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Conservatorio Conservatorio di Musica “F.

Cilea”
di Musica
“F. Cilea”
Istituzione d’Alta Cultura
Reggio Calabria

Nicola Porpora

Nicola Porpora musicista europeo


musicista europeo
Le corti, i teatri, i cantanti, i librettisti
Atti del Convegno Internazionale di Studi

A cura di Nicolò Maccavino

Sopplimenti
Musicali
I, 12

ISBN 978-88-7221-554-8 Laruffa Editore


CONSERVATORIO DI MUSICA “FRANCESCO CILEA”
ISTITUZIONE DI ALTA CULTURA
REGGIO CALABRIA

NICOLA PORPORA MUSICISTA EUROPEO


LE CORTI, I TEATRI, I CANTANTI, I LIBRETTISTI

Atti del Convegno Internazionale di Studi


(Reggio Calabria, 3-4 ottobre 2008)

A cura di
Nicolò Maccavino

Laruffa Editore

V
Il Convegno è stato organizzato dal Conservatorio di Musica “Francesco Cilea”
di Reggio Calabria in collaborazione con l’Istituto Nazionale per lo Sviluppo Musicale
del Mezzogiorno, con il patrocinio della Società Italiana di Musicologia.
Il coordinamento scientifico è stato a cura di Teresa M. Gialdroni, Nicolò Maccavino,
Paologiovanni Maione, Gaetano Pitarresi, Antonino Sorgonà.

IMMAGINE DI COPERTINA
SILVIO STAMPIGLIA, Imeneo, Napoli, 1723 (Napoli, Biblioteca Nazionale)
particolare del fregio ricavato dal frontespizio del libretto

A.D. 2011
© LARUFFA EDITORE S.R.L.
Via Dei Tre Mulini, 14
Tel./fax. 0965.814954 (due linee)
89124 REGGIO CALABRIA - ITALY
segreteria@laruffaeditore.it www.laruffaeditore.it
ISBN 978-88-7221-554-8

VI
Nicolò Maccavino

L’IMENEO DI NICOLÒ PORPORA E GEORG FRIEDRICH HÄNDEL

A differenza delle due precedenti serenate musicate da Nicolò Porpora


su testo di Metastasio – L’Angelica (1720)1 e gli Orti Esperidi (1721)2 l’una
e l’altra eseguite a Napoli in occasione del genetliaco dell’imperatrice Eli-
sabetta Cristina, di cui si conservano precise descrizioni – per l’Imeneo le
cronache sono piuttosto avare di notizie.3 Eppure si trattò di un evento di ri-
lievo perché – come si apprende dal frontespizio dell’elegante libretto stam-
pato nel 1723 da Antonio Muzio (v. Fig. 1) –4 fu allestito per celebrare le

1
Cfr. NICOLA PORPORA, L’Angelica. Serenata a sei voci e strumenti su testo di Pietro
Metastasio, a cura di Gaetano Pitarresi, Palermo, Alfieri e Ranieri, 2002.
2
Cfr. GAETANO PITARRESI, Una serenata modello: Gli Orti Esperidi di Pietro Meta -
stasio e Nicola Porpora, in La Serenata tra Seicento e Settecento: musica, poesia, sceno -
tecnica, Atti del Convegno internazionale di studi (Reggio Calabria, 16-17 maggio
2003), a cura di Nicolò Maccavino, 2 voll., Reggio Calabria, Laruffa Editore, 2007, I,
pp. 301-323.
3
Cfr. FRANK WALKER, A Chronology of the Life and Works of Nicola Porpora, «Ita-
lian Studies», vol. IV, 1951, pp. 29-62; NICOLÒ MACCAVINO, L’Imeneo in Atene di Nico -
la Porpora: Venezia 1726, in Antonio Vivaldi. Passato e futuro, Atti online del Conve-
gno internazionale di studi (Venezia, 13-16 giugno 2007), a cura di Francesco Fanna e
Michael Talbot, Venezia, Fondazione Giorgio Cini, 2009, pp. 239-277.
4
IMENEO | COMPONIMENTO DRAMATICO | Rappresentato | Per Celebrare le Nozze | De-
gl’Illustrissimi, Ed Eccellentissimi Signori | Il Signore | D. LEONARDO TOCCO | Prencipe
di Montemiletto, | E la Signora | D. CAMILLA CANTELMI | De’ Duchi di Popoli | Poesia |
Di Silvio Stampiglia tra gli Arcadi Palemone Licurio | Poeta di Sua Maestà Cesarea, e
Cattolica | [Emblema] | In Napoli MDCCXXIII. | Nella stamperia, e Gettaria de’ Carat-
teri di Antonio Muzio | Erede di Michele Luigi. A p. 3 dopo il nome degli interlocuto-
ri: «Musica | Del Signor Niccola Porpora Maestro di Cappella | di S.A.S. il Signor Prin-
cipe di Armstat […], [I-Nn ]. Cfr. CLAUDIO SARTORI, I libretti italiani a stampa dalle ori -
gini al 1800. Catalogo analitico con 16 indici, 7 voll., Cuneo, Bertola & Locatelli,
1990-1994 [in sigla: SARTORI], n. 12801.

21
Fig. n. 1 - SILVIO STAMPIGLIA, Imeneo, Napoli, 1723 (Napoli, Biblioteca Nazionale).

22
Fig. n. 2 - S. STAMPIGLIA, Imeneo in Atene, Venezia, 1726
(Bologna, Biblioteca Civico Museo Bibliografico Musicale).

23
nozze di Camilla Cantelmi Stuart (1700-1750), figlia del duca di Pepoli, con
il principe di Montemiletto Leonardo Tocco (1698-1776),5 entrambi impor-
tanti membri dell’aristocrazia napoletana. Casate ricche e facoltose non v’è
dubbio, ma che come quella dei Tocco – imparentata con famiglie ad alta
vocazione musicale quali i Milano e i Sanseverino (quest’ultima congiunta
del principe di Assia-Darmastadt) – si distinsero nel corso del XVIII seco-
lo per la notevole opera di mecenatismo musicale. 6 Basti dire che Leonardo
Tocco, oltre a essere nipote della duchessa Aurora Sanseverino, poetessa,
musicista nonché patrocinatrice di rilevanti attività musicali nel Regno di
Napoli,7 era non solo il fratello più giovane di Beatrice Tocco Sanseverino,
alla quale Händel, per il matrimonio con il duca d’Altovito, compose nel
1708 la serenata Aci, Galatea e Polifemo,8 ma anche fratello di don Nicolò

5
CARLO ANTONIO DE ROSA nel suo Memorie dei compositori di musica del Regno di
Napoli, Napoli, Stamperia Reale, 1840, p. 168, così riporta la notizia: «[…] nell’anno
1723 […] per le nozze del principe di Montemiletto, nella quale vi cantò Carlo Broschi
detto Farinelli»; cfr. REINHARD STROHM, The Neapolitans in Venice, in Con che soavità,
Studies in Italian Opera, Song and Dance, 1580-1740, edited by Iain Fenlon and Tim
Carter, Oxford, Clarendon Press Oxford, 1995, 249-274: 266-267; JOHN H. R OBERTS,
The Story oh Handel’s Imeneo, «Händel-Jahrbuch», XLVII, 2001, pp. 337-384: 338.
6
Sull’argomento cfr.: AUSILIA MAGAUDDA, Giacomo Francesco Milano, principe d’Ar -
dore, nell’ambito della committenza musicale aristocratica del secolo XVIII, in Giacomo
Francesco Milano ed il ruolo dell’aristocrazia nel patrocinio delle attività musicali nel
secolo XVIII, Atti del Convegno internazionale di studi (Polistena - S. Giorgio Morge-
to, 12-14 ottobre 1999), a cura di Gaetano Pitarresi, Reggio Calabria, Laruffa, 2001,
pp. 13-75; AUSILIA MAGAUDDA -DANILO COSTANTINI, Aurora Sanseverino (1669-1726) e
la sua attività di committente musicale nel Regno di Napoli. Con notizie inedite sulla na -
poletana congregazione dei Sette Dolori, in Giacomo Francesco Milano cit., pp. 297-415;
IID, Attività musicali promosse dalle confraternite laiche nel Regno di Napoli (1677-
1763), in Fonti d’archivio per la storia della musica e dello spettacolo a Napoli tra XVI
e XVIII secolo, Atti del Convegno internazionale di studi (Napoli, 13-14 maggio 2000),
a cura di Paologiovanni Maione, Napoli, Editoriale Scientifica, 2001, pp. 79-204; IID,
L’arciconfraternita napoletana dei Sette Dolori. Notizie musicali inedite da un archivio
inesplorato (1602-1778), «Musica e Storia», XI, 2003, pp. 51-137.
7
Cfr. A. MAGAUDDA -D. COSTANTINI, Aurora Sanseverino (1669-1726) e la sua attivi -
tà di committente musicale nel Regno di Napoli cit, pp. 297-415.
8
Cfr. ANTONELLO FURNARI -CARLO VITALI, Händel Italienreise. Neue Dokumente, Hypo -
thesen und Interpretaztionen, «Göttingen Händel-Beiträge», IV, 1991, pp. 41-66; A. MA-

24
Tocco, duca di Sicignano, 9 a cui nel 1725 l’impresario del S. Giovanni Gri-
sostomo dedicò una delle opere in programma per la stagione di carnevale
del teatro: La Rosmira fedele. L’opera, posta in musica da Leonardo Vinci,
celava nel titolo la ripresa de La Partenope, un vecchio testo di Silvio Stam-
piglia, il quale si era spento a Napoli proprio il 26 gennaio del 1725.10
Non deve sorprendere, dunque, se l’incarico di scrivere il testo poetico
e di musicarne arie e recitativi sia stato affidato rispettivamente al poeta ce-
sareo Silvio Stampiglia, il quale a distanza di circa vent’anni – dopo il sog-
giorno a Vienna e il rientro a Roma – nel 1722 era tornato a Napoli giungen-
dovi però seriamente ammalato,11 ed a Nicolò Porpora «Maestro di Cappel-

GAUDDA, Giacomo Francesco Milano, Principe d’Ardore, nell’ambito della committenza


musicale aristocratica del secolo XVIII, in Giacomo Francesco Milano cit., pp. 13-75: 24.
9
«Gazzetta di Napoli», 6 maggio 1710: «Per la scritta morte del duca di Sicigna-
no, Tocco, dalla vigilanza ed accurata diligenza del marchese di S. Giorgio e Poliste-
na, Milano, s’è subito posto in possesso, non meno del detto titolo che de’ feudi, il se-
condogenito della casa del principe di Montemiletto, D. Nicolò Maria Tocco, che do-
vrà rappresentare la menzionata casa di Sicignano, il quale, unitamente coll’odierno
fanciullo principe di Montemiletto suo fratello [Leonardo], vivono sotto la prudente,
savia e paterna direzione del nomato marchese di S. Giorgio loro zio». Devo la notizia
alla generosità di Ausilia Magaudda e Danilo Costantini che ringrazio sentitamente e
al cui volume Musica e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della «Gaz -
zetta» (1675-1768), Roma, Ismez Editore, 2009, rimando per maggiori e ulteriori pre-
cisazioni.
10
Cfr. R. STROHM, The Neapolitans in Venice cit. p. 258-259; DINKO FABRIS, Par -
tenope da sirena a regina: il mito musicale di Napoli, in Mediterranean Myths cit.,
pp. 163-187; ID., Partenope da sirena a regina: il mito musicale di Napoli nell’ope -
ra di Vinci, programma di sala edito in occasione della prima esecuzione moderna
della Rosmira fedele, nell’ambito del Festival dell’Aurora di Crotone nel giugno 2004,
da parte della Cappella delle Pietà dei Turchini diretta da Antonio Florio; KURT
MARKSTROM, The Operas of Leonardo Vinci, Napoletano, New York, Pendragon Press,
2007, pp. 103-116.
11
Fu il Principe d’Ottaviano, Don Giuseppe Maria de’ Medici a volerlo a Napoli;
cfr. NICOLÒ MACCAVINO, L’Eraclea di Stampiglia nelle intonazioni di Alessandro Scar -
latti e Leonardo Vinci, in Intorno a Silvio Stampiglia. Librettisti, compositori e interpreti
nell’età premetastasiana, Atti del Convegno internazionale di studi (Reggio Calabria,
5-6 ottobre 2007), a cura di Gaetano Pitarresi, Reggio Calabria, Laruffa Editore,
2010, pp. 265-317: p. 288.

