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H.M.C.

«HISTORIAE MUSICAE CULTORES»


ISSN 0073-2516
CVIII CVIII
Diretta da
LORENZO BIANCONI

CAPPELLE MUSICALI

CAPPELLE MUSICALI FRA CORTE, STATO E CHIESA


FRA CORTE, STATO E CHIESA
NELL’ITALIA DEL RINASCIMENTO
Atti del Convegno internazionale
Camaiore, 21-23 ottobre 2005

A cura di
FRANCO PIPERNO, GABRIELLA BIAGI RAVENNI,
ANDREA CHEGAI

ESTRATTO

GIANLUCA D’AGOSTINO
La musica, la cappella e il cerimoniale alla corte aragonese di Napoli

FIRENZE
OLSCHKI
LEO S. OLSCHKI EDITORE
Firenze
MMVII
ISBN 88 222 0000 0
Università di Firenze

Università di Pisa

Università di Siena

Comune di Camaiore

ISBN 978 88 222 5649 2


GIANLUCA D’AGOSTINO
Napoli

LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE


ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

Or dove sono andati mo’, o Barone


Li nostri risi con li iochi e feste,
Tante allegricze con mutar de veste,
Tante diverse e varie canzone,
E ’l docto disputar le questione
De omni doctrina, e mai de cose meste?

Con queste nostalgiche parole, scritte nel 1485 nella prigione in Castel-
nuovo dov’era stato rinchiuso per aver congiurato contro il re Ferrante d’A-
ragona, Giovanni Antonio Petrucci, conte di Policastro,1 rievocava i bei tempi
trascorsi in svaghi cortesi, passatempi musicali e dotte conversazioni con i mi-
gliori ingegni riuniti a Napoli durante il prospero regno dei re aragonesi, Al-
fonso V il Magnanimo (1442-1458) e suo figlio Ferrante (1458-1494).2 Ambe-
due gli Aragona, seppure con diverse attitudini e predisposizioni, assolsero
egregiamente alla funzione di mecenati rinascimentali della cultura e delle arti
liberali, com’è dimostrato dalle opere d’arte e architettura che abbellirono la
corte e la città 3 e più ancora dalla fioritura letteraria e umanistica e dalla pro-

1 Questi era il secondogenito di Antonello Petrucci, il potente segretario regio che fu tra i capi

della congiura contro re Ferrante. Durante il processo Giovanni Antonio rimase confinato nella
Torre di S. Vincenzo del castello, in attesa di essere giustiziato, e qui compose un canzoniere assai
patetico dedicato alla moglie Sveva Sanseverino: cfr. ENRICO PERITO, La congiura dei Baroni e il conte
di Policastro, Bari, Laterza, 1926; ANTONIO ALTAMURA, La lirica napoletana del Quattrocento, Napoli,
Società Editrice Napoletana, 1978, pp. 113-123; FRANCESCO TATEO, Giannantonio de Petruciis e l’u-
manesimo napoletano, «Dialoghi», IV, 1956, pp. 106-116.
2 La monografia di riferimento su Ferrante è quella di ERNESTO PONTIERI , Ferrante d’Aragona re di

Napoli, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 19692; su Alfonso cfr. ancora ID., Alfonso il Magnanimo
re di Napoli: 1435-1458, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1975 («Saggi», 7), e ALAN RYDER, Alfonso
the Magnanimous, King of Aragon, Naples and Sicily, 1396-1458, Oxford, Clarendon Press, 1990.
3 Sulle arti in età aragonese cfr. almeno FAUSTO NICOLINI , L’arte napoletana del Rinascimento e

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GIANLUCA D’AGOSTINO

duzione scrittoria confluita nella celebre Biblioteca aragonese.4 Valgano come


sintetiche testimonianze un passo del più eminente letterato napoletano, Gio-
vanni Pontano (dal De liberalitate, cap. XXX), sul fervore di studi che anima-
va in pari grado la curia del papa Niccolò V e quella del re Alfonso a Napoli
(«Abundavit eruditis viris Nicolai quinti Pontificis Maximi et Alfonsi regis au-
la»), e questo stralcio dalla prolusione accademica che il poeta e musicista Au-

la lettera di Pietro Summonte a Marcantonio Michiel, Napoli, Ricciardi, 1925; ROBERTO PANE, Archi-
tettura e urbanistica del Rinascimento, in Storia di Napoli, Napoli, Società editrice Storia di Napoli,
1974, IV/1 [Napoli aragonese], pp. 317-446; FERDINANDO BOLOGNA, Napoli e le rotte mediterranee
della pittura, da Alfonso il Magnanimo a Ferdinando il Cattolico, Napoli, Società Napoletana di Storia
Patria, 1977. Sulla miniatura in particolare cfr. ANTONELLA PUTATURO MURANO, Miniature napole-
tane del Rinascimento, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1973 («Miniatura e arti minori in Cam-
pania»); Miniatura a Napoli dal ’400 al ’600. Libri di coro delle chiese napoletane, a cura di A. Puta-
turo Murano e A. Perriccioli Saggese, Napoli, De Rosa, 1991.
4 Vastissima la bibliografia sull’umanesimo napoletano, sulla letteratura cortigiana e sulla bi-

blioteca di corte: ERASMO PERCOPO, Nuovi documenti su gli scrittori e gli artisti dei tempi aragonesi,
«Archivio storico per le province napoletane», XVIII, 1893, pp. 527-537 e 784-812, XIX, 1894,
pp. 376-409, 561-591 e 740-779, XX, 1895, pp. 283-335; ERCOLE CANNAVALE, Lo studio di Napoli
nel Rinascimento. 2700 documenti inediti, Napoli, Tocco, 1895; TOMMASO PERSICO, Diomede Carafa,
uomo di stato e scrittore del sec. XV, Napoli, Pierro, 1899; MARIANO FAVA – GIOVANNI BRESCIANO, La
stampa a Napoli nel XV secolo. Per Mariano Fava e Giovanni Bresciano, 3 voll., Leipzig, Kraus, 1911-
1913 («Sammlung bibliothekswissenschaftlicher Arbeiten», 32-34); EBERHARD GOTHEIN, Il Rinasci-
mento nell’Italia meridionale, a cura di T. Persico, Firenze, Sansoni, 1915 («Biblioteca storica del Ri-
nascimento», 6); BENEDETTO CROCE, La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza, Bari, La-
terza, 1917 («Scritti di storia letteraria e politica», 8); FRANCESCO TORRACA, Aneddoti di storia
letteraria napoletana, Città di Castello, Il Solco, 1925 («Biblioteca di cultura letteraria», 3); B. CROCE,
Aneddoti di varia letteratura, 4 voll., Bari, Laterza, 1953-1954; MARIO SANTORO, Tristano Caracciolo e
la cultura napoletana della Rinascenza, Napoli, Armanni, 1957; ID., La cultura umanistica, in Storia di
Napoli, cit., IV/2, pp. 317-498; CARLO DE FREDE, I lettori di Umanità nello Studio di Napoli durante
il Rinascimento, Napoli, l’Arte Tipografica Napoli, 1960; F. TATEO, L’umanesimo meridionale, in Let-
teratura italiana Laterza, diretta da C. Muscetta, III/16, Il Quattrocento. L’età dell’umanesimo, Bari,
Laterza, 19762; ID., Chierici e feudatari del Mezzogiorno, Bari, Laterza, 1984 («Biblioteca di cultura
moderna», 899); NICOLA DE BLASI – ALBERTO VARVARO, Napoli e l’Italia meridionale, in Letteratura
italiana, diretta da A. Asor Rosa, Storia e geografia, II/1, L’età moderna, Torino, Einaudi, 1988, pp. 252-
257; JERRY H. BENTLEY, Politica e cultura nella Napoli rinascimentale, Napoli, Guida, 1995 (ed.
orig. Politics and Culture in Renaissance Naples, Princeton, Princeton University Press, 1987); BRUNO
FIGLIUOLO, La cultura a Napoli nel secondo Quattrocento. Ritratti di protagonisti, Udine, Forum,
1997 («Fonti e testi. Raccolta di storia e filologia»); C. DE FREDE, Nella Napoli aragonese, Napoli,
s.e. [tip. De Frede], 2000; MAURO DE NICHILO, Retorica e magnificenza nella Napoli aragonese, Bari,
Palomar, 2000 («Athenaeum»); GIULIANA VITALE, Modelli culturali nobiliari nella Napoli aragonese,
Salerno, Carlone, 2002 («Immagini del Medioevo, 7»).
Sulla biblioteca aragonese cfr.: GIUSEPPE MAZZATINTI, La biblioteca dei re d’Aragona, Rocca
S. Casciano, Cappelli, 1897; ANTONIO ALTAMURA, La biblioteca aragonese e i manoscritti inediti di
Giovan Marco Cinico, «La Bibliofilia», XLI, 1939, pp. 418-426; e soprattutto TAMMARO DE MARINIS,
La biblioteca napoletana dei Re d’Aragona, 4 voll., Milano, Hoepli, 1947-1952 (2 voll. suppl., Verona,
Valdonega, 1969); più recentemente, PAOLO CHERCHI – TERESA DE ROBERTIS, Un inventario della
biblioteca aragonese, «Italia medioevale e umanistica», XXXIII, 1990, pp. 108-347; Libri a corte. Te-
sti e immagini nella Napoli aragonese, Catalogo della mostra (Napoli, settembre 1997-gennaio 1998),
Napoli, Paparo, 1997; La Biblioteca reale di Napoli al tempo della dinastia aragonese, Catalogo della
mostra (Napoli, settembre-dicembre 1998), a cura di G. Toscano, Valencia, Generalitat Valenciana,
1998.

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LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

relio Brandolini detto Lippo tenne a Capua tra il 1478-1479 (dalla Oratione
de la dignità de la disciplina militare e delle lettere), in onore del successore
Ferrante:
quanto amore tu porti, quanta liberalitate tu usi ogidı̀ e alle lettere e alli litterati, lo
dimostrano apertissimamente le infinite opere di tutti li litterati al tuo nome dedi-
cate.5

Anche la musica, benché sorella minore tra le arti e disciplina problema-


ticamente integrata nella cultura umanistica, ricevette una degna considerazio-
ne a Napoli, come ormai ben sappiamo dalle ricerche di Higinio Anglés 6 e di
Isabel Pope 7 prima, e poi di Allan Atlas.8
Quella dell’Atlas è l’indagine più approfondita ed organica, e si articola in
tre filoni principali cosı̀ riassumibili:
1) documentazione sul personale musicale, tra strumentisti, cantori, copisti e
compositori, impiegati sia per gli intrattenimenti cortesi («secular entertain-
ments») sia per le varie cerimonie religiose;
2) esame delle poche fonti polifoniche sopravvissute, tra corali monastici,
chansonniers profani, intavolature d’organo o di liuto, trattati teorici; confron-
to con la messe di documenti (soprattutto cedole di pagamento ai copisti e
miniatori) riguardanti acquisto o copia di generici libri di musica per la cap-
pella; per i libri con polifonia le definizioni comuni in questi documenti sono
quelle di «libro di canto d’organo» o «di canto figurato», ma anche diciture
«uffici notati», «messe notate», «cancioneri»;
3) individuazione di repertori materialmente eseguiti ed eventualmente di mu-
siche con caratteristiche esclusivamente ‘locali’.

5 La citazione è tratta da FRANCO ALBERTO GALLO , Orpheus christianus, in ID ., Musica nel ca-

stello. Trovatori, libri, oratori nelle corti italiane dal XIII al XV secolo, Bologna, Il Mulino, 1992
(«Saggi», 390), pp. 95-152: 139; su Lippo Brandolini cfr. ELIZABETH MAYER, Un umanista italiano
della corte di Mattia Corvino: Aurelio Brandolini Lippo, «Studi e documenti italo-ungheresi della
R. Accademia d’Ungheria di Roma», II, 1938, pp. 120-168.
6 HIGINIO ANGLÉS, La música en la Corte real de Aragón y de Nápoles durante el reinado de Al-

fonso el Magnánimo, in ID., Scripta musicologica, cura et studio I. Lopez-Calo, 3 voll., Roma, Edizioni
di Storia e Letteratura, 1975-1976, II, 1975, pp. 963-1028.
7 ISABEL POPE , La musique espagnole à la cour de Naples dans la seconde moitié du XVe siècle, in

Musique et poésie au XVIe siècle, Colloque international du Centre national de la recherche scienti-
fique. Sciences humaines (Paris, 30 juin-4 juillet 1953), Paris, CNRS, 1954 («Colloques internatio-
naux du Centre national de la recherche scientifique», 5), pp. 35-61; The Musical Manuscript Mon-
tecassino 87: a Neapolitan Repertory of Sacred and Secular Music of the Late Fifteenth Century, ed. by
I. Pope and M. Kanazawa, Oxford, Clarendon Press, 1978.
8 ALLAN W. ATLAS, Music at the Aragonese Court of Naples, Cambridge, Cambridge University

Press, 1985, nonché il più compendioso ID., Aragonese Naples, in The Renaissance: from the 1470s to
the End of 16th Century, ed. by I. Fenlon, Basingstoke and London, Macmillan, 1989 («Man and
Music», 2), pp. 156-173.

