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Antichità ed istituzioni medievali (C.

Lavarra)
La trattazione dell’esame di Antichità ed istituzioni medievali parte trattando quella che è la
questione riguardante la NUOVA STORIA nuova corrente storiografica che ha avuto grande
incidenza in italia e nel resto del mondo, che trae origine da una rivista del 1929 intitolata “Annali
di storia economica e sociale” fondata da due storici dell’università di strasburgo March Bloch
(1886-1944) medievista e da Lucien Febvre (1878-1956) modernista. La rivista fu fondata per
promuovere un rinnovamento della ricerca storica attraverso la collaborazione con altri studiosi del
tempo come economisti, sociologi, antropologi, psicologi.

Questi due storici cominciarono a propugnare una nuova storia diversa dalla storia tradizionale
definita dagli storici come storia degli avvenimenti dal momento che trattava essenzialmente di
eventi politici, militari. La storia tradizionale veniva definita come una storia pioniera del tempo
breve piatto e lineare che si occupava solo della vita dei grandi uomini del tempo.

I nuovi storici invece volevano trattare una storia globale che prendesse in considerazione tutti gli
uomini, non solo quelli più illustri. Uomini studiati nella loro dimensione quotidiana e con cio lo
studio dell’abbigliamento delle azioni quotidiane, la morte stessa degli individui, le donne classe
emarginata e maltrattata e gli stetti marginali (a proposito di questo lettura del testo monografico
“ con animo virile” della prof ), chi era stato spinto ai limiti della società. Inoltre questa nuova
storia globale è anche una storia problema, perché ha comportato un allargamento del campo di
osservazione dello storico, questo significa che il nuovo storico non fa uso solo di fonti scritte ma
anche di fonti materiali e naturali, inoltre si presuppone che lo storico faccia uso anche della
conoscenze proprie di altre scienze umane.

Il nuovo storico ha dovuto dunque cercare collaborazioni con altri studiosi delle scienze umane per
decodificare le varie fonti storiche a differenza degli storici tradizionali che si basavano solo su
fonti scritte esaminate tramite il metodo filologico, come per esempio l’azione attuata da Lorenzo
Valla che scrisse un opuscolo intitolato “la donazione di Costantino” affermando che l’evento
narrato all’interno fosse falso. Si pensava infatti che Costantino avesse donato al papa Silvestro I la
giurisdizione civile su Roma, Italia e occidente. Valla invece dimostrò che la donazione era un falso
grazie a studi filologici e ad un esame comparativo tra la “donazione” e altri documenti appartenuti
alla seconda metà del VIII secolo affermando che “la donazione” era un documento pontificio
prodotto nella seconda metà del VIII secolo.

Successivamente fu fatta la messa a punto del metodo filologico da parte di eruditi che nel XVI e
XVII secolo hanno dato alla luce ad alcune opere fatte da una serie di documenti certi al quale
rifarsi per la ricerca filologica. Presero corpo anche grandi raccolte di fonti storiche come gli “Acta
Santorum” che erano una raccolta di documenti sulla vita dei santi iniziata dal padre gesuita
Bolland e continuata dai padri bollandisti, oppure la raccolta di atti e canoni dei concili “ Sacrorum
conciliorum nova e amplissima collectio”

Importante figura in questo perido è quella di Paolo Ludovico Muratori che rappresenta il culmine
della storiografia erudita moderna. ( fare riferimento ai due documenti della prof su Muratori
dove vi sono informazioni biografiche e relative alle opere più importanti)
Ritornando alla nuova storia è importante soffermarsi su alcune nozioni di carattere biografico e del
lavoro svolto dai due storici fautori di questa nuova corrente storiografica : Bloch e Febvre.

Marc Bloch uno dei fondatori della rivista era un grande storico medievista, figlio di un famoso
antichista, aderente alla resistenza antinazista e fucilato nel 1944. Nonostante i periodi più duri
legati alla sua propensione politica continuò a scrivere appunti di storiografia che sono stati
pubblicati postumi. Bloch ha scritto numerosi testi di storia tradizionale fino al 1924 quando sentì il
bisogno di affrontare la tematica della credenza nel miracoloso potere del re di francia e inghilterra
di guarire le scrofole (malattia infettiva) attraverso l’imposizioni delle mani durante una cerimonia
solenne. Bloch capisce che per spiegare questo evento solenne deve fare delle scelte particolari e
per questo scelse di soffermarsi su un periodo lungo di studio superando i tempi cronologici del
medioevo e scelse di coadiuvare lo studio filologico con quello antropologico. Lui scoprì nell’opera
“i re taumaturghi” che quest’azione usata per otto secoli era sbagliata ma rafforzava in francia
l’idea della regalità nonostante la debolezza della dinastia capetingia. Tra XII e XIII secolo
contribuì a rafforzare il potere regio aumentando il carattere sovrannaturale del sovrano. I vari
teologi e riformatori della chiesa negarono però che questo rito conferisse al re un carattere divino.
Nonostante ciò la fede nel miracolo regio restò vivissima anche fino al periodo rinascimentale. Per
esempio Francesco I toccò nel 1528 1326 malati di scrofole, nel 1529 ne toccò 988 e nel 1530 ne
toccò 1731, tutto ciò trascritto nei registri. Lo stesso Carlo IX toccò 2052 scrofolosi, mentre Carlo x
nel 1825, intimati dai suoi consiglieri a riprendere il rito toccò 120-130 malati pronunciando la
famosa frase “il re ti tocca, Dio ti guarisca”.

Dopo questo volume Bloch nel 1931 pubblicò un'altra opera destinata ad aprire nuove strade della
ricerca storica, “i caratteri originali della storia rurale frencese” e questa volta Bloch fece ricorso
alla geografia e all’economia. Prima di intraprendere la stesura del libro lo studioso fece un viaggio
nelle campagne francesi per inquadrare rimanenze del periodo medievale. Nell’opera vuole
ricostruire la civiltà agraria francese e i differenti sistemi agrari che dipendevano sia dalla differente
condizione ambientale che da fattori di carattere sociale e culturale. Un altro fattore importante in
questa opera è l’utilizzo di un metodo comparativo tra due realtà quella di francia e di inghilterra
per chiarire le differenze e diversità di entrambe le storie. Inoltre adotta il metodo regressivo in
maniera del tutto consapevole, che consiste nel fatto che la sua indagine partita con il viaggio fatto
in francia per scopire le tracce degli antichi relitti storici medievali ha fatto si che capisse quelli che
erano i caratteri della struttura rurale francese.

Un’altra opera importante di Bloch è “la scietà feudale” e in quest’opera sistemò una serie di studi
gia raccolti e voleva fornire un quadro generale della società francese vista nei legami di
soliedarietà e dipendenza tra gli uomini.

Febvre altro fautore della nuova storia era un modernista, si occupa per lo più del 500 e scrive “il
problema della incredulità del XVI secolo” e “la terra e l’evoluzione umana” tenendo anche qui
conto delle dinamiche della società del 500.

Il massimo splendore della rivista si avrà con Ferdinand Brodel autore di una delle opere più
importanti della nuova storia “Mediterraneo e il mondo mediterraneo all’epoca di Filippo II” il
protagonista dell’opera è proprio il mar mediterraneo e qui Brodel studia i differenti ritmi con cui si
muovono gli elementi costitutivi del mondo mediterraneo nella seconda metà del 500. L’opera si
compine di tre parti:
I PARTE : fattori geografici e climatologici che si muovono in un tempo lentissimo e lunghissimo
che è il tempo del rapporto dell’uomo con l’ambiente.

II PARTE: storia dei gruppi sociali delle culture e della economia. Ci fornisce una monografia della
vita economica sociale e culturale della seconda metà del 500 mostrando la realtà del mediterraneo
in quel periodo.

III PARTE: storia degli eventi politici e istituzionali.

In quest’opera Brodel dimostra che il tempo cammina a velocità differenti e per la prima volta si da
grande rilievo allo spazio nella storia.

Ora bisogna soffermarsi su quelli che sono i caratteri principali della nuova storia ritrovati
nell’opera di Le Goffe del 1980 intitolata “la nuova storia, i caratteri salienti, “:

1) Estensione verso tutte le direzioni del campo di ricerca dello storico per la scoperta di nuove
problematiche. Spostsmento dell’attenzione dallo straordinario al quotidiano.
2) Ricorso all’analisi quantitativa grazie all’utilizzo della tecnologia che su esercita su masse
enormi di documenti anonimi una volta trascurati.
3) Nuovo interesse per la storia locale e regionale
4) Assimilazione di tecniche delle scienze umane come la fenologia disciplina che studia le
date annuali di fioritura e fruttificazione degli alberi.

In riferimento a queste nuove caratteristiche della nuova storia guardare anche il documento
“Tipologie des sources du moyen age occidental” e vedere i repertori di fonti narrative.

Oltre a questa opera Le Goffe nell’opera “documento monumento” pone proprio il problema di una
nuova concezione delle fonti storiche. Le Goffe afferma che il documento non è mai innocente esso
è sempre il prodotto orientato di una situazione perché la fonte è sempre orientata dalla sua epoca. Il
documento è sempre un monumento, una eredità del passato.

