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Hector Berlioz, Symphonie fantastique op. 14 (C.

Fertonani)

Capolavoro della giovinezza e del soggettivismo romantico di Hector Berlioz, la Symphonie


fantastique op. 14 è giustamente ritenuta il prototipo della musica a programma
dell’Ottocento. Composta nel 1830, la partitura è ispirata da molteplici suggestioni
letterarie (Chateaubriand, Hugo, Shakespeare, Goethe, Quincey) e musicali (le sinfonie di
Beethoven), ma si fonda su un programma autobiografico, determinato dalla passione al
calor bianco dell’autore per l’attrice irlandese Harriet Smithson, che sarebbe diventata sua
moglie nel 1833. L’idea di Berlioz consiste nel comporre un «dramma strumentale»,
intitolato Episode de la vie d’un artiste e il cui contenuto è appunto esposto in un
programma dettagliato.

Il programma, che esiste in più versioni, costituisce la sceneggiatura della sinfonia e


«dev’essere dunque considerato come il testo parlato di un’opera, che serve a introdurre i
pezzi di musica dei quali motiva il carattere e l’espressione».

La sinfonia è in cinque parti. Un giovane musicista è ossessionato dalla donna amata che
assume forma musicale in una melodia ricorrente (idée fixe).
Nella prima parte, Rêveries, passions, egli passa dalla malinconica disposizione al sogno,
interrotta da accessi di gioia senza motivo, alle diverse e contrastanti manifestazioni
dell’amore (passione delirante, angosce, furore, gelosia, tenerezza, consolazione
religiosa).
Nella seconda parte, Un bal, il giovane ritrova l’immagine della donna amata «nel tumulto
di una festa»;
nella terza, Scène aux champs, il protagonista sembra trovar pace nella quiete della
campagna ma è assalito da foschi presentimenti e dal pensiero di essere tradito.
Nella quarta parte, Marche au supplice, il musicista, che per la disperazione ha tentato di
uccidersi con l’oppio senza riuscirvi, «sogna di aver assassinato l’amata, di esser
condannato a morte, condotto al patibolo e di assistere alla sua stessa esecuzione».
Nella quinta parte, Songe d’une nuit du sabbat, egli si vede «al sabba, nel mezzo di una
spaventosa schiera di ombre, stregoni e mostri di ogni specie riuniti per le sue esequie»
quando ricompare la donna amata che «si mescola all’orgia diabolica».

Presentata con grande successo il 5 dicembre 1830 al Conservatorio di Parigi sotto la


direzione di François-Antoine Habeneck, la Symphonie fantastique ebbe un seguito
immediato. Nel frattempo Berlioz, che, conseguito il Prix de Rome, si accingeva a partire
per l’Italia, aveva momentaneamente raffreddato i suoi ardori per l’inaccessibile Harriet
Smithson fidanzandosi con la pianista Camille Moke. Nel 1831, mentre si trova in Italia,
Berlioz apprende che la fidanzata lo ha lasciato per sposare il fabbricante di pianoforti
Camille Pleyel. Alla notizia il compositore riparte subito per la Francia con progetti omicidi
e suicidi, ma a Nizza rinuncia ai suoi rovinosi propositi: nasce allora l’idea del «monodrame
lyrique» Le retour à la vie (1831-32), poi intitolato Lélio ou Le retour à la vie op. 14b (1855),
che completa l’Episode de la vie d’un artiste: il redivivo protagonista ripercorre la sua
storia sino a ritrovare il senso della propria esistenza nella creazione artistica.

