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Il manierismo

Le vicende letterarie e culturali di metà Cinquecento hanno un corrispettivo nelle arti figurative. Il
classicismo umanista e rinascimentale è oggetto di contestazioni e intorno alla metà del secolo si succedono
due nuove fasi della vicenda artistica: l’una caratterizzata dallo sperimentalismo anticlassico, l’altra
incarnata nel termine “maniera”. Con le sue ostentate caratteristiche di rottura l’orientamento anticlassico si
fonda sull’aperta dichiarazione di una crisi: la visione antropocentrica dell’universo; la crisi della
convinzione che vi sia una concordanza fra natura e ragione e che la natura sia pienamente conoscibile, la
crisi insomma del mito dell’antico. Al centro del secolo, invece, in un contesto politico e religioso
caratterizzato dalla lacerazione del mondo cristiano, il Manierismo non esibirà la crisi, ma tenterà di porvi
rimedio o cercherà quanto meno di eluderla e rimuoverla.
La fine del secolo è segnata dalla reazione al Manierismo, ma la crisi che esso aveva sancito rimarrà come
un tassello decisivo, in un periodo a metà fra il Rinascimento e il Barocco ormai alle porte. Il Seicento si
aprirà, dopo la fine dell’esperienza manierista, con la rivendicazione del valore di realtà che spetta alle
immagini che popolano la nostra mente, a modo loro reali perché esistenti nella fantasia

Il Dibattito sulla Poetica di Aristotele


Per tutto il Cinquecento un notevole successo accompagna la circolazione dell’Orlando furioso di Ludovico
Ariosto. Dopo il 1530, però, si verifica un fenomeno culturale di prima importanza, da cui dipendono alcune
delle differenze fra i due grandi capolavori della letteratura italiana del Cinquecento: Il Furioso e la
Gerusalemme Liberata. La riscoperta della Poetica di Aristotele apre la strada al tentativo della società
letteraria contemporanea di elaborare un solido metodo di giudizio delle opere. L’arte si va così figurando
non più come fenomeno prodigioso, frutto di un’aspirazione divina, ma come lavoro, con i suoi principi e le
sue norme; e alla libera proliferazione degli scritti e delle scritture si va ora sostituendo un’esigenza di
ordine, di definizione e di classificazione. Sulla scia della riscoperta del testo aristotelico e in risposta
all’urgenza normativa, si va inoltre precisando una solida teoria dei generi letterari, classificati in base alla
materia e alla struttura delle opere.

Da Ariosto a Tasso: il dibattito sul poema epico


La diffusione di nuovi modelli interpretativi comportò un ripensamento della collocazione del Furioso nel
contesto della tradizione letteraria: gli ammiratori ne esaltavano la modernità, i detrattori ritenevano che esso
contravvenisse al principio aristotelico dell’unità dell’azione e che fosse incompatibile con i modelli
classici.
L’ammirazione per il modello ariostesco inaugurò una serie di poemi cavallereschi che ne imitavano o
proseguivano la trama: prevalentemente prodotti seriali e non di grande valore.
Un cinquantennio dopo l’ultima versione del Furioso un nuovo capolavoro venne dato alle stampe: la
Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. L’autore vi cercava una sua strada autonoma, fra adesione alla
materia e alla forma strofica del poema cavalleresco e vicinanza agli schemi dell’epica classicistica.
Torquato Tasso
Vita
Torquato Tasso nasce a Sorrento l’11 marzo 1544. Sorrento non è però una patria stabile: la vita del poeta si
apre all’insegna dello sradicamento, sentimento che lo accompagnerà per l’intera esistenza. Nel 1551 infatti
la famiglia si trasferisce a Napoli, nel 1554 raggiunge il padre a Roma, separandosi dalla madre che non
rivedrà più (la donna morirà nel 1556)
L’infanzia e la giovinezza del poeta trascorrono tra continui spostamenti al seguito del padre: da Bergamo a
Urbino a Venezia. Qui ha inizio la stesura di un poema sulla prima crociata Il Gierusalemme, abbozzo del
futuro capolavoro, La Gerusalemme Liberata. Nel ’62 ancora a Venezia dà alle stampe il Rinaldo, poema
cavalleresco influenzato dall’ Amadigi del padre. Nel 1560 è a Padova dove studia prima diritto, poi filosofia
ed eloquenza. Trascorre gli anni successivi prima a Bologna e poi tornando a Padova, anni in cui compie le
prime esperienze amorose e molte prime liriche d’amore.
Nel 1565 Tasso viene assunto al servizio del cardinale Luigi d’Este, transendosi a Ferrara. Qui presso una
delle corti più splendide d’Italia, il poeta trascorre un periodo di eccezionale serenità e creatività. Tra il 70 e i
71 è in Francia e nel 73 compone il dramma pastorale l’Aminta. Preso però la serenità del poeta è disturbata
da inquietudini e insoddisfazioni legate al poema: non ritiene di pubblicarlo, si interroga sulla sua aderenza ai
canoni letterali e religiosi vigenti, lo sottopone al giudizio dei letterati e teologi. Nel ’77 fa confessione di
eresia all’inquisizione di Ferrara. L’assoluzione non serve a placare i suoi dubbi che lo inducono a
intervenire sul poema con tagli e modifiche.
L’età dei turbamenti: La situazione precipita quando sopraggiungono manie persecutorie. Nell’estate del
1577 credendosi spiato da un servo gli lancia un coltello. Il duca lo invita a ritirarsi nel convento di San
Francesco, dal quale il poeta evade iniziando una lunga serie di peregrinazioni che lo riporteranno a
Sorrento. Qui si presenta alla sorella Cornelia sotto mentite spoglie, annunciandole la propria morte e
svelandole poi la propria identità solo di fronte al dolore da lei mostrato. Torna nuovamente a Ferrara dove
viene rinchiuso nell’Ospedale di Sant’Anna come pazzo, restandovi per sette anni. Qui compone numerose
Rime e gran parte dei Dialoghi, sebbene turbato da allucinazioni. Un nuovo motivo di turbamento lo
attenderà quando, successivamente, durante la reclusione la Gerusalemme Liberata viene pubblicata senza il
suo assenso, in edizioni lacunose e prive della revisione dell’autore: neppure il titolo con cui conosciamo noi
oggi il poema è scelto dall’autore, sebbene sia rimasto quello definitivo. Queste edizioni suscitano consensi e
dissensi, dividendo i letterati italiani tra sostenitori del Furioso e sostenitori della Liberata.
Gli ultimi anni: Nel 1586 ha termine la prigionia grazie a Vincenzo Gonzaga, che prende in custodia il poeta
a Mantova. Ma l’inquietudine spinge Tasso ad allontanarsi. Durante queste peregrinazioni si dedica al
rifacimento del poema. L’anno successivo papa Clemente VIII gli promette l’incoronazione poetica in
Campidoglio, ma il poeta, ammalatosi gravemente, trascorrerà gli ultimi mesi nel convento di Sant’Onofrio
sul Gianicolo, dove morirà il 25 aprile 1595
Pensiero e poetica

