Sei sulla pagina 1di 19

Niccolò Machiavelli (Firenze, 1469 - ivi, 1527)

è stato il principale scrittore politico del Cinquecento. Machiavelli, grazie alla sua opera “Il
Principe”, è stato il fondatore della politica come scienza e il primo autore a separare
nettamente la sfera dell'agire pubblico da quella della morale e della religione, in modo
talmente esplicito da attirare su di sé varie critiche e la condanna postuma della Chiesa.
Importanti anche le sue opere storiche, i suoi trattati militari e gli scritti letterari in senso
stretto, tra cui spiccano la commedia Mandragola e la Novella di Belfagor arcidiavolo.
Immensa è stata la sua influenza sul pensiero politico occidentale

VITA
Niccolò Machiavelli nacque a Firenze il 1469 ed ebbe modo di assistere e partecipare agli
eventi di quegli anni.
1492 muore Lorenzo il Magnifico
1494 Discesa in Italia di Carlo 8° Re di Francia. I Medici sono cacciati da Firenze. E’ creata
La Repubblica del Savonarola
1498 Savonarola è condannato al rogo. Machivelli comincia a far politica
1502 Pier Soderini eletto Gonfaloniere a vita di Firenze. Machiavelli eletto Segretario del
Soderini
1510 Cade il governo Soderini. Tornano i Medici
1512 Machiavelli rimosso dall’incarico e fatto arrestare. Anno dopo scrive Il Principe men-
Tre si trova all’Albergaccio. Nomina di Leone X, Papa Mediceo
1522 Nomina di Clemente VII Papa Mediceo
1525 Machiavelli consegna Historie Fiorentine
1527 Muore Machiavelli Sacco di Roma Lanzichenecchi di Carlo V (re spagnolo)

Nel 1498, dopo che il Savonarola venne giustiziato, entrò nella vita politica
della Repubblica fiorentina e ricoprì vari incarichi diplomatici, svolgendo missioni
in Francia, in Germania e presso Cesare Borgia, il famoso duca Valentino (figlio del Papa
Alessandro VI e fratello di Lucrezia Borgia); l'osservazione diretta del governo di questi
stati avrebbe in seguito stimolato la sua riflessione specie nel caso del Valentino
protagonista di alcune famose pagine del Principe e presentato quale modello, in positivo e
in negativo, di uomo politico capace di costruirsi la propria fortuna. Nel 1501 aveva
sposato Marietta Corsini, dalla quale ebbe 7 figli. Dopo il 1502 divenne il principale
collaboratore e segretario personale di Pier Soderini, eletto gonfaloniere della Repubblica.
Tra il 1505 e il 1506 lavorò al progetto di creazione di un esercito cittadino da sostituire alle
soldatesche mercenarie, da lui ritenute non affidabili.

Nel settembre 1512 i Medici rientrarono a Firenze in seguito all'intervento delle armi
spagnole e Machiavelli venne allontanato dalla vita pubblica in quanto troppo
compromesso con l'attività della Repubblica: la sua situazione divenne critica nel 1513,
quando venne sospettato di aver preso parte a una congiura anti-medicea e fu arrestato,
venendo anche sottoposto al supplizio della corda (non ci sono conferme di un suo
effettivo coinvolgimento nella cospirazione). Fatto sta che venne rilasciato poco dopo e
confinato in una sua proprietà presso S. Casciano, l'Albergaccio, dove fu costretto a una
sorta di ritiro forzato durante il quale si diede agli studi e scrisse IL PRINCIPE,

A partire dal 1516-1517 iniziò a frequentare gli Orti Oricellari, una sorta di circolo politico-
culturale che si raccoglieva intorno alla figura di Cosimo Rucellai ed era tollerato dai
Medici, benché fosse di simpatie vagamente filo-repubblicane. Fu in questo contesto che
scrisse i DISCORSI SOPRA LA PRIMA DECA DI TITO LIVIO, l'altra grande opera politica
dedicata proprio alle repubbliche ; nello stesso periodo scrisse anche il dialogo DELL'ARTE
DELLA GUERRA (1519) e forse la commedia LA MANDRAGOLA, che riflette un interesse
per il teatro non marginale in Machiavelli (una seconda commedia, intitolata CLIZIA, verrà
composta nel 1525).

ULTIMI ANNI
La diffidenza della famiglia Medici nei confronti di Machiavelli si attenuò e poté riavvicinarsi
a loro ottenendo i primi incarichi diplomatici, che comunque erano di scarsa importanza (in
questo periodo scrisse, tra l'altro, la Vita di Castruccio Castracani). In seguito gli fu
commissionata la composizione delle ISTORIE FIORENTINE, un'opera storiografica il cui
fine era nobilitare le origini della città e celebrare la famiglia Medici, che lo scrittore
completò nel 1525 presentandola ufficialmente a papa Clemente VII (il cardinale Giulio de'
Medici). Nel 1526 ottenne un incarico militare di una certa importanza nell'ambito della
guerra ormai imminente tra la Lega di Cognac, cui Firenze aveva aderito, e l'imperatore
Carlo V; in questa occasione collaborò con l'amico Francesco Guicciardini per organizzare
le forze della Lega, tuttavia i lanzichenecchi scesero in Italia portandosi a Roma, che venne
orribilmente saccheggiata il 6 maggio 1527. L'avvenimento fu traumatico ed ebbe
ripercussioni politiche immediate, tra cui il rovesciamento dei Medici a Firenze (17 maggio)
e il ritorno della Repubblica. Machiavelli, per la recente collaborazione con la Signoria,
venne osteggiato dai nuovi governanti di simpatie savonaroliane e rimase nuovamente ai
margini della vita pubblica. Le sue condizioni di salute peggiorarono rapidamente ed egli
morì il 21 giugno a Firenze, venendo sepolto in S. Croce (dove tuttora riposa).

IL PENSIERO DI MACHIAVELLI
IL REALISMO POLITICO "il fine giustifica i mezzi",.

Machiavelli è considerato il fondatore del pensiero politico moderno basato sul cosiddetto
REALISMO POLITICO. Egli è stato il primo scrittore in Europa a separare le regole della
politica da quelle della morale e della religione e ad affermare che il fine del Capo di uno
stato, sia esso una repubblica o una monarchia, è di conservare il proprio dominio a
qualunque prezzo, anche quello di compiere azioni giudicate delittuose secondo i normali
parametri etici, per cui anche il ricorso alla violenza da parte di chi governa è perfettamente
giustificato (secondo la massima "il fine giustifica i mezzi", mai scritta da Machiavelli ma
che condensa in modo efficace la sua visione del potere;un atteggiamento definito presto
come "machiavellismo", in senso per lo più negativo e di condanna).

LA VERITA’ EFFETTUALE
Per Machiavelli non serve a niente avere delle immagini ideali del Principe e dello Stato che
non corrispondono alla realtà; se ci si allontana dal mondo reale si va solo in rovina. E’
molto meglio attenersi alla realtà concreta, effettiva (la Verità Effettuale di cui si parla nel
cap. 15°). Or la verità è che il Principe può non rispettare la morale quando è in ballo la
conservazione del potere. Si tenga presente che, fino ad allora, tutti i trattati sul Principe lo
avevano sempre dipinto come un perfetto modello di virtù cristiane.

PESSIMISMO MACHIAVELLIANO
Alla base del ragionamento vi è una concezione pessimistica della natura umana che ha il
Male in sé connaturato (Pessimismo antropologico cap. 17 e 18). Il Principe non deve mai
dimenticare che gli uomini sono per lo più egoisti, rapaci, interessati solo al proprio utile,
codardi per natura. Ti rispettano solo se ti temono. Fare solo il bene significa votarsi alla
autodistruzione perché gli uomini sono sempre pronti a tradire; quindi non ha senso farsi
scrupoli o mantenere la parola data. Bisogna sapersi avvalere della Forza e dell’Astuzia che
sono in noi, saper usare la Volpe e il Leone che sono in noi. Il Principe deve anche saper
“simulare” comportarsi cioè come se avesse tutte le virtù del mondo (pietoso, onesto
religioso) ma essere subito pronto a diventare l’opposto quando ce n’è bisogno.
L’alternativa è essere vinto da un principe più forte oppure l'anarchia , il disordine sociale ,
il dominio confuso della massa, da evitarsi assolutamente. Da qui la concezione della storia
come perenne conflitto, sia tra gruppi sociali dagli interessi contrastanti (patrizi e plebei
nell'antica Roma, classi signorili e popolani nella Firenze del Quattrocento sec.), sia tra
stati in lotta tra loro per il potere, per cui l'arte politica diventa guerra per la sopravvivenza
che impone al sovrano di agire in modo cinico e spietato per sopraffare i suoi nemici, dai
quali non può aspettarsi gesti di pietà o cortesia.

