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Il simbolo del potere è per Machiavelli una figura mitica, il centauro Chirone (precettore di Achille):
“Pertanto, a uno principe è necessario saper usare la bestia e l’uomo.....debbe di quelle pigliare
la golpe e il lione; perchè il lione non si difende da’ lacci, la golpe non si difende da’ lupiPer metà
bestia e per metà uomo”.
Alla VIRTÙ, qualità degli uomini grandi, si contrappone, nel pensiero di Machiavelli, la FORTUNA.
Diverse sono le sue accezioni:
a. Fortuna come razionalizzazione del reale: “dimostra la sua potenza dove non è ordinata virtù a
resisterle; e quivi volta li sua impeti dove la sa che non sono fatti gli argini e li ripari a tenerla” .
La fortuna intesa come razionalizzazione del reale può essere controllata da una ordinata virtù.
Machiavelli paragona la fortuna ad un fiume in piena che può inondare e distruggere tutto ma se
gli uomini pongono degli argini quando il fiume è calmo, possono, poi, evitare danni e disastri;
b. Fortuna come donna volubile e capricciosa, fenomeno naturale imprevedibile:”perchè la
fortuna è donna, ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla.” La fortuna come
realtà irrazionale può essere dominata (ma non è un ragionamento, è un’immagine) solo
dall’audacia e dalla forza della giovinezza): “e, però, sempre, come donna, è amica dei giovani,
perchè sono meno respettivi, più feroci e con più audacia la comandano”. La fortuna per
Machiavelli ha un peso maggiore nei principati piuttosto che nelle repubbliche.
La religione, analizzata sul piano politico, è per Machiavelli, “cosa del tutto necessaria a
mantenere una civiltà” ma mentre la religione pagana, attraverso i suoi culti e riti, ha rafforzato la
virtus e svolto nella storia una funzione positiva, quella cristiana ha indebolito la virtù, e ha
esaltato più gli uomini contemplativi che quelli attivi. Ha, inoltre, costituito in Italia un potere
corrotto che ha impedito l’unificazione della penisola. “Per gli esempli rei di quella corte, questa
provincia ha perduto ogni divozione e ogni religione...Non essendo, adunque, stata la Chiesa
potente da potere occupare l’Italia, nè avendo permesso che un altro la occupi...”.
Il Principe, pur individuando principi teorici validi sempre, non è un trattato di pura teoria. E’ una
risposta ai problemi del tempo. Il progetto politico di Machiavelli era la costituzione, in Italia (come
era già avvenuto in altri Stati europei) di un forte Stato unitario. E’ necessaria l’opera di un
Principe che dotato di virtù e fortuna (le condizioni presenti sono tutte favorevoli) prenda l’Italia
“sanza capo, sanza ordine, battuta, spogliata, lacera, corsa” e la liberi dagli stranieri perchè “a
ognuno puzza questo barbaro dominio”.Il capitolo finale del Principe, la celebre Exortatio, è carico
di tensione emotiva e si conclude con i versi della canzone di Petrarca Italia mia: Virtù contro a
furore/prenderà l’arme; e fia el combattere corto;/chè l’antico valore/nelli italici cor non è ancor
morto.
Quelli príncipi o quelle repubbliche le quali si vogliono mantenere incorrotte, hanno sopra ogni
altra cosa a mantenere incorrotte le cerimonie della loro religione, e tenerle sempre nella loro
venerazione; perché nessuno maggiore indizio si puote avere della rovina d’una provincia, che
vedere dispregiato il culto divino. Questo è facile a intendere, conosciuto che si è in su che sia
fondata la religione dove l’uomo è nato; perché ogni religione ha il fondamento della vita sua in su
qualche principale ordine suo. La vita della religione gentile era fondata sopra i responsi degli
oracoli e sopra la sètta degli indovini e degli aruspici: tutte le altre loro cerimonie, sacrifici e riti,
dependevano da queste; perché loro facilmente credevono che quello Iddio che ti poteva predire
il tuo futuro bene o il tuo futuro male, te lo potessi ancora concedere. Di qui nascevano i templi, di
qui i sacrifici, di qui le supplicazioni ed ogni altra cerimonia in venerarli: per che l’oracolo di Delo, il
tempio di Giove Ammone ed altri celebri oracoli i quali riempivano il mondo di ammirazione e
divozione. Come costoro cominciarono dipoi a parlare a modo de’ potenti, e che questa falsità si fu
scoperta ne’ popoli, diventarono gli uomini increduli ed atti a perturbare ogni ordine buono.
Debbono adunque i príncipi d’una republica o d’uno regno, i fondamenti della religione che loro
tengono, mantenergli; e fatto questo, sarà loro facil cosa mantenere la loro repubblica religiosa, e
per conseguente buona e unita….
E perché molti sono d’opinione che il bene essere delle città d’Italia nasca dalla Chiesa romana,
voglio contro a essa discorrere quelle ragioni che mi occorono, e ne allegherò due potentissime
ragioni le quali secondo me non hanno repugnanzia. La prima è che per gli esempli rei di quella
corte questa provincia ha perduto ogni divozione e ogni religione; il che si tira dietro infiniti
inconvenienti e infiniti disordini: perché cosí come dove è religione si presuppone ogni bene, cosí
dove quella manca si presuppone il contrario. Abbiamo adunque con la Chiesa e con i preti noi
Italiani questo primo obligo: di essere diventati sanza religione e cattivi: ma ne abbiamo ancora
uno maggiore, il quale è la seconda cagione della rovina nostra: questo è che la Chiesa ha tenuto e
tiene questo provincia divisa. E veramente alcuna provincia non fu mai unita o felice, se la non
viene tutta alla ubbidienza d’una republica o d’uno principe, come è avvenuto alla Francia ed alla
Spagna. E la cagione che la Italia non sia in quel medesimo termine, né abbia anch’ella o una
republica o uno principe che la governi, è solamente la Chiesa: perché avendovi quella abitato e
tenuto imperio temporale, non è stata sí potente né di tanta virtú che l’abbia potuto occupare la
tirannide d’Italia e farsene principe, e non è stata, dall’altra parte, sí debole che per paura di non
perdere il dominio delle sue cose temporali la non abbia potuto convocare uno potente che la
difenda contro a quello che in Italia fusse diventato troppo potente: come si è veduto anticamente
per assai esperienze, quando mediante Carlo Magno la ne cacciò i Longobardi ch’erano già quasi re
di tutta Italia; e quando ne’ tempi nostri ella tolse la potenza a’ Viniziani con l’aiuto di Francia;
dipoi ne cacciò i Franciosi con l’aiuto de’ Svizzeri. Non essendo adunque stata la Chiesa potente da
potere occupare la Italia, né avendo permesso che un altro la occupi, è stata cagione che la non è
potuta venire sotto uno capo, ma è stata sotto piú príncipi e signori, da’ quali è nata tanta
disunione e tanta debolezza che la si è condotta a essere stata preda, non solamente de’ barbari
potenti, ma di qualunque l’assalta. Di che noi altri Italiani abbiamo obligo con la Chiesa, e non con
altri.
Machiavellismo, machiavellico
Machiavellismo = la prassi etico-politica ispirata alle teorie esposte nel Principe, poi anche nel
senso di “subdolo e spietato utilitarismo”
Si può inoltre ricordare il nome di un gioco di carte, variante della “scala 40”, che per la sua
complessità ha meritato il nome di Machiavelli.