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La Dedica
La premessa del Pricipe non è altro che una lettera dedicatoria al suo destinatario, Lorenzo P.
de Medici
il trattato viene presentato come il dono più prezioso di Machiavelli
la profonda conoscenza politica di M. (la cognizione delle azioni degli uomini grandi)
frutto sia dell’esperienza teorica (continua lezione delle antique) che di quella pratica
(lunga esperienza delle cose moderne).
Che dà facultà a potere in brevissimo tempo intendere tutto quello che io, in tanti
anni e con tanti mia disagi e periculi, ho conosciuto e inteso.
o M. esprime la volontà di adoperare un linguaggio pratico, diretto e coinciso
(pur sempre cortigiano) privo di clause ample e parole ampullose, proprio
per tale ragione: la varietà della materia e la gravità del subietto bastano a
renderla grata.
In seguito, si difende da una possibile accusa di presunzione attraverso una metafora
1. Così come i cartografi per delineare meglio il profilo di una montagna devono osservarla
dal basso, allo stesso modo M., proprio perché proviene da un ceto popolare puoò
capire e valutare al meglio la linea di condotta del principe, ergo indicargli come
governare e comportarsi
Nella conclusione vengono espressi due desideri.
1. Che Lorenzo possa gradire l’opera, riconoscendone la grandezza e l’importanza 8talvolta
sminuite con falsa modestia)
2. Che egli possa riconoscere la sua condizione di miseria e amarezza e che possa
risollevarlo dalla sua cattiva sorte.
Capitolo I
Si apre con un esordio di tipo marcatamente classificatorio
tracciare attraverso secche contrapposizioni una sintesi rapidissima di tutta la trattazione
successiva.
Viene esposto in particolare uno dei principali esempi di procedimento logico-argomentativo su cui
si basa l’intero stile del trattato: la classificazione dilemmatica
= serie di proposizioni principali coordinate fra loro da congiunzioni avversative o
disgiuntive
educare il lettore a ragionare su più opzioni alternative e interrogarsi sul dilemma della
scelta
Esempio:
Dominio
Repubblica
Principato
o Nuovo
o Acquistato e aggiunto a domini preesistenti
Già principati
Repubbliche
Con armi proprie
Con armi straniere (mercenari)
Con Fortuna
Con Virtù*
*intesa come capacità dinamica e operativa di sostenere il contrasto con la “fortuna” e di saperne cogliere
le occasioni
Capitolo VI
Motivazione del riferimento a grandissimi esempli
1. Concezione naturalistica dell’uomo
2. Concetto di imitazione degli antichi (vd. Bracciolini) esteso alla politica
3. Con gli esempi più sublimi si ottengono risultati eccezionali
Metafora degli arcieri: così come gli arcieri per raggiungere un bersaglio lontano
puntano in alto sfruttando il moto parabolico, allo stesso modo se si punta ai
massimi esempi, magari non si arriverà così in alto, ma di sicuro molto lontano
La difficoltà del principe nuovo a mantenere il principato dipende strettamente dalla sua virtu
Il principe può far leva sia sulla Virtù che sulla Fortuna, tuttavia colui che è stato meno in
sulla fortuna, si è mantenuto più, ovvero è stato in grado di mantenere il potere con
maggiore saldezza e stabilità
I grandi uomini della storia che riuscirono a creare un nuovo ordinamento
(Mosè*, Ciro, Romolo) dalla fortuna non ebbero altro che un’occasione che
l’uomo virtuoso sa e deve cogliere perché di certo sanza quella virtù la
occasione sarebbe venuta invano, ma sanza quella occasione la virtù dello
animo loro si sarebbe spenta.
Tecnicamente Mosè non può costituire un esempio adatto un semplice esecutore degli ordini che gli
venivano da Dio, tuttavia deve essere ammirato, non fosse altro che per quella speciale grazia che lo
rendeva degno di parlare con Dio.