IL TEMA DELLA FORTUNA e DELLA VIRTU’ (vedi cap. XXV del Principe)

Per Machiavelli sono due le forze fondamentali che agiscono nella vita dell’uomo. La
Fortuna governa per il 50% e l’altra metà spetta alla volontà umana. La Fortuna è un fiume
impetuoso che invade e allaga la campagna ma l’uomo. Con la sua azione, può prevenire i
danni costruendo a tempo degli argini.

Regola generale è che il Principe non deve fare affidamento sulla Fortuna perché troppo
incostante e imprevedibile. Il Principe deve invece essere sempre pronto ad adeguarsi ai
tempi, ad adattarsi ad essi, deve saper seguire il Vento.

Come si vede Machiavelli (in modo simile a quanto già espresso da Boccaccio), rielabora la
concezione della "Fortuna", che non viene più vista come in Dante quale espressione della
volontà divina ma come il capriccio del caso non tale però da dominare tutte le vicende
umane e contro la quale è possibile opporre la "VIRTÙ", virtù intesa come l'insieme delle
qualità che i governanti e gli uomini tutti devono possedere per raggiungere i propri scopi.

Machiavelli e la Religione

Tra i mezzi per dominare le masse Machiavelli individua anche la religione, da lui vista
classicamente come instrumentum regni, strumento cioè del potere politico. (il riferimento è
ovviamente al paganesimo dell'antica Roma, religione di stato) e a proposito fa notare
come il Cristianesimo delle origini avrebbe contribuito a dissolvere la compattezza
dell'Impero Romano proprio mettendo in crisi la religione pagana che sosteneva lo Stato
Imperiale.. Quest'ultimo aspetto delle sue teorie contribuì non poco alla condanna morale
dello scrittore da parte della Chiesa e spiega il vivace dibattito critico che dopo la sua
morte si aprì sul valore della sua opera, che vide ammiratori e detrattori portando anche a
interpretazioni distorte del suo pensiero. Visioni distorte che si spinsero a vedere in
Machiavelli un ateo, cosa di sicuro non vera.

LA CRISI ITALIANA
Machiavelli attribuiva la crisi del nostro paese soprattutto a cause militari come il ricorso
alle milizie mercenarie giudicate insufficienti a contrastare la potenza degli eserciti stranieri,
Lo scrittore ha anche chiaro che la frammentazione politica dell'Italia costituiva il primo
ostacolo a una seria opposizione alle ingerenze straniere e auspica un movimento di
ribellione guidato prima dal Valentino e poi dalla casa dei Medici in grado di restituire alla
Penisola il suo antico prestigio.
Gli scritti politici minori
Machiavelli accompagnò subito la sua azione politica al servizio della Repubblica con la
composizione di alcuni trattatelli in cui descriveva fatti politici dell'Italia del tempo. Tra
queste operette giovanili spicca anzitutto la Descrizione del modo tenuto dal Duca
Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor Pagolo e il duca
di Gravina Orsini (1503), in cui l'autore analizza in modo lucido la strategia usata da Cesare
Borgia per eliminare i suoi nemici che aveva attirato in un mortale agguato a Senigallia,
mostrando già quella concezione del potere come lotta per la sopravvivenza poi elaborata
nel Principe (in cui il Valentino ha grande spazio quale modello di "principe nuovo", in
positivo e negativo Nel periodo della forzata inattività politica scrisse invece la Vita di
Castruccio Castracani da Lucca, una sorta di biografia di dedicata a un condottiero
ghibellino del Trecento

L'epistolario
Dell'autore ci sono giunte circa una settantina di lettere private. L'epistolario in generale ci
mostra un personaggio poco amante della vita ritirata e smanioso di mettersi in gioco. Tra
le epistole più interessanti vi sono quelle con l'amico Guicciardini e soprattutto quelle
indirizzate a Francesco Vettori, l'ambasciatore fiorentino dei Medici presso la sede
pontificia a Roma cui Machiavelli si rivolge nella speranza di un riavvicinamento ai Medici
dopo il suo allontanamento della vita pubblica a seguito della congiura antimedicea del
1513 di cui fu ritenuto partecipe. Particolarmente importante la famosa lettera al Vettori del
10 dic. 1513, dal suo forzato ritiro all'Albergaccio un podere di famiglia in cui Machiavelli
descrive all'amico la noia della sua vita ritirata . Nella missiva l'autore dà notizia
dell'avvenuta composizione del Principe, da lui presentato come un "opuscolo" indirizzato
ai Medici e finalizzato ad accreditarlo come esperto di cose politiche, nella speranza di
ricevere un incarico significativo da parte loro (era stato prima al servizio della Repubblica,
ora si offre a quello dei Medici).

Lettura: Lettera a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513, dalle Lettere p.772

“Mi sveglio la mattina e vado in un bosco di mia proprietà a controllare il taglio della legna.
Si fanno mille liti, uno non mi ha pagato perché dice di avere dei crediti e io mi sono
infuriato; un’altra volta hanno pressato la legna che avevo venduto in un carro in modo da
farla sembrare la metà e per questo non ho dato più legna a nessuno. Dopoil bosco vado a
una sorgente dove mi metto a leggere poesie d’amore che i miei passati amori mi ricordino.
Sulla via del ritorno parlo con chi incontro e poi vado all’Osteria. Lì trovo l’Oste, un
macellaio, due operai e un mugnaio e ci mettiamo a giocare a carte e a far lite così forte che
ci sentono fino al paese. Mi involgarisco lo so ma almeno tengo sveglio il cervello.

A sera torno a casa. Entro nel mio studio, mi tolgo gli abiti sporchi di fango e indosso “abiti
reali e curiali” e così vestito entro nelle Antiche Corti e parlo con gli Antichi Uomini, li
interrogo e loro rispondono e per 4 ore non so cosa sia più la Noia, la paura della Povertà o
la Morte. Grazie a questi miei colloqui serali ho scritto un libricino che penso di dedicare a
Giuliano de Medici figlio di Lorenzo il Magnifico affinchè io venga riabilitato e possa tornare
a servire i Medici a Firenze. Il libro si chiama “Il Principato” e tratta dell’arte del governo. I
Medici potranno così vedere che in 15 anni di attività politica non sono stato a dormire o a
giocare.”

Abbiamo due ritratti di Machiavelli: di giorno e di sera. Il giorno sembra essere una persona
qualunque, preoccupato dei suoi guadagni e pronto a difenderli fino ad arrivare alla zuffa.
All’osteria dove si reca per scordare la malignità della sorte ,tocca il fondo mettendosi a
litigare con gli avventori e diventando uguale a tutti loro. Ma la sera c’è la trasmutazione, il
“cambio di abito”, lascia i vecchi e mette vesti pulite, “abiti reali e curiali” e astraendosi
dalla realtà provinciale in cui vive si proietta nelle Antiche Corti” dove dialoga con gli
Antichi scrittori.. attività nella quale si sprofonda per ore senza sentire la minima noia e
scordando le miserie del presente . L'atteggiamento di Machiavelli è quello dell'uomo di
Stato che è ansioso di dimostrare la propria capacità al mondo e che agogna la vita
pubblica più di qualunque altra, dunque in modo diametralmente opposto ad Ariosto che
nelle Satire e in altri scritti diceva di preferire una vita tranquilla e modesta, nell'intimità
della propria casa

IL PRINCIPE (1513)
Considerato di gran lunga il capolavoro di Machiavelli e di tutta la trattatistica del
Cinquecento, il Principe è un'opera concepita come un modesto "opuscolo" durante il
soggiorno forzato all'Albergaccio per dimostrare la propria competenza politica ai Medici,
dai quali sperava di ottenere un incarico pubblico. Machiavelli scrisse il trattato nel giro di
pochi mesi durante il 1513 . L'opera circolò nei primi anni in forma manoscritta e venne
stampata postuma nel 1532. Il Principe ebbe un'enorme diffusione anche fuori dall'Italia e
suscitò "scandalo" per il ritratto cinico e spietato del potere politico che tratteggia. La
Chiesa pose quasi subito l'opera all'Indice (nel 1559) considerando Machiavelli come una
specie di genio malefico, ispiratore di cattivi insegnamenti ai sovrani assoluti. Dal punto di
vista stilistico la lingua usata è il fiorentino del tempo dell'autore, secondo la proposta da
lui stesso avanzata nel Discorso intorno alla nostra lingua(opera d molti non considerata
autentica) e risultata poi perdente contro quella di Bembo .

