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L’OPERA ITALIANA NEI TERRITORI BOEMI


DURANTE IL SETTECENTO
I

collana diretta da

Tomislav Volek, Milada Jonášová e Ondřej Macek


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Antonio Boroni
e il suo dramma giocoso
L’amore in musica

a cura di Milada Jonášová

Società Mozartiana della Repubblica Ceca

Ensemble Hof-Musici

Praga – Český Krumlov 2016


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Prossimo volume della collana:

Antonio Caldara nel contesto del suo tempo

Il convegno dedicato ad Antonio Caldara sarà sostenuto dall’Accademia delle Scienze


della Repubblica Ceca con un finanziamento nell'ambito del programma
“Collaborazione tra Regioni e istituti” per l’anno 2016.

In copertina: Antonio Boroni (Österreichische Nationalbibliothek, Bildarchiv)

Traduzione delle prefazioni: Dr. Marie Kronbergerová, PhD.

Traduzione dell’introduzione, del saggio di Tomislav Volek


e del saggio di Milada Jonášová: Dr. Alessandro Venturini

Revisione linguistica dei testi italiani: Dr. Lucio Tufano

Tipografia: SERIFA®, s. r. o., Jinonická 80, Praha 5


Impaginazione: Olga Pašková (Serifa)

© Mozartova obec v České republice, Praha 2016


© Sdružení barokního souboru Hof-Musici, Český Krumlov 2016

ISBN 978-80-904656-0-2
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Indice

Prefazione della collana 7

Prefazione del volume 8

Intervento di saluto del direttore dell’ Istituto italiano di cultura,


Dott. Giovanni Sciola 13

Programma del convegno 14

SAGGI
Tomislav VOLEK
Introduzione 19

Tomislav VOLEK
L’eccezionalità dell’opera italiana a Praga nel Settecento 23

Milada JONÁŠOVÁ
Nuovi aspetti biografici su Antonio Boroni dalle sue lettere.
Le opere di Boroni e in particolare le versioni
dell’Amore in musica 45

Silvia Gisela HERBSTHOFER


Antonio Boroni in Stuttgart 75

Manfred Hermann SCHMID


Theater im Theater: Jommellis Il cacciator deluso,
Boronis L’amore in musica und Mozarts
Der Schauspieldirektor 81

Lucio TUFANO
Sulle tracce di Oranzebe. L’opera seria di Calzabigi
e Gassmann 137

5
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Raffaele MELLACE
«La scimia, il papagallo e la spinetta»: l’arte della diva
nella Ritornata di Londra di Goldoni e Fischietti 165

DOCUMENTI

Libretto L’amore in musica (Praga 1765)


facsimile 187

Libretto L’amore in musica (Venezia 1763)


trascrizione di Ondřej Macek 237

Hellmuth Christian WOLFF


L’opera nell’opera: L’amore in musica
di Antonio Boroni (Venezia, 1763) 293

Ondřej MACEK
Ensemble Hof-Musici 319

Documentazione fotografica 325

6
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Prefazione della collana

Questa nuova collana di atti di convegni è dedicata allo studio dell’opera ita-
liana nei territori boemi durante il XVIII secolo. Uno dei presupposti di tale
serie di pubblicazioni è costituito dall’attività dell’ensemble Hof-Musici, fon-
dato e diretto da Ondřej Macek, che vanta un’esperienza più che ventennale
nell’esecuzione e nell’allestimento di opere sconosciute risalenti soprattutto
alla prima metà del Settecento, in molti casi date in prima mondiale in epoca
moderna. Il successo del primo tentativo di coordinamento tra ricerca musi-
cologica ed esperienza interpretativa (testimoniato dal contenuto della pre-
sente raccolta) ha condotto a concepire un nuovo progetto che prevede –
auspicabilmente ogni anno – la realizzazione di un convegno musicologico
internazionale abbinato al recupero e alla rappresentazione di una nuova
opera settecentesca da parte dell’ensemble Hof-Musici. Dopo il primo incon-
tro di studi realizzato presso l’Istituto Italiano di Cultura di Praga, a partire
dal settembre 2016 i convegni avranno luogo presso il Centro di Cultura
Barocca della città di Český Krumlov, in concomitanza con le esecuzioni ospi-
tate nel teatro del castello per il Festival delle arti barocche. Oltre ai ricerca-
tori cechi, verranno invitati esperti provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti.

Praga – Český Krumlov, 15 agosto 2016

Tomislav Volek, Milada Jonášová, Ondřej Macek

7
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“La scimia, il papagallo e la spinetta”.


L’arte della diva nella Ritornata di Londra
di Goldoni e Fischietti
RAFFAELE MELLACE

Il solido prodotto d’una ben collaudata macchina


da guerra
La ritornata di Londra di Carlo Goldoni e Domenico Fischietti appartiene
all’approvvigionamento serrato di drammi giocosi per musica garantito dal
commediografo veneziano negli anni Cinquanta del Settecento. Tra l’au-
tunno 1748 e l’estate 1762, ovvero tra La scuola moderna e La bella verità,
Goldoni produsse, se s’includono nella serie alcune seconde versioni, non
meno di 53 drammi, alla media notevolissima di quasi quattro titoli
all’anno.1 La ritornata di Londra, in scena al Teatro San Samuele di Venezia
il 7 febbraio 1756,2 undici giorni dopo la nascita di Wolfgang Amadeus
Mozart, si attesta a circa 2/3 di quel percorso, di poco successiva a titoli
quali Il filosofo di campagna, Lo speziale, La diavolessa (1754/55), di poco
precedente alla Buona figliuola, L’isola disabitata, Il mercato di Malmantile
(1757/58).3 Il debutto avvenne nell’arena familiare del San Samuele, cui
Goldoni era legato da un’importante collaborazione ormai ventennale.
A prescindere dall’esperienza nel genere serio, risalente ancora agli anni

1
Il colpo d’occhio sulla produzione di Goldoni poeta comico per musica è disponibile al sito
www.carlogoldoni.it, curato da Anna Laura Bellina e Luigi Tessarolo.
2
Cfr. A. Groppo, Catalogo purgatissimo di tutti li drammi per musica recitatisi ne' teatri di Venezia
dall'anno MDCXXXVII sin oggi [1767], Venezia, 1741 [ma 1767], ms., I-Vnm, cod. it., VII, 2326
(= 8263), pp. 310-312: «1756. 942. «Ritornata di Londra. Teatro di San Samuele. Poesia Goldoni.
Musica di Domenico Fischietti»; [Marcantonio Corniani Algarotti], Annali drammatici, musicali, pit-
torici, teatrali della città di Venezia nei secoli XVII, XVIII e XIX a tutto l'anno 1836…, Venezia, 1837,
ms., I-Mb, raccolta drammatica Corniani Algarotti, 6011, p. 487, n. 926: «1756. D'inverno. Ritornata
di Londra. Poesia di Carlo Goldoni. Musica di Domenico Fischietti napoletano». La data esatta si
deduce da E. Selfridge-Field, A New Chronology of Venetian Opera and Related Genres, 1660-1760,
Stanford (CA), Stanford University Press, 2007, p. 557.
3
Nell’autunno 1756 venne ripreso al S. Samuele Il filosofo di campagna, nel carnevale 1757
Le nozze. La ritornata di Londra e i due gruppi di titoli in questione sono già disponibili in edizione
critica nel sito citato; lo saranno prossimamente anche in edizione cartacea rispettivamente
in C. Goldoni, Drammi comici per musica. 3. 1754-1756, a c. di A. Vencato, intr. di L. Tufano
e 4. 1756-1758, a c. di A. Vencato, intr. di R. Mellace, Venezia, Marsilio (quest’ultimo volume com-
prende anche La ritornata di Londra).