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GIANLUCA D’AGOSTINO

Il volume di Atlas ha l’indubbio merito di aver molto arricchito le nostre


conoscenze della musica aragonese, ma di certo non esaurisce (né pretendeva
di farlo) l’argomento in oggetto. Lo stesso studioso, constatando che l’intero
suo lavoro si fondava su una messe documentaria (cedole della tesoreria, re-
gesti della Cancelleria, Liber instructionum, ecc.) assai più esigua di quanto
non fosse in origine, ipotizzava che ulteriori approfondimenti in varie direzio-
ni sarebbero stati possibili con la scoperta di nuovi documenti.
Il primo punto tra quelli enunciati (il personale impegnato in attività mu-
sicali) investe direttamente la questione della costituzione e articolazione inter-
na della cappella aragonese, individuata dall’Atlas come il principale ma non
unico ensemble musicale di corte,9 deputato a esprimere la musicalis magnifi-
centia della casata. Il senso e la necessità di istituire una cappella musicale
principesca si possono cogliere nel seguente passo dal prologo del Proportio-
nale musices di Johannes Tinctoris, celebre musicista fiammingo che a Napoli
soggiornò per almeno vent’anni (ca. 1472 - ca. 1492), pubblicandovi i suoi
trattati e molte sue composizioni:
Infine, i più cristiani tra i sovrani – dei quali tu, o Re piissimo [= Ferdinando d’A-
ragona], sei il primo per qualità di animo, corpo e fortuna – volendo ampliare il culto
divino alla maniera di David, fondarono, con grandi spese, alcune cappelle nelle quali
hanno arruolato molti cantori, perché innalzassero lodi gradevoli e decorose a Dio
nostro, con voci diverse ma non avverse fra loro. E poiché i cantori dei principi, se
questi sono dotati della magnanimità che rende illustri gli uomini, vengono remune-
rati con onore, gloria e ricchezza, ne consegue che molti si sono dedicati a questo ge-
nere di studi con grande fervore. Perciò al giorno d’oggi le possibilità della nostra mu-
sica sono cosı̀ straordinariamente aumentate, che un’arte nuova pare sia nata [...].10

Queste parole vanno inquadrate nel preciso momento storico (anni 1470-
1480) in cui i principi italiani (in primis Ercole d’Este a Ferrara e Galeazzo
Maria Sforza a Milano, ma anche il papa, i sovrani aragonesi, i Medici di Fi-

9 Atlas (Music at the Aragonese Court, cit., pp. 104-105) cita documenti comprovanti l’esi-

stenza di almeno due «camere de musica» private allocate nelle principali reggie aragonesi, cioè
Castelnuovo e Castel Capuano: in entrambi i casi le camere erano fornite di organi e di cubicularios
musicos. Si veda inoltre la testimonianza di Raffaele Brandolini più avati citata. Oltre a ciò, bisogna
pensare ai musici che erano al servizio privato di ciascun membro della famiglia reale, dei quali una
testimonianza è in una lettera spedita da Napoli a Milano nel 1466 (su cui cfr. T. DE MARINIS, La
biblioteca napoletana, cit., I, p. 98) in cui si rendeva conto delle spese volute da Ippolita Sforza neo-
sposa del duca Alfonso di Calabria: «Et prima la spesa di trombetti, piffari e tamborini fo bona e
grossa».
10 Il passo è citato, nella traduzione dall’originale latino, dall’edizione di JOHANNES TINCTORIS,

Le proporzioni musicali, L’arte del contrappunto, a cura di G. D’Agostino, Firenze, SISMEL - Edizioni
del Galluzzo, in corso di pubblicazione.

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LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

renze, ecc.) cominciarono a dotarsi di cappelle musicali paragonabili a quelle


delle grandi chiese cattedrali e a quelle delle corti dei sovrani stranieri (Carlo
di Borgogna e i re francesi Carlo VII e Luigi XI).11 Sovente tali cappelle di
cantori, al di là della finalità pratica per cui erano state create – quello di ador-
nare musicalmente le cerimonie religiose cui presenziava il sovrano – divenne-
ro uno strumento di ostentazione del potere, da esibire nelle cerimonie reali,
nelle visite ufficiali, al cospetto di delegazioni di ambasciatori, ai matrimoni, ai
banchetti più sontuosi, ecc. In alcuni casi, come quello della cappella sforze-
sca, il rapporto tra signore e cantori cappellani era assai stretto e vincolante, e
i servigi di questi ultimi continuamente richiesti e assai ben ricompensati.12 In
effetti, l’accresciuta domanda di cantori specializzati per le cappelle italiane
ebbe una notevole ricaduta sul ‘mercato del lavoro musicale’, traducendosi
in aumento di sbocchi occupazionali per i musicisti e in svariate occasioni
di procurarsi ingaggi consistenti.13
Ma in quali termini questo fenomeno interessò Napoli? Secondo Atlas la
cappella aragonese si accrebbe, sotto re Ferrante, al punto tale da divenire la
più imponente istituzione musicale dell’intera Cristianità e un autentico mo-
dello per le altre cappelle musicali italiane (come quella medicea).14 A riprova
di ciò lo studioso cita la testimonianza di uno scrittore encomiastico e filo-ara-
gonese, quel Raffaele Brandolini, fratello del sopra menzionato Lippo, che
scrisse un De musica et poetica opusculum (ca. 1513) dedicato al cardinale Gio-
vanni de’ Medici (poi papa Leone X): 15
Ferdinandus vero qui neapolitanum regnum ab Alphonso patre acceptum septi-
mum circiter ac xxx.um annum pacatissime gubernavit, et privatim et publice musi-

11 Su questo cfr. almeno LEWIS LOCKWOOD , La musica a Ferrara nel Rinascimento, Bologna, Il

Mulino, 1987 (ed. or. Music in Renaissance Ferrara, 1400-1505. The Creation of a Musical Center in
the Italian Renaissance, Oxford, Clarendon Press, 1984); LEEMAN PERKINS, Musical Patronage at the
Royal Court of France under Charles VII and Louis XI (1422-83), «Journal of the American Musico-
logical Society», XXXVII, 1984, pp. 507-566; HOWARD M. BROWN, Recent Research in the Renais-
sance: Criticism and Patronage, «Renaissance Quarterly», LX, 1987, pp. 1-10.
12 Per l’emblematico caso di Milano cfr. il contributo di GREGORY LUBKIN in questo volume,

pp. 181-192.
13 Com’è noto, la ‘corsa’ per ingaggiare i migliori esecutori fu sovente causa di attriti e scontri

diplomatici tra diversi principi a varie latitudini. Un celebre caso di un cantore conteso tra varie corti,
compresa quella aragonese, è quello di Jean Cordier (su cui cfr. RICHARD WALSH, Music and Quat-
trocento Diplomacy: The Singer Jean Cordier between Milan, Naples and Burgundy, «Archiv für Kul-
turgeschichte», XL, 1978, pp. 439-442).
14 Cfr. A.W. ATLAS, Aragonese Naples and Medicean Florence. Musical interrelationships and in-

fluence in the late fifteenth century, in La musica a Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico, Atti del
congresso internazionale di studi (Firenze, 15-17 giugno 1992), a cura di P. Gargiulo, Firenze,
Olschki, 1993 («Quaderni della Rivista Italiana di Musicologia», 30), pp. 15-45.
15 Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 805: esemplare in pergamena di pregio con belle miniature,

scritto in grafia umanistica tonda del primo Cinquecento. Il passo che si cita è a c. 16v; mio il corsivo.

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GIANLUCA D’AGOSTINO

cam disciplinam tanto fuit studio prosecutus, ut non modo sese in ea privato ocio se-
penumero exercertet, sed ab universa europa viros eius disciplinae doctissimos solertis-
simosque instrumentorum opifices summis ad se premiis advocaret. Habebat enim
(quod neminem latet) florentissimam cantorum frequentiam divinis tantum obeundis
cerimoniis ac laudibus assignatam, et eam e Gallia, Britannia, Hyspania, Germaniaque
selectissimam.
Habebat Neapoli, in eo sacello quod in arcis nove atrio conspicitur, duo (licet dis-
similis) dulcissimae tamen harmoniae organa, quibus non minus visendis quam au-
diendis propter operis prestantiam concentusque suavitatem vel severissimi cuiusque
oculus aurisque poterat oblectari.
Sed haec publica. Quid autem privata non commemoro publicis his nec magnitu-
dine, nec suavitate inferiora? Nam, praeter domesticos complures quos a privatis vo-
cum nervorumque solatiis de lenimentisque cubicularios musicos appellabat, aulam
quandam picturis sculpturisque ornatissimam, a suis cubiculis ad quam secreto diver-
teret, non longe habebat, in qua nullum musicis instrumentum quod manu, pectine,
ore, pulsari posset desiderabatur. Erant enim ex ferula, tela, buxo, arundine, ac mar-
more (quod mirabile dictu est), organa [...]
Hunc emulatus Laurentius Medices, ne nihil patriae, dignitatis, ornamentique non
praestaret, neve ullum ab eo Rege quem ipse ad privatam conficendam bibliothecam
inflammarat, accepisse beneficium non videretur, Divi Joannis aedem suavissimo vo-
cum concentu ad divinas laudes pulcherrime decoravit.

Il passo è senz’altro intrigante ma non del tutto probante, né informa di-
rettamente sull’organizzazione della cappella aragonese.16
Alla base del problema vi è certamente il fatto che le fonti superstiti
non sono chiare né esplicite nel distinguere tra chi vi ricoprisse incarichi
meramente ecclesiastici o amministrativi, i diaconi e le gerarchie superiori
(elemosiniere, confessore, ecc.), e chi invece svolgesse compiti solo musica-
li, cioè i cantori professionisti. È evidente che diversi cappellani fossero an-
che cantori, ma essere l’uno non comportava necessariamente essere anche
l’altro.
Emblematica di questa situazione, per l’ambito napoletano, è la lista dei
XXI canturi de la cappella del signor re dell’ottobre 1480, al cui interno, dopo
un primo elenco di otto nomi, compare il sottotitolo «seguitano li canturi» ri-
ferito ad altre dodici persone.17 Per giunta, solo alcuni tra questi dodici ven-

16 Il paragone – o rapporto di emulazione – tra la cappella napoletana e quella dei cantori di

S. Giovanni a Firenze assume un particolare significato alla luce di quello che sappiamo della visita
dei cantori napoletani a Firenze nel 1451, su cui cfr. FRANK D’ACCONE, The Singers of San Giovanni
in Florence during the 15th Century, «Journal of the American Musicological Society», XIV, 1961,
pp. 307-358.
17 La lista fu pubblicata originariamente da EDMOND VAN DER STRAETEN , La musique aux Pays-

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LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

gono rubricati con la specifica qualifica di ‘cantore’. Perciò Atlas ipotizza che
soltanto questi ultimi fossero i veri cantori professionisti, in grado cioè di pra-
ticare la polifonia; ma la menzione nella prima parte della lista di almeno due
‘professionisti’ del contrappunto (Dortenche e Lothin) sembrerebbe smentire
tale ipotesi. Riproduciamo quindi la lista (in carattere corsivo, a sinistra), con
l’aggiunta di alcune identificazioni e notizie sui personaggi citati (in tondo, co-
lonna a destra):
Cedola de Tesoreria de guarda robba. Ad XXI canturi de la cappella del Signor Re
infrascripti per loro vistiri [25/27 ottobre 1480]

Joan de Ghianes = ? 18
messer Filippet Dortenche = Filippet Dortenche/Filipocto/Ffelippo de Bor-
gogna, cantore e copista a Napoli forse già dal
1466, e stabilmente dal ’70, inviato in Francia
nel maggio 1471 per reclutare cantori 19
messer Guglielmo foro spul. ?
Joan de Platea ?
Joani Lothin = Johannes de Lotinis Dinantinus, dedicatario del
trattato Expositio musicalis manus di Tinctoris, è
ricordato anche nel trattato di quest’ultimo De in-
ventione et usu musice, in un breve elenco di «can-
tori soavissimi»
messer Anselmo ?
Salvatore Pinia ?
Fra’ Alfonso Galego = Alfonso Gallego, vescovo di Castellaneta: sarà
ancora cappellano all’incoronazione di Alfonso II
del 1494
Seguitano li canturi
Joan Brusca = possibilmente, un parente di Pere Brusca (su cui
cfr. oltre)
Baldassarre Ospato ?