Distinzioni Preliminari
Nei primi capitoli Machiavelli distingue tra Repubblica e Principato. Esistono 3 tipi di
Principato:

Il Principato Ereditario nei quali il Principe ha ereditato il potere


Il Principato Misto in cui il Principe lo ha in parte ereditato e in parte conquistato;
Principato Nuovo in cui il Principe ha conquistato il Potere o con la sua Virtù( cioè la sua
capacità politica) o grazie alla Fortuna. E’ quest’ultimo Principato che interessa a
Machiavelli perché corrisponde al Principato dei Medici a cui lui si sta rivolgendo.

Lettura: I Principati nuovi che si acquistano con le armi altrui e con la fortuna, da Il
Principe, cap. VII, p.800 Imitazione antichi, Valentino
Nel cap. VI viene analizzato il Principato Nuovo in cui il Principe ha acquistato il potere con
armi proprie o con la sua capacità politica. Il Moderno Principe deve rifarsi alla IMITAZIONE
DEGLI ANTICHI cioè dei grandi uomini del passato. Ciro fondò l’Impero Persiano, Romolo
fondò Roma. Teseo fondò Atene e poi Mosè che seppe far fuggire via gli Ebrei dall’Egitto.
Tutti loro seppero cogliere le circostanze favorevoli offerte dalla Fortuna (le Occasioni della
Fortuna) e vinsero.
Machiavelli continua mettendo in guardia il Principe Nuovo. Il Principe Nuovo avrà come
Nemici giurati tutti coloro che traevano vantaggio dal vecchio sistema. La Storia insegna
che solo i Principi armati che dispongono di milizie fedeli e non mercenarie trionfano, gli
altri falliscono. Infatti il popolo è volubile e solo se si ha la forza dalla propria parte lo si può
tenere sotto controllo.. Un esempio è fornito dal Savonarola, il profeta disarmato che cercò
di trasformare Firenze in una democrazia religiosa e puntualmente finì sul rogo.
Capitolo VII: IL VALENTINO
Nel cap VII viene analizzato il Principato Nuovo in cui il Principe ha acquistato il potere con
armi altrui e con la fortuna.Di norma questi principi non durano a lungo. Lo dimostrano i
Principi creati da Ciro in Asia Minore: venuto meno lui tutti i regni si sfaldarono. Tuttavia
possono esserci eccezioni. Questo è il caso di CESARE BORGIA (1475-1507) figlio del Papa
spagnolo Alessandro VI (altro esempio ammirato per la sua spregiudicatezza da
Machiavelli). Cesare ricevette dal re di Francia il ducato di Valentinuà e per questo era
chiamato il Valentino. Con l’appoggio del padre creò uno Stato in Romagna comportandosi
in modo eccellente al punto da essere indicato da Machiavelli come il prototipo perfetto del
Principe Nuovo.. Se i piani di Valentino dallirono ciò non fu per colpa sua ma per l’estrema
malvagità della Fortuna.. Lo scittore passa aparlare di Valentino. Le prime mosse sono
quelle del Papa Padre. Alessandro 6° sapeva che non era facile creare uno Stato per il figlio:
Venezia e Milano si opponevano e lo stesso facevano le potenti famiglie romane degi
Colonna e degli Orsini. Alessandro VI consentì al re di Francia di sciogliere il suo
matrimonio ottenendo in cambio un esercitop mercenario che subito Valentino usò per
conquistare la Romagna.Poi fingendo di volersi rappacificare con i Colonna e gli Orsini li
sterminò a tradimento (atto non condannato ma quasi lodato da Machiavelli). In politica
interna Valentino non è da meno: ha bisogno di riportare l’ordine in Romagna, nomina così
al governo un uomo spietato e feroce Rimirro De Orco che riporta col terrore l’ordine
dacendosi odiare da tutti. A questo punto Valentino, dopo esserne servito, lo fa decapitare
raccogliendo applausi da tutti. Il Valentino continua i suoi piani di espansione e col padre
tessi accordi con gli spagnoli a discapito dei francesi.. Tutto andava per il meglio quando il
Papa improvvisamente morì di malaria, per una puntura di zanzara (1503) e
contemporaneamente si ammalo il Valentino. La Fortuna cominciava a ruotare e a venir
meno. Il problema era ora quello di impedire l’elezione di un Papa ostile., quindi era
necessario corrompere i Cardinali. L’operazione riesce, il nuovo Papa favorevole a
Valentino è eletto ma muore dopo un mese, Il problema si ripresenta. Intanto Valentino
continuava a far strage dei membri delle famiglie rivali. E veniamo a quello che per
Machiavelli fu l’errore fatale del Valentino. Illudendosi di placare l’odio dei suoi nemici
appoggia la nomina di Giulio II esponente di una famiglia nemica. In realtà Giulio II lo aveva
ingannato e una volta eletto mosse contro di lui.Per Machiavelli Valentino non avrebbe
dovuto fidarsi di un ex nemico pechè le vecchie offese non si dimenticano mai. Come si
vede il buon governo voluto da Machiavelli richiede astuzia e crudeltà.

Lettura: In che modo i Principi debbano mantenere la parola data, da il Principe, cap
18° p.811
Già in un capitolo precedente (il 15°) parlando della Verità Effettuale Machiavelli
aveva chiaramente affermato che il Principe non è tenuto a rispettare la morale
quando è in ballo la conservazione del potere. Più che avere le classiche virtù
cristiane è molto meglio avere a disposizione due vizi per ben governare : l’Astuzia
e la Violenza.
Il cap 18° è forse il capitolo più famoso del Principe. Machiavelli giunge ad affermare
che il Principe deve saper “entrare nel Male” per salvare lo Stato.

USARE LA BESTIA: LA VOLPE E IL LEONE


Nell’essere umano c’è l’Uomo e la Bestia. Per questo gli Antichi affermavano che gli
eroi erano allevati da Centauri, metà uomini e metà cavalli, proprio a indicare la
compresenza di uomo e bestia in noi. Ebbene tra le bestie il Principe deve scegliere
LA VOLPE (l’Astuzia) E IL LEONE (La Forza). Con la Forza il Principe abbatterà i
Lupi (i Nemici), con l’Astuzia eviterà le trappole. Bisogna dunque essere forti come
il Leone e astuti come la Volpe

Rispettare la Parola data?


Nasce la questione della parola data. Tutti i trattati sul comportamento del Principe
considerano sacra la parola data dal principe, Machiavelli la pensa diversamente. Se
dal mantenere la parola data non deriva alcun danno allora è bene rispettarla. Ma se
si rischia di perdere il potere allora è meglio non rispettarla. Bisogna poi ricordarsi
che gli uomini sono sempre pronti a ingannare: quindi molto spesso non ha senso
mantenere la parola data perché altrimenti ad infrangerla per primo sarà il tuo
Nemico. Hanno fatto grandi cose coloro che non hanno mantenuto la parola data
dimostrando così di saper agire con astuzia; il contrario è invece accaduto a chi è
stato leale e onesto. Bisogna però agire in modo tale da far apparire legittimo quel
comportamento. Maestro in quest’arte fu Papa Alessandro VI, padre del Valentino.

Entrare nel Male


Il Principe , agli occhi dei sudditi, deve simulare di avere tutte le virtù ma nella realtà
lui è al di là della Morale comune. Un Principe deve essere pronto ad agire contro la
carità, contro la stessa religione, deve sì mirare al bene ma essere pronto ad
“entrare nel Male” se necessario. Il principe dunque agisca on i Mezzi che crede
perché essi saranno sempre comunque lodati se consentono di raggiungere il
risultato atteso (il Fine giustifica i Mezzi appunto)

Lettura: Quanto possa la Fortuna nelle cose umane e in che modo occorra
resisterle, da Il Principe, cap. XXV, p.816

VIRTU’ CONTRO FORTUNA


Virtù e Fortuna sono le due forze fondamentali che agiscono nella vita dell’uomp.
Machiavelli comincia col dire che lui conosce le teorie dei fatalisti, cioè di coloro
che affermano che è vano gareggiare con la Fortuna, e che la Volontà umana non
può nulla contro il Caso Egli stesso è stato più volte tentato di pensarla allo stesso
modo. Tuttavia a fare i Fatalisti non ci si guadagna nulla, ci si deprime soltanto
quindi posizione ragionevole è quella di dire che la Fortuna governa il 50% della vita
umana e l’altra metà spetta alla volontà umana. La Fortuna è un fiume impetuoso
che tutto allaga straripando ma l’uomo prevenire i danni costruendo degli argini.
Fortuna e carattere umano
Su questo tema bisogna poi tener presenti i caratteri degli uomini
la Fortuna cambia sempre ma i caratteri degli uomini non cambiano mai. Per questo quando
la Fortuna muta l’uomo si scopre impreparato perché non sa e non può cambiare con lei.
Ad esempio un Principe prudente che fino ad allora ha avuto successo con la sua
prudenza, quando i tempi cambiano e necessitano di azione, iniziativa e coraggio non sarà
in grado, per colpa del suo carattere, di tener testa alla situazione e fallirà.Lo stesso è a
dirsi nel caso contrario di un Principe impetuoso. Una felice corrispondenza fra Principe e
eventi la si è avuta nel caso di Papa Giulio II di natura impetuoso che agendo di impulso
riuscì a rafforzare il suo potere attaccando Bologna nonostante l’opposizione degli
Sopagnoli e di Venezia. Il risulato che ottenne non l’avrebbe mai ottenuto con le trattative o
con tattiche prudenti. Tuttavia si chiede Machiavelli “ sarebbe stato capace Giulio II di
essere prudente se le circostanze fossero state diverse o sarebbe restato vittima della
propria impulsività?”. Il comportamento valido per tutte le situazioni non esiste, tuttavia
Machiavelli preferisce il Principe impulsivo e audace perché “La Fortuna è Donna” e quindi
vuole essere costretta, piegata altrimenti non si dona.

