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Machiavelli: spunti per interrogazione

Il pensiero politico di Machiavelli si sviluppa da un’attenta


osservazione della realtà nel suo concreto accadere, da cui si sforza di ricavare delle leggi
universali concretamente sperimentabili. La teoria politica è basata sulla conoscenza delle leggi
della natura e della storia, fornita dall’esperienza diretta e dalle letture dei classici, e trae da tali
elementi, e solo da essi, la propria legittimità. Nonostante l’evoluzione umana e la diversità nei
costumi e nei comportamenti, gli uomini agiscono secondo regole (costanti antropologiche) insite
nella loro natura. Machiavelli ha acquisito queste conoscenze “ con una lunga esperienzia delle
cose moderne e una continua lezione delle antique”. Chi sta al potere ha a che fare con una
natura umana che M. definisce così: “degli uomini si può dire questo generalmente: che sieno
ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori dé pericoli, cupidi di guadagno”. Quindi un
buon politico deve utilizzare tutti i mezzi a disposizione per raggiungere il fine del bene dello stato.
L’azione efficace è quella che raggiunge l’obiettivo con il minimo dispendio di energie.

Queste premesse fondano la sua SCIENZA POLITICA.

Per Machiavelli la politica non è il campo dell’immaginazione (“ Molti si


sono immaginate Repubbliche e Principati, che non si sono mai visti nè cognosciuti essere in
vero”) ma è il campo della realtà effettuale. Il politico deve essere virtuoso, nel senso che la virtù
consiste nel “non partirsi dal bene, potendo, ma sapere entrare nel male, necessitato”.

Il simbolo del potere è per Machiavelli una figura mitica, il centauro Chirone (precettore di Achille):
“Pertanto, a uno principe è necessario saper usare la bestia e l’uomo.....debbe di quelle pigliare
la golpe e il lione; perchè il lione non si difende da’ lacci, la golpe non si difende da’ lupiPer metà
bestia e per metà uomo”.

Alla VIRTÙ, qualità degli uomini grandi, si contrappone, nel pensiero di Machiavelli, la FORTUNA.
Diverse sono le sue accezioni:
a. Fortuna come razionalizzazione del reale: “dimostra la sua potenza dove non è ordinata virtù a
resisterle; e quivi volta li sua impeti dove la sa che non sono fatti gli argini e li ripari a tenerla” .
La fortuna intesa come razionalizzazione del reale può essere controllata da una ordinata virtù.
Machiavelli paragona la fortuna ad un fiume in piena che può inondare e distruggere tutto ma se
gli uomini pongono degli argini quando il fiume è calmo, possono, poi, evitare danni e disastri;
b. Fortuna come donna volubile e capricciosa, fenomeno naturale imprevedibile:”perchè la
fortuna è donna, ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla.” La fortuna come
realtà irrazionale può essere dominata (ma non è un ragionamento, è un’immagine) solo
dall’audacia e dalla forza della giovinezza): “e, però, sempre, come donna, è amica dei giovani,
perchè sono meno respettivi, più feroci e con più audacia la comandano”. La fortuna per
Machiavelli ha un peso maggiore nei principati piuttosto che nelle repubbliche.

La religione, analizzata sul piano politico, è per Machiavelli, “cosa del tutto necessaria a
mantenere una civiltà” ma mentre la religione pagana, attraverso i suoi culti e riti, ha rafforzato la
virtus e svolto nella storia una funzione positiva, quella cristiana ha indebolito la virtù, e ha
esaltato più gli uomini contemplativi che quelli attivi. Ha, inoltre, costituito in Italia un potere
corrotto che ha impedito l’unificazione della penisola. “Per gli esempli rei di quella corte, questa
provincia ha perduto ogni divozione e ogni religione...Non essendo, adunque, stata la Chiesa
potente da potere occupare l’Italia, nè avendo permesso che un altro la occupi...”.
Il Principe, pur individuando principi teorici validi sempre, non è un trattato di pura teoria. E’ una
risposta ai problemi del tempo. Il progetto politico di Machiavelli era la costituzione, in Italia (come
era già avvenuto in altri Stati europei) di un forte Stato unitario. E’ necessaria l’opera di un
Principe che dotato di virtù e fortuna (le condizioni presenti sono tutte favorevoli) prenda l’Italia
“sanza capo, sanza ordine, battuta, spogliata, lacera, corsa” e la liberi dagli stranieri perchè “a
ognuno puzza questo barbaro dominio”.Il capitolo finale del Principe, la celebre Exortatio, è carico
di tensione emotiva e si conclude con i versi della canzone di Petrarca Italia mia: Virtù contro a
furore/prenderà l’arme; e fia el combattere corto;/chè l’antico valore/nelli italici cor non è ancor
morto.