Per molti aspetti l’esistenza di Tasso si svolge all’insegna di un’inquietudine che non trova risposte
unicamente nel fragile temperamento dell’autore, ma riflette anche il complesso momento storico che egli si
trova a vivere: i valori rinascimentali si avviano al tramonto, mentre la cultura della Controriforma ne
accelera il processo di decadimento, complicandolo.
Tradizione e modernità: Tasso è un intellettuale poliedrico, i suoi interessi sono molteplici, la sua
produzione è feconda: dalla lirica al poema epico, dai trattai ai dialoghi, dal teatro ai testi eruditi, dalle lettere
alle rime sacre. Nel suo inesausto ricercare tra forme e moduli espressivi, egli ha dunque provato tutte le
categorie letterarie fornite dalla tradizione prima di trovare nel poema epico il suo “contenitore” ideale. La
vicenda letteraria tassiana è ricca e attraversa fasi diverse: dall’iniziale continuità con l’esperienza
ariostesca, al successivo distacco e alla maturazione di intenti innovativi che veicoleranno una nuova idea
di letteratura percorsa da considerevoli tratti di modernità.
Il rapporto con la corte: Nell esistenza di Tasso gioca un ruolo fondamentale la corte, sentita come l’unico
luogo in cui è possibile realizzarsi, ricevendo protezione e gratificazioni. Egli non possiede la visione
disincantata propria di Ariosto, tende anzi a idealizzare la corte e a dipenderne totalmente da essa. Ne
scaturiscono disagi e contraddizioni, conflitti che mettono a nudo l’intima insofferenza verso gli aspetti
rigidi e formali che la vita di corte reca in sé. L’altra faccia dell’attrazione è dunque una profonda e viscerale
avversione, che porta il poeta alla ribellione e alla fuga: un’inquietudine testimoniata dalla frequenza degli
spostamenti (Tasso vive quasi la vita di un nomade)
La crisi del modello cortigiano: Nei confronti della corte permane un atteggiamento di ambivalenza
costante. Del resto, per comprendere meglio questa ambivalenza, dobbiamo ricordare che all’epoca di Tasso
la corte non è più la libera corte rinascimentale dei tempi di Ariosto: chiusa nel culto dell’etichetta e gravata
da convenzioni soffocanti, essa appare ora dominata da un sempre più marcato rigorismo etico-religioso
(dietro la facciata splendente delle corte vive una profonda decadenza economica e culturale). La coscienza
del poeta può così proiettare in questo mondo dai risvolti contraddittori le proprie inquietudini psicologiche
e culturali, presagio della crisi che stava per travolgere il mondo cortigiano.
Il rapporto con la religione: Oltre che come poeta cortigiano, Tasso intende porsi come poeta cristiano,
cantore degli ideali controriformistici dominanti. L’intento didascalico e pedagogico si accompagnerà alla
volontà di rispettare le norme aristoteliche, per fare della Gerusalemme liberata il poema epico che celebri
degnamente l’eroismo, la cristianità e la maestà della Chiesa, allontanandosi dall’irregolarità del modello
ariostesco. Ma si tratta di una scelta che non cancella le ambiguità. Il rigore perseguito vacilla non solo nei
contenuti ma anche nella forma: la struttura unitaria del poema cede al patetico, al voluttuoso, all’idillico,
disperdendosi in molteplici spinte che riconducono l’opera ai modi del rinnegato romanzo cavalleresco. La
stessa religiosità di fatto celebrata è quella autenticamente vissuta nell’intimo dell’animo umano, come
avviene per Rinaldo, e non quella vuota ed esteriore imposta dai rituali della Controriforma. L’esito della
contraddizione tra quanto il poeta si propone e quanto realizza concretamente è un’opera di grande
ricchezza e complessità, dove prevale il cosiddetto bifrontismo spirituale tassiano.
UNA NUOVA LETTERATURA
Il letterato solitario: L’opera di Tasso costituisce un monumento solitario di una bellezza in cui molti
hanno visto il luogo di sintesi di quel momento storico in cui si consuma il trapasso dell’esperienza del
Rinascimento all’età barocca. In effetti Tasso seppe rappresentare meglio di chiunque altro molte delle
tendenze culturali dell’ultimo Cinquecento, ma la sua poesia non è tuttavia svincolabile dalla difficile
vicenda personale. Il testo poetico diviene allora autentico “teatro dell’anima”: il poema eroico che è
