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LA TRATTATISTICA POLITICA

IL DIBATTITO POLITICO PRIMA DI MACHIAVELLI


Nel Medioevo oltre la Monarchia c’è una produzione di Specula Principum
= opere che delineavano un modello ideale di Principe che esercita il potere come una missione
affidatagli da Dio per guidare gli uomini alla rettitudine civile, morale, religiosa. L'uomo politico è
dunque un intermediario tra Dio e gli uomini che deve difendere e valorizzare i principi cristiani.
Nell’Umanesimo sono ancora presenti opere che delineano un modello ideale di Principe, ma in
esse virtù puramente mondane, prendono il posto accanto a quelle religiose e talvolta le
scavalcano nel grado d’interesse [Gilbert].
Pertanto, più che valori cristiani, viene data importanza ai valori umani come la Magneficentia
(intesa come esaltazione del proprio prestigio), la Liberalitas e soprattutto la Virtù.

IL DIBATTITO POLITICO CON MACHIAVELLI: Realismo


Machiavelli è il fondatore della scienza politica intesa come
 forma autonoma della dignità umana,
 distinta dalla morale,
 dotata di confini e metodi propri
 regolata da leggi universali (valide in ogni tempo e luogo).
 È possibile trarre dalla storia esempi validi anche nel presente
Tale visione della politica come scienza muove da una concezione naturalistica e pessimistica
dell’uomo, che considerato unicamente per quello che è. È portato a seguire sempre gli stessi
principi nell’agire, egoismo e interesse personale
Cenni biografici
 Nasce nel 1469 da una famiglia borghese fiorentina
 Riceve un’educazione umanistica (con una profonda connotazione materialistica)
riprendendo il filone dell’Umanesimo civile.
 vive la crisi della Repubblica di Savonarola e la nascita della Seconda Repubblica Fiorentina
 è un intellettuale funzionario: svolge il ruolo di Segretario della seconda cancelleria in
ambito di politica estera (sia militare che diplomatica), ma anche di.
o Principale collaboratore del ganfaloniere
o Segretario della magistratura dei Nove ufficiali dell’ordinanza e della milizia
fiorentina
 non tratta astrattamente di politica, ma vive personalmente le dinamiche dell'agire
politico, partecipando attivamente alle missioni diplomatiche sia in Italia che all’estero.
 1512: rientro dei Medici a Firenze
Condannato per congiura antimedicea, viene arrestato, torturato ed esiliato per un anno
nel suo podere ad Albergaccio, vicino San Casciano. Qui, non potendo più partecipare
attivamente alla vita politica, si dedica esclusivamente agli studi e all’attività letteraria, pur
rimanendo in ambito politico, componendo il Principe.
 Vera e propria vocazione politica
 Dopo aver migliorato i rapporti con i Medici nel corso degli anni, nel 1525 viene finalmente
eletto a provveditore e cancelliere dei procuratori delle Mura.
 Nel 1527 i Medici vengono esiliati (per tornare dopo 3 anni), M. viene di nuovo esonerato
dagli incarichi politici e muore nello stesso anno.

Lettera a Francesco Vettori del 1513


Stato d’animo, psicologico e materiale in cui compone il principe
 Profonda amarezza verso la sua condizione di esilio, lontano dall’attività politica (42-44)
[connotata da un lessico particolarmente basso]
 Evidente e costante volontà di essere attento alle dinamiche e ai comportamenti negli uomini
1. Sia nella vita di tutti i giorni (49-51)
2. Sia nei classici (per lo più di storiografia e politica) (52-58)
[connotata da un lessico particolarmente aulico]
Da cui deriva la sua straordinaria competenza politica (esperienza diretta/studio degli antichi)
 Riassunto essenziale del Trattato (61-62)
 Consapevolezza della sua importanza e utilità per un principe nuovo (che lui vede in Giuliano)
(64-65)
 Orgogliosa rivendicazione del proprio valore, della straordinaria esperienza politica accumulata
e della propria fedeltà, dimostrata dalla condizione di povertà in cui versa nonostante i
numerosi anni di carriera. (82-87)