MACHIAVELLI, I DANNI DELLA PRESENZA DELLA CHIESA CATTOLICA PER L’ITALIA


La critica al cristianesimo conferma – nell’analisi di Machiavelli – l’importanza della religione per la
politica (come instrumentum regni): il cattivo esempio della corte pontificia ha fatto perdere
all’Italia ogni devozione; i papi, inoltre, non hanno mai avuto la forza sufficiente per unificare
l’Italia e hanno addirittura impedito che qualche principe italiano lo facesse. Cosí l’Italia divisa è
diventata preda dei barbari. Questo giudizio di Machiavelli ha suscitato grandi polemiche,
soprattutto negli anni del Risorgimento. In contrasto con la posizione di Machiavelli ricordiamo
Ludovico Antonio Muratori, per il quale senza il papato nel Medioevo l’Italia sarebbe stata divisa in
due provincie, tedesca al nord e araba al sud.

N. Machiavelli, Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, I, cap. XII

Quelli príncipi o quelle repubbliche le quali si vogliono mantenere incorrotte, hanno sopra ogni
altra cosa a mantenere incorrotte le cerimonie della loro religione, e tenerle sempre nella loro
venerazione; perché nessuno maggiore indizio si puote avere della rovina d’una provincia, che
vedere dispregiato il culto divino. Questo è facile a intendere, conosciuto che si è in su che sia
fondata la religione dove l’uomo è nato; perché ogni religione ha il fondamento della vita sua in su
qualche principale ordine suo. La vita della religione gentile era fondata sopra i responsi degli
oracoli e sopra la sètta degli indovini e degli aruspici: tutte le altre loro cerimonie, sacrifici e riti,
dependevano da queste; perché loro facilmente credevono che quello Iddio che ti poteva predire
il tuo futuro bene o il tuo futuro male, te lo potessi ancora concedere. Di qui nascevano i templi, di
qui i sacrifici, di qui le supplicazioni ed ogni altra cerimonia in venerarli: per che l’oracolo di Delo, il
tempio di Giove Ammone ed altri celebri oracoli i quali riempivano il mondo di ammirazione e
divozione. Come costoro cominciarono dipoi a parlare a modo de’ potenti, e che questa falsità si fu
scoperta ne’ popoli, diventarono gli uomini increduli ed atti a perturbare ogni ordine buono.
Debbono adunque i príncipi d’una republica o d’uno regno, i fondamenti della religione che loro
tengono, mantenergli; e fatto questo, sarà loro facil cosa mantenere la loro repubblica religiosa, e
per conseguente buona e unita….
E perché molti sono d’opinione che il bene essere delle città d’Italia nasca dalla Chiesa romana,
voglio contro a essa discorrere quelle ragioni che mi occorono, e ne allegherò due potentissime
ragioni le quali secondo me non hanno repugnanzia. La prima è che per gli esempli rei di quella
corte questa provincia ha perduto ogni divozione e ogni religione; il che si tira dietro infiniti
inconvenienti e infiniti disordini: perché cosí come dove è religione si presuppone ogni bene, cosí
dove quella manca si presuppone il contrario. Abbiamo adunque con la Chiesa e con i preti noi
Italiani questo primo obligo: di essere diventati sanza religione e cattivi: ma ne abbiamo ancora
uno maggiore, il quale è la seconda cagione della rovina nostra: questo è che la Chiesa ha tenuto e
tiene questo provincia divisa. E veramente alcuna provincia non fu mai unita o felice, se la non
viene tutta alla ubbidienza d’una republica o d’uno principe, come è avvenuto alla Francia ed alla
Spagna. E la cagione che la Italia non sia in quel medesimo termine, né abbia anch’ella o una
republica o uno principe che la governi, è solamente la Chiesa: perché avendovi quella abitato e
tenuto imperio temporale, non è stata sí potente né di tanta virtú che l’abbia potuto occupare la
tirannide d’Italia e farsene principe, e non è stata, dall’altra parte, sí debole che per paura di non
perdere il dominio delle sue cose temporali la non abbia potuto convocare uno potente che la
difenda contro a quello che in Italia fusse diventato troppo potente: come si è veduto anticamente
per assai esperienze, quando mediante Carlo Magno la ne cacciò i Longobardi ch’erano già quasi re
di tutta Italia; e quando ne’ tempi nostri ella tolse la potenza a’ Viniziani con l’aiuto di Francia;
dipoi ne cacciò i Franciosi con l’aiuto de’ Svizzeri. Non essendo adunque stata la Chiesa potente da
potere occupare la Italia, né avendo permesso che un altro la occupi, è stata cagione che la non è
potuta venire sotto uno capo, ma è stata sotto piú príncipi e signori, da’ quali è nata tanta
disunione e tanta debolezza che la si è condotta a essere stata preda, non solamente de’ barbari
potenti, ma di qualunque l’assalta. Di che noi altri Italiani abbiamo obligo con la Chiesa, e non con
altri.

Machiavellismo, machiavellico

Machiavellismo = la prassi etico-politica ispirata alle teorie esposte nel Principe, poi anche nel
senso di “subdolo e spietato utilitarismo”

Machiavellico = ciò che si ispira ai principi di amoralità, cinismo e doppiezza tradizionalmente


attribuiti al pensiero di M.

Si può inoltre ricordare il nome di un gioco di carte, variante della “scala 40”, che per la sua
complessità ha meritato il nome di Machiavelli.

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