Contemporaneo di Machiavelli, Francesco Guicciardini fu un
celebre uomo politico e letterato della Firenze rinascimentale. Nasce a Firenze nel 1483, da una famiglia aristocratica e stimata nella città. Dopo aver frequentato gli studi di Legge, sposa nel 1508 Maria Salviati, rampolla di una ricca famiglia. Ottiene importanti incarichi politici, cariche e missioni ufficiali in qualità di diplomatico, facendosi così un bagaglio notevole di esperienze, soprattutto presso Ferdinando il Cattolico di Spagna.
Tornato in Italia, gli viene offerto dal Papa Clemente VII il
governatorato di Modena e Reggio Emilia, e in seguito di tutta l’Emilia Romagna. Sempre a Guicciardini Clemente VII affida poi il compito di stipulare la Lega di Cognac. Tutto cambia in seguito al rovinoso sacco di Roma del 1525, di cui si attribuisce al Papa Clemente VII tutta la colpa. Tornati i Medici a Firenze, poi, Guicciardini si vede accusato di malgoverno, trovandosi perciò costretto a ritirarsi dalla vita politica e da Firenze. Diverso tempo dopo torna a Roma dove, poiché i suoi beni sono stati confiscati dai Medici, fornisce giustificazioni relative alla accusa di malgoverno. I Medici, rabboniti, sono nuovamente disposti a fornirgli incarichi importanti. Una volta salito al potere Cosimo I dè Medici, Guicciardini sperava dunque di diventare suo consigliere. Viene invece nuovamente estromesso dalla vita politica. Muore nella sua villa ad Arcetri, stancato dalle fatiche e dalle amarezze, nel 1540. Tra le sue opere vi sono i “Ricordi” : Una raccolta di riflessioni sulla sua vita, destinata ai familiari. Di conseguenza non illustra organicamente il suo pensiero, come fanno al contrario i testi di Machiavelli. Allo stesso tempo non è neanche uno “Zibaldone”, come l’opera di Leopardi, in quanto molto chiaro e stilisticamente riguardato. L’opera illustra molto bene i pensieri ed i sentimenti dell’autore. Ma la più famosa e grande opera di Guicciardini è sicuramente la “Storia d’Italia”, che gli fu commissionata dai Medici. Non era raro che la famiglia de’ Medici commissionasse opere del genere a letterati di loro fiducia, allo scopo di essere esaltati. Ben diversa, e soprattutto di grande qualità letteraria, è l’opera realizzata invece da Guicciardini, la quale contiene due aspetti decisamente innovativi: 1) Si parla dell’ “Italia” e della sua storia: anche Machiavelli nomina l’Italia nelle sue opere, ma non parla mai di integrità fra gli stati. L’Italia appare in Machiavelli solo come idea. Inoltre non è tanto dell’ “Italia” in sé che ci parla Machiavelli, quanto piuttosto della gloria romana e del ritorno ai suoi splendori; 2) In Guicciardini c’è sempre l’idea che l’Italia era una. La sua visione politica sembra essere più consapevole di quella di Machiavelli, e meno utopistica. Una volta terminato, però, il libro “Storia d’Italia” è poco letto, e anzi viene giudicato noioso e poco fedele alla realtà. Nel testo Guicciardini cerca infatti di dimostrare di non aver alcuna colpa nei confronti dei fallimenti politici del suo tempo, così come tace il fatto che gli stati europei hanno aderito alla lega di Cognac solo al fine di ottenere vantaggi personali, anziché allontanare il pericolo di Carlo V. Il testo inizia la sua analisi storica a partire dal 1492 (anno in cui muore Lorenzo il Magnifico) e termina nell’anno 1534. Vi sono comunque anche riferimenti a secoli precedenti, come quello relativo a Bonifacio VIII e alle colpe della Chiesa nella storia: l’egoismo generale –secondo Guicciardini- ha fatto degenerare il Comune medievale ed ha disintegrato il sogno unitario. Un’analisi storica, nel complesso, molto più esauriente di quella di Machiavelli. Guicciardini dice inoltre che la storia non può essere maestra di vita –cosa invece in cui credeva Machiavelli- poiché, quand’anche le circostanze fossero identiche a quelle del passato, non lo sono gli uomini, così come cambiano anche i tempi e le idee. Per questo motivo Guicciardini verrà definito l’uomo del “particulare”. Come Machiavelli, anche Guicciardini riteneva che gli uomini fossero egoisti, e che questo egoismo potesse essere usato per il beneficio della comunità. Inoltre, sebbene l’uomo sia egoista, ciò non significa che sia malvagio o che non sappia mettere un freno al suo egoismo quando necessario. Guicciardini sostiene che occorre costruire una scienza politica: nell’analisi degli accadimenti occorre di volta in volta usare il metro adatto. L’evento deve essere distante dal cuore, così come deve essere calato nella sua realtà storica. Tutto va visto con “gli occhi” del tempo. Allo stesso modo occorre trovare un criterio teorico nell'analisi della storia: in ogni momento è necessario tener presente cosa si cerca, cosa interessa. Impossibile è quindi andare dal generale al particolare. Tutt’al più è possibile il contrario. LE STORIE FIORENTINE : Scritte tra il 1508 e il 1509 raccontano la storia di Firenze dal 1378 alla fine del 1508 ma concentrandosi in maniera particolare ai fatti seguenti la pace di Lodi del 1454 e la discesa di Carlo VIII in Italia nel 1494 allo scopo di capire i motivi della disastrosa situazione politica italiana.