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giovanili (1735-43),4 e da altre, precedenti apparizioni in quello comico (tra


queste Il filosofo di campagna, datovi già nel 1754 della prima, forse bolo-
gnese, Li matti per amore, anch’esso 1754, Lo speziale, stesso anno, con la
musica di Fischietti per gli atti II e III,5 La diavolessa, 1755), non meno di
sei sono infatti i drammi, quasi tutti giocosi, preparati per le scene della fa-
miglia Grimani tra il 1756 e il 1758: La cascina e La ritornata di Londra per
il carnevale 1756, Statira (unico titolo serio, probabile rifacimento d’autore
del dramma del 1741) per la fiera dell’Ascensione dello stesso anno, L’isola
disabitata per l’autunno 1757, Il mercato di Malmantile e La conversazione
per il carnevale 1758. La rappresentazione non avveniva in una congiuntura
storica propriamente banale. Un mese prima, il 16 gennaio 1756, proprio
a Londra re Giorgio II e re Federico II di Prussia firmavano il Trattato di
Westminster, immediatamente inviso all’Austria e alla Russia, prodromo di
quel rovesciamento delle alleanze nello scacchiere europeo che avrebbe
spianato la strada alla Guerra dei sette anni (1756-63), il primo, aspro con-
flitto mai combattuto su scala mondiale. Goldoni non poteva sospettarlo,
ma per qualche anno il tragitto compiuto dalla Ritornata da Londra a Bo-
logna non sarebbe stato più tanto agevole. Né peraltro il commediografo
avrebbe probabilmente sospettato l’interesse, per quanto modesto, dei po-
steri per questo suo lavoro, che nei Mémoires non degna nemmeno d’un
accenno fugace.
In realtà lo spettacolo dovette configurarsi perlomeno come il solido
frutto d’una collaudata macchina artistico-produttiva. È possibile inferirlo
già ad apertura del libretto, stampato per i tipi di Angiolo Geremia. Il parate-
sto lo dichiara infatti esito della collaborazione di artefici di primo piano del-
l’industria teatrale della Laguna:

La musica è del signor Domenico Fischetti, maestro di cappella napolitano.


Le scene sono del signor Andrea Urbani.
I balli sono invenzioni del signor Giovanni Antonio Terrade.
Il vestiario è del signor Natale Canziani.

Domenico Fischetti,6 napoletano di nascita e di formazione (studiò al


Conservatorio di Sant’Onofrio, dove ebbe tre maestri d’eccezione: Francesco
Feo, Francesco Durante e Leonardo Leo), dopo gli esordi alle falde del Vesu-
vio (spicca nel 1749 l’allestimento dell’Abbate Collarone di Pietro Trinchera

4
Questa produzione è disponibile anche in edizione cartacea: C. Goldoni, Drammi musicali per
i comici del San Samuele, a c. di A. Vencato, Venezia, Marsilio, 2009 e Idem, Drammi seri per musica,
a c. di S. Urbani, Venezia, Marsilio, 2010.
5
Quella del I si deve invece a Vincenzo Pallavicini.
6
Sulla figura del compositore cfr. le voci a lui dedicate, a firma rispettivamente di Paul Nettl e Ulis-
se Prota-Giurleo nell’Enciclopedia dello spettacolo, V, Roma, Le maschere, 1958, col. 404 s., Raoul
Meloncelli, in Dizionario biografico degli italiani, XLVIII, Roma, Treccani, 1997, pp. 248-251, Dennis
Libby con Rosa Leonetti, in New Grove Dictionary , 2a ed., VIII, p. 902 s., e G. Poppe, in Die Musik
in Geschichte und Gegenwart, 2a ed., Personenteil, VI, coll. 1275-1278.

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al malfamato Teatro della Pace), nel 1753 si trasferì a Venezia, base per una
carriera che si svolse quasi esclusivamente in Italia settentrionale e a Nord
delle Alpi. Prima d’avventurarsi, plausibilmente entro il 1762, nelle stazioni
che caratterizzeranno la sua vicenda esistenziale e professionale (Praga, dove
collaborò con le compagnie Molinari e Bustelli; Dresda, dove arrivò al seguito
di Giuseppe Bustelli, ma assunse dal 1766 al 1772 la carica di maestro di cap-
pella; Salisburgo, dove ricoprì diversi incarichi tra il 1772 e il 1783, parteci-
pando nel 1775 con la serenata Gli orti esperidi ai festeggiamenti per la visita
dell’arciduca Massimiliano Francesco per i quali Mozart compose Il re pasto-
re), Fischietti collaborò strettamente per un intero lustro con Carlo Goldoni,
del quale mise in musica tra il 1754 e il 1758 quattro titoli (Lo speziale, limi-
tatamente agli atti II e III, La ritornata di Londra, Il mercato di Malmantile
e Il signor dottore) destinati a non piccola fortuna. Se per nulla occasionale
è il sodalizio tra librettista e musicista, non meno collaudati risultano i re-
sponsabili degli altri, imprescindibili elementi dello spettacolo: scene, balli
e costumi. L’affrescatore e scenografo veneziano Andrea Urbani (1711-1798)7
fece propria la lezione di Tiepolo in un’attività vasta e multiforme esercitata
in tutta la Serenissima in residenze private (palazzi, ville e castelli, come i Ca-
stelli Grimani Marcello di Montegalda e d’Arcano Superiore, le Ville Grimani
Vedramin Calergi Valmarana di Noventa Padovana e Pisani di Stra), in chiese
(il Duomo di Udine, San Giovanni Evangelista a Portogruaro) e in teatro: il ca-
talogo Sartori registra non meno di 33 allestimenti scenici affidati all’artista.8
Questa collaborazione con Goldoni si situa alla vigilia del prestigioso sog-
giorno a Pietroburgo, dove Urbani lavorò al Palazzo d’inverno tra il 1760 e il
1763. Non meno qualificato il contributo dei balli, «invenzioni del signor
Giovanni Antonio Terrade», alias il danzatore e coreografo francese Jean-
Antoine Terrades, collaboratore di Jean-Georges Noverre e divulgatore del
pensiero del più illustre collega, attivo a lungo in Italia, a Venezia tra il 1755
e il 1792, come anche a Milano, a Firenze e altrove, con non meno di 76 al-
lestimenti diversi rubricati in Sartori.9 298 sono invece gli spettacoli registrati
all’attivo del costumista Natale Canziani,10 la cui carriera, dalla durata stra-
ordinaria, è attestata sin dal 1720, dal Carceriere di se stesso di Antonio Salvi
e Giuseppe Maria Orlandini allestito quell’anno al Carignano di Torino, e dal
Lucio Papirio dei medesimi autori per Pesaro, carnevale 1721, passando,
a mo’ d’esempio, per titoli come il Demetrio e il Siroe metastasiani con musica
di Hasse, rispettivamente Venezia 1732 e Bologna 1733. Quadrio ne rievoca

7
Cfr. D. Urbani de Gheltof, Andrea Urbani pittore architetto veneziano, Venezia, Tipografia Na-
ratovich, 1869, C.B. Tiozzo, Andrea Urbani pittore. Opera completa, Vicenza, Edizione d’Arte Galleria
Veneta, 1972 e Andrea Urbani: scenografo e frescante (1711-1798), Catalogo della mostra, Padova,
Oratorio di San Rocco, ottobre-novembre 1972, a c. di L. Grossato, Padova, Tipografia Antoniana,
1972.
8
C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici I, Cuneo, Bertola & Locatelli,
1993, p. 498.
9
Ivi, pp. 513 s.
10
Ivi, p. 517.

