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NICCOLÓ MACHIAVELLI, DE PRINCIPATIBUS

Il pensiero di Machiavelli presenta una stretta FUSIONE TRA TEORIA E PRASSI che nasce dalla lucida
coscienza della crisi dell’epoca i cui vive:
- Crisi politica: non c’è stabilità politica in Italia, mentre nel resto d’Europa si rafforzano le monarchie.
- Crisi militare: non esiste in Italia un esercito nazionale e i Signori devono affidarsi a milizie
mercenarie del tutto inaffidabili e spesso anche straniere.
- Crisi morale: sono scomparsi i valori fondamentali del vivere civile come l’amor di patria, il senso
civico, lo spirito di sacrificio, l’onore, l’orgoglio…
L’unica via d’uscita da questa crisi, secondo M., è un principe di straordinarie virtù che prenda il potere e
sistemi le cose. Ma la teorizzazione di M. vuole fondarsi su leggi universali valide per tutti i tempi e tutti i
luoghi.
Dall’osservazione della realtà effettuale, M. sancisce l’AUTONOMIA DELLA SCIENZA POLITICA
DALLA MORALE. La politica ha proprie leggi specifiche e l’agire umano va studiato secondo queste
leggi. I fini della politica, cioè rafforzare e mantenere lo stato e garantire il bene dei cittadini, sono svincolati
dalla morale e M. è il primo ad avere l’onestà di mettere in luce ciò che avviene realmente in politica.
Poiché il campo della scienza politica è nuovo, M. ha anche un metodo nuovo di studio il cui principio
fondamentale è l’aderenza alla verità effettuale: bisogna partire dall’osservazione della realtà per arrivare a
dare un principio, una regola fondamentale. La realtà può essere osservata direttamente per le situazioni
contemporanee oppure può essere ricavata dagli esempi degli antichi. Si tratta di un metodo scientifico
applicato alla scienza politica ancor prima che alla scienza naturale.
Dall’osservazione della realtà sia presente che passata, M. assume una visione pessimistica dell’uomo come
essere morale. Constata empiricamente che gli uomini sono malvagi e l’uomo politico deve agire in questo
campo in mezzo a tanti che non sono buoni, per questo non può sempre seguire la virtù. Quando lo
richiedono le condizioni dello stato e la situazione contingente l’uomo di governo deve essere duro. Per
esemplificare l’atteggiamento del principe M. utilizza due immagini tratte dal mondo animale: quella del
centauro, mezzo uomo e mezzo bestia, e quella della volpe e del leone che rappresentano le due qualità che
il principe deve avere ovvero forza e furbizia.
M. sa bene che certi comportamenti che l’uomo politico assume sono moralmente sbagliati, ma ha il
coraggio di andare fino in fondo nella sua distinzione tra giudizio politico e morale. Non fonda una nuova
morale, ma individua un ordine di giudizi autonomi che non si regolano sul principio di bene e male, ma su
quello di utile e dannoso dal punto di vista politico.
Si dice che per M. il fine giustifica i mezzi, ma questa definizione non è corretta sia perché M. non scrive
mai questa cosa sia perché il termine “giustifica”introduce un criterio morale che invece M. non vuole
prendere in considerazione. M. semplicemente constata che certi comportamenti, buoni o cattivi che
siano, sono indispensabili per mantenere lo Stato. Solo lo Stato è rimedio alla malvagità dell’uomo: gli
uomini sono naturalmente portati al male e per organizzare lo stato bisogna inculcare in loro alcune virtù
come l’amore per la patria, per la libertà, per la solidarietà e l’onesta. Per far questo è utile anche la religione
che diventa così uno strumento di governo, così come sono utili le leggi che regolano i comportamenti. Il
terzo elemento indispensabile a uno stato saldo sono le milizie che servono per mantenerne la forza.
La forma di governo ideale per M. è la repubblica, il principato è una forma di governo eccezionale e
transitoria che ha lo scopo di costruire uno stato sufficientemente saldo.
L’agire dell’uomo ha, però, precisi limiti a causa dell’intervento della FORTUNA, una forza puramente
casuale e accidentale. M. è comunque convinto che l’uomo possa fronteggiare la fortuna che è “arbitra solo
di metà delle cose umane”:
 La fortuna può essere occasione per agire (anche un evento negativo può servire come stimolo
all’azione)
 La virtù umana si impone sulla fortuna attraverso la capacità di previsione. La virtù dell’uomo,
infatti, è un complesso di varie qualità: perfetta conoscenza dell’agire politico, capacità di applicare
le leggi ai casi concreti e particolari, decisione, energia, coraggio.
 La fortuna può essere controllata adattando il proprio comportamento alle varie esigenze oggettive
che si presentano ( e questa è una dote auspicabile che però quasi mai si trova nell’uomo).

Il pensiero di M. si rivela sfasato rispetto alla situazione storica dell’Italia a lui contemporanea perché egli
costruisce le fondamenta teoriche di uno stato moderno, unito, libero e stabile per il consenso dei cittadini,
ma in Italia, nella sua epoca, non esistono più le condizioni per dar vita a tutto ciò. Le sue idee; però,
troveranno applicazione e successo fuori dall’Italia.
Dal punto di vista stilistico, M. rifiuta il modello della prosa classica. Se deve esserci uno stretto legame
con la prassi è impensabile il ricorso a ornamentazioni retoriche, serve invece una prosa agile, chiara,
concisa. Il lessico è libero e vario e vi si mescolano latinismi e parole tratte dal lessico quotidiano. Quando
vengono usate metafore e paragoni vengono tratti da ambiti concreti (come quello animale nel caso della
volpe e del leone) e gli esempi sono sempre riconducibili a fatti e personaggi storici realmente esistiti. Così
come è il fondatore della scienza politica, M. è il fondatore del moderno linguaggio della prosa scientifica.

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