L'azione generante del predatorio Urfaschismus, nell'ormai desolato
panorama politico internazionale (già precedentemente illustrato da U. Eco,
attraverso l'analisi che distingue il fenomeno del fascismo nella sua semantica) sta producendo creature che, sempre più affondano nel paradiso delle democrazie rappresentative, i denti di un populismo che non lascia spazio a troppe interpretazioni. Lo spirito con cui fino ad ora sembra essere stato fronteggiato il fenomeno ha prodotto il cosidetto “buonismo” che è in grado di generare solamente una stagnazione dei fenomeni che dovrebbero portare il sorpasso delle idee che garantiscono l'integrazione etnico-religiosa e cultural-democratica nel paese, che per il momento si appoggia a schemi validi per il secolo scorso e che faticano a trovare oggi una soluzione volta a ristabilire i conflitti scatenati dalla difficoltà di saper integrare le politiche del passato con quelle di un'attualità, sempre in moto, dove la stagnazione dei fenomeni giuridico- sociali significa opportunamente arretratezza. Non c'è dubbio alcuno che la propaganda nazional-social-popolare, la liberalizzazione della violenza e dell'odio verso gli immigranti, l'accentuarsi dei conflitti sul piano orizzontale delle classi, trasformando la lotta di classe che invece stagna in dominazione sulle risorse ed il consumo di beni di lusso, l'aumentare dello spread, che vanifica le speranze di migliaia di risparmiatori, le fughe di capitali verso paradisi fiscali in Europa e nel mondo. Siamo destinati ad un martirio psicologico dovuto alle continue imprecazioni televisive ed negli spazi che i mass media danno ai populisti, siano essi di “destra” o di “sinistra”. Si arriva ad un ammontare televisivo di stupidità socio-politica che rincoglionisce i telespettatori, per non parlare del popolo della rete. Il conflitto che si sta generando, e che è da molto tempo covato da chi sogna nuovi regimi, è ormai esteso all'azione fisica che non trova limiti giuridici, ma tragiche espansioni della violenza privata attraverso una legislazione in giallo- verde che ha oltrepassato i limiti del progresso civile con due decreti legge fascisti e razzisti. Il compito fino ad ora inteso come una sfida verso le zone d'ombra della politica, quando l'odio trabocca incontrollabile nella realtà di tutti i giorni diventando razzismo, si trasformano via via in qualcosa di finemente macchiavellico. Si dimostra quindi la tesi: è possibile trovare nell'ignoranza la causa del fascismo e del nazional-socialismo o degli ormai dalla stampa battezzati come sovranismi, sinonimo di nazionalismi? Ripercorrendo il corpus domini della politica, il suo linguaggio, pare proprio che alla base della politica dell'odio ci sia l'ignoranza. Come strutturare il pensiero a partire da Kant, che prefigura un'inguaribile male radicale da ritenersi congenito nell'umanità e per l'umanità? L'interrogativo ci apre la via a nuove forme intellettuali che racchiudono nel sillogismo “salutatis domine” la motivazione di una democrazia certa della responsabilità morale che si deve attenere ad un principio formale come quello che sfugge ad una conditio sine qua non che lega la legge al reale. Dobbiamo appellarci a ciò che considera Giobbe nell'agire verso una razionalità che trascende la parola data in norma, che la fa diventare legge e qui fermarci per comprendere che il tutto esposto nel principio, che per forza non può essere antinomico, per l'evidente motivo che, per arginare il fascismo in ogni democrazia, non possiamo avere alcuna tolleranza. Qui si produce il fatto, l'azione che tende, dignitatis sua, a formare il misericordia domine per ogni appello al cielo che non vada a contemplare un suo frammentarsi nelle divine grazie di ciò che ci insegna il Signore, come da vangelo secondo Matteo, Luca e Giovanni. Possiamo intendere all'onere della fiaba che descrive la politica romantica nel xix secolo, qualcosa che va a delineare gli ordini successivi. Il ripercorrere una vir messae sue con prospetti del tutto stravolgenti rispetto ad un messaggio che come ci insegna la politica veneziana deve restare sua ferma mano stabile, oltre il limite dell'azione umana. Nello sviluppo della storia e nelle differenze di classe di una società che perde la sua economia per dedicarsi al classismo, per non dire alla classificazione, noi