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in termini assai elogiativi il servizio parmigiano: «Veneziano, fu già servidor


attuale del Duca di Parma; e l’impiego suo era di vestir i personaggi dell’ope-
re che in quel Ducal Teatro erano con somma magnificenza rappresentate.
In quest’arte d’idear abiti era così eccellente che pochi gli anderanno del
pari».11

Un cast di specialisti
Difficile chiedere di meglio anche sul piano della compagnia vocale, la
medesima collaudata quaranta giorni prima, il 27 dicembre 1755, nella prima
opera della stagione, La cascina:

IL CONTE RIDOLFINO (il signor Giuseppe Celesti)


LA CONTESSA sua sorella (la signora Antonia Zamperini)
MADAMA PETRONILLA virtuosa di musica (la signora Serafina Penni)
CARPOFERO di lei amante che si finge fratello (il signor Giovanni Leonardi)
IL MARCHESE DEL TOPPO (il signor Michele Del Zanca)
IL BARONE DI MONTEFRESCO (il signor Giovanni Lovatini)
GIACINTA cameriera di madama (la signora Rosa Puccini)

La coppia seria è affidata al contraltista Giuseppe Celesti, di cui è atte-


stata una breve carriera nel tragitto dalla provincia (Perugia, Ravenna) alla
Laguna nel cuore degli anni Cinquanta.12 Per Goldoni il cantante aveva già
interpretato il ruolo analogo del Conte Nastri nella Diavolessa. La ritornata
potrebbe aver rappresentato la sua ultima apparizione sulle scene. Ben altra
caratura presenta la Contessa, il soprano Antonia Zamperini, che intercet-
tiamo nella promettente fase iniziale d’una carriera che si protrarrà almeno
fino al 1777 e la vedrà impegnata in una fitta serie di ruoli, a Venezia, ma
anche a Londra e Lisbona. Con Goldoni collaborava dal 1754, quando aveva
interpretato Il filosofo di campagna (Rinaldo) e La diavolessa (Contessa
anche in quel caso), mentre s’era cimentata, in quello stesso 1756, con un ul-
timo titolo, La cascina (Lavinia). Il ruolo della Ritornata stessa, ovvero
Madama Petronilla, «virtuosa di musica», è affidato a una garanzia quale
Serafina Penni (Penna), interprete goldoniana per eccellenza, di bella presenza
scenica e collaudate doti attoriali, la quale, all’opposto della Zamperini, si
trovava, ormai espertissima, nella fase declinante d’una carriera inaugurata
nel 1744: carriera italiana, specificamente veneziana e, come si diceva, gol-
doniana: dal debutto nell’Arcadia in Brenta (Laura) la Penna aveva infatti

11
F.S. Quadrio, Della storia e della ragione di ogni poesia, III, p. II, Milano, Agnelli, 1744, p. 550.
12
Per le carriere dei cantanti cfr. innanzitutto Sartori, I libretti italiani a stampa cit., Indici II, 1994,
ad voces e le tabelle in appendice a Goldoni, Drammi comici per musica 1. 1748-1751, a c. di S. Ur-
bani, intr. di G. Polin, Venezia, Marsilio, 2007, pp. 924-947 e Idem, Drammi comici per musica 2.
1751-1753, a c. di A. Vencato, intr. di M. Bizzarini, Venezia, Marsilio, 2011, pp. 741-757, nonché la
succinta voce dedicata da C. Timms a Serafina Penna nel New Grove Dictionary of Opera, III, p. 945.

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preso parte al Negligente (Aurelia), Il mondo della luna (Clarice), Arcifanfano


re dei matti (Madama Garbata), Il mondo alla roversa (Cinzia), La masche-
rata (Lucrezia), Le donne vendicate (Eleonora),13 Il Conte Caramella (Ghitta),
Le pescatrici (Nerina), Le virtuose ridicole (Melibea), I portentosi effetti della
madre natura (Cetronella), La calamita de’ cuori (Bellarosa), I bagni d’Abano
(Rosina), De gustibus non est disputandum (Artemisia, a Brescia e a Milano),
La diavolessa (Dorina), La cascina (Lena), La buona figliuola (a Venezia nel
1760). Peraltro la Penni non dismetterà il ruolo di Madama Petronilla in Laguna,
ma porterà La Ritornata quello stesso autunno 1756 al Teatro Carignano di
Torino. Il profilo della prima buffa è condiviso dalla sua controparte maschile,
il basso Giovanni Leonardi (Carpofero), specializzato fin dagli esordi, a fine
anni Quaranta, nel repertorio comico, che diffonde nell’Italia centro-setten-
trionale fino al trasferimento nel 1764 a Lisbona, dove svolgerà, ancora per un
quarto di secolo (fino al 1786), gran parte della propria carriera. Molto Goldoni
anche per Leonardi, che si fa carico di numerosi ruoli chiave: dall’Arcadia in
Brenta (Fabrizio) al Mondo della luna (di volta in volta Cecco, Eclittico e Buo-
nafede), dal Mondo alla roversa (Graziosino) alla Mascherata (Menichino),
proseguendo fino alla Diavolessa (Giannino), tanto in Laguna quanto nelle
altre sale dell’Italia del Nord. Al ruolo interpretato nella Ritornata, ultima com-
parsa del basso romano in una “prima” goldoniana, Leonardi rimase affezio-
nato, portando l’opera nel 1758 a Bergamo e a Livorno, e l’anno dopo al Teatro
Valle di Roma, con Filippo Laschi nel ruolo del Marchese del Toppo. Leonardi
avrebbe anche interpretato il personaggio di Anselmo nella ripresa dell’Amo-
re in musica di Boroni, a Lisbona nel 1766. Si viaggia su livelli analoghi con
un terzo interprete, il Marchese del Toppo di Michele Del Zanca, altro basso
buffo da annoverare tra «i più attivi e stimati sui palcoscenici internaziona-
li»,14 còlto come Leonardi, all’epoca della Ritornata, nel primo decennio d’una
lunga carriera estesa tra il 1751 (con lavori come l’intermezzo di Johann
Adolf Hasse Il Baron Cespuglio, la cui musica a lungo ritenuta perduta, è re-
centemente riemersa)15 e il 1780, carriera in gran parte italiana, non senza
tuttavia importanti apparizioni a Londra nel 1770/71 e prima ancora a Vienna
nel 1764, dove Del Zanca interpretò Anselmo nell’Amore in musica di Boroni,
ruolo che aveva lui stesso creato l’anno prima a Venezia. Notevole il pedigree
goldoniano di Del Zanca, che intercetta l’avvocato veneziano a Firenze, con
La calamita de’ cuori (1753, Saracca), partecipando alle “prime” dei drammi

13
In quell’occasione Corniani (Annali drammatici cit., p. 461) aveva registrato che «riportò ab-
bondantissimo applauso la signora Seraffina Penni, mediocre cantante ma valorosa e graziosissima
attrice» (cit. in Bizzarini, Introduzione a Goldoni, Drammi comici per musica 2. cit., p. 15). Nel 1746
il conte Bolognini l’aveva definita «bella ed amabile ragazza cantatrice […] assai brava ed ha una
bellissima voce» (cfr. P. Maione, La musica “viaggiante” nelle carte dei ministri napoletani a Dresda
nel Settecento, in «Studi pergolesiani / Pergolesi Studies» 8, a c. di C. Bacciagaluppi, H.-G. Ottenberg
e L. Zoppelli, pp. 101-170).
14
G. Cicali, Il buffo internazionale. Sulle tracce di Pietro Pertici, in «Problemi di critica goldoniana»,
XII, 2005, pp. 5-50: 10. Su Del Zanca cfr. anche ivi, p. 31 s. e Idem, Attori e ruoli nell'opera buffa ita-
liana del Settecento, Firenze, Le Lettere, pp. 170-173.
15
Cfr. R. Mellace, Johann Adolf Hasse, Beeskow, Ortus Musikverlag, 2016, p. 26 s.

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giocosi proposti nel torno d’anni della Ritornata tra Venezia e Parma (La ca-
scina, La buona figliuola, Il festino). Nella fase iniziale del loro percorso si
trovano anche il tenore Giovanni Lovatini, interprete del Barone di Monte-
fresco, e la seconda buffa, il soprano Rosa Puccini (Giacinta). Il loro percorso
non è sovrapponibile, nonostante la concomitanza del debutto, verso il
1752/53: connotata in senso internazionale, la carriera di Lovatini, interprete
anch’egli squisitamente goldoniano (le “prime” della Diavolessa, della Cascina
e della Ritornata, ma anche molti altri ruoli sostenuti per un ventennio) lo
vide a Vienna nel 1764/65 ma soprattutto per un intero decennio (1766-75)
a Londra. La Puccini, la cui ultima comparsa attestata risale al 1770 a Pescia,
si mosse invece quasi esclusivamente sulle scene dell’Italia centro-setten-
trionale, in un percorso caratterizzato da due zone nettamente contrastanti:
una fase buffa e segnatamente goldoniana negli anni Cinquanta (partecipa
anche lei alla serie di “prime” del 1755-57, dalla Diavolessa al Festino – è la
prima Sandrina della Buona figliuola –, sviluppando un intenso, fortunato so-
dalizio professionale con Michele Del Zanca, tanto nell’intermezzo quanto
nel dramma giocoso, tale da configurare i due artisti come «micronucleo da
coppia buffa»);16 dal 1760, interrottosi il rapporto con Del Zanca, una fase
successiva, confinata alla natia toscana, che la vede sovente impegnata in
ruoli seri minori.