ALCUNI TEMI NUOVI TOCCATI ED ANALIZZATI DALLA NUOVA STORIA:

La morte : dal’uomo medievale la morte era vista come una presenza amica. La “bella morte” era
quella nel proprio letto, circondato dai cari dopo aver ricevuto l’estrema unzione e aver fatto
testamento. Retaggio di questa visione si può vedere anche fino agli anni 60/70 del 900. Le cose
cambiarono con l’avvento della città. I primi furono gli americani che imbellettavano il cadavere e
toglievano dal viso del defunto i segni della sofferenza tramite la tecnica della plastinazione dei
corpi. ( leggere documento sulla plastinazione fornita dalla prof)

L’emarginazione: leggere il documento di Le Goffe sul tema dell’emarginazione nell’occidente


medievale fornito dalla prof e anche il testo “Il medioevo degli ultimi”

Le donne: leggere l’opera monografica della prof citata in precedenza.

Il sistema curtense.
Il sistema curtense: parte nella prima metà dell’800 la riflessione e l’analisi del sistema curtense
medievale e avviato dagli storici del diritto. Loro si posero il problema delle origini delle curtis, il
problema della continuità della curtis della villa romana. Su questo argomento vi erano due
posizioni:

1) Germanisti: vedevano la curtis come una novità introdotta dai germani e giunta a maturità
nel 8 e 9 secolo. La curtis era il punto di arrivo di un processo evolutivo interno alla società
germanica. La villa carolingia veniva fuori da una risoluzione della prima società di marca
germanica. Qui ad un certo punto si vennero a creare delle differenziazioni sociali, cioè
alcuni individui erano più ricchi di terre rispetto ad altri ma anche di altri beni grazie al
baratto dando così vita alla villa carolingia e dunque alla curtis.
2) Romanisti: la curtis derivava dalle tradizioni agrarie romane del regime fondiario tardo
antico. Questa posizione dei romanisti fu rafforzata dalla scoperta di epigrafi che
documentavano l’esistenza di sistemi di organizzazione che somigliavano a quello curtense.

Il dibattito storiografico proseguì nella seconda metà dell’800 da parte degli storici dell’economia,
storici minimalisti, che si posero il problema della organizzazione e funzionamento delle curtis.
Questi studiosi iniziarono ad interrogare i documenti della civiltà carolingia sulle ville franche e
capirono che la curtis era bipartita e cioè divisa tra pars massaricia e pars dominicia e a conduzione
mista dal momento che il massaricium godeva di una conduzione indiretta mentre il dominicium di
una conduzione diretta. Queste due parti che compongono la curtis sono legate dalla corvè cioè
delle giornate di lavoro forzoso che venivano svolte nelle curtis dai coloni della pars massaricia nel
dominicum. Grazie a questi documenti questi studiosi minimalisti concepiscono la curtis come un
organismo autarchico, chiuso dal momento che concepivano l’economia come naturale priva di
scambi e monete. Ben presto questo luogo comune è venuto in parte polverizzato ma sopravvive
ancora nei libri di scuola. Nel 1930 Dotch invece è stato il primo a declinare l’idea della curtis come
un sistema chiuso, e affermerà la sopravvivenza della moneta come mezzo economico della curtis.

Gli esponenti della storia italiana sostenevano la tesi dei romani e Cinzio Violante nell’opera “la
società milanese nell’età precomunale” genera una nuova ondata di studi nel tema dell’economia
curtense. Violante non si limita all’analisi solo del territorio milanese ma di tutta l’italia e analizza il
fenomeno dell’evoluzione della curtis, che consiste nella progressiva diminuzione della riserva
signorile con l’ingrandimento della pars massaricia, e ciò fa sparire la corvè facendo sparire le
caratteristiche della curtis bipartita. Violante si sofferma anche sullo sviluppo dei nuovi ceti
cittadini stabilendo una connessione tra mercati curtensi e città, questo molto prima del XI secolo. I
grandi proprietari fondiari avevano inoltre dei magazzini in città dove far confluire il surplus della
propria produzione. Ma in città i veri padroni compravano anche vari prodotti orientali.

Negli ultimi decenni studiosi francesi, tedeschi e italiani avvalendosi di fonti diverse come il
metodo quantitativo stanno studiando documenti pubblici analizzando il processo di affermazione
della curtis diverse per varietà a seconda di regioni e caratteristiche ambientali. Inoltre
fondamentale è capire ancora una volta che la curtis non si sviluppa come un organismo chiuso.
Inoltre gli studiosi italiani affermano che il modello della curtis dalla villa franca si era scontrato
anche con un altro modello economico proprio dell’italia e cioè quello del casale Longobardo. (per
notizie sulle fonti per lo studio della società curtense e sull’organizzazione più completa della
curtis vedere file su Tourbert caricato dalla prof)
Ci siamo soffermati sulla frammentazione topografica della curtis, dal momento che all’interno si
svolgevano 4 attività: caccia, pesca, raccolto e allevamento brado (soprattutto di maiali). Importante
era il settore silvo pastorale, specialmente durante il periodo di carestie. Nel basso medioevo inoltre
questi luoghi vennero recintati, in modo tale che i rustici non potevano più accederci, a differenza
dei potenti e venne limitata anche l’alimentazione, la carne era del tutto assente.

Si assiste inoltre a una trasformazione delle curtis: un processo lungo dal momento che si assisteva
a due fenomeni in contemporanea: l’ampliamento del massaricium e il restringimento del
dominicum; e non omogeneo né dal punto di vista cronologico né dal punto di vista geografico.
Inoltre si assiste anche a una trasformazione sociale dal VIII sec. nelle campagne: la piccola
proprietà non scompare m subisce forti pressioni dai grandi signori laici ed ecclesiastici per vendere
la loro parte di terra. I piccoli proprietari terrieri allora per sottrarsi al pagamento delle tasse per la
salvezza e la protezione spesso vendevano o donavano le terre alla chiesa. Questo è anche un
periodo di profonde incursioni da parte dei saraceni o dei vichinghi che provocava forte insicurezza,
per questo motivo si diede vita al fenomeno dell’incastellamento, causò la pratica
dell’accomodazione, cioè i piccoli proprietari terrieri cominciarono a ricercare la protezione dei
grandi signori, e si ebbe la diffusione del contratto di livello: ex prop terrieri erano livellati a
“contadini servi” peggiorando le loro condizioni di vita. Questo contratto di livello aveva durata di
29 anni, i livellari dovevano dare un canone in natura ai proprietari delle terre, offrire corvè ,
donativi, e si postulavano contatti scritti a canone fisso e non variabile. È proprio in questa
trasformazione sociale che il signore comincia a capire che è più efficace ridurre il dominicum
moltiplicando i massari. A questo punto scompare l’azienda agraria bipartita.

Dunque vediamo un ampliamento del massaricium, in virtù delle donazioni fatte dai contadini che
impauriti chiedevano protezione al signore e dall’altro l’ato vi è anche il signore che spezzatta il
domenicum per ricevere rendite fisse. Ma come facevano i contadini? Di notte andavano a ricavarsi
un appezzamento di terra, lontano dal manso e lo lavoravano per ricevere un surplus che veniva o
venduto nei mercati domenicali o riutilizzato per ricoprire la quota fissata nel contratto. Dovevano
pagare anche le decime alle chiese costruite dal signore sui loro appezzamenti. Man mano che si
restringe il dominicum restano solo le terre necessarie al fabbisogno della famiglia del signore e non
servono più le corvees. Restano solo i prebendari (gruppo di schiavi domestici che risiedono nel
manso domenicale e ricavano da esso l’intero sostentamento) per lavorare le terre utili al bisogno
del signore. Sparita la corvees allora sparisce anche la curtis che ormai si è territorializzata. Questo
fenomeno è stato accompagnato da altri due fenomeni: il sovraffollamento del manso e il
frazionamento del manso. In questi secoli si è visto, apparire nelle fonti, mansi sovraffollati e
frazionati poiché non solo più coltivati da una sola famiglia: il figlio si sposa e la moglie e i figli
gravitano su quel manso. Dopo qualche tempo il manso viene frazionato dalle famiglie, si parla di
1/5 manso, in modo tale che ogni membro ne riceva un pezzettino.

In italia in questo periodo vi fu l’invasione da parte dei Longobardi che si estese a macchia di
leopardo grazie a un esercito comandato in fare, formato da duchi, costituito da gruppi di
spedizione. Essi strutturarono i loro beni fondiari nella forma del “casale Longobardo”. Esso
prevedeva una residenza del proprietario concepita come centro di riscossione dei tributi, e accando
alla residenza vi erano campi, poderi lavorati da servi ed individui semi liberi, costretti a servire al
signore servizi non regolamentati ad arbitrio del signore: le angherie. Quando Carlo Magno invece
conquistò la Longobardia inserì il sistema della curtis franca, in cui grande importanza assumeva la
cerialicultura del dominicum e il ruolo delle corvee era preponderante rispetto alle prestazioni
fornite dai servi prebendari, le aziende non rispettavano tutte lo stesso modello classico ma la
maggior parte era cosi:

1) Nelle alpi occidentali e in quelle centrali le aziende curtensi erano prive della residenza del
signore e il dominicum era formato da pascoli, boschi su cui lavoravano i servi prebendari
dediti alla pastorizia, senza massaricio. Vi era un piccolo centro di riscossione senza una
residenza strutturata come per le ville romane. Oltre le capanne dove alloggiavano i
prebendari vi era una piccola struttura dove poteva sostare il fiduciario.
2) Vi erano le curtis orientate per le colture specializzate: oliveti, vigneti con case domenicali
più strutturate che non fungevano solo da centri di riscossione e inoltre ai massari erano
richieste prestazioni al momento della vendemmia e della raccolta delle olive, ma anche per
il trasporto del vino e dell’olio. La peculiarità delle curtes italiane fu quello di essere delle
curtes più aperte al mercato che favorivano il circolo del denaro.
3) Infine vi era la massa, latifondo laico ed ecclesiastico diviso in piu lotti chiamate masserie
ed affidate ai massari. Esse erano non strutturate, e questo termine dal 200 veniva utilizzato
per indicare le aziende di grande e medio tipo: le masserie di campo in cui in cui si
coltivavano i cereali, provviste di abitazione colonica, di locali di deposito, di strumenti e
strutture di produzione e vi erano anche gli ambienti dove tenere gli animali funzionari per il
lavoro agricolo. Poi vi erano le masserie di allevamento: riservate alla produzione del
bestiame, soprattutto ovini, caprini e suini, meno diffusi erano i bovini. Le masserie regie
dove si allevavano i cavalli erano delle MANISTALLI. Vi erano infine le masserie miste.