siamo obbligati a ripercorrere gli elementi di origine che ci portano alla conoscenza di ciò che compone la bontà per come viene insegnata da Cristo, nostro salvatore. Nelle contraddizioni che distinguono la caduta dell'Impero Romano, la formazione dei regni romano-barbarici dai quali si originerà poi la struttura medioevale e così via, fino alle porte della modernità, troviamo la specie perfetta del disturbante lavoro dei calabroni della politica che trasformeranno la pelle del lupo in lana di pecora. Siamo alla ricerca di un pastore di fronte alla storia? Fin dove la mano ferma della spada intendente la sovranità ha saputo mascherare il terribile assente? Quando abbiamo imparato a vivere senza Dio? Possiamo definire il messaggio cartesiano come il lume che ha guidato l'uomo alle porte di Auschwitz o forse come la sistematizzazione del moderno ha influito sulle menti criminali per partorire i mostri della propaganda e del terrore che sono confluiti nei regimi di Adolf Hitler o di Stalin? Come possiamo definire l'esperienza della domanda morale che sfugge ad ogni etica se non nello stabilirsi di nevrosi collettive trasformate in un grande rigoroso atto paranoico? Siamo seduti a contemplare la trasformazione per la quale ai piedi di ogni costituzione, ed in particolare di quella italiana del secondo dopo guerra, si ergano stabili parole che segnano la via per indurre ad un epoca di ripari, che con i nuovi populismi hanno condotto i diritti dell'uomo verso una crisi quasi insuperabile. È possibile definire la politica nazionale come incorruttibile essenza di una buona dose di terrore? Le risposte che si dileguano in una propaganda che non trova ritmo nella domanda etica, che di per se escluderebbe il messaggio politico, trovano spazio invece nel discorrere di una diplomazia che si avvale del pieno stato di diritto facendo appello alla legge in ogni sua consecutio causa referentae speces. Ossia ci troviamo ad arginare il dilagare di una corruptio animi attraverso il puro diritto costituzionale, anch'esso affidato, a quanto pare, alla mano di Dio,. Non possiamo nascondere che l'azione umana, fin qui atta a rimanere in un continuo stato di violenza, non debba essere ricondotta all'illuminazione delle parole a ritrovare per quel che si ha di amor di conoscenza: il linguaggio. Ed è il linguaggio stesso che esprime volontà del suo significato, ossia la Pace, che sia per come l'ha comandata Dio, che sia per la legge stabile dell'uomo che in principio la ricerca. Il nemico, colui che medita come principio il dubbio e dal dubbio la generatio belli che fugge nella storia dal mito della creazione alla pace perpetua di Kant, trova nel riarmo atomico, conclusosi nell'attualità con un nulla di fatto, per scelta di Trump, un pericoloso sussidio all'imperversare dell'ignoranza. Lasciare la parola ai populisti significa affondare chiaramente la nave stabile dell'Italia, dell'Europa. Possiamo rilevare che nel dubbio che affoga la pace et pax che sia, così come voluta da Papa Clemente VII, così come procurata da Papa Bergoglio, in seguito alle dimissioni di Ratzinger, non si ripeta il terribile sbaglio di coinvolgere l'inquisizione in quelli che sono e devono essere affari del magistrato laico. L'appello al cielo così spesso evocato da Locke si consuma in un patto che vede rispondere due diverse fazioni costantemente in guerra in due modi ben distinti. Il primo vede concepire lo stato di una lotta di classe che spende in una spending review diretta dalla Von der Leyen, mentre il secondo spera in un Auschwitz-bis guidato dalla peggiore movimentazione di post sovietici dai tempi di Stalin. Siamo di fronte ad una spaccatura che vede ancora ristabilire un prezzo troppo profondo per un la pace così fragile. L'ammutolire di una parte è ignorare per forza lo status-quo dei belligeranti? Come si può distinguere il valore espresso dai rapporti economici in un concetto di crisi che vede cambiare nello specifico il senso dell'andamento dei mercati in un fenomeno che coinvolge la controparte morale di spesa e consumo? E come ristabilire un primato dell'equità senza prima capovolgere il senso di un'industria che si è indebolita molto in questi anni? Abbiamo la pretesa di rilevare una legge morale scritta che si esplica nel senso di una massima che non transige sulla condizione che istantanea