La fortuna europea
Il buon successo incontrato dalla Ritornata tra gli anni Cinquanta e Ses-
santa (24 allestimenti fino al 1769) rappresenta un caso emblematico della
disseminazione italiana ed europea dell’opera buffa in un frangente chiave
per l’affermazione internazionale del genere.17 Se in ambito nazionale la si
vede al Regio Ducale di Milano e al Carignano di Torino già nell’autunno
1756, al Formagliari di Bologna nel carnevale 1757, al Teatro del Cocomero
di Firenze nella primavera 1757, a Bergamo e a Livorno nel 1758, a Forlì e al
Valle di Roma nel 1759 e in un’altra decina di allestimenti entro il 1768,18
ancor più significativa risulta la diffusione europea. La ritornata viene pro-
posta sin dall’estate 1756, a pochi mesi dalla “prima” veneziana, a Dresda,
nel cosiddetto Morettisches Opernhaus, in un allestimento della compagnia
di Giovanni Battista Locatelli che la riproporrà il 15 febbraio 1758, per la sta-

16
Cicali, Attori e ruoli cit., p. 172. I due artisti compaiono insieme sin dalle prime esperienze sce-
niche documentate della Puccini, I cicisbei delusi di Livorno e La vedova ingegnosa di Firenze, en-
trambi 1752, fino all’Ortolanella astuta di Madrid, 1758.
17
Buona anche la trasmissione delle fonti musicali. Tralasciando le arie staccate, della Ritornata
di Fischietti si conservano non meno di cinque partiture in A-Wn, D-B (1800 ca), D-Dl (in parte auto-
grafa), D-LEm e P-La. La partitura parzialmente autografa conservata a Dresda (Mus.3269-F-501)
è consultabile digitalizzata in rete, al link http://digital.slub-dresden.de/werkansicht/dlf/88203/1/,
consultato il 17 novembre 2015. Alle pagine di quel testimone si rimanderà d’ora in avanti.
18
I dati delle rappresentazioni, in Italia e all’estero, si leggono in Sartori, I libretti italiani a stampa
cit., R-Z, pp. 46-49.

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gione di Carnevale, a Pietroburgo, durante il regno della zarina Elisabetta,


impegnata a quell’epoca nella guerra dei Sette anni contro l’Inghilterra, dun-
que in un clima politico-culturale in cui sarà stata accolta di buon grado la
satira contro l’anglofilia.19 Se l’opera raggiunse Praga già nel carnevale 1757,
l’Aja nel 1759, Monaco di Baviera nel 1761, Hildburghausen nel 1765, al ter-
mine del decennio, nel 1769, la si ascoltava ancora a Barcellona.20 Quell’anno
stesso rientrò poi in un calendario di rappresentazioni d’eccezione. Nel con-
testo dello storico incontro tra Federico il Grande e l’imperatore Giuseppe II,
avvenuto a Neiße nell’estate 1769,21 il re di Prussia aveva infatti predisposto
in onore dell’ospite asburgico la rappresentazione di due titoli di Goldoni/Fi-
schietti, Il mercato di Malmantile e appunto La ritornata, che debuttò il
26 agosto: un’operazione, costata alle casse prussiane ben 3414 talleri impe-
riali, che testimonia la comune passione dei due monarchi (nemici di lunga
data, ma entrambi assai competenti sul piano musicale) per l’opera buffa,
importata precocemente tanto a Potsdam quanto a Vienna. Il mercato di Mal-
mantile era già comparso l’anno prima a Potsdam e fin dal 1763 a Vienna, al-
lestito al teatro di Laxemburg dalla Gesellschaft der Opera buffa di Giacomo
Maso, quasi a inaugurare «die neue Ära der Buffarezeption».22 Sull’allesti-
mento eccezionale di Neiße ci resta, oltre al resoconto lapidario, limitato alla
registrazione dell’evento, nelle Berlinischen Nachrichten von Staats- und ge-
lehrten Sachen del 31 agosto 1769,23 la testimonianza della contessa Therese
von Schaffgotsch, che nel suo diario commenta:

Die Opera, welche den Namen Il ritorne die Londres führte, war hübscher
als gestern. Die zwey Monarchen waren auch sehr attentiv dabey, und der
Keyser lachte einmal aus Grund seines Hertzens. Die Opera dauerte sehr
lange.24

A Neißen La ritornata piacque dunque, sembrerebbe più ancora d’un


titolo di successo come Il mercato di Malmantile, e un suo luogo, benché non

19
Cfr. A. Cross, “A Red Hot English Woman”: Princess Dashkova’s Love Affair with Britain, in
«Transactions of the American Philosophical Society», XCVI, 2006, 1, pp. 89-96: 89.
20
E. Carbonell Graells, I drammi giocosi per musica di Goldoni nella Barcellona del secolo XVIII:
un breve appunto sulla questione attraverso le edizioni conservate, in «Problemi di critica goldonia-
na», XIV, 2009, pp. 121-134: 123.
21
L’incontro è celebrato dalla tela di Adolph von Menzel Begegnung Friedrichs II. mit Kaiser Joseph
II in Neiße im Jahre 1769 (1857), Berlino, Staatlische Museen, Nationalgalerie. Su quel dipinto,
cfr. Adolph Menzels “Begegnung Friedrichs II. mit Kaiser Joseph II. in Neisse im Jahre 1769” und
Moritz von Schwinds “Kaiser Rudolfs Ritt zum Grabe”, in «Jahrbuch der Berliner Museen», XXXIII
(1991), pp. 173-183.
22
S. Henze-Döhring, Friedrich der Große. Musiker und Monarch, München, Verlag C.H. Beck,
2012, p. 170. Sul tema, e in particolare sugli allestimenti in occasione dei vertici di Neiße e Mäh-
risch-Neustadt (1770) cfr. ivi il capitolo 9, in particolare alle pp. 163-187.
23
N. 104, p. 471 s.
24
«L’opera intitolata Il ritorne die Londres [sic] è stata più bella di quella di ieri. I due sovrani vi
hanno assistito con molta attenzione. In un’occasione l’imperatore ha riso di gran cuore. L’opera è
durata molto a lungo» (cfr. Henze-Döhring, Friedrich der Große cit., pp. 175 s).

171
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ci sia dato di sapere quale, strappò alla compostezza cerimoniale di Giuseppe


II una fragorosa risata di gusto.

Un dramma “a protagonista”
Questo lo spunto drammatico: Madama Petronilla, virtuosa di canto, di
ritorno dall’Inghilterra (è appunto la Ritornata da Londra) nel viaggio per
Bologna fa tappa a Milano. La breve sosta, che coincide col tempo del dram-
ma, offre il destro a una girandola di azioni che ruotano attorno alla diva:

GIACINTA cameriera di madama

CARPOFERO di lei amante che si finge fratello

MADAMA PETRONILLA

IL MARCHESE DEL TOPPO IL BARONE DI MONTEFRESCO

IL CONTE RIDOLFINO LA CONTESSA sua sorella

Madama Petronilla è al centro dell’interesse di tre uomini: Carpofero,


che viaggia al suo seguito fingendosi fratello della cantante, e due nobili in-
contrati a Milano. La vivace interazione tra la cantante e i tre spasimanti
esaurisce sostanzialmente l’azione della pièce, relegando ad assoluta margi-
nalità la coppia seria, conte e contessa, fratello e sorella.25 Il congegno dram-
matico, fondato sul meccanismo della gelosia e della competizione erotica
alimentato dalla scaltra artista, non potrà non ricordare due capolavori del
teatro comico italiano che ne condividono diversi elementi: l’allora ancora
recente Locandiera (1750), in cui Mirandolina gestisce abilmente le pulsioni
d’un marchese, un conte e un cavaliere, e la futura Italiana in Algeri, il dram-
ma di Angelo Anelli scritto nel 1808 per Luigi Mosca e intonato nel 1813
anche da Rossini, in cui Taddeo, spasimante di Isabella, viaggia con quest’ul-
tima fingendosene parente. Con questo escamotage drammaturgico Goldoni
declina il classico tema metateatrale come satira del malcostume del teatro
musicale e dei suoi protagonisti: tema non nuovo nel catalogo goldoniano,
che l’aveva frequentato sin dagli intermezzi della Cantatrice (1729?), poi rap-
presentati e pubblicati col titolo di Pelarina, per culminare in quella Bella
verità (1762) in cui il poeta stesso entrerà nel gioco dei personaggi.26 Così

