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Dal 1508 al 1516 lavora per lo Stato di Firenze, prima per la Repubblica, poi per i Medici.
Nel 1512 partì per la Spagna come ambasciatore della Repubblica, dove compose alcuni
scritti politici tra i quali:
Discorso
Suggeriva una riforma in senso aristocratico delle istituzioni repubblicane.
Dal 1516 al 1527 lavora per la curia pontificia, prima per Leone X e poi per Clemente VII.
Nel 1516 viene nominato governatore di Modena, esercitando la carica con rigore e
severità.
Nel 1521 fu commissario generale dell’esercito di Leone X nella guerra contro i francesi.
Nel 1524 papa Clemente VII lo nomina presidente della Romagna.
Dopo la battaglia di Pavia ricoprì un ruolo di primo piano nell'alleanza del papato con la
Francia e con la formazione della Lega di Cognac fu nominato capo dell'esercito. Il
fallimento della guerra portò al sacco di Roma e la cacciata dei Medici. Guicciardini seguì da
vicino la situazione fiorentina ma col prevalere delle tendenze democratiche e «popolari»,
fu allontanato e si recò a Roma presso Clemente VII.
Alla caduta della Repubblica, tornò a Firenze come uomo di fiducia del pontefice guidando
la repressione antidemocratica e operando affinché lo stato mediceo restasse indipendente
dagli spagnoli e lasciasse autonomi spazi di potere all'aristocrazia.
I RICORDI
Vengono pubblicati per la prima volta nel 1576, circa quarant'anni dopo la morte dell'autore,
con il titolo di Avvertimenti.
G. modifica spesso il suo punto di vista nel tentativo di suggerire comportamenti consoni alla
mutevolezza e instabilità del reale.
Pur avendo di mira soprattutto il mondo della politica, il suo sguardo si rivolge ai rapporti umani
in generale.
Egli parte dal presupposto che nessuna teoria sia utile per agire bene nella realtà pratica,
perché questa possiede in sé dei caratteri imprevedibili: essa è infatti mutevole e sfugge al
controllo della ragione; perciò, i valori assoluti non hanno alcuna funzione se non quella di
illudere l'uomo che, nella realtà, le regole si conservino uguali a sé stesse e abbiano quindi una
natura costante.
Il proprio interesse individuale e familiare, la molla che fa scattare tutte le azioni umane: esso il più
delle volte corrisponde al benessere materiale, al potere, ma può anche nobilitarsi corrispondendo
all'interesse dello Stato, alla gloria, alla fama. Per realizzare il particulare, sia in senso politico che
in senso domestico, non è possibile rifarsi alla storia e trarre insegnamenti da fatti già accaduti per
risolvere i fatti del presente, perché nella storia i fatti non si ripetono mai: anche quando una
circostanza presente sembra riflettere un episodio della storia passata, in effetti la situazione
attuale è ben diversa, diversi essendo gli uomini che si trovano ad affrontarla. Quindi non c'è da
sperare in una scienza della politica, ma contare esclusivamente sulla propria discrezione.
Inoltre, soltanto chi si adopera attivamente per il proprio particulare risulta essere un elemento
utile alla società nel suo complesso.
STORIA DI’ITALIA