poema di conflitti traduce sulla scena dell’opera uno scontro in cui sono rispecchiate le lacerazioni interiori
dell’individuo.
Questo scontro è la traduzione in letteratura della tensione tra rigore controriformistico cui il poeta cerca in
ongi modo di aderire, e richiamo dei calori naturalistici, fonte di libertà e individualismo. Con Tasso
possiamo dire di trovarci di fronte a una nuova concezione della letteratura elevata a valore assoluto:
Tasso contrappone al classicismo un modello nuovo, che risente dei contrasti e della realtà di un’epoca,
rispecchiando una nuova civiltà letteraria cui l’individualità del poeta aderisce e reagisce.
I temi: la stessa apertura alla varietà dei temi e delle occasioni comporta il distacco dal modello di Petrarca,
presente ma ormai superato, e aumenta la difficoltà di dare vita a un organismo concluso che non si afferma
più un unico centro ispiratore, ma sulla disponibilità a lasciare che l’ispirazione sgorghi dall’ episodio reale.
In queste condizioni le Rime e la Gerusalemme liberata non possono che essere delle “opere aperte” e
suscettibili di infinite “mutazioni” nelle quali si rispecchia la sensibilità nuova: quella manieristica, votata
alla variabilità e all’asistematicità.
Per diversi aspetti nell’esperienza di Tasso si riverberano le inquietudini di un’epoca che sperimenta la fine
delle certezze rinascimentali. La crescente insofferenza verso le regole codificate dal classicismo genera la
rottura dell’equilibrio formale e della misura armonica. Di qui lo sperimentalismo che contraddistingue la
produzione manieristica, tesa a dissolvere la tradizione conservandone però i materiali e penetrandone le
zone d’ombra. Emergono contenuti legati all’irrazionale, al magico, al demoniaco, al sovrannaturale: tutti
presenti nella Gerusalemme Liberata. Tasso diventa così una figura emblematica, che si congeda dalle forme
classicistiche attraverso il loro riuso ossessivo, cui corrisponde uno svuotamento di significato e concorre ad
aprire la strada al Barocco ormai alle porte.
LINGUA E STILE
Dalla nuova sensibilità tassiana nasce uno nuovo orientamento stilistico: egli afferma di usare troppo spesso
il “parlar disgiunto”, cioè una forma della scrittura che tende a frantumare i legami grammaticali affidando
piuttosto la produzione di significati all’associazione fulminante di parole. Tasso predilige dunque
espressamente un parlare paratattico, che non trova la propria coesione nei normali legami grammaticali,
ma nei concetti.
Dalla “disgiunzione “risultano brevità, asprezza e asimmetria sintattica. Strumento per eccellenza del
“parlar disgiunto” è l’enjambement che nella frattura tra svolgimento sintattico e struttura metrica esprime
magistralmente la disarmonia, insieme all’iperbato e al chiasmo. Molti anni più tardi, questa forma di
costruzione del testo sarà percepita quale esatto opposto dell’armoniosa levigatezza ariostesca.
Ogni sequenzialità è dunque eliminata: si procede per accostamenti sensoriali e per sinestesie, ovvero per
percezioni simultanee e associazioni di parole che fanno riferimento a sfere sensoriali diverse, favorendo così
l’irruzione del dato esistenziale.
Le opere in prosa
 L’epistolario tassiano può essere considerato una vera autobiografia intellettuale, in cui il poeta
crea il proprio mito in uno stile ricercato, elegante, eloquente. Centrali i motivi del dolore, della
corte, dei viaggi, di questioni letterarie, della condizione di recluso durante la prigionia di
Sant’Anna. Di particolare rilievo sono le lettere in cui si evidenzia la propria coscienza malata,
preda di allucinazioni, ossessioni e incubi.
 Al dialogo, genere tipico della discussione teorica, Tasso si dedica soprattutto negli anni della
prigionia a Sant’Anna. Per il poeta il dialogo è un genere che consente di unire la sua esigenza
dialettica e speculativa a quella psicologica e lirica. Il modello, offerto dal dialogo platonico, è
mediato dall’esempio del trattato rinascimentale, che aveva trovato nel Cortegiano di Baldassarre
Castiglione l’espressione più alta.
 I Discorsi dell’arte poetica rappresentano una riflessione sulla poesia eroica, che prosegue poi, su
basi più rigide, nei successivi Discorsi del poema eroico. I dettami controriformistici spingeranno
Tasso a teorizzare un’arte dai fini marcatamente didascalici.