I RICORDI : Ricordi sono una raccolta di massime e aforismi Oltre
alla Storia d’Italia, sono l’unica opera di Guicciardini ad essere pubblicata nel Cinquecento. Scritti nell’arco di vent’anni, si tratta di una raccolta di massime ed aforismi priva di sistematicità interna in cui vengono trattati i temi più diversi: dalla politica ai rapporti interpersonali. I Ricordi di Guicciardini si inseriscono in una tradizione letteraria propria dei mercanti fiorentini: questi, infatti, avevano l’abitudine di scrivere raccolte di pensieri che erano avvertimenti di ordine morale e consigli pratici da lasciare in eredità ai parenti. Guicciardini riprende questa tradizione rinnovandola: pubblicati per la prima volta a Parigi nel 1576, diventano ben presto un modello per la scrittura di massime ed aforismi.
La Storia d'Italia La Storia d'Italia è un'opera d'indagine storica sulla
"Ruina d'Italia", opera maggiore di Guicciardini. Fortemente ordinata al suo interno e scritta in tono annalistico, si riallaccia al discorso cominciato anni prima con le Storie Fiorentine per produrre un’opera d’indagine storica sulla “Ruina d’Italia”, cioè il crollo degli Stati Italiani di fronte alle potenze straniere. Il punto di partenza è di nuovo la calata di Carlo VIII in Italia nel 1494, ma la narrazione prosegue fino ai fatti della Lega di Cognac di cui egli stesso è protagonista e che vedono nel Sacco di Roma il definitivo fallimento della linea antispagnola da lui propugnata. La Storia d'Italia viene pubblicata nel 1564 a Venezia È facile capire come la stesura della Storia coinvolga l’autore in prima persona che, infatti, intreccia il racconto storico con analisi ed interpretazioni dei fatti narrati cercando sia di ribadire la bontà della propria azione politica, sia di comprendere i motivi del suo fallimento attraverso un’analisi lucida e a tratti cinica. Divisa in 20 libri, la Storia d’Italia viene pubblicata, postuma, nel 1564 a Venezia. (Per la stesura della Storia d’Italia Guicciardini fa ampio uso delle fonti documentarie, a cominciare dal proprio archivio privato e da quello di famiglia, per poi arrivare all’uso degli archivi della città di Firenze, inaugurando così un metodo che supera la tradizionale storiografia umanistica ed apre la strada a quella moderna). Come già detto, per Guicciardini l’impegno politico è un dovere inevitabile che ha il destino di svolgere in tempi assolutamente drammatici sia per la sua Firenze che per tutta l’Italia. Gli avvenimenti di cui si trova ad essere protagonista lo inducono a profonde riflessioni ed analisi che finiscono per ruotare attorno ad alcuni temi fondamentali del pensiero guicciardiniano e che costituiscono le basi delle sue opere. La Fortuna : Nella Storia d’Italia conduce una lucida analisi in cui prova ad individuare i motivi dell’insuccesso della linea antimperiale da lui stesso promossa e che continua a ritenere giusta, e finisce col ritenere, con una visione assolutamente pessimistica, che sia la fortuna, cioè l’assoluta imprevedibilità degli eventi, a determinare il corso degli eventi storici. Questa visione rigetta, ovviamente, qualunque tipo di lettura ideologica finalizzata ad analizzare la realtà secondo schemi predefiniti.
La Discrezione L’uomo, solo ed in preda agli eventi, non può far
altro che agire in base alla discrezione, che è la capacità di saper analizzare correttamente le singole situazioni per trarne vantaggio. Il Particulare Un ultimo punto del pensiero guicciardiniano ruota attorno al tema del particulare. Si tratta di un tema complesso e centrale: l’uomo politico, impossibilitato dalle circostanze a difendere lo “status quo” dell’Italia del XV secolo, oramai preda dei principi stranieri, non può far altro che analizzare correttamente le circostanze (quindi usare la discrezione) per difendere le proprie posizioni e la propria autonomia. Si tratta di una visione cinica ma che rispecchia perfettamente il rifiuto di ogni punto di vista assoluto proprio di Guicciardini, politico disincantato e conscio che l’epoca delle corti quattrocentesche italiane è tramontata per sempre. Guicciardini contesta le opinioni di Machiavelli, in primis l’idea del suo concittadino secondo cui gli uomini possono imparare dagli eventi storici. In realtà, secondo Guicciardini, siccome gli eventi sono assolutamente imprevedibili e dettati dalla fortuna, non è possibile fare tesoro del passato. L’ideale di Machiavelli tende al recupero delle antiche virtù con le quali, dopo aver appreso le lezioni del passato, indirizzare l’agire politico. Quello di Guicciardini, al contrario, tende ad un netto pessimismo: pur esaltando l’uso della ragione, non ritiene che possa essere utile a governare un mondo dominato dal caso e in cui sono inapplicabili i grandi ideali; l’essere umano è solo e può, nel migliore dei casi, provare a tutelare i propri interessi.
All'interno della sua opera, Guicciardini analizza punto per
punto l’approccio storico di Machiavelli, che usa episodi della storia romana come prova per delineare la sua interpretazione della scienza politica. Guicciardini invece critica la fede assoluta che l’amico ripone negli eventi esemplar i della storia antica ed evidenzia il pericolo di avere una prospettiva storica limitata e fuorviante, se come riferimento si utilizzano solo gli eventi significativi senza una visione del contesto. L'esempio storico non può avere valore assoluto. Per Guicciardini l'esempio storico non può mai avere valore assoluto, poiché l'analisi delle circostanze è imprescindibile per capirne caratteristiche e importanza e sfuggire a una visione riduttiva.
La Prima ambasceria giapponese in Italia: Guido Gualtieri autore dell’opera “Le Relazioni della venuta degli ambasciatori giapponesi a Roma, fino alla partita di Lisbona