25
Nell’intero dramma sono soltanto quattro le scene esclusivamente serie (I,6,8, II,2,III,3), poco
più d’una per atto, e sei, in media due per atto, quelle miste, con la compresenza cioè di personaggi
sia buffi sia seri (I,7, II,1,4,5,III,1,2).
26
Sul tema cfr. perlomeno G. Ferroni, L’opera in commedia: una immagine del melodramma nella
cultura veneziana del ‘700, in Venezia e il melodramma nel ‘700, Firenze, Olschki, 1987, pp. 63-78;
D. Goldin, La vera Fenice. Librettisti e libretti fra Sette e Ottocento, Torino, Einaudi, 1985; La cantante

172
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configurato, in termini invero relativamente singolari, tenendosi cioè l’azione


ben distante tanto dalle assi di qualsiasi teatro quanto da altri ambienti fun-
zionali all’allestimento dello spettacolo (ad esempio, l’abitazione d’un mae-
stro di canto che fa da sfondo, ad esempio, alla Dirindina di Gigli-Scarlatti),
il dramma sviluppa una serie di temi che vengono a configurare, in questo
tipico “dramma a protagonista”,27 una satira del personaggio della cantante,
totalmente incentrata sul personaggio di Madama Petronilla.

Pietro Longhi, La lezione di musica, Baltimore, Walters Art Museum.

e l’impresario e altri metamelodrammi, a c. di F.S. Savoia, Genova, Costa & Nolan, 1988; F. Vazzoler,
“… al libretto si dia mano”. L’opera nell’opera in alcuni libretti del Settecento, in «L’immagine rifles-
sa», XII, 1988, 1, pp. 334-348; F. Jossif, Goldoni librettiste, Villeneuve d'Ascq, Atelier National de Re-
production des Thèses, 1993, pp. 240-255; F. Decroisette, Goldoni et le metamelodramma: La bella
verità, in Musiques goldoniennes. Hommage à Jacques Joly, Paris, Outre-monts, 1995, pp. 37-43;
F.G. Gatta, Lessico del teatro e lessico della musica nei libretti metateatrali settecenteschi, in Le parole
della musica III. Studi sulla lessicologia musicale, a c. di F. Nicolodi e P. Trovato, Firenze, Olschki,
2000, pp. 89-133; G. Nicastro, Teatro e teatranti nelle commedie e nei melodrammi goldoniani, in
Parola, musica, scena, letteratura cit., pp. 271-279; F. Piperno, Lessico musicale e metamusicalità nei
libretti goldoniani, in «Problemi di critica goldoniana», XV, 2009, pp. 1-34; I. Bonomi, “Prima la mu-
sica, poi le parole”. Osservazioni linguistiche sui metamelodrammi del ‘700, in Il magnifico parassita,
a c. di I. Bonomi ed E. Buroni, Milano, Franco Angeli, 2010, pp. 47-74.
27
Cfr. M.G. Accorsi, Il duetto e la morfologia del dramma giocoso, in Parola, musica, scena, lette-
ratura. Percorsi nel teatro di Carlo Goldoni e Carlo Gozzi, a c. di G. Bazoli e M. Ghelfi, Venezia,
Marsilio, 2009, pp. 297-307: 305.

173
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La nostalgia (non sentimentale) dell’Inghilterra


Londra non compare accidentalmente nel titolo del dramma. L’Inghil-
terra, coi suoi usi, e soprattutto con la generosa accoglienza riservata al
mondo variopinto del teatro musicale, costituisce un riferimento imprescin-
dibile nella conversazione della Ritornata. Rappresenta in particolare un’as-
senza, una mancanza, l’oggetto d’una nostalgia. Si badi, non si tratta affatto
d’una nostalgia culturale, ambientale o paesaggistica: nulla di sentimentale,
insomma. Per Madama Petronilla l’Inghilterra rappresenta esclusivamente
un buon affare, la condizione d’una vita agiata: il benessere, insomma. A questa
specifica qualità di nostalgia la prima buffa dà voce nella sua prima aria (I,9):28

Londra mia dove sei tu?


In Italia oibò, oibò
non mi posso veder più.
Dove son quegl’inglesini?
Dove son quei parigini?
Che la mano mi baciavano
che veniano e regalavano
e facean chi pò far più?
Londra mia, dove sei tu?

Espressa nell’incipit nei termini d’una nostalgia sentimentale («Londra


mia, dove sei tu?», verso simmetricamente ripreso in coda alla seconda stro-
fa), subito corretti dalla sincera, comica esplicitazione delle vere ragioni (con
l’inserzione rivelatrice del doppio «oibò»), l’esperienza inglese, il trascorso
più recente e cocente di Petronilla, ritorna di lì a pochissimo nella seconda
aria del personaggio («Cogli amanti in Inghilterra»), che la dichiara assai
scaltrita nell’adattarsi ai costumi di corteggiamento dei propri interlocutori,
sotto ogni cielo, con una versatilità che gli ultimi versi del recitativo s’inca-
ricano già d’esplicitare (I,11):29

Veramente avvezzata
sono alla serietà ma per piacervi,
caro signor marchese,
italiana sarò, non sarò inglese.

Cogli amanti in Inghilterra


si sostien la gravità.
Ma fra noi all’italiana,
so ancor io come si fa.

28
D-Dl Mus.3269-F-501, I, p. 89. Dopo l’avvio patetico, l’aria, piuttosto articolata, vira al buffo già
al secondo verso.
29
D-Dl Mus.3269-F-501, I, p. 109 il recitativo, p. 111 l’aria, che, a differenza della precedente, si
propone sin dall’attacco come schiettamente buffa.

174
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Vien in Londra un milordino,


fa un risetto, fa un inchino,
un regalo e se ne va.
L’italiano vuol parlare,
vuol cantare, vuol ballare,
vuol goder la società.
So far l’amor con serietà,
so far la pazza se occorrerà.

Uno, due, tre travestimenti


Se l’Atto I espone già compiutamente la scaltrezza dell’astuta virtuosa fa-
cendo leva sul riferimento “esotico” dei costumi inglesi, un’ulteriore alterità
è ampiamente sfruttata nel II: il travestimento (moneta corrente nella comme-
dia dell’arte e negli intermezzi né disdegnato da Goldoni nelle proprie comme-
die), che viene a coinvolgere tutti e tre gli spasimanti di Petronilla. Nella sezione
conclusiva dell’Atto II (scene 13-16) compariranno infatti il Marchese «da in-
glese», il Barone «da francese» e «Carpofero da musico». Dichiarerà il primo:
«Con questi baffi e col straniero arnese / di capitano inglese, / alterando la voce
e la favella, / non sarò conosciuto da madama / e vedrò s’è fedel, vedrò se mi
ama», presentandosi come «Capitan Chirichi. / Ie star venute qui / per madama,
veduta in Inghilterra. / Genua star nave e qua venir per terra». Aggiunge inoltre
un dato essenziale: «Portar casse orologi, / botte, scatole piene, argento e oro. /
Fatto viaggio nell’Indie, aver tesoro». Lo segue il Barone, «travestito con carica-
tura da parigino», e a ruota Carpofero «contrafatto in figura di musico», cui
Petronilla accetta di dar udienza soltanto appuratene le intenzioni:

GIACINTA
Signora, un virtuoso
che vi vuol riverir. (A Madama)
MADAMA
Non voglio musici;
non ne ho voluto mai.
GIACINTA
Ha dei denari assai
e credo ch’egli venga a queste porte
per volervi accordar per una corte.
MADAMA
Venga dunque; sentiamo.
[…]
Signor, come s’appella?
CARPOFERO
Mi chiamo Simoncello
detto per sopranome il Campanello.