25
la di S.A.S. il Signor Principe di Armstat», che negli anni fra il 1721 e 1723
aveva raggiunto una grande notorietà grazie al successo ottenuto soprattutto
a Roma con l’Eumene (1721),12 con la seconda versione del Flavio Anicio
Olibrio (1722)13 e con l’Adelaide come si legge fra le righe di un avviso del-
la «Gazzetta di Napoli» del 2 febbraio 1723:

Roma - 29 Gennaro. Nella sera [sabato] nel Teatro Capranica si rappre-


sentò la nuova Opera intitolata Ercole sul Termodonte, e nel Teatro d’Ali-
bert andò in Scena il Drama, intitolato Adelaide, il maggiore, e universale
applauso, non per le comparse delle Scene solite vedersi, ma per la compo-
sizione della Musica del Celebre Maestro di Cappella Signor Nicolò Porpo-
ra Napoletano, che in tutte l’occasioni ha dato in quest’Alma Città saggio
della sua virtù, accompagnata da un vivace spirito. Quel che ha reso mera-
viglia alli Professori in generale della Musica si è, che in tre Opere fatte dal
detto Sig. Porpora nel sudetto Teatro d’Alibert in differenti tempi, le sue
Co[m]posizioni sono state perfettissime, e diverse l’una dall’altra.14

Compiaciuto del successo romano Porpora trascorse i restanti mesi del


1723 impegnato nella composizione di opere che avrebbero dovuto consoli-

12
«Gazzetta di Napoli», 18 febbraio 1721, N. 8: «Roma - 14 Febbraro. Sono anda-
te in Scena in questi pubblici Teatri la nuove Opere in Musica, e le Comedie, rappor-
tando applauso il Drama intitolato, Grigilla [Griselda], che si rappresenta nella Sala di
Capranica sì per la Compagnia de’ Virtuosi, sotto la direzione del Maestro di Cappella
Sig. Cavaliere Alessandro Scarlatti, come ancora per le nuove Scene dipinte dal Bibie-
na, e per li ricchi abiti; maggiore però è quello dell’Eumene, che si recita nel Teatro del
Conte d’Alibert, composto in Musica dal Maestro di Cappella Nicolò Porpora Napoleta-
no, Virtuoso di S.A. il Principe d’Armestat, in cui la principal parte viene sostenuta dal
Cavaliere Nicolò Grimaldi virtuoso cantante parimente Napoletano, e riescono di gran
soddisfazione le comparse d’un Esercito di Cavalleria, e del combattimento d’un’Arma-
ta Navale»; cfr. THOMAS GRIFFIN, Musical References in the Gazzetta di Napoli 1681-
1725, Berkeley, Fallen Leaf Press, 1993, p. 95; K. MARKSTROM, The Operas of Leonar -
do Vinci cit., p. 66.
13
«Gazzetta di Napoli», il 10 febbraio 1722: «[…] Nella sera di Martedì andarono
in scena l’Opere in Musica, intitolate l’Americo [Arminio ? di A. Scarlatti] nel Teatro
Capranica, e Flavio Onicio Olibrio in quello d’Alibert […]»; T. GRIFFIN, Musical Refe -
rences cit., p. 101.
14
Cfr. T. GRIFFIN, Musical References cit., p. 161.

26
dare la sua fama anche a Napoli: mi riferisco in particolare al dramma Ama -
re per regnare, rappresentato l’11 dicembre 1723 al San Bartolomeo,15 e al-
l’Imeneo, la cui esecuzione, tuttavia, non dovrebbe essere avvenuta nel 1723
come si legge nel colophon del libretto, bensì nel gennaio (forse il 16) del
1724 giorno in cui si celebrarono le nozze secondo quanto si apprende da
un avviso della «Gazzetta di Napoli» del 18 gennaio:

Domenica mattina [16 gennaio] seguì lo sponsalizio tra il principe di


Montemiletto D. Lionardo Tocco e la figlia del fu duca di Popoli D. Camilla
Cantelmi e fece la funzione con tutta solennità S. Em. il Sig. cardinal Orsi-
ni arcivescovo di Benevento […].16

Facile immaginare lo sfarzo senza risparmio di mezzi con cui fu celebra-


to l’evento ed in particolare ciò che riguardò l’esecuzione della serenata.
Prova ne sia il nutrito organico strumentale17 che Porpora poté prevedere
per accompagnare un cast d’interpreti vocali davvero eccellente composto –
come si legge nella lista degli «Interlocutori» – da Antonia Merighi e Ma-
rianna Benti Bulgarelli («detta la Romanina») impegnate nei ruoli di Ime-
neo e Rosmene, da Anna Bombaciara Fabbri e Carlo Broschi («detto Fari-
nello») nei panni di Clomiri e Tirinto e dal basso Annibale Pio Fabbri cui
fu affidata la non facile parte di Argenio.

15
«Gazzetta di Napoli», 14 dicembre 1723. N. 51: «Sabato a sera andò in scena nel
Teatro di S. Bartolomeo la nuova opera intitolata Amare per Regnare, quale riuscì di
universal compiacimento, sì per la musica, che è del celebre Maestro di Cappella Nic-
colò Porpora come per li virtuosi che la rappresentano, che per li vestiti e per le veglie
vedute di capricciosa invenzione[…]»; ivi, p. 113, A. M AGAUDDA -D. COSTANTINI, Musi -
ca e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della «Gazzetta» (1675-1768)
cit., pp. 43 e 122; nel CD, Appendice, pp. 403-404.
16
«Gazzetta di Napoli», 18 gennaio 1724; cfr. A. MAGAUDDA -D. COSTANTINI, Musica e
spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della «Gazzetta» (1675-1768) cit., nel
CD, Appendice, pp. 404-405.
17
Assai simile a quello impiegato nelle due precedenti serenate (L’Angelica e Gli
Orti Esperidi, v. supra le note nn. 1 e 2) l’organico prevede infatti, oltre agli archi e agli
strumenti del continuo, una coppia di trombini, una di oboi, una di corni da caccia; una
compagine assai più variegata e ricca di quella poi utilizzata dallo stesso Porpora per
la rappresentazione veneziana; v. infra la Tabella 2.

27
Quali impressioni ed affetti suscitò la musica dell’Imeneo nelle menti e
negli animi dei raffinati ospiti intervenuti alle nozze non è dato sapere. Quel
che sappiamo – come rivela una recente scoperta di Gaetano Pitarresi – è
che una delle cinque arie di Porpora eseguite nel Turno Aricino, un pastic-
cio rappresentato al San Bartolomeo il 3 dicembre 1724,18 è proprio quella
di Tirinto «Pieno il core di timore» (Imeneo, II.3). Una scelta non casuale
poiché il brano – nel cui testo Stampiglia paragona la paura di chi teme di
essere colpito da un fulmine nel corso di una tempesta al «timore» di Tirin-
to di essere trafitto dalla «saetta del rifiuto» dell’amata Rosmene –19 fu can-
tato ancora una volta da Farinelli, al quale venne così data nuovamente la
possibilità di esibire le sue straordinarie virtù interpretativo-vocali. Doti
esaltate dalle complesse fioriture melodiche (vere e proprie ipotiposi sulle
parole «palpitar» e «tonando») scritte espressamente per lui e dalla partico-
lare nuance timbrica che il musicista napoletano ottenne impiegando una
insolita compagine strumentale composta da corni da caccia con violini
«unisoni», viola e continuo (v. Es. n. 1).
Ma non è tutto.
Due anni più tardi nel 1726 con il titolo di Imeneo in Atene – nel Teatro
San Samuele a Venezia, città dove Porpora era appena diventato «Maestro
del Coro» all’Ospedale degli Incurabili –20 fu eseguita una versione rima-
neggiata e in tre atti dell’Imeneo napoletano. Anche in questo caso l’occa-

18
Ringrazio Gaetano Pitarresi per la notizia e al cui saggio «Gradisci il buon’animo
di chi ha fatto ciò per recarti maggior diletto», il “pasticcio” del Turno Aricino (Napoli,
Teatro San Bartolomeo, 1724), in Responsabilità d’autore e collaborazione nell’opera
dell’Età barocca: il Pasticcio, Atti del Convegno internazione di studi (Reggio Calabria,
2-3 ottobre, 2009) a cura di Gaetano Pitarresi, Reggio Calabria, Laruffa Editore, 2011,
pp. 169-219: 183, rinvio per ulteriori approfondimenti. Cfr. AUSILIA MAGAUDDA - DANI-
LO COSTANTINI, Rappresentazioni operistiche di Silvio Stampiglia nella «Gazzetta di Na -
poli», con particolare attenzione al periodo del viceré Medinaceli, in Intorno a Silvio
Stampiglia cit., pp. 173-209: 208.
19
Questi i versi: «Pieno il core | di timore | palpitar lo sento in seno, | Qual chi te-
me del baleno, | quando il ciel tonando va. | Il destino | è già vicino | del gran fulmine
temuto, | la saetta del rifiuto | chi di noi colpir dovrà?»
20
«La Musica | E’ del Sig. Nicola Porpora Napolitano | Maestro del Coro delle Fi-
glie del Pio | Loco degl’Incurabili di Venezia». IMENEO | IN ATENE | Componimento

28
Es. n. 1 - NICOLÒ PORPORA, Imeneo (1724),
aria: «Pieno il core di timore», bb. 8-22.

29
30
sione che ne determinò la ripresa fu davvero eccezionale, capace di cataliz-
zare l’attenzione dell’intera città lagunare, impegnata a dare il degno risalto
al ritorno in patria – dopo anni di esilio – ad uno dei più importanti mece-
nati della prima metà del XVIII secolo, il cardinale Pietro Ottoboni.21

Dramatico | DI SILVIO STAMPIGLIA | Da Rappresentarsi in Musica | nel Teatro Gri-


mani a | San Samuel. | IN VENEZIA, MDCCXXVI. | Appresso Marino Rossetti in Mer-
ceria | all’Insegna della Pace. Con Licenza de’ Superiori, e Privilegio. [I-Bc 4325], p. 8;
SARTORI, n. 12805. Cfr. PIER GIUSEPPE GILLIO, L’attività musicale negli ospedali di Ve -
nezia nel Settecento, Firenze, Olschki Editore, 2006, pp. 338-339.
21
Questi in breve i fatti che portarono all’esilio. Nel luglio del 1709 – ottenuto da
Luigi XIV l’incarico di Protettore degli affari di Francia – l’Ottoboni di fatto infrange-
va la legge della Serenissima che impediva assolutamente agli aristocratici veneziani
di assumere incarichi pubblici per conto di potenze straniere. Questi – interrotti i rap-
porti diplomatici con la Francia (che per ordine del re aveva nel frattempo espulso
l’ambasciatore veneziano) – nel 1712 decideva di esiliare il cardinale e la di lui fami-
glia da Venezia, di confiscarne i beni e le proprietà cancellandone il nome dal Libro
d’oro. Solo nel 1720 – allorquando la Francia riallacciò le relazioni diplomatiche con
Venezia, dove fu inviato in qualità di ambasciatore il conte Jacques-Vincent Languet –
ebbe inizio l’iter che permise all’Ottoboni di ottenere l’agognato perdono, indi la so-
spensione del divieto di rimpatrio che gli era stato imposto. Una manovra questa che
ebbe come protagonisti esponenti diplomatici francesi e il Papa Benedetto XIII, abil-
mente condotta e portata a termine a Venezia nel 1726 da Girolamo Ascanio Giusti-
nian. Finalmente il cardinale poteva far ritorno e trionfalmente nella sua patria. L’even-
to ebbe luogo nella seconda metà del 1726 e fu preparato con molta cura e ovviamen-
te con un nutrito programma di esecuzioni musicali. Fra queste ricordiamo: l’oratorio a
cinque voci La Santissima Annunziata e la «pastorale in musica» La Fenice entrambi
composti da Giovanni Battista Costanzi (maestro di Cappella dell’Ottoboni); cui segui-
rono la serenata-pasticcio Andromeda liberata, con musiche di vari autori fra cui Albi-
noni, Vivaldi, Porta e Porpora; la «Cantata-[serenata] a cinque voci» Il Ritratto dell’E -
roe di Giovanni Porta; la Fuga di Teseo, una cantata a due voci, il cui testo (forse an-
che la musica) è di Pietro Chechia ed infine l’Imeneo in Atene con musiche di Nicola Por-
pora. Cfr. NICOLÒ MACCAVINO -TONINO BATTISTA, Il Ritratto dell’Eroe (Venezia, 1726): una
serenata di Giovanni Porta dedicata al cardinale Pietro Ottoboni falsamente attribuita a
Leonardo Vinci, in Leonardo Vinci e il suo tempo, Atti dei Convegni internazionali di
studi (Reggio Calabria, 10-12 giugno 2002; 4-5 giugno 2004), a cura di Gaetano Pitar-
resi, Reggio Calabria, Iiriti Editore, 2005, pp. 339-396: 351-356; MICHAEL TALBOT,
Mythology in the Service of Eulogy: the Serenata Andromeda liberata (1726), in Medi -