Le opere in poesia
 La vocazione lirica del giovane Tasso è dimostrata dal grande numero di componimenti. La
produzione lirica di Tasso si caratterizza per una decisa impronta sperimentalistica: la misura
classica viene meno, aprendo le porte alla lirica barocca essa è duttile e in continuo movimento.
 Per l’Aminta il modello è la tragedia greca: ogni atto si conclude con un coro, destinato a
commentare l’azione scenica. L’opera mette in scena una ambigua celebrazione della vita cortigiana,
a cui si contrappone l’anelito nostalgico e vano verso una stagione libera e felice, a contatto con la
natura.
 Con il poema didascalico Le sette giornate del mondo creato Tasso si propone di fornire un
equivalente cristiano del De rerum natura di Lucrezio come poeta-teologo. Questa raffigurazione
dell’universo, che offre il suo spettacolo multiforme e vario, reca i segni del nascente spirito
barocco.

La Gerusalemme Liberata
La vicenda editoriale: la vicenda editoriale del poema è rappresentativa del suo carattere di opera aperta.
Tasso, infatti, non considerò mai definitivamente concluso il suo lavoro: furono invece gli editori a darlo alle
stampe in diverse versioni. In sostanza Tasso non produsse mai quel manoscritto compiuto in cui è
depositato il testo come l’autore lo vuole, pronto per andare in stampa e per essere diffuso fra i lettori.
Eppure, i lettori dimostrarono che si succedettero in un brevissimo giro d’anni. Dopo l’ospedalizzazione del
poeta a Sant’Anna la Liberata rimase in mano ai tipografi, che cominciarono a darne alle stampe, prima
singoli canti poi versioni frammentarie. Videro quindi la luce alcune edizioni complete e importanti ma
ugualmente non riconducibili alla volontà dell’autore. A queste successive edizioni si deve la stabilizzazione
del titolo di Gerusalemme liberata, a posteriori implicitamente avallato dall’autore stesso: egli interverrà
infatti nelle dispute sorte intorno all’opera con un’Apologia in difesa della Gierusalemme liberata
La successiva esperienza della Gerusalemme conquistata è testimone di questo incessante lavorio, sebbene
l’impulso di revisione abbia finito per produrre piuttosto un libro nuovo, generato dal primo ma a tutti gli
effetti diverso rispetto ad esso. Anche questo aspetto concorre a definire il carattere “aperto” della
Gerusalemme liberata, che costituisce il fulcro della produzione di Torquato Tasso senza però configurarsi
come un nucleo isolato. Essa è piuttosto il centro di una costellazione, cui appartengono anche tutte le altre
opere minori che preparano la Liberata
Il tempo della poesia: La scelta della prima crociata quale argomento di fondo lega il poema a un evento
storico, lontano ma non remoto e neppure inattuale. (Tasso aveva 27 anni all’epoca della battaglia di
Lepanto> sentita quasi come un “ritorno delle crociate) Si consuma così nella Liberata una prima e netta
rottura con la maggiore tradizione epico-cavalleresca, che, aveva eletto a tema un passato mitico. Questa
scelta si spiega anche alla luce del dibattito sulla verosimiglianza, molto vivace in quel tempo e concesso a
quello sulla funzione pedagogica dell’arte, che esigeva la conciliazione dei due aspetti concorrenti del
docere (insegnare) e delecrare
La geografia del poema: Contestuale all’avvicinamento temporale è inoltre l’avvicinamento dell’orizzonte
spaziale che rappresenta un ulteriore elemento di novità rispetto alla tradizione epico-cavalleresca. Si
compie lo spostamento verso sud degli scenari che fanno da sfondo alla vicenda: dalla Bretagna mitica e
dalle grandi distese del nord Europa l’asse si sposta infatti verso il cuore del Mediterraneo, dove si
consumano realmente, al tempo di Tasso, i grandi conflitti fra le nazioni. È il mondo stesso, del resto, ad
essere sostanzialmente mutato con una nuova società letteraria. La Liberata partecipa pienamente delle
tensioni del suo tempo, segnato in primo luogo dall’evento epocale della Controriforma: raccoglie la
sollecitazione proveniente dal Concilio di Trento e propone, con Goffredo di Buglione, una figura inedita di
protagonista nel panorama del romanzo cavalleresco italiano. Egli è il capitano in grado di riportare unità fra
i suoi “compagni erranti” per poi condurli alla meta: è l’eroe cristiano e il modello morale che riunisce in sé
i valori della classicità e della cristianità, scelto per rappresentare, forse, l’immagine ideale di nuovo sovrano
imperiale.
TRAMA: Il poema, composto da 20 canti in ottave, è incentrato sulle vicende conclusive della prima
crociata e si apre con l’elezione di Goffredo di Buglione a comandante supremo del disperso esercito
cristiano, già da sei anni in Oriente (canto I). Intanto il re Aladino prepara Gerusalemme alla difesa e il mago
Ismene trama inganni che ostacolano i crociati e alimentano le discordie (II). Tancredi è distolto dall’amore
non corrisposto per la pagana Clorinda (III); la maga Armida, inviata dalle forze infernali, bellissima,
seduce molti guerrieri crociati, che contro la volontà di Goffredo la seguono in un castello sulle rive del Mar
Morto, nel quale finiscono imprigionati (IV)
In seguito a una delle molte contese che turbano il campo cristiano Rinaldo è costretto a lasciare
l’accampamento (V). La pagana Erminia, innamorata di Tancredi, indossa le armi di Clorinda e si reca tra i
crociati (VI); avvistata nel chiarore della Luna, però, fugge e trova rifugio tra i pastori, Tancredi, credendola
Clorinda, la insegue e finisce anch’egli prigioniero nel castello incantato di Arminia (VII). Altri eventi
complicano la situazione dell’esercito crociato in difficoltà: su tutti la falsa notizia della morte di Rinaldo,
che provoca la rivolta dei guerrieri cristiani contro Goffredo, ritenutone responsabile. Intanto i prigionieri di
Armida, liberati proprio da Rinaldo, fanno ritorno (VIII-X)
Una processione cristiana fino al Monte Oliveto precede l’attacco che Goffredo comanda contro
Gerusalemme (canto XI). Durante la notte, Clorinda e Argante decidono di incendiare la grande torre
d’assedio dei crociati. Clorinda rimane fuori dalle mura di Gerusalemme e viene ferita mortalmente, in un
lungo duello, proprio da Tancredi, che non la riconosce. Questi, scoperta l’identità della donna, che è in
realtà di origini cristiane, disperato riesce a darle il battesimo (XII). Frattanto il mago Ismeno incanta la selva
di Saron, fonte indispensabile per i crociati della legna necessaria al proseguimento della guerra. A ciò si
aggiunge la siccità, che prostra ulteriormente le forze cristiane. Grazie alle preghiere di Goffredo giunge
anche la pioggia, ma solo Rinaldo potrà vincere gli incanti della selva (XIII)
Così Goffredo invia Carlo e Ubaldo alle Isole Fortunate, perché riportino al campo crociato il cavaliere,
vittima delle lusinghe di Armida (XIV-XVII). Rinaldo penetra nella selva di Saron rompendo gli incanti.
Ismeno viene ucciso e la città viene espugnata (XVIII-XVIII). Nell’ultima grande battaglia muoiono
Aladino e Solimano; Tancredi rimane ferito e viene soccorso ancora da Erminia, che non si rivela; Rinaldo
trova Armida, che si avvicina alla fede cristiana (XIX). Il poema si conclude con l’ingresso di Goffredo nel
tempio di Gerusalemme, dove può deporre le armi e sciogliere il voto (XX)