Bas avant le XIXe siècle. Documents inédits et annotés. Compositeurs, virtuoses, théoriciens, luthiers
[...], 8 voll., Bruxelles, Muquardt - van Tright, 1867-1888, IV, 1878, pp. 28-30, e riprodotta in vari
studi successivi.
18 Forse da identificare con un certo «Johan de Guares», servitore del tesoriere del re, incari-

cato di molti pagamenti ai musici, per cui cfr. CARLO GALIANO, Nuove fonti per la storia musicale
napoletana in età aragonese. I musicisti nei libri contabili del banco Strozzi, in Musica e cultura a Napoli
dal XV al XIX secolo, a cura di L. Bianconi e R. Bossa, Firenze, Olschki, 1983 («Quaderni della Ri-
vista Italiana di Musicologia», 9), pp. 47-60.
19 Cfr. A. ATLAS , Music at the Aragonese, cit., p. 40.

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GIANLUCA D’AGOSTINO

Bernar Hicart = Bernardus Ycart da Tortosa, teorico (si forma


nel circolo carmelitano di John Hothby in Nord
Italia), compositore e cantore a Napoli dal 1476 20
Joan Tintoris = Johannes Tinctoris, il celebre teorico e composi-
tore, a Napoli fu autore di un’epistola umanistica e
di altre prose, e fu in contatto con il locale cenaco-
lo umanistico
Perot de Vertoya ?
Iach Vilet cantore = Jacobus Villette, cantore e compositore, a Napo-
li dal 1473, citato altrove come «presbyter camara-
censis [...] in iure baccalaurerus» 21
Cappellano maiore = Giuliano Mirto Frangipane da Caiazzo, vescovo
di Tropea, cappellano maggiore dal 1480, docente
e Gubernator dello Studio napoletano negli anni
Ottanta, ancora attivo come cappellano all’incoro-
nazione di Alfonso II del 1494
Luisot Patin cantore = già citato tra i «cantori della cappella di sua mae-
stà» in un’istruzione di pagamento del 1478 firma-
ta dal cardinale Giovanni d’Aragona 22
Abbate Iordi Marot = forse è Giorgio Marrotta cappellano nel 1469
Alon Aloth cantore ?
Amatore cantore ?
Fra’ Simon Ian. cantor ?

Il documento – forse viziato da mende e lacune – ha sempre colpito l’at-


tenzione dei musicologi per la menzione di due compositori importanti come
Tinctoris e Ycart i quali, insieme ad altri cantori di qualche notorietà come
Lothin, Villette e Dortenche, formavano la legione di musicisti oltremontani
ormai stabilmente insediatasi a Napoli.
Il peso e l’influenza esercitati in città da questi franco-fiamminghi sono
stati al centro dell’attenzione di Atlas e di altri studiosi, i quali hanno provato
a correlare la loro attività, rivolta in alcuni casi anche alla copiatura di codici

20 Ivi, pp. 77-80. Un certo «Gheran Ycart» – solo ipoteticamente identificabile col nostro, o

forse un suo discendente rimasto in terra napoletana – è registrato ancora nel 1518 tra i familiari
di Ferrante Sanseverino, principe di Salerno: cfr. CESARE CORSI, Le carte Sanseverino. Nuovi docu-
menti sul mecenatismo musicale a Napoli e in Italia meridionale nella prima metà del Cinquecento,
in Fonti d’archivio per la storia della musica e dello spettacolo a Napoli tra XVI e XVIII secolo, Atti
del convegno (Napoli, Centro di Musica Antica, 13-14 maggio 2000), a cura di P. Maione, Napoli,
Editoriale Scientifica, 2001 («I Turchini saggi», 1»), pp. 1-40: 7.
21 Cfr. A.W. ATLAS, Music at the Aragonese Court, cit., pp. 43 sgg.

22 Cfr. G. D’AGOSTINO , Note sulla carriera napoletana di Johannes Tinctoris, «Studi musicali»,

XXVIII, 1999, pp. 327-362.

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LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

musicali per la cappella, alla diffusione a Napoli del repertorio internaziona-


le.23 Tale diffusione sarebbe avvenuta soprattutto durante il regno di Ferran-
te, un sovrano che, desiderando competere anche culturalmente sul piano
internazionale e apparire vero ‘signore europeo’, comprese la necessità di
aggiornarsi, cioè sprovincializzare i repertori artistici, musica compresa.
Una testimonianza iconografica della cappella musicale ferrandina – an-
corché esile, ma l’unica a me nota – si trova in una miniatura del Liber de pris-
corum proprietate verborum di Iuniano Maio, trattato stampato a Napoli nel
1475 per i tipi di Mattia Moravo da Olomouc e decorato alla bottega di Cola
Rapicano (esemplare in Paris, Bibl. Nat., Rés. X.132).24
In effetti Ferrante, che pure dovette governare tra guerre ed alchimie di-
plomatiche, invasioni turche 25 e congiure interne dei Baroni, fu in campo cul-

23 Cfr. l’elenco delle cedole di pagamento ai copisti di musica pubblicato da Atlas, op. cit.,

pp. 114 sgg., ricavate peraltro dallo spoglio del De Marinis. Spiccano le cedole del maggio 1466
«a Ffelippo de Burgunya de la capella del dit Senyor [...] per libre de cant d’orgue», quella dell’a-
gosto 1469 «a Vinxinet de Enaut xandre dela capella del Senyor Rey VIII ducats los quals son per lo
scrivre e notar de VIII officis de cant d’orgue per la capella del dit Senyor, los quals offici ha consi-
gant a mosser Pere Brusca», quella del febbraio 1474 a «frate Thomas de alamanya per un missale
della duchessa Ippolita Sforza».
24 La miniatura è riprodotta nel volume La biblioteca reale di Napoli al tempo della dinastia ara-

gonese, cit., p. 555. Maio fu lettore di retorica allo Studio napoletano dal 1465, precettore di vari
esponenti della casa aragonese, ma anche di Iacopo Sannazaro; fu autore, oltre che del suddetto Li-
ber, del trattato encomiastico De Maiestate (edito modernamente in IUNIANO MAIO, De Maiestate,
inedito del sec. XV, a cura di Franco Gaeta, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1956, «Scelta
di curiosità letterarie inedite o rare», CCL), di una grammatica e di un libro sull’Invenzione della
caccia (su cui cfr. oltre).
25 I Turchi, l’immane genus descritto in molte Lamentationes di umanisti quattrocenteschi, co-

stituirono un motivo di preoccupazione costante per i sovrani aragonesi, ma anche una fonte di ispi-
razione per la coeva letteratura e storiografia. In effetti, la ‘guerra santa’ contro di loro assunse, dopo
la presa di Costantinopoli nel 1462, l’offensiva nei Balcani e la caduta di Negroponte nel luglio 1470,
ma soprattutto dopo la presa di Otranto dell’estate 1480, i toni di un’urgenza paurosa e drammatica
per tutta l’Europa cristiana. Da qui, un proliferare di immagini simboliche e riti scaramantici (anche
nella forma di giochi di corte e tornei cittadini) che pervase la cultura e la società del tempo. Almeno
due grandi eventi sono ricordati dalla storiografia aragonese: la difesa di Rodi, nell’agosto 1480, per
opera di due navi napoletane, e la difesa d’Otranto (con le milizie aragonesi associate a soldati un-
gheresi), conclusasi con la vittoria del settembre 1481. Il solenne voto a S. Giorgio fatto da Alfonso II
duca di Calabria dopo la vittoria viene ricordato dal Pontano nell’epigrafe «Alfonsus Calabriae Dux
divo Georgio Tropheum erigit ob superatos ad Hydruntem Turcas». Varie opere in latino e in vol-
gare recano intitolazioni come «Persuasio contra Turchum», «Exortatio in Turchum», «Lamentatio
Christianorum». Il poeta Rustico Perleoni, autore di un Compendio di sonetti e altre rime de varie
texture intitolato il Perleone (Napoli, Ayolfus de Cantono, 1492), compone una «Canzone V de
nuova textura all’Ill.mo S. Duca di Calabria, recitata in un convito in forma d’un pastore in la recu-
peratione d’Hydronto». E ancora il Pontano scrive il De fortitudine proprio per celebrare la vittoria
del duca di Calabria. Informazioni su ciò si ricavano dal monumentale lavoro di Tammaro De Marinis
cit., in nota 4. Per una panoramica sui riflessi letterari della minaccia turca cfr. F. TATEO, Letterati e
guerrieri di fronte al pericolo turco, in ID., Chierici e feudatari, cit., pp. 21-68. Sul versante musicolo-
gico, mette conto invece sottoscrivere e ribadire l’ipotesi di altri studiosi, secondo la quale a questo
stesso clima politico e culturale andrà ricondotta la diffusione, anche a Napoli, delle messe polifoniche
composte sul tenor de L’homme armé (il ‘cavaliere armato della fede’, appunto; cfr. nota 59).

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GIANLUCA D’AGOSTINO

turale forse meno ‘savio’ ma più pragmatico e cosmopolita del suo predeces-
sore. È noto, ad esempio, che sul versante letterario egli incentivò la coltiva-
zione della prosa e della poesia in volgare locale.26 In musica fu meno interes-
sato di Alfonso al repertorio spagnolo (ma musici e cappellani catalani e
castigliani, preponderanti nella cappella alfonsina, non mancarono nemmeno
in età ferrandina), ma d’altronde incoraggiò la coltivazione della polifonia in-
ternazionale e si adoperò per ingaggiare i migliori interpreti in circolazione.27

26 Sulla poesia aragonese cfr. Rimatori napoletani del Quattrocento (dal cod. 1035 della Bibl.

Naz. di Parigi), a cura di G. Mazzatinti ed A. Ive, con prefazione e note di M. Mandalari, Caserta,
Iaselli, 1885; E. PERCOPO, Le rime di Benedetto Gareth detto il Chariteo, 2 voll., Napoli, s.e. [Tipogr.
dell’Accad. delle Scienze], 1892 («Biblioteca napoletana di storia e letteratura», 1); ID., Barzellette
napoletane del Quattrocento, Napoli, s.e., 1893 (nozze Sogliano-Mari); PIETRO JACOPO DE JENNARO,
Rime e lettere, a cura di M. Corti, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1956 («Collezione di
opere inedite o rare», 120); IACOPO SANNAZARO, Opere volgari, a cura di A. Mauro, Bari, Laterza,
1961 («Scrittori d’Italia», 220); A. ALTAMURA, Rimatori napoletani del Quattrocento, Napoli, Fioren-
tino, 1962 («Collana di studi e testi di letteratura», 3); ID., La lirica napoletana, cit.; GIANFRANCO
CONTINI, Il codice De Marinis del Cariteo, in Studi di bibliografia e di storia in onore di Tammaro
De Marinis, 4 voll., [Verona, stamperia Valdonega,] 1964, II, pp. 15-31; Antologia poetica di umanisti
meridionali, a cura di A. Altamura, F. Sbordone, E. Servidio, Napoli, Società Editrice Napoletana,
1975; MARCO SANTAGATA, La lirica aragonese. Studi sulla poesia napoletana del secondo Quattrocento,
Padova, Antenore, 1979 («Università di Venezia, Facoltà di Lettere e Filosofia», 1); GIOVANNI PA-
RENTI, «Antonio Carazolo desamato». Aspetti della poesia volgare aragonese nel ms. Riccardiano
2752, «Studi di Filologia Italiana», XXVII, 1979, pp. 119-279; GIOVAN BATTISTA BRONZINI, Serven-
tesi, barzellette, strambotti del Quattrocento dal codice Vat.lat. 10656, «Lares», XLV, 1979, pp. 73-96,
251-262 e 385-394; XLVI, 1980, pp. 43-53, 219-237 e 357-371; XLVII, 1981, pp. 389-400; XLVIII,
1982, pp. 213-247, 389-400 e 547-570; XLIX, 1983, pp. 413-445 e 591-618; FRANCESCO GALEOTA,
Canzoniere ed Epistolario (dal Cod. XVII.1 della Biblioteca Nazionale di Napoli), a cura di G.B. Bron-
zini, «Archivio storico per le province napoletane», CIV, 1986, pp. 17-158; NICOLA DE BLASI, Intrat-
tenimento letterario e generi conviviali (farsa, intrapresa, gliommero) nella Napoli aragonese, in «Pas-
sare il tempo». La letteratura del gioco e dell’intrattenimento dal XII al XVI secolo, Atti del Convegno
(Pienza, 10-14 settembre 1991), 2 voll., Roma, Salerno, 1993, I, pp. 129-159 («Pubblicazioni del
Centro Pio Rajna», 3); G. PARENTI, Benet Garret detto il Cariteo. Profilo di un poeta, Firenze,
Olschki, 1993 («Istituto nazionale di studi sul Rinascimento - Quaderni di Rinascimento», 18).
27 Anche qui vanno evitati giudizi troppo netti, e la contrapposizione tra tradizionalismo mu-

