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Machiavelli e la politica

Premessa
Il rapporto con la cultura classica greco-romana è un elemento centrale dell'Umanesimo e del
Rinascimento: HUMANAE LITTERAE sono l'insieme degli studi sui vari aspetti
dell'antichità classica, in particolare filosofia, letteratura, arte, e il termine Rinascimento di
riferisce proprio alla volontà di far rinascere la cultura dopo la (supposta) decadenza dell'età
medievale, che secondo molti umanisti ha costituito una lunga notte per la civiltà italiana ed
europea. Già autorevoli intellettuali definiti pre-umanisti, come Petrarca e Boccaccio, avevano
fatto ricerche nelle biblioteche conventuali a caccia di manoscritti di opere classiche latine.
Il mondo classico viene visto come repertorio di modelli e parametri artistico culturali da
riprendere, di opere (rovine) architettoniche, pitture (anche se sono poche quelle conservate) e
sculture da imitare e come canone letterario da prendere a modello per rifondare la letteratura.
Ma questo è solo un lato della medaglia in quanto gli ideali e i modelli di pensiero
dell'antichità, in particolare per quello che si poteva riferire al platonismo o al neoplatonismo,
vengono visti come i pilastri ideali della vita dell'uomo e della società. Nell'Umanesimo e
ancora in misura maggiore nell'epoca del pieno Rinascimento si impone il classicismo, una
concezione dell'arte e della letteratura che non crede alla perfettibilità infinita della cultura,
ma alla possibilità che esista per ogni campo dell'agire umano e anche per ogni campo dell'
arte un modello ideale concreto, realizzatosi appunto nell'epoca considerata classica, che
debba fungere da modello per le nuove realizzazioni umane.

[Lettura di Machiavelli]
Fare un elenco dei vizi e delle virtù in italiano e in tedesco

Machiavelli e il mondo classico

Data questa premessa a proposito di Machiavelli siamo di fronte ad una profonda


contraddizione, da cui scaturisce anche la forza dinamica del suo testo: da un lato l'ideale
classico che vede nella storia romana, che ha avuto il suo apice nella formazione dell'impero,
nella romanizzazione di gran parte dell'Europa, e anche parte dell'Asia e dell'Africa, quindi
l'esistenza di un modello ideale per l'agire politico umano, per la scienza della politica. Ma a
fronte di questa visione idealizzata della storia e della politica romana, Machiavelli considera
anche tutti i limiti dell'uomo. Con metodo scientifico accostabile a quello di Leonardo e di
Galileo Galilei, un metodo scientifico basato in primo luogo sull'osservazione della natura, di
quella che Machiavelli chiama "realtà effettuale", non si può che essere pessimisti su quelle
che sono le molle dell'agire umano: non sono le virtù e gli ideali che muovono l'azione della
massa, del popolo, ma gli istinti più irrazionali. E deve conoscere e governare questi il
principe per poter conquistare e mantenere il potere.
L'uomo che analizza Machiavelli è ben lontano dall'ideale umano umanistico - cristiano:
secondo Machiavelli solo il principe (lo Stato) possono ottenere il risultato di regolare e
volgere al bene le energie dell'uomo.
Con questo pessimismo Machiavelli crea un testo unico e si discosta dai pensatori più classici
dell'umaniesimo e del rinascimento. Ad esempio non condivide tutto il filone che fa capo a
Giovanni Pico della Mirandola, il filosofo che aveva scritto un discorso intitolato ORATIO
DE HOMINIS DIGNITATE, in cui si esaltava appunto lo specifico dell'uomo come
superiorità morale ed etica, spinta naturale al bene presente negli esseri umani. Nella stessa
linea era l'intellettuale europeo più famoso dell'Umanesimo, Erasmo da Rotterdam, che con il
suo ottimismo sperò fino in fondo in una composizione della disputa fra cattolici e protestanti
e nel risultato di una profonda rinascita religiosa della chiesa, appunto in virtù di una
conciliazione ideale sia con i protestanti che con i cristiani orientali ortodossi.
Un altro testo molto lontano dal Principe di Machiavelli era l'Utopia di Tommaso Moro, il
dignitario inglese giustiziato per non voler aderire alla chiesa riformata inglese di cui si era
dichiarato capoi il re Enrico VIII. Nell'opera citata, si descrive il luogo ideale, dove l'uomo si
realizza pienamente, un luogo che non esiste ma cui secondo Moro tende e deve tendere il
genere umano.
In Machiavelli il rifiuto di queste teorie ottimistiche, pur nell'ammirazione degli esami per la
società da essi messa in piedi e realizzata, si configura nei termini di un Antiumanesimo, tesi
su cui però non tutti gli storici sono d'accordo e su cui potremo tornare a discutere nel corso
del semestre.
Se la visione della realtà politica scissa da ogni significato religioso e moreale avvicina
Machiavelli all'Illuminismo, d'altra parte la stretta osservazione della natura lo riallaccia al
filone toscano quattrocentesco, a quegli scienziati che come Leonardo da Vinci, o Luca
Pacioli, avevano fondato la propria scienza non sulle autorità degli scrittori precedenti, ma su
un contatto diretto con l'osservazione della natura.

