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🟡 MACHIAVELLI, LA VITA

🔺 Nacque a Firenze bel 1469 da una famiglia borghese. Ebbe un’educazione umanistica basata su
classici latini. La prima notizia sicura sulle sue attività: nel 1498 concorse alla segreteria della
seconda cancelleria del comune. I suoi incarichi gli conferivano grandi responsabilità nel campo
della politica interna, estesa e militare della repubblica, la sua posizione implicava anche missioni
diplomatiche. I 14anni della segreteria furono preziosi per Machiavelli, perchè gli consentirono di
accumulare un’esperienza diretta della realtà politica e militare del tempo, da cui lui dopo trarrà
spunto per le sue riflessioni, pensieri, opere..ecc.

🔺 Nel frattempo Machiavelli si dedicò anche all’attività letteraria e scrisse in versi una cronaca
delle vicende italiane, il Decennale Primo. In questi anni maturarono in lui le teorie sulla necessità
di evitare le infide milizie mercenarie e di creare un esercito permanente, alle dirette dipendenze
dello Stato.
Nel settembre 1511 si profilò inevitabilmente lo scontro tra Francia di cui la Firenze repubblicana
era alleata, e la Lega Santa (capeggiata dal papa). Con la battaglia di Ravenna i francesi sconfissero
gli spagnoli, ma poi sconfitti a loro volta e anche le truppe fiorentine furono battute dalle milizie
spagnole: la Repubblica cadde, i Medici tornarono a Firenze e Machiavelli venne licenziato.

🟠 L’ESCLUSIONE DALLA VITA POLITICA

🔹 Fu per lui un colpo durissimo. Tanto che nel febbraio 1513 fu sospettato d’aver preso parte ad
una congiura antimedicea, torturato e tenuto prigioniero per 15 giorni. Liberato poi dall’ascesa del
papà Leone X, si ritirò in un esilio forzato, nel suo podere dell’Albergaccio.
Li si dedicò agli studi, tenendo però contatti con la vita politica attraverso la corrispondenza con
l’amico Vettori. La lontananza dalla vita politica attiva era per lui intollerabile, quindi cerco un
avvicinamento ai medici, con questo intento il Principe venne dedicato a Lorenzo de Medici, però
loro continuarono a guardarlo con diffidenza. Nel 1519, morto Lorenzo, il governo venne assunto
dal cardinale Giulio de Medici, più favorevole a Machiavelli che vide così nascere la speranza di un
rientro nella vita politica.

▪ Nel 1521 strinse amicizia con Francesco Guicciardini. Quando Giulio de medici divenne anche
papa, a Machiavelli venne revocata l’interdizione dagli offici pubblici, così comincio poco a poco a
riottenere i vari incarichi militari e diplomatici. Nel 1527 i medici vennero dinuovo scacciati e si
ristabilì la Repubblica. Si ammalò all’improvviso e morì il 21 giugno 1527.

EPISTOLARIO

Le lettere Familiari scritte da Machiavelli a per amici e conoscenti intessono un colloquio autentico
e libero con i destinatari. In esse si alternano argomenti e toni vari: si ritrovano serie di riflessioni
politiche ed analisi dei problemi contemporanei ma anche spunti di novelle, giocato su un
materiale con tono beffardo e che si colloca in una precisa traduzione borghese Fiorentina, comica
e burlesca. Queste lettere molte volte sono un’occasione di riflessione sul,a situazione politica ma
anche con spunti autobiografici.
Tra tutte le lettere spicca quella a Francesco Vettori, del 10 dicembre 1513, dove descrive la sua
giornata nell’esilio dell’Albergaccio, le futili occupazioni del mattino e pomeriggio. La lettera è
importante perché fornisce l’indicazione della composizione del Principe.

Le lettere sono importanti perché contengono anche i punti fondamentali del pensiero di
Machiavelli, cioè la necessità di adattare il proprio modo di procedere con i tempi, assecondando la

variabilità della fortuna, e la conoscenza della realtà che può avvenire attraverso l’esperienza
diretta e anche quella sui libri.

IL PRINCIPE

Tra luglio e dicembre 1513.


Si può collegare ad una precedente tradizione di trattatistica politica. Già nel medioevo erano
diffusi intesi a tracciare il modelli del principe chiamato specula principis, perché secondo la
mentalità simbolica dell’epoca, dovevano fornirgli lo specchio a cui riflettersi e conoscersi. Nel 400,
con l’affermazione delle signorie e dei Principati, il genere ebbe fortuna anche nella cultura
umanistica.

Machiavelli proclama di voler guardare alla verità effettuale della cosa, e non all’ideale: non
propone al principe le virtù morali, ma quei mezzi che possono consentirgli effettivamente la
conquista e mantenimento dello Stato, arrivando anche a consigliargli di essere non buono,
crudele, mentitore quando le esigenze dello Stato lo impongono.

LA STRUTTURA E I CONTENUTI

Si articola in 26 capitoli che hanno un titolo in latino.