175
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GIACINTA
Con quel suo bel pancione
si dovrebbe chiamare il Campanone.
CARPOFERO
Questa pancia badial non impedisce
la virtù che mi rende al mondo solo.
Supero il canarino e ’l rusignuolo.

Naturalmente il finto musico non si esime dal dimostrare questa sua


«virtù» tanto singolare, e si produce in un’aria cantata alla spinetta. Per l’occa-
sione Goldoni riesuma, parafrasandolo, un proprio testo allora ancora recente,
un’aria dal Filosofo di campagna (autunno 1754), «La pastorella al prato», in
tempi moderni assai più noto per l’intonazione schubertiana (due versioni per
organici diversi, D 513 e 528, entrembe 1817): un espediente che propone il
testo, debitamente variato ma al contempo riconoscibile dal pubblico,30 a mo’
di citazione fuori contesto d’un hit operistico, con valenza dunque spiccatamen-
te metateatrale. L’interazione fra i tre spasimanti mascherati raggiunge l’acme
nel Finale II, «È il mio cor di buona pasta»,31 un quintetto nel quale i tre uomini
reclamano l’esclusività delle attenzioni di Petronilla: «Ie non volle compania»
(Marchese), «Vol madama tutta mia» (Barone), «Per me tutto sia l’amor» (Car-
pofero). Il gustoso Finale, articolato in cinque sezioni e agìto da tutti i perso-
naggi buffi, contrappone plasticamente i due gruppi organizzati per sesso (i tre
spasimanti vs Petronilla e la cameriera) e chiude l’atto centrale con lo smacco
subito da tutti e tre gli uomini, ciascuno dei quali viene nell’ordine illuso, rico-
nosciuto (i tre si smascherano da sé, benché Petronilla dichiari d’averli già
riconosciuti) e respinto: «Chi non vuole, vada via, / che nessun si suol pregar».

A scuola di gelosia
Prima di terminare con la sezione appena descritta incentrata sul triplice
travestimento, l’atto II aveva dato dimostrazione in termini meno pittoreschi
ma più sofisticati d’una delle doti essenziali di Petronilla: l’arte di tenere
a bada più spasimanti contemporaneamente, giocando coi loro sentimenti. Si
consideri in particolare la scena a tre II,10, in cui la cantante riceve il Barone
in presenza di Carpofero, che freme di gelosia, alimentata dall’atteggiamento
della donna, non poco divertita dalla situazione. La scena, durante la quale
Madama si rivolge di volta in volta ai due interlocutori che invece non co-
municano tra di loro, culminerà in una doppia esibizione di Petronilla, sce-

30
Questo il testo nuovo: «La rondinella al prato / volando in libertà, / colla compagna allato / con-
tenta se ne va. // Ma quando la compagna / le invola il cacciatore / col suo cantar si lagna, / chie-
dendogli pietà»; questo invece il modello: «La pastorella al prato / col gregge se ne va, / coll’agnel-
line a lato, / cantando in libertà. // Se l’innocente amore / gradisce il suo pastore, / la bella
pastorella / contenta ognor sarà». Cfr. D-Dl Mus.3269-F-501, II, p. 125.
31
D-Dl Mus.3269-F-501, II, p. 131.

176
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nica, l’accettazione delle gioie offerte dal Barone, e vocale, l’aria; un’aria in
cui prosegue quel dialogo a più interlocutori caratteristico del recitativo pre-
cedente e coronato dal lazzo arguto del gesto prescritto dall’ultima d’una
lunga serie di didascalie che gestiscono con precisione millimetrica la reci-
tazione dei personaggi, e soprattutto della Ritornata:

MADAMA
La parola vi do; tanto vi basti.
CARPOFERO
(Resistere chi può?) (Da sé agitato)
MADAMA
(Mi par furente) (Da sé osservando Carpofero)
Fratellino, che avete? (A Carpofero)
CARPOFERO
Niente, niente.
MADAMA
(Siete geloso ancor?) (Piano a Carpofero)
CARPOFERO
(Geloso? Oibò.) (Piano a Madama)
MADAMA
Son per me quelle gioie? (Al Barone)
BARONE
A voi le do.
Ma…
MADAMA
So quello, signor, che mi conviene. (Al barone)
(Se geloso non sei ti vorrò bene). (A Carpofero)

Mi fa torto chi non crede (Dirigge il discorso con arte a Carpofero ancora)
alla mia sincerità.
Ch’io mancar possa di fede
dubbio mai non vi sarà.
Questa man tenete in pegno
d’una bella fedeltà. (Finge di dar la mano ad uno e la dà all’altro).

La sedicente «fedeltà» di Petronilla verrà ben presto posta in dubbio dal


Barone, che chiude la sequenza (II,12) preludendo all’azione dei tre trave-
stimenti concomitanti, con una tipica aria misogina, di quelle che terrà ben
a mente Da Ponte nel confezionare i testi messi in bocca al Figaro e al Gugliel-
mo mozartiani.32

32
Sul tema e su alcuni testi specifici mi permetto di rinviare al mio Nel laboratorio di Da Ponte:
«Così fan tutte», «Le nozze di Figaro» e la librettistica coeva, in «Rivista Italiana di Musicologia»,
XXXIII (1998), 2, pp.279-300.

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BARONE
Delle donne so che il core
è più instabile del mar.
Come l’onda sale e scende
della donna il cor s’arrende,
con il vento suol cangiar.
Dell’affetto che ha nel petto
io mi voglio assicurar.

Petronilla peraltro non si mostrerà accomodante verso la gelosia di Car-


pofero neppure nell’ultimo atto, salvo capitolare alla vigilia dello scioglimen-
to. La penultima sezione dell’opera, ambientata nell’ultima scena corta (Ca-
mera, III,1-5), culmina infatti in un diverbio coronato dal duetto tra i primi
buffi, la Penni e Leonardi, ultimo numero musicale prima del Finale,33 in cui
Goldoni realizza una sapida parodia d’un modello illustre, vero luogo mitico
del melodramma del Settecento: il duetto di riconciliazione, universalmente
noto, tra le prime parti, Poro e Cleofide, dell’Alessandro nell’Indie metasta-
siano («Se mai turbo il tuo riposo», I,16, 1730); duetto che nel dramma di
Metastasio acquisiva particolare rilievo dalla relazione testuale con altri pezzi
lirici, la cavatina di Poro «Se mai più sarò geloso» (I,6) e l’aria di Cleofide «Se
mai turbo il tuo riposo» (I,7). In questa versione comica, che richiama luoghi
topici degli intermezzi, Petronilla finisce per accontentarsi, senza peraltro ri-
sultare troppo convincente, delle dichiarazioni di Carpofero, che promette
a sua volta di tenere a bada il demone della gelosia:34

CARPOFERO
Se mai più sarò geloso,
mi punisca il dolce nume
che del vino è protettor.
MADAMA
Se più turbi il mio riposo,
se ritorni al tuo costume
vuo’ strapparti in seno il cor.
A DUE
Ah crudel! Non ingannarmi,
sento il core palpitarmi,
oh che pena! Oh che dolor!
MADAMA
Che dirai se mi vedrai
a girar per la città,

33
Tradizionalmente il duetto dell’atto III rappresentava «il pezzo chiuso più importante per i primi
buffi, non mescolati agli altri come nei finali d’atto, ma con risalto tutto personale»: Accorsi, Il duetto
e la morfologia cit., p. 301.
34
La partitura di Dresda ospita in questo luogo un duetto, «So che pietà non senti», dall’Amante di
tutte (III,7, Clarice-Conte) di Galuppi (Venezia, 1760).

178
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con due bei cicisbei,


l’un di qua, l’altro di là?
CARPOFERO
Soffrirò, tacerò.
Gelosia più non avrò.
MADAMA
Se regali mi daranno?
CARPOFERO
Ti prometto non parlar.
MADAMA
Se la man mi bacieranno?
CARPOFERO
Si potrebbe risparmiar?
MADAMA
Sei geloso?
CARPOFERO
Oibò, oibò.
Che venghino, che donino,
che faccino, che brighino
ch’io più non parlerò.
MADAMA
Così mi piaci.
CARPOFERO
Così va bene.
A DUE
Soffrir conviene
Chi vuol goder.
CARPOFERO
Sarò marito?
MADAMA
Sei tu pentito?
CARPOFERO
Sì che ti sposo, carino d’amor.
A DUE
Viva la pace, viva il contento,
più non mi sento l’affanno nel cor.

