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Il concetto di Illuminismo

L'Illuminismo è un movimento che nasce e si diffonde in Europa nella seconda metà del
Settecento. Questo movimento va contro tutte le idee irrazionali che esistono nella vita
politica, economica, sociale e morale e usa come arma la ragione: unica facoltà che permette
all'uomo di raggiungere la verità senza la guida di nessuna autorità sia religiosa che di di
qualsiasi altro tipo.
Secondo gli illuministi, ogni manifestazione della realtà deve essere sottoposta ad un esame
critico: in questo modo la ragione diventa il metro di giudizio assoluto in tutta l'Europa.
Il passato viene visto dagli illuministi come una serie di errori e per questo tutte le istituzioni
politiche, giuridiche e religiose vengono sottoposte all'esame critico e vengono respinte tutte le
idee e tutti i comportamenti che vengono ritenuti giusti solo perchè sono fondati sulla
tradizione o sulla fede.

Cosmopolitismo, filantropismo, deismo


Gli illuministi assumono precise posizioni, quella del:
• cosmopolitismo: l'uomo razionale è cittadino del mondo; gli illuministi assumono un
atteggiamento di apertura verso qualunque civiltà e dimostrano disponibilità
nell'accettare senza pregiudizi chiunque sia diverso da loro perchè partono dal
presupposto che gli uomini sono uguali tra loro poiché possiedono la ragione;
• filantropismo :molto vicino al cosmopolitismo, è la disponibilità ad amare gli altri
uomini, in quanto sono tutti portatori di ragioni;
• deismo :deriva dal rifiuto di una fede fondata sul dogmatismo imposto dall'autorità
ecclesiastica; è una dottrina che si fonda sulla ragione e ammette l'esistenza di Dio
come causa del mondo.

L'Illuminismo in Italia

L'Illuminismo in Italia fu stimolato dagli intellettuali francesi e si sviluppò in base ai contesti


culturali dei singoli Stati. In Italia, però, l'Illuminismo portò risultati concreti solo nel campo
morale ma non in quello sociale. Causa di questo fu la debolezza della borghesia
imprenditoriale che non riuscì a sostituirsi alla politica tradizionale, cioè la Chiesa e le proprietà
terriere.

L'Illuminismo in Italia si sviluppa in due principali città: Napoli e Milano.


A Napoli grazie alla politica riformista, portata avanti dalla dinastia dei Borboni, che rivendicava
i diritti dello Stato contro i privilegi della Chiesa.
A Milano gli intellettuali collaborarono con il governo riformista austriaco, il quale portò a una
riorganizzazione dell'apparato amministrativo, all'incremento dell'attività industriale e
commerciale e al rinnovamento delle strutture feudali. Il fatto che gli illuministi milanesi
abbiamo collaborato con il governo è segno che il lavoro dell'intellettuale subì una progressiva
evoluzione nel Settecento.

L'Illuminismo lombardo si preoccupò di divulgare le nuove idee ad un pubblico non letterato


tramite lo strumento giornalistico, con la rivista periodica “Il Caffè” che nasce nell'Accademia
dei Pugni. In questo periodico, gli illuministi milanesi puntavano su una letterature con
argomenti attuali, con un linguaggio immediato e non classicista.

Esistevano difficoltà di sostentamento per gli intellettuali italiani: essi non vivevano del
guadagno della loro attività, cioè della vendita delle proprie opere, ma coltivavano l'attività
letteraria come un passatempo e non come un lavoro; va fatta eccezione di: Giuseppe Baretti,
che faceva il traduttore a Londra e possedeva una rivista in Italia; Carlo Goldoni che era un
commediografo.

(testi: “Cos'è questo “caffè”?” pag. 367- “rinunzia avanti notaio al Vocabolario della Crusca”
pag.371)
Carlo Goldoni
Possiamo collocare questo intellettuale nel periodo tra l'Arcadia e l'Illuminismo. Goldoni,
essendo illuminista, va contro il dogmatismo religioso; dell'Illuminismo riporta il “viaggiare”; il
viaggio inteso non solo come ricerca di nuove cose, ma sopratutto come evasione: i nobili
veneziani, infatti, tramite i viaggi diventato i mediatori per gli aggiornamenti culturali. Egli
eredita la passione per il viaggio da suo padre, il quale, essendo medico, era costretto a
viaggiare spesso; fu proprio suo padre che lo spinse ad iscriversi alla facoltà di giurisprudenza.

Nel frattempo, Goldoni seguiva anche una compagnia teatrale. La professione dell'attore, però,
non era ben vista dalla società, anche perchè non garantiva un buon salario; infatti, Goldoni fu
sopraffatto dai debiti e si trasferì a Parigi.

Questo periodo è importante perchè il teatro viene completamente rivoluzionato: fino al 1700
esisteva la Commedia dell'Arte in cui gli attori avevano il canovaccio (una traccia) e
improvvisavano sul palco; inoltre, possedevano una maschera e ognuna di queste
rappresentava un certo tipo di carattere: simpatia, arroganza, timidezza, ecc... Il problema per
Goldoni era il fatto che una maschera non avrebbe mai potuto rappresentare al meglio il
carattere dell'uomo, fatto di sfumature psicologiche e comportamentali che rendono ogni
individuo unico.