sicale spagnolo sotto Alfonso e svolta polifonica internazionale con Ferrante e i suoi figli non va for-
zata oltremodo. Sappiamo, infatti, che già in età alfonsina alcuni generi autoctoni si erano affermati a
livello transregionale, tanto da porsi come modelli di emulazione: si pensi, ad esempio, ai Salmi «che
faceva cantare la bona memoria del Re Alfonso quando [...] aveva qualche victoria», richiesti in copia
dal duca Galeazzo Maria Sforza a Pere Brusca nel 1473 (documento citato tra gli altri da EMILIO
MOTTA, Musici alla corte degli Sforza. Ricerche e documenti milanesi, Milano 1887, rist. Genève
1977, p. 303). In età alfonsina fu pure composto un brano polifonicamente avanzato come la Missa
de la mappamundi di Johannes Cornago, basata sul Tenor della ‘cantiuncula’ meridionale Aggio visto
lo mappamondo in lode della Sicilia e di re Alfonso: uno tra i primissimi esempi di ordinarium missae
a quattro voci su tenor profano, la cui intonazione è sopravvissuta in un codice della lontanissima
Trento (ms. Trento 88, cc. 276v-284, oltre al ms. Strahov). Sulla messa di Cornago cfr. A. ATLAS,
Aggio visto lo mappamondo: A New Reconstruction, in Studies in Musical Sources and Style. Essays
in Honor of Jan LaRue, ed. by E.K. Wolf and E.H. Roesner, Madison, Wis., A-R Editions, 1990,
pp. 109-120. Sulla scarsa produzione polifonica in lingua spagnola ante 1490, cfr. DAVID FALLOWS,
A Glimpse of the Lost Years: Spanish Polyphonic Song, 1450-70, in New Perspectives on Music: Essays
in Honor of Eileen Southern, ed. by J. Wright e S.A. Floyd Jr., Warren, Mich., Harmonie Park Press,
1992 («Detroit Monographs in Musicology / Studies in Music», 11), pp. 19-36.

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LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

A nostro avviso, però, non bisogna sopravvalutare il fenomeno dell’inter-


nazionalizzazione musicale della corte napoletana, e comunque occorre aver
presente che alle spinte verso l’esterno si contrapposero sempre usi e costumi
locali, anche in senso musicale, fortemente radicati.
Intanto, soffermiamoci sulla menzione nella lista del ‘cappellano maggio-
re’. Atlas considera questa qualifica equivalente a quella di ‘maestro di cappel-
la’, ma tale figura non sembra aver avuto che rarissime attestazioni in ambito
napoletano. Sappiamo che tale incarico fu ricoperto per lungo tempo da Pere
Brusca, un ecclesiastico spagnolo citato per la prima volta già nel 1454 come
«maestro dei giovani cantori della real cappella di Alfonso», ma che più tardi
assumerà, nella dignità di vescovo di Aversa, mansioni più amministrative che
non strettamente musicali: dotare la cappella di libri di canto, occuparsi delle
spese per i riti e le sacre rappresentazioni della Settimana santa, riscuotere i
compensi per le prestazioni dei musici ai festeggiamenti di corte. Fra questi
ultimi i documenti citano i festeggiamenti per l’arrivo della delegazione inca-
ricata di scortare Eleonora d’Aragona, figlia di Ferrante, a Ferrara, quale no-
vella sposa del duca Ercole I d’Este (maggio 1473): un evento veramente spet-
tacolare che comprese, oltre a «momos», giostre e convivi vari, danze e
musiche non meglio precisate.28 In quella occasione Pere Brusca viene infatti
citato, nei libri contabili del Banco Strozzi di Napoli, come beneficiario per i
musici dell’offerta che «fecie lo Singnior [sic] e el dı̀ della festa di madama
Lionora».29

28 La delegazione ferrarese era guidata da Sigismondo e Alberto d’Este, e comprendeva letterati

del calibro di Matteo Maria Boiardo, Niccolò da Correggio, Tito Strozzi, Ludovico Carbone, ma an-
che musicisti di fama come Pietrobono del Chitarrino col suo tenorista ed un seguito di ben ventidue
strumentisti. Per le testimonianze letterarie dell’evento cfr. LUIGI OLIVI, Delle nozze di Ercole I con
Eleonora d’Aragona, Modena, Società Tipografica, 1887; e più di recente CLELIA FALLETTI, Le feste
per Eleonora d’Aragona da Napoli a Ferrara, in Spettacoli conviviali dall’antichità classica alle corti ita-
liane del ’400, Atti del VII convegno del Centro studi sul teatro medioevale e rinascimentale (Viterbo,
27-30 maggio 1982), Viterbo, Agnesotti, 1983, pp. 269-290. Per le implicazioni musicali cfr. invece
L. LOCKWOOD, Pietrobono and the Instrumental Tradition at Ferrara in the Fifteenth Century, «Rivista
italiana di musicologia», X, 1975, pp. 115-133: 127-128; FRANCESCO LUISI, Contributi minimi ma in-
tegranti. Note su Pietrobono, Niccolò Tedesco, Jacomo da Bologna e la prassi musicale a Ferrara nel
Quattrocento, con altre notizie sui Bonfigli costruttori di strumenti, in Studi in onore di Giulio Cattin,
a cura di F. Luisi, Roma, Torre d’Orfeo, 1990 («Istituto di paleografia musicale», III/1), pp. 29-52:
29-36. Le performances di Pietrobono, che molto impressionarono il re Ferrante, ispirarono probabil-
mente la descrizione datane nel Libellum de laudibus musicae et Petriboni ferrariensis ad summam
maiestatem regis Ferdinandi del sopracitato Lippo Brandolini (su questo cfr. F.A. GALLO, Orpheus
christianus, cit., pp. 143-152). Altri festeggiamenti per i matrimoni dinastici di corte furono quelli
per Ippolita Sforza e Alfonso II (settembre 1465), per Beatrice d’Aragona e Mattia Corvino (settem-
bre 1476), e per lo stesso Ferrante in seconde nozze con Giovanna d’Aragona (settembre 1477), alla
quale festa – come informa il cronista Giuliano Passero – parteciparono ben «62 trombette, pifari, e
tamburri assaissimi». Sugli apparati spettacolari delle feste napoletane tra Quattro e Cinquecento è in
corso d’opera una capillare ricerca di Franco Mancini (che qui si ringrazia per l’informazione).
29 Cfr. C. GALIANO , op. cit., p. 53.

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GIANLUCA D’AGOSTINO

Nella lista dei «XXI canturi», invece, il cappellano maggiore non è nomi-
nato, ma studi recenti hanno consentito di stabilire che l’incarico del vecchio
Brusca fosse stato assunto ormai da un italiano, e precisamente da Giuliano da
Caiazzo, vescovo di Tropea, il quale oltre a essere cappellano maggiore, è re-
gistrato anche come docente e gubernator dello Studio napoletano, e ancora
come cappellano nel 1494, all’incoronazione di re Alfonso II.30
Un approfondimento sullo statuto dei cappellani e sull’organizzazione del-
la cappella napoletana si deve al citato Gaetano Pitarresi, che per la sua ricer-
ca ha utilizzato, oltre a registri vaticani, una fonte ignota allo Atlas, e cioè il
trattato De Capella Regis Utriusque Siciliae et aliorum Principum di Giuseppe
Carafa, vescovo e professore di storia ecclesiastica. Si tratta di un’informata
ancorché prolissa compilazione storica, dagli Angioini ai Borbone, concepita
come cerimoniale ad uso della corte napoletana: interessante per noi perché
basata su documenti di archivisti ed eruditi seicenteschi nonché su cronisti
del Regno.31
Dai documenti citati dal Carafa apprendiamo che la cappella aragonese
(come peraltro già quella angioina) era pensata come organismo giuridicamen-
te costituito alle dipendenze del sovrano, che ne affidava la responsabilità ge-
stionale a uno ma più spesso a due distinti ‘cappellani maggiori’, i quali dove-
vano «de omnibus nostris Capellanis cognoscere et videre, et de eis iustitiam
ministrare, sicut semper extitit consuetum». Tali «Magistri regalis capellae», i
quali – ricorda il Carafa – «sub Aragoneiis maiores dicti sunt Cappellani», ri-
vestivano sovente la dignità di vescovi o abbati, ed erano prevalentemente
spagnoli o italiani, e comunque fidati funzionari del regno. Questo peraltro
spiega perché nella sopra citata lista dei «XXI canturi» il cappellano maggiore
fosse non Tinctoris o qualunque altro illustre musicista, bensı̀ un personaggio
senza meriti né forse oneri musicali, ma con una rilevante dignità ecclesiastica,
come Giuliano da Caiazzo.
Inoltre, il titolo di cappellano, con tutti gli oneri, i limiti ma anche i bene-
fici che esso comportava, poteva essere attribuito dal re anche a individui
estranei al ‘consorzio’ dei cappellani propriamente detti. In questo caso i cap-
pellani aggiunti vengono segnalati nei documenti come coloro «qui actu non

30 Cfr. GAETANO PITARRESI , La cappella aragonese di Napoli: nova et vetera, «Studi musicali»,

XVII, 1988, pp. 179-200: 185-188.


31 Per l’età aragonese la fonte più spesso citata è il Johannis Burckardi Liber notarum ab anno

MCCCCLXXXIII usque ad annum MDVI, edito in Rerum Italicarum Scriptores. Raccolta degli storici
italiani dal cinquecento al millecinquecento, ordinata da L.A. Muratori, nuova ed. riv. ampl. e corretta
con la direz. di G. Carducci e V. Fiorini, Città di Castello, Lapi [poi Bologna, Zanichelli], 1900-1975,
XXXII/1, a cura di E. Celani, 1910, pp. 512 sgg.

