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LA CIVILTA DEL RINASCIMENTO IN ITALIA

Di Jacob Burckhardt

La Civilt del Rinascimento in Italia lopera che, per loriginalit della tesi
interpretativa e gli elementi di riflessione consegnati agli storici delle generazioni
successive, pi di tutte ha reso celebre lo storico svizzero Jacob Burckhardt.
Nato nel 1818 a Basilea da genitori di lingua tedesca e di confessione protestante,
Burckhardt fu soprattutto uno storico dellarte e della cultura. Inizialmente egli
aveva intrapreso gli studi teologici, spinto dalla forte religiosit della famiglia di
origine, ma questa non si rivel la strada giusta per lui. Infatti, probabilmente in
seguito ad un momento di crisi personale, che nel 1839 gli fece perdere la fede,
Burckhardt decise di abbandonare la Teologia per dedicarsi allo studio della Storia,
ed in particolare alla Storia dellArte. Intraprese gli studi storici fra Berlino e Bonn,
entrando in contatto con personalit importanti nellambiente accademico dellepoca,
come Leopold von Ranke e Franz Kugler. Dopo la laurea insegn per tutta la vita
alluniversit di Basilea, dove mor nel 1897.
Il pensiero e lopera di Burckhardt, che oltre alla Civilt scrisse anche molte altre
opere, tra cui la Storia della Civilt Greca e le Riflessioni sulla Storia Universale,
ebbero una grande influenza su Nietsche, di cui lo storico svizzero pu essere
considerato per certi aspetti il maestro.
Del tutto disinteressato tanto alla dialettica di matrice Hegeliana, quanto al
materialismo Marxiano, Burckhardt teorizz un modo del tutto particolare di fare
storiografia, che egli stesso defin storia della civilt, e che gli permetteva,
attraverso lanalisi delle istituzioni politiche, delle attivit intellettuali, delle forme di
religiosit e della vita sociale in generale, di ricostruire lo spirito, lessenza di
unepoca. E appunto questa la complicata quanto affascinante operazione che lo
storico svizzero applica allItalia del 400 e del primo 500.
Nelle sei parti in cui diviso il testo, lautore analizza tutti gli ambiti della civilt
rinascimentale italiana, senza soffermarsi sugli eventi storici particolari, dove questo
non sia strettamente necessario allo scopo dellopera: la ricostruzione dellidentit
particolare della civilt italiana nel periodo compreso tra la fine del XIV secolo e la
met del XVI .
Lanalisi delle vicissitudini politiche e militari dunque ridotta al minimo
indispensabile, e il testo necessita, per essere compreso correttamente, di una

precedente conoscenza degli eventi cronologici del periodo preso in esame, rimandata
ad altri testi.
Con la Civilt il grande studioso di Basilea introdusse il concetto di Rinascimento
(che era gi stato anticipato, seppur in un contesto differente, dal francese Jules
Michelet) come categoria di periodizzazione, avviando cos un lunghissimo dibattito
storiografico che giunge fino ai giorni nostri, e che aveva qui le sue prime premesse.
Jacob Burckhardt era perfettamente consapevole dei rischi e delle difficolt di
unoperazione di questo tipo, cio della creazione di una categoria di periodizzazione,
e del fatto che i tentativi di creare cesure spazio-temporali nel processo storico sono
sempre arbitrarie, e proprio nellincipit del saggio aveva posto le mani avanti, quasi
ad intuire le possibili critiche e reazioni al testo.
La categoria di Rinascimento richiama alla mente altri due concetti: un periodo di
morte, che prelude alla rinascita, e ad un periodo di vita precedente alla morte.
In questa antitesti (che ovviamente metafora della frontiera tra il mondo medievale
e quello moderno, il quale si riallaccia in qualche modo, grazie allesperienza
culturale dellUmanesimo, con quello antico) c il seme di uno dei pi interessanti e
profondi dibattiti storiografici: gli elementi di continuit e cesura tra il Medioevo e
lEt Moderna. La scelta di Burckhardt evidentemente quella della cesura, sebbene
in diverse parti del manuale egli riconosca le connessioni con lepoca precedente,
specialmente quando si trova ad affrontare leredit politica di Federico II di Svevia e
quella intellettuale di Pertrarca, Boccaccio, e soprattutto Dante.
Il Rinascimento di Burckhardt ha anche uno spazio ed un tempo molto delimitati,
cio la penisola italiana nel XV e nella prima met del XVI secolo. Si tratta quindi di
un fenomeno, a parere dellautore, esclusivamente italiano e limitato ad un periodo di
tempo relativamente ristretto.
Le forti delimitazioni temporali, geografiche ed anche concettuali del Rinascimento
burckhardtiano sono state prese spesso in esame per muovere critiche al lavoro dello
storico svizzero, poich limmagine della civilt rinascimentale che ne esce
essenzialmente statica, tanto da essere spesso paragonata ad un quadro o ad un
affresco. In questo senso celebre la definizione che ne ha dato Federico Chabod di
splendido fiore sbocciato in mezzo al deserto.
Il difetto che stato maggiormente rimproverato allautore della Civilt laver
voluto ignorare i legami sia con il passato medievale, sia con gli spazi extra-italiani.
Queste differenti realt temporali e spaziali sono prese in considerazione quasi
esclusivamente per accentuare il contrasto tra il raffinato mondo dellumanesimo
italiano, e la barbarie del Medioevo, che ancora perdurava nel resto del continente (a
cui egli si riferisce sempre parlando indistintamente di settentrione, senza occuparsi
tra laltro di mettere in luce le profonde differenze tra i vari altri spazi europei), e dare
risalto al quadro.
Nella prima parte dellopera, intitolata Lo Stato Come Opera dArte, Burckhardt si
occupa di ricostruire i meccanismi statuali e pi generalmente politici della penisola
italiana, mettendo in luce come i piccoli Stati italiani, nati e sviluppatisi nella pi
totale illegittimit, traevano origine e sussistenza non pi dagli elementi formali
dellepoca feudale, ma semplicemente dalla capacit organizzativa dei propri Signori,

