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STORIA DELL’ARTE EUROPEA

Le interpretazioni e le analisi storiche si basano su di un modello che si presenta e al quale

vengono poste delle argomentazioni. Non si dice assolutamente che le cose siano così punto e

basta, non si hanno nella storia dell’arte delle verità assolute, ci si basa su delle conoscenze date

nel pregresso e si formano sulla base di fatti delle ipotesi che possono tranquillamente mutare

nel corso del tempo e con l’aggiunta di ulteriori conoscenze.

Lo storico con il suo pubblico deve attuare dei discorsi chiari e di facile comprensione, per poter

comunicare in maniera ottimale con l’uditore che ha davanti.

Il concetto di Europa è senza alcun dubbio sulla bocca di tutti. Ognuno di noi ha delle

conoscenze e delle diverse nozioni. Bisogna studiare la storia dell’arte come fosse un fenomeno

europeo, quindi attraverso elementi che fanno si che un modo espressivo diventi ad esempio

europeo.

Si sono scelti quattro grandi momenti in cui una certa produzione artistica diviene considerabile

europea, che diviene talmente importante che si diffonde divenendo anche considerabile come

linguaggio artistico europeo. Il lavoro all’interno del corso sarà problematizzare gli avvenimenti,

attuando un’analisi di quattro grandi episodi delle grandi arti europee tra la metà del ‘400 e la

fine del ‘700 da un punto di vista storico.

1. Primo tema: riguarda il Quattrocento. E’ legato al mondo nord-olandese del XV secolo, con

il tema dello sviluppo artistico nei principali centri di produzione e di fioritura culturale

economica e sociale in quello che è il (chiamato così oggi) Belgio, e come le arti prodotte e

promosse, divengono una sorta di modello di qualità e di eccellenza per gran parte

dell’Europa del Quattrocento;

2. Secondo tema: riguarda il Cinquecento. Con una nuova realtà politica e socio-economica e

un altro equilibrio delle forze in Europa. Queste ripercussioni hanno grandi ripercussioni sul

modo di esprimersi degli artisti e nel ‘500. L’arte fiorentina può essere definita come un’arte

che nasce da un fazzoletto, mentre tutta Europa non guardava ai canoni fiorentini attraverso

il modello classicheggiante proposto da Vasari. In questo periodo le corti divengono il

cosmo del potere di uno stato assoluto capeggiato dal principe: modello classico delle corti

italiane;

3. Terzo tema: riguarda il Seicento. Le conti che hanno condizionato il mondo politico nel

1500 non sono più così importanti. Nascono grandi stati territoriali con mire

espansionistiche e si assiste ad uno spostamento dell’equilibrio delle forze che passa


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dall’Inghilterra all’Italia, in particolare modo nei Paesi Bassi, con la “nascita”di una

produzione artistica rivoluzionaria che condizionerà tutta la produzione successiva. Si parla

in particolare modo di arte pittorica. Il formato è relativamente piccolo e la rappresentazione

riguarda nuovi nemiche divengono la nuova merce di scambio senza precedenti;

4. Quarto tema: riguarda il Settecento. Trasformazione del sistema delle arti visive che

avvengono nella seconda metà del Settecento, con la rivoluzione francese che metterà fine

all’Ancien Régime alla fine di questo secolo. Questa crisi si esprime attraverso le arti

concretamente in un cambiamento radicale di un sistema di arti con tutte le sue

caratteristiche.

1.

La produzione artistica del mondo non è poi così grande, e stiamo parlando dell’arte delle

Fiandre.

Ritroviamo il Ducato della Borgogna che nasce anche se molti secoli prima, nel ‘400 diviene uno

stato con un importanza uguale al Regno di Francia, che usciva in quei decenni faticosamente

dalla devastante guerra dei 100 anni contro gli Inglesi (guerra che non portò a nessun vincitore),

ma il risultato fu la nascita e la crescita dello stato della Borgogna.

Termine che nel corso si userà in molteplici occasioni è CORTE: cento del potere di un paese

prima della Rivoluzione Francese e può anche essere centro del potere spirituale, come ad

esempio a Roma (la Francia non era una democrazia, ma era governata da un principe, il quale

potere veniva conferitogli da Dio; ecco perché la chiesa e il governo secolare sono

interconnessi e convergenti in maniera sorprendente).

Il potere è chi comanda, chi impone determinati ordini. Oltre a questo però dal primissimo ‘400

in Francia si ci esprime in termini visivi; si manifesta in maniera a volte anche prepotente e

questa tendenza porta a divenire anche un’unità fisica in quanto insieme di soggetti che

lavorano e vivono insieme (quindi si parla anche dei principali paladini del principe e ci ruota

intorno a lui).

Idea fulcro viene proposta da Aristotele: il principe è colui che esercita il potere, proponendo

anche l’idea di MAGNIFICENZA: principe non ha solo il diritto, ma anche il dovere di mostrarsi a

tutto il popolo in magna pompa, in quanto il suo potere va sottolineato e mostrato al mondo.

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Questo concetto sarà molto importante per comprendere questa fioritura di corte, in quanto la

gran parte delle opere artistiche sono riconducibili a situazioni di corte.

Si pensa inoltre che il Rinascimento sia nato in ambito civile e borghese, una reazione contro la

corte e il suo potere, ma la realtà è esattamente opposta. La nascita del ceto borghese in termini

di importanza e intraprendenza avverrà secoli avanti.

La Borgogna, in ogni caso, nasce come stato rivale alla Francia, in quanto era confinante e ad

essa facevano parte i Paesi Bassi. Nel mondo europeo si apre anche il pericolo islamico, che

tonerà ancor più forte nel ‘500, mentre nel ‘400 le rotte commerciali fanno si che le industrie

possano crescere e devenire molto importanti (Borgogna aveva accesso al mare del Nord).

Dove vi erano movimento e commercio nasceva la nuova arte con presupposti ed idee

totalmente nuove.

GEOGRAFIA: sino a 20 anni fa l’Europa era divisa in Occidentale e Orientale. La storia dell’arte e

culturale hanno fortemente risentito di questa suddivisione politica post seconda guerra

mondiale e solo negli ultimi 25 anni si è limitata all’Europa occidentale.

Non si parla ora del positivismo tipico dell’800, che pensava che raccogliendo il maggior

numero di dati si possa già “aver detto tutto”. I dati sono sì fondamentali e di estrema

importanza, ma non sono leggi fisse e da prendere come perfetti ed inopponibili, ve ne sono

solamente alcuni di fissi e sicuri. Il dato vale solo dal momento in cui lo s’interpreta e lo si pone

in un contesto. Parliamo sempre d’interpretazione e quello che ci interessa è quello che poi

appuriamo ed analizziamo.

Concetto: perché insistiamo nel parlare (come arte del 1400) di quella fiorentina come fulcro

centrale piuttosto che di quella presente nel Ducato della Borgogna?

Troviamo quindi qui una disparità rispetto alle forze presenti in campo in opposizione alla

percezione dei nostri preconcetti.

Vi sono una serie di spiegazioni riguardanti al perché la prima associazione che viene fatta

riguarda l’arte fiorentina e una di queste potrebbe essere il fatto che in Italia sono sopravvissute

la maggior parte delle opere artistiche rispetto ad altri luoghi geografici oppure perché la stria

come la conosciamo è un’invenzione italiana e fiorentina dato dallo studio e gli scritti di un

Vasari (influente storico dell’arte dell’epoca).

Vasari scrisse una critica artistica sui migliori artisti dell’epoca, citando quasi unicamente artisti

fiorentini.

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Crea l’idea che l’arte ha una sua storia autonoma, e crea delle biografie illustrando le loro opere.

Egli non illustra semplicemente una serie di biografie, ma lavorava per la corte dei De’ Medici,

scrivendo questa prima storia delle arti per glorificare la Firenze sotto questa corte e tutta l’arte

viene quindi analizzata da lui, e ancora tutt’oggi possiamo utilizzarla come modello.

Come tutte le grandi idee deve però essere posta nel contesto giusto: mentre a Firenze vi sono

un Alberti con un sistema estetico e un Vasari che pone questo sistema in una storia operativa

dell’arte totalmente convincente, nel nord per una serie di motivazioni non vi sono né un Vasari

né un Alberti, nessuno scrisse qualcosa sulla grandezza delle Fiandre, vi sono solo opere che

parlano, ma non di un apparato tecnico che ha condizionato non di poco la nostra visione e

quindi la nostra concezione e conoscenza.

La storia con tutte le sue vicissitudini incide molto sulla nostra conoscenza concerta di ciò che

studiamo. L’Unesco ha detto circa 10 anni fa che l’Italia è il paese ove esistono opere artistiche e

culturali di maggior numero e valore.

Tutto ciò che è cultura Nord Europea è estremamente compromessa a causa di diversi

motivazioni:
- evento che ha avuto luogo a metà del 1500: politicamente l’Europa era dominata da Romano
Impero ed Impero Asburgico, ma religiosamente (che era estremamente fondamentale) era

un fattore non solamente spirituale ma anche puramente sociale (la socializzazione non era

assolutamente come al intendiamo noi ora). La chiesa era il centro della vita sociale, l’unico

punto dove si andava per incontrare gli altri abitanti della popolazione e per parlare non solo

di religione ma anche di mercato,…


- al Nord il grande fatto della religione a metà del ‘500 era la Riforma Protestante che ha la
scissione effettiva della chiesa di Roma e le altre chiese.

Nasce qui il problema legato al culto delle immagini quindi all’iconologia. L’immagine è una

riproduzione falsificata di quello che è la vera essenza, il vero nucleo della chiesa e della fede;

Dio non ha un immagine, ma vive dentro alle credenze e ad ogni persona. Ecco che ci si ritrova

ora difronte ad un momento storico in cui nelle chiese e nelle istituzioni religiose e pubbliche

ove si iniziarono a distruggere tutte le opere e le immagini sacre/religiose.

ICONOCLASMO: movimento che durò almeno 30 anni, ove vediamo le grandi chiese olandesi,

tedesche,…private delle loro forme d’immagine: enorme perdita a livello artistico, difficile da

superare.

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Durante il ‘900 con la prima e seconda guerra mondiale la maggior parte delle opere vennero

frantumate e devastate; anche durante la rivoluzione francese le ripercussioni che dovette

subire la Francia furono decisamente negative. Tutti i beni ecclesiastici furono tolti dalle chiese e

molti santuari sono stati rasi al suolo per motivi solamente ideologici (in Italia non si verificarono

devastazioni di così grande portata).

Questa prima immagine è una scultura italiana, modello classicheggiante ed un viso

estremamente pulito e dettagliato. E’ un opera giovanile del famoso Michelangelo, artista che

elaborò tutte le sue opere con estremo interesse del dettaglio. Questa scultura si trova ora e

dalla sua origine a Burges, ed è l’unica opera michelangiolesca che ha realizzato per un

committente al di fuori dell’Italia che si trova e trovava nella cattedrale di questa città.

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Altra importante opera è il trittico (opera suddivisa in tre parti, una centrale e due laterali che si

possono aprire e chiudere) di un artista di Burges non italiano arrivato dalla Germania di nome

Hans Memlinc. Questi ebbe successo verso la fine del 1400 e ritroviamo molteplici cose da dire:

• le figure qui sono monumentali;

• grande attenzione ai particolari e grande cura del dettaglio;

• il paesaggio è caratterizzato da uno scorcio registrato minuziosamente con l’utilizzo di un

arazzo dilungato che significava che all’epoca i contatti commerciali facevano si che anche i

reperti orientali potessero essere consumati dai ricchi commercianti.

Questo di Memlinc fu un una delle molteplici opere esportate, da questo grande artista, in tutte

le parti del mondo e i suoi clienti più accaniti era sicuramente gli italiani lavorando con molti di

loro (suoi committenti).

Se ben si guarda il posizionamento della Vergine. Vi è una certa somiglianza con la scultura di

Michelangelo, riprendendola in quanto probabilmente utilizzata dallo stesso Memlinc come

spunto. Motivi italiani si rivedono all’interno di quest’opera, come si può anche vedere nel

trittico di Andrea Mantegna conservato a Verona (sorta di osmosi tra Nord e Sud — vi sono anche

convergenze e differenze tra le varie opere).

Vediamo infatti in quest’opera una grande attenzione e una volontà di resa spettacolare di

particolari riconducibili alla natura, e della realtà, motivi estremamente nuovi che Hans riuscì a

riprodurre in maniera diversa rispetto agli stessi italiani.

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Ulteriore dipinto preso in esame estremamente importante è il trittico dell’artista Hugo Van Der

Goes (opera che si trova oggi presso il museo degli Uffizi a Firenze), commissionatogli da un

italiano fiorentino direttore della baca medicea, un certo Portinari, dal quale prende poi il titolo

(mandato a Firenze con una nave tramite le rotte commerciali del tempo). La prospettiva viene

raggiunta tramite un gioco di tonalità e rappresenta uno dei massimi esempi di pittura

fiamminga. In primo piano vediamo un elegante signora con la sua figlioletta e il marito con i

due figli nella parte opposta (non segue il modello sistematico e tradizionalmente utilizzato

della proporzionalità).

Nei minimi particolari l’artista riesce a riprodurre la realtà in una maniera tale che nessuno sino a

quel momento era riuscito a riprodurre.

Opera di tavola su legno e le immagini sono qui dipinte tramite una tecnica innovativa che fa si

che queste opere dimostrino le qualità mitiche che abbiamo già illustrato.

Portinari è presente nel dipinto assieme alla moglie in dimensioni ridotte, inoltre il trittico

rappresenta l’adorazione dei pastori eseguito per essere collocato all’interno della cappella di

famiglia.

Si tratta di una delle opere più significative per gli ulteriori sviluppi che avverranno in seguito al

suo arrivo a Firenze e nell’influenza della pittura locale.

Gesù si trova nella terra nuda volta ad esaltare l’umanità; la Vergine anch’essa rappresentata in

grande umiltà è come una donna del popolo, una popolana e i pastori in adorazione sono

completamente realistici.

I gigli in primo piano sembrano una natura morta, sono simbolo della purezza di Maria e Gesù

(opera che riscosse grande successo a Firenze).


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Vi sono una serie di dipinti fiamminghi di autori che lavorarono in città, ma non solo per una

clientela locale (della stessa città) ma anche sublocale (corte della Borgogna) — realtà

estremamente ricca e sfarzosa, che rappresenta il primo esempio moderno di magnificenza e

che si muove nelle città anche delle Fiandre dove i gruppi della Borgogna avevano la loro sede.

