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Macchiavelli è considerato il primo grande teorico della politica moderna e dello Stato.
Grazie alla sua elaborazione la politica si avvia ad affermarsi come scienza, con i suoi princìpi, le sue leggi e
con il suo statuto disciplinare.
Egli adotta un metodo di ricerca legato alla sua diretta esperienza politica: ha infatti affinato, con l’opera
diplomatica, una grande capacità di osservare in modo lucido e attento vicende, trame e conflitti che
scorrono nel presente, valutando il loro svolgimento senza farsi distrarre dalle apparenze.
Ritiene che per realizzare un ordine di convivenza libero e sicuro, la politica debba far riferimento agli
uomini come sono e non come si vorrebbe che fossero, in quanto l’agire politico è condizionato dalla
situazione esistente.
L’azione umana è sovrastata dalla fortuna, Macchiavelli ritiene che la fortuna, cioè lo svolgimento degli
eventi storici, si manifesti indipendentemente e molto spesso contro l’agire politico. Essa è qualcosa che
non dipende dall’uomo, ma dalla casualità delle circostanze. Questo fa sì che il successo o l’insuccesso di
un’iniziativa politica dipenda dal caso. Ciò non toglie che la virtù abbia un grande valore. Egli esalta la
capacità di cogliere con destrezza le occasioni; valorizza soprattutto la capacità del politico di prevedere in
tempo le congiunture a lui sfavorevoli e di porvi riparo in anticipo, o quelle che possono essergli favorevoli
di volgerle a proprio vantaggio.
Nella vita, come nell’agire politico, siamo condizionati dalla situazione degli eventi, ma possiamo prevederli
e, in qualche misura, controllarli e dominarli.
Il concetto di virtù proposto da Macchiavelli è del tutto diverso sia da quello della morale religiosa del
Medioevo, sia da quello elaborato dall’Umanesimo.
Il principe deve agire da “volpe e leone”, cioè deve essere astuto e deciso, ingannatore e violento.
Macchiavelli sostiene che per salvare lo Stato il principe dev’essere disposto anche a “operare contro la
fede, la carità, l’umanità e la religione”, poiché se riuscirà, con tali mezzi, a conseguire quell’obiettivo, allora
tutti lo loderanno e lo considereranno “virtuoso”. Ma si potrà parlare di “virtù” solo se la crudeltà del
Principe risulti “mirata”, cioè rigorosamente finalizzata alla costruzione di uno Stato nuovo.
Nell’esercizio spregiudicato del potere trova posto anche un uso strumentale della religione. Essa viene
considerata sul piano della sua utilità o meno per il governo dello Stato, come puro mezzo di organizzazione
del consenso.
Machiavelli affermava che gli uomini per loro natura non sono buoni, li considerava tristi e semplici,
ingenui.
Un uomo, specialmente un principe, che vuole sempre essere buono in mezzo a tanti che buoni non sono, è
naturale che si rovini. Per non rovinarsi deve, se necessario, imparare ad essere non buono.
Un principe, quindi, per non rovinarsi non deve comportarsi da buon cristiano.
Egli deve quindi capire quando è opportuno essere buoni e quando è opportuno non esserlo.
Un principe non è un buon principe quando si comporta in modo non buono quando non è necessario.
Attualmente, per quanto riguarda le ‘ragion di stato’, il machiavellismo sembra conquistare tutti coloro che
si dedicano ad esse, e quindi alla sopravvivenza e al benessere dello Stato. Pertanto, ogni azione dello
Stato, se mirata alla tutela e allo sviluppo dello Stato stesso, è legittima, indipendentemente dalla sua
moralità.
Prendiamo in esame Donald Trump, 45esimo presidente degli Stati Uniti D’America: egli, per iniziare,
propose sin dal suo programma elettorale, di combattere l’ideologia dell’Islam con tutti i mezzi e di
innalzare un muro al confine meridionale del Messico perché “una nazione senza confini non è una
nazione”. Già solo riportando queste sue due iniziative, Donald Trump appare come un uomo ambizioso e
competitivo, sicuro di sé nel mostrare sentimenti di grandiosità, quasi ossessionato da fantasie di successo
illimitato.