CLASSICIMO E ISPIRAZIONE RELIGIOSA


Il poema di Tasso costituisce, la prima vera grande opera della letteratura tridentina. La stessa ansia
correttoria con cui il poeta continuò ad applicarsi al suo testo anche dopo averlo dichiarato concluso
testimonia questo aspetto: mente il lavoro inesausto sul Furioso, con il suo succedersi delle edizioni, si era
appuntato principalmente sugli aspetti linguistici dell’opera, gli interventi sulla Liberata sono determinati in
primo luogo da una preoccupazione quasi ossessiva di adeguamento all’ortodossia.
Nella Liberata l’impronta degli orientamenti morali e culturali si riflette nell’urgenza dell’istante
pedagogiche e didascaliche, o nell’uso del meraviglioso, che non scompare ma si configura in accordo con
la tradizione cristiana, abbandonando ogni retaggio del mondo mitologico pagano.
Altro aspetto nell’ambito della letteratura della Controriforma è il ritorno all’autorità della Poetica di
Aristotele: Nello specifico, il ritorno ad Aristotele si esprime nella ripresa e nell’osservanza del principio di
unità dell’azione drammatica. Tasso infatti raccorda la trama intorno a un eroe (Goffredo) a un unico
evento (prima crociata e conquista di Gerusalemme), in un preciso spazio e in un definito tempo.
Restano vivi però gli elementi di tensione, rivelati dalla convivenza di spinte diverse, fra cui la Liberata
cerca di realizzare il suo delicatissimo equilibrio. Un esempio è l’eroe principale, Goffredo, presentato come
il capitano glorioso, ma poi costretto a cedere la ribalta ad altri personaggi cristiani e pagani, le cui
complesse vicende umane e psicologiche finiscono spesso pe prendere il sopravvento su quelle belliche e
militari. Anche il rigore morale cui l’opera aspira non è al riparo da contraddizioni o da tendenze di segno
opposto, destinate a far affiorare qua e là nel poema i valori rinascimentali invano repressi. Questi stessi
valori eterodossi sono espressi in genere dai personaggi pagani, sebbene appaiano nelle forme colpevoli del
peccato.
“Meraviglioso” e immaginario cristiano: La scelta del tema storico, elemento di novità e in parte di rottura
rispetto alla tradizione eroico-cavalleresca, risponde nella Liberata a un’esigenza di verosimiglianza, che è
motivata dall’interesse a trasmettere un insegnamento per mezzo del poema. All’esigenza del docere, però, si
associa quella del delectare che ha la precisa funzione di attrarre il pubblico da istruire.
Oggetto di una costante riflessione nelle opere teoriche di Tasso, questa forma del “meraviglioso” cristiano
si distacca da quella di matrice mitologica e dal fantastico. È una forma nuova del meraviglioso, saldamente
fondata nell’immaginario cristiano sui motivi del “miracolo” delle visioni, dei sogni profetici e sullo scontro
fra le potenze infernali e quelle celesti; ma è anche un meraviglioso che apre squarci sulla natura degli
uomini e dei loro sentimenti. Viene così rotto il consueto schema della quệte , ossia della “ricerca”
incessante di un oggetto del desiderio sfuggente. Diverso è il nuovo spazio da esplorare.
L’elemento magico: Ingrediente fondamentale del meraviglioso tassiano è senza dubbio il magismo: la
presenza della dimensione magica attraverso il poema costituisce un tassello fondamentale della collocazione
di Tasso nel panorama culturale del Rinascimento.