La Dedica
 La premessa del Pricipe non è altro che una lettera dedicatoria al suo destinatario, Lorenzo P.
de Medici
 il trattato viene presentato come il dono più prezioso di Machiavelli
 la profonda conoscenza politica di M. (la cognizione delle azioni degli uomini grandi)
frutto sia dell’esperienza teorica (continua lezione delle antique) che di quella pratica
(lunga esperienza delle cose moderne).
 Che dà facultà a potere in brevissimo tempo intendere tutto quello che io, in tanti
anni e con tanti mia disagi e periculi, ho conosciuto e inteso.
o M. esprime la volontà di adoperare un linguaggio pratico, diretto e coinciso
(pur sempre cortigiano) privo di clause ample e parole ampullose, proprio
per tale ragione: la varietà della materia e la gravità del subietto bastano a
renderla grata.
 In seguito, si difende da una possibile accusa di presunzione attraverso una metafora
1. Così come i cartografi per delineare meglio il profilo di una montagna devono osservarla
dal basso, allo stesso modo M., proprio perché proviene da un ceto popolare puoò
capire e valutare al meglio la linea di condotta del principe, ergo indicargli come
governare e comportarsi
 Nella conclusione vengono espressi due desideri.
1. Che Lorenzo possa gradire l’opera, riconoscendone la grandezza e l’importanza 8talvolta
sminuite con falsa modestia)
2. Che egli possa riconoscere la sua condizione di miseria e amarezza e che possa
risollevarlo dalla sua cattiva sorte.
Capitolo I
Si apre con un esordio di tipo marcatamente classificatorio
 tracciare attraverso secche contrapposizioni una sintesi rapidissima di tutta la trattazione
successiva.
Viene esposto in particolare uno dei principali esempi di procedimento logico-argomentativo su cui
si basa l’intero stile del trattato: la classificazione dilemmatica
= serie di proposizioni principali coordinate fra loro da congiunzioni avversative o
disgiuntive
 educare il lettore a ragionare su più opzioni alternative e interrogarsi sul dilemma della
scelta
Esempio:
Dominio
 Repubblica
 Principato
o Nuovo
o Acquistato e aggiunto a domini preesistenti
Già principati
Repubbliche
 Con armi proprie
 Con armi straniere (mercenari)
 Con Fortuna
 Con Virtù*
*intesa come capacità dinamica e operativa di sostenere il contrasto con la “fortuna” e di saperne cogliere
le occasioni

