Sei sulla pagina 1di 2

NICCOLO MACHIAVELLI – LA VITA

Niccolò Machiavelli nasce a Firenze nel 1469 da un’antica famiglia borghese. Dei suoi anni giovanili si sa poco ma
avrà sicuramente avuto un’educazione umanistica. La sua attività politica inizia nel 1498 quando e entra al servizio
della repubblica fiorentina e in seguito inizia l’attività più strettamente diplomatica. Ricopre anche la carica di
cancelliere dei nove ufficiali dell’ordinanza. Tra le missioni diplomatiche, ricordiamo quella presso la corte di Luigi XII,
i due soggiorni da cesare Borgia, quelli a roma ecc. Da questi incontri nascono alcune opere come il ritratto delle
cose di francia e il ritratto delle cose della magna. Nel 1512 il rientro dei medici a Firenze segnano una svolta
drammatica nella vita del poeta: viene estromesso dalle funzioni pubbliche, arrestato e torturato e in seguito
condannato a un anno di confino. L’allontanamento dalla vita politica segnano per Machiavelli un momento di
profonda crisi che è testimoniata da una ricca corrispondenza con Francesco Vettori. Sono anni di riflessione e da qui
ne nascono le opere maggiori: il Principe, i Discorsi sopra la prima deca di tito livio, la Mandragola, e Belfagor
arcidiavolo. Dal 1516 torna a Firenze per periodi più lunghi e comincia a frequentare un gruppo di giovani negli orti
oricellari che vedono in lui un maestro. Egli si riavvicini ai Medici che lo assumono come storico ufficiale della città e
qui scrive le Istorie Fiorentine. Negli stessi anni conferma il proprio interesse per la politica. Negli ultimi anni della sua
vita gli vengono affidati degli incarichi di scarsa rilevanza. Significante fu la seconda cacciata dei medici e la
restaurazione della repubblica, in cui gli vengono preclusi tutti gli incarichi e muore successivamente nel 1527.

IL PENSIERO
L’intera produzione di Machiavelli è caratterizzata dal suo intento di voler rappresentare l’uomo e il suo mondo. Alla
base delle opere è la centralità dell’esperienza. E indispensabile partire dalla verità effettuale, cioè dalle condizioni
reali e non da modelli astratti. Machiavelli così svincola l’attività politica da ogni implicazione religiosa o morale
riferendola a un rigoroso empirismo, così egli rifiuta la riflessione realistica e fonda la politica come scienza
autonoma. Machiavelli mette a frutto l’esperienza degli antichi, come Livio e gli storici latini. Secondo Machiavelli la
storia passata può fornire indicazioni da applicare nel presente. E possibile formulare le leggi generali partendo
dall’osservazione di casi particolari. I comportamenti costanti dell’uomo derivano dall’immutabilità della natura
umana. La sua natura è essenzialmente malvagia. Nell’antropologia di Machiavelli proprio perché il male predomina,
chi governa dev’essere capace di fare il male, pur perseguitando sempre il bene. Poiché il fine è la conservazione
dello stato ogni azione risulta necessaria. Si tratta di una posizione basata non su un astratto bene ma su un concreto
utile. Lo stile di Machiavelli rispecchia la tensione del suo pensiero tra primato dell’esperienza e concettualizzazione
rigorosa. La concatenazione dei passaggi logici si unisce alla vividezza delle immagini. Sul piano della riflessione
linguistica va ricordato il dialogo intorno alla nostra lingua in cui Machiavelli sostiene l’eccellenza della lingua
naturale sulla lingua d’arte e riconosce nel fiorentino la lingua ideale. La corrispondenza di Machiavelli è molto
intensa negli anni dell’esilio. Le lettere destinate alla lettura privata, sono testi composti in cui lo scrittore alterna
riflessioni colte a confidenze personali. Tra le corrispondenze troviamo quelle dirette a Francesco Guicciardini e
Francesco Vettori.

I DISCORSI
I discorsi vengono pubblicati nel 1531. L’opera non ha un carattere organico e il termine “discorsi” viene utilizzato
nel significato latino di “considerazioni sparse”. L’opera è divisa in 3 libri: nel primo l’autore tratta della politica
interna dello stato romano, nel secondo si parla della politica estera e della potenza militare che ha consentito ai
romani di espandere il proprio dominio, nel terzo libro si esaminano le azioni degli uomini che hanno reso grande
roma. I discorsi si occupano del mantenimento dello stato e sono dedicati alla forma di governo repubblicana.

