carattere “aperto” della
Gerusalemme liberata, che costituisce il fulcro della produzione di Torquato Tasso senza però configurarsi
come un nucleo isolato. Essa è piuttosto il centro di una costellazione, cui appartengono anche tutte le altre
opere minori che preparano la Liberata
Il tempo della poesia: La scelta della prima crociata quale argomento di fondo lega il poema a un evento
storico, lontano ma non remoto e neppure inattuale. (Tasso aveva 27 anni all’epoca della battaglia di
Lepanto> sentita quasi come un “ritorno delle crociate) Si consuma così nella Liberata una prima e netta
rottura con la maggiore tradizione epico-cavalleresca, che, aveva eletto a tema un passato mitico. Questa
scelta si spiega anche alla luce del dibattito sulla verosimiglianza, molto vivace in quel tempo e concesso a
quello sulla funzione pedagogica dell’arte, che esigeva la conciliazione dei due aspetti concorrenti del
docere (insegnare) e delecrare
La geografia del poema: Contestuale all’avvicinamento temporale è inoltre l’avvicinamento dell’orizzonte
spaziale che rappresenta un ulteriore elemento di novità rispetto alla tradizione epico-cavalleresca. Si
compie lo spostamento verso sud degli scenari che fanno da sfondo alla vicenda: dalla Bretagna mitica e
dalle grandi distese del nord Europa l’asse si sposta infatti verso il cuore del Mediterraneo, dove si
consumano realmente, al tempo di Tasso, i grandi conflitti fra le nazioni. È il mondo stesso, del resto, ad
essere sostanzialmente mutato con una nuova società letteraria. La Liberata partecipa pienamente delle
tensioni del suo tempo, segnato in primo luogo dall’evento epocale della Controriforma: raccoglie la
sollecitazione proveniente dal Concilio di Trento e propone, con Goffredo di Buglione, una figura inedita di
protagonista nel panorama del romanzo cavalleresco italiano. Egli è il capitano in grado di riportare unità fra
i suoi “compagni erranti” per poi condurli alla meta: è l’eroe cristiano e il modello morale che riunisce in sé
i valori della classicità e della cristianità, scelto per rappresentare, forse, l’immagine ideale di nuovo sovrano
imperiale.
TRAMA: Il poema, composto da 20 canti in ottave, è incentrato sulle vicende conclusive della prima
crociata e si apre con l’elezione di Goffredo di Buglione a comandante supremo del disperso esercito
cristiano, già da sei anni in Oriente (canto I). Intanto il re Aladino prepara Gerusalemme alla difesa e il mago
Ismene trama inganni che ostacolano i crociati e alimentano le discordie (II). Tancredi è distolto dall’amore
non corrisposto per la pagana Clorinda (III); la maga Armida, inviata dalle forze infernali, bellissima,
seduce molti guerrieri crociati, che contro la volontà di Goffredo la seguono in un castello sulle rive del Mar
Morto, nel quale finiscono imprigionati (IV)
In seguito a una delle molte contese che turbano il campo cristiano Rinaldo è costretto a lasciare
l’accampamento (V). La pagana Erminia, innamorata di Tancredi, indossa le armi di Clorinda e si reca tra i
crociati (VI); avvistata nel chiarore della Luna, però, fugge e trova rifugio tra i pastori, Tancredi, credendola
Clorinda, la insegue e finisce anch’egli prigioniero nel castello incantato di Arminia (VII). Altri eventi
complicano la situazione dell’esercito crociato in difficoltà: su tutti la falsa notizia della morte di Rinaldo,
che provoca la rivolta dei guerrieri cristiani contro Goffredo, ritenutone responsabile. Intanto i prigionieri di
Armida, liberati proprio da Rinaldo, fanno ritorno (VIII-X)
Una processione cristiana fino al Monte Oliveto precede l’attacco che Goffredo comanda contro
Gerusalemme (canto XI). Durante la notte, Clorinda e Argante decidono di incendiare la grande torre
d’assedio dei crociati. Clorinda rimane fuori dalle mura di Gerusalemme e viene ferita mortalmente, in un
lungo duello, proprio da Tancredi, che non la riconosce. Questi, scoperta l’identità della donna, che è in
realtà di origini cristiane, disperato riesce a darle il battesimo (XII). Frattanto il mago Ismeno incanta la selva
di Saron, fonte indispensabile per i crociati della legna necessaria al proseguimento della guerra. A ciò si
aggiunge la siccità, che prostra ulteriormente le forze cristiane. Grazie alle preghiere di Goffredo giunge
anche la pioggia, ma solo Rinaldo potrà vincere gli incanti della selva (XIII)
Così Goffredo invia Carlo e Ubaldo alle Isole Fortunate, perché riportino al campo crociato il cavaliere,
vittima delle lusinghe di Armida (XIV-XVII). Rinaldo penetra nella selva di Saron rompendo gli incanti.