In un primo tempo Berlioz pensava che la distribuzione del programma al pubblico prima
di ogni esecuzione della sinfonia fosse «indispensabile alla completa comprensione del
piano drammatico dell’opera» (edizione 1845).
In un secondo momento (1855), quando decise che l’intera vicenda drammatica e non
soltanto il suo epilogo fosse un sogno provocato dall’oppio, Berlioz pensò che il
programma dovesse necessariamente essere distribuito soltanto nel caso di
un’esecuzione della sinfonia «in forma drammatica», come prima parte dell’Episode de la
vie d’un artiste completato da (caso in cui «l’orchestra, invisibile, è disposta sul palco d’un
teatro dietro al sipario abbassato»). Se, viceversa, scrive Berlioz «si esegue la sinfonia da
sola in concerto […] a rigore si può anche evitare di distribuire il programma,
conservando soltanto i titoli dei cinque movimenti; l’autore spera che la sinfonia possa
offrire in sé un interesse musicale indipendente da ogni intenzione drammatica» (edizione
1858 circa). Questa correzione di prospettiva è probabilmente dovuta al timore che il
programma potesse essere inteso in senso riduttivo (lo stesso Schumann nel suo saggio
del 1835 ne aveva d’altronde criticato la natura minuziosamente dettagliata).
Nonostante il programma, la Symphonie fantastique resta ben al di qua del nuovo genere
che Liszt definirà a partire dalla metà del secolo, ovvero il poema sinfonico in un solo
tempo, delineandosi come una sinfonia in cinque movimenti (Introduzione e Allegro,
Valzer, Adagio, Marcia, Finale), il cui modello formale si può cogliere nella Sinfonia
pastorale di Beethoven e che è tuttavia unificata dal ritorno ciclico di un tema ricorrente.
Del resto Berlioz era interessato a mantenere un’articolazione per così dire teatrale (i
movimenti, chiamati «parti», valgono come atti o quadri), fondata sulla logica romantica
del contrasto e del montaggio di materiali eterogenei.

Nella struttura complessiva la sinfonia, che riutilizza temi musicali della precedente
produzione di Berlioz, si fonda sul principio della trasformazione tematica dell’idée fixe, la cui
funzione è desunta dai temi operistici di reminiscenza.

Nel corso del primo movimento (Largo – Allegro agitato e appassionato assai), riconducibile a una
forma di sonata in cui il secondo tema è derivato direttamente dal primo, l’idée fixe, già adombrata
nel corso dell’introduzione, è oggetto di un’ampia quanto sottile elaborazione sinfonica. Nei
movimenti successivi la melodia che incarna l’amata è impiegata come citazione, sottoposta alle
trasformazioni del contesto drammatico. Si riaffaccia dunque nella parte centrale e poco prima della
coda dell’elegante valzer in forma ternaria (Valse. Allegro non troppo), contribuisce
all’elaborazione del movimento lento (Adagio) in forma lirica, riappare «come un ultimo pensiero
d’amore prima del colpo fatale» nella marcia tripartita (Allegretto non troppo). Da ultimo l’idée
fixe, «perduto il suo carattere di nobiltà e timidezza» e divenuta «un’aria di danza ignobile, triviale
e grottesca», è combinata con il tema del sabba e la melodia gregoriana del Dies iraenella ridda
parossistica del finale (Larghetto – Allegro).

A. Programma (edizione a stampa: 1845)


Avvertenza

Il compositore ha avuto come fine quello di sviluppare differenti situazioni della vita di un artista
per le possibilità musicali che esse offrono. Il piano del dramma strumentale, privo dell’ausilio della
parola, ha necessità di essere esposto in anticipo. Il programma° seguente dev’essere dunque
considerato come il testo parlato di un’opera, che serve a introdurre i pezzi di musica dei quali
motiva il carattere e l’espressione.
° La distribuzione di questo programma al pubblico, nei concerti in cui compare questa
sinfonia, è indispensabile alla compiuta comprensione del piano drammatico del lavoro.
[Segue il Programma, nella sostanza simile a quello della successiva versione se non per il
fatto che nella prima versione soltanto la quarta e la quinta parte sono raccontate come
sogno]

B. Programma (ultima versione: 1855 ca.; edizione a stampa della sinfonia, 1858 ca.)
Episodio della vita d’un artista
Sinfonia fantastica e monodramma lirico [Lélio ou le retour à la vie]

Avvertenza
Il seguente programma deve essere distribuito al pubblico tutte le volte che la sinfonia
fantastica si esegue in forma drammatica ed è pertanto seguita dal monodramma di Lélio,
che termina e completa l’episodio della vita d’un artista. In questo caso l’orchestra,
invisibile, è disposta sul palco d’un teatro dietro al sipario abbassato.*

Se si esegue la sinfonia da sola in concerto questa disposizione non è più necessaria; a


rigore si può anche evitare di distribuire il programma, conservando soltanto i titoli dei
cinque movimenti; l’autore spera che la sinfonia possa offrire in sé un interesse musicale
indipendente da ogni intenzione drammatica.

Programma della sinfonia


Un giovane musicista dalla sensibilità morbosa e dall’immaginazione ardente s’avvelena
con l’oppio durante un accesso di disperazione amorosa. La dose di narcotico, troppo
debole per dargli la morte, lo sprofonda in un sonno pesante accompagnato dalle più
strane visioni, durante le quali le sue sensazioni, i suoi sentimenti, i suoi ricordi si
traducono nel suo cervello malato in pensieri e in immagini musicali. La stessa donna
amata è diventata per lui una melodia, come un’idea fissa [idée fixe] che egli ritrova e ode
dappertutto.