(possiamo inoltre vedere un realismo nella rappresentazione dei particolari).

Trittico realizzato su tre tavole che rappresenta l’identikit della tavola d’altre del Nord Europa,

mentre in Italia si verifica una sorta di rivoluzione, divenendo uno spazio unitario, quindi la

creazione d’illusione di uno spazio unitario in una tavola singola unica.

Il fondo qui è oro tecnica tradizionale che vi era già nel ‘300/anche prima. La tecnica utilizzata

prende anche il nome di versione mista in quanto vediamo uno sfondo completamente oro,

tolto di qualsiasi dettagli, mentre i personaggi in primo piano sono realizzati minuziosamente e

con la tecnica fiamminga del tempo.

L’autore è tedesco e l’opera si trova in Colonia, grande metropoli all’epoca in quanto si trovava

su di un fiume (n.b per il commercio!). Si trovava nell’asse nord-sud ma era anche

strategicamente posizionata tra est e ovest (non troppo lontana dalle Fiandre). Il nome

dell’autore è Lochner pittore importante del tempo che aveva a metà del 1400 “ottenuto” spunti

dall’autore Jan Van Eyck con il suo “Polittico dell’agnello di Dio”.

Due signori in primo piano porgono dei doni al bambino e l’altro prega; essi sono i Re Magi,

molto importanti a Colonia in quanto pretendevano di avere delle reliquie dei Re Magi, ecco

perché stanno in primo piano con un'altra santa, molto venerata anch’essa che con una schiera

di vergini era passata per Colonia e aveva subito un terrificante martirio da parte degli Unni.

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Santa Orsola è una delle grandissime della città di Colonia e viene ancora venerata (la vediamo

a sx con le vergini).

Non è una semplice pala d’altare ma ha un grande valore simbolico della città ecco perché le

novità si mescolano in varie parti delle Fiandre.

(il terzo Re Magio non c’è forse perché nero).

Incredibile qualità dell’opera forse dopo “L’Agnello di Dio di Jan Van Eyck” (tesoro inarrivabile),

un opera stupenda realizzata per un canonico di nome Van Der Paelal che vediamo ben in

evidenzia come nell’Agnello di Dio, incluso nello spazio sacrale. Il canonico non è mai stato qui,

ma si può dire che il magnifico santo a destra di nome San Giorgio non è mai stato presente ad

una scena con la Madonna, ma che è una tipologia inventata, ma resa con attenzione ai

particolari e agli spazi che lo rendono assolutamente credibile, come se fosse qualcosa di

realmente esistita.

Una cosa importante è l’immagine (intelligente) che include anche la cornice, e fino ad ora la

cornice era qualcosa di secondario che noi non prendiamo in considerazione. Qui invece la

cornice era già presente nella tavola dove l’autore doveva lavorare e quindi era parte integrante

dell’opera e se presa ora viene considerata come grande perdita, magari con presenza di

indicazioni scritte come ad esempio date ed iscrizioni.

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L’assoluto splendore dell’arte fiamminga a Prado e a Madrid, fu creata intorno al 1450. Le

deposizioni di Cristo hanno una grande scuola di Realismo, che contraddistingue molti prodotti

artistici del fiammingo internazionale: è altamente empatica. L’opera presa ora in esame è

dell’artista Rogier Van Der Weyden più giovane ma quasi contemporaneo a Van Eyck. Lavorò in

una bottega molto grande e lavorò molto anche nelle Fiandre. Fu un pittore molto versatile con

una produzione vastissima di ritratti e opere religiose. I temi che andavano per la maggiore nella

sua bottega furono ad esempio quelli legati alla Passione di Cristo. Come ogni artista fiammingo

ritiene una grande attenzione verso i minimi particolari. La “Deposizione di Cristo” (opera presa

ora in esame) venne salvata dall’iconoclasmo grazie a Filippo II (figlio di Carlo V) che la volle per

il monastero dell’Escorial.

Oggi la ritroviamo al museo del Prado. Possiede una grandissima carica ESPRESSIVA ed

EMOTIVA. Il perno della scena sono la Madonna e Cristo. Maria (sempre rappresentata con il

vestito di colore blu) rappresenta una chiave per tutti noi: simbolo del dolore umano. Accanto a

lei vediamo Maddalena e Giovanni che la sorregge mentre distrutta si accascia sul terreno.

La figura della Vergine sembra echeggiare la forma di Cristo, quasi nella stessa attitudine.

Questo è proprio il Classicismo legato alle sculture romane, con il sistema di prospettiva

teorizzato da Leon Battista Alberti e Vasari, ma in realtà nell’arte fiamminga è presente ma in

maniera decisamente diversa.

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Non vi è nessuna resa spaziale intorno a loro, pare che siano inseriti all’interno di una scatola

(sembra la riproduzione in pittura di una scultura in legno).

Collegandosi a quest’ultima considerazione, è utile dire che nell’Europa del Nord la scultura in

legno era notevolmente sviluppata, maggiormente rispetto a quella pittorica. Nell’angolo di

questa presunta scatola, si trova un piccolo dettaglio (IMPORTANZA DEL GUARDARE PER

COMPRENDERE LE CHIAVI DI LETTURA), un arco con una freccia. Il dettaglio è davvero piccolo,

ed è la chiave per comprendere la committenza.

Questa tavola venne realizzata per la cappella degli Acera in una chiesa a Lavanio.

Domenico Ghirlandaio, con l’opera qui riprodotta di “Adorazione dei pastori”, fu uno dei più

importanti pittori di fine ‘400 a Firenze, assieme a Botticelli.

Ghirlandaio eseguì una pala d’altare per la Cappella Sassetti in Santa Trinità, oltre ad altri

affreschi ancora presenti dal ‘400 (Sassetti fu un banchiere mediceo, compagno di Portinari).

L’artista qui conserva la resa naturalistica e l’attenzione per il dettaglio, inoltre mantiene le

medesime pose, e i volti, dei tre pastori proposte da Van Der Goes. Il paesaggio viene adattato

al clima fiorentino, rendendolo primaverile. La povertà dominante fiamminga viene sostituita qui

dai dettagli preziosi degli abiti e dei richiami all’antico.

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Seppur variando gli oggetti che la compongono, conserva l’idea di inserire elementi il cui

significato simbolico rimandi al mistero eucaristico. Per il resto è classicheggiante ma d’influenza

fiamminga. Non si parla qui più di trittico ma di pala d’altare unitaria.

Siamo quindi soliti ad associare la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 a quel periodo cardine del

classicismo, rinascimentale di stampo fiorentino italiano, ma questo grande sfarzo ai principi

europei non tanto tramite il linguaggio classicista ma tramite questa elaborata ornato,

calligrafico stile tardo-gotico, il gotico fiorito, uno stile che si potrebbe chiamare gotico

rinascimentale.

Due esempi di questo stile:

Non viene usato solo negli altari e nei dipinti ma anche nell’architettura monumentale.

1° esempio: Portogallo, Belem sobborgo di Lisbona e la prima cosa che si vedeva era il

monastero dell’ordine dei gerosolimitani, monastero di fondazione reale e nel cortile viene

adoperato questo stile ornato primi del ‘500 ;

2° esempio: corridoio con molta attenzione ed elaborazione dei particolari —- in quelli scolpiti

abbiamo qualche ricordo dello stile rinascimentale, classicheggiante è stato INCORPORATO;

3° esempio: struttura a dx verso lo sfondo: tomba monumentale di Margherita figlia di

Massimiliano I (Sacro Romano Impero) sposata con il duca di Savoia (territorio da Francia a

Piemonte). Margherita si è fatta costruire nella città di Brou a Savoia un grande capolavoro

dell’arte del gotico fiorito (dettagli virtuosistici).

TRADIZIONE NORD EUROPEA.

2.

IL CLASSICISMO NELLE CORTI DEL ‘500:

Qui vediamo che si stabilisce un altro stile europeo: cambia completamente la situazione, non è

più il modello fiammingo quello che prende il sopravvento, ma un modello classicheggiante

(modello visivo, intellettuale ed ideologico che prende le sue origini non più nelle Fiandre e

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nella realtà sociale, politica dei duchi di Borgogna, ma prende il suo avvio in Italia, fra le sue

corti) — Roma sarà il suo centro.

L’ Italia è una realtà frammentata, realtà che per noi è molto importante. In questa

frammentarietà vediamo vari poteri, ma una potenza molto importante la vediamo a Venezia,

una delle realtà politiche più importanti in questo conglomerato di stati.

Vediamo qui un ritratto ora conservato al Louvre, appartiene ad un giovane pittore di Urbino

che si sviluppa fra Firenze ed “esplode” come pittore di corte a Roma: è Raffaello Sanzio.

In termini di tipologia questo ritratto si rifà al modello quattrocentesco di origine fiamminga;

ritratto mezza figura su sfondo a tinta unita e posto quasi a 3/4 e riprende altri elementi

caratterizzanti dello stile fiammingo. Vediamo però delle differenze: è maggiormente

monumentale ma anche maggiormente diretto, pare che dialoghi direttamente con noi.

Ritratto qui è Baldassar Castiglione era un cortigiano un mix tra umanista (FILOLOGO) e

diplomatico. La sua fama ancora al giorno di oggi si deve al suo scritto “Il cortigiano”. All’interno

di questo scritto propone uno stile di vita, un sistema di valori che dovrebbe essere utilizzato da

colui che lavora e vive nelle corti.

(All’ interno di una stampa di un artista nordico vediamo una riproposta di Roma del tempo e

sulla dx vediamo il foro romano, un esempio che verrà presentato e strumentalizzato in una

visione nuova imperiale che starà alla base di quello che sarà il modello classicheggiante che

partirà da Roma e che poi conquisterà completamente l’Europa).

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Prendiamo ad esempio un’altra opera su carta, un disegno di un artista nordico che evoca un

qualcosa di molto importante. Ci troviamo nella residenza papale di Roma, che per molti motivi

era finita in un momento di grande crisi che solo verso la metà del ‘400 venne ripreso da alcuni

papi energici che dopo il ristabilimento papale e dopo la guerra dei 100 anni e l’assesto

politico, decidono di ristabilire l’autorità di una Roma papale, ponendosi come capi della

cristianità che svolgeva la sua funzione proprio da Roma riprendendo la grandezza spirituale dei

grandi imperatori romani come Costantino.

In termini architettonici e artistici abbiamo compreso che la magnificenza che si esprime era uno

strumento formidabile per tutti i regnanti. I papi si rivolgono all’esempio imperiale e cominciano

ad elaborare prima di tutto il loro palazzo, quello del Vaticano, da considerare più come una

struttura urbanistica.

Anche la Basilica di San Pietro adiacente al palazzo del Papa, dove tradizionalmente sarebbe

stato sepolto l’apostolo San Pietro. Bellissima chiesa paleocristiana che però era andata in rovina

e non corrispondeva più alle idee della rinnovazione sulla falsa riga del modello imperiale

romano che i Papi tra fine ‘400 e inizio ‘500 avevano in mente.

Il grande fautore di queste idee fu Giulio II della Rovere ed è a lui che dobbiamo questa idea di

trasformare la basilica di San Pietro in un grande monumento trionfale con poi la tomba dello

stesso Giulio II.

Vediamo qui il modello secondo la visione di Giulio II

e Bramante doveva presentarsi il nuovo San Pietro.

Moneta realizzata quando si stava costruendo la

chiesa che a fine ‘500 è stata realizzata in maniera

diversa.

Vediamo qui una struttura centralizzata con una grande cupola centrale

vedendo anche il modello planimetrico, non è longitudinale ma centrale.

Vediamo un dipinto dove vi è un Papa molto importante: Sisto IV creatore di cose molto

importanti come questo affresco. Qui viene proposta una scena piuttosto interessante, non vi è

nessuna traccia di gotico, ma un modello classico monumentale ed è così che ci si immaginava

un palazzo imperiale all’epoca. Vediamo il Papa seduto e circondato da personaggi e un signore

inginocchiato: un grande umanista di nome Platina al quale viene conferitogli il titolo di

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bibliotecario della biblioteca Vaticana, dove nasce il centro di studi umanistici che rafforza e da

forma all’idea di rinascita di potere e saggezza sotto i Papi.

L’artista è Emiliano di nome Melozzo da Forlì, ha solo indirettamente a che fare con il fiammingo

in quanto i ritratti delle figure sono registrati in maniera molto monumentale anche se a 3/4

tipica caratteristica fiamminga.

Famoso anche per una parte di creazione della Cappella Sistina, situata fra la Basilica di San

Pietro e il palazzo del Papa.

Questa era la Cappella privata del Papa che viene costruita da Sisto IV sul modello del tempio di

Salomone e le misure in effetti corrispondono a quelle che tradizionalmente venivano pensata

fossero le misure del tempio di Salomone.

La decorazione avviene con grandi dipinti di scene bibliche da parte di artisti fiorentini e centro

italiani. Il modo in cui loro realizzano i temi è una grande arte monumentale con la tecnica del

Rinascimento fiorentino.

Al lati delle pareti (soffitto michelangiolesco è quello che tutti i turisti guardano sul soffitto ma

sulle pareti vi sono grandissimi dipinti che dovrebbero essere presi in esame), vediamo temi in

parallelo tra antico e nuovo testamento, scene di Mosè da una parte e della vita di San Pietro

dall’altra.

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Analizziamo ora un dipinto per noi essenziale, per gli elementi qui raffigurati. L’artista è Pietro

Perugino, personaggio n.b, anello di congiunzione tra Domenico Veneziano e la grande arte

innovativa di Raffaello (Perugino fu maestro di Raffaello).

Qui vediamo schierati in primo piano due gruppi, con al centro la figura di Cristo con in mano

una chiave gigantesca conferita a colui in ginocchio, San Pietro il primo Papa.

Le figure in primo piano si costituiscono come una sorta di schermo a quello che succede in

secondo piano (togliendole avremmo uno spazio ideale, costruito attraverso il sistema

geometrico con punto centrale in cui convergono tutte le linee del pavimento che sono in realtà

parallele che convergono in questa architettura dipinta che viene determinata dalla cupola e

dalla presenza di colonne, capitelli e archi a sesto che non hanno nulla a che fare con l’eleganza

calligrafica del gotico, questo è un modello al 100% classico —- evocazione dell’idea di

Bramante). A sx e dx vediamo due archi trionfali che vediamo tutt’ora a Roma ad esempio. Ecco

che il Papa congiunge e ricongiunge il potere spirituale con quello temporale e territoriale dei

grandi imperatori.