31
L’Imeneo in Atene andò in scena al San Samuele il 20 settembre con re-
pliche che si protrassero sino al 2 ottobre; e ciò avvenne per espresso vole-
re dell’Ottoboni, che ne fece esplicita richiesta al Consiglio dei Dieci, come
si evince da un’annotazione, riportata nel Libro de’ memorie di Antonio Be-
nigna, in cui si afferma che la

[… ] recita dell’opera […] intitolata Imeneo in Atthene [fu] decretata dal-


l’eccellentissimo Consiglio d[e]i Dieci ad istanza del suddetto Cardinale
[…].22

Eccellenti i cantanti di cui poté disporre Porpora; fra questi: Antonia Me-
righi («Virtuosa della Gran Principessa di Toscana») come a Napoli nei pan-
ni di Imeneo; e poi Margarita Gualdi Campioli («Virtuosa di S.A.S. il Sig.
Principe Langravio d’Armestat») nelle vesti di Rosmene; Domenico Rizzi
(«Virtuoso di Sua Eminenza il Sig. Cardinal Ottoboni») nel ruolo di Tirinto;
la «Veneziana» Lucrezia Baldini che interpretò Clomiri e Luigi Antinori che
sostituiva Annibale Pio Fabbri nella parte di Argenio. Nel tentativo forse di
dare un taglio più compiutamente operistico alla serenata il testo originale
fu diviso in tre parti; ciononostante non sappiamo se l’Imeneo in Atene sia
stato corredato da un apparato scenografico anche se, a differenza della ese-
cuzione napoletana, che non prevedeva balletti, a Venezia l’«Inventor de’
Balli» fu Gaetano Testagrossa, già apprezzato nel precedente carnevale per
la realizzazione della coreografia nel vinciano Siroe re di Persia.23
Assai semplice la storia ambientata «in Atene».24

terranean Myths from Classical Antiquity to the Eighteenth Century, a cura di Metoda
Kokole, Barbara Murovec, Marjeta Šašel Kos e Michael Talbot, Ljubljana, Zalozba ZRC,
2006, pp. 131-161; N. MACCAVINO, L’Imeneo in Atene di Nicola Porpora: Venezia 1726
cit., pp. 239-243.
22
Cfr. ELEANOR SELFRIDGE-FIELD, Pallade Veneta. Writings on Music in Venetian So -
ciety 1650-1750, Venezia, Fondazione Levi, 1985, p. 45.
23
Cfr. K. M ARKSTROM, The Operas of Leonardo Vinci, Napoletano cit., p. 157.
24
Come si legge nei libretti a stampa in entrambe le rappresentazioni gli argomenti, e
le vicende che hanno luogo, sono assolutamente identici. Anche nell’Imeneo di Händel
(Londra, 1740, v. infra la nota 41, pp. 2-3) l’argomento – per l’occasione scritto in inglese
– è simile (tranne qualche lieve aggiunta) ai precedenti libretti italiani. L’unica differenza
sostanziale riguarda il ruolo di Argenio che da fratello di Clomiri, ora ne diventa il padre.

32
Imeneo, giovane ateniese, è innamorato – senza speranza – della nobile
Rosmene. Avvenne ch’egli fu rapito coll’amata sua e con molte altre ragguar-
devoli giovani di Atene andate fuori città per i Sacrifici in onore di Cerere
da alcuni corsari ivi arrivati all’improvviso, i quali […] stanchi per il conti-
nuo e lungo navigare, andarono a terra e ritiratisi in un certo luogo […] si
addormentarono. Allora Imeneo presa l’occasione di liberar sé e le rapite
giovani ebbe la sorte di ucciderli tutti […] e tornato alla Città, restituì le già
perdute figliole e con loro la promessa di poter sposare l’amata Rosmene.

L’azione ha inizio da qui. Ed è proprio Argenio, fratello della dolce Clo-


miri – a sua volta innamorata di Imeneo – che promette al giovane la mano
della sorella. Rosmene che ama ed è amata da Tirinto è presa dal dubbio:
non sa se obbedire al volere dei genitori e della patria e dunque sposare
Imeneo, oppure cedere al cuore e sposare l’amato Tirinto. Rosmene non se
la sente di decidere subito e prende tempo. A nulla servono i tentativi di
Clomiri (emblematici in tal senso i versi intonati nell’aria «V’è un infelice,
| che per te more») di dissuadere l’amato Imeneo a sposare Rosmene; tanto
meno i tentativi dei due pretendenti – Tirinto e Imeneo – e di Argenio che
invece confondono sempre più la mente di Rosmene. Ella alla fine – quasi
in preda alla follia (musicalmente sottolineata da Porpora (e poi anche da
Händel) con un intenso recitativo obbligato – risolve che sia «l’ombra di Ra-
damanto» ad indicarle la scelta giusta, che come è facile prevedere cade sul
giovane ateniese, con buona pace di Tirinto e di Clomiri i quali, come reci-
ta Imeneo alla fine «se non son l’uno restìo, l’altra ritrosa | Lo sposo ella ha
presente, egli la sposa».
«Parlai da stolta, e stabilii da saggia» afferma Rosmene! Ed è in questa
frase che si può cogliere la morale dell’intera pièce. Ma mentre per l’esecu-
zione partenopea escluderei interpretazioni che vadano oltre l’esaltazione
dell’elemento razionale (e dell’obbedienza) sulle ben più fatue e pericolose
ragioni del cuore, per quella veneziana – data l’occasione ed il contesto non-
ché la precisa richiesta del cardinale Ottoboni (v. supra la nota 22) – credo
non sia azzardato poter cogliere, celato dall’allegoria, un messaggio politico.
Alla luce del quale Rosmene (che dovrebbe ritrarre il cardinale Ottoboni) al-
la fine acconsente a sposare Imeneo (raffigurante la patria indi la città di Ve-
nezia) piuttosto che l’amato Tirinto (cioè le potenze straniere quindi la Fran-
cia) seguendo così il consiglio di Argenio (che rappresenta la Chiesa e i vari
intermediari). Un lieto fine in cui l’equilibrio viene alla fine ristabilito, così

33
che la Francia possa riprendere i rapporti diplomatici con la Serenissima,
che a sua volta può accogliere – con la benedizione del Papa – il filo-france-
se Ottoboni. È solo una coincidenza, d’accordo; ma, alla luce di quanto ap-
pena affermato, è da rilevare come la prima aria dell’opera «La mia bella e
perduta Rosmene» in palese stile francese (un’allure anticipato già nel terzo
movimento della sinfonia iniziale),25 possa essere considerato una sorta di
omaggio al cardinale e alle di lui simpatie francofile (v. Ess. nn. 2 e 3).
Nella Tavola 1 (v. Appendice I) sono riportate le concordanze fra il te-
sto utilizzato da Porpora nel 1723-1724 e le varianti introdotte nel 1726.26
Le più evidenti riguardano lo spostamento al secondo atto (II.3) del terzet-
to «Consolami mio bene» con cui Stampiglia chiudeva la prima parte del-
l’Imeneo: nella versione del 1726 il primo atto termina con l’aria di Tirinto
«Sorge l’alma mia» (I.9) che però manca nella partitura manoscritta con-
servata a Londra.27 Quindi, sempre nel secondo atto, scena ottava, la sosti-
tuzione dei versi finali del recitativo di Imeneo «Perdonami Clomiri» (su-
bito dopo «La beltà di Rosmene») e dell’aria seguente «Di cieca notte»,
rimpiazzata da «Passeggier che dell’onde paventa»; e per finire – siamo
nell’ultima scena del terzo atto – il taglio dei versi intonati a partire dal set-
tenario «Rosmene in braccio a dui?» sino a «L’idolo mio delira | Io non de-
liro» (che comportò anche l’eliminazione dell’aria di Rosmene «Al voler di
tua fortuna») e l’ovvia sostituzione dei versi del ‘Tutti’ finale. La partitura

25
A differenza della partitura dell’Imeneo (custodita a Dresda) che conserva anche
le musiche dei tre movimenti dell’Introduzzione, quella dell’Imeneo in Atene (custodita
a Londra) ci è giunta priva della Sinfonia iniziale. Allo stato attuale non è certo, però,
se la sinfonia eseguita al San Samuele fosse la stessa di quella sentita a Napoli.
26
Come suggerisce Reinhard Strohm (The Neapolitans in Venice cit. p. 266) è mol-
to probabile che sia stato il poeta Domenico Lalli a realizzare l’adattamento del testo
di Stampiglia per le scene veneziane. Lalli aveva già collaborato con Porpora in occa-
sione della rappresentazione a Monaco di Baviera nell’ottobre del 1724 del Damiro e
Pitia, o vero Le gare dell’amicitia e dell’amore; cfr. KURT MARKSTROM -MICHAEL F. RO-
BINSON, s.v. «Porpora, Nicola (Antonio)» in The New Grove Dictionary of Music and Mu -
sicians, a cura di Stanley Sadie, Londra, Macmillan, 20012 (d’ora in poi NG), XX,
pp. 169-174: 171.
27
Vedi infra la nota n. 28 e in Appendice II la Tabella 1.

34
Es. n. 2 - N. PORPORA, L’Imeneo (1724), Introduzzione, III mov., bb. 1-14.

Es. n. 3 - N. PORPORA, L’Imeneo in Atene (1726),


aria: «La mia bella e perduta», bb.1-15.

35
della versione del 1726 è custodita presso la British Library di Londra.28 Si
tratta di un manoscritto composito che presenta almeno tre diverse mani,
fra cui quella dello stesso Porpora, a cui sono da ascrivere le varie cancel-
lature e i segni relativi alle parti da non eseguire, presenti in alcuni brani
del manoscritto. Tali indicazioni riguardano ampie porzioni della partitura

28
GB-Lbl, Add. ms. 14113. Un’altra copia è custodita in P-La. Ms. 14113 è comun-
que una copia dell’Imeneo napoletano poiché ne mantiene evidente la divisione in due
parti e la numerazione delle scene che durante la disposizione in tre atti, sono state can-
cellate (come nel caso della scritta «Fine della p[ri]ma Parte» posta al termine del ter-
zetto «Consolami mio bene») e/o sostituite con la nuova numerazione. L’aggiunta con ma-
no diversa della scritta «La Rosmene» sulle carte iniziali dei rispettivi atti secondo e ter-
zo dell’Imeneo in Atene fa supporre che Porpora abbia utilizzato Ms. 14113 anche per la
realizzazione della Rosmene eseguita a Londra nel 1742, che quindi dovrebbe essere
un’ulteriore ripresa della versione in tre atti ma con un nuovo titolo. Cfr. K. MARKSTROM
-M. F. ROBINSON, s.v. «Porpora, Nicola (Antonio)» cit., p. 172; e cfr. REINHARD STROHM,
I libretti italiani di Händel, in JOHN MAINWARING, Le memorie della vita del fu G. F. Hän -
del, a cura di Lorenzo Bianconi, Torino, E.D.T, 1985, pp.162 e 174. Non avendo ancora
potuto visionare il manoscritto della Rosmene (che Strohm indica con la stessa segnatu-
ra dell’Imeneo in Atene ms. Add. 14113, ivi, p. 174) non so quali siano le effettive diffe-
renze fra le due partiture. Una ulteriore versione del Porpora dell’Imeneo è rappresenta-
to dal Giasone eseguito a Napoli nel 1732, la cui partitura si trova nella biblioteca del-
l’abbazia di Montecassino. Qui – come già nel 1724 e poi con Händel per il suo Imeneo
del 1740 – il testo utilizzato è quello in due parti così come scritto dallo Stampiglia.