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LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

serviunt». Infine, come per tutte le altre corti italiane ed europee, l’attribuzio-
ne e il trasferimento di benefici ecclesiastici ai regi cappellani erano oggetto di
una continua contrattazione con la chiesa e col papa.32
Ciò detto, Carafa non fornisce informazioni sul repertorio realmente ese-
guito «in celebratione missarum et divinorum Officiorum», ma in compenso
ragguaglia sulla liturgia:
In Liturgia Rex deosculabatur Evangeliorum librum, et a Diacono thure coleba-
tur, semel dicto Evangelio, iterumque peracto Offertorio. Denique tribus organis Of-
ficia Divina persolvebantur, ita ut unum post aliud pulsaretur, et unum versum Can-
tores, alterum Organista decantaret. Atque totum ordinem Palatinae Liturgiae Maior
Capellanus moderabatur [...].33

Tale descrizione ricorda da vicino, soprattutto per i tre organi toccati in


alternatim tra di loro e con le voci, quella – ben nota – fatta da Johannes
Burkard, prefetto delle cerimonie sotto papa Alessandro VI, durante la
sua missione a Napoli per sovrintendere alla cerimonia di incoronazione di
Alfonso II, nel maggio 1494:
Organi qui triplices sunt in ipsa capella, omnes pulsati, non tamen simul, sed mo-
do unum, modo alium salmorum etiam versus vicissim sonabant; unum versum can-
tabant cantantes, alium pulsabat organista, adeo quod vespere huiusmodi ad duas ho-
ras duraverunt [...]. 34

La stessa cerimonia di incoronazione è ricordata nei Giornali di Giuliano


Passero con questi termini:
Questo giorno de jovedı̀ de lo dı̀ dell’Ascensione alli 8 di maio 1494 se ei fatta la
festa della incoronatione dello re Alfonso II d’Aragona. [...] Sta matina [...] uscı̀o dal-
lo Castello novo con tanto triunfo, et con tante manere de instrumenti che pareva che
per lo airo fosse lo coro celestiale [...] et se n’andai a Piscopio dove con grandissima
cirimonia lo aspettava lo cardinale legato dello Papa [...], et [...] se ne entroi in detta
Ecclesia, et ionto che fo se incomenzò la messa, et questa messa la disse lo cardinale

32 Questo si evince, ad es., dalle lettere pubblicate nel Codice Aragonese, o sia lettere regie, or-

dinamenti ed altri atti governativi de’ sovrani aragonesi in Napoli, a cura di F. Trinchera, 2 voll., Na-
poli, Cataneo, 1866-1874, I, 1866, p. 71, II/1, 1868, p. 214. Il re Ferrante incaricava il suo secondo-
genito Federico, principe di Altamura, di condurre le trattative col papa per queste questioni.
33 JOSEPHUS CARAFA , De Capella Regis Utriusque Siciliae et aliorum Principum seu de sacris au-

licis rebus liber unusi, Neapoli, editio ultera auctior et emendatior, ex typographia Raymundiana,
1772, p. 160.
34 Le informazioni musicali contenute nel Liber notarum di Burkard sono state esaminate da

ARNOLD SCHERING, Musikalisches aus Joh. Burkards ‘Liber Notarum’, in Festschrift für Johannes Wolf
zu seinen sechzigsten Geburtstage, Berlin, Breslauer, 1929 («Musikwissenschaftliche Beiträge»),
pp. 171-175; cfr. anche G. PITARRESI, op. cit.

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GIANLUCA D’AGOSTINO

[...] et lo re Alfonso cantai l’evangelio, et qua se usano le cerimonie reali [...]: qua se
sono viste de tutte maniere de musica, che era una meraviglia a sentire, pensate che
tutti li canturi d’Italia erano qua [...].35

Il cerimoniale aragonese dell’incoronazione prevedeva dunque che il re


cantasse personalmente il vangelo e altri canti in gregoriano, coadiuvato dai
suoi cappellani, che ogni atto concernente l’investitura (spada, corona, ecc.)
fosse accompagnato da un’appropriata antifona, quindi che i nobili acclamas-
sero il nuovo re con il tradizionale «Viva, viva», e che la cerimonia terminasse
col solenne inno Te deum. Ricorda infatti il Carafa, parafrasando ancora il
Burkard:
Inchoata Liturgia, Rex in vestiario induit Regales vestes, ac tabulatum, ubi So-
lium excitatum erat conscendit, ubi una cum suis capellanis majoribus recitavit ex
Missali introitum, Kirie, Gloria, Orationem, et Epistolam. Dicta epistola, ad Altare
accessit, eique Legatus [...] populo acclamante Viva il re Alfonso, cantoribus canen-
tibus hymnum Te deum laudamus.36

Il passo appena citato si riferisce, come detto, all’incoronazione di Alfonso


II. Ma se lo confrontiamo con la descrizione del «bellissimo acto» dell’inco-
ronazione di re Ferrante a Barletta, ricavata dai Dispacci degli ambasciatori
sforzeschi da Napoli (febbraio 1459), possiamo notare che i toni usati sono
molto simili: tale similitudine scaturiva, appunto, dal rispetto scrupoloso di
un rituale immutabile:
Se disse una missa solemnissima, la quale disse e celebrò el cardinale Ursino cum
la cappella ornata all’usato e cum molti vescovi e prelati [...]. L’ordene di la messa e
ufficio è passato in questo modo [...]. E venuti inanze al’altare comenziò prima a be-
nedire la spada [...] et commenzosse la missa [...] et consequenter benedisse la corona
[...] de che fato questo, fo elevati grandissimi voce e soni di piffari e trombi, e crida-
vano tuti a alta voce ‘‘Viva, Viva’’, etc. E ritornato che fu el re e el cardinale [...] a lor
sedii, che stava l’uno ad opposito dell’altro, cantando ‘‘Te deum laudamus’’. Poi si
disse el Vangelio et el Credo.37

Per inciso, quella festosa acclamazione «Viva, Viva» riferita al re di Napo-


li, tra voci e suoni di piffari e trombe, sembrerebbe evocare l’incipit di una

35 Giuliano Passero cittadino napoletano o sia Prima pubblicazione in stampa [...] delle Storie in

forma di Giornali, Napoli, presso Vincenzo Orsino, 1785, p. 60.


36 JOSEPHUS CARAFA , op. cit., p. 194.

37 Dispacci sforzeschi da Napoli, 6 voll., a cura di F. Senatore, Salerno, Carlone, 1997-, II, 4 lu-

glio 1458-30 dicembre 1459, 2004 («Fonti per la storia di Napoli aragonese», 2), p. 204.

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LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

canción spagnola a quattro voci appunto sulle parole «Viva, viva rey Ferran-
do» (Esempio 1), conservata nel codice Montecassino 871 (una fonte vergata
in un monastero benedettino di area napoletana tra 1480-1490).38

Esempio 1 – Anon.:
Viva viva rey Ferrando (inizio)
(ms. Montecassino 871, cc. 161r-v)

Come si vede, una parte non esigua del ‘consumo’ musicale a corte e del-
l’impiego della cappella si svolgeva nell’ambito dei riti solenni prescritti dal
cerimoniale di corte: incoronazioni, matrimoni, ma anche esequie.39 È lecito

38 Cfr. l’edizione in The Musical Manuscript Montecassino 87, cit., pp. 442-448. Lo stesso motto

si trova citato nella cosiddetta Cronaca del Ferraiolo (edita in Una cronaca napoletana figurata del
Quattrocento, a cura di R. Filangieri, Napoli, L’Arte tipografica, 1956, p. 40: «La gente dello Sig.
Re senpre cressieva contro li Turchi, senpre gridando ‘‘Viva, viva re Ferrando’’»).
39 Sul fasto e gli apparati predisposti per i funerali di corte c’è la nota testimonianza del Pon-

tano (De Magnificentia, XV), che riproduciamo in traduzione con alcune integrazioni nostre tra pa-

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GIANLUCA D’AGOSTINO

pensare che in queste occasioni il repertorio eseguito fosse soprattutto grego-


riano. D’altronde, era questo il genere che accompagnava abitualmente i so-
vrani aragonesi nei vari momenti della loro devozione privata (mattutino, mes-
sa, vespri).40
Al polo opposto del consumo di musica, e decisamente al di fuori dei con-
fini della cappella, c’erano poi le «tante diverse e varie canzoni» citate in aper-
tura, che rappresentavano uno dei passatempi musicali prediletti dalla nobiltà
e dagli alti membri della curia. Già nel 1457 – secondo quanto si legge in un
Dispaccio sforzesco da Napoli da noi commentato in altra occasione – 41 re Al-
fonso aveva gradito certe canzoni eseguite da due cantori milanesi inviati a
Napoli. Il re, si legge,
li ha auditi e molto el cantare loro gli è piaciuto, e ha ordinato che ogne dı̀ se presen-
tino alla presentia sua immediate come ha desinato. Pare che più glie delectano can-
zone veneciane che francese.

È questo un chiaro riferimento alle canzoni veneziane meglio note come


‘giustiniane’, dal nome del loro autore Leonardo Giustinian: un genere poeti-
co-musicale molto in voga per tutto il Quattrocento un po’ in tutte le corti
italiane.42

rentesi quadre: «Ferdinando re di Napoli non solo allestı̀ con eccezionale pompa i funerali della mo-
glie Isabella [di Chiaromonte; 30 marzo 1465: esequie a S. Pietro Martire], della figlia Eleonora
[1493] e della nuora Ippolita [19 agosto 1488: esequie alla Nunziata con frati di tutte le religioni
in gramaglie], ma celebrò con rara magnificenza e splendore le esequie di Francesco e Bianca, si-
gnori di Milano, genitori di Ippolita, e dello zio Giovanni, re d’Aragona, genero di Mattia re d’Un-
gheria [e padre di Giovanna moglie di Ferrante; 19 gennaio 1479], e quelle dell’imperatore Federico
[III, 1493 in S. Paolo ad Aversa] [...]. Verso lo stesso Ferdinando poi, è difficile dire a pieno quanto
sia stato perfino eccessivamente prodigo il figlio Alfonso, il quale spese per il funerale oltre dicias-
settemila monete d’oro [25 gennaio 1494]» (GIOVANNI PONTANO, I trattati delle virtù sociali. De Li-
beralitate, De Beneficentia, De Magnificentia, De Splendore, De Conviventia, intr., testo, trad. e note
a cura di F. Tateo, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1999 [19651], p. 203).
40 È documentato, ad es., che Alfonso II ascoltava abitualmente messa nel monastero di Mon-

teoliveto, e che suoi cappellani privati erano monaci olivetani. Una sua Bibbia latina fu donata a quel
monastero (ms. I-Nn, VI.A. 20-21). Anche Ferrante si recava alla chiesa di S. Maria la Nova per
ascoltare esecuzioni in canto fermo. Entrambi i re, inoltre, usavano ascoltare i Salmi al monastero
benedettino dei SS. Severino e Sossio. La Biblioteca Nazionale di Napoli conserva svariati libri corali
provenienti da questi monasteri (taluni vergati e anche riccamente decorati dagli stessi artisti operanti
alla corte aragonese): cfr. Miniatura a Napoli, cit.; RAFFAELE ARNESE, I codici notati della Biblioteca
Nazionale di Napoli, Firenze, Olschki, 1967 («Biblioteca di bibliografia italiana», 47).
41 Dispacci sforzeschi da Napoli, cit., I, 1442-2 luglio 1458, 1997 («Fonti per la storia di Napoli

aragonese», 1), le cui informazioni musicali sono state commentate in GIANLUCA D’AGOSTINO, «Più
glie delectano canzone veneciane che francese». Echi di poesia italiana alla corte napoletana di Alfonso
Il Magnanimo, «Musica Disciplina», 49, 1995, pp. 47-77.
42 Una succinta disamina della ‘questione giustiniane’, utile anche come rinvio bibliografico, si

trova in GIULIO CATTIN, Il Quattrocento, in Letteratura italiana, 6 voll., 1982-1986, diretta da A. Asor
Rosa, VI, Teatro, musica, tradizione dei classici, Torino, Einaudi, 1986, pp. 265-318. Più di recente

— 168 —
LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

Similmente, in uno dei Dispacci degli ambasciatori veneziani dell’aprile


1473 43 troviamo questa volta Ferrante intessere di nuovo pubbliche lodi, an-
corché generiche, alla musica veneziana. Racconta infatti l’ambasciatore al
Doge:
Illustrissime, Hoçi a la messa e al matutino la regia Maestà [= Ferdinando] ha voluto
io mi ritrovi cum quella e, venendo dal matutino, commendò molto la musica dela
vostra inclita cità, dicendo che cussı̀ la virtù e prestantia de quella cità se dimostrava
per quella, come per tute le altre cosse sue.

