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Venga il tuo Regno!

Manent- Storia del liberalismo


Pierre Manent: Nacque in Toulouse, Francia, nel 1946 ed è di professione uno scientista politico.
Importante evidenziare che lui è una delle figure più importante per il liberalismo tradizionale francese

Capitolo I- L'Europa e il problema teologico-politico


Questo capitolo vuole mostrare la problematica che esiste nel concetto sovranità in relazione all'Antiquo
regime, ma per capire questo dobbiamo andare alla antiqua Roma, dove dopo la caduta si domandarono
quale politico dovessero adottare, e per questo loro conoscevano alcuni modelli:

1° Modello-Imperio: che alla fine sarà il desiderio di tutti grandi re di diventare un giorno un
imperio, ciò vuol dire: raggruppare tutto il mondo conosciuto sotto un unico potere.

2° Modello- La città: qual è l'idea di una città? 'E quella di uno spazio pubblico in cui gli individui, i
cittadini, deliverano e decidono su tutto ciò che concerne i loro "affari comuni".

Questi modelli, che erano i modelli conosciuti, non furono presi nella politica di Europa, invece fu presa la
Monarchia, che più che presa, fu inventata.

3° Modello- La chiesa: La grande problematica che ne sorge è che la chiesa non nasce come una
politica degli uomini, ma allo stesso tempo esercita un ordine sui popoli, è così che lo sviluppo
politico dell'Europa ha senso solo come storia delle risposte ai problemi posti dalla Chiesa.
Quali sono i problemi posti per la chiesa:

 Problema di natura contingente: Per l'invasione barbara la chiesa deve assumere funzioni
sociali e politiche che le autorità civili, assenti o impotenti, non svolgevano.

 Problema di natura strutturale: Nel senso che la Chiesa primo porta un bene che non è di
questo mondo e due deve avere questa vigilanza su tutto ciò che potrebbe mettere in pericolo
questa salvezza. Una questione ulteriore è che il bene e il male sono del nostro agire, allora
questa vigilanza va quasi sulla totalità delle azioni umane, ma quelle azioni che impatta di più
nella società sono quelle dei governanti. Pertanto, la chiesa avrebbe la plenitudo potestastis,
già che deve vigilare tutti i governanti per garantire la salvezza delle anime. Questo è: la
libertà degli individui e la teocrazia della società. Lo stesso fatto di non imporre un regime
politico particolare è segno della problematica che ha portato, perché alla fine influisce su
ogni forma: imperio, città, monarchia.

La problematica che ne sorge è: su quali basi politiche il mondo profano tenderà a organizzarsi per far
fronte alle pretese della Chiesa? Per questo analizziamo le due forme citate:

1. La città: questa forma di politica, si è rivelata in qualche modo incapace di espandersi e persino di
durare, frutto dell'instabilità interna sorta delle lotte civili. A questo si aggiunge che le città sono
debole riguardo alla chiesa e la chiesa non la tollera, e tendono o a Dio a Cesare, e all'interno le
distinte fazioni tenderanno su uno di questi lati (lotta di poteri). Le città anche, per il suo carattere
individuale, si rivolge alle cose di questo mondo, e per la stessa natura dell’individualità umana c’è
questa ostilità a qualsiasi che voglia avere il potere in maniera totalitaria, così che per esempio le
città italiane sono le prime città veramente profane del mondo Cristiano, arrivando al suo culmine
con Macchiavelli.

2. L'impero: La questione dell'impero è che la chiesa avrà sempre una precedenza, frutto del suo
carattere trascendente che è superiore a quello dell'impero che è temporale, questo porta ad una
disputa per la precedenza, cioè imperatore e papa non possono andare insieme, un esempio di questo
è il traslato della capitale dell'imperio a Costantinopoli.