Il motivo principale che spinse Goldoni a riformare il teatro fu, appunto, l'inverosimiglianza
degli intrecci: egli, infatti, essendosi formato nel clima del razionalismo arcadico non accettava
la stravaganza barocca. Non solo voleva produrre testi che potessero piacere al pubblico, ma
aspirava a una commedia verosimile che riflettesse la realtà. Così, sostituisce il canovaccio con
il copione; per questo si trovò di fronte a due problemi: il primo fu l'opposizione degli attori
che non volevano studiare il copione e temevano che in questo modo il protagonista sarebbe
diventato l'autore; e il pubblico che pensava che un attore non avrebbe potuto rappresentare
al meglio un personaggio scritto dall'autore.

Nella sua riforma, Goldoni, si ispira ai due “libri” su cui ha studiato: il “Mondo” e il “Teatro”,
cioè la realtà vissuta e la scena.

(Testi: pag. 396 “mondo e teatro nella poetica di Goldoni” - pag. 404 “il primo avvio alla
riforma della commedia”).

Giuseppe Parini
Parini nacque nel 1729 da una famiglia modesta. Quando la sua prozia morì, gli lasciò una
piccola rendita annua che avrebbe potuto avere solo a condizione che diventasse sacerdote.
Così, Parini iniziò a scrivere i primi testi ed entrò nell'Accademia dei Trasformati dove si
riunivano nobili con idee illuministe ma con posizioni moderate.
Fu assunto come precettore dei figli del duca Gabrio Serbelloni; in questo modo entrò a
contatto con l'ambiente nobiliare ed ebbe la possibilità di osservare dall'interno la vita
aristocratica che poi rappresentò satiricamente nel Giorno. La duchessa Maria Vittoria,
separata dal marito, aveva una relazione con Pietro Verri: quindi l'ambiente culturale di casa
Serbelloni fu molto vivo.
In seguito a una discussione con la duchessa, Parini si licenziò e fu assunto come precettore
del figlio del conte Giovanni Maria.

Parini, come Pietro Verri e Cesare Beccaria, assunse la figura tipica dell'intellettuale illuminista
milanese: direttamente al servizio dello Stato riformatore. Infatti, gli furono affidati diversi
incarichi ufficiali come: la direzione della “Gazzetta di Milano” e la cattedra di “belle lettere”
nelle Scuole Palatine.

Come altri intellettuali, Parini si illuse che la Rivoluzione francese avrebbe portato riforme
radicali e la realizzazione dei principi illuministici di libertà ed uguaglianza ma, dopo gli eccessi
sanguinari del Terrore assunse posizioni più negative.
Parini e gli illuministi
Anche se Parini può essere collocato nell'ambito dell'intellettualità illuminista e riformista, i suoi
rapporti con l'Illuminismo non sono del tutto lineari: come l'atteggiamento verso l'Illuminismo
francese. Infatti respinge le posizioni antireligiose di cui parla duramente nel Mezzogiorno:
nonostante vada contro ogni forma di fanatismo religioso, giudichi negativamente la
controriforma e ritenga intollerabili i roghi di ebrei, Parini crede comunque nella religione. Egli
la considera come un indispensabile freno delle passioni umane e come garanzia di salvezza.
Per questo condanna le teorie dei philosophes ritenendole pericolose per l'uomo e giudica
stupido l'atteggiamento di chi giudica la religione con sprezzante superiorità.
Tuttavia, Parini accetta i principi egualitari dell'Illuminismo francese: crede nell'uguaglianza di
tutti gli uomini e nella necessità di riconoscere ad ogni individuo una pari dignità sociale, a
prescindere dalla classe di cui fa parte.

Da queste idee ha origine la sua posizione verso la nobiltà, che verrà espressa satiricamente
nel Giorno. Parini critica la classe aristocratica considerandola improduttiva e oziosa: sul piano
economico perchè utilizza il denaro derivato dalle sue rendite anziché impegnarsi nel lavoro per
accrescerle; sul piano intellettuale perchè i nobili non dedicano più il loro ozio allo studio ma ad
altro; e sul piano civile perchè non si preoccupano si investire cariche e magistrature che siano
utili al bene pubblico.
Per Parini la classe aristocratica non deve essere eliminata ma rieducata.

Anche verso gli illuministi lombardi Parini è in disaccordo: egli non condivideva il
cosmopolitismo e temeva che l'atteggiamento entusiastico degli intellettuali lombardi verso
l'Illuminismo francese avrebbe portato all'introduzione di francesismi nella lingua italiana.
Inoltre, mentre gli illuministi lombardi respingono il classicismo e utilizzano un linguaggio più
semplice e immediato, Parini rimane fedele all'idea di letteratura classica.

(testi: pag. 496-515-525-529)

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