Per tutto cio fare riferimento al testo di Comba “ crisi del sistema curtense e sperimentazioni
aziendali” caricato dalla prof.

Vedere anche testo sul repertorio di fonti agiografiche caricato dalla prof.

Feudalesimo.

Nell’opera di Albertoni ( caricato dalla prof sulla piattaforma) ci si sofferma sul dibattito
storiografico sul Feudalesimo. Ha prodotto più intepretazioni, tra le quali quella di Ganshof
"feudalesimo": caratterizzato da una grande incertezza semantica, questo termine ha avuto una
grande varietà di significati:

- Karl Marx: feudalesimo come un sistema economico opposto dal sistema schiavistico da un lato e
capitalistico dall'altro.

- Bloch: tipo di società fondata sull'aristocrazia militare, frazionamento dei poteri, rapporto tra
uomo a uomo. Gli da un'accezione più storico - sociale.

- Ganshof: insieme dei rapporti vassallatico beneficiari, intese nel suo rilievo politico. Significato
più ristretto, storico - giuridico.

Il libro più discusso dell'ultimo decennio è della Reynolds


Albertoni: usa il termine feudalesimo in una accezione "minimale": rapporto nelle pratiche
economiche, sociali, politiche e giuridiche che si stabilisce tra chi è definito "vassallo" e ciò che è
definito "beneficium" o "feudum".

Posizione di Ganshof: esposta nel libro "che cos'è il feudalesimo" pubblicato nel 1934, diventato il
libro più letto tra i medievisti. Egli ha dato una risposta chiara e precisa alla domanda che si è posto.
Di origini fiamminghe, allievo di Pirenne , proveniva da una famiglia di giuristi. Assunse sin da
subito una formazione giuridica e proprio questa lo spinse a cominciare lo studio del feudalesimo
esclusivamente nella sua accezione giuridica. Il feudalesimo è l'insieme delle istituzioni feudo
vassallatiche che creano obblighi di obbedienza e servizio da parte di un uomo libero chiamato
"vassallo" verso un altro uomo libero chiamato "signore ", e obblighi di protezione e mantenimento
da parte del signore verso il vassallo. Ganshof si pose come primo problema quello delle origini dei
rapporti, e della loro evoluzione. Tre sono le tappe fondamentali dello sviluppo del feudalesimo per
Ganshof:

- rapporti vassalatico beneficiari in età merovingia in francia centro settentrionale e nelle fiandre.

- feudalesimo carolingio.

-feudalesimo classico dei secoli XI-XIII.

Età Merovingia.

Egli rintracciò le origini dei rapporti feudali nella Gallia merovingia del VI-VII secolo, ma vede
una Gallia in cui avvenne in maniera compiuta questa sintesi di cultura latina e germanica. Il regno
di Clodoveo fu contraddistinto da un forte binomio tra potere regio e aristocrazia. Per questo e molti
altri fattori nella Gallia Merovingia ci sarebbe stata la fusione delle aristocrazie; da qui una nuova
aristocrazia unitaria. Questa tendenza all'unione si avrà in particolare con Childerico I. Di lui ci
parlano le fonti, in particolare Gregorio di Tour ci dà un immagine negativa: un imperatore letterato
che scriveva "versiculi", che non rispondevano della metrica classica. Era un re che voleva
riformare l'alfabeto latino, voleva introdurre lettere che venissero incontro alle esigenze della lingua
germanica. Fu l'unico a imporre una tassazione diretta di origine romana su tutti i sudditi del suo
regno, compresi gli ecclesiastici (sia germanica che latina). Tutti dovevano contribuire,in base ai
beni posseduti, al mantenimento dell'apparato politico. Gli altri sovrani si limitavano a delle
imposte indirette. Childerico I si avvalse anche di funzionari pubblici detti "missi regali" e dei
"referendari", alti agenti del potere regio; era anche solito inviare lettere in tutto il regno nelle quali
comunicava le sue direttive. Il dominio merovingio però al di la di queste esperienze si basava sui
diritti di albergarìa, sui fisci regi.Questi sovrani non avevano degli uffici cancellereschi avendo
delle corti itineranti. Era un potere centrale molto labile di fronte alla grande aristocrazia supportata
da ampie clientele armate.I re merovingi da una parte cominciarono a rinforzare il seguito armato, e
impongono il servizio militare a tutti gli uomini liberi del regno a eccezione degli ecclesiastici. Gli
armati dovevano servire il re con proprie armi e soldi per tutta la durata della spedizione. Veniva
emendato un ordine di spedizione detto "eribanno" dagli aristocratici; questi ultimi avevano il
compito di radunare tutti gli armati, e venivano retribuiti tramite la concessione di terre. I re si
legavano all'aristocrazia e gli uomini aristocratici tramite un patto di fedeltà. Alla morte di
Clodoveo, dopo la divisione del territorio tra i suoi quattro figli, emersero le guerre civili tra fratelli;
i singoli re merovingi cominciarono a indebolirsi, rafforzandosi l'aristocrazia, e inoltre cominciò a
realizzarsi lo scollamento del binomio regno - nobiltà.

Feudalesimo Carolingio.

Un altro dato importante è anche l'espansione clientelare della dinastia Pipinide a partire dalla metà
del VII secolo; di fronte ad un potere regio incapace di garantire la sicurezza dei sudditi, i Pipinidi
si espansero anche tramite una fortunata serie di spedizioni militari a carattere difensivo tutte con
esito vittorioso, che conferirono ai Pipinidi un crescente prestigio e autorità. I Pipinidi da una parte
sedarono le insurrezioni di origine etnica a Sud della Gallia, dall'altra dovettero bloccare i
musulmani di Spagna. Gli eserciti pipinidi erano anche dotati di un nucleo di armati a cavallo e
anche di forti clientele vassallatiche.

"fideles": uomini che in cambio delle terre concesse loro in usufrutto si impegnavano a fornire ai
pipinidi un servizio militare a cavallo diventando loro vassalli. Il reddito delle terre concesse in
beneficio doveva servire ai vassalli per acquistare l'equipaggiamento militare, il cui costo era stato
stabilito e calcolato da altri storici, corrispondente ad una ventina di buoi o un buon fondo agricolo.
Era un equipaggiamento articolato: un cavallo, una corazza, uno scudo in legno, spada e
coltellaccio.

Sarà però Carlo Magno a dare vita a una serie di rapporti feudo vassallatici, della sfera militare, che
riuscirono a fargli vincere diverse operazioni militari come quelle in Borgogna o in Italia dove
sconfisse il re longobardo Desiderio. Carlo Magno però allargò anche il campo di azione dei
rapporti feudo vassallatici anche alla sfera politica affidando il controllo dei suoi possedimenti a
clientele armate ma anche ad ufficiali scelti che altro non erano che i suoi vassalli. In quanto
vassalli erano remunerati tramite benefici. Carlo con l’uso di questi rapporti cercò di rafforzare la
sua autorità, divise il suo territorio in distretti e li affidò a governatori territoriali agenti del potere
centrale.

Vi erano i conti che erano preposti ai singoli comitati o contee, circoscrizioni non molto ampie
paragonabili a una provincia italiana. I conti avevano poteri giudiziari, come l’alta giustizia per
giudicare casi come omicidio e tradimento, ma avevano anche poteri militari per controllare e
difendere il territorio. Vi erano poi i marchesi che controllavano le marche, distretti più ampi
collocati in zone di frontiera, munite di fortificazioni e guarigioni difensive. Vi erano poi i Duchi
che erano preposti a controllare i ducati situati in regioni di nuova conquista. Tutte e tre queste
figure venivano controllate tramite l’invio di agenti diretti ( scelti tra laici ed ecclesiastici) che
facevano le veci del potere centrale. Loro dovevano far applicare le leggi, vigilare sulle modalità di
amministrazione delle contee e contrastare i tentativi autonomistici degli aristocratici locali.
Ganshof sostiene che dall’età di Carlo Martello e Carlo Magno diventerà sempre più evidente il
fenomeno di innalzamento del livello sociale dei vassalli regi. Il vassallaggio diventa più onorevole
e coinvolge persone di rango sempre più alto. Questi vassalli regi in virtù delle missioni che
venivano assegnate loro acquistavano maggiore onorabilità e godevano di maggiore Honor cioè di
maggiore rispetto. Inoltre questi rapporti beneficiario vassallatici rafforzavano l’autorità e il potere
della monarchia incorporando i rapporti nel quadro dell’amministrazione dello stato. Certo tutto ciò
portava alla costituzione di un potere centrale sempre più labile poiché questo potere andava a
sgranarsi ogni qual volta un vassallo rompeva il rapporto di fede con il sovrano. Bisogna anche
ricordare che i rapporti vassallatico privati costituiti da questi funzionari statali, che estendevano il
rapporto anche a individui di ceto medio basso, e grazie a ciò loro concedevano beneficio a questi
fideles per ricavarne in cambio servizi militari.