(Altra immagine sul power point scena di Mosè dove vediamo in primo piano un ulteriore arco

trionfale).

L’ eroe di questa grande innovazione è appunto Giulio II e vediamo qui il suo ritratto realizzato

da Raffaello Sanzio.

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Giulio II qui è ritratto seduto su di una sedia adornata, che segue il

modello fiammingo in qualche accenno ma molto presente è la

monumentalità e i particolari classici, che diverrà il modello da

seguire in tutta Europa da questo momento in poi.

Vediamo ora un edificio realizzato dallo stesso architetto innovativo e contemporaneo, amico di

Raffaello, Donato Bramante.

Questo è un edificio molto piccolo ma con pretese molto monumentali, è il Tempietto

(Cappella) dove venne ucciso dalla sua fede l’apostolo già citato San Pietro, si trova nella chiesa/

convento in San Pietro in Montorio.

Questo possiamo identificarlo come il capolavoro costruito completamente sui precetti

classicheggianti greco-romani da Bramante. Anche qui abbiamo una cupola e una costruzione

su pianta centrale, come se fosse un mega miniatura di San Pietro.

Le idee di base di Bramante sono state riprese da svariati libri di Vitruvio presenti nella

biblioteca che venne realizzata sotto comando di Sisto IV — ideale per una nuova architettura

vitruviana.

(Vediamo fregi con triglifi, con le metope, come veniva descritto da Vitruvio, ripreso e tradotto

da Bramante in termini più consoli all’epoca in cui si trovava).

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Vediamo ora la Cappella Sistina maggiormente nel dettaglio. La pittura di Raffaello Sanzio (dopo

tirocinio sotto Perugino arriva a Firenze dove conosce le opere di Michelangelo e Leonardo e

assimilando le loro lezioni in una sua visione di pittura viene chiamato da Giulio II a Roma nel

1508 e successivamente diverrà suo committente), inizia con le stanze del palazzo Vaticano,

grandi vani e sale che venivano usate da ricevimento dal Papa e la prima di queste stanze è

quella della Segnatura, dove vediamo appunto una delle maggiori opere di Raffaello.

Le stanze sono sale non grandissime di formato quadrato con una finestra da una parte.

Passiamo poi ad analizzare il primo affresco che Raffaello realizzò dove possiamo notare ancora

il ricordo del suo apprendistato presso Perugino.

Raffigura qui un sacramento sopra all’altare circondato da gruppi di persone. Sul piano stilistico

abbiamo visto che la “Consegna delle chiavi” di Perugino era una raffigurazione in cui le figure

sono staccate dallo spazio architettonico e paesaggistico che si trova alle loro spalle, ma non

sono neanche ben amalgamate (potremmo togliere figure senza perdere il senso della

composizione). Con Raffaello questo cambia in quanto le figure sono state concepite in gruppi

che conversano tra loro — rapporto spazio-dinamico delle figure, e riempiono completamente

anche lo spazio costruito e sono tra loro completamente amalgamate tra loro (NOVITA’

completamente CLASSICHEGGIANTE).

Abbiamo qui a che fare con una composizione che da una parte ci fa pensare ad “Agnello di

Dio” di Van Eyck di un secolo prima.

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Vediamo un asse verticale con in cima Dio Padre e sotto di lui Cristo e sotto ancora la Colomba

(Trinità) che sboccano al centro della composizione dell’Eucarestia. Nella parte di sopra

vediamo due grandi raggruppamenti di persone: sulla Terra e sul Cielo dove vediamo i Santi

maggiori della cristianità, non solo gli Apostoli ma anche i creatori dei grandi ordini religiosi;

affianco a Cristo troviamo anche la Vergine Maria e a dx San Giovanni Battista (sintesi della

religione cristiana).

Siamo qui nel 1509-10 subito dopo la grande evocazione dell’Eucarestia, dell’edificio spirituale

della chiesa, abbiamo una raffigurazione che pur essendo molto famosa non può smettere di

sbalordire.

Ci troviamo nell’epicentro spirituale e politico del papato, ma in questo affresco non troviamo

questo parallelo, ma piuttosto una raffigurazione della saggezza filosofica, classica, quindi

PAGANA.

Vediamo una grande struttura architettonica sotto la quale vediamo schierati al centro sotto

all’arco di fondo abbiamo i due più importanti filosofi greci che sono a sx Platone e a dx

Aristotele attorniati da figure sparpagliate nella grande piazza, dove troviamo i vari filosofi che

alla nostra sx sono da considerare platonici e a dx aristotelici.

DEDUZIONE VS INDUZIONE.

Viene sottolineato qui il sapere classico, sulla falsa riga dell’umanesimo che fa si che il sapere

classico viene messo a disposizione delle idee anche politiche del Papa che venendo qui

vengono evocate.

19
Quasi tutte queste figure si trovano in dialogo con altre, la composizione figurativa è pensata a

gruppi e non a singole figure (la NOVITA’ che dicevamo prima).

Le figure ci ricordano anche infatti delle tipiche statue antiche di origine greco/romana, che

riscuotono la grande importanza classica che ora si vuole ricordare nelle grandi

rappresentazioni artistiche.

Alle spalle le figure hanno un enorme edificio classico, con appoggi verticali (colonne) ove

appoggiano degli architravi orizzontali (tipico classico). Questo grande edificio fa pensare alle

rovine classiche romane che furono d’ispirazione all’amico di Raffaello, il famoso Bramante.

In termini popolani questo affresco venne chiamato “Scuola di Atene” realizzata in concomitanza

con la nuova idea di Bramante per la basilica di San Pietro (ecco che vediamo l’idea di Bramante

riproporsi nell’idea di Raffaello).

Integra inoltre le figure che sono in vivacissimo rapporto l’una con l’altra. Vediamo nella seconda

figura di dx che ci guarda con il copricapo è l’autoritratto di Raffaello che ricorda un autore

veneziano che era consono fare così.

Altra opera essenziale è il David (vince contro Golia) di Michelangelo Buonarotti, giovane artista

fiorentino e uno dei fautori di questo nuovo linguaggio che mette sotto sopra tutto il nuovo

sistema sino ad ora studiato, il rinnovato classicismo.

La statua ora si trova nell’Accademia a Firenze, ma originariamente era destinato al centro

repubblicano della città di Firenze.

20
Inizialmente a Firenze vive dei primi anni non troppo semplici dove a fine ‘400 avevano preso

potere i Medici creando una forte reazione in tutta la popolazione che riuscirono

successivamente a cacciarli ristabilendo la democrazia dello stato fiorentino — Michelangelo era

un pro della democrazia.

Eroe virtuoso, nudo che vince contro l’opponente Golia, la tirannia. Come poi si ripone tra

democrazia e De’ Medici.

Michelangelo qui per la prima volta dopo la caduta dell’impero romano crea una figura

monumentale e completamente nuda e rispettando le proporzioni ideali della figura umana così

come veniva tramandata dalle regole dell’antichità classica (contrapposto: peso posto su una

gamba che sarà poi alla base delle figure del classicismo europeo).

NON HA SEGUITO LA REGOLA CLASSICA PER: mani e testa troppo grandi in quanto la

preistoria di questa scultura è una ridattazione di una scultura precedente realizzata da un altro

scultore intorno al 1400 da porre in alto sul Duomo (elementi fondamentali diventavano infatti la

testa e le mani).

La volta della Cappella Sistina è una delle sue opere caridini (anche se da pittore diverrà

prevalentemente scultore) con scene dell’Antico Testamento con al centro scene della Genesi.

Quest’opera la realizza mentre alcune decine di metri Raffaello stava lavorando per altre stanze,

quindi i due artisti stavano gomito a gomito anche se aveva due caratteri profondamente

antitetici.

Soffermandosi sulle scene della Genesi affiancati da figure monumentali che sembrano quasi

sculture tradotte in pittura ove vediamo delle Sibille che profetizzarono la venuta di Cristo (es.

Sibilla Delfica che ci mostra questa monumentali e dinamismo delle figure che si girano e si

rigirano come abbiamo visto con Raffaello e che mentre nella pittura fiamminga e fiorentina del

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‘400 lo spazio viene creato e all’interno gli artisti posizionano le figure che a volte si possono

anche spostare, qui divengono indispensabili per la realizzazione spaziale, lo spazio di per sé

non conta più, ma viene creato e dominato dalle figure).

Vediamo altre due figure scultore monumentali di Michelangelo che preannunciano quelli che

saranno gli stilemi fondamentali per tutto il secolo. A sx vediamo una sorta di David

(allegoricamente rappresenta la vittoria) fatta per la tomba di Giulio II che aveva visionato la

nuova chiesa di San Pietro anche come una sorta di mausoleo per sé stesso, posto al centro

della chiesa — monumento che non venne mai realizzato per la chiesa che ora si trova a San

Pietro in Vincoli.

Vediamo qui questa torsione della figura, questo dinamizzare nello spazio della figura, mai visto

nella scultura del 1400.

La figura a dx chiamata “schiavo” con significato non del tutto chiaro, figura sempre nuda che

sembra svegliarsi e ribellarsi. Vediamo ancora presente l’idea del contrapposto in maniera però

molto più dinamica (Michelangelo del 1520).

Il classicismo a Roma invece, che successivamente creerà uno stile che diverrà esportabile in

tutta Europa anche per quanto riguarda l’architettura profana.

Al centro di Roma abbiamo uno dei palazzi più monumentali concepita nei primi decenni del

1500 per la famiglia Farnese (arricchitasi e che riuscì ad assicurarsi un posto nell’aristocrazia

romana arrivando anche al papato).

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Concepito in varie fasi ma che ci fa capire come questo classicismo ordinato e molto

monumentale e trasmissivo in cui la prima pietra viene posta da Antonio da San Gallo allievo di

Bramante nei primi anni del 1500.

Si parla qui di classicismo ma palazzi concepiti in questo senso non esistevano sino a questo

momento, quindi che venne inventata da questi architetti come nuova categoria (ogni finestra

sembra un piccolo tempietto).

Le grandi potenze europee come Francia e Germania si giocavano il potere anche e in

particolare modo sulla penisola Italiana che stavano sotto l’influenza delle grandi potenze e ciò

vale anche per il papato, il capo spirituale della cristianità avente un territorio piccolo che veniva

contestato da francesi e tedeschi.

In una stampa francese vediamo il piano originale del

Ca m p i d o g l i o, i l v e c c h i o c e n t ro d e l l a Ro m a

repubblicana ed imperiale che venne riformulata con

un palazzo centrale e due affianco sotto la regia di

Michelangelo negli anni del 1530.

L’idea di questa nuova pianificazione venne fatta per

creare una sorta di scenografia per impressionare

l’imperatore tedesco Carlo V che era di fatto il padrone

della penisola italiana alla sua venuta a Roma negli anni

’30. Al centro della piazza si trovava (ora una replica)

una statua equestre di Marco Aurelio che all’epoca si pensasse rappresentasse Costantino il

Grande, colui che aveva dichiarato il cristianesimo come religione ufficiale dello stato romano.

Statua che fu idea/visione che era già stata presa in considerazione anche nel secolo

precedente da Donatello e da Verrocchio a Venezia.

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Di Leonardo da Vinci (terzo membro della triade che trasformano l’arte in maniera totalmente

nuova) vediamo un’opera ove viene rappresentata Sant’Anna, la Madonna e Gesù in una

composizione completamente sintetizzata integrati in un paesaggio splendido ove la resa

sfumata crea la situazione più schematica e sintetica. Dipinto mai finito e realizzato per il re di

Francia, ma appunto mai consegnato al committente, che ora si trova al Louvre.

Vediamo la medesima cosa anche nell’opera “L’ultima cena” ove Cristo si trova di fronte alla

finestra aperta che ci fa pensare alla posizione dei due filosofi nella “scuola di Atene” e

possiamo trovare un rapporto assolutamente emblematico tra Raffaello e Leonardo stesso.

Le figure qui sono completamente dinamiche concepite in gruppi di tre (6 a sx e 6 a dx) gruppi

che si muovono e gesticolano l’uno con l’altro (stessa cosa che abbiamo visto nella “scuola di

Atene”).

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LA PITTURA VENEZIANA

Altro centro di grande rinnovamento dove le figure condizionano lo spazio e divengono

trasmissive e dinamicamente dialogano ed entrano in contatto l’una con l’altra, è la Serenissima

Repubblica di Venezia, che nei primi anni del ‘500 era uno dei pochi poteri rimasto libero da

una qualsiasi dominazione straniera che fosse questa francese o asburgica. Anche lo stato

papale era nominalmente libero, ma lo stato papale era economicamente molto meno forte di

Venezia ed era sempre un giocattolo o nelle mai dei francesi o degli asburgici. La ricostruzione

del Campidoglio che abbiamo appena evocato era negli anni 30 del ‘500 una bellissima visione

di un potere imperiale che univa Papa ed imperatore come i dominatori del mondo, ma in realtà

il Papa all’epoca era sotto l’influenza e il dominio di Carlo V che aveva anche sconfitto i francesi

ed era di fatto il dominatore della penisola italiana (anche se con forte tensione Venezia era

l’unica ad essere effettivamente libera).

Francesi uniti agli Asburgo cercano di impadronirsi di Venezia ma le forze in campo essendo

chiare non riesce ad emanciparsi al meglio e rimane sempre molto attenta alla situazione.

Venezia è uno dei centri più importanti nel rinnovamento artistico in particolare modo nel

campo della pittura, ove la figura chiave è un pittore che nasce in Cadore a nord di Venezia, ma

che da molto giovane si sposta al centro e in pochi anni riesce a conquistare la piazza con una

pittura innovativa; stiamo parlando di Tiziano proponendo qui un opera relativamente giovanile

dell’artista (forse aveva qui 30/35 anni), grande dipinto su TELA (“invenzione” che viene molto

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sviluppata dai veneziani che essendo lagunare e sempre umida, sviluppa l’arte su tela e non

quella su muro come l’affresco che abbiamo visto fino ad ora).

Questo è un dipinto monumentale ed è un dipinto che non si presenta con una tematica

religiosa come eravamo abituati ma ci ricrea invece una scena mitologica greco-romana, che

stava divenendo sempre più importante.

Esso fa parte di una scena di dipinti che Tiziano con altri pittori del tempo ha realizzato tra la fine

del II e inizio III decennio per il duca di Ferrara che era uno di questi piccoli staterelli che erano

in principio indipendenti ma che vivevano sotto l’egemonia di una delle due grandi potenze

citate ripetutamente sino ad ora.