Prima parte.
Sogni, passioni.
Egli si ricorda dapprincipio quel malessere dell’anima, quell’indeterminatezza delle
passioni [vague des passions], quelle melanconie, quelle gioie senza motivo che egli
provava prima d’aver veduto colei che ama; poi l’amore vulcanico che ella subito gl’ispirò,
le sue angosce deliranti, i suoi furori di gelosia, i suoi ritorni di tenerezza, le sue
consolazioni religiose.

Seconda parte.
Un ballo.
Egli ritrova l’amata in un ballo nel mezzo del tumulto di una festa brillante.

Terza parte.
Scena nei campi.
Una sera d’estate in campagna, egli ode due pastori che dialogano con una melodia
pastorale [ranz des vaches]; questo duo pastorale, il luogo della scena, il leggero stormire
degli alberi dolcemente agitati dal vento, qualche motivo di speranza che ha da poco
concepito, tutto contribuisce a restituire al suo cuore una calma inconsueta, a dare alle
sue idee un colore più ridente; ma ella appare di nuovo, il suo cuore si stringe, dolorosi
presentimenti lo agitano, se ella la tradisse… Uno dei pastori riprende la sua ingenua
melodia, l’altro non gli risponde più. Il sole tramonta… rumore lontano di tuono…
solitudine… silenzio…

Quarta parte.
Marcia al supplizio.
Sogna di aver ucciso colei che amava, di essere condannato a morte, condotto al
supplizio. Il corteo s’avanza al suono di una marcia ora cupa e selvaggia ora brillante e
solenne, in cui un sordo rumore di passi gravi succede bruscamente agli scoppi più
rumorosi. Alla fine l’idea fissa riappare per un istante come un ultimo pensiero d’amore
interrotto dal colpo fatale.

Quinta parte.
Sogno di una notte del sabba.
Si vede nel sabba, nel mezzo di una spaventosa schiera di ombre, stregoni e mostri di ogni
specie riuniti per il suo funerale. Strani rumori, gemiti, scoppi di risa, grida lontane cui
sembrano rispondere altre grida. La melodia-amata riappare ancora: ma ha perduto il suo
carattere di nobiltà e timidezza; non è più che un’aria di danza ignobile, triviale e grottesca;
è lei che viene al sabba… Ruggiti di gioia al suo arrivo… Ella si mescola all’orgia diabolica…
Rintocco funebre, parodia burlesca del Dies irae. Ridda del sabba. La ridda del sabba e il
Dies irae insieme.

* Per i dettagli di questa messa in scena si veda la prefazione della grande partitura di Lélio.
Guida all’ascolto (Oreste Bossini)

The first movement is radical in its harmonic outline, building a vast arch back to the home key; while
similar to the sonata form of the classical period, Parisian critics regarded this as unconventional.[citation
needed]
It is here that the listener is introduced to the theme of the artist's beloved, or the idée fixe. The idée
fixe begins:
Throughout the movement there is a simplicity in the way melodies and themes are presented,
which Robert Schumann likened to Beethoven's epigrams' ideas that could be extended had the
composer chosen to. In part, it is because Berlioz rejected writing the more symmetrical melodies then
in academic fashion, and instead looked for melodies that were "so intense in every note as to defy
normal harmonization", as Schumann put it. The theme itself was taken from Berlioz's scène
lyrique "Herminie", composed in 1828

Orchestrazione

L'organico, senza scostarsi eccessivamente da quello della grande orchestra beethoveniana, presenta
alcune novità: tra l'altro il clarinetto piccolo (che compare qui probabilmente per la prima volta
nell'orchestra sinfonica), due tube, campane, ben quattro timpani e una folta schiera di archi
(almeno 60 in tutto).