36
corrispondenti alle varianti al testo già indicate (come ad esempio quelle
che riguardano la «Scena Ultima» del terzo atto dove l’autore ha letteral-
mente sbarrato con delle linee oblique vergate lungo i sistemi dei penta-
grammi, tutte quelle parti – recitativi e arie – che non dovevano essere ese-
guite); altre, invece, sono riferite ai singoli brani: come nel caso dell’aria di
Imeneo «Esser mia dovrà» (I.6) o del terzetto «Consolami mio bene» dove
sono sbarrate e/o cancellate le battute che il musicista aveva deciso di non
far eseguire. Contrariamente alla partitura manoscritta dell’Imeneo del
1724 – custodita integra presso la Sächsische Landesbibliothek - Staats
und Universitätsbibliothek di Dresda –29 il manoscritto londinese è incom-
pleto, essendo privo delle musiche di alcune scene oltre che della sinfonia
iniziale. Il confronto fra i due manoscritti (v. in Appendice II la Tabella 1)
oltre ad evidenziare tali differenze, mostra tutte le varianti armonico-tona-
li e di organico introdotte da Porpora (sia nei recitativi che nelle arie) per
la messinscena del 1726; cambiamenti resi necessari, forse, anche per l’e-
sigenza di dover adattare, e in qualche caso dover riscrivere interamente,
la musica di alcune arie destinate ai nuovi interpreti. È il caso, ad esem-
pio, dell’aria di Clomiri «V’è un infelice» (I.5) o di quella di Argenio «Ba-
sta sol che voglia» (II.1 = II.4) che evidenziano un impianto tonale, un rit-
mo e un organico strumentale totalmente differenti. Nel primo caso si pas-
sa da un Larghetto in la maggiore (in ritmo ternario) con oboi e archi, ad un
Allegretto in re minore (in tempo ordinario) senza i fiati. Nella seconda aria,
oltre al cambio di mensura e di tonalità, fu sostituito l’intero organico stru-
mentale ridotto ora al continuo e al solo violoncello concertante. Ciò per-
mise al musicista di attuare una diversa interpretazione sonora del testo
poetico (in cui Argenio dimostra a Tirinto gli effetti ‘trionfanti’, seppur do-
lorosi, della ‘razionalità’ quando riesce a dominare la forza del sentimen-
to)30 senza dubbio assai più pacata e delicata (v. Es. n. 4) della precedente
versione, caratterizzata, al contrario, da un più nutrito organico orchestra-

29
«L’Imeneo | Musica | Del Sig.r Nicolò Porpora»; D-Dl, Mus. 2417 - F - 1.
30
Questi i versi: «Basta sol, che voglia un’alma | Alle schiere | Contrastare del pia-
cere, | Che di quelle avrà la palma, | E di sé trionferà. | Ché Virtù col chiaro lampo |
Di sue spade vincitrici | Porrà in fuga i suoi nemici | E lo scampo a lei darà». Si noti
nella versione veneziana la sostituzione del verbo «contrastare» con «trionfare».

37
le, composto da archi, continuo, «trombini» e oboi «lunghi»,31 chiamato a
sostenere un melos assai virtuosistico di piglio marziale, adatto ad esaltare
le straordinarie capacità vocali di Annibale Pio Fabbri (v. Es. n. 5). Come
mai una simile rarefazione d’organico? Escludendo motivazioni inerenti al-
la mancanza in loco di suonatori di trombino, credo che la nuova strumen-
tazione fosse realizzata per dare la possibilità al maestro di cappella del
cardinale Ottoboni, Giovanni Battista Costanzi, di esibire anche le sue qua-
lità di virtuoso di violoncello.32
Va tuttavia evidenziato il fatto che Porpora sia nell’Angelica che ne Gli
Orti Esperidi ha inserito rispettivamente un’aria con violoncello obbligato, 33

Es. n. 4 - N. PORPORA, L’Imeneo in Atene (1726),


aria: «Basta sol che voglia», bb. 42-81.

31
Cfr. RENATO MEUCCI, Gli strumenti della musica colta in Italia meridionale nei se -
coli XVI-XIX, «Fonti Musicali Italiane», III, 1998, pp. 233-264.
32
Cfr. HANS JOACHIM MARX, s. v. «Costanzi, Giovanni Battista», in NG, VI, pp. 527-528.
33
Si tratta delle arie «Bella diva all’ombre amica» (Angelica, II) e «Giusto amor» (Gli
Orti Esperidi, II). La presenza a Napoli, sin dai tempi del primo soggiorno napoletano di
Alessandro Scarlatti, di eccellenti virtuosi di violoncello aveva favorito l’inserimento co-
stante di arie che prevedevano parti obbligate per lo strumento, non solo nelle serenate
ma anche negli oratori e nei melodrammi. Cfr. G. PITARRESI, Una serenata modello cit., p.
318; A. MAGAUDDA -D. COSTANTINI, Serenate e componimenti celebrativi nel Regno di Na -
poli (1677-1754) cit., p. 93; NICOLÒ MACCAVINO, La Serenata a Filli «Tacete aure tacete»
e le altre serenate datate 1706 di Alessandro Scarlatti, in La serenata tra Seicento e Sette -
cento: musica, poesia, scenotecnica cit., II, pp. 451-522: 489. Sulla scuola violoncellisti-
ca napoletana cfr. GUIDO OLIVIERI, Tra Napoli e Vienna: musicisti e organici strumentali
nel Viceregno austriaco (1701-1736), in Italienische Instrumentalmusik des 18. Jahrhun -
derts: alte und neue Protagonisten, a cura di Enrico Careri e Markus Enghelhardt, Laa-
ber-Verlag, 2002 («Analecta musicologica», 32), pp. 161-182: 172-173; ID., Cello Tea -
ching and Playing in Naples in the Early Eighteenth Century: Francesco Paolo Supriani’s

38
“Principij da imparare a suonare il violoncello”, in Performance Practice: Issues and Ap -
proaches, edited by Timothy D. Watkins, Ann Arbor, Steglein, 2009, pp. 109-136; CESA-
RE FERTONANI, Musica strumentale a Napoli nel Settecento, in Storia della musica e dello
spettacolo a Napoli: il Settecento, a cura di Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione,
2 voll., Napoli, Edizioni Turchini, 2009, II, pp. 925-963. Per ulteriori approfondimenti
rimando ai saggi di Rosalind Halton e Ugo Piovano pubblicati nel presente volume.

39
Es. n. 5 - N. PORPORA, Imeneo (1724),
aria: «Basta sol che voglia», bb. 8-24.

40
41
segno evidente dell’interesse che il musicista nutriva per lo strumento al
quale dedicherà sempre molta attenzione.34 Ma mentre «Bella diva all’om-
bre amica» e «Giusto amor» sono arie in cui il violoncello ha una funzione
effettivamente concertante nei confronti della voce – a volte giustapponen-
dosi ma molto più spesso sovrapponendosi ad essa, sia in imitazione che
parallelamente – in «Basta sol che voglia» (v. Es. n. 4) il violoncello si ‘li-
mita’ a giustapporsi al canto di Argenio, oppure lo accompagna con una se-
rie di lunghe note tenute a mo’ di pedale. Evidentemente Porpora organizzò
l’aria in modo tale da concentrare l’attenzione del pubblico ora sullo stru-
mentista ora sul cantante.
Dopo la rappresentazione veneziana l’Imeneo in Atene fu ancora inscena-
to nel 1727 nei teatri di Reggio Emilia e Verona,35 quindi nel 1730 a Trevi-
so ma con il titolo Amore e gratitudine in cimento,36 ed ancora nel 1731 «nel
Teatro de’ signori Accademici Candidi Uniti» di San Giovanni in Persice-
to.37 Il 23 aprile 1732 «nel Real Palazzo» di Napoli, con il titolo di Giasone
e i nomi dei personaggi cambiati,38 fu eseguita una versione rimaneggiata
dell’Imeneo (1724) che nel 1733, sempre con il titolo di Giasone – e con
nuove varianti al testo – fu infine rappresentato a Kroměříži.39
Durante la sua permanenza in Inghilterra (1733-1736) Porpora, inoltre,
compose un altro componimento drammatico sullo stesso soggetto, La festa
d’Imeneo eseguito a Londra il 4 maggio 1736, in occasione delle nozze di
Federico principe del Galles,40 ma non ci sono collegamenti musicali e te-

34
Cfr. FRANCESCO DEGRADA, Le musiche strumentali di Nicolò Porpora, «A.M.C. Chi-
giana», XXV, 1968, 5, N. S., pp. 99-125; CARLO VITALI, Un concerto per violoncello at -
tribuito a Porpora, «Studi Musicali», VIII, 1979, pp. 291-303; C. FERTONANI, Musica
strumentale a Napoli nel Settecento cit. p. 934.
35
Cfr. SARTORI, nn. 12806 e 12807.
36
Un libretto in I-Vcg; SARTORI, n. 1610.
37
Cfr. SARTORI, n. 12808.
38
Un libretto in CS-Pu; SARTORI, n. 11823. Come già detto la partitura manoscritta del
Giasone è custodita nella Biblioteca dell’Abbazia di Montecassino; v. supra la nota 27.
39
Cfr. JANA SPÁČILOVÁ, Hudba na dvoře olomouckého biskupa Schrattenbacha (1711-
1738). Příspěvek k libretistice barokní opery a oratoria, Disertační práce, Masarykova
univerzita v Brně Filozofická fakulta, Ústav hudební vědy, Brno, 2006, pp. 105-108.
SARTORI, n. 11824.
40
Cfr. F. WALKER, A Chronology of the Life and Works of Nicola Porpora cit., p. 50;

42
stuali con la serenata napoletana. Riferimenti che troviamo, invece, con e
nell’Imeneo (HWV 41) di Georg Friedrich Händel.

***

Händel lavorò al suo Imeneo dal 9 settembre 1738 all’autunno del 1740.
Ovviamente non ininterrottamente per due anni: piuttosto se ne occupò nel
momento in cui vedeva profilarsi una sua eventuale rappresentazione, come
avvenne appunto nell’autunno del 1738 (sempre per presunte nozze regali),
nell’autunno del 1739 e infine il 22 novembre 1740 giorno in cui fu rappre-
sentato al Lincoln’s Inn Fields Theatre.41 L’opera fu ancora eseguita ma pro-
fondamente modificata a Dublino nel 1742. Dopodiché non fu più eseguita. 42
Händel pur basando la sua versione sul testo della partitura del 1724,43
nel corso dei due anni modificò, più volte, sia la suddivisione dell’opera (in
tre parti nel 1738 e nel 1740; in due nel 1739 e nel 1742) come pure l’ordi-
ne delle arie e dei recitativi, di cui esistono, fra l’altro, più versioni rendendo
così assolutamente complessa l’esatta stesura dell’opera.44 Solo recentemente
(dal 2002) grazie all’edizione curata da Donald Burrows 45 e agli studi di John
H. Roberts, è stato possibile ricostruire la storia compositiva dell’Imeneo hän-
deliano, del quale fra l’altro, già dal 2003, è possibile ascoltare delle interes-

e K. M ARKSTROM -M. F. ROBINSON, s.v. «Porpora, Nicola (Antonio)» cit., p. 171.


41
Un libretto in GB-En, non segnalato in SARTORI. IMENEO | DRAMA | Per | MU-
SICA | Da Rappresentarsi | Nel REGIO TEATRO, | DI | LINCONLN’S -INN-FIELDS. [Fre-
gio] London | Printed by T. Wood, in Little Britain; and are | to be fold at the TEATRE. |
MDCCXL. Il testo è riportato in italiano ed in inglese.
42
Cfr. R. STROHM, I libretti italiani di Händel cit., p. 162 e 174. Le speranze händeliane
attese e/o disattese di poter eseguire il suo Imeneo, sono egregiamente descritte nel fonda-
mentale saggio di JOHN H. ROBERTS The Story of Handel’s Imeneo, «Händel-Jahrbuch»,
XLVII, 2001, pp. 337-384 a cui rinvio per ogni ulteriore riferimento. Cfr. inoltre
WINTON DEAN, Handel’s Operas, 1726-1741, Woodbridge, The Boydell Press, 2006,
pp. 448-470.
43
Cfr. J. H. R OBERTS The Story of Handel’s Imeneo cit., p. 345.
44
Cfr. GEORG FRIEDRICH HÄNDEL, Imeneo, herausgegeben von Friedrich Chrysander
(«G. F. Händel’s Werke», Band XXXIX), Lipsia, Engelmann, 1885.
45
GEORG FRIEDRICH HÄNDEL, Imeneo (HWV 41), herausgegeben von Donald Bur-
rows, Hallische Händel-Ausgabe, Serie II, Band 40, Kassel, Bärenreiter, 2002.