LETTURA: Esortazione a pigliare l’Italia e a liberarla dai Barbari, da Il Principe, cap


XXVI, p.821

Nell’ultimo capitolo Machiavelli si rivolge a Lorenzo de Medici duca di Urbino (il nipote del
Magnifico) e lo invita a mettersi a capo di tutti gli Stati Italiani per porre fine alla
dominazione straniera francese e spagnola dell’Italia.. Secondo Machiavelli nel 1513 ci
sarebbero tutte le condizioni favorevoli per assumere il potere e il controllo della
situazione.. Nessun altro momento storico è stato più favorevole di questo.Un Principe era
venuto (Il Valentino) ma purtroppo la Fortuna lo ha sconfitto e così oggi l’Italia aspetta che
venga un Principe Nuovo.. E da dove potrà venire se non dalla Casata dei Medici? Non
bisogna tentennare, l’occasione è troppo favorevole. Del resto si vedono oggi prodigi come
quelli che vide Mosè (cioè uno dei Medici è stato eletto Papa, cioè Lene X), questo vuol
direche tutto mira alla grandezza dei Medici, quindi bisogna agire. Nell’Esoratzione a
liberare l’Italia vi è un tono profetico. Dopo non essersi mai curato di Dio, ora Machiavelli lo
tira in ballo e paragona la liberazione dell’Italia all’evento biblico della Fuga dall’Egitto
giungendo addirittura ad invitare Lorenzo a farsi Redentore dell’Italia. Segue in chiusura del
capitolo un brano del Petrarca tratto dalla canzone “All’Italia”. Naturalmente questo brano
del Principe fu una vera e propria bandiera in età risorgimentale.

I Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1517)


Machiavelli commenta i primo 10 libri dello storico latino Tito Livio (59 a.C) sulla
storia di Roma a partire dalla sua fondazione mitica d parte di Enea. Mentre Il
Principe ha come suo oggetto la creazione di uno stato nuovo da parte di una
personalità di eccezione, i Discorsi invece riguardano uno stato già esistente e
consolidato. In quest’ultimo caso sarebbe per Machiavelli preferibile la Repubblica.
L’opera nacque negli anni intorno al 1516-1517 (ma la datazione certa non è sicura
affatto) e pubblicata postuma , quando lo scrittore frequentava i giardini di Palazzo
Rucellai a Firenze, i cosiddetti "Orti Oricellari" dove un circolo di intellettuali si
raccoglieva intorno a Cosimo Rucellai. Il trattato, diviso in tre libri, non ha la
struttura salda e unitaria del Principe e presenta una serie di divagazioni dedicate al
tema delle repubbliche, costante è il raffronto piuttosto forzato tra gli Stati moderni
e l'esempio dell'antica Roma, orientamento che porta l'autore a più di una forzatura
che sarà oggetto di critiche da parte dell'amico Guicciardini, che scriverà anche
un'operetta (le Considerazioni intorno ai "Discorsi" del Machiavelli) con la quale
confuterà molte delle opinioni espresse da Machiavelli . I Discorsi sono divisi in 3
Libri:

La Religione,

Nel I Libro sono affrontati problemi di politica interna e l’importanza della Religione
nel governo dello Stato. Machiavelli ritiene che la religione romana, intrisa di
profondo senso civico, rafforzava lo Stato, al contrario la Chiesa Cattolica, sin dai
suoi primordi, non ha fatto altro che destabilizzare il potere statale entrando in
continuo conflitto con esso.

La Guerra

Nel 2° libro si parla di politica estera e di guerra. Riguardo alla politica estera la sua
attenzione va alle conquiste degli antichi Romani e in particolare all'organizzazione
del loro esercito, che in età repubblicana era formato da cittadini-soldati : è evidente
che tale modello militare viene esaltato contro quello delle
soldatesche mercenarie del mondo moderno, che lui critica in quanto le considera
inaffidabili e causa prima del declino politico dell'Italia

Il Principio della Imitazione degli Antichi

Nel 3° Libro si riflette sui grandi personaggi dell’antica Roma. Come fu infatti detto
nel capitolo settimo del Principe per Machiavelli si deve seguire il Principio di
Imitazione degli Antichi, rifarsi cioè a modelli storici del passato (Furio Camillo, i
Fabi, Attilio Regolo...) per assumerli come guida In questa concezione Machiavelli si
rifà a un altro storico romano POLIBIO ( 205 a.C☺ che aveva teorizzato l’andamento
ciclico della storia (la Storia come eterno ripetersi). Quindi studiando il passato è
possibile analizzare il presente e prevedere il futuro.

DELL'ARTE DELLA GUERRA (1519-1520)


Machiavelli dedicò al problema della guerra molte pagine delle sue opere e nel 1519-
20 scrisse un trattato Dell'arte della guerra, Si tratta di un dialogo che si immagina
avvenga negli Orti Oricellari tra gli Umanisti e il grande condottiero Fabrizio
Colonna ormai vecchio e prossimo alla morte. Il tema è la gestione degli eserciti alla
luce della pratica militare romana. Ne risulta l’esaltazione di Roma e la condanna
dell’arte militare moderna. E’ condannato l’uso degli eserciti mercenari, tema fisso
di Machiavelli, viene data la priorità alla fanteria piuttosto che alla cavalleria. Si
sostiene la scarsa importanza delle artiglierie. Machiavelli si sta riciclando come
esperto militare dopo la morte di Lorenzo de Medici duca di Urbino il 1519. Ma
l’opera è molto discutibile giungendo addirittura a condannare l’uso delle armi da
fuoco.

LE ISTORIE FIORENTINE (1520-1525)


Il 1520 il Cardinale Giulio de Medici (destinato a diventare Papa Clemente VII)dà a
Machiavelli l’incarico di scrivere la Storia di Firenze. Diventa chiaro che i Medici
intendono utilizzarlo come letterato e non come politico.Il testo è diviso in 8 libri. La
Storia di Firenze vera e propria comincia dal II libro e inizia dal 1215 con l’assassinio
di Buondelmonte; per Machiavelli, come per Dante, è da allora che hanno inizio le
lotte intestine a Firenze e la divisione in guelfi e ghibellini.In sostanza Machiavelli
vuol dire che ciò che rovin l’Italia sono le lotte fraticide fra le diverse fazioni. Di qui
l’esaltazione di un “SAVIO ORDINATORE” (che prima chiamava PRINCIPE) e che lui
stavolta individua nel Cardinale Giulio de Medici (futuro Clemente VII) che è intento
a corteggiare nella speranza di essere politicamente rivalutato.

MACHIAVELLI COMMEDIOGRAFO
(Andria, Mandragola,Clizia,BELFAGOR)

L’interesse di Machiavelli per il Teatro rimonta agli anni della giovinezza. Le opere a
noi pervenute appartengono tutte al periodo 1517-1520, anni di inattività politica.

TRADUZIONE DELL’ANDRIA DI TERENZIO è compiuta da Machiavelli dietro


suggeimento degli amici degli Orti Oricellari.. La traduzione fatta non è né fedele né
corretta, gli errori abbondano. C’è chi vi ha visto la conferma dei limiti della cultura
umanistica di Machiavelli che avrebbe saccheggiato il commento dell’Andria fatto
da un monaco francese.

LA MANDRAGORA (1518) è il capolavoro comico di Machiavelli. La commedia


venne rappresentata nel 1518 a corte, in occasione dell'annuncio delle nozze di
Lorenzo de' Medici, e più volte replicata a Roma (alla presenza di papa Leone X e
poi, forse, di Clemente VII), a Venezia e a Modena, riscuotendo grande successo.
Una comicità amara perché basata su una rappresentazione spietata dell’umanità in
un mondo in cui solo l’utile e l’inganno la fanno da padrone. I modelli sono
Terenzio, in misura minore Plauto. Numerosi i richiami al Decamerone di Boccaccio
La Mandragola è ambientata nella Firenze dei tempi dell'autore ed è scritta in prosa,
anche se i cinque atti sono chiusi da delle canzoni che esprimono il punto di vista
dell'autore. La lingua usata è il fiorentino popolare e contemporaneo, in accordo
con le idee in proposito di Machiavelli.

