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Cosa si intende per filosofia politica?

Lo studio e l’analisi di tutto ciò che riguarda le attività dell’uomo in qualche modo
legate alle cose dello Stato. Uno dei problemi fondamentali della filosofia politica è il
rapporto tra politica e morale o meglio tra potere e morale. La politica, o potere, e la
morale hanno in comune il dominio dell’azione umana, e si distinguono solo in base
al diverso criterio di valutazione di tale azione: ciò che si deve fare secondo morale
non necessariamente corrisponde a ciò che si deve fare secondo politica; e
viceversa. Il primo che esplicitamente separò i due campi fu Machiavelli; il quale
specificò che la politica, o meglio la gestione del potere, era a-morale (cioè privo di
morale ma non immorale): perché il suddito viva bene, il Principe deve fare tutto ciò
che è possibile, anche mentire ed uccidere; ed è così che si può spiegare la massima,
ormai famosa, «il fine giustifica i mezzi». Si è parlato di politica come potere, perché
un altro problema di cui da sempre si è occupata la filosofia politica è proprio la
definizione della politica come «l’insieme di mezzi che permettono di ottenere gli
effetti voluti»: così era per Aristotele quando nel suo trattato, intitolato non a caso
Politica, tenta di definire non soltanto le funzioni dello Stato, le sue forme di
governo, le partizioni dello stesso, ma formula anche ipotesi per una migliore
gestione delle cose della città.
Essa affronta questioni sia “normative”, quando cerca di risolvere i problemi, ad
esempio, sulla convivenza civile, sia “strutturali” quando si domanda la “natura”
della società o le caratteristiche dell’agire politico. Le domande che si pone la
filosofia politica sono principalmente quattro, ovvero sulla costituzione, sull’obbligo,
sull’agire e sul metodo. Le prime due sono di tipo normativo, le altre due di tipo
realistico:
1. Quale sia la migliore costituzione politica;
2. Quale sia il fondamento dell’obbligo politico;
3. Quale sia la natura dell’agire politico;
4. Quale sia il miglior metodo applicabile nella scienza politica.
FONTE: TRECCANI, DIZIONARI.SIMONE

FILOSOFIA POLITICA DEL 1200-1300: DANTE


Dante Alighieri fu un uomo politico e un grande intellettuale nella Firenze a cavallo
tra Due e Trecento. Dal 1295 al 1301 partecipò attivamente alla politica della sua
città, che era divisa internamente in Guelfi Bianchi e guelfi neri, sostenute
rispettivamente dai Cerchi e dai Donati; i bianchi tenevano all’indipendenza della
città, i neri cercarono l’appoggio del papa pur di ottenere il controllo totale della
città.
Dante venne eletto tra i priori dal 15 giugno al 15 agosto del 1300, nel 1301 per via
di certe esigenze si schiera con i bianchi e il 27 gennaio del 1302 viene condannato
per due anni all’esilio, accusato di baratteria con l’aggravante di essersi dimostrato
ostile al papa. La teoria politica di Dante venne da lui espressa in diverse opere, ma
in entrambe Dante giunge a delle conclusioni:
-l’impero e il papato sono due organismi universali voluti dalla provvidenza divina; è
empio che qualcuno si contrapponga loro e che l’imperatore e il papa si comportino
indegnamente.
-l’impero si deve occupare della felicità terrena degli uomini; il papato di quella
ultraterrena.
Nella divina commedia egli scrive dei brani di argomento politico, per esempio nel
canto XVI del purgatorio con Marco Lombardo che espone la teoria dei due soli:
Roma un tempo aveva due soli, che illuminavano due strade diverse, poi però un
sole ha spento l’altro cosicché ora c’è una intollerabile confusione tra funzione civile
e funzione religiosa.
Secondo dante la colpa ricade sul papato che esce dal proprio ruolo e si arroga il
potere temporale che spetta all’impero. A ciò si deve la corruzione morale delle
gerarchie ecclesiastiche, che deriverebbe dalla donazione di Costantino.
Le teorie politiche di Dante sono racchiuse nel De Monarchia un trattato composto
in latino e diviso in tre libri:
- nel primo afferma la necessità divina dell’impero
-nel secondo afferma che il popolo di Roma si può fregiare del titolo imperiale
-nel terzo si tratta il rapporto tra impero e papato.
Dante riafferma la teoria dei due soli, in quanto il papa si deve occupare della felicità
ultraterrena, mentre invece l’imperatore si deve occupare della felicità terrena.
Questi due soli sono inoltre uno indipendenti dall’altro

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