43
santi incisioni,46 a differenza dell’Imeneo di Porpora di cui non esiste ancora
nessuna registrazione integrale. Ed è un vero peccato perché la musica del
napoletano è bella e interessante tanto che Händel ne prese in ‘prestito’ di-
versi motivi, e ciò ancor prima di iniziare a comporre il suo Imeneo.
Un primo esempio riguarda il minuetto nell’Ouverture del Faramondo
(HWV 39, rappresentato a Londra nel 1738) 47 seguito da due arie del Saul
(HWV 53, anch’esso composto nel 1738) «See, with what a scornful air» e
«O Lord, whose mercies numberless» che, come afferma Roberts «conten-
gono chiare eco delle arie di Porpora «Se invece del tuo core» e «Se potes-
sero i sospir miei». 48
Più espliciti riferimenti li troviamo, tuttavia, nello stesso Imeneo, ed in
particolare nelle arie «Se potessero i sospir miei» (I.1) ed «Esser mia dovrà
la bella» (I.6) 49 e poi nella versione del 1739 dell’aria di Clomiri «V’è un
infelice» (I.5), la cui melodia (v. Es. n. 6) è assai simile a quella dell’omo-
nima aria di Porpora (v. Es. n. 7), elemento che prova ulteriormente che
Händel ebbe modo di visionare ed utilizzare la partitura (non il libretto) che
Porpora scrisse per Napoli (custodita a Dresda) e non solo la successiva ver-
sione del 1726, dove, fra l’altro, la medesima aria presenta una veste musi-
cale completamente differente (v. Es. n. 8).
Completa il quadro dei ‘prestiti’ – ma in questo caso è Händel che cita se
stesso – la presenza di quattro arie nell’opera pasticcio Jupiter in Argos (HWV
A 14) – eseguito a Londra al King’s Theatre il primo maggio 1739 – 50 che de-
rivano da brani dell’Imeneo.51

46
Segnaliamo in tal senso quella del 2003 della tedesca CPO (999915-2), con Ann
Hallenberg, Johanna Stojkovic, Siri Paroline Thornhill, Kay Stiefermann, Locky Chung,
il Vokal Ensemble Köln e la Capella Augustina diretti da Andreas Spering.
47
Cfr. R. S TROHM, I libretti italiani di Händel cit., p. 159.
48
Cfr. J. H. ROBERTS The Story of Handel’s Imeneo cit. pp. 350-351 e 353; cfr. W. DEAN,
Handel’s Operas, 1726-1741 cit., pp. 463-466.
49
Ivi, p. 353.
50
Cfr. R. S TROHM, I libretti italiani di Händel cit., p. 161.
51
Si tratta nello specifico: dell’aria di Diana «Non ingannarmi, cara speranza», ba-
sata sulla versione del 1738 dell’aria di Clomiri «V’è un infelice»; dell’aria di Iside
«Nel passar da un laccio all’altro» che è un adattamento dell’aria di Tirinto «Se potes-
sero i sospir miei»; l’aria di Calisto «Già sai che l’usignol» basata molto liberamente

44
Come sappiamo, tuttavia, le versioni dell’Imeneo realizzate da Händel
nel 1738 e nel 1739 non furono eseguite anche se – lo si è già visto – parte
della musica fu utilizzata per altri lavori; ecco perchè per la nostra ricerca
si è preferito utilizzare il libretto e le musiche che il compositore di Halle
predispose per l’esecuzione del 1740, che è possibile leggere (oltre che nel-
l’edizione curata da Burrows) anche nella conduncting-score conservata nel-
la Staats - Und Universitätsbibliothek di Amburgo che, come si legge sul
frontespizio, fu vergata a Londra nel 1740.52
La première del ‘dramma’ avvenne il 22 novembre 1740 nel Teatro di
Lincoln’s Inn Fields. Il cast riunito per l’occasione (il migliore di cui Hän-
del poteva disporre)53 era composto dal castrato Giovanni Battista Andreo-
ni, nel ruolo di Tirinto, e dal soprano ‘la Francesina’ alias Elisabeth Du-
parc nei panni di Rosmene, entrambi cantanti di notevole esperienza in fat-
to d’opera italiana e che quindi ebbero le parti principali. Imeneo fu inter-
pretato da William Savage, al debutto in qualità di basso; «Miss. Edwards»
– una giovane cantante protetta dall’attrice Catherine Clive, che ancora nel
1741 (sempre al Lincoln’s Inn Fields)54 interpretò il ruolo di Achille nella
Deidamia (HWV 42) – rivestì i panni di Clomiri, mentre Argenio, qui mol-
to più realisticamente divenuto padre di Clomiri, fu interpretato dal basso
Henry Reinhold. Lo spettacolo, nonostante la presenza di un largo uditorio,
compresa la famiglia reale, non ebbe il successo sperato come traspare dal
contenuto di una lettera inviata a James Harris il 22 novembre dall’avvo-
cato Thomas Harris, che aveva assistito alla rappresentazione, e dove fra
l’altro si asseriva:

sull’aria di Clomiri «Se d’amore amanti siete»; ed infine l’aria di Diana «In braccio al
tuo spavento» che il Sassone ricompose dall’aria di Clomiri «Se ricordarten vuoi»; cfr.
J. H. R OBERTS The Story of Handel’s Imeneo cit. pp. 358.
52
D-Hs, MA 1023: «Georg Friedrich Händel | Imeneo | London um 1740». Colgo
l’occasione per ringraziare Steffen Voss per avermi gentilmente fatto avere una copia
della partitura in questione e per le diverse indicazioni bibliografiche.
53
I nomi dei cantanti si leggono (ma aggiunti manoscritti) accanto alla lista dei per-
sonaggi riportata alla p. 3 del libretto a stampa. Cfr. inoltre di Donald Burrows le Note
introduttive contenute nel libretto allegato alla già citata (v. supra la nota 45) incisione
dell’Imeneo händeliano.
54
Cfr. R. S TROHM, I libretti italiani di Händel cit., p. 163.

45
Es. n. 6 - GEORG FRIEDRICH HÄNDEL, Imeneo (1739),
aria: «V’è un infelice», bb. 9-12.

Es. n. 7 - N. PORPORA, Imeneo (1724), aria: «V’è un infelice», bb. 5-8.

46
Es. n. 8 - N. PORPORA, Imeneo in Atene (1726), aria: «V’è un infelice», bb. 5-8.

I have just now bin at Mr. Handel’s operetta, at which were the King and
the St. James’s royall family and a very good house. I don’t think it mett with
the applause it deserves, as I think that there are a great many good songs
in it.55

La divisione in tre atti dell’Imeneo in Atene (Venezia, 1726), rispetto a


quella di Händel, si presenta, a mio avviso, più squilibrata dal punto di vi-
sta drammaturgico. Il terzetto dell’opera di Porpora «Consolami, mio be-
ne», in origine posto a chiusura della prima parte della serenata e ora in-
serito al termine della seconda scena del secondo atto, non costituisce più
l’acme della tensione drammatica, a vantaggio delle arie di Tirinto «Sorge
nell’alma mia» (I.9) e di Imeneo «Passaggier, che dell’onde paventa» (II.8)
poste a conclusione del primo e del secondo atto dell’opera.56 In Händel, al

55
Lettera a James Harris, 22 Novembre 1740; cfr. DONALD BURROWS e ROSEMARY
DUNHILL, Music and Theatre in Handel’s World, Oxford, 2002, p. 108.
56
Uno spostamento, dunque, che sembra privilegiare l’aspetto ‘virtuosistico’ a
danno di quello drammaturgico-espressivo. Infatti, mentre dell’aria di Imeneo, come
già detto, non ci è giunta la musica, «Sorge nell’alma mia» (di cui si conserva la mu-

47
contrario, la tripartizione (v. Appendice II la Tabella 2), guidata dal suo
grande intuito teatrale e da una profonda conoscenza delle abitudini del
pubblico londinese, è senza dubbio molto più bilanciata e rispettosa della
tensione drammaturgica della pièce. I primi due atti, di sei scene ciascuno,
si concludono, infatti, rispettivamente con l’aria «Esser mia dovrà la bella»
(I.6) cantata da Imeneo (sicuro che alla fine gli verrà concessa l’amata Ro-
smene), e con il toccante terzetto «Consolami, mio bene» (II.6) a cui Hän-
del restituisce la funzione di apice drammatico con i protagonisti del trian-
golo amoroso – Imeneo, Tirinto, Rosmene – animati da un diverso stato d’a-
nimo57 meravigliosamente esaltato dalla sua musica.58 Ma non basta: il mu-
sicista tedesco fa subito seguire al termine dei due brani l’intonazione di
due cori – «Vien’ Imeneo fra voi» il primo, «È troppo bel trofeo» il secon-
do – i quali, pervasi da una pungente ironia e da una veste musicale assai
suggestiva, commentano quanto accaduto.

sica unicamente nel manoscritto custodito a Dresda) è un’aria assai virtuosistica di


ampia estensione vocale (si2 - la 4) destinata (in origine) alla eccezionale ugola di Car-
lo Broschi, che in effetti ben può adattarsi alla conclusione di un atto se ad interpre-
tarla v’è un cantante straordinario. Si tratta di una tipica aria di paragone, arricchita
timbricamente da corni da caccia e da oboi che ne esaltano l’aspetto impetuoso, in
cui il dubbio della gelosia che sta lentamente crescendo nell’animo di Tirinto sempre
più sospettoso, è equiparato all’effetto che ha una piccola nube, innocua in lontanan-
za ma che avvicinandosi e crescendo d’intensità si trasforma in tempesta. L’aria, in re
maggiore, è una delle poche a sfoggiare una scrittura contrappuntistica, anche se ado-
perata per fini quasi esclusivamente descrittivi: realizzare ed amplificare sonora-
mente, con l’entrata in successione delle parti, l’avvicinarsi prima e lo scatenarsi do-
po (con tuoni e saette) degli elementi. Sono peculiarità che è possibile osservare an-
che nella non meno impetuosa versione che Händel realizza (e senza fiati) dell’aria
(v. Ess. nn. 10 e 11).
57
La supplica di Imeneo che invita Rosmene ad aver «Pietà del [suo] cordoglio» e
che quindi accetti di sposarlo; la speranza di Tirinto affinché l’amata non «cangi desio»
restandole fedele; il dubbio che ancora turba la giovane donna che non vuol essere giu-
dicata né infida né ingrata, tensione che la porterà quasi alla follia.
58
Magistrale è la veste musicale che i due musicisti danno del testo: entrambe in re
minore, la versione di Händel si distingue per una maggiore pacatezza, ottenuta dal tac -
tus ternario e dal basso che procede per ottavi passeggiati, mentre è senz’altro più ner-
vosa e sinuosa (con numerose inflessioni cromatiche) quella di Porpora in tempo ordi-
nario, il quale (a differenza di Händel) per non interrompere il crescendo emotivo del

48
Per tenere viva l’attenzione del pubblico Händel, tuttavia, non si limita
ad inserire episodi destinati al coro (durante e al termine di ogni atto) ma in-
terviene decisamente nella disposizione del testo poetico. Da un lato riduce
sia il numero di arie destinate ai protagonisti (due ciascuno ad Imeneo ed
Argenio, una rispettivamente a Tirinto e Clomiri) che i versi destinati ai re-
citativi (v. Appendice I la Tavola 2); 59 dall’altro inserisce nuove porzioni di
testo, come quello affidato a Rosmene (siamo proprio all’inizio del secondo
atto) il cui pathos, suggerito dai versi

Deh! m’aiutate, oh Dei! 60


Che degli affetti miei…
Troppo è il martoro.