IL POEMA DELLE CONTRADDIZIONI


In un poema che ambisce alla concordia Tasso non occulta l’esistenza degli opposti, non tenta la
mediazione fra gli estremi, che invece esibisce nella loro distanza e nel loro essere irrimediabilmente
inconciliabili. Dalla coesistenza degli opposti, che esistono proprio in ragione della loro reciproca
opposizione, nascono i conflitti da cui scaturiscono le singole vicende narrate nel poema.
La lotta per Gerusalemme, i cui eventi conclusivi sono narrati nella Liberata non è che una particolare
identificabile manifestazione storica del più vasto e inesauribile conflitto fra Bene e Male.
Le forze infernali e le forze celesti partecipano dunque attivamente alla battaglia degli uomini, che
rappresenta esattamente la manifestazione terrena della lacerazione del Creato. Gli angeli e i demoni, che
combattono al fianco degli eroi cristiani e pagani, rappresentano i due poli opposti, fra cui si consuma il
conflitto.
Èros e Thànatos: La Liberata è un poema di guerra e quindi inevitabilmente, un poema di morte in cui
nulla è taciuto dell’estrema durezza della guerra. Ma la presenza della morte appare irrimediabilmente
associata all’idea della vita.
Il culmine dello scontro lascia infine intravedere uno spazio oltre il conflitto distruttivo: una possibilità di
riconciliazione degli opposti che appare quasi come una promessa di concordia. Ad essere tratteggiata è
anche una nuova prospettiva antropologica, una nuova frontiera possibile dell’umanità cui l’amore
fornisce l’esempio di una contraddizione che non esclude la conciliazione. Basti pensare che le due figure
dominanti dello schieramento cristiano, Tancredi e Rinaldo, amano donne pagane: Clorinda ed Armida.
Gli opposti non si cancellano e continuano a riprodurre il conflitto cosmico in cui l’esistenza umana è calata,
ma fra di essi è forse possibile un’aspirazione di concordia proprio in nome dell’amore.
La condizione umana: La riaffermata centralità della Poetica di Aristotele nel secondo ‘500 aveva
sicuramente fornito a Tasso la giustificazione per quella esigenza di ordine che egli sentiva fortissima,
definendola con chiarezza tensione a costruire un testo che rispettasse il principio fondamentale di unità
dell’azione drammatica. Eppure, nella Liberata convivono spinte unitarie e opposte forze centrifughe.
Le dissonanze e le contraddizioni del poema trovano nei personaggi la loro oggettivazione: Rinaldo,
ondeggiante tra il desiderio di gloria e il richiamo dei sensi, Tancredi, diviso tra valore cavalleresco e follia
d’amore; Armida, intimamente lacerata fra sensualità e fragilità. La ragione delle maggiori contraddizioni e
dei maggiori conflitti nel poema è l’amore, forza in grado di annullare ogni differenza e di stravolgere il
percorso della storia.
Anche questo è un elemento di novità introdotto da Tasso: per la prima volta i personaggi di un poema eroico
sono costruiti e rappresentati nella loro complessità ed evoluzione, nelle metamorfosi e negli sviluppi della
loro vita interiore portata alla ribalta e messa al centro della scena.

T.1 Gerusalemme Liberata, canto I


Contest Apertura nel rispetto della tradizione epica, con protasi in cui è esposto
o l’argomento, l’invocazione alla Musa e la dedica al duca Afonso II d’Este.
Metrica ottave di endecasillabi in rima alternata

Temi  Riprendendo l’incipit dell’Eneide Tasso intende uniformarsi al


modello del poema epico classico e marcare la distanza dal modello
del “romanzo” cavalleresco. L’indicazione preliminare è quella del
protagonista che riflette una forma di adesione al principio
aristotelico dell’unità dell’azione. “L’armi pietose” d’altra parte
concentra subito l’attenzione del lettore sui crociati, mossi da fini non
più individualistici, ma da uno scopo collettivo e religioso. La stessa
invocazione alla Musa ha come obbiettivo quello di non contraddire la
concezione controriformistica dell’arte. Il poeta, infatti, chiede
perdono per il proprio intrecciare “fregi al ver”. Si tratta di
un’importante dichiarazione poetica: attraverso il diletto della poesia
egli porgerà al lettore le verità della religione.
 Al motivo encomiastico si accompagna la volontà, da parte del poeta,
di riflettere la contemporaneità.
 L’attualizzazione del tema delle crociate trova dunque ragione
nell’esigenza di dare voce alla cultura controriformistica, intenta a
combattere contro i protestanti, allegorizzati negli “infedeli”.
 Emerge qui soprattutto il tema dell’amore infelice: l’amore fa la sua
prima apparizione nel poema costituendosi come ragione di
dissoluzione di conflitti e ideologie: sia Tancredi sia Rinaldo, infatti,
amano donne del campo avverso, rispettivamente Clorinda e Armida