Ferrara era una città con una corte ricca e che conosceva una grande fioritura artistica che

declinò su modelli sempre più classici che divenne fonte di esempio per le grandi potenze che

la comandavano.

Vediamo qui raffigurata una scena piuttosto movimentata dove vediamo un giovane che salta

fuori da un carro curioso spinto da due animali esotici (ghepardi) mentre guarda una figura di

una giovane donna che dalle movenze pare sorpresa e forse un pò spaventata. Altre figure

mezze nude ballano e saltano sulla destra del paesaggio.

I colori usati sono pallidi e schematici rispetto ad esempio all’arte di Raffaello. La scena proposta

qui è di Arianna che lasciata dal suo amato Teseo che tornava ad Atene (vediamo a sx della

spalla della ragazza una barca che torna verso Atene). Passa allora il dio Bacco che si innamora

pazzamente della giovane, seguito dal suo corteo sulla destra appunto di bacanti.

Tiziano qui riesce a ricreare una scena ricca di piacevolezza, dolcezza e sensualità senza pari

grazie anche all’uso dei colori e di come riesce ad adoperarli.

La pittura antica veniva descritta in alcuni scritti antichi come quelli di Plinio e Filostrafo (che

descrive una serie di dipinti che stanno alla base delle nuove evocazioni che i pittori usano

come punto di partenza per ricostruire una pittura all’antica come ad esempio fa Tiziano).

L’uomo nudo in primo piano circondato da serpenti ricorda molto il modello del famoso gruppo

di Laooconte, gruppo ellenistico scoperto a Roma nei primi anni del ‘500, che divenne in questi

anni assolutamente essenziale e modello per moltissimi artisti: riscosse molto successo — figura

monumentale, muscolosa, in pieno movimento e anche drammatica.

Altro dipinto della serie che si trova ora a Madrid a Museo del Prado, porta ancora avanti un

livello ancora più spettacolare con una sensualità totale in questo baccanale che Tiziano si

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inventa con molteplici figure tutte monumentali in un paesaggio glorioso con un sole ridente —-

evoca l’età d’oro.

Realizzato pochi anni dopo il precedente sempre per Alfonso D’Este di Ferrara. Vediamo anche

la figura gloriosa in primo piano di donna nuda ubriaca oramai addormentata, rappresenta una

delle grandi invenzioni di Tiziano che dimostra la sua pittura sensuale che avrà un immenso

successo in Europa che qui vediamo come una composizione più grande e complicata, che poi

Tiziano userà come figura singola.

Anche nella pittura religiosa l’innovazione porta il nome di Tiziano. Vediamo qui come esempio

la pala d’altare di maggior rilievo dell’artista che si trova tutt’ora nella chiesa veneziana dei Frari,

pala che rientra nella categoria della sacra conversazione.

E’ una pala complicata che in termini semantici ci mostra

una grande innovazione: Madonna con bambino non è al

centro ma sulla destra quindi la composizione non è più

piramidale ma ha una dinamicità che viene sfruttata da

Tiziano in rapporti dinamici tra le varie figure; Madonna

guarda in giù San Pietro (che pare il centro della

composizione) che a sua volta guarda in giù la figura del

committente (l’aristocratico veneziano Pesaro). A destra

vediamo i famigliari dei Pesaro con il ragazzino che ci

guarda e sopra di loro il santo San Francesco che dialoga

in maniera dinamica e naturalistica con il bambino Gesù

27
indicando il gruppo dei famigliari dei Pesaro per ottenere la loro salvezza.

Composizione di una rinnovata monumentalità, dinamicità e una nuova struttura tra le varie

figure.

Tornando alla figura di Carlo V che nel II decennio del ‘500 diverrà erede del trono imperiale di

suo nonno Massimiliano I.

Carlo V diventa protagonista del palcoscenico europeo ed è in lui che si idealizza il volere del

ricostruire il grande impero da Carlo Magno nel IX secolo (partendo dall’Italia, dal Papa con il

quale vorrebbe condividere questo sogno).

Per fare ciò Carlo V aveva anche bisogno di una ideologia politica e la rinnovata idea della

renovatio imperi fra i primi decenni del ‘500 ritorneranno molto utili.

Era un principe sempre in viaggio, non ha mai avuto il proprio palazzo, proprio come facevano i

principi del ‘400 e le sue opere venivano esposte nel palazzo di sua sorella a Bruxelles, oppure li

portava con sé.

L’impero di Carlo V era complicato, segnato da tanti contrasti e difficoltà, uno dei quali era

l’avvenimento dello sviluppo della riforma protestante (scissione cristiana della chiesa di Roma)

e gran parte delle terre asburgiche si ribellarono contro la chiesa di Roma, quella sposata anche

con Carlo V.

Comandò a Tiziano di ritrarre lui e i suoi fedeli; ritratto come grande cavaliere, ed ecco che qui

l’abilità di Tiziano si vede anche come ritrattista dei grandi principi; ritrattista della casa

asburgica (ritratto è al culmine di questa idea imperiale e di cui Tiziano è uno dei più grandi

visualizzatori).

28
E’ proprio grazie a Tiziano che lo stile classicheggiante è diventato un prodotto europeo. Nel

ritratto equestre del duca di Lerma, il ministro di Filippo III re di Spagna che viene qui

raffigurato da Rubens, il vero erede di Tiziano come pittore internazionale di corte. Anche qui la

relativa scioltezza della pennellata e lo splendore cromatico che senza l’esempio di Tiziano

sarebbero stati impensabili.

Altro ritratto equestre è quello di metà 1600 di Filippo IV, realizzato su di un cavallo come

capitano, ove Diego Velazques si mette nella tradizione tizianesca, non solo per il soggetto ma

anche per quello che riguarda lo splendore coloristico e il carattere bucolico del paesaggio.

Altro ritratto conservato al museo del Prado con il museo di Carlo V che ricordiamo essere

l’imperatore del Sacro Romano Impero (che non era solo la Germania ma anche parte di

Ungheria, Austria, Polonia,…), di un immenso regno e il figlio Filippo II era destinato a governare

come successore.

Ritratto sempre di Tiziano nello stesso anno in cui nella città tedesca dipinge Carlo V a cavallo. Il

figlio anche qui raffigurato in armatura, in piedi e a tutta figura, che già di per sé è molto

interessante ed inconsueto in quanto veniva quasi sempre ritratti a mezzo busto o solo della

testa (pratica e tradizione iniziata dai fiamminghi). A piena figura significa rappresentare il

principe nella dignità più alta, dove qui mostra il successore del regno davanti ad un tavolo con

tutti i simboli del suo potere e allo stesso tempo in atteggiamento rilassato.

Questa modalità segnerà la ritrattistica europea per almeno i 100 anni successivi.

29
Ora parliamo di Tiziano a servizio degli Asburgo:

Vediamo ora il “Ratto di Europa” che viene raccontata da Ovidio nella Metamorfosi che era

comunemente usata nel 1500 dagli autori nelle loro rappresentazioni: principessa che viene

rubata da un toro che era Giove trasformato per ottenere questa bella fanciulla che stava

facendo il bagno sulla sponda con le sue compagne molto agitate per la situazione. Vediamo in

alto i cupidi che ci fanno capire che si parla di una storia d’amore.

E’ il periodo tardo di Tiziano, periodo in cui inizia a riprendere la pittura mitologica e manda una

serie di dipinti e tele con tematiche mitologiche al suo committente Carlo V e poi anche a

Filippo II.

Filippo II che era destinato al titolo del padre di imperatore e re di Spagna (regno Asburgico)

ma venne invece eletto il fratello di Carlo V e a Filippo II rimaneva solamente la corona di

Spagna. Come tale trasformò Madrid in una grande corte monarchica che diventa anche uno

dei grandi centri culturali e artistici del mondo e per questa corte Tiziano alla fine della sua vita

manda le sue meravigliose opere mitologiche.

Il dipinto che viene contrassegnato da un colorismo intenso e variegato ma che allo stesso

tempo si contraddistingue da una pennellata ancora più liscia e aperta e quindi Tiziano è nel

suo stile tardo pre-figura allo stile brillante di Rubens (artista fiammingo).

Anche in questo dipinto vediamo come trasforma la visione classica in una estremamente

sensuale e attraente per questo principe anche molto severo.

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Meno aperto nella pennellata è l’opera più famosa della serie con il titolo “Venere e Adone”.

Venere si era innamorata di Adone, un cacciatore umano, che però per la gelosia degli dei

poteva anche essere ucciso e quindi Venere cerca di non mandarlo a caccia ma verrà comunque

ucciso dalla sua preda.

Vediamo qui la scena dell’addio, quando Adone va a caccia e Venere sa già cosa sarebbe

accaduto. Scena quindi molto drammatica ma molto forte in quanto vediamo un forte abbraccio

unito all’andarsene della figura maschile (Tiziano riesce a far risaltare il contrasto tra il corpo

muscoloso del cacciatore e la schiena nuda della bellissima dea).

Anche Rubens usa e trasforma quest’opera.

Parlavamo quindi di uno stile pittorico e architettonico classicheggiante e monumentale che

rievoca il sogno imperiale di Carlo V che non riuscì ad attualizzare come avrebbe sempre voluto.

Il grande gesto retorico dello stile classico diventa nel 1500 il modello da seguire in tutta

Europa. Vediamo infatti a Venezia (unico stato rimasto indipendente dalle influenze delle due

potenze) che la romanizzazione si fa sentire in particolare modo dopo un momento traumatico

ed emblematico: il sacco di Roma (evento che ha avuto luogo nel 1527, quando le truppe di

Carlo V stavano procedendo in Italia. Queste truppe protestanti avevano poca simpatia per lo

splendore che veniva emancipato dalla chiesa Romana, assalta Roma e la conquista

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saccheggiandola — momento di enorme trauma e che mette fine alla grande cultura

classicheggiante che sino a quel momento si era sviluppata).

Molti artisti che lavoravano a Roma dello stile classicheggiante fuggirono e trovarono un nuovo

impiego nelle città di corte del nord e del centro Italia.

Uno di questi fu Jacopo Sansorino che approdò a Venezia e trasformò Piazza San Marco con

alcune suo strutture classicheggianti, che senza il modello di Bramante non sarebbero stati

possibili. La libreria di San Marco ad esempio, centro del sapere che stava alla base del buon

governo che si pretendeva dalla Repubblica veneziana (all’interno dono di manoscritti

costantiniani del ‘400) viene edificata da lui e si presenta come un grandissimo esempio di stile

classico romano.

Tornando a Roma in quel magico momento del regno del papato vediamo il grande Raffaello, e

analizziamo l’edificio più innovativo dell’epoca di Giulio II: la loggia di una Villa costruita da

un’architetto senese di nome Baldassar Perusi, che successivamente viene decorata da Raffaello

e i suoi collaboratori.

Vediamo una visione di questa decorazione, realizzata nella forma di pergola aperta mentre le

parti centrali sono state completamente coperte da arazzi vi sono tutti i dipinti con l’evocazione

della storia di Psiche (storia mitologica scritta da

Apuleio).

Grande sequenza di visioni ariose e una

magnifica evocazione di classicismo che diverrà

il modello per una serie di decorazioni anche

fuori da Roma.

La scena centrale sono i nuziali di Psiche che è

una vera evocazione di classicismo, realizzato in

maniera diversa da Tiziano che inizia anche lui a

dipingere scene mitologiche e i disegni

sembrano delle sculture tradotte in pittura con

colori più pallidi e meno brucianti ove forte è il

disegno e la linea (Tiziano invece forza del

cromatismo). Villa chiamata la Farnesina.

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Tornando a Tiziano, per comprendere meglio cosa accadde, l’anello di congiunzione che si vede

in questo ritratto preso in esame è il Rinascimento cinquecentesco a Mantova dei Gonzaga

(famiglia di duchi che erano feudali di Carlo V). Questo ritratto completamente cromatico e di

una palpabile vivacità (come rende il cane) è il duca Federico Gonzaga 1500-1540, ma negli

anni finali era una figura di peso nel mondo politico e culturale italiano, fu lui che introdusse

Tiziano a Carlo V.

Viene raffigurato a 3/4 in quanto non è il Re ma solo il duca.

Filippo Gonzaga è infatti considerabile come l’anello di congiunzione fra la Roma di Raffaello e

la quello che accadde poi a Mantova.

Vediamo infatti una villa paragonabile alla Farnesina appena vista. Questa villa venne realizzata

dall’allievo Giulio Romano di Raffaello ancora prima del sacco di Roma aveva deciso di recarsi a

Mantova che andò in questa grande villa fuori dalla città (Palazzo Tè). L’architettura è classica

molto interessante con una serie di soluzioni poco ortodosse, ma il punto focale sono le

decorazioni ad affresco delle sale principali tutte realizzate da Giulio Romano e i suoi

collaboratori.

Sono evocazioni elaborate dell’eco della decorazione di Raffaello è chiaramente riscontrabile e

visibile. La sala più spettacolare è la sala della “Caduta dei Giganti” molto teatrale e sembra

quasi cadano su di noi.

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Si vede come Giulio riesce ad andare oltre al classicismo moderato ed elegante del suo

maestro, creando una sorta di effetto spettacolare e crudo che avrà poi un grande impatto sulle

decorazioni reali, ducali e principesche anche altrove in Europa.

Evocata qui è l’architettura classica che sta cadendo e si sta rovinando.

Lo stile architettonico classicheggiante ha due o tre piani che prendono le loro origini da

Bramante che vengono poi ripresi da San Gallo e anche in modo diverso dagli allievi di

Raffaello, si traspone nelle corti del nord (Gonzaga, a Venezia, ma anche nel cortile del Palazzo

Ducale della città tedesca bavarese di Lansuls).

Città incantevole e non toccata dai bombardamenti situata a 70km da Monaco di Baviera., dove

aveva resistenza uno dei duchi di Baviera.

Giulio Romano ebbe il compito di realizzare il Palazzo (1° italiano rinascimentale a nord delle

Alpi). Esso venne creato nel 1536, coevi la costruzione di Palazzo Tè, con tutto l’apparato classico

che si conosce seguendo il modello di Vitruvio (colonne,…).

Magnifica volta realizzata da artisti tedeschi che lavorano seguendo lo stile di Raffaello che fa

pensare a quello che abbiamo detto nella Farnesina. Vediamo una romanizzazione dell’Europa.