Il vecchio Nicia non riesce ad avere un figlio dalla giovane, bella e onesta moglie
Lucrezia. Di lei si innamora il giovane Callimaco che, con l’aiuto del suo servo
Licurgo, tramano una beffa. Callimaco si farà passare per Dottore che consiglia a
Nicia di far bere a Lucrezia una pozione di Mandragora, pianta dalle proprietà
medicinali; avrà sicuramente un figlio ma l’uomo che si congiungerà con lei morirà.
Nicia cerca allora uno sconosciuto, che altro non sarà che Callimaco travestito che
potrà così avere la donna. Bisogna tuttavia superare le resistenze di Lucrezia,
donna molto religiosa che non vuol tradire il marito, e si incaricano di questo fra
Timoteo, il confessore della ragazza che esercita su di lei pressioni e le fa credere
che questo atto non sarà peccato, e la stessa madre di lei, Sostrata, ben contenta
che la figlia possa avere un figlio in seguito a questa tresca. Alla fine Lucrezia
accetta a malincuore e finirà con l’accettare con entusiasmo il nuovo amante.

CLIZIA (1525)

E’ l’ultima opera di Machiavelli. E’ una rielaborazione della Casina di Plauto


depurata dalla componente oscena originaria. Il vecchio Nicomaco è colto da follia
amorosa per la giovane trovatella Clizia da lui adottata. Tutti i suoi tentativi per
averla però falliranno. E il vecchio dovrà tornare dalla moglie. Secondo la critica più
recente Machiavelli si identifica con Nicomaco (nome che è una sintesi di Niccolò
Machiavelli) perché anche lui, in tarda età, s’innamorò di una giovanissima
cantante. La Clizia è insomma la commedia della vecchiaia, una età in cui la Fortuna
volge le spalle agli uomini in quanto Fortuna è amica solo dei giovani.. La Clizia
sarebbe dunque lo specchio della condizione esistenziale dell’ultimo Machiavelli,
deluso dall’amore e dalla politica.

BELFAGOR ARCIDIAVOLO

E’ l’unica novella di Machiavelli. L’Arcidiavolo Belfagor è inviato da Plutone sulla


Terra per vedere se è vero quello che i dannati dicono e cioè che causa dei loro
tormenti sono state le loro mogli. Belfagor va a Firenze, prende moglie, e ben presto
sperimenta l’orrore del matrimonio. Fugge e si mette a servizio di un contadino.
Quando poi le cose si mettono male preferisce tornare al’inferno piuttosto che
tornare dalla moglie. Il contenuto è quello misogino rinascimentale (si ricordi il
Corbaccio di Boccaccio). Ma la novella è basata sul tema letterario del Mondo Alla
Rovescia. La morale infatti è che l’Inferno è qui in terra e ikl vero diavolo è l’essere
umano.
FAMA E FORTUNA CRITICA

La fama di Machiavelli fu immensa già negli ultimi anni della sua vita soprattutto
grazie al Principe e presto i suoi scritti furono oggetto di critica ad opera dell'amico
F. Guicciardini, che polemizzò con lui rimproverandogli il paragone forzato tra la
realtà sociale e politica dell'antica Roma con quella della Firenze moderna operata
nei Discorsi sulla Prima Deca; . In seguito fu soprattutto il Principe a suscitare
grave scandalo così l'opera fu messa all'Indice dalla Chiesa già nel 1559 e per tutto
il periodo della Controriforma ( fino alla fine del Cinquecento.) si diffuse un
atteggiamento culturale definito "antimachiavellismo", proprio di intellettuali
cattolici che criticavano le teorie di Machiavelli in quanto immorali e tendenti
all'anti-clericalismo). Il termine "machiavellico" è tuttora usato in senso spregiativo
per caratterizzare l'opera di politici contemporanei, cui si rimprovera la mancanza di
senso morale o l'attenzione all'immagine

Nel Settecento e nel periodo dell'Illuminismo l'atteggiamento degli intellettuali verso


Machiavelli fu ambivalente, poiché alcuni lo criticarono, mentre altri ne elogiarono il
pensiero non senza operare alcune profonde distorsioni: Il filosofo Immanuel Kant
critica Machiavelli in quanto per lui la politica deve essere sottomessa alla morale.
Non mancò tuttavia chi vide nello scrittore italiano un esempio positivo, dal
momento che le sue opere potevano apparire un modo per svelare ai popoli i
meccanismi della tirannide e denunciare le malefatte dei potenti: tale interpretazione
"obliqua", che di fatto distorceva il pensiero di Machiavelli, verrà abbracciata da
alcuni intellettuali illuministi, tra cui Diderot e Rousseau, che elogiano l'autore del
Cinquecento. Un ulteriore esempio di questa interpretazione "obliqua" si ha
nei Sepolcri di Ugo Foscolo (Machiavelli fingerebbe di dare consigli al principe, in
realtà per metterne in luce le malefatte e istruire i popoli).

La rivalutazione del pensiero di Machiavelli iniziò in età romantica


e risorgimentale in cui l'opera del grande scrittore si prestava ad essere letta come
invito al riscatto politico dei popoli italiani. Interpretazione condivisa dal grande
critico De Santis. Una lettura meno viziata dall'entusiasmo risorgimentale è quella
del filosofo Benedetto Croce, che però riconosceva in Machiavelli il fondatore della
scienza politica moderna. Notevole anche il contributo di Antonio Gramsci all'analisi
dell'opera di Machiavelli, in cui l'intellettuale comunista (specie nel Principe) vedeva
un utile prontuario politico per l'azione del Partito quasi identificandolo con una
sorta di moderno "Principe”.

FRANCESCO GUICCIARDINI (1483-1540)


Nato a Firenze da famiglia aristocratica si pone al servizio dei Medici a Firenze e poi a Roma
dove erano stati eletti a breve distanza uno dall’altro 2 papi provenienti dalla Famiglia
Medicea (Leone X e Clemente VII). Fu nominato Governatore di Modena, di Reggio Emilia e
di Bologn e poi Presidente della Romagna. Fu amico di Machiavelli. Dopo il Sacco di Roma
operato dai lanzichenecchi di Carlo V(re di Spagna) cominciò il suo declino. Si ritirò a vita
privata dedicandosi alla composizione delle sue opere. I suoi due capolavori sono i Ricordi
e la Storia d’Italia.

I RICORDI
Sono una raccolta di massime e di brevi considerazioni con cui praticamente Guicciardini
da vita al genere dall’AFORISMA, cioè brevi ma intense massime. Il testo ebbe molto
seguito soprattutto fra i Moralisti francesi, primo fra tutti il Montaigne (Mon te gn). L’opera
fu messa all’Indice dalla Chiesa a causa del suo aperto laicismo.

LA STORIA DI ITALIA
L’opera abbraccia il periodo che va dal 1492 (morte di Lorenzo il Magnifico) al 1534.
Guicciardini prende le distanze dalla storiografia umanista che cerca nella storia del
passato esempi e modelli che servano a interpretare il presente

Guicciardini e Machiavelli
Tra i due ci sono analogie e anche profonde differenze. Tutti e due hanno una visione laica
e spregiudicata del mondo.. entrambi sono decisamente pessimisti sulla natura umana.
Veniamo alle differenze.
1) Per Machiavelli la Fortuna agisce al 50% nella vita dell’uomo, per Guicciardini invece
il dominio della Fortuna è talmente forte da costringere l’uomo ad adattarsi ad essa e
a non sfidarla in alcun modo.
2) Machiavelli crede nella Storia, negli insegnamenti che dalla Storia, soprattutto
romana ,possono essere ricavati e di qui raccomanda l’IMITAZIONE degli Antichi;
Guicciardini invece non crede si possa ricavre granchè dalle lezioni della Storia
umana perché tutto cambia e ciò che era valido ieri non lo è più oggi; ogni evento è
unico e irripetibile frutto di cause e concause infinite, sottoposto alle mille variabili
del Caso quindi è pura illusione cercare leggi generali, principi universale o costanti
fisse (come invece cerca di fare Machiavelli riciclando l’antica teoria del ritorno
ciclico degli eventi di Polibio)
3) Per Machiavelli e Guicciardini l’uomo agisce mosso dal proprio interesse, dal proprio
personale “PARTICULARE”. Ma per Guicciardini questo particolare interesse non va
inteso in senso bassamente materialistico come fa Machiavelli; per proprio interesse
è da intendere non solo ricchezza e potere ma anche Onore e Dignità collegati al
Bene Comune e al rispetto degli altri. Insomma è meno cinico del Machiavelli.
La tesi fondamentale è che il Mondo è retto dalla Fortuna e la sola Virtù che l’uomo può
opporgli è la DISCREZIONE, cioè la capacità di agire adattandosi ad ogni singolo evento
facendo tesoro della propria esperienza.