T.3 Gerusalemme Liberata, canto III, “Tancredi ed Erminia”

Contest Aladino, il re di Gerusalemme osserva dall’antica torre della reggia lo scontro


o fra cristiani e saraceni. Con lui c’è Erminia, segretamente innamorata di
Tancredi, il quale la trattò dignitosamente quando era stata prigioniera nel
campo cristiano. La donna descrive al re i guerrieri nemici, in particolare
Tancredi.
Metrica //

Temi  All’Amore infelice della donna corrisponde quello dell’uomo:


Tancredi a sua volta ama segretamente e infelicemente Clorinda. Il
tema della coppia in cui solo uno ama si colora in Tasso di toni più
cupi e perplessi. Qui l’amore è turbamento, è amore di un cristiano
per una pagana e di una pagana per un cristiano, in un angolo amoroso
fatto di infelicità e incomunicabilità
 L’amore azzera le differenze e ideologie, unendo personaggi dei campi
avversi.
 Il poema si allontana da un’autentica e risolta ispirazione eroica,
cedendo il passo a una poesia dai toni patetici, una poesia soggettiva.
L’amore, configurandosi come passione verso il nemico, rappresenta il
conflitto con i doveri guerrieri.
Stile La scena di Erminia che dall’alto della torre indica al re Aladino i più valorosi
guerrieri cristiani guarda alla scena omerica di Elena che indica a Priamo i
migliori eroi greci. Tasso riprende dunque il motivo della teichiscopìa
presente in Omero: la donna deve essere infringevole, deve cioè celare la
natura dei suoi reali sentimenti verso Tancredi. In ciò la soccorre il
linguaggio, che nella sua ambiguità dice e dissimula al tempo stesso: la
lacerazione interiore della donna, impossibilitata a esprimersi nella sua
verità, vive nel poema attraverso l’immagine del travestimento continuo

T.4 Gerusalemme Liberata, canto VI, “Erminia nella notte”

Contest Il duello fra Tancredi e Argante, al quale Erminia assiste dall’alto delle mura di
o Gerusalemme, viene interrotto al sopraggiungere della notte. La donna è in preda al
tormento: desidera raggiungere Tancredi ferito, ma teme di essere scoperta. Decide
così di indossare le armi di Clorinda e di recarsi all’accampamento cristiano per offrire
soccorso al suo amato. Notata dalle sentinelle di Goffredo e creduta Clorinda, è
costretta alla fuga.
Metrica //

Temi Torna il tema dell’amore non corrisposto a interrompere quello della guerra. L’ombra
della notte accompagna e attutisce le angosce di Erminia. Il suo stato d’animo è
caratterizzato dall’incertezza, dal continuo dubbio. Erminia anela ad essere come la
forte guerriera Clorinda e di lei decide di assumere le sembianze, ingannando la
sentinella. Il travestimento della donna risponde inoltre al suo bisogno di
dissimulazione, al profondo desiderio di tenere celati i propri sentimenti.
Erminia trova rifugio nella propria coscienza, nell’impossibilità di mostrarsi senza veli.
L’interiorità diventa dunque l’unica dimensione in cui possa sussistere la verità del
personaggio. L’introspezione soggettiva e il controllo del proprio mondo interiore
fanno di Erminia un personaggio estraneo al mondo epico. Erminia inaugura, nella
letteratura europea, il romanzo psicologico moderno.
Stile //

T.5 Gerusalemme Liberata, canto VII, “Erminia fra i pastori”

Contest Erminia in fuga disperata dai guerrieri cristiani s’inoltra in una foresta e giunge, al
o tramonto, presso le acque del fiume giordano. Lì, stremata dalla cavalcata precipitosa,
cade addormentata. Al risveglio si ritrova nella pace della natura, allietata dal canto
degli uccelli. La presenza di un vecchio pastore contribuisce a mitigare i suoi affanni
Metrica //

Temi L’episodio di Erminia fra i pastori è una digressione all’interno del poema: il registro
da epico si fa lirico. Si consuma così la fuga del poeta dai suoi “doveri” di
celebratore di imprese gloriose: nell’amenità della natura l’autore può schermirsi
dietro le parole del pastore, ed Erminia può ancora una volta dissimularsi vestendo le
“rozze spoglie” della pastorella. L’effusione patetica svela l’identificazione emotiva
di Tasso: Erminia, con il suo animo fragile e tormentato, è una chiara proiezione
autobiografica.
Al vecchio pastore Tasso affida il compito di celebrare l’autenticità e la semplicità di
una vita conforme a natura, fatta di una quotidianità che si ripete rassicurante.
Anche per questa ragione la pastorale di Erminia è spazio dell’utopia, in cui si
mette a nudo l’ambivalenza del poeta, diviso fra l’attrazione per la splendida vita delle
corti e il disprezzo per le bassezze che vi si celano.
Stile //

T.6 Gerusalemme Liberata, canto XVI, “Nel palazzo di Armida”