ed proprio in questo senso che va inteso il titolo del capitolo. Ovviamente questo
tipo di spregiudicata prassi politico-istituzionale era destinata ad avere un riflesso su
tutta la societ italiana del tempo, e ne avrebbe influenzato da una parte la grande
apertura intellettuale, scevra di antichi pregiudizi, e dallaltra anche il decadimento
morale. Il capitolo costituisce una delle pi geniali intuizioni di Burckhardt, che era
stata gi in parte preannunciata da Michelet: la connessione tra la nascita dello Stato
assoluto, che ha dunque le sue radici negli Stati italiani, e che solo successivamente
sarebbe stato assorbito dalle monarchie proto-nazionali europee, e lavvio della
modernit. In questo capitolo Burckhardt per una volta non tace su quelle che sono le
intime connessioni tra la realt moderna e i precedenti medievali, in particolare il
ruolo di precursore svolto da Federico II di Svevia nellorganizzare i suoi
possedimenti meridionali, e apre anche possibilit di dialogo e di confronto con altre
realt geografiche, e cio con le signorie islamiche, utilizzate come modello ideale
dallo stesso Federico.
Il secondo capitolo, intitolato La Svolgimento dellIndividualit, probabilmente
quello pi denso di significato di tutto il volume. Burckhardt definisce proprio qui
quella che da considerarsi la pietra fondante di tutta la sua visione del rinascimento
italiano, accanto alla modernit: lindividualismo, che allontana il modello di civilt
italiano da quello corale del medioevo. Sicuramente si trattava di un argomento di
grande interesse per Burckhardt, che era di certo influenzato dal grande impulso
allindividualit che era tipico della cultura romantica in cui egli si era formato e
aveva vissuto.
Lintuizione burckhardtiana della riscoperta dellindividualit come momento
fondante dellet moderna, stata alla base del giudizio espresso da Wallace K.
Ferguson, secondo il quale proprio questa scoperta che fa di Burckhardt il vero
padre e scopritore della categoria rinascimentale.
Il terzo ed il quarto capitolo, dedicati rispettivamente alla riscoperta dellantichit (Il
Risveglio dellAntichit) ed alla rinascita delle scienze e delle arti, intesa come
ripensamento dei rapporti tra lindividuo e il mondo circostante (La Scoperta del
Mondo Esteriore e dellUomo), riprendono e in parte dilatano la tematica
dellindividualismo e della volont di separazione dalla civilt medievale, processo
che avveniva in parte attraverso il recupero di elementi della cultura classica (che
diventano in qualche modo anche un elemento identitario italiano, in assenza di
istituzioni politiche o di altro tipo che legassero i popoli della penisola), ed in parte
con la rivalutazione di quegli elementi mondani ed estetici che il medioevo aveva
sempre lasciato ai margini della cultura ufficiale.
Nel quinta parte, intitolata La Vita Sociale e le Feste, lo storico svizzero tenta di
analizzare gli aspetti sociali del Rinascimento italiano. Tuttavia il capitolo non pu
che lasciare piuttosto perplesso il lettore moderno.
Sicuramente unintuizione positiva limportanza del passaggio da una nobilt di
sangue, distaccata dal resto delle societ, ad una societ pi fluida pi basata sul
merito, come fattore di sgretolamento del vecchio ordinamento feudale del Medioevo
e del passaggio alla modernit. Lautore individua anche giustamente una nuova
organizzazione pi razionale della famiglia, legata ai concetti organizzativi di opera