- I-XI: esaminano i vari tipi di principato e mirano ad individuare mezzi che consentono di
conquistarlo e mantenerlo, con forza e stabilità. Machiavelli distingue tra principati ereditari
e nuovi. A loro volta questi possono essere conquistati con la virtù e con armi proprie oppure
basandosi sulla fortuna e su armi altrui. Il capitolo VIII si distingue la crudeltà “bene e
male usata”: la prima è impiegata solo per assoluta necessità; la seconda è quella che cresce
nel tempo ed è compiuta per il vantaggio del tiranno. Nel IX si affronta il principato civile e
nell’ XI si tratta di principati ecclesiastici.
- XII-XVI: sono dedicati al problema delle milizie e critica l’uso dei mercenari nell’ esercito
perché combattono solo per il denaro, e costituiscono una delle cause principali per la debolezza
dello Stato.
- XV-XXIII: trattanti dei modi di comportarsi del principe con i sudditi e amici. Il capitolo XXIV
esamina le cause per cui i principi italiani hanno perso il loro Stato. La causa principale è
“l’ignavia” dei principi che non hanno saputo come comportarsi. Il capitolo XXV tratta della
virtù e fortuna e il XXVI è un’esportazione ad un principe nuovo affinché liberi l’Italia dai
barbari.

🔴 IL RAPPORTO TRA DISCORSI E PRINCIPE

Le differenze riguardano il pensiero: se nel Principe Machiavelli affronta la forma di governo


monarchica e assoluta, celebrando le virtù dei principi, nei Discorsi lascia trasparire forti simpatie
repubblicane e indica la repubblica come la forma più alta di organizzazione.

Queste contraddizioni hanno suscitato molte dispute, una spiegazione di questo pensiero può
essere: l’orientamento di fondo di !Machiavelli è repubblicano, ma il Principe è scritto sotto
l’urgenza immediata di una situazione gravissima acuì era indispensabile porre rimedio. Per
quanto riguarda la crisi italiana allo scrittore sembrava necessaria la costruzione di uno stato
abbastanza forte da opporsi all’espansione delle grandi potenze e pensava che la repubblica fosse la
forma di governo che garantiva la maggiore stabilità e durata delle istituzioni.

🔺 Il Principe ha carattere dell’opera militante e fornisce strumenti concreti e applicabilità a chi li


legge.

🔺 i Discorsi hanno più carattere di riflessione teorica generale


Al di là di queste differenze la sostanza del pensiero machiavelliano è unitaria nelle due opere come
unitario e il metodo di indagine.

IL PENSIERO POLITICO NEL PRINCIPE E NEI DISCORSI

Le sue concezioni scaturiscono un rapporto con la realtà storia. Il suo pensiero presenta come una
stretta fusione di teoria e prassi: la teoria nasce dalla prassi e tende a risolversi in essa. Alla base di
tutta la riflessione vi è la coscienza lucida e sofferta dalla:
- crisi politica in quanto l’Italia presenta una frammentazione stati regionali e cittadini deboli e
instabili
- Crisi militare: si fonda ancora su milizie mercenarie e compagnie di ventura, invece dei cittadini
che solo loro possono garantire fedeltà, ubbidienza, serietà.
- Crisi morale: perché sono scomparsi tutti quei valori che danno fondamento saldo ad un vivere
civile.
Gli Stati italiani quindi sono prossimi a perdere la loro indipendenza politica.

🔹 Per Machiavelli l’unica via d’uscita è un principe da una straordinaria virtù capace di costruire
una compagine statale forte da contrastare l’espansione degli Stati vicini.
Egli elabora una teoria che aspira ad avere una portata universale.

Machiavelli è stato indicato come il fondatore della moderna scienza politica.


🔺 egli delimita il campo della scienza con le altre discipline. La teoria politica nel medioevo era
ancora subordinata alla morale (il giudizio di un politico era soggetto al criterio del bene o male).
Machiavelli ritorna alla concezione : l’autonomia ndel campo dell’azione politica: occorre un
principe che sappia valutare e raggiungere i fini che devono essere propri alla politica, rafforzare lo
stato e garantire il bene dei cittadini.

🔺 Con questo Machiavelli ha coraggio di mettere in luce cio che succede veramente in politica.
Proclama infatti di voler andar dietro alla verità effettuale della cosa.

🔸 Proprio perché vuole agire sulla realtà deve partire da un indagine su di essa. Dietro al suo
pensiero c’è una massa enorme di dati ricavati dall’esperienza, dall’osservazione diretta della
realtà, dei dati dell’esistenza.
L’esperienza per Machiavelli può essere divisa in due:
- quella diretta ricavata dall’esperienza personale delle vicende
- e quella ricavata dalla lettura di autori antichi.
Machiavelli nella dedica del principe le definisce esperienze delle cose moderne.