IL PRINCIPE
Il trattato in 26 capitoli, viene scritto da Machiavelli nel 1513. L’opera doveva essere dedicata a Giuliano De medici,
ma in seguito alla sua morte, viene dedicata a Lorenzo, figlio di Piero e nipote del Magnifico. Tuttavia il trattato non
sarò presentato ad alcun principe e sarà pubblicato postumo nel 1532. L’opera viene scritta in un periodo particolare
della vita dell’autore e della politica a firenze in cui i medici furono cacciati accusati di aver favorito la discesa dei
francesi e viene instaurata la repubblica. L’intento dell’opera è quello di dimostrare la possibilità di fondare un
principato solido in italia. E possibile stabilire le leggi dell’agire politico e trarne ispirazione per la costituzione dello
stato. Queste leggi si possono formulare perché esistono già leggi generali e costanti e tali leggi esistono perché la
natura dell’uomo è invariabile. I temi affrontati da Machiavelli nel Principe sono tutti connessi nell’affermazione
dell’autonomia della politica rispetto alla morale corrente. L’autore tende a sottolineare come l’interesse collettivo
sia superiore a quello individuale, proprio per questo il principe dev’essere in grado di anteporre il benessere
collettivo al proprio onore. La virtù del principe consiste nella consapevolezza dell’azione e nella capacità di
distinguere tra ciò che è necessario al mantenimento dello stato e ciò che riguarda altri aspetti della vita umana.
L’antagonista del principe è la fortuna, cioè l’insieme di eventi incalzanti con la quale l’uomo si deve confrontare. Si
tratta di una visione del mondo laica. Ciò però non deve spaventare gli uomini ma anzi deve renderli antagonisti della
fortuna per mezzo della virtù, che è la capacità di imporre il proprio disegno agli eventi, dominandoli. La fortuna
offre occasioni che l’uomo deve saper prendere e piegare ai propri fini. La virtù è la capacità del principe di far
interagire i propri obiettivi con la realtà che lo circonda. Al fine di tutelare lo stato è necessario che ogni principe
possa contare su milizie proprie. Machiavelli si pone la soluzione di condizione della crisi italiana. Così nel capitolo
conclusivo del principe la riflessione sulle leggi lascia il posto ad un’esortazione ai Medici di liberare l’italia. Il distacco
dal realismo rende acceso lo slancio eroico e utopico di Machiavelli. Il principe ha una forma sintetica, chiara e
diretta legate agli intenti del testo.

LA MANDRAGOLA
La commedia Mandragola viene composta da Machiavelli nel 1518 forse messa in scena in occasione delle nozze di
Lorenzo de Medici. La Mandragola ricalca i modelli del teatro comico del tempo. L’intreccio chiaro e lineare recupera
dalla commedia latina la vicenda dell’amore ostacolato e la figura del parassita che dipana gli intrighi e vi unisce la
beffa ai danni dello sciocco. Sono ridotti effetti drammatici e colpi di scena. L’elemento più incisivo è la
caratterizzazione dei personaggi. Il protagonista della commedia è Callimaco, un giovane fiorentino trapiantato a
parigi e richiamato in patria dalla curiosità suscitatagli dall’amico riguardo a una donna di nome Lucrezia, moglie di
messer Nicia. Dopo aver visto la donna, Callimaco se ne innamora e chiede aiuto a Ligurio, parassita che gira intorno
alla casa di Nicia e che gli propone di raggiungere il suo scopo con l’inganno. Nicia e Lucrezia infatti desiderano un
erede che ancora non arriva dopo anni di matrimonio. Su consiglio di Ligurio, Callimaco si presenta a Nicia come un
medico parigino e gli offre un rimedio contro la sterilità, un decotto di erba mandragola, molto efficace ma con un
effetto secondario terribile. Infatti l’uomo che si congiunge alla donna che ha bevuto il decotto è destinato a morire.
Nicia così si lascia convincere a catturare il primo vagabondo per metterlo nel letto di lucrezia, in modo che subisca al
suo posto l’effetto della pozione. Il vero problema è però riuscire a convincere Lucrezia a sottoporsi a questa
vergogna. Così, sempre dietro suggerimento di Ligurio, interviene fra Timoteo che la convince che non commetterà
nessun peccato. Così come prefissato viene catturato un giovane, che altro non è che Callimaco travestito. Nicia lo
spinge nella camera di lucrezia, e il giovane rivela ad ella la sua vera identità, il proprio amore e l’inganno. Lucrezia
allora decide di diventare per propria scelta l’amante di Callimaco. La commedia si chiude con tutti che si recano in
chiesa, ciascuno a rendere grazie per aver raggiunto il proprio scopo. Nessuno dei personaggi della Mandragola però
può essere visto in modo positivo: Nicia si lascia ingannare, Ligurio è il vero motore della vicenda, Callimaco si mette
nelle mani di Ligurio, fra Timoteo per denaro si fa corrompere, Lucrezia che alla fine cede volontariamente e scarica il
suo comportamento sulla madre e il marito. I personaggi della Mandragola rappresentano dunque un campionario di
umanità in negativo. La lingua della commedia è il fiorentino dell’uso, ma ogni personaggio viene caratterizzato da
un linguaggio diverso.

BELFAGOR ARCIDIAVOLO
Esso è un capolavoro novellistico, noto anche con il titolo di Favola, scritto nel 1518 che intreccia il tema misogino
con il tema del villano che grazie alla sua astuzia riesce a beffare il diavolo, Belfagor, sceso in terra in vesti umane per
testare la verità dell’infedeltà delle mogli.

Potrebbero piacerti anche