Fonti letterarie

Una delle novità più clamorose consisteva nella presenza di un Programma, che ha suscitato fin
dall'inizio reazioni molto controverse. Molti studiosi hanno reputato le didascalie scritte da Berlioz
inutili e superflue, sostenendo che l'autore stesso più tardi avesse deciso di mantenere soltanto il
titolo dei movimenti. La passione per Harriet era legata in maniera preponderante alla scoperta del
mondo di Shakespeare. L'autografo della partitura della Sinfonia riporta due citazioni, aggiunte
durante la revisione del lavoro compiuta nel 1831/1832. La prima consiste in un ampio estratto dal
poema Feuilles d'automne di Victor Hugo, la seconda in una battuta di Gloucester da Re Lear (IV, I
36): «Noi siamo per gli dèi quel che sono le mosche pei fanciulli spensierati: ci ammazzano per loro
svago». Non erano tuttavia le sole suggestioni letterarie del lavoro. Fino al 1846 Berlioz non ha
compiuto sostanziali modifiche sulla struttura narrativa, ma in seguito ha letteralmente stravolto il
testo iniziale. La versione conosciuta oggi, infatti, risulta piuttosto diversa da quella originaria, in
particolare per quanto concerne l'aspetto onirico. In un primo momento soltanto le due scene finali,
ovvero la Marche au supplice e Songe d'un nuit de sabbat, costituivano visioni procurate dall'oppio,
mentre nella versione finale l'intera Sinfonia diventa il sogno delirante del giovane eroe. Nella
versione del 1846, invece, Berlioz scriveva a proposito del primo movimento, Rèveries-Passions:
«II compositore immagina che un giovane musicista, turbato da quella malattia spirituale che un
famoso scrittore ha chiamato le vague des passions veda per la prima volta una donna in possesso di
tutte le qualità della creatura ideale che ha sempre sognato, e s'innamora disperatamente di lei». Il
famoso scrittore era Chateaubriand, il quale aveva descritto in René il vague des passions come uno
stato d'animo "che precede lo sviluppo delle passioni, quando le nostre facoltà, giovani, attive,
integre ma compresse, non si sono ancora esercitate che su loro stesse, senza scopo e senza
oggetto". Anche la famosa idée fixe, che rappresenta senza dubbio l'aspetto musicale più rilevante
del lavoro, trova delle corrispondenze precise nella lettaratura del primo Ottocento, in particolare
nel racconto di E.T.A. Hoffmann Automata, come ha dimostrato in maniera puntuale la musicologa
americana Francesca Brittan.

Shakespeare, Hugo, Chateaubriand, Hoffmann, ma anche De Quincey attraverso Musset (l'oppio) e


la sterminata schiera di scrittori romantici dediti alla confessione autobiografica: una folla di
letterati sembrava riunita nella partitura di Berlioz, che manifestava una spiccata tendenza a
mescolare il teatro e la letteratura al linguaggio della musica. Occorre tener presente, infatti, che
Berlioz aveva immaginato a un certo punto anche una forma drammatica per la Sinfonia fantastica,
concepita come una sorta di prologo musicale, suonato da un'orchestra nascosta dietro una tenda, al
monodramma Lélio ou Le retour à la vie, con il quale si concludeva l'Episodio della vita d'un
artista.

Ispirazione autobiografica

Per inciso, la vita sentimentale di Berlioz si sviluppò in maniera imprevedibile. Durante la


composizione della Sinfonia fantastica, nella quale veniva rappresentato il fallimento amoroso con
Harriet Smithson, il musicista divenne il promesso sposo e amante della giovane pianista Camille
Moke. Mentre Berlioz si trovava a Roma, però, la ragazza ruppe il fidanzamento e sposò il famoso
costruttore di pianoforti Pleyel. Ricevuta la notizia, Berlioz saltò in carrozza e partì come una furia
per Parigi, con la ferma intenzione di uccidere a colpi di pistola Camille, sua madre e infine se
stesso. Ma arrivato a Genova, al culmine del parossismo nervoso, si gettò in mare. Un pescatore
riuscì a tirarlo fuori dall'acqua e pochi giorni dopo i criminosi progetti erano svaporati, assieme
all'infatuazione per la bella Camille. Quanto a Harriet, quel che non era riuscito a Berlioz in carne e
ossa, riuscì alla sua musica. "Eh bien, Berlioz, je vous aime", mormorò l'attrice, dopo aver assistito
nel 1832 a una esecuzione della Sinfonia fantastica e del suo seguito Lélio, finendo per sposare il
musicista l'anno successivo.