è esaltato dalla struggente melodia che il musicista vuole accompagnata dal


«violoncello solo» (v. Es. n. 9).
Ed ancora sposta e/o ricolloca in posizione originaria alcune arie – è
quanto avviene, ad esempio, con «Di cieca notte» aria cantata in origine da
Imeneo (II.5) ora affidata ad Argenio (I.2), o per quella di Tirinto «Se potes-
sero i sospir miei» riposta all’inizio del primo atto (I.1) – 61 mentre alcune
vengono eliminate tout court. Emblematico, in tal senso, è ciò che avviene nel
terzo atto (scene sesta e settima), dove rispetto all’originale, Händel abbrevia
sensibilmente il testo dei recitativi ed elimina le arie di Imeneo e Tirinto «La
mattina allor che fuora» ed «È come l’Armellino», facendo intonare ai due
protagonisti (subito dopo i recitativi e con la stessa musica) solo i primi due

recitativo precedente, fa iniziare il brano direttamente con il canto di Imeneo senza il


ritornello strumentale iniziale (v. Ess. 12 e 13).
59
Cfr. W. DEAN, Handel’s Operas, 1726-1741 cit., p. 450.
60
Nella fonte letteraria il primo verso recita: «Deh, m’assistite, o Dei,».
61
Altre modifiche riguardano aspetti più propriamente musicali delle arie quali, ad
esempio, il cambio di tonalità come nel caso delle arie di Imeneo «Esser mia dovrà la
bella» (I.6) (da la maggiore a sol maggiore) e «Chi scherza con le rose» (II.5) (da fa mag-
giore a do maggiore); e quelle di Clomiri «V’è un infelice» (I.5), «È si vaga del tuo be-
ne» (II.4) e «Se ricordarten vuoi» (III.3) sono rielaborazioni di precedenti versioni (del
1738 e del 1739) con cambi di mensura, di tonalità e di ambiti melodici, veri e propri
adattamenti alle caratteristiche vocali della nuova giovane interprete.

49
Es. n. 9 - G. F. H ÄNDEL, Imeneo (1740),
cavatina: «Deh! m’aiutate, oh Dei», bb. 1-8.

50
Es. n. 10 - N. PORPORA, Imeneo (1723),
aria: «Sorge nell’alma mia», bb. 16-24.

51
Es. n. 11 - G. F. H ÄNDEL, Imeneo (1740),
arie: «Sorge nell’alma mia», bb. 16-23.

52
Es. n. 12 - N. PORPORA, Imeneo (1724),
terzetto: «Consolami, mio bene», bb. 1-9.

53
54
Es. n. 13 - G. F. H ÄNDEL, Imeneo (1740),
terzetto: «Consolami, mio bene», bb. 12-26.

55
versi dell’arietta «Se la mia pace a me vuoi togliere» (v. Es. n. 14), rispetto ai
quattro previsti da Stampiglia (e musicati da Porpora).62
Così articolate le due scene gemelle – «Fuggo Imeneo, ed in Tirinto in-
ciampo» è questo il commento piccato di Rosmene (v. in Appendice I, Ta-
vola 2 per il confronto fra le due versioni) – se per un verso rendono più flui-
do e snello lo scorrere dell’azione, dall’altro privano il pubblico dell’effetto
a ‘sorpresa’ (previsto da Stampiglia e realizzato da Porpora), determinato
dall’improvvisa ‘partenza’ di Rosmene che è in scena (prima con Imeneo poi
con Tirinto) che lascia di fatto basiti i due amanti (II. 8 e 9), i quali (ecco
la sorpresa) invece di riprendere a cantare la parte conclusiva delle rispet-
tive arie (subito dopo la ripresa del da capo, al termine della prima sezione
A), intonano (con la stessa musica ma in tonalità differente) ex abrupto i
quattro versi dell’arietta «Se la mia pace a me vuoi togliere» (v. Es. n. 15).
Contesti e situazioni completamente differenti che influenzano forte-
mente le scelte del compositore. Porpora nel 1724 ha a disposizione un cast
straordinario, un organico orchestrale più nutrito con cui dipinge, come si
vedrà, i diversi stati d’animo dei personaggi e/o le tipologie delle diverse
arie: dagli archi «spizzicati» nell’aria di Imeneo «La mattina allor che fuo-
ra», ai corni con gli oboi che sottolineano la collera dell’aria di Tirinto
«Sorge nell’alma mia». Händel, pur disponendo di un’orchestra di soli ar-

62
Questo il testo completo dell’aria: «Se la mia pace a me vuoi togliere, | barbara
toglimi la vita ancor. | E se i miei voti, sdegni d’accogliere, | fermati e rendimi almeno
il cor».

56
Es. n. 14 - G. F. H ÄNDEL, Imeneo (1740),
arietta: «Se la mia pace», bb. 1-8.

chi e oboi con cui realizza un’opera in un tono assai leggero, discorsivo
quasi cameristico, non è da meno nell’esaltare tipologie d’arie e stati d’a-
nimo.63 Inoltre il suo Imeneo si distingue da quello del Napoletano per l’in-
serimento dei cori (assenti in Porpora, tranne il ‘tutti’ finale) ma soprattut-
to per l’ironia sulla condizione umana che traspare in diverse pagine della
partitura,64 ed in particolare nelle arie di Imeneo «Esser mia dovrà la bel-
la» (I.6) o «Chi scherza con le rose» (II.5) – in cui il tono sentenzioso del-
l’aria è sottolineato sagacemente da Händel dalle numerose ripetizioni del
primo verso dell’aria in più punti bel brano, proprio come farebbe un in-
segnante saccente. La medesima ironia la riscontriamo pure nella delizio-
sa e virtuosistica aria di Argenio «Sull’arena di barbara scena» (II.1) dove
l’ingresso della belva, realizzato con un saltellante disegno in tempo di mi-
nuetto affidato alla voce, contornato dalle entrate quasi a canone degli ar-
chi all’unisono a distanza di una, due o tre misure, ricorda il trotto di un

63
Illuminante a tal proposito è il giudizio di Winton Dean (Handel’s Operas, 1726-
1741 cit., p. 451), allorché scrive che «Imeneo illustrates what may be called the
Mozartian side of Handel’s creative personality, in which emotional depths are plumbed
beneath a surface of light comedy».
64
Ivi, p. 451.

57
Es. n. 15 - N. PORPORA, Imeneo (1724),
aria: «La mattina allor che fuora» e arietta: «Se la mia pace», bb. 48-62.

58
puledro piuttosto che l’incedere di un «feroce leone» (v. Es. n. 16).
Ed infine nel coro conclusivo «Se consulta il suo dover» i cui versi

Se consulta il suo dover


Nobil’alma, o nobil cor
Non mai piega a suoi voler,
Ma ragion seguendo va.
E se nutre un qualche Amor
Ch’a Ragion non si convien;
Quell’amor scaccia dal sen,
E ad un altro Amor si dà.

che elogiano la forza della ragione che primeggia sui sentimenti, ispirano ad
Händel (come nel precedente coro «È troppo bel trofeo» (II.6) una musica
in modo minore, in un pacato ritmo di «minuet triste»,65 dove, semmai, tra-

Es. n. 16 - G. F. H ÄNDEL, Imeneo (1740),


aria: «Su l’arena di barbara scena», bb. 1-24.

65
«The finale is a minuet triste, again homophonic»; cfr. W. DEAN, Handel’s Operas,
1726-1741 cit., p. 457.

59
spare la sofferenza (o meglio l’infelicità) che procura all’individuo il sotto-
mettersi alla necessità del dovere. Ben altra storia rispetto ai semplici versi
– «Viva Imeneo | Viva Rosmene» – con cui si concludeva l’Imeneo di Por-
pora, sul quale, in conclusione, desidero soffermarmi cercando di eviden-
ziarne le principali peculiarità stilistico-compositive, rinviando ai già citati
saggi di Roberts e Dean per quelle riguardanti l’opera di Händel.
La strutturazione musicale dell’Imeneo di Porpora – solo in parte quella
di Händel – è fortemente ancorata alle soluzioni formali e drammatiche sug-
gerite dal librettista, indicazioni che vengono esaltate dalle scelte musicali
operate dal musicista, che realizza (lo si è già anticipato) arie e recitativi ob-
bligati di una certa efficacia espressiva. In alcuni casi si tratta di mettere in
rilievo singoli stati d’animo come quello addolorato di Argenio (I.2) che in-
voca l’intervento della dea Cerere (Händel musica lo stesso episodio con un
recitativo semplice) affinché le giovani donne rapite vengano trovate e ri-
condotte in patria; o lo stato confusionale che agita Rosmene (I.8), ancora
incapace di fare la sua scelta. In entrambi i casi Porpora dà rilevanza sono-
ra ai versi componendo recitativi accompagnati di particolare densità emo-
tiva, con gli archi che disegnano incalzanti figure ritmico-melodiche vivaci
e ben delineate (note puntate, scale di biscrome e tremoli su sedicesimi), a
cui si alternano momenti più statici poggianti su armonie dissonanti. In al-
tri casi è l’intera scena a suggerire soluzioni drammaturgico-musicali meno
prevedibili ma più moderne, come quelle che si osservano nella «Scena Ul-
tima» – la scena della follia – dove, in un stupefacente tour de force, recita-
tivi semplici e obbligati (che troviamo anche nella partitura händeliana) si
susseguono quasi senza soluzione di continuità (v. Appendice II la Tabella

60
2), punteggiati dalla ripresa, questa volta «a due», dell’arietta «Se la mia pa-
ce» e dall’aria «Io son quella navicella», in cui finalmente Rosmene può
rendere manifesta la decisione di sposare Imeneo piuttosto che Tirinto:

Io son quella Navicella,


Che veniva a questa sponda; verso Tirinto
Sorge il vento, e turbò l’onda
E in quest’altra la portò. verso Imeneo
Caro lido abbandonato, a Tirinto
Se portolla altrove il fato,
L’infelice in che peccò?

Essa è l’unica aria, fra quelle di Porpora, a presentare la parte B in me-


tro ternario e con un motivo differente rispetto alla precedente sezione A: e
ciò per meglio evidenziare lo sconforto di Tirinto il «Caro lido abbandona-
to» (scoramento indicato dalle diverse inflessioni cromatiche ascendenti e
discendenti della melodia e dal modo minore) che malgrado tutto deve ac-
cettare e comprendere la scelta compiuta da Rosmene, essendo stata tale
preferenza determinata non dalla sua volontà ma dal fato (v. Es. n. 17). Hän-
del nel suo Imeneo non presenta arie con queste caratteristiche.

La maggior parte delle arie di Porpora (ma è così anche per quelle del Sas-
sone) sono tripartite del tipo ABA, tranne gli ariosi che presentano una forma
bipartita del tipo AA’. Come ha già osservato Gaetano Pitarresi nella sua pun-
tuale analisi stilistica de Gli Orti Esperidi, anche le arie dell’Imeneo di Porpo-
ra (è così anche per buona parte di quelle di Händel), quasi tutte ripropongo-
no nella sezione B lo stesso motivo della sezione A. La sezione B, sebbene ca-
ratterizzata da un diverso percorso armonico ritmicamente più mosso e impre-
vedibile, è dunque considerata come un’ulteriore possibilità di sviluppo della
sezione A, dopo che una prima elaborazione motivica era già stata realizzata
nella seconda esposizione di A.66 Ne consegue che la differenziazione delle
arie è ottenuta con altri espedienti fra cui – come indica Pitarresi – 67 la diffe-
rente configurazione dei ritornelli strumentali iniziali, e – aggiungiamo noi sul-

66
Cfr. G. PITARRESI, Una serenata modello cit., p. 319.
67
Idem.

61
Es. n. 17 - N. PORPORA, Imeneo (1724),
aria: «Io son quella Navicella», bb. 43-60.

la scorta dei recenti studi di Friedrich Lippmann e di Diana Blichmann – 68 il


particolare ruolo che va assumendo l’orchestra in seno ad alcune arie.
Per quanto concerne il primo punto, come ne Gli Orti Esperidi, sono tre
le tipologie di ritornelli riscontrate nelle arie dell’Imeneo.69
1. il ritornello preannuncia lo stesso materiale motivico della parte vocale;
2. il ritornello è mancante e l’aria inizia direttamente con la parte vocale;
3. il ritornello presenta un materiale motivico indipendente rispetto alla
parte vocale.
La prima tipologia è quella maggiormente rappresentata, seguita dalla
seconda soluzione che il musicista adotta in quelle arie dove il crescendo
emotivo del recitativo precedente, non deve essere interrotto ma necessita

68
Cfr. FRIEDRICH LIPPMANN, Porpora und einige Zeitgenosseen, «Studi Musicali»,
XXXII, 2003, n. 2, pp. 349-405; e DIANA BLICHMANN, Espressione e rappresentazione
psicologica nella Semiramide Riconosciuta del Metastasio. Le intonazioni di Leonardo
Vinci e Nicola Porpora, in Leonardo Vinci e il suo tempo cit., pp. 23-77.
69
Le tipologie coincidono perfettamente a quelle già evidenziate da Gaetano Pitarre-
si ne Gli Orti Esperidi al cui saggio (Una serenata modello cit., p. 319) si rinvia per ulte-
riori riferimenti. Le stesse caratteristiche si riscontrano nelle arie dell’Imeneo händeliano,
anche se di gran lunga le più numerose sono quelle appartenenti alla prima e alla terza.