Ma la cosa ‘più eclatante è che questi funzionari dello stato iniziarono a trasformarsi in veri e propri
dinasti, sia per trovare profitto dai rapporti beneficiario vassallatici ma anche per dare vita alla
ereditarietà del rapporto e del beneficio di padre in figlio iniziando ad appropriarsi di prerogative
regie a danno dello stato. Ganshof sottolinea però che queste usurpazioni a danno dello stato non
furono una delle cause principali dell’indebolimento del potere centrale Carolingio, ma ne fu solo
una concausa, perché tutto ciò fu causato da: ereditarietà del beneficio e dell’honor, conflitti
intestini dopo la morte del figlio di Carlo Magno Ludovico il pio, diffondersi delle signorie bannali.

Dunque il potere pubblico carolingio fin da Carlo Magno era orientato verso la disgregazione sia
per un pluralismo di poteri autonomi, che per la tendenza da parte dei funzionari pubblici di
assimilare l’Honor al beneficio. Per Ganshof questo ultimo dato è acquisito da Carlo il Calvo nel
capitolare di Tersy del 877 emanato alla vigilia della partenza per l’italia che sancì l’ereditarietà dei
feudi maggiori. Tutto ciò per non occuparsi di questioni di carattere burocratico in sua assenza.
Ganshof inoltre cita un altro capitolare destinato ai vassalli dominici dove si sancisse anche qui
l’ereditarietà.

Infine sempre riguardo al feudalesimo carolingio Ganshof si sofferma sul rituale di ingresso dei
vassalli che riprendeva l’antico rituale della commendatio romana. Il vassallo si commendava al
grande proprietario terriero ponendo le mani in quelle del signore e facendo un giuramento di
fedeltà su un testo sacro o una reliquia.

Feudalesimo Classico

Analizzando il feudalesimo classico Ganshof nota che queste istituzioni feudo vassallatiche dopo la
scomparsa dell’impero carolingio si manterranno solo nella Francia Centro Settentrionale, nelle
Fiandre e furono trasportate dal ducato di Normandia in Inghilterra. Ganshof circoscrive il
feudalesimo classico invece in alcune zone della Francia c.s. alla Germania, all’inghilterra, in
Borgogna. Spagna, italia e stati crociati non conobbero il feudalesimo classico perché questi
rapporti assunsero caratteri specifici in quanto condizionati dai poteri locali.

Il feudalesimo classico copre i secoli centrali del medioevo dove tutto era considerato trasmissibili,
sia terreni che benefici pubblici, ma questi secoli erano stati preceduti dal X secolo, definito il
secolo di ferro, periodo in cui si verificarono le incursioni ungare, vichinghe che fecero crescere in
europa il bisogno di protezione e di servizi armati e benefici feudali. Pian piano sempre più uomini
liberi si vennero a trovare inseriti nella rete di rapporti beneficiario vassallatici anche con rapporti
multipli, cioè uno stesso vassallo poteva giurare fedeltà a più signori per avere più benefici. La
concessione del feudum diventa sempre più importante rispetto al rapporto personale, e divenne la
vera e propria ragione dell’ingresso nel vassallaggio. La pluralità degli imperi feudo vassallatici
contribuì al declino dei rapporti personali, e cambia anche la nozione di beneficio che era nota in
passato come quella retribuzione per i servizi militari prestati, adesso invece diversi erano i servizi
da prestare al signore il base al beneficio ricevuto. In questo periodo inoltre il termine di origine
celtica Vassus che significava servitore subì un cambiamento di significato in quanto significava
cavaliere, legato al suo signore da un vincolo di fedeltà personale e anche il termine feudo che
significava bene mobile prese a significare bene fondiario.
Ganshof ricostruisce anche questa cerimonia più complessa del feudalesimo classico che è il
risultato della rivoluzione della commandazione vassallatico beneficiaria. Ganshof ricostruisce
grazie ad uno scritto di Gilberto di Bruges tutto il rituale. Il vassallo infatti si poneva dinanzi al
padrone a mani giunte e disarmato e poi seguiva il bacio sulla bocca che era usato anche in altri
contesti sociali come strumento per confermare gli obblighi concordati tra le parti. Di solito il
contratto non veniva registrato per iscritto come in età carolingia, ma comunque stabilivano degli
obblighi reciproci tra le due parti. Questi obblighi sono sintetizzati dal cardinale Shart Fulberto in
una lettera indirizzata a Guglielmo V di Acquitania. Qui si diceva che il rapporto non doveva
danneggiare il signore perché il vassallo doveva garantire consiglio e aiuto fungendo anche da
giudice nelle cause delle corti signorili dove veniva amministrata la bassa giustizia, e doveva fornire
aiuto militare a cavallo ma anche aiuto amministrativo domestico o se al signore non serviva aiuto il
suo obbligo poteva essere commutato nel pagamento di un censo o di un oggetto di valore. I vassalli
dovevano dare anche aiuto economico al signore. In caso di inadempienza il vassallo veniva
accusato di fellonia e subiva delle sanzioni. Anche il signore però aveva degli obblighi nei confronti
del vassallo. Ganshof inoltre ci dice che nel XI XII secolo si va a distinguere tra omaggio libero da
qualsiasi legame e omaggio più ampio che aveva effetti meno rigorosi di quello libero. I feudi erano
del tutto diversi, vi erano i feudi franchi caratterizzati dalla fedeltà, i feudi de borsa caratterizzati da
un tornaconto di profitto, il feudo blado che consisteva nel fatto che un vassallo donava un feudo al
signore e questo lo donava al suo stesso vassallo come beneficio.

A questo modello di stampo tecnico-giuridico proposto da Ganshof sono state rivolte varie critiche,
varie interpretazioni tutte opinabili. Le critiche più importanti sono quelle legate alla lettura delle
fonti e all’uso delle fonti da parte di Ganshof, fonti sempre più ristrette. Un’altra critica è che
Ganshof non ha preso in esame i trattati feudali Longobardi, e non è mai stata accettata la sua idea
di feudalesimo carolingio.

March Bloch: interpretazione storico sociale

Figlio di professore di storia romana, seguì la carriera universitaria e diventa professore a


Strasburgo con colleghi che si dedicarono a scienze sociali. Dopo l'occupazione di Parigi da parte
dei nazisti abbandona la carriera universitaria. Fu fucilato lo stesso anno in cui Ganshof pubblicherà
"che cos'è il feudalesimo".

"La società feudale" fu pubblicato in due tomi:

1- La formulazione dei vincoli di indipendenza;

2- Le classi e il governo degli uomini.

Ganshof si avvalse del metodo comparativo di Bloch studiando in una prospettiva sociologica: la
studia come una struttura sociale guardando non solo ai rapporti vassallatici ma anche agli stati di
aggregazione.

Ha analizzato le diverse aree europee e ha distinto due società feudali con due diversi toni:

1- Dalla metà del IX secolo (dal periodo delle incursioni) alla metà dell'XI secolo;
2- Età feudale (metà XI - Metà XIII secolo): vera età feudale perché caratterizzata dalla ripresa
demografica, economica e civile, e si sviluppò in Francia Settentrionale, Arenania e Sveva.

Ha anche analizzato il rapporto feudale in base ad altri vincoli di dipendenza, come quelli familiari
o di linguaggio (nella nobiltà)

Bloch come Ganshof sostiene che i Carolingi impiegavano lo strumento vassallatico per rafforzare
il proprio potere e lo sovrapposero agli uffici pubblici.

Dal X secolo si rafforzò il rapporto tra vassallaggio e cavalleria grazie all'introduzione di un


metodo diverso di attacco per cui era necessario un allenamento maggiore (lancia più lunga).

Alla cavalleria poteva solo accedere chi aveva i mezzi per allenarsi in tempo di pace, ovvero
andando a caccia e guerreggiando nei tornei.

Secondo Bloch la cerimonia di ingresso nel vassallaggio fu sempre più precisa, introducendo anche
dei doveri reciproci.

Il termine "feudalesimo" ha un significato ambiguo, ma nel senso comune intende un rapporto


gerarchico (senso oppressivo).

Susan Reinolds ed Elisabeth Brown lo ritengono un termine inutile: inteso come lente deformante
feudale; "occhiali da sole deformanti del feudalesimo" e studia feudi e vassalli ma senza
feudalesimo.

S. Reinolds: collega l'affermazione del diritto feudale lombardo alla nascita del concetto di
feudalesimo e lo considera una creazione dei giuristi attivi del XII secolo che affiancavano i consoli
in alcune città comunali lombarde come Milano e Pavia, che scrissero i primi trattati di diritto
feudale: "Libri feudorum" o "consuetudines feudorum", la più antica raccolta sui testi giuridici dei
feudi con la finalità di chiarire i rapporti tra vassalli e signori e definire gli obblighi reciproci delle
parti; definirono un rapporto giuridico tra feudi e vassalli.

Nel XIII secolo questi trattati furono inseriti nel CORPUS IURIS CIVILIS di Giustiniano e grazie a
ciò furono studiati nelle più importanti università europee. Grazie ai giuristi e ai glossatori i libri
feudorum diventarono uno strumento di matrice universale.

Secondo la Reinolds il feudalesimo di tipo giuridico fu elaborato maggiormente dai feudisti (giuristi
francesi e inglesi) che discussero sulla legittimità dei feudi ancora presenti nella loro età con la
categorie dei libri feudorum. Misero così a punto un modello di feudalesimo storico-giuridico.

Fare riferimento all’opera di Albertoni.

