Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Machiavelli, la fortuna e la
virtù.
Niccolò Machiavelli nacque il 3 maggio 1469, a
Firenze, in un periodo di intense mutazioni di
carattere storico-sociale (scoperta dell'America,
esplorazioni di Vasco De Gama), da una famiglia
borghese di nobili origini, ma in ristrettezze
economiche.
Nonostante questo, il padre gli fece studiare i
classici, specie i testi di Tito Livio, che diventerà il
suo punto di riferimento per quanto riguarda il
mondo antico (romano).
Entra a far parte della politica fiorentina,
organizzando nel 1499-1500 la guerra contro Pisa,
ma dopo che, nel 1512, i Medici ripresero il potere
a capo di Firenze, venne condannato all'esilio
nell'Albergaccio, presso San Casciano.
Qui iniziò a scrivere "I discorsi sulla prima deca di
Tito Livio" (1513-1531), dove si può notare come
contrasti l'idea del principato, in quanto questa
forma di governo non può rappresentare in modo
giusto le varie componenti della società.
In tre libri analizza i dieci volumi di Tito Livio,
dividendo l'analisi, della costituzione romana, della
milizia di Roma e dei suoi illustri personaggi.
Nello stesso periodo scrisse "Il Principe" con il
quale cercava, al ritorno dall'esilio nella sua casa di
campagna, di riguadagnare il prestigio politico
perduto. Infatti inizialmente era dedicato a
Giuliano de'Medici e successivamente a Lorenzo II
de'Medici, suo successore.
Lo scopo principale di questo testo era di formare
un principe capace di mantenere il potere con
astuzia e forza. Per farlo senza ricevere accuse di
presunzione, si paragona ad un cartografo, umile
tecnico che però, in quanto esterno agli affari
politici, può permettersi di proporre metodi nuovi e
moderni di governo, consigliando e guidando il
detentore del potere fiorentino.
Dato il pessimismo caratterizzante il pensiero di
Machiavelli, il principe deve essere astuto e
spregiudicato, golpe et lione, e soprattutto un
uomo virtuoso e abile nel contrastare la fortuna
spesso avversa.
Dato che, in ogni caso, il male è ontologico
dell'uomo, cioè fa parte della sua natura, il principe
è costretto a dissimulare, ovvero nascondere la
verità. Non è necessario, ad esempio, che sia leale,
quanto che lo sembri.
Secondo la mentalità macchiavelliana, descritta
maggiormente nel "Principe", l'uomo è
prevalentemente avido, sopraffattore, traditore e
crudele, quando compie il bene lo fa per necessità
e costrizione.
La virtù, quindi viene coltivata quando si riesce a
dominare la parte peggiore della natura umana,
solo così può nascere un comportamento in linea
con l'ideale dell'autore.
Questa virtù è del tutto laica e terrena. Il suo unico
fine è l'efficacia sulla realtà storico-politica.
Machiavelli, studiando la storia, si rese conto
dell'eterno ripetersi dei fatti (l'uomo ha sempre la
stessa indole mossa da passioni e istinti) e
concluse con la rivelazione di un concetto
pessimista: l'umanità non è capace di migliorare
con l'evoluzione, l'unico ostacolo alla virtù,
salvezza del genere umano, è la fortuna, fattore
esterno alla volontà umana, destino cieco e
casuale. Non è nemica dell'uomo, ma rappresenta
il continuo variare delle cose del mondo,
"varieranno sempre, infino a che non surga
qualcuno che le regoli", è l'occasione indispensabile
perchè si possa misurare la propria virtù, lottando
contro gli eventi.
Come scrive Machiavelli nel cap VI del "Principe", ci
sono molti esempi di persone famose diventate
principi per le loro capacità in situazioni negative:
Mosè (schiavitù), Romolo (da Albalonga, fu capace
di mettere le basi per il futuro dell'Impero
romano).
Per esplicare meglio al dedicatario dell'opera i suoi
concetti di fortuna e virtù, l'autore si avvale di un
lessico asciutto, essenziale, chiaro (riduce le
questioni a due termini elementari, complementari
o contrastanti, usa dunque uno schema dualistico)
e di un tono pacato e persuasivo (prosa fluida).
Inoltre sono molto presenti metafore e paragoni in
molti concetti, specie nel "Principe".
La comparazione più riassuntiva del pensiero
machiavellico è quello con la volpe (golpe), astuta,
capace di evitare gli inganni, e del leone (lione),
forte e in grado di spaventare i violenti.