E ancora, sappiamo che del canto (presumibilmente solistico) eseguito dal


celebre compositore Alexander Agricola, di passaggio per Napoli nel 1492, re
Ferrante si dilettò massimamente, al punto da dolersi di dover ‘restituire’ il
musico al suo signore legittimo, il re di Francia, al quale rivolse una preghiera
perché glielo rimandasse presto a Napoli per un altro po’ di tempo:
Pregamo strettamente che de po’ alcun tempo haverà inteso e preso omne piacere del
dicto Alexandro, li piaccia per nostro amore per alcuni iorni remandarcelo, adcioché
megliore lo possamo gustare e pigliare piacere de ipso.44

Infine – a completare il quadro della vita musicale alla corte aragonese –


furoreggiavano i poeti cosiddetti ‘improvvisatori’ 45 (ad esempio, Lippo Bran-
dolini, il Galeota, il Cariteo, il giovane Serafino Aquilano), con il loro reper-
torio estemporaneo, un repertorio appartenente a quella che Nino Pirrotta ha
felicemente definito come «tradizione non scritta della musica». Non diversa-

cfr. DAVID FALLOWS, Leonardo Giustinian and Quattrocento Polyphonic Song, in L’edizione critica tra
testo musicale e testo letterario, Atti del convegno internazionale (Cremona, 4-8 ottobre 1992), a cura
di R. Borghi e P. Zappalà, Lucca, LIM, 1996 («Studi e testi musicali», 3), pp. 247-260.
43 Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Dispacci di Zaccaria Barbaro. 1º novembre

1471 - 7 settembre 1473, a cura di G. Corazzol, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato Libre-
ria dello Stato, 1994, p. 569.
44 Il testo completo della lettera al re di Francia, datata 13 giugno 1492, si legge in Codice Ara-

gonese, cit., II/1, p. 119. Un anno più tardi il re avrebbe promesso ad Agricola trecento ducati annui
di provvigione (ivi, p. 282); ma in seguito avrebbe ritirato l’offerta (ivi, II, pp. 59-60 e p. 202): per gli
opportuni commenti cfr. A.W. ATLAS, Alexander Agricola and Ferrante I of Naples, «Journal of the
American Musicological Society», XXX, 1977, pp. 313-319, e A.W. ATLAS – ANTHONY M. CUM-
MINGS, Agricola, Ghiselin, and Alfonso II of Naples, «Journal of Musicology», VII, 1989, pp. 540-548.
45 Verseggiatori e musicisti dilettanti, abili nel declamare i versi accompagnandosi con uno stru-

mento, solitamente la viola da gamba, classicamente chiamata ‘lira da braccio’, oppure il liuto: cfr. su
questo ÉMILE HARASZTI, La technique des improvisateurs de langue vulgaire et de latin au Quattro-
cento, «Revue Belge de Musicologie», IX, 1955, pp. 12-31; NINO PIRROTTA, Musica tra Medioevo
e Rinascimento, Torino, Einaudi, 1984 («Saggi», 670), pp. 177-184, 213-249 e 250-269, nonché
ID., Musica e umanesimo, in Poesia e musica e altri saggi, Firenze, La Nuova Italia, 1994 («Discanto
Contrappunti»), pp. 89-106, e ID., Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, Torino, Einaudi, 19752
(«Saggi», 556); F.A. GALLO, Orpheus christianus, cit., p. 139.

— 169 —
GIANLUCA D’AGOSTINO

mente da come succede oggi, anche allora erano questi esecutori, piuttosto
che i polifonisti impegnati come Tinctoris, a colpire la fantasia dei contempo-
ranei. Non è un caso che quasi tutti i musici celebrati dai letterati aragonesi,
come il Pontano (De Tumulis) o il De Jennaro,46 siano o cantori di «aeri leg-
giadri» (ad esempio Fulco Ferrarese, Filippo Macerano), o virtuosi di qualche
strumento (come Lorenzo da Cordova «degli organi» o Pietrobono del Chi-
tarrino): personaggi, comunque, del tutto estranei alla storia della musica
scritta.
Ma torniamo all’arrivo di Tinctoris in città.47 Esso coincise con una forte
riaccensione d’interesse per la teoria della notazione mensurale, dovuto non
solo alla presenza del fiammingo, ma anche a quella di Franchino Gaffurio
da Lodi, di Ycart, e di altri teorici e compositori attivi sul posto intorno ai
primi anni Ottanta. Gaffurio infatti, che fu a Napoli tra 1478 e 1480, ricorde-
rà di esservi progredito molto nella «musica meditatione», discutendo e con-
frontandosi proprio con Tinctoris, Guarnerius, Ycart et «compluribus aliis
clarissimis musicis».48 Ed è certamente in questo biennio che il Lodigiano
compose i due inni per i vespri a quattro voci, copiati nel manoscritto Mon-
tecassino 871 (vedine l’inizio del primo all’Esempio 2).
Peraltro, il ruolo giocato a Napoli da Tinctoris sembra essere stato poliva-
lente. Il suo arruolamento a corte segnò forse più negli esiti finali che non nel-
le intenzioni originali di Ferrante, un netto scarto col passato e un salto di
qualità. Diciamo esiti finali, pensando ovviamente al fondamentale contributo

46 Cfr. PIETRO IACOPO DE JENNARO , Le sei etate de la vita umana, testo inedito del XV sec. pub-

blicato da A. Altamura e P. Basile, Napoli, Società Editrice Napoletana, 1976 («Studi e testi di let-
teratura italiana», 7), sul quale cfr. DINKO FABRIS, Il compianto per il perduto splendore artistico mu-
sicale della corte Aragonese, in Trent’anni di ricerche musicologiche. Studi in onore di F. Alberto Gallo,
a cura di P. Dalla Vecchia e D. Restani, Roma, Torre d’Orfeo, 1996 («Istituto di paleografia musi-
cale», III/2), pp. 305-321.
47 Sulla biografia di Tinctoris cfr. RONALD WOODLEY , Johannes Tinctoris: a Review of the

Documentary Biographical Evidence, «Journal of the American Musicological Society», XXXIV,


1981, pp. 217-248; ID., The Printing and Scope of Tinctoris’s Fragmentary Treatise ‘‘De Inventione et
vsv mvsice’’, «Early Music History», 5, 1985, pp. 239-268; il sito web interamente dedicato al musicista
fiammingo (www.stoa.org/tinctoris); la sintesi di A.W. ATLAS, Music at the Aragonese Court, cit.,
pp. 71-77; e le osservazioni dello scrivente, Note sulla carriera napoletana di Johannes Tinctoris, cit.
48 Sulla biografia del giovane Gaffurio e sul suo soggiorno napoletano cfr. CLEMENT A. MILLER,

Early Gaffuriana: New Answers to Old Questions, «Musical Quarterly», LVI, 1970, pp. 367-388 e
ID., Francesco Zambeccari and a Musical Friend, «Renaissance Quarterly», XXV, 1972, pp. 426-
428; CESARINO RUINI, Introduzione a FRANCHINO GAFFURIO, Theoricum opus musicae disciplinae, a
cura di C. Ruini, ed. facs., Lucca, LIM, 1996 («Musurgiana», 15), pp. V-XXXIII; C. GALIANO, Gaffu-
rio, il conte di Potenza e la prima dedicatoria inedita del ‘‘Theoricum opus musice discipline’’, in Medio-
evo Mezzogiorno Mediterraneo. Studi in onore di Mario Del Treppo, 2 voll., a cura di G. Rossetti e
G. Vitolo, Napoli, Liguori-GISEM, 1999, II, pp. 271-302; G. D’AGOSTINO, Reading Theorists for
Recovering ‘Ghost’ Repertories: Tinctoris, Gaffurio and the Neapolitan Context, «Studi musicali», XXXIV,
2005, pp. 25-50.

— 170 —
LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

Esempio 2 – Gaffurio:
Christe Redemptor Omnium (inizio)
(ms. Montecassino 871, c. 42r)

recato alla teoria musicale. I suoi trattati, pubblicati nel Regno dell’alma pace e
della dolce Partenope, influenzarono svariati musicisti locali attivi ancora ben
entro il Cinquecento e oltre (si pensi a Giovan Tommaso Cimello o a Rocco
Rodio), i quali videro nel Tinctoris il ‘fondatore’ di quella che più tardi la sto-
riografia avrebbe chiamato ‘scuola napoletana’.49
Eppure, né i suoi meriti musicali, né tantomeno i trattati, le messe o i mot-
tetti che egli compose ed espressamente dedicò al re e a membri della famiglia
reale (in primis la principessa Beatrice d’Aragona, sua allieva per la musica),
nulla di ciò gli valse a ottenere la nomina di maestro di cappella. Anzi, è pos-

49 La fortunata e discussa definizione risale, come tutti sanno, a FRANCESCO FLORIMO , La scuola

musicale di Napoli e i suoi conservatorii, 4 voll., Napoli, tip. Morano, 1881-1883. Echi permangono in
altre pubblicazioni proto-musicologiche napoletane, come ad es. GUIDO PANNAIN, Le origini della
scuola musicale napoletana, Napoli, Izzo, 1914.

— 171 —
GIANLUCA D’AGOSTINO

sibile che le sue doti musicali non fossero neanche l’unica ragione del suo in-
gaggio a Napoli, poiché aspettative anche maggiori avrebbero potuto destare
le sue qualifiche di iurisconsultus, poeta e professor nelle arti liberali e in dirit-
to, o la sua stessa nazionalità franco-borgognona. In questa luce andrebbe in-
teso, ad esempio, un documento come la traduzione degli statuti cavallereschi
dell’Ordine del toson d’oro,
li quali articuli Johannes Tintoris, doctissimo et clarissimo musico, per mandato dela
sacra regia Maiestà ha traducti de lingua de Borgogna in lingua italiana.50

Verosimilmente, tale traduzione gli fu commissionata poco dopo il confe-


rimento al re Ferrante del titolo di cavaliere dell’Ordine, nel maggio 1473: che
è anche il periodo in cui il sovrano più si adoperò per stringere alleanze con
Carlo di Borgogna e con altri sovrani, come Mattia Corvino d’Ungheria.
Circa quindici anni dopo, nel 1487, il Pontano, segretario regio, ricono-
scendogli di «essere tanto intendente in tale arte de canti» e di sapere ormai
molto bene «quale sia lo desiderio nostro», gli ordinerà, a nome del re, di re-
carsi oltralpe per reclutare bravi cantori confacenti ai bisogni della corte, sia
«per lo servizio nostro» (privato?), «sia per la cappella»:
Havendo nui bisogno per lo servitio del cultu divino in la nostra cappella de alcuni
cantori della conditione a bucca vi havimo detto, et non trovandoli in queste nostre
parti de qua, volimo che andate ultra monti in Franza et in qualunque altra regione,
paese et loco ve parerà posserne trovare: et portate con vui le littere scrivemo in rac-
comandatione vostra al Serenissimo et illustrissimo Signore Re di Franza et Re de Ro-
mani; et ve affaticate et travagliate trovare alcuno cantore buono et che habbia la con-
ditione et parte vi havimo dicto, et trovandoli, li conducerete con vui per servitio
nostro et de dicta nostra cappella; et tutto quello si prometterà per vui a dicti cantori
conducerite, tanto per via de provisione quanto per qualunque altra via, haverimo ra-
to et firmo et farrimo observare.
Advertirete bene però ad fare la spesa utile et che ne habbiamo a restare contenti
et satisfacti; il che a vui, per essere tanto intendente in tale arte de canti et per sapere
quale sia lo desiderio nostro et de che ne aggravamo, serà facile, sı̀ che operarite se-
cundo speramo in vui [...] [15 ott. 1487].51

50 Gli statuti sono conservati in un codicetto vergato da Joan Marco Cinico ed elegantemente

decorato dal miniatore di corte Cola Rapicano presso la Biblioteca nazionale di Napoli (ms.
XIV.D.20): cfr. R. WOODLEY, Tinctoris’s Italian Traslation of the Golden Fleece Statutes: a Text
and a (Possible) Context, «Early Music History», 8, 1988, pp. 173-244; G. D’AGOSTINO, Note sulla
carriera napoletana, cit.; GIULIANA VITALE, Araldica e Politica. Statuti di Ordini cavallereschi «curiali»
nella Napoli aragonese, Salerno, Carlone, 1999 («Iter campanum», 8), pp. 153-199.
51 Mio il corsivo. Il testo completo dell’istruzione si legge in Regis Ferdinandi primi instructionum

Liber, a cura di L. Volpicella, Napoli, Società Napoletana di Storia Patria, 1916, p. 168 (istruz. CI).