L’incastellamento
Dopo il tema del feudalesimo abbiamo affrontato il tema dell’incastellamento. Negli ultimi decenni
tra gli storici si è svolto un intenso dibattito sul fenomeno dell’incastellamento, fenomeno che si
sviluppò fra l’ultimo terzo del IX secolo e i primi decenni del X con la costruzione di castelli e
fortezze nell’occidente criastianizzato. L’attenzione è stata ristretta all’italia e il punto di partenza
del dibattito si colloca nell’800 in cui gli storici elaborano una immagine negativa dei castelli visti
come rifugi o poli negativi della vita sociale. Questi storici nella seconda metà dell’800 vedevano
elementi di progresso invece nelle città comunali grazie alla nascita della borghesia mercantile, che
arrivò ad avere più voce nelle istituzioni comunali. La feudalità con la nascita del castello base del
suo potere, veniva vista come un sintomo di arretratezza e forza antagonista alla creazione del
comune. I castelli assunsero una funzione storica positiva negli ultimi decenni dell’800 grazie a
Ferdinando Gabotto (piemontese) e a Gioacchino Volpe (toscano). Quest’ultimo è uno dei maggiori
esponenti della storiografia dell’900. Nei suoi studi sulle origini del movimento comunale, colloca
alle origini di questo fenomeno il dinamismo della piccola aristocrazia che aveva i suoi punti di
forza proprio nei castelli. Volpe adottò una prospettiva sociale che teneva conto della città, anche se
non si occupò mai della sua genesi, a farlo fu invece un altro storico Pietro Vaccari che legò per
primo lo studio del castello ai suoi territori di cui i signori erano proprietari. Pubblicò nel 1923 “La
territorialità come base dell’ordinamento giuridico del contado”.

Il tema dell’incastellamento comunque ebbe grande interesse in europa, lo stesso Enry Pirenne che
scrisse “La città nel medioevo” affermava che la città medievale è nata dall’incontro della fusione
dell’elemento commerciale insediato nei portus con il castrum adiacente, cioè l’elemento signorile
militare rappresentato dalla fortezza. Nel 1955 interviene sull’argomento anche Mario del Treppo
che scrive “La vita economica e sociale di una grande abbazia del mezzogiorno: S. Vincenzo al
Volturno nell’alto medioevo.” dedicato all’abbazia molisana del XI.XII secolo e pose attenzione
anche al secolo di ferro in cui si ebbe il fenomeno dell’incastellamento. Inoltre è il primo studioso
che riconduce il proliferare dei castelli ad esigenze di controllo politico del territorio e alle
dinamiche del popolamento della vita economica di una area e solo in parte alla funzione militare
difensiva. Questo lavoro passò inosservato forse perché pubblicato in una rivista poco conosciuta o
perché collegato a un territorio troppo specifico. O forse perché la storiografia italiana nel 1950
aveva ancora poco interesse per la nuova storia e dunque per la geografia e per le scienze sociali.
Nei primi anni 70 in cui la nuova storia divenne conosciuta in Italia e Pierre Tourbet pubblicò un
opera storiografica molto importante nel 1973 “Le strutture del Lazio medievale: il lazio
meridionale e la sabina dal IX al XII secolo” si è attivato interesse per il tema dell’incastellamento
in italia. Questa opera inoltre è stata al centro di dibattito perché ha sollevato questioni di tipo
metodologico poiché ha messo il punto su questioni importanti come: studiare lo sviluppo della
storia del medioevo del XI-XII secolo come un fenomeno particolare, e lui lo aveva trattato
attraverso il fenomeno dell’incastellamento nel Lazio definito come fenomeno globalizzante.
L’incastellamento in questo periodo avviò una rivoluzione: nell’organizzazione del paesaggio in
aggregati di uomini, in aggregati rurali intorno ai singoli settori produttivi in anelli concentrici e a
produttività decrescente. In tutto collegato a fenomeni come il protagonismo dei signori di castello
che si fecero promotori di questa trasformazione, tanto da dar vita alla proliferazione delle chiese
private, create dai signori laici, con la causa della polverizzazione del potere ecclesiastico. Questa
opera fu anche un opera esemplare per la capacita di dell’autore di tenere al centro dell’attenzione
una gran quantità di elementi. Toubert inoltre nell’opera “i destini di un tema storiografico” ha
voluto recuperare anche la funzione difensiva del castello. Un altro storico che nell’ultimo decennio
del 900 ha voluto richiamare l’attenzione sull’azione difensiva del castello è Aldo Settia che ha
pubblicato opere come “proteggere e dominare: fortificazioni e popolamento dell’italia medievale”.
Bisogna anche qui per parlare del fenomeno dell’incastellamento fare riferimento anche ad alcune
cause proprie dell’azione di polverizzazione del potere centrale del regno carolingio. Come per
esempio le incursione ungare, vichinghe e saracene con il quale si ebbe la moltiplicazione della
costruzione dei castelli con la nascita di poteri locali. Ma andando cronologicamente:

Saraceni.

I saraceni, con il termine saraceno si identificava l’individuo islamizzato, furono i primi a


manifestarsi e gli ultimi ad essere debellati, ed erano spedizioni di pirati islamici che si rivolsero
verso la penisola italica. Questi saraceni approdarono prima come mercenari al soldo dei potenti ma
ben presto riuscirono a costruire delle istituzioni politiche, come avevano fatto in Puglia dove
avevano dato alla luce a due emirati, quello di Bari e quello di Taranto, e come era successo con la
creazione di due basi in Campania che avevano dato vita a varie scorrerie in tutti gli appennini.
Un'altra base importante era quella di Frassineto vicino St. Tropetz poiché di la colpirono zone
come il piemonte e la liguria. Nel X secolo le incursioni iniziarono a divenire più sporadiche.

Ungari.

Gli ungari erano un popolo proveniente dalla Russia che compirono la loro prima incursione nel
862 nei territori germanici, incursioni che divennero più frequenti dopo il loro insediamento in
Pannonia (Ungheria) dalla quale muovevano lunghe operazioni di saccheggio in Italia, Baviera,
Sassonia, Borgogna e in varie zone della Francia occidentale ed orientale. Gli ungari avevano delle
straordinarie capacità belliche unite a un forte intuito politico che li portava a sfruttare la debolezza
politica di alcune aree geografiche, a seguito della scomparsa dell’unità carolingia, e a derubare i
tesori delle abbazie dislocate nelle varie campagne. Le spedizioni ungare iniziarono a diminuire
dopo la riorganizzazione del regno di Germania dovuta alla dinastia di sassonia, fu infatti Ottone I
nel 955 a infliggere una schiacciante sconfitta al popolo ungaro.

Vichinghi.

I vichinghi o Normanni, cioè popoli del nord dal momento che provenivano dalla Scandinavia,
cominciarono a condurre azioni di pirateria grazie alle agili imbarcazioni che risalivano i Fiordi e
riuscivano a penetrare in occidente. Questa prima fase delle incursioni proprie del XI secolo vide la
conquista successivamente dell’antica Neustria (regione della gallia a nord-ovest) che da loro prese
il nome di Normandia. Fu organizzata politicamente sotto re Rollone che nel 911 giurò fedeltà
vassallatica a Carlo il semplice re dei Franchi, creando così il ducato di Normandia. E nel XII
secolo dal ducato di normandia partirono le incursioni verso l’italia meridionale e l’inghilterra.

Tutte e tre queste incursioni portarono alla costruzione di castelli e fortezze provocando la reazione
di Carlo il Calvo che emanò una legge per cercare di controllare la creazione dei castelli per portarli
sotto al potere centrale anche se non vi riuscì in maniera integrale. Inoltre il termine castello
indicava due realtà: 1) fortezza presidiata da soldati e abitata dal castellano e dalla sua famiglia, e
inoltre fortezza in cui si possono rifugiare i rustici in caso di irruzione: 2) villaggio fortificato da
mura e fossato e all’interno il signore ci costruiva la sua dimora fortificata. La valenza pubblica
delle fortezze fece anche aumentare il fenomeno dell’incastellamento. Le esigenze della creazione
del castello nel XI XII secolo sono diverse: da un lato vi è la volontà di difendersi dalle lotte
intestine dei principati vicini, dall’altra il desiderio dell’elite ecclesiastiche e laiche di controllare
quelli che sono i beni fondiari, e dall’altra ancora motivazioni di tipo economico. Per tutte queste
ragioni il processo di incastellamento proseguì fino al XIII secolo, non esaurendosi con la fine delle
varie incursioni nemiche. Una volta costruite queste fortezze dai padroni dei beni fondiari queste
venivano controllate dai custodi che venivano scelti tra i propri vassalli. I custodi iniziarono da
subito a comportarsi come avevano già visto fare ai funzionari pubblici. E ciò portò al radicamento
dei custodi in un determinato luogo e anche loro creando delle vere e proprie dinastie. Applicando
questa pratica difensiva,i custodi riuscirono ad appropriarsi dal basso di diritti di comando, giustizia
e prelievo fiscale. I custodi cominciarono a compiere delle azioni belliche di tipo offensive per
imporre la propria influenza nella zona castrense per estendere la loro influenza in maniera
coercitiva sui residenti intorno al castello. Il signore del castello la sua protezione sui residenti di
quest’area protetta e, soprattutto nel X secolo, comincia ad esercitare anche un potere
giurisdizionale sui territori a essi soggetti: esercitavano la bassa giustizia: corvès di natura bannale,
e riscossioni. Cominciano a imporre sui loro territori delle tasse indirette: dazi, pedaggi per il
controllo di strade e ponti, con i quali incominciarono a costruire strutture come mulini, frantoi,
forni di cui i contadini dovevano necessariamente servirsi dietro pagamento di una tassa.