La commedia si avvia così al suo esito paradossale, nella «Piazza come


nella scena prima dell’atto primo col carrozzino di madama» (III,6-ultima):
dopo la breve sosta, il viaggio riprenderà con tutti e cinque i personaggi buffi
in carrozza, una volta che i due nobili spasimanti si saranno rassegnati alla
nuova condizione di Carpofero, sposo non più geloso.

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La (poca) musica nel testo della Ritornata


Per un dramma metateatrale incentrato sulla figura d’una virtuosa di
canto, la musica compare con molta moderazione nel testo goldoniano.35 Da
Madama Petronilla è inutile aspettarsi non che esibizioni di sorta, nemmeno
alcun riferimento, tecnico o generico, alla propria professione. Sono soltanto
tre le occasioni in cui la musica s’insinua nell’azione o nei testi, e tutte piut-
tosto tardive. La prima occorrenza interviene infatti solo nell’ultima sequenza
dell’atto II e consiste nella citata esibizione del finto musico Carpofero. Si
tratta dell’occasione più cospicua, che prevede la presenza in scena d’un per-
sonaggio musicista (benché solo sedicente tale) e dell’unico strumento musi-
cale che faccia la sua comparsa, una spinetta, per l’esibizione in piena regola
già trattata. Quello stesso travestimento di Carpofero offrirà il destro, nell’ul-
timo atto (III,5), per un doppio, malizioso riferimento all’evirazione:

MADAMA
Son sì pietosa
Del mio caro fratel, grato e sincero,
che vorrei foste musico davvero.
[…]
CARPOFERO
Giuro e se il giuramento io faccio invano,
possa per sempre diventar soprano.

Per altre ricorrenze occorrerà attendere l’atto III: da un lato per quella
indiretta, già discussa, del duetto dei primi buffi che rimanda a quell’Alessandro
nell’Indie che allo spettatore del Settecento avrà richiamato esperienze musi-
cali d’ascolto; in secondo luogo compare finalmente, ad apertura dell’atto III,
l’unico testo che si rifaccia a un campo metaforico squisitamente musicale:
l’aria del Barone, che esprime, in termini di musica militare, la reazione del
personaggio alla frenesia erotica che lo prende al cospetto del gentil sesso:36

Suonar voglio il tamburo,


vuo’ batter la raccolta
e tutte una alla volta
le donne han da venir.
Mi voglio divertir;
ma voglio seguitar
l’usanza militar

35
Le stesse occorrenze lessicali sono scarse e deludenti: cfr. Piperno, Lessico musicale e metamu-
sicalità cit., pp. 109-112.
36
D-Dl Mus.3269-F-501, III, p. 5. Sulle arie buffe che citano strumenti cfr. N. Dubowy, Mazzolà
“colto e leggiadro” und das dramma buffo, in: Joseph Schuster in der Musik des ausgehenden
18. Jahrhunderts, a c. di G. Poppe e S. Voss («Forum Mitteldeutsche Barockmusik», 4), Beeskow,
ortus-Musikverlag, 2015, pp. 145-171: 155.

180
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e come fa il cornetta
al tocco di trombetta
le femmine lasciar.

D’altra parte, che la musica non costituisse l’esperienza centrale della


nostra virtuosa è un sospetto che si fa strada tra i personaggi del dramma sin
dall’atto I, quando la Contessa, dopo aver constatato che Petronilla «ha tanta
roba seco, / ha tanti servitori; / averà guadagnato dei tesori», espliciterà col
fratello i propri dubbi:

CONTESSA
Ma tal fortuna ha fatto poi col canto?
CONTE
Come pensate dunque
l’abbia potuta far?
CONTESSA
Come tant’altre
che fatte ricche in Inghilterra intesi
colla conversazione degl’Inglesi.

L’avidità – la Contessa, estranea alla perturbazione causata dal fascino


della Virtuosa, aveva visto bene – è effettivamente la vera passione del per-
sonaggio, la forza che ne indirizza il comportamento. Goldoni lo chiarisce
con eleganza ed efficacia nella scena di corteggiamento del Marchese nel-
l’atto I (I,8). Durante la conversazione il Marchese osserva sbadatamente che
s’è fatto tardi, mostrando inavvertitamente il proprio orologio, inglese
e nuovo di zecca, allo sguardo cupido di Petronilla, cui finisce per regalarlo,
non senza più di qualche reticenza, in cambio d’una promessa d’esclusività.
Il processo faticoso della separazione dal prezioso oggetto culmina in un’aria
di splendida fattura in cui il Marchese, sfruttando sistematicamente la meta-
fora dell’orologio e del suo meccanismo, non perde occasione di ribadire in
termini patetici, né senza qualche allusione erotica, il trasporto che lo
anima:37

MARCHESE
Quest’orologio con me s’accorda,
mi dà la corda quel viso bello.
Con un martello mi batte in seno,
d’affetto pieno ribatte ognior.
Del mio cordoglio vi mostra l’ore,
mostra i minuti del mio dolore,
se il tempo tarda sollecitatelo,
voi caricatelo col vostro amor. (Le dà l’orologio e parte)

37
D-Dl Mus.3269-F-501, II, p. 77.

181
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Nessun dubbio che la musica dell’orologio inglese estorto al Marchese


sarà stata, tra tutta quella ben poca risuonata o evocata nel dramma, la più
gradita all’orecchio di Petronilla, nuova Pelarina, che rinnova infatti i fasti
dell’avida protagonista (il riferimento è all’accezione figurata del verbo “pe-
lare”, ovvero derubare) dei citati intermezzi giovanili goldoniani. D’altra
parte, è la stessa Giacinta ad affermare di sé e della padrona, a conclusione
della propria aria in I,5:

GIACINTA
Abbiamo per costume
gli amanti spennacchiar.

Analogamente a quanto farà la sua “allieva” Petronilla oltre vent’anni


più tardi, nel II degli intermezzi citati la Pelarina aveva indotto il malcapitato
Tascadoro a rifornirla non d’uno, ma di cinque orologi:

TASCADORO
Cinque? Che dite mai?
PELARINA
Cinque, né sono assai.
Un da scena, un da casa,
un da conversazione, il quarto al letto.
TASCADORO
(Ahi si fa brutto il tempo). E il quinto poi?
PELARINA
Quanto alla tavoletta
Possa il quinto giovar vedete voi.

L’arte dell’autorappresentazione
Se l’astuta gestione del gioco dei corteggiamenti multipli rappresenta
un’indubbia, indispensabile competenza della Diva, il vero, sorprendente ma-
gistero di Petronilla è un altro: l’arte dell’autorappresentazione. La buona
riuscita dei piani della cantante si basa in gran parte sulla costruzione d’un
personaggio che prescinda totalmente dall’esibizione delle proprie virtù ca-
nore, ma fondato piuttosto sull’edificazione di un’apparenza affascinante,
accuratamente studiata. Petronilla ce lo segnala a più riprese dialogando con
la cameriera Giacinta, con la quale può esprimersi liberamente, rivelando
a beneficio dello spettatore la strategia che costituisce lo stile d’una vita in-
tera. Così le due donne si esprimono ad esempio ad apertura della seconda
sezione dell’atto II (II,3):

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Camera di Madama Petronilla con vari tavolini occupati dalle argenterie,


orologi, astucci e cose simili da lei portate.

MADAMA
Hai le cose ordinate? All’altrui vista
sono esposte con grazia
tutte le cose mie?
Gioie, astucci, orologi, argenterie.
GIACINTA
Sì signora, osservate;
sono poste in maniera
che par la stanza una bottega in fiera.
MADAMA
Quando una virtuosa
ritorna d’Inghilterra,
per mostrar quanto piacque e quanto vale
porta, per ordinario, un arsenale.
E suol mostrare i frutti del saper, del poter, della beltà,
per destare l’invidia in chi non ha.
GIACINTA
È ver, ma quel che vengono
di regalar s’astengono,
tante gemme veggendo, argenti ed ori.
MADAMA
Anzi, i regali, allor, vengon maggiori.