Contest Carlo e Ubaldo entrano nel palazzo di Armida: nel giardino incantato assistono non
o visti, agli amori della maga e Rinaldo. Quando finalmente l’eroe resata solo, si
avvicinano a lui e, mostrandogli la sua immagine degradata nello scudo magico, lo
inducono a ravvedersi e a tornare ai suoi doveri di crociato. Grande è il dolore della
donna quando scopre la fuga dell’amato, con il quale ha un aspro confronto in una
dolorosa scena d’addio
Metrica //
Temi Altamente simboliche nell’episodio sono le immagini del labirinto e del giardino: il
primo è emblema dello smarrimento della ragione negli inganni dei sensi; il
secondo è emblema dei valori naturalistici in grado di offuscare la razionalità.
Almeno negli intenti la bellezza del luogo è presentata in una luce negativa: la natura
lussureggiante favorisce lo sviamento dell’eroe cristiano. Il regno di Armida è il luogo
delle esperienze ingannevoli. In questo episodio, nell’ambito del poema eroico, il
malinconico e struggente invito a godere le gioie dell’amore e della giovinezza
contrasta però con il moralismo controriformistico, ovvero con le alte finalità etico-
religiose che l’opera è chiamata ad esprimere. Ciò non esclude una identificazione
emotiva dell’autore, che l’intento ideologico non riesce completamente a celare.
Stile //

T.7 Gerusalemme Liberata, canto XVIII, “La selva incantata”


Contest Tornato al campo dei crociati e perdonato da Goffredo, Rinaldo trascorre la notte in
o meditazione e raccoglimento. Nella “bell’alba” del mattino dopo, sale sul monte
Oliveto per purificarsi prima di affrontare la foresta di Saron, dove conoscerà nuove
tentazioni alle quali opporrà un’eroica resistenza, sciogliendo così gli incanti del
bosco
Metrica //
Temi Si ripropone in questo canto lo scenario di una natura attraente, che si offre alla
vista di Rinaldo non appena si avventura nel bosco. Non orrida, dunque, ma
sinistramente amena appare la foresta a Rinaldo, secondo gli incantesimi orditi dalle
forze malvagie, nel tentativo di sviare ancora l’uomo, attraverso gli inganni dei sensi.
È l’ultimo tentativo di distogliere lo sguardo dal suo alto compito religioso; tuttavia, la
sua formazione è ormai compiuta, le forze della paganità non riescono più a
disgregare l’equilibrio morale faticosamente conquistato dal guerriero.
Stile Penetrato nel cuore della selva, Rinaldo si imbatte in un “estranio mirto”, di
grandezza inusitata. Esso è il simbolo dell’amore, alla cui forza l’eroe aveva ceduto,
rimanendo prigioniero della seducente Armida. Le forze infernali della selva pongono
dunque sulla strada di Rinaldo nuove lusinghe: giunto al mirto, infatti, gli apparirà la
stessa Armida, che presto si trasforma in un gigante. Sopraggiunge poi una violenta
tempesta, ma Rinaldo resiste e taglia l’albero: non è un mirto ma una noce, caro alle
streghe e propizio agli incantesimi. Così avrà termine il percorso intrapreso da
Rinaldo, svaniranno gli incanti e infine la selva ritornerà al “natural suo stato”

T.8 Gerusalemme Liberata, canto XX, “La conclusione del poema”


Contest Armida si trova in una valletta solitaria, ormai sul punto di darsi la morte:
o sopraggiunge però Rinaldo, che riesce a distoglierl dall’intento suicida, vincendone le
resistenze. L’uomo spegnie in lei l’odio, lasciando emergere di nuovo l’amore sopito.
All’immagine di Armida nelle nuove vesti di ancella devota succede quella di
Goffredo vincitore che, al cessare della battaglia, si raccoglie al tramonto in preghiera
sul “gran Sepolcro”
Metrica //
Temi Il personaggio di Armida consoce, nel corso del poema, una profonda
trasformazione, che qui raggiunge il suo apice. La bella maga finisce per rinnegare la
sua antica natura di perfida seduttrice, per approdare a una nuova spiritualità. La
dialettica armi/amore, centrale dell’opera, nella metamorfosi di Armida giunge a una
definitiva conciliazione: il percorso della donna trova il suo esito nella totale
dedizione all’uomo amato e ciò fa di lei una vera eroina tragica, Al pari delle altre
eroine del poema, Armida vive a sua volta il conflitto armi/amore che si scioglie però
nella fede.
È ancora dominante, nell’episodio di Armida, il motivo delle lacrime, più volte
incontrato e analizzato nel corso del poema. Esso tradisce la dimensione drammatica
dei personaggi tassiani. Il gusto per la soggettività si traduce nella continua attenzione
da parte del poeta al mondo interiore dei personaggi, alle loro passioni
Stile Il registro lirico cede infime il passo a quello epico, spostando l’attenzione del lettore
dal patetico incontro tra Rinaldo e Armida allo scenario di guerra. Nel vasto affresco
traspare ancora la sostanziale ambiguità del poeta di fronte alla guerra. Infatti, prima
di celebrare la figura del pio Goffredo, Tasso rivolge ancora al “vallo pien di strage”.
Il trionfalismo sembra non riuscire ad emergere e il gusto scenografico che pur
caratterizza le scene belliche non sembra prevalere né occultare la perplessità di
fondo del peota, il quale rivolge un ultimo, pietoso sguardo al sangue dell’“infedel
plebe”, al fiero popolo “morto e sconfitto”

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