XI-XII secolo: si giunge ad una vera e propria imposizione di imposte dirette, divenute poi
successivamente ordinarie che presero il nome di imposte o angherie.

La signoria bannale è definita:

- Territoriale: elemento caratterizzante è la capacità di estendersi sui beni dell’area protetta;

- Bannale: da ban che designava il diritto del signore di avere esercizio di facoltà giudiziaria, fiscale
e militare un tempo monopolio del potere regio.

- Di castello: i signori possedevano più castelli;

- Rurale o locale: secondo il Dominatus loci, le caratteristiche del potere locale erano due: 1)
Tendenza ad assumere carattere territoriale, ovvero tendenza ad estendersi alla totalità dei residenti
accertata dalla evoluzione semantica di districtus che dall’originario significato di diritto di
costringere e di punire diventa Territorio in cui si esercita il diritto di riunire. 2) Tendenza a
mostrarsi come un territorio patrimonializzato: i signori si sono appropriati delle prerogative di
tendenza regia. I diritti bannali vengono trasmessi ma considerati alla stregua di un allodio, li
patrimonializzano e come tali possono essere ereditati, venduti, smembrati, donati ecc.

Fenomeno dell’allodializzazione dei poteri bannali: i poteri erano gestiti e tramandati come un
potere privato (allodio).

Il fenomeno della signoria di banno si diffuse in tutto l’Occidente europeo ma per caratteristiche
diverse a seconda del tempo, delle regioni e tipo di dominus.

- Tipo di dominus: il potere del signore che aveva più castelli era diverso rispetto al potere di un
nobile che ha un solo castello in cui spesso abita con un gran numero di parenti che si spartivano la
giurisdizione di quel castello.
- regioni: a Nord della Francia le signorie erano meno ma più estese e diverse rispetto a quelle del
Mezzogiorno della Francia, dove vi era un tessuto molto fitto di signorie bannali e i signori erano di
modesto livello.

Conseguenze negative: - Si inasprì il lavoro e lo sfruttamento dei contadini a causa dell’estensione


delle signorie che già pagavano delle tasse fisse. Per questo ci cercarono nuove terre in maniera
illegale. Un aspetto positivo (?) riguardava la rendita fondiaria, che fu usata per i propri consumi,
aumentò la domanda, il commercio, aumentò la ricchezza che stimolò l’attività artigianale che ebbe
un grande impulso. Alla lunga ne trassero beneficio le città, che divennero il luogo maggiore degli
scambi commerciali. La città aveva avuto già uno sviluppo nel X secolo con il surplus delle aziende
curtensi.

Tutto ciò da ritrovarsi nel testo di Carrocci.

Il mezzogiorno normanno.

Si attesta l’arrivo dei normanni nel Mezzogiorno intorno al XI secolo e ciò rappresenta una svolta
radicale per la società meridionale della penisola italica. Come abbiamo visto i normanni crearono
nell’ex Neustria il ducato di Normandia e da qui decisero di spostarsi in Mezzogiorno con un
esercito di mercenari. Il meridione a quel tempo era caratterizzato da etereogenità etnica e religiosa
con forte espansione agricola e commerciale ma anche con una forte frammentazione politica
poiché alcuni territori erano in mano ai bizantini e ai Longobardi, vi erano anche città dal potere
individuale o territori come la Sicilia comandata dagli arabi. Proprio per questo i normanni
riuscirono a stabilire potere unitario in tutto il sud, anche nell’isola. Tutto ciò grazie all’espansione
che la Normandia stava avendo e che portò una serie di mercenari a voler conquistare questi
territori. La Corrao (nel testo pubblicato dalla prof) ci dice però che questa conquista non è da
accomunarsi all’epopea dell’espansione scandinava che si esaurisce nel X secolo. Inoltre tutti i
cavalieri Normanni, che non erano tutti di sangue puro normanno, quando arrivarono in Italia non
avevano più nulla in comune con i loro antenati vichinghi. Dopo essersi stabilizzati in Normandia
cominciarono ad assorbire i costumi sociali dei franchi e utilizzarono i rapporti feudo vassallatici in
maniera più accentuata. Giunti nel Mezzogiorno riuscirono a mettere a punto l’arte delle armi,
prima come mercenari nelle lotte intestine, come successe in Puglia da parte del ribelle Melo di
Bari, poi in Campania furono assoldati dai principi Longobardi. Nei primi due decenni i capi
Normanni acquisirono i primi territori che gli erano stati promessi, acquisendo alcuni tra i potentati
più potenti e successivamente abbandonando il mestiere di mercenari per divenire crudeli
saccheggiatori. Ben presto si venne a formare un fronte anti normanno capitanato da papa Leone
IX, anche se successivamente Roberto il Guiscardo sconfisse l’alleanza, prese prigioniero il papa
ma successivamente lo liberò giurandoli fedeltà vassallatica. Roberto il guiscardo però non giunse
subito in italia meridionale, dal momento che non fu accettato fin da subito e per alcuni periodi
visse da ladrone per poi divenire un capo normanno grazie a una forte politica matrimoniale. Dopo
la battaglia di Civitate Roberto ebbe anche un accordo con il papa Nicola II, divenendo così duca di
Puglia e di Calabria nel 1059 grazie all’accordo di Melfi, e divenne anche duca della sicilia ancora
da conquistare. Roberto allora avviò subito la conquista della Sicilia durata 30 anni e che affidò al
fratello minore Ruggero d’Altavilla, che dopo la presa di palermo divenne gran conte. Nella fase
della conquista del mezzogiorno Ruggero dispose dell’aiuto di alcune città marinare come Pisa,
nell’italia meridionale continentale invece Roberto riuscì a sottrarre una città come Bari ai bizantini
nel 1071. L’accordo di Melfi conferì comunque al Guiscardo un pregio aggiuntivo che lo innalzava
su gli altri capi normanni che comunque presero parte alla conquista del mezzogiorno. Ad un certo
punto Roberto incrinò il rapporto con la chiesa quando aggredì città di dominio pontificio come
Salerno, Napoli e Benevento capeggiata da rettori Ecclesiastici, che spesso creavano insidie interne
alle città da allora divenne bersaglio di alcune scomuniche da parte del papa Gregorio VII che
provocarono un allentamento della sua egemonia su altri capi normanni. Però alla vigilia della sua
morte riuscì a ricucire il legame con la chiesa di Roma grazie alla liberazione di papa Gregorio VII
che era stato prigioniero durante la rivolta per le investiture. Sottopose allora la città a un vero e
proprio saccheggio per dare il via a una vera e propria guerra di conquista, e per questo
atteggiamento i normanni rimasero sempre esterni alla dinamica del mezzoggiorno, e inoltre la
compagine sociale era abbastanza variegata dal momento che non vi era omogenità della stirpe,
come affermava lo storico Menangè. Tra i normanni dunque vi erano dei cavalieri provenienti dalle
fiandre e dalla Bretagna, o aristocratici provenienti dall’Italia centro settentrionale come il
piemonte, con il quale si imparentò lo stesso Ruggero di Altavilla.

Conquista della sicilia.

Partita con il trattato di Melfi firmato da Roberto e messo nelle mani di Ruggero, queste azioni di
conquiesta acquisirono una valenza di una guerra santa contro i musulmani. Nel 1063 Ruggero
ricevette dal papa il vessillo di S. Pietro e per questo la conquista della sicilia nelle fonti viene ad
essere vista come una crociata contro gli infedeli. In realtà Ruggero fu molto astuto poiché si sinserì
nei vari conflitti intestini degli emirati siciliani e riuscì ad allearsi con un potente emiro e grazie a
ciò diede il via alla conquista dei territori della sicilia che durò 30 anni dal 1071 al 1091 e che
procedeva con continue espugnazioni dei centri fortificati. Ruggero riuscì a conquistare due dei
maggiori centri urbani Catania e Palermo e le ultime roccaforti a cadere furono Noto e Botera.

Ruggero a differenza di Roberto considera i territori come suo bottino di guerra perché era stato lui
in prima persona a condurre la conquista. Ruggero I divenne il maggiore padrone territoriale
dell’isola, concedendo grandi doni territoriali in feudo alla propria famiglia ai suoi parenti e piccoli
domini ai suoi amici. La sicilia ben presto divenì una contea sotto un gran conte,che faceva si che si
traessero dei redditi notevoli sotto la supervisione di agenti comunali. Inoltre il controllo della
sicilia da parte dei Normani si resse grazie al controllo delle armi unito ai rapporti vassallatici di
tipo franco normanno, da lui introdotti. Inoltre si resse per l’inquadramento religioso e grazie
all’intero utilizzo dell’apparato amministrativo burocratico degli arabi. Riguardo alla questione
religiosa fin dai primissimi tempi Ruggero decise di ridisegnare la nuova geografia ecclesiastica, e
questo suo operato fu legittimato da papa Urbano II che nel 1088 si recò in sicilia nominandolo
legato apostolico, cioè gli venne riconosciuta la possibilità di indossare l’abito ecclesiastico e di
nominare i vescovi dell’isola. Ruggero fondò vescovati e tanti monasteri e si servì delle istituzioni
per controllare e acculturare i vari musulmani dell’isola. Tanti musulmani inoltre erano funzionari
arruolati da Ruggero per l’amministrazione centrale proprio per le loro conoscenze in campo
amministrativo e burocratico.