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Con il Parmigianino (tornando alla pittura) altro allievo di Raffaello, vediamo un pittore che passa

a Roma e lavora prevalentemente a Parma, imbevuto nello stile classico di Raffaello.

In questo momento di crisi anche lui lascia Roma e si diffonde per l’Italia (Parma in questo caso)

e qui attorno al 1534 realizza per una committenza locale per il Duomo di Parma un dipinto che

prende il nome “Madonna con il collo lungo” ma il collo non è l’unico elemento allungato, con

esso anche la mano della Vergine, il bambino (troppo grande e pare come morto). La nascita del

bambino già include la sua passione nel pensiero cristiano, nel grembo della Vergine abbiamo

già l’annuncio che morirà.

Anche gli angeli, es quello a sx con la gamba lunga ed elegante pare quasi erotica come figura,

CURIOSA. Il linguaggio figurativo rimane però quello raffaellesco, elegante e classico.

Per comprendere il concetto è giusto fare un parallelo con la “Madonna Sistina” di Raffaello

realizzata per la chiesa di Piacenza che ora si trova a Dresda per motivi di collezionismo.

Questo dipinto raffigura una Madonna con il Bambino, come una sorta di visione affiancati da

due Santi con la visione dei due putti nella parte bassa del dipinto che rappresentano un unione

tra il nostro spazio e lo spazio della rappresentazione.

Il viso della Madonna e del Bambino sono eleganti e di una bellezza estrema, ma tutto rientra

nella misura del classicismo ellenistico.

Con Parmigianino invece anche se il format del viso è uguale, esagera nelle forme e le rende

quasi più eleganti e lo stile spesso viene definito con la parola MANIERISMO: parola molto

difficile e pericolosa in quanto mal definita nella storia dell’arte ed usata in maniera quasi

sempre in modalità dispregiativa, per tutte quelle opere che sono diverse dalla norma, e

rendono problematico l’uso della parola.

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Il dipinto di Parmigianino nei manuali di storia dell’arte viene presentato come un esempio

tipico della corrente del manierismo, tipica del 1500.

Per capire lo STILE bisogna capire che la parola “maniera” equivale al concetto di stile. Lo stile è

il mondo in cui viene figurata un’opera d’arte. Allo stesso tempo lo stile è un concetto che viene

associato ad un comportamento sociale. Ecco che questo doppio significato è molto

significativo.

La figura di Baldassar Castiglione che girò per le corti italiane ed è l’autore di un libro intitolato il

“Cortigiano” un vademecum del modo di comportamento di un cortigiano che fa parte della

struttura della corte. Questo modo di comportarsi è stato una sorta di cristallizzazione di una

forma di comportarsi che faceva distinguere con stile il cortigiano dal resto della popolazione.

E’ un dilettante in tutto ma si cimenta ed è interessato in tutto, dall’arte allo sport, alle buone

maniere ai vari tipi di comportamenti da tenere nelle varie situazioni; coloro che con grazia sa

comportarsi in tutte le situazioni in cui può trovarsi.

Se è vero com’è vero che Raffaello crea uno stile classicista è pur vero che questo stile è stato

associato con la cultura della corte del 1500 con l’idea di una rinnovazione, quindi un’idea

ideologia e politica.

Tutto questo ha anche una ripercussione teorica: senza l’opera di Vasari non potremmo capire a

pieno queste tipologie di arte ed era un uomo abituato alle corti.

Vasari non era solo un pittore ma anche uno scrittore a cui dobbiamo la prima storia dell’arte.

La norma estetica si evince nelle “Vite” ed è: l’arte classica greco - romana. Questa norma viene

raggiunta nell’arte tosco-romana nel 1500 e i rappresentanti sono Leonardo, Michelangelo e

Raffaello (il massimo di una norma estetica che Vasari vede crescere, da Giotto sino al ‘500).

Questo sistema crea anche delle difficoltà per i pittori successivi in quanto come poteva

divenne migliori dei loro predecessori?

Parmigianino qui ripete i modelli raffaelleschi rendendolo però più prezioso ed elegante, più

manierato. Questo è più lo stile e la maniera, la maniera ha la parte preponderante dell’opera, è

quasi più importante del contenuto.

Il contenuto è importante ma è come se la maniera divenisse ancora più importante e più

preponderante.

LA MANIERA E’ DENTRO ALLA REGOLA CLASSICISTA, ma viene maggiormente estrapolata.

Il concetto di maniera per la dimensione sociale e antropologica diventa molto importante

nell’arte delle corti del ‘500.

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Soffermandoci su quest’opera vediamo una galleria che ci fa pensare al loggiato della Farnesina

o della sala aperta della Galleria del Palazzo Ducale in Germania.

Siamo fuori dall’Italia in quanto ci troviamo in Francia dove l’influenza tuscanica si vede

maggiormente rispetto alla Germania. La Francia nel 1500 è il rivale più temibile e importante

degli asburgo per l’egemonia politica in Europa — battaglie combattute prevalentemente sul

suolo italiano (Francesco I è la controfigura di Carlo V che riesce ad occupare grandi parti

dell’Italia del Nord).

Francesco I guardando gli sviluppi artistici italiani con grandi interessi, in quanto era attivamente

interessato all’arte per le intrinseche qualità delle opere d’arte.

Mentre Carlo V non ha mai costituito un Palazzo suo, in Francia Francesco I ha costruito a

Fontemblu un Palazzo splendido di corte, dove lui ha creato la sua residenza di stampo

Rinascimentale.

Siamo nel 1530, anni in cui Giulio Romano lavora per i Gonzaga e crea il Palazzo Te, esempio

che piaceva molto a Francesco I, chiedendo a Giulio Romano di andare a lavorare per lui e per il

suo Palazzo.

Giulio Romano manda il suo più dotato assistente Primaticcio che assieme ad un pittore

fiorentino Rosso Fiorentino che dipinse una serie di affreschi contornati da stucchi (sculture a

gesso) di eleganti esempi di questa maniera che abbiamo appena definito con Parmigianino.

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Vediamo figure muscolose che ci fanno pensare al vocabolario della mitologia e dell’arte

classico che vengono maggiormente enfatizzate dalle figure in stucco. Lo stile e la maniera sono

sempre riguardanti i modelli raffaelleschi ma con maggiore raffinatezza e delicatezza.

Ci spostiamo qui avanti di circa 10/15 anni e vediamo un fenomeno molto interessante.

Immaginiamoci il Palazzo di Filippo I con tutta una schiera di artisti italiani; il figlio di Francesco I,

Enrico II, che in un certo senso voleva distinguersi dal padre, decidendo di spostare la sua

residenza a Parigi, al Louvre, e per abbellire decide di lavorare con artisti francesi che si erano

addestrati nello stile elegante della maniera classicheggiante raffaellesca. Uno dei più dotati è

l’artista (mentre gli artisti italiani erano prevalentemente pittori, in Francia l’arte della pittura nel

1500 non è mai stata molto popolare, non vi sono grandi pittori, sono piuttosto scultori) John

Goujon, a sx la fontana degli Innocenti e a dx due bassorilievi di ninfe acquatiche

classicheggianti che fanno quasi pensare alla scultura classica greca del V-IV secolo a.C.

Al Louvre (ora museo) vediamo una corte quadrata creata dall’architetto Pier Lescou in

collaborazione con Goujon per Enrico II. Vediamo delle facciate create sulla falsa riga dei palazzi

italiani del Rinascimento (come Palazzo Farnese), e capiamo come il modello classico nella sua

forma ideologica esprime una rinnovazione che era il sogno, la meta politica dei monarchi

francesi.

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Quest’altro esempio ci fa notare le mezze colonne, con i loro

capitelli e fregi, i bassorilievi meravigliosi della mano di

John, un magnifico esempio di classicismo creato però

appunto da artisti francesi che sino a quel momento non si

erano ancora troppo emancipati in campo classicista, sino a

quel momento valutato

e analizzato quasi ed

unicamente solamente

in Italia. Questa saliera

invece sulla destra, è

piuttosto una scultura

con raffigurati Nettuno e

Affite (ninfa) uno fronte all’altro, realizzata in oro e smalti e

metalli preziosi ed elaborati con grande virtuosismo.

L’autore è italiano, Benvenuto Cellini, un grande maestro di questa nuova maniera. La funzione

della saliera non è importante, è messa al secondo posto, quello che conta è la presentazione, la

forma e il virtuosismo, tutti gli elementi tipici della maniera che stiamo ora analizzando.

Benvenuto Cellini era anche responsabile della scultura presente a Firenze, realizzata in bronzo

di Perseo e Andromeda, figura che raffigura Perseo che ci porta ad un altro elemento dell’arte

39
della maniera: il virtuosismo, si vuole far vedere come se fosse stata costruita senza nessuno

sforzo o nessuna difficoltà.

Se si pensa al David di Michelangelo, esso si vede di fronte e non di lato, mentre gli scultori

della maniera riescono a far vedere le loro statue a 360°, e si possono anche notare delle

particolarità diverse in ogni lato in cui ci si pone ad osservare l’opera. Si scoprono quindi scorci

ed elementi nuovi. Nell’immagine qui che il piedistallo è molto elaborato, contenente 4 nicchie

che contengono delle sculture, e girandoci intorno vi sono figure diverse. La figura del Perseo

stesso è girabile comunque. Ha un elmo sulla testa che ha un viso umano raffigurato, che si vede

solo girando, parendo come una doppia testa.

Altro artista,Gian Bologna, rappresenta il suo capolavoro, una sorta di piramide umana dove le

figure che vadiamo sono una sopra all’altra, è come uno spirale; anch’essa girandoci intorno

pare forse addirittura un insieme di sculture completamente diverse l’una all’altra. Lo stile e il

virtuosismo sono più importanti del contenuto, concepita ed eseguita senza avere un tema per

la scultura, solo terminata ha pensato alla tematica: RATTO DELLE SABINE, dei primi romani nel

Lazio senza donne le rubarono dai loro vicini, le sabine. Il vero tema è però ovviamente il

virtuosismo e l’eleganza.

Pare proprio una torsione che noi chiamiamo: FIGURA SERPENTINATA, che può anche essere

declinata in in tre figure.

40
Era uno scultore dei paesi del Nord, proviene dal territorio franco-fiammingo che da giovane si

recò in Italia nella corte dei Medici e lì si sviluppò.

Ci ricordiamo che i Medici sin dal ‘400 avevano preso il potere a Firenze e vennero anche per

due volte cacciati in due rivolte oligarchico-democratiche, ma sempre rientrando poi a Firenze e

affermando il loro potere come duchi di Firenze e poi in Toscana, creando una corte di grande

appeal internazionale dove Gian Bologna divenne la star.

Vediamo qui un bronzo che fa emergere l’eleganza e la grazia quasi esagerata, ma anche il

virtuosismo tecnico che viene qui esibito come se fosse qualcosa di semplice. Vediamo

Mercurio che sta in equilibrio precario su una gamba, nudo e vagamente eroicizzante che

rimanda all’arte classica analizzata sino ad ora — vediamo sempre la maniera che si era

sviluppata nelle corti in questo periodo storico.

(paragone in questo caso con la Madonna dal Collo lungo è assolutamente appropriato da fare).

41
• 


• 


Passiamo ora ad analizzare il grande tema della committenza degli Asbugo, che a partire dalla

figura di Massimiliano I nei primi anni del ‘500, costituiscono il potere più importante

dell’Europa.

Ecco che la casa asburgica si divide in due grandi filoni, quello spagnolo e quello centro

europea, dove in quella spagnola ricordiamo il concetto/tipologia del ritratto del principe a

cavallo che abbiamo seguito tramite Carlo V raffigurato da Tiziano dopo la sua vittoria sui

Luterani, tramite l’esempio del duca di Lerman e anche il ritratto di Velazquez di Filippo IV —

sviluppo di dinastia con committenza artistica.

Nel filone centro europeo che alla fine del ‘500 e i primi anni del ‘600, trova un ulteriore

clamoroso splendore artistico e di committenza nella figura affascinante, emblematica e

contraddittoria dell’imperatore Rodolfo II — rampollo dell’altro filone.

Rodolfo II aveva da imperatore la sua corte inizialmente a Vienna che era diventata la residenza

degli asburgici centro europei. Ad un certo punto però, all’inizio della sua carriera, decide di

spostare la sua residenza a Praga, che era una vecchia città di corte della dinastia centro

europea precedente agli asburghi, con una consolidata cultura artistica, e qui trasforma Praga

nell’ultimo grande centro di arte e cultura di corte Rinascimentale legata da una parte

chiaramente e fortemente al classicismo regnante, che lui riusciva a conoscere tramite i suoi

42
rapporti con la corte Medicea, e dall’altra parte altri suggerimenti spiegabili per il carattere

territoriale del suo regno.

Il classicismo che per l’ultima volta ha una grande espressione che comprende tutti gli elementi

della maniera.

Lo stesso Rodolfo II aveva invitato Gian Bologna a Praga, che

però rifiutò ma invece mandò (si pensa i Medici) l’allevio più

brillante, un olandese che realizzò la sua fulminate carriera,

paragonabile a quella del suo maestro. Il nome di questo

allievo è Adriaen De Vries, autore di sculture mitologiche,

eleganti, allungate e classiciste con visibilità a 360°, elementi

che abbiamo già constatato in questa tipologia di arte.

Nella figura del “Laooconte” che è sempre il modello più

sublime del classicismo rinascimentale. Questa scultura per

altro non si trova più a Praga in quanto durante la guerra dei

30 anni che vide saccheggiare Praga da parte delle truppe

svedesi, e portando a Stoccolma i pezzi più importanti di

Rodolfo II.

Rodolfo II lo vediamo sopra in un ritratto di un pittore tedesco di nome Hans che ritrae Rodolfo

in maniera molto convenzionale a 3/4.

Vediamo poi una successiva opera composta da frutti che

sembra quasi una natura morta che però insieme formano

un ritratto, una figura umana con tutte le sue componenti,

una raffigurazione piuttosto virtuosistica che potrebbe

rientrare nel concetto stesso della maniera in quanto il

virtuosismo dell’artista trasforma una raffigurazione di frutti

in qualcosa di diverso, in un ritratto di una persona nota.

La figura rappresentata è Rodolfo II stesso e ci sembra

strano che la figura più illustre di Praga si fosse fatto

realizzare in queste strane sembianze.