vuole interferire con il termine del rispetto, ma, dall'altro lato, rispondiamo dell'esigenza di rettificare ogni sbaglio appellandoci alla legge di Dio. Corriamo su due piani distinti tra la laicità, che conserva se stessa nelle Costituzioni, e la brutalità con cui in Europa e negli USA, la controparte fedele agli ideologi del Ku Klux Klan, agisce nel ripensare un mondo che tende a stringere sempre di più il cerchio su chi ha il diritto di consumare le sempre più ridotte risorse di questo pianeta. Arriviamo al culmine di una crisi del capitalismo, non solo italiano, ma anche europeo, se non mondiale, rispondendo con Salvini, e non ci siamo resi conto che nel frattempo gli equilibri dell’ex Commonwealth britannico si stanno sempre più indebolendo lasciandosi ormai sfuggire Hong Kong lasciandola nelle grinfie di una maldestra amministrazione americana. In tutto questo il ricercare di un “das Ding” tutto occidentalizzato riflette sulle compagnie petrolifere il resoconto di una guerra che dall'Iraq si fa strada in territorio Afghano e in Siria. Sempre più stretta è la morsa con cui Israele soffoca i popoli arabi a lui confinanti e ci stiamo dimenticando dei problemi aperti lasciati da un'arbitrato sullo ius soli che potrebbe invece salvare molte regole democratiche. Abbiamo la consecutio al dilemma essenziale, alla democrazia sul voto e a quanto pare l'aria che tira è sfavorevole ad un'intesa super partes che sappia guidare lo stato al di fuori di una logica che infiamma la borghesia verso nuove strade definibili “green”. Il ritardo con cui ci aggiorniamo in materia di legge spesso frena gli organi di senso comune ed il senso comune ormai soffoca il legislativo. Il voto diretto è da scongiurare in quanto sia nel fermentato stomaco del leviatano sono in azione tormentatori e corruttori, e si espande la loro voce canalizzata attraverso gli organi di senso dei nuovi regimi, che si definiscono liberali. La stampa verte ormai su temi che all'ordine del giorno restano sempre più squallidi ed impera la firma e non la questio. Argomento causa sui dello del capo dello Stato Pontificio rimangono le buone opere, ma chissà per quanto ancora. Necessitiamo di una stabilizzazione normativa e di una salvaguardia preceduta da una tutela non solo ambientale, ma direi anche personale degli intellettuali che si schierano in favore delle così dette cause perse. Identifichiamo il novecento come il secolo che in politica ha prodotto i totalitarismi ma ci dimentichiamo che sono stati preceduti da alcune tra le più grandi ed importanti rivoluzioni. Qui sorge il nuovo dubbio che si genera da questa tesi: basterà la conoscenza a fermare il dilagare di un'unica voce che vuole riconfermare lo stato assoluto? Non siamo in grado di definire uno stato perfetto sul modello della situazione attuale e nemmeno i grandi del passato ci possono offrire spunti per il costruirsi di una democrazia che deve limitare se stessa. Arginare una parte di demos attiva in noi una questione molto antica sulla tolleranza e il dubbio che assale gli scettici trova risposte nel simbolico che predirige l'azione da un lato ed il teorico che assume il senso di un'interminabile analisi dall'altro. Possiamo definire nel senso di un Verneinung dell'estrema destra ciò che necessita oggi la democrazia per poter sopravvivere, arginando così in un patto di stabilità ciò che tende tutto ad una forma istintuale e poi simbolica di possesso. Così come la Lega di Salvini o il Front National della Marine Le Pen dimostrano una retorica simbolica del tutto mitizzata dai simboli fallici del potere (e qui includerei anche la croce bestemmiata con il pugno alzato presente in numerosi comizi delle destre) si nutrono di una disperata, affamata e tragica bestia che è lo spettacolo mediatico che offre la rabbia, l'assoluta ignoranza della violenza, trasformando l'esecuzione del capro espiatorio, l'immigrato, nell'agnello da adorare presente in ogni credo di sinistra. Così abbiamo un governo che si appella ad una dialettica meramente costituzionale che imprigiona il voto popolare in un substrato, che fortunatamente viene messo a tacere da un nuovo esecutivo. L'ascesa ed il rapido declino di una serie di loschi figuri, che hanno impersonificato il male della storia negli ultimi due secoli, appropriandosi dei simboli che la Luce ha consegnato