All’interno del suo scritto la Corrao mette inoltre in evidenza le differenze tra la conquista della
sicilia e quella del Mezzogiorno affermando che queste conquiste avrebbero cambiato per sempre la
storia rendendo artificiosa l’unificazione dei territori meridionali. Negli anni successivi alla morte
di Ruggero I divennero evidenti le differenze tra le due conquiste: nel mezzogiorno continentale la
conquista era avvenuta tramite capi normanni raccolti sotto Roberto il Guiscardo che restarono
insofferenti alla sua egemonia. Loro non sopportavano il suo potere ne quello degli altri re
normannni, non a caso in questi due anni si svilupparono le maggiori rivolte. Inoltre se ci
soffermiamo sul ducato di Puglia e Calabria vediamo come il potere del Guiscardo non fu mai
continuo e si basava solo sul ruolo militare del duca. Inoltre alla morte di Roberto vi era una forte
frammetazione politica tra i territori e ciò fecero accrescere sempre di più le lotte tra i potenti per la
sua successione, dal momento che Roberto aveva nominato come suo successore il figlio Ruggero
Borsa, mentre i baroni avevano scelto un altro figlio come suo successore Boemondo. Il potere di
Ruggero Borsa fu molto vulnerabile perché i centri normanni più importanti sfuggivano al suo
controllo. Nel 1111 seppellito a Salerno gli successe il figlio Guglielmo che morì senza figli e anche
qui si diede vita a conflitti interni per la presa del potere e avanzò subito alla conquista anche
Ruggero II che armò una serie di milizie, sbarcò a Salerno e si fece incoronare dall’antipapa
Anacleto II come duca di Puglia e Calabria. E dopo averlo sconfitto passo dalla parte di Innocenzo
II per ricucire i rapporti con la chiesa. Ruggero II decise inoltre di attuare una politica
espansionistica verso l’africa settentrionale e nel 1117 con ripetute spedizioni riuscì a stabilire una
egemonia in alcuni luoghi della Tunisia. Dopo la nascita del regno nel 1130 la sua polita
espansionistica conobbe una grande accellerazione e nel 1135 riuscì a conquistare l’isola di Gerba,
base preziosa per altre conquiste africane, e riuscì a conquistare anche Tripoli e Gabes.
Contemporaneamente però si impegnava anche contro l’impero bizantino, conquistò Antiochia ,
corfù dove stabilì delle basi per le nuove scorrerie, conquistò tebe e corinto e finì per minacciare la
sicurezza dei traffici veneziani. Per questo fu istituito un fronte anti normanno: Germanici,
Bizantini e Venezia. Questa audace politica mediterranea fu sorretta dalle risorse e strutture
burocratiche e feudali del regno di Sicilia. Un regno nel quale ormai nessuno storico vede elementi
di modernità nonostante alcuni manuali ne parlano come un evento moderno. La monarchia
normanna fu invece una monarchia burocratico feudale specialmente per l’introduzione dei rapporti
beneficiario vassallatici di origine franco normanna.

Il regno di Sicilia era un regno feudale influenzato dalle tradizioni e modelli roganizzativi arabi e
bizantini che seppero potenziare la stuttura burocratica ereditata fcendosi coadiuvare da una curia
regis detta anche consiglio della corona o magna curia. Questo era un supremo organo di governo di
cui facevano parte i grandi baroni e funzionari del regno come Federico II. La funzione
amministrativa era ripartita in un numero di 5 funzionari greci e musulmani: il Dapifer che curava il
sovrano e gli interessi della corte, il Grande Dapifer comandante supremo dell’esercito e
dell’amministrazione militare, il Gran Lopotenta il più superiore tra tutti i notai e possessore dei
sigilli, il maestro Camerario ufficiale funzionario preposto alla camera e al fisco regio e il maestro
Cancelliere con incarichi di natura giurisdizionale con il compito di presiedere alla attività dei notai
con il compito di eseguire inquisizioni, cioè controllare i confini della proprietà che danno
occasione di contrasto. Ruggero II per permettere maggiore controllo fece redigere anche una
descrizione particolareggiata dei confini dello stato. Inoltr vi erano anche degli uffici delle dohane
affidate a funzionari arabi come le dohane de secretis che riscuoteva vari tributi locali. Nel
mezzogiorno continentale fu istituita la dohana dei baroni che doveva che doveva esercitare un
controllo diretto sui grandi signori e assicurarsi che ciascuno dei signori contribuisse alle esigenze
della corona. I feudi della corona venivano considerati in capide (come concessioni) e venivano
iscritti in quaderni tenuti a corte e controllati. Il potere centrale controllava benissimo quello
periferico e gli ufficiali minori dipendevano proprio dai 5 ufficiali della curia regis. Ruggero II
riuscì anche a controllare l’apparato ecclesiastico ed a emanare leggi come le assise di ariano, cioè
pubbliche assemblee presedute dal sovrano dove venivano emanate le leggi, l’assisa di Ariano si
riferisce a una serie di assemblee tenute ad ariano nel 1140 dove vennero elette leggi valide per
l’intero regno allo scopo di controllare i vari baroni. In queste assemblee importante era il ruolo dei
giuristi. E i grandi del regno che partecipavano alle assemblee avevano il compito di dare tacito
assenso alla volotà del re. Ruggero inoltre riuscì a procurarsi notevoli entrate fiscali grazie ad un
apparato di governo che covogliava molte risorse nelle tasche regie.

Dopo la morte di Ruggero II salì al trono Guglielmo I il malo che consolidò il proprio potere e lo
esercitò in maniera autoritaria generando l’opposizione dei baroni normanni. Inoltre veniva visto
come un tiranno a causa anche della violenta propaganda da parte pontificia. Egli tese ad escludere i
grandi dell’azione politica con l’introduzione di funzionari centrali, incrementò i familiares cioè
uomini di fiducia, e inoltre il potere era messo nelle mani di alcuni funzionai greci e musulmani,
ricordiamo per esempio Melo da Bari morto nel 1160 per mano di alcuni aristocratici. Quindi l’età
di Guglielmo fu caratterizzato da congiure soprusi e rivolte come quella del 1161 da parte di alcuni
nobili che riuscirono a prenetrare nel palazzo regio liberando i prigionireri e rendendo prigionieri il
re la moglie e i figli. Diedero anche fuoco a gli archivi dove erano i registri del catasto e si
scagliarono contro la componente musulmana. Saccheggiarono la reggia impadronendosi del tesoro
regio. I congiurati cercarono dunque di smantellare il sistema di controllo dei feudi della corona.
Ben presto però la rivolta divampò al di fuori del palazzo regio dove molti musulmani furono uccisi
e si dilagò in tutto il regno. L’ordine fu riportato da alcuni arcivescovi come Romualdo il
salernitano a Palermo.

Alla morte di Guglielmo I sal’ al trono Guglielmo II con reggente la madre margherita e raggiunti i
14 anni di età fu incoronato e rafforzò l’apparato burocratico del regno e sotto di lui aumentò il peso
del potere dei familiares tanto da diventare meno partecipe alla gestione del regno.

(chiedere appunti sulle decisioni matrimoniali)

Sotto questi sovrani normanni iniziò la penetrazione nel mezzogiornoi di mercanti stranieri
specialmente sotto i due Guglielmi entrambi sovrani timorosi di una invasione di federico
barbarossa. Per questo cominciarono a concedee una serie di privilegi a questi mercanti per avere in
cambio il loro aiuto e quello delle repubbliche marinare. (chiedere ultimissimi appunti)

POTERE MONASTICO FEMMINILE- LAVARRA


In Italia le ricerche attinenti alla storia delle donne hanno conosciuto uno sviluppo. Questi contributi
cercano di recuperare la dimensione attiva e costruttiva dell'identità femminile puntando sul
concetto di autonomia e indipendenza diversamente dalla storiografia degli anni '70 e 80 del 900,
guidati dal concetto di oppressione femminile. Studi sul monachesimo femminile, sono però molto
pochi i saggi del mezzogiomo italiano. Quasi inesistenti i contributi sul tema donna-potere. Un tema
che sta calamitando l'attenzione degli storici.

Santa Maria Porta Somma è il monastero su cui si concentra utilizzando due tipi di fonti: fonte
narrativa ovvero il Chronicon

fonti giuridiche corpus di documenti pergamenacei dell'archivio di Santa Maria Porta Somma, sono
atti di donazione privati o semipubblici o pubblici.

Cronicon beneventano

Bisogna abbandonare concezione positivistica della fonte. Quindi concezione statica delle fonti ma
invece bisogna avere una concezione dinamica della storia. La fonte va destrutturata prima di
leggerla,va interrogata per far emergere la verità nascosta. Bisogna ricordare che la storiografia non
è oggettiva ma è scientifica. Questa fonte non è oggettiva. Falcone di Benevento ha un obiettivo ed
evidenziandolo possiamo capire che non è oggettiva. Si tratta di una cronaca cittadina quindi fa
parte del genere della storiografia urbana. Fonti narrative hanno sottogeneri e lei fa parte del genere
storiografia urbana. Ebbe, questo genere, uno sviluppo grazie a notai cronisti. Si è sviluppato, con
minore fortuna, nel meridione. (In puglia abbiamo la fonte di Domenico di gravina). Falcone era un
esponente del ceto nobiliare. Era un notaio. Era un giudice. In qualità di giudice partecipa al
governo cittadino. Benevento era diventata nel XII secolo un dominio pontificio. Dal 1077 ci fu un
rettore pontificio a benevento, scelto dal pontefice. (ne abbiamo parlato con normanni). I rettori si
avvalevano. Si venne a creare due fazioni: popolare e filopontificia. Falcone affianca rettore.
Falcone vive un periodo di esilio perche la sua fazione ovvero la pontificia fu sconfitta. Va in esilio
a Napoli. L'esperienza lacerante dell'esilio gli fece sentire il bisogno di tramandare il ricordo del suo
presente storico caratterizzato anche da crisi. Ruolo sociale da lui svolto era il notaio. Il notaio era
un garante di autenticità. Doveva garantire autenticità dell'atto apponendo timbro ufficio notarile.
Signum Corrispondente alla decisioni dei contraenti.