Valore dell'individuo e ricerca di regole universali


In Machiavelli prevale come forza dell'individuo la virtù personale (o il vizio contrario),
l'antica VIRTUS romana, a fronte del concetto di "armonia" alla base del cortegiano di
Castiglione. L'uomo di Machiavelli non si realizza nell'armonica composizione di aspetto
esteriore e aspetto interiore, né nell'armonica composizione dei vari personaggi che popolano
la corte o formano la società, bensì nella forza dirompente del valore indivuduale della
persona. Dunque tutto dipende dalla VIRTUS dell'individuo, e non dalle regole morali che ne
guidano e incatenano gli eccessi. A questo proposito si citano il francese Philippe de
Commynes (1447-1511), storico e memorialista, ed Erasmo da Rotterdam, in quanto in tutti e
tre, pur con modalità differenti, si ha questo forte richiamo alla virtù dell'individuo e in
particolare al valore del principe, posto in qualche modo al di sopra di ogni morale.
Partendo da questa analisi dell'individuo, della varietà che la natura presenta a questo
proposito, si pone il problema di come superare questa verità in nome di un percorso ideale
che identifichi un fine, uno scopo cui tendono tutti gli individui. Un autore come Commynes
aveva limitato l'adozione di un procedimento realista all'analisi della situazione, ma poi per
quanto riguarda l'individuazione di scopi e obiettivi dell'azione umano allora interveniva la
morale e la religione cattolica.
Per Machiavelli invece il realismo, l'analisi e la rappresentazione della realtà, costituiscono
l'unica base di acquisizione di dati, che non possono provenire anche dal campo della
tradizione religiosa o del pensiero filosofico e morale. A partire dai dati acquisiti dalla realtà,
dall'osservazione su come sono fatti realmente gli esserei umani e su come agiscono e hanno
agito, sia nella realtà contemporanea che nella storia e in particolare nella storia romana,
Machiavelli cerca delle leggi generali di "funzionamento" dell'agire umano, e dei rimedi
"tecnici" per porre riparo alle derive più pericolose dell'agire umano. Questo significa in
Machiavelli la fondazione di una scienza dello Stato, quella che diventa la sua vera e propria
missione. Questa ricerca ha però dei limiti, secondo Weise, in quanto Machiavelli, trovando
nella storia delle prime conferme alle sue treorie scientifiche sullo Stato, correrà poi il rischio
di vedere regolarità e tendenze anche laddove non ci sono e per questo la sua storiografia
diventerà non più obiettiva, ma continua selezione di avvenimenti che possano confermare le
sue teorie.

L'autonomia morale della politica


Siamo a questo punto al nocciolo più controverso dell'opera di Machiavelli, l'indipendenza
della politica dalla morale, un principio che ha suscitato molte polemiche in quanto si è visto
in questo una licenza per il principe di poter commettere qualsiasi crimine o azione immorale.
Secondo il pensiero politico medievale (e non solo) la politica doveva essere subordinata alla
religione, in quanto questa dovrebbe fornire alla politica le linee guida per poer agire nel bene
e non nel male. Anche la teorizzazione classica della politica, fatta da Aristotele e ripresa da
Cicerone, sottoponeva la politica alla morale, in quanto la morale dovrebbe secondo loro
fornire alla politica la definizione di "agire bene", di "idea della giustizia", che poi la politica
dovrebbe semplicemente applicare.
Secondo Machiavelli invece, nei rapporti fra individui, come nel rapporto fra gli Stati,
dominca il principio della legge del più forte. In questo contesto deve agire il principe, anche
il principe virtuoso, e Machiavelli analizza la situazione per poter provvedere al principe i
mezzi per muoversi e agire in questo contesto.
La politica deve avere in sé i mezzi per darsi un orientamento, e non essere sussidiaria o
ancillare della religione o della filosofia.
Secondo Weise in questo Machiavelli si discosta dagli ideali civili dell'Umanesimo e crea iun
individuo al di sopra del bene e del male. Su questo giudizio si potrebbe però discutere molto
e potremmo anche aprire una discussione (online).

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