Rodolfo era il regnante su un vastissimo territorio ed era

piana di campi, industrie,… e questa immagine ci fa vedere come il regno di Rodolfo sia un

43
regno prospero e ricco di frutti, e lui è colui che rende possibile tutto questo. E’ come un grande

lode al buon principe che si propone come un principe che in tutte le stagioni dell’anno (gli

elementi che vi sono corrispondono a svariate stagioni e momenti dell’anno) è garante della

prosperità del suo paese e del suo regno.

L’artista è un pittore lombardo, milanese che si era trasferito alla corte internazionale di Rodolfo

II e si fa un grande nome con opere di questo genere; si sta parlando di Arcimboldo.

La corte di Rodolfo II era una corte in cui convivevano opere di artisti come Arcimboldo con

opere di stampo classicheggiante in quando Rodolfo era un grandissimo collezionista di oggetti

e opere di tutti i tempi, era come una corte paragonabile alla corte della grandi meraviglie,

come se fosse un enorme museo, era una collezione di micro cosmo in quanto vi era veramente

di tutto e di tutti i tempi.

Da una parte queste collezioni rispettano la varietà della cultura dell’uomo di corte che

conosceva e guardava tutti questi oggetti, ma questo micro cosmo è anche un modo di

dimostrazione simbolica della padronanza del mondo da parte di Rodolfo II in quanto lo aveva

appunto in casa e l’imperatore poteva padroneggiare quindi il mondo.

Tutti questi oggetti venivano da una rete di agenti e consiglieri di arte che gli portavano gli

oggetti. Uno di questi agenti era un mantovano di nome Jacopo Strada che girava l’Europa

comprando e vendendo opere artistiche, proteggendo e stimolando carriere artistiche.

Vediamo qui, nel power point, Jacopo ritratto da Tiziano che era un artista che lui stesso gestiva.

Questo ritratto dinamico vediamo Strada con in mano una struttura classica che piaceva ad un

cortigiano a cui piace la maniera.

(altro esempio di Arcimboldo dove notiamo questa

sorta di naturalismo e di rimando alla simbologia per

spiegare realtà ovviamente molto importanti, che fa

parte di un ciclo di quattro dipinti che rimandano alle

stagioni dell’anno).

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Questa sala, è un esempio di una collezione di micro cosmo sulla falsa riga di quella di Rodolfo

secondo che ora non esiste più (a causa della guerra dei 30 anni), ma ci fa avere un idea di

come poteva essere.

Questo è l’antiquarium di un principe dell’Epoca, del duca di Baviera che aveva la sua residenza

a Monaco ricostruita dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale.

E’ ricca di sculture, ritratti, dei antichi, schierata lungo

le pareti di questo corridoio, che si rifà appunto

all’idea di micro cosmo.

Vediamo non solo artisti italiani che si esercitavano in

questo stile ad oltranza. Vediamo qui una

rappresentazione mitologica di Bartolomeo Spranger

che dopo un soggiorno in Italia con pittori che

dipingevano nel vocabolario della maniera, si era

recato a Praga dove era divenuto pittore di corte

dell’imperatore.

Si vede qui una posizione esagerata del corpo nudo

della ragazza in primo piano, portato assolutamente

all’estremo della maniera.

45
Tornando all’arte fiamminga in quanto nella corte di Rodolfo II (al suo potere rientravano anche i

Paesi Bassi) la città di Anversa era divenuta il successore di Bruge ed era il nuovo centro

fiammingo che si trasformò in un grande centro di produzione e sempre concentrandosi sulla

resa della natura, del particolare e mimetica dell’oggetto naturale.

Qui nel ‘500 nasce anche una nuova visone del paesaggio che viene declinato in vari modi e

l’artista principale che rende meglio i paesaggi è Pieter Bruegel Il Vecchio, autore di

stravolgente novità e di questo dipinto che fa parte di una serie di stagioni, in forma

paesaggistica, che rappresenta qui l’inverno. Opera che si può guardare per ore scoprendo

sempre simboli ed elementi nuovi continuamente; dipinto che piacque molto a Rodolfo II.

Per finire questo ciclo vediamo due opere dipinte dallo stesso artista con un lasso di tempo di

circa 5 anni, che fanno capire il concetto di maniera.

A sx vediamo una stupenda raffigurazione di Cristo morto nudo tenuto da angeli di Rosso

Fiorentino.

A dx invece vediamo un opera dipinta da Fiorentino 4 anni prima, una pala d’altare per la città di

Volterra in toscana come pala d’altare.

Questi dipinti vengono classificati come opere manieriste ma nella crocifissione vediamo molta

espressività e avverso di ogni abbellimento classicheggiante (proporzioni sono totalmente

diverse e la relazione tra le figure anche), espressione ad oltranza con tematica molto

46
drammatica. La figura a destra di San Giovanni è piegata dal dolore che se si alzasse

anatomicamente sarebbe troppo grande, ma quello che interessa qui è l’espressione religiosa e

non la proporzione o altro, la finalità è solo questa.

Nel Cristo morto invece vediamo la bellezza della figura, un magnifico colorismo e una testa

dell’angelo stupenda, che ci fa quasi pensare a Parmigianino. Non è l’espressività del tema che si

coglie di primo acchito (si trova al museo di Boston) ma è un esempio di maniera in cui lo stile e

la maniera prendono il sopravvento sul tema.

47
3.

IL SEICENTO NEERLANDESE

Ci si sofferma soprattutto sull’arte PITTORICA dei PAESI BASSI. Questo è il momento in cui la

maggior parte di opere pittoriche vennero realizzate e commercializzate qui, le stime non sono

esatte e omogenee ma possiamo parlare di quasi un milione di dipinti neerlandesi del Seicento.

Quando qualcuno entra in un qualsiasi museo Europeo trova sempre un reparto riguardante

questa pittura, e questo deve farci assolutamente ragionare.

I Paesi Bassi nel XVII secolo è un paese che è simile alla carta geografica degli attuali Paesi Bassi;

in questa carta vediamo che si tratta originariamente della parte settentrionale di un territorio

più esteso. I Paesi Bassi originariamente fino al 1570 comprendevano oltre ai Paesi Bassi odierni

e l’attuale Belgio e Lussemburgo; erano un tutt’uno che nel corso del ‘500 sotto Carlo V era

divenuto territorio asburgico, ovvero rientrava in quel grande regno che era il Sacro Romano

Impero capeggiato da Carlo V e poi da due regnanti: Il re di Spagna e dall’Imperatore che agiva

da Vienna.

La parte dei Paesi Bassi cadeva sotto la gestione della Spagna e quindi dal figlio di Carlo V,

Filippo II.

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I Paesi Bassi meridionali era dal ‘400 una regione estremamente importanti in termini economici,

commerciali e artistici, città come Anversa, mentre Bruxelles era la città governativa dove

risiedeva il comando spagnolo.

Parliamo della metà del ‘500, anni in cui Filippo II prende il potere e s’innesta sul trono di

Spagna. Allo stesso tempo ricordiamo che Carlo V aveva vinto i luterani e aveva quindi vinto

sull’emergere anche in termini politici.

Il luteranesimo invece (inteso come movimento protestante) non accettava l’autorità del Papa,

comportandosi in maniera molto equivoca nei confronti del Re Filippo II che era assolutamente

cattolico e quindi legato alla giustificazione del potere tramite il divino che viene sanzionato

dalla Chiesa.

Ad Anversa il movimento luterano diveniva sempre più forte e un grande problema quindi per

Filippo II stesso che sentiva anche la pressione fiscale sui Paesi Bassi, che molto ricchi potevano

stipendiare le sue guerre e conquiste.

Vi era quindi una doppia attenzione, sia ai luterani sia alle situazioni fiscali che si stavano

verificando in questi anni.

L’autorevolezza di un dominio spagnolo alle aristocrazie locali veniva visto male in quanto era un

governo che si trovava molto lontano da loro.

Vi furono due particolari eventi e uno di questi fu quello legato all’ ICONOCLASMO: non

riconoscevano l’uso delle immagini nella religione cristiana, e quindi cominciavano ad attaccare

le chiese distruggendo le opere artistiche visto come attacco diretto alle autorità che nel 1568

coincideva ad una vera e propria resurrezione a cui parteciparono non solo i ricchi e le ricche

regioni ma anche le regioni a nord che sono gli attuali Paesi Bassi di ora, che era a quell’epoca

una regione molto acquatica e quindi una terra diversa rispetto ai Paesi Bassi meridionali.

Queste due regioni erano molto diverse l’una dall’altra sia per quanto riguarda la situazione

economica, sia la situazione artistica e culturale. queste regioni del Nord raggiungono e si

alleano a quelle del Sud durante la resurrezione che viene vinta dalla stessa resurrezione

capeggiata da un aristocratico tedesco, che divenne ben presto una battaglia legata alla libertà

stessa di queste regioni. Questa resurrezione per i primi 10 anni andò molto bene battendosi

contro gli Spagnoli che poi nel 1585 riuscirono a riconquistare la città di Anversa (la più

importante in termini artistici all’epoca) che era anche centro della protesta stessa.

49
Gli spagnoli sotto al condottiero Alessandro Farnese riescono a riconquistarla e questo è un

momento molto importante per noi a livello di studio, in quanto rimase la seconda città

asburgica in quel territorio; ecco che la resurrezione diviene solo un caso.

La conquista ha avuto delle enormi conseguenze: i ribelli avevano in mano la parte che da verso

il mare, Zelanda, una provincia molto acquosa con isole e con un unione tramite il fiume al Mare

del Nord, e quindi quello che fecero i ribelli fu di chiudere la bocca del fiume e bloccato il

commercio di Anversa che non potè più funzionare come grande porto.

Ecco che negli anni ’80-90 del ‘500 avvenne una grande emigrazione da Anversa in Germania,

in particolare ad Amsterdam che diventa di fatto il NUOVO CENTRO COMMERCIALE E BANCA

DEL NORD.

Questa grande guerra prese il nome di guerra degli 80 anni fino alla firma della pace.

(nel gergo diciamo OLANDESE stiamo parlando di abitanti di una provincia che fa parte di una

confederazione repubblicana governata da un consiglio che si riuniva in una città chiamata Aia).

Questa presentazione ci serve come punto di partenza per poter comprendere diversi dati e

che questa nazione che lentamente sta crescendo è una nazione atipica nel panorama Europeo

così come lo abbiamo trattato sino ad ora, in quanto abbiamo parlato di corti e principi che

erano dei regnanti assoluti; i Paesi Bassi del Nord non avevano una tradizione di corte, erano un

paese rurale che solo a fine ‘500 inizio ‘600 stava

crescendo come realtà indipendente

sviluppando delle industrie e del commercio in

maniera che nell’arco di qualche decennio

questa periferia verso il Mare del Nord divenne

una potenza di grandissima importanza e

ricchezza. Era però una repubblica capeggiata

non da un principe ma governata dalle città

principali che mandavano i loro rappresentati al

consiglio all’Aia (un QUASI PRINCIPE c’era ed era

il generale delle truppe, in quanto in un paese in

guerra il generale era fondamentale che era

Gulielmo di Orange e in successione i suoi figli).

Interessante è l’interno della sala centrale di un palazzo costruito nel 1645 (fine guerra 80 anni)

costruita da Orange di nome Federico Enrico (II figlio di Gulielmo assassinato nel secolo

50
precedente), abile generale che aveva acquistato veri territori per la nascente repubblica, iniziò

a costruire questo palazzo all’Aia che prende il nome di Casa al Bosco.

Dopo la morte di Federico Enrico la sua vedova porta a termine l’opera facendo decorare la sala

principale con una serie di dipinti di grande formato che glorificano la vita del suo defunto

marito. Questa decorazione è l’insieme di grandi tele con dei soggetti eroici, allegorici e con

figure di dei antichi che riguarda la grande retorica che abbiamo analizzato nel periodo

precedente. Glia artisti che contribuirono erano per la gran parte del Sud, coloro che erano

sotto il controllo degli asburgo (che avevano corte a Bruxelles). Più grande artista che rimase a

servizio degli asburgo, una delle poche famiglie che non si spostò a Nord ad Anversa dopo che

vinse durante la guerra, era Piter Paul Rubens (che abbiamo già visto in lezioni precedenti), che

possiamo definire pittore di corte Europeo. Non contribuì a dipingere in questa sala, ma una

schiera di allievi e seguaci andarono a dipingere lì.

Vediamo qui una simpatica carta geografica che

prende le sembianze di Leone e guardandola

bene include tutti i Paesi Bassi, Nord e Sud.

Venne fatta dopo la resurrezione e in momento

in cui in realtà la scissione aveva già avuto

luogo, ma ci si rifà alla situazione originale in cui

insieme avevano preso le armi contro gli

spagnoli: EVOCAZIONE AD UNITA’ NAZIONALE

che però ormai era già stata persa. Vi sono

anche delle vignette a sinistra di città che

facevano parte del Nord quindi ribelli, mentre a destra vi sono quelle del Sud che sono rientrate

nel potere asburgico.

RUBENS: grande successore di Tiziano, ed usa come lui una pennellata sciolta e un dinamismo

nelle raffigurazioni.

Opera qui analizzata è il suo capolavoro terminata nel 1625 per la cattedrale di Anversa (che era

divenuta cattolica) dedicata alla Vergine Maria, infatti vediamo qui l’Assunzione, paragonabile

con il capolavoro del giovane Tiziano nella chiesa dei Frari a Venezia “Assunta”.

(vedi power point).

51
La maggior parte dei pittori lavoravano appunto ad Anversa che si era definita come il centro di

maggior importanza e rilevanza negli ultimi anni del ‘500 e i primi del ‘600.

Gli artisti di Anversa andavano anche a Praga negli ultimi anni del ‘500, anche stimolati dalle

truppe di Federico II che erano riusciti a riconquistare Anversa che era centro di resurrezione

con popolazione per la maggior parte protestante e non cattolica.

Un pittore esemplare della stirpe del naturalismo che da Anversa si è recato a Praga è Roelandt

Savery, artista specializzato in paesaggi con tematiche come ad esempio il paradiso, in cui

radunava animali selvaggi come uccelli, rettili, ecc…

L’esempio qui è di un paesaggio popolato unicamente da uccelli esotici e curiosi, animali che si

riuniscono tramite la fantasia dell’artista che nel suo complesso è molto naturale. Il dipinto è

comunque estremamente dettagliato e che non risponde alla misurata rappresentazione che

eravamo abituati a vedere nella pittura classicheggiante del ‘500; qui invece il mondo così

particolare può avere un rapporto con la collezione di fossili e animali morti che facevano parte

della cultura onnivora del micro cosmo tipico per Rodolfo II.