In virtù del ruolo di notaio dichiara nella cronaca di voler tramandare ai posteri solo la memoria di
avvenimenti veri e che egli aveva visto per esperienza diretta o anche appreso per testimonianze
orali. La sua narrazione copre arco cronologico non ampio da 1102 al 1140. Falcone dichiara nella
cronaca maniera sicura che la sua cronaca deve rispondere ai criteri di veridicità.obiettività
oggettività. Ma a dispetto dei pronunciamenti di oggettività in realtà ci presenta ciò che falcone ha
potuto vedere, osservare da un particolare punto di osservazione. In un momento particolare della
città in cui si andava consolidando il potere di Roberto il Guiscardo e poi quando si stava
affermando potere ruggieriano. Anche un tesista non può essere del tutto oggettivo perché potrebbe
dare più importanza ad alcuni dati.

Il cronicon è una narrazione soggettiva che denuncia il forte impegno civico e politico del suo
autore, ottica municipalista del suo autore. Ha precise scelte tematiche. Vie nella narrazione una
gerarchizzazione dei fatti, il modo in cui sono stati organizzati. Falcone si concentra sui contrasti
intestini in città tra fazione filo pontificia e filo normanna (popolare). Scontri intestini che avevano
fisicità. Questa cronaca cittadina ci permettere di vedere i protagonisti di questi scontri. Asseragliati
in case-torri mentre cercano di difendersi dai loro oppositori Il fenomeno dell'esilio e del
fuoriuscitismo sono collegati a fenomeni intestini. Allontanamento volontario dei cives dallo spazio
urbano quando capivano che Stavano per perdere per raggiungere città amica fuoriuscitismo. Esilio
è allontanamento forzoso in città amiche di nemici. Attenzione con scontri dei nemici esterni alla
città. Guerriglia ai danni dei cittadini beneventani, creando condizioni di solidarietà che portavano
alla riaffermazione della collettività quindi una esaltazione del patriottismo civico. Queste guerriglie
esaltano il patriottismo civico. Descrive solenni celebrazioni religiose, organizzate da arcivescovi di
benevento da cui emerge la consapevolezza della comunità di formare organismo dotato di una
propria identità.

Falcone vede affermazione dignità beneventana dando immagine di sé. Tutta la comunità partecipa
al potenziamento dello spazio urbano. (addobbano- puliscono la città)

Coprono le zone devastate da nemici con facciate posticce.

Evento catastrofico: il terremoto di forte intensità nel 1125 per 15 giorni sconvolse Benevento.
Territorio sussultorio. Creando danni indicibili.

Lacerazione profonde nel tessuto sociale. La città fu distrutta. "Sprofondare sotto terra" innesto
delle processioni di crisi: il bisogno di riorganizzarsi. Ricorsero all'intercessione dei santi patroni. Il
papa si recò a pregare nella chiesa a piedi scalzi per chiedere perdono. Gli eventi venivano visti
come una punizione divina. Poi organizzano processioni di crisi, con fini espiatori che
ricompattarono la comunità cercando di uscire dallo stato di scompiglio. A queste processioni
partecipavano i supersiti (donne, ecclesiastici etc.) a capo vi era arcivescovo e preti tra le macerie
cercando di portare le reliquie e i santi protettori.

Falcone individua altre vicende notevoli:

privilegi di natura economica

episodi di natura monastica (elezione delle badessa Betlemme)

la badessa Betlemme giovanissima (meno di 20 anni). Alla sua elezione assiste Falcone.
Rivendicazione dell'autonomia del monastero di Santa Maria Porta Somma, il monastero si vide
chiamato nel palazzo del rettore perché dal rettore era andata la badesse Agnese del monastero di
San Pietro dicendo che la badessa Betlemme fosse stata cletta senza volontà e che vi fosse una
dipendenza tra san Pietro e Santa Maria Porta Somma. Il rettore chiese di portare le carte a sostegno
della propria posizione. Da questo scontro usci vincitrice Betlemme. I rapporti di forza erano
cambiati. Prima racconto dell'elezione di Betlemme e poi riconoscimento di autonomia da parte del
papa concedendo la propria protezione, diviene un monastero che dipende da Roma. Significativo il
porre questi fatti in questo ordine. Betlemme era esponente dell'aristocrazia guerriera normanna.
Com'è vista la vittoria di Betlemme da Falcone? Riconoscimento autonomia- autocoscienza in una
cronaca in cui lo scopo era esaltare l'autocoscienza cittadina.

Che ruolo assegna alle donne:

Betlemme è una delle poche donne che entra nella scrittura del Chronicon, soprattutto uomini. Si
affacciano donne anonime: 1139 durante funerale di RAINULFO D'ALIFE, cognato di Ruggiero II
macchiandosi di diritto di fellonia contravvenendo rapporto col cognato e aveva accettato il titolo di
duca di Puglia e Calabria. Mentre Ruggiero marciava contro di lui. Renulfo mori e viene sepolto
con gli onori. Ruggiero fa portare il corpo di putrefazione per tutta la città. Prima dell'arrivo di
Ruggiero II. pianto rituale espresso da donne anonime che si abbandonano a pianto prescritto.

Perché si reca nella chiesa di San Bartolomeo? Per portare doni. Lei entra con un contingente
militare. Entra da un arco trionfale ed esce dall'arco di porta somma. Questa notizia gira che sta
entrando un'imperatrice. Quindi la gente si accalca nella speranza di poterla vedere.

Condizionate dalla volontà dell'autore di far divenire storia ciò che ha ritenuto utile alla definizione
dell'identità civica beneventana. Autocoscienza cittadina. Vuole promuovere la consapevolezza di
possedere una propria storia particolare che avrebbe potuto stimolare la coesione dei cives che
invece erano in lotta tra di loro in virtù delle fazioni che si erano venuti a creare. Altra fonte sono le
pergamene dell'archivio monastico di santa maria porta somma. Se non si crea restauro potrebbero
non esserci più. Dopo la soppressione del monastero furono portate nel monastero di san Pietro intra
muros che distrussero molti atti. Conservarono solo alcuni atti. Molte cose andarono distrutte a cui
si aggiungono terremoti. L'archivio di San Pietro entra muros alcuni furono dispersi ulteriormente.
Quello che è rimasto è però importante. Sono pergamene che hanno soprattutto atti privati. Le
pergamene rivestono interesse paleografico e diplomati stico ma soprattutto storico. Gettano luce su
fasi evolutive di questo monastero beneventano a caratterizzazione aristocratica Erano monasteri di
antica fondazione pero quello di Santa Maria Porta Somma fu abbattuto e trasformato nella
residenza dei rettori pontifici. Furono costrette ad abbandonare perché rettori per ragioni difensive
si costruirono questa residenza. Betlemme era figlia di gerardo di greci esponente della nobiltà
normanna. I documenti del periodo di Betlemme sono tanti perché domina per sessanta anni.

Storia del monastero: avvolte nel buio vicende iniziali a causa del vuoto documentario, Il cenobio
doveva già esistere nella metà del secolo VII, secondo testimonianze indirette, esisteva già cella del
monastero di San Pietro intra muros che era stato assoggettato alla giurisdizione tra il 756 e 758 con
il duca Liutprando, San Pietro intra muros aveva giurisdizione. con certezza l'esistenza del
monastero è documentata nella seconda metà del XI secolo. Vi è carta venditionis nel marzo 1086
in cui viene menzionato il monastero che compra beni estesissimi nel territorio beneventano, pur
essendo atto privato ha caratteri di solennità. Vengono descritti nei particolari.

Betlemme fu indotta a prendere il velo dalle strategie familiari del gruppo familiare. Le donne erano
costrette a prendere il velo. Perché la nobiltà normanna tese costruire rapporti con la gerarchia
ecclesiastica collocando suoi membri nei monasteri. Queste famiglie dell'aristocrazia normanna
hanno formato monasteri e chiese private che venivamo dotati e diretti con mediazione del membro
della famiglia che veniva messo a capo. Strategie familiari della famiglia normanna Santa Maria
porta somma non è un monastero privato ma era monastero di nobili. Una parte delle monache
veniva reclutata tra i membri della comunità. Alcune non venivano date in sposa perché erano
deformi o vedove. Questo avveniva in età moderna. Le famiglie venivano avvantaggiate sul piano
sociale. Si venivano a creare lotte intestine tra nobili. Facevano a gara a fare donazioni alla
comunità monastica. Una volta eletta una badessa veniva coadiuvata. Vantaggi economici: la
badessa vende una serie di beni ecclesiastici importanti.

Nel XIV secolo vi è una nuova condizione nubilato volontario- terzo stato (terza via). Muoveva da
istanze religiose e riceveva approvazione ecclesiastici, riceve legittimazione sociale, era la sola via
che consentiva alla donne di avere libertà. Bonifacio VII 1298 emana la prima bolla sulla clausura
ma non fu molto osservata. La stretta clausura nel 1563 a partire dal concilio di trento allo scopo di
controllare le intemperanze e abusi compiuti dalle monache frutto delle monacazioni forzate per
infrangere voto di castità. Vi sono anche donne di bassa estrazione che vengono prese dai territori
che costituiscono le dipendenze del monastero. Durante il governo di Betlemme radicamento in
zone lontane da Benevento, grazie a donazioni di provenienza feudale.

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