Ismeno viene ucciso e la città viene espugnata (XVIII-XVIII). Nell’ultima grande battaglia muoiono
Aladino e Solimano; Tancredi rimane ferito e viene soccorso ancora da Erminia, che non si rivela; Rinaldo
trova Armida, che si avvicina alla fede cristiana (XIX). Il poema si conclude con l’ingresso di Goffredo nel
tempio di Gerusalemme, dove può deporre le armi e sciogliere il voto (XX)
Contest Il duello fra Tancredi e Argante, al quale Erminia assiste dall’alto delle mura di
o Gerusalemme, viene interrotto al sopraggiungere della notte. La donna è in preda al
tormento: desidera raggiungere Tancredi ferito, ma teme di essere scoperta. Decide
così di indossare le armi di Clorinda e di recarsi all’accampamento cristiano per offrire
soccorso al suo amato. Notata dalle sentinelle di Goffredo e creduta Clorinda, è
costretta alla fuga.
Metrica //
Temi Torna il tema dell’amore non corrisposto a interrompere quello della guerra. L’ombra
della notte accompagna e attutisce le angosce di Erminia. Il suo stato d’animo è
caratterizzato dall’incertezza, dal continuo dubbio. Erminia anela ad essere come la
forte guerriera Clorinda e di lei decide di assumere le sembianze, ingannando la
sentinella. Il travestimento della donna risponde inoltre al suo bisogno di
dissimulazione, al profondo desiderio di tenere celati i propri sentimenti.
Erminia trova rifugio nella propria coscienza, nell’impossibilità di mostrarsi senza veli.
L’interiorità diventa dunque l’unica dimensione in cui possa sussistere la verità del
personaggio. L’introspezione soggettiva e il controllo del proprio mondo interiore
fanno di Erminia un personaggio estraneo al mondo epico. Erminia inaugura, nella
letteratura europea, il romanzo psicologico moderno.
Stile //
Contest Erminia in fuga disperata dai guerrieri cristiani s’inoltra in una foresta e giunge, al
o tramonto, presso le acque del fiume giordano. Lì, stremata dalla cavalcata precipitosa,
cade addormentata. Al risveglio si ritrova nella pace della natura, allietata dal canto
degli uccelli. La presenza di un vecchio pastore contribuisce a mitigare i suoi affanni
Metrica //
Temi L’episodio di Erminia fra i pastori è una digressione all’interno del poema: il registro
da epico si fa lirico. Si consuma così la fuga del poeta dai suoi “doveri” di
celebratore di imprese gloriose: nell’amenità della natura l’autore può schermirsi
dietro le parole del pastore, ed Erminia può ancora una volta dissimularsi vestendo le
“rozze spoglie” della pastorella. L’effusione patetica svela l’identificazione emotiva
di Tasso: Erminia, con il suo animo fragile e tormentato, è una chiara proiezione
autobiografica.
Al vecchio pastore Tasso affida il compito di celebrare l’autenticità e la semplicità di
una vita conforme a natura, fatta di una quotidianità che si ripete rassicurante.
Anche per questa ragione la pastorale di Erminia è spazio dell’utopia, in cui si
mette a nudo l’ambivalenza del poeta, diviso fra l’attrazione per la splendida vita delle
corti e il disprezzo per le bassezze che vi si celano.
Stile //