Importante questo argomento in quanto alcuni di questi pittori che furono stimolati da Rodolfo

II ad offrire i loro dipinti al suo micro cosmo, si sono poi recati nei Paesi Bassi del Nord che

stavano diventando i veri successori di Harlem, quindi lo stimolo e la esistenza e profilo della

committenza di Rodolfo II ha avuto un ruolo molto importante riguardo quello che succede nei

Paesi Bassi del Nord.

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Un esempio cardine per comprendere questo argomento è questo dipinto architettonico che ci

presenta una veduta di una città.

Uno dei punti di partenza è il fatto che la produzione di dipinti di formato medio e piccolo,

quindi trasportabili con maggiore semplicità, spesso dipinti su tela ma anche su tavola e a volte

rame. Questi dipinti che in gran parte raffigurano delle scene definibili in termini ampli come

naturalistici; sembrano delle fotografie di una realtà così com’è, non di una vita costruita,

allegoria o mitologia, ma di qualcosa che esiste davvero nella vita odierna, che non è inventato.

Questo dipinto è di una qualità artistica e tecnica è estremamente alta, decine/centinaia di

pittori lavorano su di un piccolo terreno, è un fenomeno estremo che ci riempie ancora oggi di

domande e meraviglia.

Vediamo qui appunto una città, la città di Harlem, in cui nasce questa pittura e l’artista si chiama

Saenredam. Questo è un pittore che lavora per gran parte della sua vita qui ad Harlem, dipinto

databile negli anni 40 del ‘600 e ci mostra una chiesa della città di Hutret (città che nel ‘500 era

la residenza di un vescovo, mentre ora, dopo il passaggio dal cattolicesimo al protestantesimo,

non era più cosi).

Dipinge in una maniera estremamente decisa e con un uso di prospettiva molto raffinata, sulla

quale vennero fatti molteplici studi, e dove vediamo l’assoluto specialismo di questo pittore —

questi erano gli unici temi che lui trattava, non faceva quadri di altro tipo.

53
Nel ‘600 Olandese tutti questi pittori veniva prodotta sostanzialmente da pittori specialisti,

quindi non dipingevano come nel ‘500 che abbiamo studiato tutti i generi (ritratti, paesaggi,…)

ma solamente delle specifiche tipologie e tematiche.

Vediamo qui un’altra veduta topograficamente corretta. Con Saendreman a prima vista la

visione della chiesa sembra una fotografia assolutamente perfetta e corretta della realtà,

guardando invece questo dipinto una persona avrebbe la medesima idea ed è uno dei

capolavori di questa corrente neerlandese e l’autore è uno dei più noti protagonisti del secolo

anche se il suo nome per secoli venne assolutamente dimenticato che ritornano alla luca nel

1800, ovvero si parla di Johannes Vermeer (che divenne famoso anche in Italia successivamente

ad alcune mostre).

Vermeer nasce nel 1629 e muore nel 1684 che lavorò per tutta la vita nella città di Delft una

incantevole cittadina che ancora oggi mostra intatto del suo centro storico che vediamo

riprodotta qui dall’altra parte del fiume con il profilo delle sue abitazioni, che pare un magnifico

esempio di veduta di una città urbana con un ampio cielo che copre 2/3 della superficie del

dipinto con pesanti nuvole variegate nella loro tinta e forma, tipico dei cieli olandesi, che

essendo senza montagne hanno un cielo basso e profondo.

Il gioco di ombre nelle nuvole con il sole che si nasconde fa ricordare al vento che sposta di

continuo le nuvole che si vede benissimo in questa tela.

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Questo capolavoro è ora nel museo dell’Aia ed è un dipinto che in primis si credeva fosse una

fotografia esatta della città ma invece non è così. Il dipinto ha sì un formato orizzontale ma non è

molto esteso orizzontalmente e ciò che ha fatto il pittore è stato un raggruppamento degli

edifici (anche se impercettibile) ha rimaneggiato quindi un pò la realtà.

La pittura realistica neerlandese è frutto di una regia e ricomposizione della realtà anche in quei

casi in cui l’artista si accinge a dipingere una scena anche troppo grafica.

Questo dipinto è un eccezione in quanto solitamente dipinge visioni di interni di case borghesi

popolate da 2/3 persone riprese in mansioni di vita quotidiana, rese in maniera nuova.

Lavorava in maniera lenta (dato atipico) in quanto tutti i pittori lavoravano con ritmi molto

elevati, producevano molto mentre Vermeer aveva la fortuna di avere collezionisti privati e

quindi lavorava quasi unicamente solo per loro.

Questa immagine è appunto un eccezione realizzata per quale motivo? Nel 1800 si pensava che

fosse perché gli piacesse la tematica e per l’amore dell’ambiente olandese e di questo nuovo

paese indipendente, nazionalistico. Oggi abbiamo una diversa idea, e diciamo che la

produzione sia data da contesti e opportunità di tipo socio economiche , dipinto che svela la

bellezza e la purezza del buon governo di questa città.

Lasciando Vermeer analizziamo che in questa nuova regione ci si rifaceva molto alla pittura

fiamminga, in quanto questi pittori dopo la guerra si erano spostati al nord, e uno di questi

specialismi era la riproduzione del paesaggio, ma i pittori del ‘600 riuscivano a rendere il

55
paesaggio in una maniera più concreta e riconoscibile. Il primo grande autore in questo

paesaggio neerlandese fu Jan Van Goyen.

Questi per tutta la vita mantenne una produzione immensa di centinaia di dipinti di

raffigurazioni paesaggistiche della campagna, sempre con una composizione molto

riconoscibile con una parte acquatica e dall’altra con qualche abitazione contadina con

orizzonte basso e con effetto monocromatico (come se usasse solamente un colore) —-

rappresentazione assolutamente veritiere, gioca tutto sull’atmosfera e l’effetto che essa crea.

Questo è un suo tipico esempio delle sue rappresentazioni.

Il suo successore, altro pittore di paesaggio nato nel 1629 e morto nel 1682 (coevo di Vermeer)

si chiama Jacob Van Ruisdael che si profila come specialista di paesaggi, che si

contraddistinguono da un effetto cromatico più chiaroscurale che si vede bene qui mantenendo

comunque un orizzonte molto basso, come tipico fare.

Questo dipinto conservato ora al museo di Amsterdam, ci presenta un mulino a vento che in

queste zone erano molto importanti in quanto costruiti per tirar fuori l’acqua e creare nuove

terre (meraviglia ingegneristica del ‘500). Questo mulino esisteva davvero all’epoca quindi è un

opera topograficamente reale e riconoscibile ma rendendo il mulino il protagonista

dell’immagine e possiamo quindi ipotizzare che questo dipinto abbia come tema la gloria e

l’ingegno dell’Olanda e della sua cultura.

Non presenta al pubblico un grande palazzo o castello, ma piuttosto una struttura che a livello

ingegneristico rappresenta il simbolo del potere e del benessere del paese (e della sua

56
prosperità). Il benessere qui venne portato non dalla corte o dal principe, ma da un ceto medio

di artigiani di alto livello, di commercianti che erano i più importanti dell’Europa.

Non prendeva come tema solamente i paesaggi piatti, ma viaggiava anche nelle provincie verso

la Germania dove il paesaggio era leggermente più collinoso con tonalità più contrastanti e

drammatiche.

Passiamo qui a qualcosa di nuovo e di non ancora analizzato, rimanendo con le specialità che

qui sono nuovi rispetto a prima.

L’autore preso in considerazione qui è Hendrick Avercamp nato ad Amsterdam dieci anni prima

di Goyen e morto in una città di provincia nel 1634, pittore dei paesaggi di ghiaccio, quindi dei

paesaggi durante il periodo invernale che qui erano molto rigidi (laghi, fiumi,…ghiacciavano e si

andava a pattinare).

Questa è una nozione interessante in quanto la seconda metà

del ‘500 e del ‘600 sono contraddistinti da un ondata di

freddo che spiega anche una serie di andamenti e sviluppi

commerciali e culturali dell’epoca.

L’orizzonte è ampio e basso con cielo alto e aperto e

moltitudine di figure in primo piano sono le caratteristiche che

venivano comunemente utilizzate.

Parlando di specialismi, vediamo la natura morta, una

raffigurazione di oggetti non viventi che possono essere fiori,

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animali morti, utensili di cucina e ognuno di questi specialismi aveva i suoi pittori specifici.

Vediamo qui la grande gloria della natura morta di fiori con due esempio; a sx Saendreman che

era anche affermato in rappresentazione di nature morte

floreali, virtuosistiche e si contraddistinguono in una

maniera mozzafiato dalla resa dei particolari ed effetti

d’inganno dell’occhio come la mosca che si trova sul fiore

in alto che non si capisce bene se si trovi sul fiore o sul

dipinto che raffigura il fiore (giochetti tipici di questa

tipologia d’immagini); a dx dipinto di un artista nato ad

Anversa che si trasferì con la famiglia di nome Ambrosius

Bosschaert. Particolarmente virtuosistico da collegare alla

raffigurazione di Arcimboldo (artista lombardo già

analizzato) che presentava anche lui dipinti con fiori in

forma antropomorfe che costituivano la figura di un uomo,

ma anche qui i singoli oggetti sono virtuosi come quelli dell’altro artista. Pare un magnifico

bouchet di fiori ma è tutta una composizione astratta che non può corrispondere alla natura in

quanto abbiamo una serie di fiori tutte assieme non possono stare in quanto fioriscono in

momenti diversi dell’anno.

(glorifica l’opulenza del mondo vegetale e di chi avesse comprato questo dipinto). I tulipani in

Olanda erano una nuova invenzione che diventano preziosi che costavano davvero molti soldi.

58
Passiamo ora ad un famosissimo dipinto di Vermeer che nel panorama dei pittori olandesi è un

pò un eccezione, sceglieva di dipingere sempre scorci delle case delle famiglie olandesi

borghesi, ma di atipico contrariamente ad un pittore come Goyen (che lavorava per una

produzione veloce) Vermeer preferiva lavorare solo per uno o due committenti in maniera molto

lenta, conosciamo 30/40 dipinti, quindi di una piccola produzione e con pigmenti piuttosto

costosi (mentre Goyen lavorando in monocromo aveva colori piuttosto economici).

La regia della luce era mozzafiato, come vediamo qui, con una costruzione prospettica ed

illusionistica complicata che pare quasi una scena teatrale che si apre con un sipario a destra in

alto.

Vediamo una giovane signora che stava suonando il suo liuto (dovevano suonarlo le persone di

buona famiglia che avevano dei trattati su come si dovevano atteggiare e comportare,

dovevano essere persone colte in fatto di musica e letteratura). Non sta più suonando, si sta

girando in quanto arriva un’altra donna, sicuramente meno benestante, che ha portato alla

dama una lettera che noi non conosciamo.

Guardando però la parete di fondo (due dipinti) possiamo farci un idea della lettera: vi è un

DIPINTO NEL DIPINTO e nel dipinto vediamo una nave su di un mare mosso.

Raffigurazioni di navi su acque mosse sono simbolici per l’amore, per il desiderio d’amore,…

59
Probabile quindi che il contenuto della lettera sia di tipo amoroso anche se non conosciamo con

esattezza l’esatto contenuto di essa.

Vi è quindi un suggerimento di un evento che viene trasmesso nel dipinto in questo magnifico

esempio.

Vediamo qui allora l’esempio della nave nel mare in tempesta (non è lo stesso dipinto nel

dipinto appena analizzato), ma è un dipinto di una nave da guerra olandese, che vediamo dalla

bandiera, molto spettacolare con effetti di chiaro-scuro che può essere preso come esempio

(non per forza simboleggia un evento amoroso) in quanto vengono ripresi da Vermeer per

emancipare questo tipo di stato d’animo.

L’autore di questo dipinto è Willem Van Der Velde, specializzato in navi su mare, tematica molto

popolare in quanto l’Olanda del Nord è uno stato acquatico, popolazione che sia usa l’acqua sia

per lei ne è anche un rischio (avevano solo un concorrente ovvero l’Inghilterra che aveva

sviluppato un grane commercio navale) — conseguenza: 3 guerre navali nel ‘600 e quindi vi era

bisogno di una flotta che nel Nord dell’Olanda era molto grande e ben fornita di attrezzi

offensivi e difensivi.

Questi tipicamente nel 1666 veniva nominato come pittore ufficiale in servizio della marina

olandese, ma nel 1672 passò dalla parte degli Inglesi, lavorando per loro con i suoi dipinti.

Questo è un chiaro esempio della sua arte che ci fa capire la brillantezza e la qualità artistica di

queste sue opere notando comunque un orizzonte basso e piatto e un cielo magnifico con

60
effetti di luce e ombra molto articolati e diversificati che contraddistinguono questo artista

(produzione molto estesa e con vari tipi di mercato).

Parlavamo di d’interni, quindi non solo Vermeer ma anche altri pittori si erano destreggiati in ciò.

Un’altro artista, molto brillante in questa categoria Pieter De Hooch contemporaneo di Vermeer,

vedendo anche un dipinto nel dipinto con la ripresa di una carta geografica dei Paesi Bassi che

corrisponde alla tipologia di carte geografiche che abbiamo analizzato all’inizio del modulo.

Vediamo una scena religiosa, con all’interno un morale, costruendo con uno schema prospettico

questi stereometrici interni. Questi due esempi sono spazialmente complicati con scena che

sembrano insignificanti ma che in realtà hanno un significato interno molto profondo.

Vediamo qui a sinistra, un opera che può spiegarci il

perché vi sono scene di tutti i giorni raffigurate con

tecnica e raffinatezza ma su tematiche quasi

insignificanti.

Abbiamo qui un interno costruito in maniera diversa,

dove abbiamo una costruzione più retorica.

Vediamo una signora vestita per bene che guardando e

rivolgendosi a noi indica una donna accanto a lei (serva)

che si è addormentata, ecco perché la deride

evidenziando a noi la pigrizia di questa sua inserviente.

61
La stampa che vediamo in basso nell’opera dimostra una persona femminile che poggia la testa

sulla sua mano con gli occhi chiusi e sopra vediamo la parola ACEDIA con al di sotto una

citazione dalla Bibbia che esplicita che la pigrizia sia un vizio molto grave e da evitare in tutti i

sensi.