L'età della Controriforma


1517 Riforma protestante di Lutero
1545 Concilio di Trento. Inizio Controriforma
La grande fioritura letteraria rinascimentale si svolse soprattutto nei primi decenni
del Cinquecento e si può considerare sostanzialmente conclusa negli ultimi decenni
del secolo. Con Controriforma si intende la reazione della Chiesa Cattolica
alla RIFORMA PROTESTANTE DEL 1517di Martin Lutero avviata in Germania e
diffusasi in Europa. Il Papa Paolo III, decide di convocare un Concilio e di rafforzare
l’Inquisizione istituendo il Tribunale del Sant’Uffizio, con il compito di imporre una
nuova severità di costumi che freni ogni manifestazione di libero pensiero,
imponendo un'ortodossia rigorosa,. NEL 1545 HA INIZIO IL CONCILIO DI TRENTO
(1545-1563)che dura diciannove anni e vede il succedersi di altri tre papi.
All’indomani del Concilio è istituito l’Indice dei libri proibiti. Il Concilio di Trento
ribadisce l’autorità del pontefice e la dottrina cattolica, Infine condanna duramente
qualsiasi altra dottrina, compresa quella protestante. Il processo di riforma della
Chiesa Cattolica porta anche alla nascita di nuovi ordini religiosi: tra cui la
Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola (I Gesuiti), che sarà protagonista
di un’intensa attività missionaria .
L'età compresa tra il 1559 e il 1690 è inoltre caratterizzata dalla società di Ancien
Régime ("antico regime"), che vede l'affermazione delle grandi monarchie assolute.
che attivano durissimi meccanismi di repressione del dissenso. La società torna a
essere divisa in tre classi, detti "stati", , cioè nobiltà e clero e borghesia (detto Terzo
Stato.). Un doppio autoritarismo, religioso e politico, grava per molti decenni
sull'Europa, segnando il declino dello spirito di tolleranza, che era stata la
manifestazione più significativa della civiltà rinascimentale. A modificare il contesto
intervengono anche le scoperte geografiche, scientifiche e le innovazioni tecniche,
che hanno conseguenze sui commerci e sulle vie di comunicazione,.
Il papato persegue sempre più progetti ambiziosi e si volge alla conquista
missionaria dei territori extraeuropei,. Lo Stato della Chiesa diventa anch'esso una
monarchia assoluta che si appoggia alla potenza spagnola. La stessa città di Roma
nel corso del Seicento cambierà volto grazie alla realizzazione di meravigliose opere
d'arte, commissionate allo scopo di dare lustro al potere del papa.

Letteratura In Italia gli uomini di cultura si piegarono, generalmente, alle


esigenze della Controriforma, molto spesso per convenienza. Un senso di
insicurezza e di fragilità domina ormai la nuova visione dell'uomo. L'interesse per le
opere degli antichi degenerò fino a cristallizzarsi in un classicismo puramente
formale. Nelle opere Il dettaglio diveniva l'oggetto principale. È come se esaurite le
possibilità artistiche, l'uomo non potesse che rifugiarsi nella foga del dettaglio
insignificante, del bizzarro, dell'inusuale,. Si suole definire la produzione di questa
seconda metà del Cinquecento con il termine di Manierismo, desunto dalle arti
figurative. È’ insomma un periodo di crisi, a cavallo tra Rinascimento e la
stravaganza del Barocco.
In Torquato Tasso (1544–1595), il dissidio culturale e letterario di quest'età assunse
un più profondo e drammatico carattere interiore. Nel filosofo e poeta Giordano
Bruno (1548- 1600) la crisi del pensiero rinascimentale si risolse nell'affermazione
della libertà di pensiero che gli costò la vita. Un altro autore considerato manierista
è Battista Guarini, la cui più famosa opera poetica è la tragicommedia Il pastor fido.

TORQUATO TASSO (1544-1595) 49

Nasce a Sorrento. Il padre è un cortigiano che, costretto a separarsi dalla moglie


napoletana, si reca a Roma portando con sé il figlio. Mentre sono qui il 1556
vengono a sapere della morte della madre del poeta probabilmente
avvelenata dai fratelli per motivi d'interesse. Dopo alcuni anni di spostamenti
con il padre studia a Padova dove entra nella Accademia degli Eterei e Bologna
dove viene espulso in quanto accusato di essere l’autore di un testo satirico contro
alcuni professori. Scrive rime d’amore di ispirazione petrarchesca. Si mette al
servizio del cardinale Luigi d'Este, fratello del duca Alfonso II, a Ferrara e qui
passa i migliori anni della sua vita. Rapporti particolarmente intensi intercorrono
con le due sorelle del duca, Lucrezia e Leonora. Continua a lavorare al suo
capolavoro, ma si dà anche al teatro e scrive l'Aminta, favola pastorale che
rientra nei gusti delle corti cinquecentesche. Alfonso d’Este lo fa diventare
storiografo di corte e lo ammette alla propria tavola. A partire dal 1576 (a 32 anni)
comincia a dare segni di squilibrio. Dopo la pubblicazione del suo capolavoro “La
Gerusalemme Liberata” entra in una profonda crisi esistenziale. Gli scrupoli di
carattere religioso assumono la forma di vere e proprie manie di
persecuzione.

Per mettere alla prova la propria ortodossia nell'aprile 1577 Tasso si autoaccusa
presso l'Inquisizione ferrarese, attaccando inoltre influenti personaggi di corte.
Alfonso mette il poeta sotto sorveglianza, ma Tasso, ritenendosi spiato da un
servo, gli scaglia contro un coltello. E’ rinchiuso nella prigione del Castello. Alla
fine decide di optare per la fuga: si traveste da contadino e fugge nei campi.
Raggiunge la sorella a Sorrento, annunciandole dapprima la propria morte per poi
svelarle la sua vera identità, solo dopo aver osservato la reazione realmente
addolorata della donna. In seguito a nuovi pentimenti e nuove nostalgie, Tasso si
adopera per il rientro a Ferrara. I fatti precipitano: le stravaganze del Tasso
diventano continue finchè non giunge, durante un matrimonio ad inveire
direttamente contro le dame di corte e lo stesso Alfonso. Finisce con l’essere
internato nell’ospedale di Sant’Anna per malati mentali dove resta sette anni.
I primi anni di reclusione non gli impediscono di scrivere; Le condizioni mutano con
gli anni: a partire dal 1580 gli è permesso di uscire qualche volta e di ricevere visite,
mentre dal 1583 può lasciare Sant'Anna più volte alla settimana. Sempre durante la
prigionia sono pubblicate, senza il suo consenso, due edizioni del poema. Il titolo
di Gerusalemme liberata è scelto dal curatore senza l'avallo dell'autore. L'opera ha
grande successo. Così, seppur riluttante, Tasso dà il proprio consenso e pubblica
la Gerusalemme liberata il 1581 a Ferrara. Il 1586 finisce la prigionia: affidato a
Vincenzo Gonzaga, non tornerà più a Ferrara. A Mantova Tasso ritrova qualche
barlume di tranquillità; ma il 1587, preoccupato di una possibile venuta di Alfonso,
Tasso fugge via. Si sposta a Roma, e poi a Napoli fortemente intenzionato a
risolvere a proprio favore le cause contro i parenti per il recupero della dote paterna
e quella materna. Gli ultimi anni di Tasso non conoscono pace: le sofferenze
psichiche si acuiscono nuovamente, e il poeta è costretto a farsi ricoverare
nell'Ospedale dei Pazzarelli a Napoli.
Esistono chiare testimonianze del fatto che ci fosse l'intenzione di incoronare Tasso
in Campidoglio. La salute tuttavia si aggrava nuovamente. Alloggia nei monasteri
sempre più votato alla vita monastica e attratto dalla letteratura agiografica. Alla fine
torna a Roma. Il 1º aprile entra al monastero di Sant'Onofrio, sul Gianicolo. Il 25
aprile del 1595, all'«undecima ora», Torquato Tasso muore all'età di 51 anni.

LE RIME
Tasso considerò la lirica come un genere minore che però sin da giovane praticò
moltissimo senza però mai preoccuparsi di giungere a qualche pubblicazione. Dopo
il successo della Gerusalemme Liberata cominciarono a circolare abusivamente
molte poesie del Tasso, il che spinse l’Autore a dare una sistemazione alla sua
produzione suddivendola in tre parti: Rime Amorose, Rime Encomiastiche e Rime
Religiose. Netta èl’influenza de petrarchismo bembiano.