Sul finire dell’atto precedente (I,10) Petronilla era stata ancor più pre-
cisa nel dare disposizioni a Giacinta perché la stanza venisse allestita come
una «bottega in fiera», con un supplemento di attenzione, accanto all’osten-
sione di oggetti squisitamente musicali (gli spartiti e la citata spinetta), ad
altri dettagli decorativi apparentemente sorprendenti:

MADAMA
Via, badate che facciano
i servitori il suo dover, che espongano
l’argenteria, le gioie,
gli orologgi, gli astucci,
la libreria da viaggio,
la musica più scelta e più perfetta,
la scimia, il papagallo e la spinetta.

Lo spettacolo che Petronilla organizza per i suoi ammiratori appare ben


poco connotato sul piano musicale, nonostante la qualità degli spartiti richiesta.
La stanza così arredata configura piuttosto un ambiente che lo spettatore del
San Samuele avrà potuto agevolmente riconoscere nella realtà quotidiana degli

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interni veneziani. Tali sono almeno gli ambienti rappresentati dalla pittura di
genere coeva, in cui gli oggetti, evidentemente simbolici, sono disposti con quel-
la stessa cura che Petronilla prescrive a Giacinta. Si prendano in particolare in
considerazione due tele di tema musicale di Pietro Longhi, artista com’è noto
specializzato in quel genere di pittura: La lezione di Musica, olio su rame oggi
custodito al Walters Art Museum di Baltimora, e La prova di canto, oggi a Ber-
lino, Staatliche Museen. Particolarmente importante ai nostri fini è il primo di-
pinto (qui a pagina 173), databile attorno al 1760: anni, a ridosso della
Ritornata, nei quali Longhi intensifica la frequentazione di temi legati al teatro
e alla musica. La lezione di Musica propone la visita d’un uomo anziano a una
ragazza seduta alla tastiera. La presenza del cane, simbolo molto comune
della lussuria, parrebbe sufficientemente eloquente sui termini dell’incontro.
La prossimità dei due, che si tengono per mano, si ripropone nell’altra tela,
La prova di canto, e sembrerebbe rendere conto di quanto scriveva il figlio
Alessandro nel ricordare il padre nel Compendio delle vite de’ pittori veneziani
istorici più rinomati del presente secolo: «avendo uno spirito brillante e bizzarro,
posesi a dipinger in certe piccole misure Civili trattenime[en]ti, cioè Conversa-
zioni, Riduzioni; con ischerzi d’amori, di gelosie; i quali tratti esattamente dal
naturale fecero colpo».38 Né stupisce che il dipinto sia stato equivocato per
un’opera francese che ritraeva la visita di Voltaire alla sua amante.39 Altrettanto
intima è la prossimità di due altri personaggi in una perduta tela di Longhi,
La lezione di canto o Il protettore, di cui nel 1751 Francesco Bartolozzi aveva
realizzato un’incisione illustrata da questa didascalia: «[Cantatrice ge]ntil studia
la parte / L’assiste il protettor, ma men dell’arte, / che della sua beltà prende
diletto».40 Non mette conto ricordare in questa sede come Longhi sia autore
particolarmente vicino a Goldoni, che nel 1750, sei anni prima della Ritornata,
apriva il sonetto per le nozze tra Giovanni Grimani e Caterina Contarini con
questi versi: «Longhi, tu che la mia musa sorella / chiami del tuo pennel che
cerca il vero».41
Nella citata tela di Baltimora è inoltre presente, in una gabbia appesa
sopra la spinetta, un pappagallo. L’animale varrà non tanto quanto simbolo
di eloquenza,42 quanto piuttosto come suggestione esotica, richiamo edoni-
stico a una concezione cortigiana dell’esistenza, così come era già comparso

38
Venezia, appresso l’autore, 1762, cit. in G. Natali, Storia letteraria d’Italia. VIII. Il Settecento, Fi-
renze, Vallardi, 1929, p. 86.
39
Cfr. L’opera completa di Pietro Longhi, a cura di T. Pignatti, Milano, Rizzoli, 1974, p. 98. Sul di-
pinto cfr. anche Pietro Longhi, catalogo della mostra, a c. di G. Romanelli Venezia, 1993-94, cat. 61,
p. 127.
40
L’incisione è riprodotta e commentata in B. Brumana, Francesco Bartolozzi (1728-1815) incisore
della musica, in «Esercizi Musica e Spettacolo», XX, n.s. 11, 2006/07, pp. 33-75: 43 e 55.
41
Componimenti poetici per le felicissime nozze di Sue Eccellenze il Signor Giovanni Grimani e la
Signora Catterina Contarini, Venezia, Carlo Pecora, 1750, LXXXVII.
42
Tanto più remoto è anche dalla simbologia sacra dell’animale, spesso associato alla Vergine,
sulla scorta delle fonti che ne lodano l'abilità nel pronunciare la parola «Ave»: cfr. M. Levi D'ancona,
Lo zoo del Rinascimento. Il significato degli animali nella pittura italiana dal XIV al XVI secolo,
Lucca, Pacini Fazzi, 2001, p. 170 s.

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nell’«azione drammatica e divota» La Maddalena lasciva e penitente di Giovanni


Battista Andreini43 o nella Vanitas di Hendrick Gerritsz Pot,44 né era soggetto
infrequente nella ritrattistica del Settecento, da Rosalba Carriera45 a Giovanni
Battista Tiepolo.46 Il tema della gabbia con l’uccellino, ricorrente in Longhi
e in Piazzetta,47 esprime in particolare la capitolazione dell’uomo, irretito
dalla seduzione femminile. La pittura di genere di Longhi cela spesso peral-
tro, dietro un’apparenza innocua, ben altri significati, come già avveniva
presso un autore di riferimento sia per Longhi sia per Piazzetta: Giuseppe
Maria Crespi Crespi.48 Nel dipinto a questi attribuito e custodito agli Uffizi,
Cantante alla spinetta con un ammiratore, quest’ultimo offre alla virtuosa
prima una rosa, già appoggiata sulla spinetta, e poi delle assai più gradite
gioie (come quelle che il Barone offrirà a Petronilla in II,10), mentre sulla
sinistra della tela, il maestro di musica, probabile intermediario, gongola.
Anche qui, come già in Longhi, il cane proteso allude alla tensione del desi-
derio erotico. Siamo insomma di fronte all’equivalente pittorico delle “mali-
zie” femminili letterarie di tradizione già rinascimentale. L’arte della diva, in
Crespi, in Longhi e nel dramma comico di Goldoni che abbiamo preso in con-
siderazione ben poco ha a che vedere con la musica: consiste piuttosto nella
redditizia caccia al “gonzo” dalla borsa piena –49 un’arte raffinata, che con-
templa accortezze psicologiche e un’accurata costruzione della propria im-
magine –, che dal proprio pubblico richiede un’unica forma di plauso, ben
compendiata da questa battuta del Marchese (I,12):

Vostra è la borsa mia, so il mio dovere.

43
III,8. G.B. Andreini, La Maddalena lasciva e penitente. Azzione drammatica, e diuota in Milano
rappresentata, Milano, Malatesti, 1652, p. 135 s.
44
1633, Frans Halsmuseum, Haarlem.
45
Ragazza con pappagallo, 1720 ca., Chicago, Art Institute.
46
Donna con pappagallo, 1760-61, Oxford, Ashmolean Museum.
47
Cfr. L’opera completa del Piazzeta, a cura di A. Mariuz, Milano, Rizzoli, 1982, p. 99.
48
Cfr. F. Porzio, Pitture ridicole: scene di genere e tradizione popolare, Milano, Skira, 2008, in special
modo il cap. V Donne ed erotismo nella scena di genere, pp. 117-141. Ringrazio Lucio Tufano della
segnalazione di questa lettura.
49
Così Domenico Batacchi caratterizza, nella Mala notte, la coppia truffaldina formata da una
cantante e da sua madre: “Così appunto la madre di vezzosa / cantatrice si tiene a lei vicina / se il
gonzo è avaro, o s’ha borsa meschina” (D. Batacchi, Novelle piacevoli (1797), Roma, Editori asso-
ciati, 1965, t. II, p. 288).

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