62
di uno sfogo immediato. È ciò accade nel più volte citato terzetto «Consola-
mi, mio bene», nell’aria di Clomiri «Se ricordanten vuoi» (II.4) o in quella
di Rosmene «Ingrata mai non fui» (I.3), allorché la protagonista, incalzata e
alla presenza di Tirinto e dalle parole di Imeneo

Non far che la speranza


Che in me per opra tua sì bella nasce,
Resti dal tuo rigore uccisa in fasce

respinge prontamente le accuse, riuscendo nel contempo a rassicurare Ime-


neo e l’amato Tirinto (v. Es. n. 18).
La terza tipologia (con il ritornello indipendente tematicamente) riguar-
da, infine, quelle arie in genere virtuosistiche e di una certa estensione, ma
che a differenza delle omologhe arie de Gli Orti Esperidi, 70 non sfoggiano il
dispiegamento di tutto l’organico orchestrale. Se difatti nell’aria «Se potes-
sero i sospiri» (I.1) la coppia d’oboi punteggia timbricamente lo sfogo affet-
tivo di Tirinto per il rapimento della amata Rosmene – da Porpora realizza-
to con l’incedere nervoso e in parte cromatico del canto, ricco di sincopi e
di figurazioni puntate (v. Es. 19) – nelle arie quali «La beltà che t’innamo-
ra» (I.2), «Su l’arena di barbara scena» (I.7) e «Colombe compagne» (II.6)
tutte con ritornello indipendente, la voce è sostenuta solo dagli archi.
Il secondo punto riguarda invece il modo con cui in qualche occasione
Porpora utilizza le possibilità dell’orchestra. Non mi riferisco, ovviamente,
all’uso della compagine orchestrale (con l’ausilio della scrittura contrappun-
tistica) per fini esclusivamente descrittivi – come nel caso di «Sorge nell’al-
ma mia» o, in maniera ancora più evidente, nell’aria «Colombe compagne»
dove il plastico volo dei due volatili e i loro improvvisi svolazzi, sono sugge-
stivamente ricreati dai disegni melodici dei violini (v. Es. n. 20) – ma per il
modo con cui, come asserisce la Blichmann, l’orchestra viene coinvolta di-
rettamente «nell’espressione affettiva» del testo.71

70
Tali arie richiedevano di solito il dispiegamento di tutto l’organico orchestrale,
cfr. Ivi, pp. 319-320. Cfr. REINHARD STROHM, Italienische Opernarien des frühen Sette -
cento (1720-1730), Colonia, Arno Volk, 1976 («Analecta musicologica», 16), I, p. 201.
71
Cfr. D. BLICHMANN, Espressione e rappresentazione psicologica nella Semiramide Ri-
conosciuta del Metastasio. Le intonazioni di Leonardo Vinci e Nicola Porpora cit., p. 74.

63
Es. n. 18 - N. PORPORA, Imeneo (1724), aria: «Ingrata mai non fui», bb. 1-10.

64
Osservando ancora l’Es. n. 18, non sarà sfuggito alle bb. 3-4, l’improv-
visa comparsa del ritornello strumentale, il cui disegno melodico, assai in-
quieto, non solo è antitetico alla pacata ma decisa melodia con cui vengo-

Es. n. 19 - N. PORPORA, Imeneo (1724), aria: «Se potessero i sospiri», bb. 9-21.

65
66
no intonati i primi due versi dell’aria (armonicamente sottolineato dalla
conferma della tonica), ma sembra voler indicare altro all’ascoltatore: l’in-
quietudine che si cela nell’animo della protagonista. Rosmene, infatti,
nonostante ami Tirinto e lo rassicuri con i versi «Ma il cor non è per lui |
Lo serbo sol per te», non è insensibile né alle richieste di Argenio né alle
‘attenzioni’ di Imeneo, al quale poco prima aveva detto: «Ingrata mai non
fui | Non ho di sasso il core». Prova ne è che la ripresa del ritornello (da
b. 9), inserito subito dopo i versi rivolti a Tirinto, risulti adesso accresciu-
to sia in lunghezza che in volume sonoro (con i violini che suonano non più
all’unisono ma a distanza di terza) segno dell’imbarazzo crescente di Ro-
smene. Attribuendo di fatto all’orchestra una parte autonoma, indipenden-
te dal canto, si ha la sensazione che Porpora le abbia affidato il compito di
rendere esplicito quell’‘affetto’ che Rosmene vuol nascondere ai due con-
tendenti, ma che è già vivo nel suo animo: cedere alle richieste e sposare
Imeneo.
Certo non siamo ancora di fronte ai risultati stilistici raggiunti nelle arie
della Semiramide riconosciuta (Venezia, 1729) in cui, come ha evidenziato
la Blichmann, Porpora realizza pienamente quello ‘sdoppiamento’ nella
espressione degli affetti, ottenuta grazie al coinvolgimento, oltre al canto,
dell’orchestra, ma il segno è chiaro ed inequivocabile: mentre in autori co-
me Leonardo Vinci «è il solo canto a sostenere il messaggio drammatico del
testo […], in Porpora v’è anche l’orchestra che si affianca nell’espressione
affettiva».72
Tali osservazioni tuttavia potrebbero apparire parziali se non si eviden-
ziasse anche un altro aspetto del fare compositivo del Napoletano e che ri-
guarda numerose arie dell’Imeneo: l’attenzione riservata alla voce che sfog-
gia una scrittura densamente elaborata e virtuosistica. In questi casi l’ap-
porto dell’orchestra è minimo, con i violini primi che raddoppiano (all’uni-
sono o all’ottava «colla parte») la voce e i violini secondi e le viole, senza i
bassi, che sorreggono la melodia solitamente ampia ed estesa. Tale sviluppo
della parte melodica è, però, quasi sempre ottenuto con la frequente ripeti-

72
Idem. Anche Lippmann che nel suo Porpora und einige Zeitgenossen cit., p. 393, met-
te a confronto lo stile di Porpora da una parte e quello di Scarlatti, Vinci, Hasse ed Händel
dall’altra, giunge a conclusioni abbastanza simili a quelle della Blichmann; cfr. ivi, p. 75.

67
Es. n. 20 - N. PORPORA, Imeneo in Atene: aria «Colombe compagne», bb. 5-12.

zione e il diverso dislocamento delle parole e con l’inserimento di fioriture,


colorature e passaggi melismatici, spesso motivato più da ragioni di ordine
‘virtuosistico’ che di tipo espressivo.73

73
Cfr. F. L IPPMANN, Porpora und einige Zeitgenossen cit., p. 382; e D. BLICHMANN,
Espressione e rappresentazione psicologica nella Semiramide Riconosciuta del Metasta -
sio. Le intonazioni di Leonardo Vinci e Nicola Porpora cit., p. 73. Non dobbiamo dimen-

68
Händel almeno nelle arie del suo Imeneo pur inserendo, specialmente
nelle arie riservate a Tirinto, numerose ed ampie fioriture, è sempre attento
alla dimensione espressiva. Ne è un esempio superbo l’aria «Se potessero i
sospiri», un Larghetto in fa maggiore (v. Es. n. 21). E a differenza di Porpo-
ra dove spesso alla varietà melodica corrisponde un continuum armonico in-
vero piuttosto semplice, in cui il compositore napoletano non va oltre alle
modulazioni ai toni vicini, e non sfrutta (almeno in queste arie) adeguata-
mente le possibilità di accumulo di tensione offerto dai pedali di dominan-
te, come invece sapranno fare nelle loro composizioni musicisti quali Per-
golesi e Vinci,74 Händel dimostra di essere assolutamente padrone dello
sfruttamento di tali risorse armoniche.
Alla luce di queste osservazioni credo si possa affermare che l’arte del
Porpora, fra il 1723-1724, sia certamente caratterizzata da una padronanza
assoluta della scrittura vocale affiancata da una sempre maggiore attenzio-
ne alle possibilità drammaturgico-espressive della scrittura strumentale-or-
chestrale. Qualità che il musicista avrà la possibilità di maturare durante la
sua permanenza a Venezia, nel corso della quale fu impegnato nell’attività
di compositore di musica non solo teatrale, ma anche da chiesa e strumen-
tale.75 Händel circa tre lustri dopo, conscio del fatto che per lui (a Londra)
stava per concludersi un’epoca, comporrà le musiche di Imeneo con l’inten-
to di provare (riuscendovi) «per vie diverse a superare i limiti prescritti al
genere del dramma per musica».76

ticare che l’arrivo a Venezia di Porpora e il relativo incarico all’Ospedale degli Incura-
bili fu determinato in buona parte dal fatto di essere considerato come uno dei miglio-
ri maestri di canto ed il principale artefice del nuovo stile musicale che in quegli an-
ni andava affermandosi nelle principali città d’Italia e d’Europa; cfr. P. G. G ILLIO, L’at -
tività musicale negli ospedali di Venezia nel Settecento cit., p. 339.
74
Cfr. G. PITARRESI, Una serenata modello cit., p. 322.
75
Cfr. P. G. GILLIO, L’attività musicale negli ospedali di Venezia nel Settecento cit.,
pp. 338-339.
76
Cfr. R. STROHM, I libretti italiani di Händel cit. p. 161; e W. D EAN, Handel’s Ope -
ras, 1726-1741cit., p. 451.

69
Es. n. 21 - G. F. H ÄNDEL, Imeneo (1740),
aria «Se potessero i sospiri», bb. 4-15.

70
71
APPENDICE I

Tavola 1
Concordanza delle scene e varianti al testo

Imeneo (Napoli, 1724) Imeneo in Atene (Venezia, 1726)


Parte Prima Atto Primo
I.1→9 I.1→9
Atto Secondo
I.10 II.1
I.11 II.2
I.12 II.3
Parte Seconda
II.1 II.4
II.2 II.5
II.3 II.6
II.4 II.7
II.5 II.8
Imeneo Imeneo
Perdonami Clomiri, Perdonami Clomiri,
D’altro amore languendo, D’altro amore languendo,
Fingo che non intendo i tuoi sospiri. Fingo che non intendo i tuoi sospiri.
Amo, ed ama Tirinto Amo, ed ama Tirinto
La beltà di Rosmene: La beltà di Rosmene:
Ciascun di noi paventa Gelosia mi tormenta;
Di perdere il suo bene; Vedo l’insidie ascose
Gelosia ci tormenta, Coperto di piacer miro il periglio,
E fa scoprir qual sia Ma se scansarle io vuò, non ho consiglio.
A me la fiamma sua e a lui la mia. Passeggier che dell’onde paventa
Di cieca notte Non si fidi alla calma del mare,
Allor che l’ombra Che se poi tempestoso diventa
Il monte ingombra, Nella fiera procella che prova
Oscura il piano Non li giova gridare pietà.
Ogni lontano Lo star su la riva
Acceso foco E vedere ogni nave che passa
Di loco in loco Chi di remi, chi d’arbori priva,
Scoprir si fa. he guidare dai flutti si lassa,
Così coll’ombre In quell’acque si trova il mio core
La gelosia E da quelle portare si fa.
Scopre qual sia Passeggier etc.
Di core in core
L’acceso amore
Che ardendo va.
Di cieca notte etc.

72
Atto Terzo
II.6 III.1
II.7 III.2
II.8 III.3
II.9 III.4
II.10 [III, 5] Scena Ultima
vv. 19-20: Rosmene vv.19- 20: Rosmene
La vita? Eh la donna La vita? Eh la donna
Venne qua giù dalla sua stella uscita Venne qua giù ad alla luce è uscita
[…] […]
Argenio Argenio
Sorte spietata. Sorte spietata.
Rosmene
Rosmene in braccio a dui? A Tirinto
Vanne, e lascia ch’io resti in braccio a lui
Al voler di tua fortuna A Imeneo
Già Rosmene acconsentì:
Non aver più speme alcuna, A Tirinto
Fui costretta a dir di sì.
Disse appunto così
Quando del pomo d’oro
La gran lite decise
Il pastorello giudice severo:
Clomiri, Argenio è verò?
Argenio
È vero,
Clomiri
È vero.
Imeneo
Per sua pietà sospiro
Scorgendo che vaneggia!
Rosmene
Io non deliro.
Tirinto
Numi, aita vi chieggio
L’idolo mio delira.
Rosmene Rosmene
Io non deliro.
Guardo in grembo del mare Guardo in grembo del mare
[…] […]
Rosmene
Viva, viva Imeneo,
Imeneo
Viva Rosmene.