all'uomo perché potesse orientarsi verso un nuovo se stesso e stravolgendo una mitologia che doveva rimanere mistica, dedicandosi alla millenarizzazione di mostri, si è conclusa con un processo che ha lasciato numerose questioni aperte. La creazione ex novo di uno stato ebraico sui confini dell'antico regno del popolo eletto non lascia alcun dubbio che i conflitti tra uomini hanno ancora bisogno di un giudice per finire. Cosi come la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, dobbiamo sapere anche che è la diplomazia a continuare l'economia. Queste dimostrazioni sull'andamento dei mercati in tempi meno bui ne sono una prova evidente. La strana dottrina con cui interpretiamo la tragedia del politico riserva toni comici nelle mani di alcuni tra i più illuminati capi di stato seppur quando si offrono a dare risoluzioni internazionali a conflitti commerciali sempre più accesi, nella speranza forse di arrivare ad un vantaggioso concordato. Ma come possiamo ristabilire una pax che duri se contempliamo ancora e molto a lungo l'estabilishment attuale? Abbiamo bisogno di un futuro disciplinato dalla cultura, in una trasformazione della Kultur da genere derivato a “Das Ding der Vernunft”. Non possiamo dimenticare che l'assoluzione dal male radicale passa attraverso il perdono, ma questo rimane un mistero, tanto quanto la transustanziazione del corpo di Cristo o della trasformazione dell'acqua in vino. Abbiamo di fronte a noi una modificazione costante dell'ethos di ogni individuo da parte della tecnologia e ancora abbiamo il bisogno di seguire i fatti sulle reti sociali. Se i Santi e Patroni della Chiesa definivano con peccato il perdere tempo, se gli anni di piombo ci hanno insegnato che le rivoluzioni in questo paese sono lente ed inosservate, abbiamo ancora tutto da imparare, a ragion veduta, per cercare di smascherare il demone che nasconde la sapienza attraverso la storia. Non siamo di fronte qualcosa di concettualmente diverso dal prendere spazio e nome dall'infinito, quando cerchiamo di dare una risposta ai problemi che hanno spinto l'Italia a non attuare un processo come quello di Norimberga. Abbiamo anche noi alcune colonie che ormai non rispondono più alle esigenze degli industriali che un secolo fa le hanno volute, consacrando Mussolini Duce e l'Italia una specie di Commonwealth sul quale si è sparso più gas che oro. Abbiamo alcune ultime ragioni di interferire con lo stato di grazia di alcune leggi nella consapevolezza che il decretare l'esecuzione in nome di una sicurezza privata di qualsiasi intruso nella proprietà privata sia un vincolo per lasciare spazio ai vari Clint Eastwood che vivono nelle bicocche di qualche periferia italiana. L'intrusione è reato, ma lo è altrettanto l'omicidio preterintenzionale. Parlando poi di alcune leggi come i Decreti Sicurezza arriviamo a definire quello che è il prototipo per qualcosa di peggiore. Restare incatenati ad una logica di clandestinità apre delle questioni legali che bloccano il superamento in un concentramento e poi un un'espulsione, ma a carico di chi? Forse a nome dei contribuenti stanchi che affollano le piazze tinte di tricolori della Meloni, che incita ad una violenza che nasconde l'architettura di un colpo di stato. La barbarie con cui si consuma questa breve storia non ha spazio ulteriore e si inscrive all'interno di una piccola tesi che se analizzata nasconde i germi per qualche buona lettura. Nella speranza che il mondo intenda il senso con cui Socrate ha richiamato il suo benestare verso una poleis che si è chiusa alla novità della libera soggettività in libero stato, qui premettiamo che si svolga un'argomentazione che tende alla scientificità a tratti ed all'attualità in altri. Nella piramide dei confronti noi abbandoniamo lo stato alla sua democrazia che per tutto l'occidente, e forse anche per una sola volta per l'Italia un po' meno che altri, si regge sulla schiavitù del prossimo e su un soggettivismo che esclude la pari azione dell'alterità, nello stato della realtà. Fosse anche possibile il contrario, dobbiamo forse rassegnarci ed accettare che il desiderio sta all'individuo come le masse stanno al consumo? Fronteggiare questo fenomeno è la sfida reale fondata sulla conoscenza, che si andrà a scontrare in una dialettica dove al pari dell'antinomia ci sta il dollaro, lo yen e l'euro.