— 172 —
LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

Questo per quanto concerne i suoi incarichi a corte. Ma se provassimo a


collegare l’azione di Tinctoris a Napoli alla redazione delle poche fonti polifo-
niche superstiti di presunta origine locale (elencate nel prospetto seguente), ne
ricaveremmo, pur tra molte ipotesi, ben poche certezze, con l’ovvia eccezione di
quei codici contenenti i suoi trattati che furono effettivamente copiati a corte:
PROSPETTO DELLE FONTI POLIFONICHE ESISTENTI
52
DI PRESUNTA AREA NAPOLETANO -ARAGONESE

SIGLA CODICE DATAZIONE TIPOLOGIA E COMPOSIZIONE PROVENIENZA O DESTINAZIONE

53
Escorial IV.a.24 1455-70 chansonnier: alternativa non aragonese:
118 brani profani corte sforzesca
Mellon 54 1475-76 chansonnier: per Beatrice d’Aragona, a
55 chansons, 2 mottetti cui sono dedicati i mottetti
di Tinctoris (decorazione napoletana)
Sevilla 5-I-43 + ca. 1480 chansonnier: alternativa non aragonese:
Paris 4379 55 163 brani profani, Roma
3 brani in latino,
un framm. di Passio Domini

52 Il prospetto ripartisce le fonti in: quelle di sicura provenienza napoletano-aragonese (in ca-

rattere sottolineato e, con un grado di sicurezza inferiore, sottolineato


_ _ _ _ _ _); quelle appartenenti alla Bi-
blioteca aragonese (in neretto); quelle con porzioni napoletane di repertorio che suggerirebbero,
senza provarla, tale provenienza (in tondo). Queste le sigle adoperate per i codici: Escorial = Esco-
rial, Real Monasterio de San Lorenzo del Escorial, Biblioteca y Archivio de Música, ms. IV.a.24; Mel-
lon = New Haven, Yale University, Beinecke Library for Rare Books and Manuscripts, ms. 91 (Mel-
lon Chansonnier); Montecassino 871 = Montecassino, Biblioteca dell’Abbazia, ms. 871; Perugia
431 = Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, ms. 431 (olim G.20); Sevilla/Paris = Sevilla, Biblioteca
Capitular y Colombina, ms. 5.1.43, + cc. 1-42 carte di Paris, Bibliothèque Nationale, ms. nouv.
acq.frç. 4379; Bologna Q 16 = Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale, ms. Q 16; Bruxelles
II 4147 = Bruxelles, Bibliothèque Royale Albert Ier, ms. II 4147; Valencia 835 = Valencia, Biblioteca
Universitaria, ms. 835; Bologna 2573 = Bologna, Biblioteca Universitaria, ms. 2573; Napoli
VI.E.40 = Napoli, Biblioteca Nazionale, ms. VI.E.40.
53 Cfr. EILEEN SOUTHERN , El Escorial, Monastery Library, Ms. IV a.24, «Musica Disciplina», 23,

1969, pp. 41-79; Anonymous Pieces in the Ms. El Escorial IV.a.24, a cura di E. Southern, American
Institute of Musicology, 1981 («Corpus Mensurabilis Musicae», 88); NINO PIRROTTA, Su alcuni testi
italiani di composizioni polifoniche quattrocentesche, «Quadrivium», XIV, 1973, pp. 133-158; l’ediz.
in The Chansonnier El Escorial IV.a.24, 3 voll., ed. by M. Hanen, Henryville, Institute of Medieval
Music, 1983 («Musicological Studies», 36); DENNIS SLAVIN, On the origins of Escorial IV.a.24 (EscB),
«Studi Musicali», XIX, 1990, pp. 259-303.
54 Cfr. l’ediz. The Mellon Chansonnier, ed. by L. Perkins and H. Garey, 2 voll., New Haven and

London, Yale University Press, 1979; cfr. inoltre JAAP VAN BENTHEM, Concerning Johannes Tinctoris
and the Preparation of the Princess’s Chansonnier, «Tijdschrift van de Vereniging voor Nederlandse
Muziekgeschiedenis», XXXII, 1982, pp. 24-29.
55 Cfr. DRAGAN PLAMENAC , A Reconstruction of the French Chansonnier in the Biblioteca Co-

lombina, Seville, «Musical Quarterly», XXXVII, 1951, pp. 501-542; XXXVIII, 1 e 2, 1952, risp.
pp. 85-117 e 245-277; Facsimile Reproduction of the mss. Sevilla 5-I-43 & Paris n.a.fr. 4379 (Pt. 1),
ed. by D. Plamenac, New York, Institute of Mediaeval Music, 1962 («Publications of Mediaeval
Musical manuscripts», 8).

— 173 —
GIANLUCA D’AGOSTINO

SIGLA CODICE DATAZIONE TIPOLOGIA E COMPOSIZIONE PROVENIENZA O DESTINAZIONE

56
Bologna Q 16 1480-90 chansonnier: Napoli?
128 brani profani, (copista «Marsilius»)
1 mottetto,
1 framm. lamentazione,
Missa L’homme armé a 3 vv.
Montecassino 871 57 1480-90 corale monastico: convento benedettino
76 brani prof. (fr., it., sp.) di area napoletana
65 brani sacri (Inni, Salmi,
Magnificat, lamentazioni,
Antifone, Repertorio Passione)
58
Perugia
_ _ _ _ 431
__ 1484-90 corale monastico: convento francescano
78 brani prof. (it., fr., sp., di area umbra o abruzzese
textless, una bassa danza)
47 brani liturgico-devozionali
(Messe, Magnificat, Inni, Antifone,
laude, litanie, Benedicamus, ecc.)
Napoli VI.E.40 59 post 1476? messale polifonico: forse dono nuziale di Carlo
sei messe anonime su di Borgogna a Beatrice
L’homme armé d’Aragona, 1476

56 Cfr. EDWARD PEASE , A Report on Codex Q16 of the Civico Museo Bibliografico Musicale (For-

merly of the Conservatorio Statale di Musica «G.B. Martini»), Bologna, «Musica Disciplina», 20, 1966,
pp. 57-94; SARAH FULLER, Additional Notes on the 15th-century Chansonnier Bologna Q 16, «Musica
Disciplina», 23, 1969, pp. 81-103.
57 Cfr. The Musical Manuscript Montecassino 87, cit., e inoltre G. CATTIN , Il repertorio polifo-

nico sacro nelle fonti napoletane del Quattrocento, in Musica e cultura a Napoli, cit., pp. 29-46.
58 Cfr. MICHAEL HERNON , Perugia MS 431 (G 29): A Study of the Secular Italian Pieces, Ph.D.

diss., G. Peabody College, 1972; A.W. ATLAS, On the Neapolitan Provenance of the Manuscript Pe-
rugia, Biblioteca Comunale Augusta, 431 (G 20), «Musica Disciplina», 31, 1977, pp. 45-105; più di
recente GALLIANO CILIBERTI, Struttura e provenienza del manoscritto Perugia, Biblioteca Comunale
431 (G 20): nuovi contributi, in La musica e il Sacro, Atti dell’incontro di studi (Perugia, 29 settem-
bre-1 ottobre 1994), a cura di B. Brumana e G. Ciliberti, Firenze, Olschki, 1997 («Historiae Musicae
Cultores - Biblioteca», 79), pp. 21-63.
59 Cfr. The Six Anonymous L’Homme Armé Masses in Naples, Biblioteca Nazionale, MS

VI.E.40, ed. by J. Cohen, [Dallas], American Institute of Musicology, 1968 («Musicological Studies
and Documents», 21); EAD., Munus ab ignoto, «Studia Musicologica Academiae Scientiarum Hun-
garicae», XXII, 1980, pp. 187-204; ediz. in The Six Anonymous L’Homme armé Masses in Naples,
Biblioteca Nazionale, MS VI E 40, ed. by J. Cohen, Neuhausen-Stuttgart, American Institute of Mu-
sicology - Hänssler, 1981 («Corpus Mensurabilis Musicae», 85); RICHARD TARUSKIN, Antoine Busnoys
and the ‘‘L’Homme armé’’ Tradition, «Journal of the American Musicological Society», XXXIX,
1986, pp. 255-293. Al codice napoletano è rivendicata un’affiliazione con Mattia Corvino (tramite
Beatrice d’Aragona) nel volume Nel segno del Corvo. Libri e miniature della Biblioteca di Mattia Cor-
vino re d’Ungheria (1443-1490), catalogo della mostra, Modena, Il Bulino, 2002 («Il giardino delle
Esperidi», 16), pp. 227-228.

— 174 —
LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

Bruxelles
_ _ _ _ _ II
_ _4147
__ 1477-92? opere teoriche di Tinctoris Napoli o Fiandre?
(è la fonte più completa
di Tinctoris e l’unica con
gli explicit a due trattati:
«Napoli»)

Valencia 835 ante 1485 opere teoriche di Tinctoris per il cardinale


Giovanni d’Aragona
(copista Venceslao Crispo)

Bologna 2573 1480-90 opere teoriche di Tinctoris per Beatrice d’Aragona?


+ mottetto per Beatrice (copista Venceslao Crispo)
Virgo Dei throno digna (rilegatura napoletana)

Perugia 1013 60 1509? ms. di teoria musicale in parte (nota di possesso: Venezia,
derivato dai trattati di Tinctoris Johannes Materanensis, 1509)
(Regule de proportionibus)

Segovia 61 1500 cancionero di polifonia sacra Segovia?


e profana, con sezione
(cc. 200-205v) occupata da
‘duo’ profani attribuiti
per lo più a Tinctoris

A questo elenco andrebbero aggiunte, per completezza, altre fonti teori-


che sicuramente prodotte a Napoli (due incunaboli e un manoscritto):
GAFFURIO, Theoricum opus musice discipline, Napoli, Francesco di Dino fiorentino,
1480, dedicato a Guido Antonio Arcimboldi.
GAFFURIO, Theorie musice tractatus, London VI.1441, 1478 (è la prima redazione del
precedente), dedicato ad Antonio Guevara conte di Potenza.
TINCTORIS, De inventione et usu musicae (frammento), Napoli, Mattia Moravo da
Olomouc, ca. 1481, dedicato a Johannes de Stokem, maestro di cappella di Mat-
tia Corvino.

Solo dubitativamente potremmo includere nella lista anche i due messali


polifonici 14 e 51 del Fondo Cappella Sistina della Biblioteca Apostolica Va-

60 Cfr. BONNIE J. BLACKBURN , A Lost Guide to Tinctoris’s Teachings Recovered, «Early Music

History», 1, 1981, pp. 29-116.


61 Cfr. H. ANGLÉS , Un manuscrit inconnu avec polyphonie du XVe siècle conservé à la Cathedrale

de Ségovie (Espagne), «Acta Musicologica», VIII, 1936, pp. 6-17.

— 175 —
GIANLUCA D’AGOSTINO

ticana, dal momento che la tesi tradizionale a favore della loro provenienza
dalla corte aragonese è stata di recente seriamente confutata.62

Per converso, un elenco supplementare di fonti musicali perdute (o non


sicuramente identificabili), ma pur sempre documentate, si può ricavare da
alcuni inventari dei libri provenienti dalla ex-Biblioteca aragonese. In primis,
le fonti musicali desumibili dall’inventario noto come Index regalium codicum
Alfonsi Regis ad Laurentium Medicem (ca. 1480): 63
Musica Boetij
Musica Isidori
Musica Tinctoris = ms. Bologna 2573 (?)
Liber diversarum cantionum = ?
Musica Lippi = AURELIO BRANDOLINI, Libellum de laudibus musicae et Petriboni ferra-
riensis ad summam maiestatem regis Ferdinandi (originale perduto, ma copia parziale
di Ludovico Sandeo in cod. misc. Lucca, Biblioteca Capitolare, 525).

Quindi, i codici musicali citati in un altro inventario dei libri aragonesi che
Fernando d’Aragona, ultimo duca di Calabria, lasciò nel 1527 al convento di
S. Miguel de los Reyes di Valencia: 64
IUNIANO MAIO, Comparatione de lo exercitio de la cacza e de la musica, dedicato a Fer-
rante (opera perduta ma di cui c’è cedola di pagamento al copista Mariano Volpe
1492; è citata nel De Maiestate del Maio, cap. XIX: «De la quale caccia, avendo in

62 Lo studio più completo sui due messali è quello di ADALBERTH ROTH, Studien zum frühen

Repertoire der päpstlichen Kapelle unter dem Pontifikat Sixtus’ IV. (1471-1484). Die Chorbücher 14
und 51 des Fondo Cappella Sistina der Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, Biblioteca
Apostolica Vaticana, 1991 («Capellae Apostolicae Sixtinaeque collectanea acta monumenta», 1).
Nota è la querelle musicologica tra Roth, sostenitore della tesi napoletana, e Flynn Warmington
(e, con lei, Alejandro Planchart), a favore di altre provenienze; ultimi sviluppi nei rispettivi articoli
nel volume La musica a Firenze, cit.
63 Gli inventari noti furono censiti e pubblicati prima da G. MAZZATINTI , La biblioteca dei re

d’Aragona, cit., poi da T. DE MARINIS, La biblioteca napoletana, cit. Quello in oggetto è classificato
come «Inventario B».
64 Il nuovo inventario è stato pubblicato in P. CHERCHI – T. DE ROBERTIS, Un inventario della

biblioteca aragonese, cit. Lo smembramento della Biblioteca aragonese seguı̀, com’è noto, tre direttrici
principali, senza contare le vendite e le decurtazioni subite già nel periodo di reggenza di Alfonso II
(anche a Palermo), poi finite in raccolte private (una storica è quella di Filippo II, poi al monastero
dell’Escorial): Parigi, a seguito del bottino di guerra di Carlo VIII; Napoli, dove rimase un nucleo ori-
ginario; Valencia, dove molti codici furono portati da questo don Fernando di Aragona, principe di
Taranto e ultimo duca di Calabria, primogenito dello spodestato re di Napoli Federico III e di Isabella
del Balzo. Dopo un periodo di prigionia, Fernando fu creato viceré di Valencia da Carlo V con asse-
gno di laute rendite, tali da permettergli – ricorda il De Marinis (op. cit., I, p. 198) – «di vivere con
fasto e di introdurre in quella città le sfarzose maniere del Rinascimento italiano».