AMINTA (1573)
. Si tratta di un Dramma pastorale destinata ad essere recitata dinanzi alla Corte
Estensa; i personaggi di Corte sono quasi invitati a identificarsi coi protagonisti
della favola pastorale. Aminta fu un successo clamoroso al punto che alla fine di
ogni atto furono aggiunti i Cori secondo il modello del Teatro Classico.
Il pastore Aminta ama una Ninfa di Diana, Silvia. Ma questa non lo ricambia. Anche
dopo che Aminta la salva dal tentato stupro da parte di un Satiro Silvia continua a
respingere il pastore.. Viene ritrovato un velo della fanciulla e ciò fa credere che
essa sia stata sbranata dai lupi. Aminta decide così di buttarsi da una rupe ma la
sua caduta è attutita da un cespuglio e quindi salva la vita. Anche Silvia non è morta
e quando apprende che aminta si è ucciso per lei corre a cercarlo e si getta
piangendo sul suo corpo. Il giovane al pianto di Silvia riprende i sensi mentre Il
Coro annuncia che ora i due si amano e convoleranno a nozze.
LETTURA: S’ei piace ei lice” (coro atto I) vv682-723, da Aminta p.946

Alla fine del I° Atto prende la parola il Coro dei Pastori che leva un malinconico
rimpianto per la passata Età dell’Oro quando l’Onore non esisteva e l’Amore
Naturale trionfava libero:
O bella età dell’oro quando esisteva solo la legge aurea e felice che fu dettata dalla
natura: S’ei piace ei lice"Se una cosa piace, allora è lecita".

gli Amorini intrecciavano allora dolci danze senza arco e torce, tra i fiori e i fiumi; i pastori e le
ninfe sedevano mescolando alle parole vezzi e sussurri, e ai sussurri i baci che non si staccavano
mai; la giovane vergine scopriva le sue fresche rose [le sue labbra] che ora tiene nascoste dal velo,
e le rotondità acerbe e immature del seno; e spesso in una fonte o in un lago si vide l'amata che
scherzava col suo amante.

Tu, Onore, per primo copristi la fonte dei piaceri, negando l'acqua alla sete amorosa; tu insegnasti
ai begli occhi di stare chiusi in sé e di celare le loro bellezze agli altri; tu raccogliesti i capelli sparsi
al vento in una rete; tu rendesti ritrosi e schivi i dolci atti sensuali; mettesti il freno alle parole, la
misura ai passi; è solo per opera tua, Onore, se oggi è un furto quello che fu un dono d'Amore.

E le nostre pene e i nostri pianti sono le tue grandi imprese. Ma tu, signore dell'Amore e della
Natura, tu dominatore dei re, cosa fai in questi luoghi isolati che non possono ospitare la tua
grandezza? Vattene e turba il sonno agli uomini illustri e potenti: lascia che noi, folla disprezzabile
e bassa, possiamo vivere qui senza di te, all'uso delle genti antiche. Amiamo, poiché la vita umana
non si ferma con gli anni e si dilegua.
Amiamo, poiché il sole muore e rinasce: la sua breve luce si nasconde a noi e il sonno ci porta una
notte eterna.

L’Età dell’Oro è un antico mito riscontrabile in tutte le culture e la cui immagine è


stata tramandata dai poeti classici Virgilio, Orazio ecc.. Abbiamo qui il Tasso laico e,
sensibile ai valori edonisti e epicurei che furono tipici del Rinascimento. Tuttavia il
Congedo del Coro è cupo: la Vita è breve, la Morte incombe una Notte senza fine
attende l’essere umano. L’invito a godere seguendo la massima SE PIACE E’
LECITO è contenuto anche nella Gerusalemme Liberata quando nel Giardino
Incantato della Maga Armida un Pappagallo espone a Rinaldo il Paladino le regole
del Giardino. Ma il Giardino è frutto di Arti Magiche, è il Luogo del Male. Insomma
ciò che Tasso esalta nell’Aminta lo condanna nella Gerusalemme Liberata.
Nell’Aminta il tema cristiano non è presente, ciò che ostacola l’amore dei due
giovani è l’onore, l’onore di Silvia seguace di Diana e l’onore del timido Aminta.
Questo è uno dei tanti casi che hanno fatto parlare di BIFRONTISMO SPIRITUALE
del Tasso. In sostanza è stata messa da più parti in dubbio la sua religiosità sincera
ed affermato il suo opportunismo cortigiano. Da notare come il Coro dellì’Aminta
costituirà oggetto polemico da parte di Battista Guarini (15381612), altro letterato
della Corte Estense, che nel suo “Pastor Fido” ribalterà la visione del Tasso del “Se
Piace è Lecito” con il motto opposto “Piace, ma solo se è Lecito”.

LA GERUSALEMME LIBERATA 1575


IL poema è composto da 20 canti ed è dedicato al Duca di Ferrara Alfonso d’Este (il
paladino Rinaldo viene, a livello encomiastico, individuato come il suo antenato). Si
parla della I Crociata in Terra Santa (1099 d.C)
L’Arcangelo Gabriele appare a Goffredo di Buglione, comandante capo dei crociati,
e lo esorta a liberare Gerusalemme e il Santo Sepolcro di Cristo. L’Inferno chiama a
raccolta tutti i suoi demoni, mentre Aladino, capo dei pagani, si arrocca in
Gerusalemme. Viene inviata al campo cristiano la bellissima Maga Armida per
sedurre i cavalieri e farli allontanare dalla battaglia. Il Paladino Rinaldo, dopo aver
ucciso un compagno, fugge dal campo ma finitùrà con il cadere vittima delle magie
della bella Armida che lo condurrà con sé in un giardino incantato tenendolo lì
prigioniero. Altro Paladino cristiano è Tancredi innamorato di una guerriera pagana
Clorinda che sarà costretto ad uccidere dopo averla battezzata. I crociati tentano
l’assalto ma le lorrri di attacco vengono bruciate e una maledizione viene lanciata
sul bosco da un mago affinchè non si possa raccogliere legna. Solo Rinaldo,
prigioniero di Armida, può rompere l’incantesimo. Due crociati sono inviati per
liberarlo e ci riescono. Tornato Tancredi la situazione migliora, , viene ucciso il
campione dei saraceni e Gerusalemme è conquistata. Armida si converte per amore
di Rinaldo.
Il Titolo dell’Opera.
Già a 15 anni Tasso era ossessionato dal Santo Sepolcro tant’è che scrisse il poema
giovanile “Jerusalem”. A 30 anni ultimò il poema col nome “Goffredo”. Tasso
continuò la revisione incessante anche quando finì all’Ospedale Sant’Anna. Mentre
era rinchiuso il poema venne pubblicato il 1575 , senza sua autorizzazione col titolo
“Gerusalemma Liberata” ed ebbe un enorme successo. Ma Tasso non approvò mai
il testo e rifece il poema pubblicandolo sotto il titolo “Gerusalemme Conquistata”,
versione epurata di tutti gli episodi più sensuali o più legati al fantastico. L’opera
però non ebbe successo
IL BIFRONTISMO SPIRITUALE
Nel Tasso combattono la concezione umanistico-rinascimentale (individualismo,
edonismo, sensualità) e la concezione cristiana impostasi dopo la Controriforma del
Concilio di Trento ( dovere, morale, obbedienza ecc).
UN POEMA EPICO CRISTIANO: Verità storica e Meraviglioso cristiano
Secondo il Tasso un poema epico deve tener conto della Verità storica (il Vero) ma
anche di ciò che sarebbe potuto accadere (IL Verosimile). Il verosimile è appunto il
sovrannaturale ma solo quello cristiano. In questo modo Tasso legittima il ricorso a
quello che è stato chiamato “Il Meraviglioso cristiano”, cioè un fantastico in linea
con le verità della fede (angeli, demoni, miracoli ecc).
UNITA’ E VARIETA’
Tasso cerca di conciliare le tre Unità Aristoteliche (unità di tempo, di luogo e di
azione) con il poema cavalleresco, In sostanza egli distingue racconti principali a
cui aggiunge episodi secondari assicurando al pubblico quella varietà di situazioni
che tanto apprezza.
LO SCOPO
Il Poema eroico deve educare il pubblico alle verità di fede e anche divertire.
PARAFRASI: PROEMIO , dalla Gerusalemme liberata, I.1-5 p. 966
“Canto l’arme pietose e il capitano/ che ‘l gran sepolcro liberò di Cristo”. Nella
Prima Ottava è descritto l’argomento del poema: la liberazione di Gerusalemme e
del Santo Sepolcro nel corso della I Crociata (1099) e i rapporti tra Goffredo di
Buglione, comandante crocIl tema suscitava interesse perché nel Cinquecento
Gerusalemme restava in mano ancora ai Musulmani. Nel 1571 si era poi svolta la
Battaglia di Lepanto nella quale le forze cristiane avevano avuto la meglio sulla
flotta turca. Era quindi più che mai vivo il desiderio di una riconquista di
Gerusalemme.. Il primo verso è una evidente imitazione dell’Eneide di Virgilio.
Nella 2 e nella 3 Ottava dopo essersi rivolto alla Musa Cristiana Tasso dice subito
che il suo non sarà un poema esclusivamente storico che mal sarebbe digerito dal
pubblico e per questo egli lo condirà con le finzioni poetiche degli amori e degli
incanti che il pubblico reclama.. Il pubblico infatti è come un bambino a cui deve
farsi bere una medicina amara.. Si riuscirà solo se si cosparge l’orlo del bicchiere
con qualcosa di dolce.. Ebbene le finzioni poetiche sono quel dolce grazie al quale
sarà possibile ammaestrare il pubblico cristiano. Fin dall’inizio dunque Tasso
dichiara di voler condire la storia principale (Goffredo contro i pagani) con storie
secondarie ( amori, incanti, tradimenti). Vuole insomma conciliare UNITA’ E
VARIETA’ dei temi. La 4 Ottava contiene l’invocazione al suo signore ALFONSO
D’ESTE DI FERRARA a cui il Poeta si presenta come un naufrago in cerca di riparo,
quasi cavaliere errante egli stesso; grazie ad Alfredo infatti ha posto fine alle sue
peregrinazioni da corte in corte. Nella 5 Ottava ALFONSO D’ESTE è invitato a
diventare un nuovo Goffredo pronto per una nuova crociata contro i Turchi.