Vita e musica / modello sinfonia beethoveniana

La vita e la letteratura si mescolavano in maniera indissolubile alla musica, nella Sinfonia


fantastica, e ciò costituiva il "genere nuovo" di cui parlava l'autore. La forma e il linguaggio della
Sinfonia, infatti, non si discostavano in maniera sostanziale dal modello di Beethoven, che in quegli
anni rappresentava per Berlioz il massimo eroe del suo Pantheon artistico. Lo schema dei
movimenti, che nella concezione originaria erano quattro, senza probabilmente il secondo episodio,
Un bal, mostra un disegno espressivo simile a quello della Sinfonia classica: Largo (do minore) -
Allegro (do maggiore); Adagio (fa maggiore); Marcia, Allegretto ( sol minore); Finale (do
maggiore).

La necessità di sovrapporre un programma narrativo alla musica nasceva piuttosto dal desiderio di
mettere in evidenza una sfera emotiva, quel monde fantastique di cui parlava al padre, che la musica
da sola non era in grado di esprimere in ogni sua sfumatura. La confessione autobiografica,
introdotta nella cultura francese da Rousseau ed esplosa negli anni Trenta con la generazione di
scrittori romantici, oggi risulta forse meno interessante di un tempo, ma resta un elemento
indispensabile per comprendere la portata rivoluzionaria del lavoro di Berlioz. Il musicista ha
riversato nella Sinfonia fantastica la massa d'impressioni stratificate nella sua coscienza, sfruttando
una serie di materiali musicali di lavori precedenti e suggestioni letterarie provenienti dalle fonti più
disparate. Il carattere bizzarro, anticonformista e visionario della musica si esprimeva soprattutto
nella dimensione fisica del suono. Nell'organico orchestrale di Berlioz, che continuò nel tempo a
rivedere la Sinfonia fantastica in una sorta di processo di ricomposizione quasi unico nella storia,
trovarono posto anche strumenti provenienti dal teatro d'opera, dalle bande militari, persine dalle
chiese dov'era ancora viva la tradizione del canto gregoriano.
Un nuovo modo di rappresentare

Un quadro di Turner, Rain, Steam and speed (Pioggia, vapore e velocità), suscitò nel 1844 un
grande scandalo, raffigurando una locomotiva a vapore che percorre un ponte sul fiume. Federico
Zeri scriveva: «Come protagonista del dipinto non c'è più un eroe dell'antichità o un fatto
mitologico, non c'è più un soggetto sacro relativo ai Vangeli, alle storie dei Santi o alla storia
religiosa dei tempi passati; non abbiamo più un quadro con intenti patriottici e neppure abbiamo più
nemmeno un paesaggio puro. Qui c'è la celebrazione della locomotiva a vapore, prodotta nel 1825
diciannove anni prima dell'esecuzione del dipinto». Il treno rappresentava per le vecchie
generazioni uno dei simboli più controversi dei tempi nuovi, sbeffeggiati con feroce ironia da
Rossini in uno dei più divertenti Péchés de vieillesse, Un petit train de pìaisir comico-imitatif. Per i
giovani, invece, la locomotiva a vapore costituiva un oggetto forse infernale, ma affascinante e
familiare. Hector Berlioz, per esempio, esprimeva in questa maniera lo stato d'eccitazione nervosa
in cui versava all'inizio del 1830 all'amico Humbert Ferrand: «Sento il battito del cuore, le sue
pulsazioni mi scuotono come i pistoni martellanti di una macchina a vapore. Ogni muscolo del
corpo trema dal dolore». La metafora manifesta come la sensibilità del giovane artista, in procinto
di dare al mondo la Symphonie fantastique, fosse legata allo sviluppo della città moderna. Nella
stessa lettera, infatti, Berlioz informava l'amico di avere ormai in testa "l'intera cosa", un immenso
lavoro sinfonico "concepito in un nuovo genere".

La novità sconvolgente del lavoro di Berlioz, come nel caso del dipinto di Turner, consisteva nel
raffigurare un mondo nuovo all'interno della cornice tradizionale. Il Sabba delle streghe stravolge in
maniera grottesca la sequenza del Dies irae e l'immagine stessa della donna amata, trasformando in
maniera oscena l'idée fixe che attraversa l'intero lavoro. La violenza espressiva di questa scena
musicale potrebbe forse essere paragonata alla devastante corsa del treno in mezzo alla campagna.
Benché avesse avuto l'impudenza di mettere una locomotiva nella Pastorale, Berlioz non era
animato da uno spirito iconoclasta. La sua psiche sovreccitata percepiva i suoni nuovi della città in
rapida trasformazione, restituendo la somma delle sue impressioni in maniera trasfigurata. Sotto le
immagini di un monde fantastique si celava la confessione di un subbuglio interiore d'origine
oscura, che riusciva a esprimersi nella forma tradizionale di una storia d'amore. Ma la poesia del
mondo moderno pretendeva che "amore" d'ora in poi facesse rima non più con "cuore", bensì con
"macchina a vapore".
Berlioz (Mauro Mariani)