— 176 —
LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

altra opera de la sua invenzione e de li inventori e de la utilitate che ne seque e del


piacere grande diffusamente ditto e trattato»).
TINCTORIS, De Musica = ms. Valencia 835 (= ?)
Libro di canto figurato [...] Salve regina =?
Libro di canto figurato [...] Comenza ‘‘E tous
biene est ma maistrese’’, et in fine ‘‘Cuntra
puis que si bien meste advenu’’ =?
Libro di canto figurato de ‘‘Messe’’, de foglio regale =?
Ma anche cosı̀ è evidente che l’elenco delle fonti sopravvissute o comunque
documentate riflette in parte minima e forse anche distorta l’ampiezza del reper-
torio realmente coltivato e il numero delle fonti effettivamente esistite. Basti
pensare che si sono perduti tutti i codici musicali in dotazione alla cappella (per-
lopiù di monodia gregoriana, ma anche alcuni di polifonia), elencati da Atlas sul-
la base delle cedole di pagamento ai copisti per gli anni 1451-1492.65
Se ben poco è sopravvissuto dell’originaria ‘sezione musica’ della Biblio-
teca aragonese, è però una fortuna che molte informazioni sulla musica napo-
letana del tempo provengano dalle due fonti monastiche superstiti citate nel-
l’elenco, e in particolare dal codice benedettino Montecassino 871, la silloge
meglio indagata (da Pope e da Cattin), e quella che rivela i maggiori contatti
con i compositori (Cornago, Oriola, Ycart, ecc.) e con le musiche (anche pro-
fane) eseguite a corte.
In particolare – concludendo cosı̀ questo nostro excursus – vogliamo ri-
chiamare l’attenzione sulla sezione del codice dedicata alle Lamentationes Je-
remiae, realizzate polifonicamente (Esempi 3 e 4).66 Sappiamo che il genere
– connesso al repertorio di canti eseguiti per le celebrazioni della Settimana san-
ta (in particolare durante la Depositio Crucis), insieme a Passioni, Inni proces-
sionali, e altre forme paraliturgiche – è ben rappresentato in fonti musicali
(manoscritti miscellanei e ‘cantorini’) collegate specialmente (seppure non
esclusivamente) a monasteri soprattutto benedettini della congregazione di
Santa Giustina della fine del Quattrocento.67 Rileva sottolineare che anche

65 La lista si legge in A.W. ATLAS, Music at the Aragonese Court, cit., pp. 114 e sgg.
66 Fascicoli V-VI nella ricostruzione della Pope, più due fascicoli purtroppo scomparsi ma di
cui è traccia nell’indice originale del contenuto del codice. Cfr. The Musical Manuscript Montecassino
87, cit., pp. 45-46.
67 Su questo argomento esistono diversi accurati studi di G. CATTIN, tra cui citiamo almeno:

Polifonia quattrocentesca italiana nel codice Washington, Library of Congress, ML 171 J 6, «Quadri-
vium», IX, 1968, pp. 5-36; Tradizione e tendenze innovatrici nella normativa e nella pratica liturgico-
musicale della Congregazione di S. Giustina, «Benedictina», XVII, 1970, pp. 254-299; Canti polifonici
del repertorio benedettino in uno sconosciuto «Liber quadragesimalis» e in altre fonti italiane dei secoli
XV e XVI inc., ivi, XIX, 1972, pp. 445-537; Nuova fonte italiana della polifonia intorno al 1500 (MS.
Cape Town, Grey 3.b.12), «Acta Musicologica», XL, 1973, pp. 165-221. Sul repertorio della Passione

— 177 —
GIANLUCA D’AGOSTINO

Esempio 3 – Anon.:
Lamentationes Jeremiae (inizio)
(ms. Montecassino 871, c. 352)

presso la ‘piissima’ corte napoletana tale ricorrenza era oggetto di sontuose


celebrazioni meticolosamente preparate, per le quali rimangono tracce di
pagamento nelle cedole del tempo. Nei documenti si fa riferimento a ceri-
monie citate come «funzioni sacre del sepolcro» e «Ludi christiani [...] con
grandi apparati».68
Il nesso si fa ancora più stringente, se pensiamo che persino polifonisti im-
pegnati come Tinctoris e Ycart composero musica di questo genere: 69 con ciò

cfr. anche ANTONIO LOVATO, Intonazioni monodiche della Passione in alcuni Cantorini dei secoli XV-
XVII, in Le Voci della Passione, Atti del convegno di studi (Roma, 30-31 marzo 2000), a cura di
A. Bini, Bologna, Alfa Studio, 2001, pp. 107-123.
68 Cfr. SOLANGE CORBIN , La déposition liturgique du Christ au vendredi saint. Sa place dans

l’histoire des rites et du théâtre religieux, Paris-Lisbonne, Le Belles Lettres - Bertrand, 1960 («Collec-
tion portugaise sous le patronage de l’Institut de Portugal», 12), su cui cfr. la recensione di I. POPE,
«Speculum», XXXIX, 1, 1964, 130-136). Ricorda il solito Pontano (De magnificentia, XIII): «Ai suoi
tempi il re Alfonso vinse tutti i re contemporanei sia nel procurare e fornire quegli arredi che servono
alla pompa delle funzioni religiose e dell’ornamento dei sacerdoti, sia per quel che riguarda le statue
di santi o di sante. [...] Nulla a quei tempi si vide di più magnifico o nelle solennità sacre o nelle feste
popolari».
69 Le composizioni furono incluse, assieme a quelle di altri autori, nella celebre antologia costi-

tuita dai volumi intitolati rispettivamente Lamentationum Jeremie prophete Liber primus e Lamenta-
tionum liber Secundus, pubblicata da Ottaviano Petrucci a Venezia nel 1506. Ediz. moderna (par-

— 178 —
LA MUSICA, LA CAPPELLA E IL CERIMONIALE ALLA CORTE ARAGONESE DI NAPOLI

Esempio 4 – Tinctoris:
Lamentationes Jeremiae (cfr. nota 69)
(inizio)

evidentemente obbedendo a un costume particolarmente vivo presso i musi-


cisti di corte, o addirittura rispondendo a una esplicita commissione.
Non sarà improprio, infine, segnalare la presenza di svariate fonti mono-
diche di Passioni e Lamentazioni, analoghe ai sopra citati ‘cantorini’, conser-
vate tra i codici della Biblioteca Nazionale di Napoli; 70 esse saranno oggetto
specifico di un prossimo studio.

ziale) in Mehrstimmige Lamentationen aus der ersten Hälfte des 16. Jahrhuderts, hrsg. von G. Massen-
keil, Mainz, Schott’s Söhne, 1965 («Musikalische Denkmäler», 6), pp. 1-13. Una panoramica recente
si deve ad ALESSANDRA FIORI, Considerazioni sulle Lamentazioni, in Venezia 1501: Petrucci e la
stampa musicale, Atti del convegno internazionale di studi (Venezia, 10-13 ottobre 2001), a cura
di G. Cattin e P. Dalla Vecchia, Venezia, Edizioni Fondazione Levi, 2005, pp. 455-470.
70 Ad es., ms. XII F 46 (con titolo sulla rilegatura «Christi Passio Veneti 1495»); ms. XIII G 36,

datato Bergamo 1390, che inizia con «Incipit Passio domini nostri Jesu Christi».

— 179 —
GIANLUCA D’AGOSTINO

ABSTRACT – This contribution is centred on some specific aspects and salient


phases of musical life in Naples during the Aragon sovereignty, first under Alfonso
Il Magnanimo (1442-1458) and then under his son Ferdinando or Ferrante (1458-
1494). Both, although to a different degree, were eminent patrons of humanistic cul-
ture and liberal arts, as well as of music. The main problem for the scholar is to in-
vestigate the connections between what is known about the organization of musical
institutions and the musical repertory preserved in surviving sources.
Particular attention will thus be devoted to the musical repertories that are recog-
nized as genuinely ‘local’ (in the sacred genre, psalms and other paraliturgical typol-
ogies; in the profane genre, barzellette and Neapolitan strambotti) and to the sources
that transmit them. Some concluding remarks will be dedicated to contacts between
Naples and Ferrara and reciprocal musical influences.

— 180 —
INDICE GENERALE

Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. V

Premessa dei curatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » VII

PARTE PRIMA
STORIA E STORIOGRAFIA DELLE CAPPELLE MUSICALI

PIERLUIGI PETROBELLI, All’origine delle cappelle musicali . . . . . . . » 3


FRANCO PIPERNO, Suoni della sovranità. Le cappelle musicali fra sto-
riografia generale e storia della musica . . . . . . . . . . . . . . . . . » 11

PARTE SECONDA
«AD AUGMENTUM DIVINI CULTUS»:
CITTÀ, REPUBBLICHE E CAPPELLE MUSICALI

CECILIA PANTI, L’architettura sonora nel Duomo di Siena. Luoghi,


funzioni e rappresentazioni della musica fino alla fondazione
della cappella musicale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 41
BENJAMIN BRAND, The development of the polyphonic chapel at the
Cathedral of Lucca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 73
ROBERTA ANTONELLI, Musica e cappella nella collegiata di Camaiore
(1505-2005) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 91
DAVID BRYANT – ELENA QUARANTA – FRANCESCO TRENTINI, «Cap-
pelle musicali» and the economics of sacred music production.
Proposals from Treviso for a broadened historiographical
model . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 107
FRANK A. D’ACCONE, Notes on the Italianization of Siena’s musical
chapel in the late Cinquecento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 121

— 437 —
INDICE GENERALE

PARTE TERZA
COMPETIZIONE E PRESTIGIO:
LE CAPPELLE MUSICALI NELLE CORTI

LUISA CLOTILDE GENTILE, Musica, musicisti e riti del potere princi-


pesco tra Savoia e Piemonte (fine XIV - inizio XVI secolo) . . . Pag. 137
GIANLUCA D’AGOSTINO, La musica, la cappella e il cerimoniale alla
corte aragonese di Napoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 153
GREGORY LUBKIN, Galeazzo Maria Sforza and the cappella musica-
le of the Milanese ducal court: a historian’s perspective . . . . . . » 181
PAUL A. MERKLEY – LORA L.M. MATTHEWS, Aspects of sacred mu-
sic and the network of patrons at court during the time of Ercole
d’Este . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 193
PHILIPPE CANGUILHEM, La cappella fiorentina e il duca Cosimo primo » 231

PARTE QUARTA
FRA RITO E RAPPRESENTAZIONE:
LE CAPPELLE MUSICALI NELLO STATO PONTIFICIO

JOHN NÁDAS, The internationalization of the Italian papal chapels


in the early Quattrocento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 247
BIANCAMARIA BRUMANA, «Ut cantores idonei et musici ... continuo
permanere possint». I motivi ‘politici’ della fondazione di cap-
pelle musicali in area pontificia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 271
CLAUDIO ANNIBALDI, L’ultimo viaggio dei «musici di Nostro Signo-
re». Per una rifondazione della storiografia della Cappella pon-
tificia fra Cinque e Seicento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 285

PARTE QUINTA
COMMITTENZA, FORMAZIONE E USO DEI REPERTORI MUSICALI

VINCENZO BORGHETTI, Il repertorio musicale, i manoscritti e l’iden-


tità del principe tra ’400 e ’500 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 319
PATRICK MACEY, Filippo Salviati, Caterina de’ Ricci, and Serafino
Razzi. Patronage practices for the lauda and madrigal at the
convent of S. Vincenzo in Prato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 349

— 438 —
INDICE GENERALE

JULIE E. CUMMING, From chapel choirbook to print partbook and


back again . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 373

Indice analitico, a cura di Giordano Mastrocola e Gregorio Moppi » 405

— 439 —
CITTÀ DI CASTELLO . PG
FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI OTTOBRE 2007

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