Nel cap XXV paragona la fortuna a un fiume in
piena alla quale forza l'uomo non può opporsi, ma
deve arrendersi ad essa e al suo impeto,
aspettando che si quieti. Solo allora è possibile
provvedere con ripari e argini.
La sorte viene anche paragonata alla donna "amica
de'giovani", che bisogna sottomettere e dominare
(secondo la comune mentalità misogina
dell'epoca), percuotendola e contrastandola
("batterla e urtarla").
Tra le personalità dell'epoca cui la sorte aveva
condizionato negativamente il successo, vi era
Cesare Borgia, detto il Valentino, salito al trono per
fortuna (il padre era Papa Alessandro VI), in
quanto vide la morte del genitore e l'avvento della
sua malattia, prima di riuscire a stabilizzare il suo
potere.
Tuttavia dato che la fortuna era causa solo della
metà della sua rovina ("ruina"), Machiavelli
riconobbe l'errore nell'eleggere come pontefice il
cardinale Della Rovere (Giulio II), dimenticando
che i grandi personaggi non scordano facilmente e
ingiurie subite.
SAGGIO BREVE MACHIAVELLI:
DOCUMENTI .
Documento 1.
Non mi è incognito, come molti hanno avuto e
hanno opinione, che le cose del mondo siano in
modo governate dalla fortuna, e da Dio, che gli
uomini con la prudenza loro non possino
correggerle, anzi non vi abbino rimedio alcuno; e
per questo potrebbono giudicare che non fusse da
insudare molto nelle cose, ma lasciarsi governare
dalla sorte. Questa opinione è suta più creduta ne’
nostri tempi per la variazione delle cose grandi che
si sono viste, e veggonsi ogni dì fuori di ogni
umana coniettura. A che pensando io qualche
volta, sono in qualche parte inchinato nella
opinione loro. Nondimanco, perchè il nostro libero
arbitrio non sia spento, giudico potere esser vero,
che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni
nostre, ma che ancora ella ne lasci governare
l’altra metà, o poco meno, a noi. Ed assomiglio
quella ad fiume rovinoso, che quando ei si adira,
allaga i piani, rovina gli arbori e gli edifici, lieva da
questa parte terreno, ponendolo a quell’altra;
ciascuno gli fugge davanti, ognuno cede al suo
furore, senza potervi ostare; e benchè sia così
fatto, non resta però che gli uomini, quando sono
tempi quieti, non vi possino fare provvedimenti e
con ripari, e con argini, immodochè crescendo poi,
o egli andrebbe per un canale, o l’impeto suo non
sarebbe sì licenzioso, nè sì dannoso. Similmente
interviene della fortuna, la quale dimostra la sua
potenzia dove non è ordinata virtù a resistere, e
quivi volta i suoi impeti, dove la sa che non sono
fatti gli argini, nè i ripari a tenerla. E se voi
considererete l’Italia, che è la sede di queste
variazioni, e quella che ha dato loro il moto,
vedrete essere una campagna senza argini, e
senza alcun riparo. Che se la fusse riparata da
conveniente virtù, come è la Magna, la Spagna, e
la Francia, questa inondazione non avrebbe fatto le
variazioni grandi che l’ha, o la non ci sarebbe
venuta. E questo voglio basti aver detto quanto
all’opporsi alla fortuna in universale. Ma
restringendomi più al particulare, dico, come si
vede oggi questo Principe felicitare, e domani
rovinare, senza vederli aver mutato natura o
qualità alcuna. Il che credo nasca prima dalle
cagioni che si sono lungamente per lo addietro
trascorse; cioè, che quel Principe che si appoggia
tutto in sulla fortuna, rovina come quella varia.
Credo ancora, che sia felice quello, il modo del cui
procedere suo si riscontra con la qualità de’ tempi,
e similmente sia infelice quello, dal cui procedere si
discordano i tempi. Perchè si vede gli uomini nelle
cose che gl’inducono al fine, quale ciascuno ha
innanzi, cioè gloria e ricchezze, procedervi
variamente, l’uno con rispetti, l’altro con impeto;
l’uno per violenza, l’altro per arte; l’uno con
pazienza, l’altro col suo contrario; e ciascuno con
questi diversi modi vi può pervenire. (Machiavelli, il
Principe XXV)
Documento 2.
La natura fa il merito e la fortuna lo mette in
opera.
(François de La Rochefoucauld)
Documento 3.
E proprio della natura umana trovare i modelli
dove non ce ne sono e scoprire abilità dove in
realtà la fortuna è la spiegazione più probabile.
(William Bernstein)
INTRODUZIONE.
SVOLGIMENTO.
CONCLUSIONE.