darte emersi gi nella pi vasta organizzazione politica, sebbene ancora quasi del
tutto slegata da manifestazioni sentimentali.
Tuttavia altri aspetti messi in luce da Burckhardt sono sicuramente da rivedere o da
leggere in una luce pi critica. Innanzitutto limpostazione generale del capitolo a
creare le pi grosse perplessit, poich viene analizzata nel dettaglio soltanto la vita
delle classi pi agiate e delle corti, mentre la vita delle persone comuni affrontata
solo marginalmente, ed inoltre mancano quasi del tutto considerazioni di tipo
economico, che sarebbero importanti per ricostruire il funzionamento di una societ.
C da aggiungere che concetti come il livellamento delle classi e la totale
emancipazione femminile, cos come presentati da Burckhardt, risultano essere
piuttosto anacronistici, e in ogni caso si tratta evidentemente di forti semplificazioni
di una realt per forza di cose necessariamente pi articolata.
Il sesto capitolo, che chiude il volume, porta il titolo di La Morale e la Religione,
ed sicuramente quello pi affascinante, seppur non esente da possibili critiche,
dellopera di Burckhardt.
Affascinante perch da esso traspare tutta linquietudine dellanimo di Burckhardt
nellaffrontare un argomento, cio il decadimento della morale e della religione che,
se da una parte lo affascina, dallaltra turba profondamente la sua coscienza
profondamente radicata nella rigida religiosit protestante.
Da una parte egli riconosce che questo processo port necessariamente la societ e in
particolare gli intellettuali italiani a sviluppare una religiosit pi razionale e scevra
da ogni superstizione, ma dallaltra costretto a riconoscere la situazione di profondo
decadimento morale dellItalia di quei decenni. Alla fine egli, quasi contraddicendo la
propria visione negativa della religiosit pagana italiana che traspare da tutto il
capitolo, pone la nuova esperienza di religiosit laica dellumanesimo italiano
come punto di partenza per la moderna religiosit. In questa considerazione emerge la
volont dellautore di non affrontare un altro fermento religioso, che invece aveva le
sue radici nel mondo tedesco, cio la Riforma protestante con le reazioni che essa
provoc nel mondo cattolico.
In definitiva occorre sottolineare come lopera di Burckhardt, che per circa mezzo
secolo ha costituito linterpretazione dominante del periodo storico in questione,
stata poi messa fortemente in discussione in buona parte delle sue premesse
fondamentali: i medievalisti come Johan Huizinga (LAutunno del Medioevo) hanno
giustamente rivendicato come in realt il Rinascimento non fosse un fenomeno cos
rivoluzionario, ma avesse le sue radici profonde nel mondo medievale; uno storico
tedesco e luterano come Konrad Burdach ha messo in luce lanaloga importanza, nel
passaggio dal mondo medievale a quello moderno, della Riforma, avviando cos altre
riflessioni e altri dibattiti; gli storici di diverse nazionalit hanno dimostrato come gli
spazi italiani fossero uno solo dei molti fronti in cui si creava la modernit,
allargando molte delle considerazioni di Burckhardt ad un contesto europeo.
Tuttavia il testo dello storico di Basilea non ha mai smesso di essere letto, studiato e
di creare riflessioni e considerazioni sempre nuove, alimentando sempre un dialogo,
che pure lha cos fortemente superato.

Ein questo senso che la Civilt merita di essere ancora letta e analizzata, in quanto
opera storiografica fondamentale, purch non ci si fermi alla statica visione
Burckhardtiana, ma la si consideri sempre come pietre fondativa essenziale, e quidi
punto di partenza, di un grande percorso di riflessione, in gran parte non ancora
esaurito.

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