Capitolo VI
 Motivazione del riferimento a grandissimi esempli
1. Concezione naturalistica dell’uomo
2. Concetto di imitazione degli antichi (vd. Bracciolini) esteso alla politica
3. Con gli esempi più sublimi si ottengono risultati eccezionali
 Metafora degli arcieri: così come gli arcieri per raggiungere un bersaglio lontano
puntano in alto sfruttando il moto parabolico, allo stesso modo se si punta ai
massimi esempi, magari non si arriverà così in alto, ma di sicuro molto lontano
 La difficoltà del principe nuovo a mantenere il principato dipende strettamente dalla sua virtu
 Il principe può far leva sia sulla Virtù che sulla Fortuna, tuttavia colui che è stato meno in
sulla fortuna, si è mantenuto più, ovvero è stato in grado di mantenere il potere con
maggiore saldezza e stabilità
 I grandi uomini della storia che riuscirono a creare un nuovo ordinamento
(Mosè*, Ciro, Romolo) dalla fortuna non ebbero altro che un’occasione che
l’uomo virtuoso sa e deve cogliere perché di certo sanza quella virtù la
occasione sarebbe venuta invano, ma sanza quella occasione la virtù dello
animo loro si sarebbe spenta.
Tecnicamente Mosè non può costituire un esempio adatto un semplice esecutore degli ordini che gli
venivano da Dio, tuttavia deve essere ammirato, non fosse altro che per quella speciale grazia che lo
rendeva degno di parlare con Dio.
 Evidente una certa ironia, frequente in Machiavelli quando affronta il tema dell’uso della religione
come mezzo di dominio
 Sebbene i principi virtuosi mantengano il potere con meno difficoltà, ne incontrano di più
all’inizio
 Per dare sicurezza e stabilità allo Stato spesso devono introdurre nuovi ordini
 Questione del consenso dei sudditi
 Numerosi nemici che farebbero di tutto per salvaguardare le vecchie leggi
(da cui traggono vantaggio)
 Pochi e tepidi sostenitori
 Paura degli avversari
 Natura degli uomini a credere solo a ciò di cui hanno fatto esperienza
 Quando i nemici hanno occasione di assaltare, essi difendono il principe
allo stesso tepido modo
 È necessario che il principe abbia armi proprie per reprimere il
dissenso
La natura degli uomini è mutevole: “è facile a persuadere
loro una cosa, ma è difficile fermarli in quella persuasione;
e però conviene essere ordinato in modo che, quando e’
non credono più, si possa fare loro credere per forza”
 Esempi storici: tutti e’ profeti armati vinsono, e li
disarmati ruinorono
o Ciro, Teseo, Romolo avevano armi a disposizione
o Savonarola pose alla base della sua politica e
dell’ordinamento dagli creato solo parole e
prediche e quindi ruinò come la moltitudine
cominciò a non credergli; e lui non aveva modo a
tenere fermi quelli che avevano creduto, né a far
credere e’ discredenti
 Così avendo spenti quelli che di sua qualità li avevano
invidia, rimangono potenti, securi, onorati, felici.

Dopo aver delineato le caratteristiche del principato e come deve essere ottenuto affinchè sia
stabile duraturo, Machiavelli si occupa del Principe.

Capitolo XV
 M. apre la vera e propria trattatistica del principe, ponendo chiaramente le distanze
(partendomi massime) dai modelli idealizzati dei precedenti specula principum
 Volendo scrivere cosa utile a chi la intende (tratttato militante) si bassa sulla realtà dei fatti
(verità effettuale) non su un’immaginazione utopica
 colui che lascia quello che si fa per quello che si doverrebbe fare impara più tosto la
ruina che la perservazione sua: perché uno uomo che voglia fare in tutte le parte
professione di buono, conviene ruini infra tanti che non sono buoni
 Sul terreno della prassi politica ciò che talora è qualità, altra volta può diventare
vizio, quindi Onde è necessario a uno principe, volendosi mantenere, imparare a
potere essere non buono, e usarlo e non l’usare secondo la necessità
[Dopo una cataogazione di vizi e virtù, M. specifica che sarebbe cosa laudabilissima se tra questi
egli possedesse solo le seconde, tuttavia ciò non è possibile a causa delle condizioni umane che
non lo consentono]
 Il principe difronte a vizi e virtù deve:
 Evitare quei vizi che comprometterebbero il suo potere
 preferibilmente lasciar stare quelli che di per sé non costituiscono pericolo
 perseguire quelli che ne garantiscono la solidità
 evitare quelle virtù che però porterebbero alla rovina
 distinguere la politica dalla morale
 venga preservata la solidità dello Stato, il che è essenziale dal momento
che esso è l’unico baluardo dell’intera società che permette la convivenza
degli uomini, nonostante la loro natura egoista