3. La monarchia: A questo punto viene la monarchia, che è un modello che non è universale come
l'impero né particolare come la città. Allora la domanda che sorge è per ché questo modello è
superiore? Non è particolare, perché il potere è inspirato da Dio, e non è universale perché non aspira
a quello, già che è una politica più modesta. Infine, la postura naturale dei sudditi di un monarca è
l'obbedienza: ciò conviene di più alla Chiesa. Quindi abbiamo una polarità quella dell'altare e del
trono. Un altro punto che dobbiamo considerare è che nella misura che le monarchie diventavano
assolutista (universale) spingevano questa precedenza della chiesa in modo da fare che la chiesa si
sottomettesse alle nuove costituzioni.

Capitolo II- Machiavelli e la fecondità del male


La questione che arriviamo a questo capitolo è come emancipare la natura politica della natura cristiana, e
questo processo avviene soprattutto con le città italiane e la nuova onda di conoscenza che proviene delle
traduzioni di Aristotele che c'è stata nel secolo XII e XIII. Questo tentativo di emancipazione non è accaduto
per lo stesso aristotelismo, cioè loro volevano emanciparsi, ma la stessa filosofia di Aristotele si tratta di
interpretare la vita umana in termini di beni e di fini, e questi gerarchizzati. La chiesa, alla fine, quello che fa
è giustamente mostrare il bene più grande tra tutti i beni naturali e non solo questo, la filosofia di Aristotele
pendeva su ambi latti, ma nella stessa chiesa colui che ha elevato la filosofia di Aristotele fu San Tommaso.

La problematica che scaturisce da questo è: nel momento in che queste due ordini (politica e chiesa)
stiano in opposizione... a chi devo obbedire? Questo problema fu risolto da Machiavelli. Perché
Machiavelli prende le circostanze in cui vivano le politiche dell'epoca moderna, cioè non serve Aristotele,
perché lui è vissuto in un tempo dove le circostanze politiche non erano queste, come per esempio, di una
chiesa che ha un potere universale. Per capirlo meglio si deve andare alla superfice della sua opera. Lui è
fiorentino, ciò significa che sapeva le constante ostilità della città verso la chiesa e al tempo stesso, la sua
vulnerabilità ad essa. La grande giocata di Machiavello è centrare la vita politica nelle patologie, nelle
rivoluzioni e nella violenza e non avere lo sguardo sull'ambiente che la città deve avere affinché l'uomo
arrivi al suo fine; perciò, lui è considerato il primo maestro del sospetto, perché di fatto ci fa sospettare su un
punto strategico della vita dell'uomo: il loro vivere insieme, la loro vita politica. Ancora di più, abbiamo un
sospetto sul bene stesso. Come Machiavello fa questo? Per mezzo dell'analisi della città nel suo principio,
cioè quando ancora su cambiamenti e guerre, e non verso il suo fine. Così che il bene sopraggiunge ed è
mantenuto soltanto dal male, in altre parole: il bene si fonda sul male. Qua abbiamo il salto, dove il bene
pubblico si realizza solo sotto il potere della violenza e della paura. Ne segue che la fecondità del male
significa affermare l'autosufficienza dell'ordine terrestre, dell'ordine profano.

Comparazione tra il Cap. IX del Principe con il libro III de la Politica di Aristotele.

Nel Principe, Machiavelli fa una divisione tra il popolo e i grandi e questi due hanno l’umore. Con il termine
umori, Machiavelli intende qualificare le inclinazioni che ritornano come invariata tendenza nelle condotte e
nei comportamenti degli individui, così che i grandi vogliano opprimere il popolo e il popolo vuole ribellarsi
contro i grandi. Nella descrizione di Machiavelli ogni elemento della città è chiuso sul suo "umore", mentre
che nella filosofia di Aristotele, ogni umore mantiene un legame con il bene.

Per Machiavelli c'è un elemento di bontà, e questo è il popolo, allora le virtù e il bene non hanno un
fondamento, e la critica e il declino dell'idea del bene coincidono con l'assunzione dell'idea del popolo e di
conseguenza della formazione della democrazia.

Per ché Machiavelli attacca il bene? Perché vuole distruggere la base del suo nemico, cioè la chiesa, e così
dimostrare che il bene che porta la chiesa è fonte del distruggimento della città. Quello che ha fatto
Machiavelli è di convincere gli uomini a considerare il male come la fonte principale di quell'ordine chiuso
su sé stesso che prende il nome di città.

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