Evidente una certa ironia, frequente in Machiavelli quando affronta il tema dell’uso della religione
come mezzo di dominio
Sebbene i principi virtuosi mantengano il potere con meno difficoltà, ne incontrano di più
all’inizio
Per dare sicurezza e stabilità allo Stato spesso devono introdurre nuovi ordini
Questione del consenso dei sudditi
Numerosi nemici che farebbero di tutto per salvaguardare le vecchie leggi
(da cui traggono vantaggio)
Pochi e tepidi sostenitori
Paura degli avversari
Natura degli uomini a credere solo a ciò di cui hanno fatto esperienza
Quando i nemici hanno occasione di assaltare, essi difendono il principe
allo stesso tepido modo
È necessario che il principe abbia armi proprie per reprimere il
dissenso
La natura degli uomini è mutevole: “è facile a persuadere
loro una cosa, ma è difficile fermarli in quella persuasione;
e però conviene essere ordinato in modo che, quando e’
non credono più, si possa fare loro credere per forza”
Esempi storici: tutti e’ profeti armati vinsono, e li
disarmati ruinorono
o Ciro, Teseo, Romolo avevano armi a disposizione
o Savonarola pose alla base della sua politica e
dell’ordinamento dagli creato solo parole e
prediche e quindi ruinò come la moltitudine
cominciò a non credergli; e lui non aveva modo a
tenere fermi quelli che avevano creduto, né a far
credere e’ discredenti
Così avendo spenti quelli che di sua qualità li avevano
invidia, rimangono potenti, securi, onorati, felici.
Dopo aver delineato le caratteristiche del principato e come deve essere ottenuto affinchè sia
stabile duraturo, Machiavelli si occupa del Principe.
Capitolo XV
M. apre la vera e propria trattatistica del principe, ponendo chiaramente le distanze
(partendomi massime) dai modelli idealizzati dei precedenti specula principum
Volendo scrivere cosa utile a chi la intende (tratttato militante) si bassa sulla realtà dei fatti
(verità effettuale) non su un’immaginazione utopica
colui che lascia quello che si fa per quello che si doverrebbe fare impara più tosto la
ruina che la perservazione sua: perché uno uomo che voglia fare in tutte le parte
professione di buono, conviene ruini infra tanti che non sono buoni
Sul terreno della prassi politica ciò che talora è qualità, altra volta può diventare
vizio, quindi Onde è necessario a uno principe, volendosi mantenere, imparare a
potere essere non buono, e usarlo e non l’usare secondo la necessità
[Dopo una cataogazione di vizi e virtù, M. specifica che sarebbe cosa laudabilissima se tra questi
egli possedesse solo le seconde, tuttavia ciò non è possibile a causa delle condizioni umane che
non lo consentono]
Il principe difronte a vizi e virtù deve:
Evitare quei vizi che comprometterebbero il suo potere
preferibilmente lasciar stare quelli che di per sé non costituiscono pericolo
perseguire quelli che ne garantiscono la solidità
evitare quelle virtù che però porterebbero alla rovina
distinguere la politica dalla morale
venga preservata la solidità dello Stato, il che è essenziale dal momento
che esso è l’unico baluardo dell’intera società che permette la convivenza
degli uomini, nonostante la loro natura egoista
Capitolo XVIII
Approfondisce, come già fatto nei precedenti 2 capitoli, l’argomento del 15 per cui il prinicipe deve
saper sfruttare sia i vizi che le virtù, e per farlo necessità dell’astuzia, a cui giunge attraverso il
metodo della classificazione dilemmatica
il principe deve essere un centauro
= saper bene usare sia la bestia (la forza), che l’uomo (le leggi)
l’una sanza l’altra non è durabile
La bestia tuttavia non va intesa solo come violenza (vd. cap VI) personificata da un
leone, ma anche come astuzia personificata dalla volpe ed entrambe sono essenziali
il lione non si defende da’ lacci, la golpe non si defende da’ lupi. Bisogna,
adunque, essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi.
Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. […]
quello che ha saputo meglio usare la golpe, è meglio capitato.
Per M. in linea di massima il principe deve non partirsi dal bene, potendo, ma sapere
intrare nel male, necessitato
Ma per farlo è necessario che egli sia gran simmulatore e dissimultaore
= non che abbia in fatto tutte le soprascritte qualità ma che sembri di averle
Quando necessario per mantenere lo Stato, sappi mutare il contrario […]
secondo ch’e’ venti della fortuna e le variazioni delle cose li comandano
1. Il principe che possiede delle qualità specifiche, non è capace di farlo e va
in rovina
2. la generalità della popolazione inconsapevole sarà sempre colpita dalle
apparenze e dal successo dell’azione
gli uomini, in universali, iudicano più agli occhi (l’apparenza) che alle
mani (concreta realtà);
tocca a vedere a ognuno, a sentire a pochi quindi questi ultimi non
ardiscano opporsi alla opinione di molti che abbino la maestà dello stato
che li defenda
laddove non c’è tribunale a cui appellarsi (iudizio a chi reclamare) si
guarda al risultato.
Il principe deve essere sempre leale o può non mantenere la parola data?
Per M. può, anzi deve, non farlo in due occasioni:
quando farlo comprometterebbe la solidità del suo potere e dello Stato
quando le circostanze che lo hanno spinto a stringere un patto non sono più valide
[Non può, pertanto, uno signore prudente, né debbe, osservare la fede, quando tale osservanzia li
torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere].
Ma, in realtà è sempre legittimato (vd. Cap. VI)
(mai a uno principe mancorono cagioni legittime di colorire la inosservanzia)
gli uomini sono tristi, e se loro non la osservarebbono a te, tu etiam non l’hai ad osservare
a loro
Capitolo XV
Viene analizzato il problematico rapporto tra Virtù e Fortuna
1. introduzione della questione (righi 1-20): tra fortuna e virtù il conflitto è perenne
l’opinione comune degli uomini è incline alla rassegnazione di fronte al potere
prevalente della fortuna (che fosse intesa come dea cieca che come ministra della
provvidenza)
Machiavelli, pur ammettendo di essere stato anch’egli protagonista di questo
atteggiamento fatalistico, esprime il suo dissenso
questa concezione negherebbe la possibilità di intervento sulla realtà da parte
dell’uomo, ovvero il libero arbitrio
2. inizia il ragionamento sugli aspetti generali questione
La Fortuna viene paragonata ad un fiume che tanto può essere quieto tanto esondare
improvvisamente, distruggendo alberi e campagne
o Come nel caso dell’Italia priva di riparo a causa delle sue disastrose situazioni
politiche, che la rendono preda delle invasioni delle grandi potenze straniere
non resta però che gli uomini, quando sono tempi quieti, non vi potessino fare
provvedimenti
3. si passa al particolare, ovvero all’influenza della Fortuna sulle scelte del Principe
la fortuna è imprevedibile
due principi potrebbero raggiungere lo stesso obiettivo con percorsi differenti e
viceversa
bisogna cercare di prevenire, ma soprattutto adattare la propria azione alla
specificità delle situazioni
il che tuttavia è spesso difficile
non si può deviare da quello a che la natura lo inclina
avendo sempre uno prosperato camminando per una via, non si può
persuadere partirsi da quella
4. Machiavelli non chiude il ragionamento con una deduzione logica, ma con uno scatto
inventivo, accordando la sua preferenza a un modo di agire audace ed energico
la fortuna è donna
è amica dell’energia e dell’audacia dei giovani.
Va tenuta sotto, battuta e urtata con impeto
Allo stesso modo il principe dove non basta imitare gli antichi, prevenire,
usare la forza deve agire con astuzia, ovvero saper simulare e dissimulare le
proprioe qualità