Capitolo XVIII
Approfondisce, come già fatto nei precedenti 2 capitoli, l’argomento del 15 per cui il prinicipe deve
saper sfruttare sia i vizi che le virtù, e per farlo necessità dell’astuzia, a cui giunge attraverso il
metodo della classificazione dilemmatica
 il principe deve essere un centauro
= saper bene usare sia la bestia (la forza), che l’uomo (le leggi)
 l’una sanza l’altra non è durabile
La bestia tuttavia non va intesa solo come violenza (vd. cap VI) personificata da un
leone, ma anche come astuzia personificata dalla volpe ed entrambe sono essenziali
 il lione non si defende da’ lacci, la golpe non si defende da’ lupi. Bisogna,
adunque, essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi.
Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. […]
quello che ha saputo meglio usare la golpe, è meglio capitato.
 Per M. in linea di massima il principe deve non partirsi dal bene, potendo, ma sapere
intrare nel male, necessitato
 Ma per farlo è necessario che egli sia gran simmulatore e dissimultaore
= non che abbia in fatto tutte le soprascritte qualità ma che sembri di averle
 Quando necessario per mantenere lo Stato, sappi mutare il contrario […]
secondo ch’e’ venti della fortuna e le variazioni delle cose li comandano
 1. Il principe che possiede delle qualità specifiche, non è capace di farlo e va
in rovina
2. la generalità della popolazione inconsapevole sarà sempre colpita dalle
apparenze e dal successo dell’azione
 gli uomini, in universali, iudicano più agli occhi (l’apparenza) che alle
mani (concreta realtà);
 tocca a vedere a ognuno, a sentire a pochi quindi questi ultimi non
ardiscano opporsi alla opinione di molti che abbino la maestà dello stato
che li defenda
 laddove non c’è tribunale a cui appellarsi (iudizio a chi reclamare) si
guarda al risultato.

Il principe deve essere sempre leale o può non mantenere la parola data?
Per M. può, anzi deve, non farlo in due occasioni:
 quando farlo comprometterebbe la solidità del suo potere e dello Stato
 quando le circostanze che lo hanno spinto a stringere un patto non sono più valide
[Non può, pertanto, uno signore prudente, né debbe, osservare la fede, quando tale osservanzia li
torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere].
Ma, in realtà è sempre legittimato (vd. Cap. VI)
(mai a uno principe mancorono cagioni legittime di colorire la inosservanzia)
 gli uomini sono tristi, e se loro non la osservarebbono a te, tu etiam non l’hai ad osservare
a loro

Capitolo XV
Viene analizzato il problematico rapporto tra Virtù e Fortuna
1. introduzione della questione (righi 1-20): tra fortuna e virtù il conflitto è perenne
 l’opinione comune degli uomini è incline alla rassegnazione di fronte al potere
prevalente della fortuna (che fosse intesa come dea cieca che come ministra della
provvidenza)
 Machiavelli, pur ammettendo di essere stato anch’egli protagonista di questo
atteggiamento fatalistico, esprime il suo dissenso
 questa concezione negherebbe la possibilità di intervento sulla realtà da parte
dell’uomo, ovvero il libero arbitrio
2. inizia il ragionamento sugli aspetti generali questione
 La Fortuna viene paragonata ad un fiume che tanto può essere quieto tanto esondare
improvvisamente, distruggendo alberi e campagne
o Come nel caso dell’Italia priva di riparo a causa delle sue disastrose situazioni
politiche, che la rendono preda delle invasioni delle grandi potenze straniere
 non resta però che gli uomini, quando sono tempi quieti, non vi potessino fare
provvedimenti
3. si passa al particolare, ovvero all’influenza della Fortuna sulle scelte del Principe
 la fortuna è imprevedibile
 due principi potrebbero raggiungere lo stesso obiettivo con percorsi differenti e
viceversa
 bisogna cercare di prevenire, ma soprattutto adattare la propria azione alla
specificità delle situazioni
 il che tuttavia è spesso difficile
 non si può deviare da quello a che la natura lo inclina
 avendo sempre uno prosperato camminando per una via, non si può
persuadere partirsi da quella
4. Machiavelli non chiude il ragionamento con una deduzione logica, ma con uno scatto
inventivo, accordando la sua preferenza a un modo di agire audace ed energico
 la fortuna è donna
 è amica dell’energia e dell’audacia dei giovani.
 Va tenuta sotto, battuta e urtata con impeto
 Allo stesso modo il principe dove non basta imitare gli antichi, prevenire,
usare la forza deve agire con astuzia, ovvero saper simulare e dissimulare le
proprioe qualità

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