Nel periodo di gestazione della Symphonie fantastique - scritta nei primi mesi del 1830, eseguita a
Parigi il 5 dicembre dello stesso anno e ampiamente ritoccata negli anni seguenti - Berlioz la
descriveva come «un'immensa composizione strumentale d'un genere nuovo, con cui cercherò
d'impressionare fortemente gli ascoltatori», affermando che ne aveva chiaramente in testa lo
schema da molto tempo, pur avendo bisogno di «molta pazienza per collegarne le parti e dare
ordine al tutto». Molti anni dopo, nelle sue Memorie, scriveva: «Immediatamente dopo le otto
Scènes de Faust, e sempre sotto l'influsso di Goethe, scrissi la Symphonie fantastique, con molta
fatica per alcune parti e con una facilità incredibile per alcune altre. Così l'Adagio (Scène aux
champs), che ha sempre impressionato così vivamente il pubblico e me stesso, mi affaticò per più di
tre settimane: l'abbandonai e la ripresi due o tre volte. La Marche au supplice, al contrario, fu scritta
in una notte».

Come al solito Berlioz reinventava la realtà alla luce della propria esaltazione romantica, tacendo o
modificando abilmente alcuni fatti, perché, se è vero che aveva in mente "un'immensa
composizione strumentale d'un genere nuovo", è anche vero che la mise insieme quasi interamente
con pezzi composti in precedenza e rimasti incompiuti o inutilizzati.

Ecco perché alcune parti furono "composte" con tanta facilità. La Marche au supplice, "scritta in
una notte" secondo le Memorie, fu tratta da un'opera incompiuta, Les Francs Juges: Berlioz non si
dette neanche la pena di ricopiarla, limitandosi a nascondere il titolo originale con una striscia di
carta incollata. Altri pezzi dovettero necessariamente essere rimaneggiati, più o meno ampiamente.
[…]

La storia della veloce eppur tormentata e tempestosa creazione della Symphonìe fantastique è
assolutamente indicativa della personalità del giovane Berlioz, dei suoi atteggiamenti byroniani,
della sua tendenza a confondere arte e vita, del suo desiderio di colpire l'immaginazione, della sua
passione per l'abnorme, della sua concezione teatrale della musica, da cui scaturisce una Sinfonia
che non si basa su concatenazioni e sviluppi musicali consequenziali, secondo i principi classici, ma
si presenta divisa in scene, seguendo un'organizzazione drammatica fatta di contrasti, addensamenti
e scioglimenti, come un dramma. Berlioz rivendicava esplicitamente questo carattere teatrale della
Fantastique, affermando che «il programma deve essere considerato come il testo di un'opera, che
serve a presentare i brani musicali, descrivendone il carattere e l'espressione», perché «la trama del
dramma strumentale, privato del soccorso delle parole, ha bisogno di essere esposta
preventivamente». Ma anni dopo, smorzate le esasperazioni romantiche e riaffiorato il fondo
classicheggiante della sua formazione, Berlioz disse di sperare che la SUa Sinfonia «fosse
interessante dal punto di vista esclusivamente musicale, senza preoccuparsi del programma».
Effettivamente, il valore della Symphonie fantastique sta non tanto nel programma quanto nei suoi
aspetti musicali. E tra gli aspetti musicali emerge in funzione dominante, per la prima volta nella
storia della musica, il timbro. Secondo Fedele d'Amico, questa è «una sorta di spettacolosa
coreografia» fatta appunto di timbri. La straripante inventiva di Berlioz nella creazione di impasti
strumentali fino allora inimmaginabili emerge in quasi ogni battuta: ne è un famoso esempio, subito
prima della fine del terzo movimento, il passaggio affidato al corno inglese e a quattro timpani, che
suggerisce il brontolio dei tuoni in lontananza. Ma soprattutto gli ultimi due movimenti si
presentano come un crescendo inarrestabile di sonorità orchestrali nuove e originali, che, per creare
le atmosfere allucinate e grottesche della marcia al supplizio e del sabba, giungono fino a deformare
quello che è normalmente considerato il timbro naturale degli strumenti.

https://en.wikipedia.org/wiki/Symphonie_fantastique

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