PARAFRASI: La Morte di Clorinda, dalla Gerusalemme Liberata, XII, 50-71 , p.977

Questo fu l’episodio più amato dal pubblico. E’ intriso di un intenso patetismo:


l’amante uccide l’amata senza saperlo mentre il lettore sa tutto e vede dall’alto il
precipitare degli eventi. Emerge tutto il gusto del Tasso per le situazioni ambigue
che oscillano tra desiderio sensuale e violenza, tra amore e morte.
Clorinda è una guerriera pagana; Tancredi, paladino cristiano è innamorato di lei.
Ma Clorinda in realtà è, senza saperlo, figlia di un re cristiano; la madre e il padre
erano neri ma la ragazza per un prodigio nacque bianca. La madre temendo l’ira del
padre la dette a un servo musulmano raccomandandogli di farla battezzare. Ma il
servo non lo fece e la addestrò a diventare una guerriera musulmana.. Ora accade
che durante l’assedio di Gerusalemme Clorinda è inviata fuori dalle mura per
bruciare le Torri s’assalto cristiane; il servo musulmano la ferma e gli racconta la
verità sulle sue origini ma la giovane pare restare indifferente alla rivelazione.
Clorinda brucia la Torre ma non riesce a rientrare in città.

Inseguita da Tancredi che non l’ha riconosciuta perché la ragazza indossa una
armatura diversa dalla solita viene da questi sfidata a duello. La lotta è senza
quartiere e dura fino alle prime luci dell’alba quando estenuati i due si arrestano.
Tancredi chiede alla rivale il suo nome ma Clorinda rifiuta. Infuriato Tancredi
riprende il combattimento che prosegue feroce nonostante le ferite che entrambi
riportano. Non è mancato chi ha visto nel combattimento fra i due quasi la
descrizione di un amplesso fra amanti.
In realtà dopo la rivelazione fattagli dal servo Clorinda non è più la stessa, inizia in
lei un conflitto interiore che per quanto represso opera in modo inesorabile. E’ vero
Clorinda brucia la Torre cristiana, ma è lei a restare fuori delle Mura della città quasi
a non voler rientrare. Il turbamento la rende più feroce nel combattimento e villana
con Tancredi. Quana Tancredi , egli ama Clorinda ma è un Paladino, amarla le è
vietato; Tancredi “erra” amando una pericolosa nemica della fede e deve riscattarsi
uccidendola.

Alla fine Clorinda è ferita a morte. La punta della spada di Tancredi penetra nel “bel
sen” e riempie di sangue la veste trapunta di oro. E’ proprio il colpo mortale a
trasformare la guerriera in una delicata fanciulla. Fino ad allora Clorinda aveva
infatti rifiutato la sua femminilità, chiusa sempre nella sua armatura aveva represso
ogni desiderio, ogni dolcezza, ora riacquista la sua identità e contemporaneamente
scopre la verità della religione cristiana il che la spinge a chiedere a Tancredi di
battezzarla. Tancredi che non l’ha ancora riconosciuta corre al ruscello, prende
dell’acqua, torna, le toglie l’elmo e resta impietrito nello scoprire d’aver ferito a
morte la donna che ama. Mentre la battezza il viso di Clorinda si trasfigura di
gioia,.porge la mano a Tancredi e muore. Emozione religiosa e sensualità intensa,
vagamente morbosa, si mescolano insieme. Il morire pare accrescere il fascino e la
bellezza della donna ( “D’un bel pallor ha il bianco volto asperso/ come a gigli sarian
miste viole”) generando una ambiguità che stordisce e che costituisce la cifra più
originale del poema.

PARAFRASI: Il Giardino di Armida, da Gerusalemme Liberata, XVI, 1-2, 8-35 p. 985


Rinaldo è il più forte cavaliere crociato ma è anche il più “errante” di tutti. Cedendo
all’ir ha ucciso un suo compagno e per questa ragione è stato espulso dal campo
crociato. Poi si è lasciato andare all’amore per la Maga Armida. Irretito dalla Maga è
ora tenuto prigioniero in un giardino incantato nelle isole Fortunate. Qui il cvaliere e
la Maga vivono il loro amore dimentichi della causa per cui combattevano.. Armida
era stata infatti inviata dai demoni infernali a sedurre i cavalieri cristiani ma aveva
finito con l’innamorarsi di Rinaldo. Due crociati, Carlo e Ubaldo, sono inviati da
Goffredo alla ricerca di Rinaldo e , dopo mille avventure giungono al Giardino.
Il Giardino pare essere un capolavoro della Natura mentre invece è opera delle arti
magiche infernali persino la brezza cspira è frutto di magia, gli alberi son sempre in
fiore e non mancano mai frutti maturi, regna una eterna primavera.
Il luogo è simile a un Eden prodotto dall'artificio dove con un solo sguardo si
vedono laghi e fiumi, luoghi al sole e in ombra, selve e grotte. La descrizione del
giardino riprende quella di Poliziano della casa di Venere (Stanze, I, 70-72 mentre
alcuni passi si ispirano al Purgatorio dantesco e alla corrispondente descrizione
dell'Eden.Tra gli uccelli che cantano c’è un pappagalo variopinto che inizia a far
udire il suo canto “
«Su, osserva la rosa che sboccia , baldanzosa già apre i suoi petali; poi appassisce
e non sembra più quella di prima, quella che prima fu desiderata da mille amanti.
Così il fiore della gioventù muore nel volgere di un giorno; e se anche aprile torna
ancora, la rosa non rifiorisce più,. Cogliamo la rosa quando è ancora mattino,
poiché presto la serenità va via; cogliamo la rosa d'amore: amiamo adesso, quando
è possibile essere ricambiati, amando».

.Il pappagallo esprime il Carpe Diem degli Umanisti contrari alla morale cristiana
ma che pure era stata esaltata dal Tasso nell’Aminta nel brano rerlativo all’Età
dell’Oro. Anche se dichiara di aderire alla Controriforma Tasso non può proprio fare
a meno di sentire l’attrazione dei beni terreni; è un altro esempio del suo
Bifrontismo spirituale incerto tra Rinascimento e Controriforma.
I due crociati avanzano impavidi finchè non vedono Rinaldo e Armida persi in teneri
atteggiamenti d’amore. . Si mirano estasiati in uno specchio e Rinaldo pare
totalmente schiavo della Maga a cui dice che solo il Cielo è uno specchio degno di
lei.. Armida sorride senza smettere di guardarsi e d’intrecciarsi i capelli. Ma ciò che
di splendido indossa è la sua cintura magica che non lascia mai. A un tratto si
allontana. Rinaldo resta solo, i due crociati si fanno avanti.
Rinaldo appare inebetito e sottomesso; nella scena dello Specchio, simbolo di
Vanità, è proprio lui a reggerlo mentre Armida vi si specchia godendo della propria
bellezza e del dominio che esercita su Rinaldo. Rinaldo invece si specchia negli
occhi di Armida godendo della propria sottomissione.

Potrebbero piacerti anche