🔹 concezione tipicamente naturalistica: è convinto che l’uomo sia un fenomeno di natura al pari
degli altri. La sua trattazione è sempre influenzata da esempi tratti dalla storia antica, e essi sono la
prova che il comportamento umano non varia. Per lui gli uomini “camminano sempre per vie
battute da altri” = principio rinascimentale dell’imitazione
Egli constata che gli uomini di oggi guardano dei grandi esempi, li prendono come modello e si
sforzano di riprodurli. = teoria razionale dell’ agire politico che sappia individuare leggi a cui
corrispondono fatti politici.

🟢 visione crudelmente pessimistica dell’uomo come essere morale. Gli uomini per Machiavelli
sono malvagi, ingrati, simulatori e dissimulatori. In un passo famoso del principe, afferma che
dimenticano più facilmente l’uccisione del padre che la perdita del patrimonio. La molla che li
spinge è un interesse materiale ed egoistico.

Le leggi della convivenza umana sono dure e spietate, perciò il principe non può seguire sempre
l’ideale e la virtù. Deve sapere anche essere non buono,Deve essere umano oppure feroce a seconda
delle circostanze.

Fa una distinzione del giudizio politico da quello morale: alcuni comportamenti che sono malvagi,
secondo la morale sono buoni, efficaci perché assicurano il bene dello stato; viceversa altri
comportamenti che sono “buoni” moralmente non sono buoni per la politica perchè
indebolirebbero lo stato. Egli si basa su criteri, l’utile e io danno politico.

▪ certi comportamenti immorali e crudeli sono adottabili solo dal politico e solo per il bene dello
stato, quando sono necessari. Machiavelli non vuole “giustificarli” : è stato detto che il suo pensiero
“il fine giustifica i mezzi” è insensata perchè il verbo “giustificare” introduce un concetto che
Machiavelli cerca di escludere dal suo pensiero. Lui non giustifica, ma constata solo che certi
comportamenti, buoni o cattivi che siano sono indispensabili per conquistare e mantenere lo stato.

🔸 Machiavelli distingue tra “principi” e “tiranni”. Principe è chi opera a vantaggio dello stato e usa
metodi fini al bene pubblico; il tirannò è colui che usa crudeltà senza necessità solo a suo vantaggio.
Il principe quindi deve essere uno strumento al servizio dei sudditi, costruire uno stato ordinato e
Pacifico.

🟡 LO STATO E IL BENE COMUNE

Solo lo Stato può costituire un rimedio alla malvagità dell’uomo. La durezza e la violenza del
principe devono sempre avere per fine questo bene comune cioè la salvaguardia della convivenza
civile. Per mantenere lo Stato sono indispensabili certe virtù civili, ma per radicare tali virtù in
uomini generalmente non buoni, sono necessarie precise istituzioni: La religione ,le leggi, e le
milizie.

A Machiavelli non interessa la religione come contenuto di verità, né nella sua dimensione
spirituale, ma solo come “strumento di governo“. La religione obbliga i cittadini a rispettarsi gli
UNI con gli altri, a mantenere la parola data.

In secondo luogo, In ogni Stato bene ordinato sono le buone leggi il fondamento del vivere civile,
perché disciplinano il comportamento dei cittadini, inibiscono i loro istinti bestiali.

Infine, le milizie sono il fondamento della forza dello Stato. Esse devono essere composte dei
cittadini, perché solo così si possono avere truppe fedeli valorosa, e perché assumere le armi
rinsalda i legami del cittadino con la sua patria.

Il principato è per Machiavelli una forma di eccezione e transitoria, indispensabile solo in


determinate contingenze. Ma lo stato creato dalla virtù eccezionale del singolo, per mantenersi,
deve darsi “buoni ordini“, istituzioni che durino nel tempo; e la forma repubblicana secondo il
concetto di Machiavelli, e quella che meglio può garantire la continuità e la stabilità.

🔵 VIRTU E FORTUNA

Ci sono due concezioni della virtù: La virtù eccezionale del singolo del politico eroe e la virtù del
buon cittadino, che opera entro stabilì situazioni dello Stato. Machiavelli a una visione eroica
dell’agire umano da cui deriva anche questa fiducia nella forza dell’uomo egli sa bene che l’uomo
nel suo agire ha precisi limiti, e deve fare i conti con una serie di fattori a lui esterni.

🔺 Questi limiti assumono il volto capriccioso e in costante della fortuna. È il frutto di una
concezione laica e immanentistica. Che mette tra parentesi la presenza nel mondo della
provvidenza e porta in primo piano il combinarsi di forze puramente casuali, accidentali e

svincolate da ogni finalità trascendente. Dalla tradizione umanistica Machiavelli eredità la


convinzione che l’uomo non può fronteggiare vittoriosamente la fortuna.

🔺 secondo Machiavelli ci sono vari modi in cui l’uomo può contrapporsi alla fortuna. In primo
luogo essa può costituire “l’occasione“ del suo agire, “la materia“, su cui egli può imprimere la
“forma“ da lui voluta. La virtù e l’occasione del singolo si implicano a vicenda. L’occasione può
anche essere una condizione negativa che serve di stimolo ad una virtù eccezionale.

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