73
Tutti Tutti
Viva, Imeneo L’alma facella
Viva Rosmene. Del Nume arciero
Splenda più bella
In ogni cor.
L’alma etc.
Fine Il Fine

74
Tavola 2
Concordanze delle scene e varianti al testo relativamente
alle prime due scene dell’Atto I e delle scene 6 e 7 dell’Atto III

Imeneo (Napoli, 1724) Imeneo (Londra, 1740)


Parte Prima Atto Primo
I. 1 – Tirinto, e poi Argenio I. 1 – Tirinto, e poi Argenio
Argenio Argenio
Barbara fortuna! O barbara fortuna!
Ancor novella alcun Non abbiam nuova alcuna
Delle rapite vergini d’Atene Delle perdute vergini di Atene.
Non v’è chi rechi,
Tirinto Tirinto
(E che farà Rosmene?) (E che farà Rosmene?)
Infelici Donzelle! Infelici Donzelle!
Di Cerere Eleusina
Fuor delle mura a sagrifici intese,
Da Stuol rapace e sbigottite e prese.
Argenio Argenio
Sventurata Clomiri, Sventurata Clomiri!
Mia diletta germana, Oh! diletta mia figlia!
Forse in parte lontana,
Già recisa le chiome, Tirinto
Mi vai chiamando inutilmente a nome. Oh! Barbari pirati
Tirinto Tu Cerere Eleusina
D’improvvisi pirati Perché mai permettesti
Schiera crudel si move, Che le innocenti al tuo gran culto intese
E dalle nostre piagge Fosser da stuol rapace
Rosmene tragge e le compagne altrove Nell’offrirti olocausti avvinte e prese?
Se potessero i sospir miei Se potessero i sospir miei
Far, che l’onde Far, che l’onde
A queste sponde A queste sponde
Riportassero il legno infido, Riportassero il legno infido:
Io vorrei Io vorrei
Tutti sciogliere là sul lido Tutti sciogliere là sul lido
I sospiri del mio cor: I sospiri del mio cor.
Ma non posso far dal mare Ma non posso far dal mare
Ritornare Ritornare
A me Rosmene: A me Rosmene.
Deh su l’ali a queste arene Deh! su l’ali a quest’arene
La conduca il Dio d’amor. La conduca il Dio d’amor.
Se potessero, etc. Se potessero, etc.

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I, 2 – Argenio, Tirinto, che torna, poi Imeneo, I, 2 – Argenio, Tirinto, che torna, poi Imeneo,
che sopraggiunge, e finalmente Rosmene, e che sopraggiunge, e finalmente Rosmene, e
Clomiri Clomiri
Argenio Argenio
Cerere tu, che sai Cerere onnipotente
di qual tormento sia Figlia rapita, vendica i tuoi oltraggi, e riconduci
Vendicatrice ardita Alle sacre tue are
Scorri assisa nel carro L’involate donzelle. Il tuo furor e
degli alati serpenti Cada sugli empi: e vendica il tuo onore.
sovra il dorso de’ venti e mari, e arene: Coro
Riconduci in Atene Vien Imeneo fra voi: sperate Amanti;
L’involate donzelle: E vien con esso Amor, godete o cori
Sovvengati, che quelle [torna T[irinto]
Givano, intente a i tuoi festivi onori,
spargendo a te d’intorno e spiche, e fiori.
Tirinto Tirinto
Argenio, addio Argenio, addio
Argenio Argenio
Dove Tirinto? Dove Tirinto?
Tirinto Tirinto
In traccia In traccia
del perduto mio bene, del perduto mio bene,
Né di tornar mi vedrai senza Rosmene. Né di tornar mi vedrai senza Rosmene.
Andrò di riva in riva, Andrò di riva in riva,
Per salvezza di lei, per mio conforto, Per salvezza di lei, per mio conforto,
Vago d’averne avviso Vago d’averne avviso [In atto di partir
Imeneo Imeneo
Io te lo porto Io te lo porto
Io che andai, qual mi vedi, Sotto mentite spoglie
In abito mentito Andai con le donzelle al sacro rito
Con l’inclite Donzelle, fui rapito. E qual vergine fui anch’io rapito.
Ebber da me lo scampo Ma quella turba infame
L’alte figlie d’Atene. Stanca di remigare, e a terra scesa,
Argenio e da un sonno a noi fausto, ella fu presa.
Dov’è Clomiri mia? Io allor de’ pirati prendo un brando:
Tirinto tutti li uccido, e fu il mio braccio un lamo,
Dov’è Rosmene? E da me le donzelle ebber lo scampo.
Imeneo Coro
Ambe son già salve, e l’altre sono Vien Imeneo fra voi: sperate Amanti;
tutte salve con esse. E vien con esso Amor, godete o cori
Il cielo a me concesse
trarle al suolo natio fuor di periglio.

76
Dal barbaro naviglio
la turba de’ pirati
stanca di navigare a terra scese,
sotto l’ombra si stese
D’ermo bosco frondoso,
e giacque in profondissimo riposo.
Questo, che porto al fianco,
uno impugnai degli nemici acciari,
e ciascun de’ corsari,
da me, pria di destarsi, estinto allora,
rimase in sonno tal, che dorme ancora.
Tirinto Tirinto
Valoroso Imeneo, Valoroso Imeneo,
Argenio Argenio
Prode garzone, Prode garzone,
Tirinto Tirinto
Molto i trionfi tuoi N’attendi dalla patria il guiderdone.
sono in pregio alla patria
Argenio
E molto a noi.
Imeneo Imeneo
Dalla patria non chiedo, Dalla patria non chiedo,
che l’amata Rosmene, che l’amata Rosmene,
di cui stringer la mano di cui stringer la mano
più volte sospirai, ma sempre invano. Argenio
Argenio E solo questa
E la domanda tua non è che questa? è tua domanda?
Imeneo
Altro non bramo.
Tirinto Tirinto
(Ahi ! che crudel richiesta!) (Ahi! ciel per me funesta!)
Argenio Argenio
Per appagar le voglie Perché ne sei ben degno
di te, che sei generoso e degno, l’opra mia ti prometto.
l’opra mia ti prometto.
Tirinto Tirinto
(Ardito impegno.) (Ardito impegno.)
Argenio
Olà, venga Clomiri, entri Rosmene, Imeneo
resi da me contenti Olà, venga Clomiri, entri Rosmene,
Sieno i vostri desiri.
Tirinto
Ecco Rosmene bella,

77
Argenio Argenio
Ecco Clomiri. Sospirata mia figlia!
Sospirata germana. Clomiri
Clomiri Oh! padre amato!
Argenio amato. Tirinto
Tirinto Adorata Rosmene! Il fato amico
Mi riconcede il fato, Mi concede
Rosmene Rosmene
Mi permette la sorte, Ah! mia sorte,
Tirinto Tirinto
Di riveder quel volto, Di riveder quel volto…
Rosmene Rosmene
Di rimirar quei lumi… Di rimirar quei lumi…
Imeneo Imeneo
Ascoltami Rosmene: Ascoltami Rosmene.
Rosmene Rosmene
(O stelle, (O stelle!
Tirinto Tirinto
O Numi!) O Numi!)
Imeneo
Imeneo Pensa alla sorte andata,
Pensa alla sorte andata, e scorgend’ove sei, pensa dov’eri:
e scorgendo ove sei, pensa dov’eri, e ti rendan più grata i tuoi pensieri.
e ti rendan più grata i tuoi pensieri. Clomiri
Argenio (S’un’altra adora? E che sperar degg’io?
A te deggio Imeneo Da Imeneo l’idol mio?)
di Clomiri il ritorno: Tirinto
pria che tramonti il giorno Pensa Argenio… e che sia
spero di render pago il tuo desìo. Argenio
Rosmene So ben che regna in te la gelosia.
(Non si perde il mio cor, Argenio
Tirinto Di cieca notte, cha l’ombra
Si perde il mio) il monte ingombra,
Argenio oscura il piano,
La beltà, che t’innamora ogni lontano
stringerà per tua mercede acceso foco
quella mano che a lei diede, di loco in loco
e salvezza e libertà. scoprir si fa.
Se chi diè lo scampo a tante Così con l’ombra, la gelosia
non potesse aver quell’una scopra qual sia
di cui vive acceso amante, di core in core
della patria e di fortuna l’acceso amore
sarìa troppa crudeltà. che ardendo va.
La beltà, etc Di cieca notte, etc.

78
Parte Seconda Atto Terzo
II. 8 – Rosmene, e poi Imeneo III. 6 – Imeneo e Rosmene, si finge pazza
Imeneo Imeneo
Rosmene, a che sospendi Rosmene, a che sospendi
La sentenza fatale? La sentenza fatal? – Ma! oh Dei! mi guardi
Ma stupida mi guardi Con torvi lumi, e con stupido ciglio?
Con attoniti lumi,
Variata nel volto, e ne’ costumi.
Cangiamento sì strano Cangiamento sì strano
Con sospetti gelosi il cor m’agghiaccia. Con sospetti gelosi il cor m’agghiaccia.
Ricordati ben mio…. Ricordati ben mio…..
Rosmene Rosmene
Taci. Taci.
Imeneo Imeneo
Ch’io taccia? Ch’io taccia?
Tacerò, ma pria senti,
E mostrati men crudele a i miei tormenti.
La mattina allor che fuora
Vien l’aurora,
Sai perché si scioglie in pianto?
Perché sa che peno tanto,
E non hai di me pietà.
Più di quel che splender suole
Oggi il sole
Sai perché scintilla in cielo?
Perché sa che sei di gielo,
Ma il tuo giel strugger non sa.
La mattina allor che fuora
Vien l’aurora,
Sai perché si scioglie in pianto?
parte Rosmene interrompendo l’aria, e Ime -
neo resta dicendo
Se la mia pace a me vuoi togliere,
Barbara, toglimi la vita ancor. Se la mia pace a me vuoi togliere,
E se i miei voti sdegni d’accogliere, Barbara, toglimi la vita ancor.
Fermati, e rendimi almeno il cor.
Se la mia pace etc.

II. 9 – Tirinto da una parte, e Rosmene dal - III. 7 – Tirinto da una parte, e Rosmene dal -
l’altra l’altra
Tirinto Tirinto
Sospirata Rosmene; Sospirata Rosmene;
Rosmene anima mia. Rosmene anima mia.

79
Rosmene Rosmene
(E’ possibil, ch’io sia (Ecco un novello inciampo):
Destinata a passar di pene in pene? Fuggo Imeneo, ed in Tirinto inciampo
Fuggo Imeneo, ed in Tirinto inciampo, [Passeggiando per la scena, come
Qual si fugge dal tuono, e incontra il lampo.) fuori di senno]
Tirinto Tirinto
(Conturbata passeggia (Combattuta passeggia
Fosca nel ciglio, e nubilosa in faccia.) Fosca nel ciglio, e nubilosa in faccia.)
Sentimi per pietà. Sentimi per pietà.
Rosmene Rosmene
Taci. Taci.
Tirinto Tirinto
Ch’io taccia? Ch’io taccia?
Sì tacerò, ma pria
La fè dell’amor mio senti qual sia.
E’ come l’armellino
La fè ch’io serbo in seno,
Ed io morir vorrei
Pria che macchiar di lei
La limpida beltà.
Candido gelsomino,
Giglio di bianco latte
Hanno le fronde intatte,
Ma sono intatte meno
Della mia fedeltà.
E’ come l’armellino
La fè ch’io serbo in seno,
parte Rosmene interrompendo l’aria, e Tirin -
to resta dicendo
Se la mia pace a me vuoi togliere,
Barbara, toglimi la vita ancor. Se la mia pace a me vuoi togliere,
E se i miei voti sdegni d’accogliere, Barbara, toglimi la vita ancor.
Fermati, e rendimi almeno il cor.
Se la mia pace etc.

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