Questa stampa è un esempio di ciò che noi chiamiamo EMBLEMA, una raffigurazione esemplare

con un testo solitamente con titolo e una elaborazione scritta nella parte bassa.

(invenzione del 1500 Italiano e il primo libro di EMBLEMATA uscì nel 1531 con autore Andrea

Alciati che ebbe una grande fortuna — sorta di vademecum di vizi e virtù.

Nel ‘600 neerlandese l’emblema come veicolo di trasmissione divenne molto popolare che

ebbe anche a che fare con il moralismo giocato sulla responsabilità individuale del cittadino che

era legata alla moralità del protestantesimo, calvinismo e luteranesimo.

Questi sono per noi strumenti importanti in quanto, come vediamo qui, le opere si rifanno a

questi emblema, che si potevano comprendere immediatamente a vista d’occhio.

Il disordine presente nell’opera è, anche se dipinti con estrema precisione e bellezza, il risultato

della pigrizia della serva che non ha evidentemente portato bene a termine i suoi compiti.

Sopra alla ragazza vediamo anche un gatto con in bocca ha un pesce che ha probabilmente

rubato da un piatto destinato alla famiglia.

La simbologia del gatto non ha una connotazione positiva ma viene identificato con il male e

con il diavolo.

La posizione della donna ha una tradizione molto antica che rimanda alla MELANCONIA, uno

stato d’animo che può essere positivo e stare alla base di grandi invenzioni creative, ma può

anche scivolare (come in questo caso) alla pigrizia, a qualcosa di negativo.

L’autore di questo dipinto è un altro grande personaggio e si chiama Nicolaes Maes, specialista

di questa tipologia di dipinti.

Importante è renderci conto che c’è un filone nei dipinti che apparentemente raffigurano

momenti insignificanti, ma che hanno un livello moralista che s’instaura nella cultura e nella

laboriosa attività che sta alla base dello stesso paese.

62
Altro esempio qui, un pò più terra-terra come rappresentazione, di un autore meno noto di

Roestraeten, dove vediamo una scena alla buona e allegra con una donna vestita bene ma con

un decoltè molto osé che porta spavaldamente con la gamba sopra ad un ginocchio di un

uomo che sta versando del vino nel calice tenuto dalla donna, mentre una scimmietta sta

toccando il vestito della donna come se volesse guardarle sotto. Scimmia simbolo negativo,

della sfrenatezza sessuale — donna forse prostituta che sta in maniera leggera

e senza freni si sta offrendo a questo uomo, vedendo un vecchio contadino

in alto che sta guardando la scena mentre alza le dita come per dire “non si

fa” — dipinto non direttamente legato ad un emblema ma che ci trasmette un

avvertimento.

Indirettamente perché possiamo ricordare l’emblema dell’IMPUDENZIA,

donna mezza nuda con le gambe aperte ed una scimmia.

63
Altro esempio piuttosto divertente è questo dipinto di un altro grandissimo pittore di scene

d’interno che di solito dipinge scene sregolate, senza ordine di nome Jan Steen, che vive tra il

1626 e 1679.

Vediamo sempre una raffigurazione di una scena di tutti i giorni; una donna in una sala piena di

dipinti, un bel tavolo orientale una sedia preziosa, ma malata, in quanto si sta toccando seduta la

fronte con la mano, con attorno una serva e il dottore che prende e sente il polso della donna

mentre parla con la serva.

La chiave di lettura è chiara e possiamo vederla in tre maniere:

1. vediamo che sopra al gruppo centrale vi è un dipinto mitologico legato all’erotismo e

all’amore;

2. ragazzino in primo piano che ci guarda dal dipinto che rappresenta per noi una chiave.

Tiene in mano un arco e una freccia, ed è Amore vestito come un ragazzino dell’epoca;

3. medico che ha un aspetto molto pomposo girato verso la serva e a ben guardare il suo

vestito è molto de-modè non è quindi un vero medico che vi era al tempo, è piuttosto un

ciarlatano che ci fa capire bisogna stare attenti con l’amore perché può essere pericoloso;

dev’essere sincero e legato al matrimonio.

Dipinto mozzafiato ricco quindi di particolari che ci da molti indizi sull’Olanda del tempo.

64
Opera molto interessante e ricca di Jan Steen è questo caotico interno dove accade di tutto e

animali, uomini e oggetti sono sovrapposti uno all’altro ma sempre dipinti in maniera stupenda

e favolosa. Fra le varie figure che vediamo, scorgiamo a destra una signora anziana che guarda il

marito che con un anatra sulla spalla sta leggendo un testo e tiene in mano un foglio di carta

dove vi è scritto un testo ben leggibile dove vi è scritto “così come cantavano i vecchi, così

echeggiano i giovano”.

A ben guardare vediamo una serie di cose che non vanno: 3 generazioni ovvero gli anziani che

non si stanno curando degli altri, gli adulti e i piccoli.

In primo piano abbiamo una giovane e bella donna benestante molto scollata con la gamba di

un uomo sul ginocchio, e tiene un recipiente di vino in mano (paragonabile al quadro

precedentemente analizzato) — invece di fare la signora di casa, si sta facendo i “cavoli” suoi

facendo una vita sbandata guardandoci con un sorriso ammiccante.

Alle sue spalle un’altra donna che dorme seduta su di una sedia, sinonimo quindi di pigrizia,

segno negativo contrario al ritmo delle cose che dovremmo rispettare, non vedendo tutto

quello che accade ai bambini.

I bambini imitano le brutte abitudini degli adulti, mentre il cane mangia il cibo dalla tavola e il

bambino sta fumando una pipa, un altro tira fuori dall’armadio un recipiente di birra.

Non sta accadendo ciò che sarebbe consono che accadesse. In alto vediamo una scimmia che

gioca con l’orologio, il tempo, animale negativo per antonomasia.

65
Anche il disordine con carte di gioco e cibo buttato via e una pipa, sono tutti elementi negativi

che contrassegnano questo stupendo dipinto.

Un dipinto come questo veniva realizzato per un committente specifico, che veniva richiesto

direttamente da loro, qui bisogna assumere l’esistenza di un mercato anonimo, quindi non è

rivolto a clienti che vanno direttamente dall’artista e fanno un preciso ordine, ma che gli artisti

fanno le loro opere e le mettono in vendita o a mercati o tramite una nuova categoria di persone

che abbiamo già visto nascere nel ‘500 (con Jacopo Strada) in Italia, i mercanti d’arte.

Tornando sul tema di un doppio significato, in queste opere vi era un altro livello di lettura che

non tutti potevano vedere. Uno stesso discorso si potrebbe fare per le opere analizzate e anche

di un’altro dipinto presente sul power point che utilizza questa tipologia di interpretazione.

Questo artista si era fatto formare da Rembrandt, grande genio e artista atipico, che per gran

parte della sua carriera scelse un’altra tipologia di

pittura rispetto al suo insegnate maggiormente

drammatico molto simile al Tiziano del ‘600.

Gerard Dou per gran parte della sua vita dipinge in

maniera diametralmente opposta, è

meticolosamente preciso con pennellate nascoste,

le superfici sono elaborate con grande attenzione

al particolare da paragonare ai modi dei pittori di

nature morte di fiori (visti precedentemente), modi

che divennero molto popolari nella seconda metà

del ‘600 chiamata la corrente dei PITTORI DELLA

FINEZZA che dipingono in maniera fine e con un

grande virtuosismo. Uno dei suoi capolavori è

questo grande quadro (di solito questi pittori

dipingono su opere di piccolo formato) e ci mostra

un signore vestito in maniera esotica sotto un ombrello che sta gesticolando che sta offrendo

qualcosa ad un variegato pubblico.

Ci troviamo in un ambiente rurale con cacciatori, un ragazzo che porta un carrello, una signora

anziana e una madre che sta pulendo la cacca di suo figlio. Ecco, è ricco di particolari e piccole

storie che vengono raccontate ed estremamente divertente, dipinto che nel 1800 veniva

66
considerata una riproduzione della vita semplice e buona della popolazione — guardando il

dipinto possiamo anche giungere a delle conclusioni sempre diverse.

Il protagonista qui è colui che offre la sua merce al pubblico; se si guarda attorno si nota che

all’epoca (come per il dottore nell’opera precedente) anche questo signore è un ciarlatano

rurale che si è ben vestito per impressionare la folla di persone semplice che si fanno accecare

dal grande diploma e sigillo che vediamo bene in primo piano attaccato al muro (emblema

della DAT CERA FIDEM: l’impressione la fa il sigillo).

Se guardiamo bene si vede che la donna in primo piano con il cestino di uova ha alla sua destra

nascosto nell’ombra un ragazzino che sta rubando alla donna quello che tiene nel cesto mentre

ascolta con attenzione i discorsi di questo ciarlatano (ingenuità punita dal ladruncolo).

Anche l’altra donna in primo piano che sistema il figlio non viene vista positivamente in quanto

la pulizia delle feci è una sporcizia da equiparare alla sporcizia che offre il ciarlatano che in

fondo offre una scelta al pubblico; pubblico ingenuo.

Noi possiamo scegliere tra una cosa positiva e una negativa, scegliendola con giudizio e

attenzione, che manca completamente a queste persone.

Il tronco morto in primo piano è isolato in quanto intorno alla scena vi è fogliame di altri alberi:

fecondità vs strada sbagliata del tronco secco (simbologia molto vecchia che rivediamo nel

famoso libro emblema di cui abbiamo parlato prima).

Dipinto parecchio complicato, ricco di messaggi forti e fondamentali. Accanto a questo

ciarlatano vediamo una figura di un personaggio che tiene una tavolozza di colori: autoritratto

del pittore stesso che ci guarda, che si contrappone al ciarlatano con un messaggio calvinista:

contrapposizione tra il fare vano e insincero vs colui che lavora e realizza bene i suoi prodotti.

67
Vi sono altre specialità ove gli artisti si diramano, l’autore qui è Adiraen Van Ostade dipinto

piccolo e piuttosto monocromo (paragonabile a Goye) ma si serve di uno stile molto brillante

nei particolari e un grande naturalismo.

Specialista di scene di contadini dentro e fuori le loro abitazioni. La casa qui è molto modesta,

disordinata ma sta dipingendo da un pupazzo che elabora e che gli fa capire il funzionamento e

l’anatomia del corpo umano (ecco come si allenavano all’epoca).

Altro dipinto è sempre molto attento ai particolari e monocromo ma anche nel successivo che si

vede sul power point si nasconde un doppio significato. Vediamo un uomo che lavora con il

fuoco ma attorno a se ha libri e flaconi, sta preparando metalli preziosi, è un alchimista, mentre

si basava su ricette millenarie, è un ciarlatano anche lui come nell’opera che abbiamo analizzato

prima (sta ingannando la sua famiglia che vediamo sullo sfondo).

Non si dipingevano solo scene contadine nell’arte neerlandese, vi erano anche altre categorie

come il ritratto (società portata da uomini benestanti, artigiani, commercianti e mercanti città di

ceto medio che nelle grandi città come Amsterdam si radunavano in confraternite che avevano

un doppio ruolo: venivano usate come una sorta di polizia, venivano adoperate per curare

l’ordine nella città).

Chiamati anche i TIRATORI, una sorta di società che avevano un ruolo sociale, vivevano insieme

e formavano come una compagnia, e si nota anche nei ritratti che si facevano fare in gruppo chd

68
rappresentano una novità in

quest’arte neerlandese.

Uno dei più grandi specialisti in

questa categoria è nato ad

Anversa alla fine del ‘500 e con

la famiglia si rifugiò ad Harlem in

Olanda e lì si sviluppò la sua

carriera da pittore utilizzando

uno stile libero e forte paragonabile a Rubens.

Tipico esempio di ritratto di milizia di Frans Hals, molto vivace in quanto sono poste nello spazio

mentre discutono tra loro.

Il più famoso ritratto di milizia è però la RONDA DI NOTTE del famosissimo Rembrandt, ovvero il

giro che la compagnia fa di sera per

mantenere l’ordine.

Abbiamo una visione diversa in quanto le

figure non sono intorno ad un tavolo come

di regola si faceva, ma sono in movimento

illustrando un gioco di chiaro-scuro

camminano per la strada del paese, vi è

molto movimento, grande innovazione.

Rembrandt è così famoso che non diciamo

mai il suo cognome ed è forse l’unico

pittore dell’Olanda del ‘600 che non si

applica ad una specifica categoria di dipinti ma produce le opere pittoriche spesso con temi di

storia e mitologia e lì realizza per committenti anche fuori dai Paesi Bassi. I modi di Rembrandt si

contraddistinguono da un forte chiaro-scuro ed un accentuato senso di dramma, è molto

narrativo, racconta delle storie drammatiche. Le sue figure e le proporzioni di esse sono cariche

di dinamicità e drammaticità, sembrano quasi alcune delle caricature in quanto le proporzioni

non rispettano le regole classicheggianti che abbiamo studiato in precedenza.

La classicità come modello semantico da Rembrandt non viene quasi per nulla seguita (stiamo

in particolare parlando della seconda tela presente nel power point)

69
Fu anche un ritrattista e uno dei più conosciuti è di

Jansx, sindaco di Amsterdam che riassume le

caratteristiche dei membri della categoria della quale fa

parte, dei signori che consapevolmente si mettevano

nella tradizione umanistica cinquecentesca, come

veniva espressa ed illustrata nella vita e nel

comportamento dei cortigiani sulla falsa riga del trattato

di Castiglione.

Vediamo un ritratto splendido di questo signore che ci

guarda con occhio sicuro di sé, elegante e dipinto con

un tocco aperto, brillante non esattamente tizianesco ma non è molto lontano dal maestro,

tramite il chiaro-scuro presente anche nel colore di Rembrandt. Possiamo paragonarlo ad opere

tizianesche giovanili di un signore che si toglie anch’esso il guanto, entrambi di buona società

che rispondono al modello castiglionesco. Il trattato di Castiglione nel ‘600 non a caso venne

tradotto in Olandese.

Per terminare il modulo vediamo una stampa, in quanto era anche un incisore di acqua forte,

una tecnica di riproduzione estremamente pittoresca per una mano molto esperta.

Questa stampa venne chiamata dei “100 fiorini” che veniva considerato il suo prezzo. Visione di

Cristo circondato dai poveri, una sorta di epitomizzazione della figura di Cristo carismatico e che

si fa circondare dai suoi eletti: senso della CARITA’; il tutto viene messo in un stupendo chiaro-

70
scuro con un punto estremamente sicuro dello strumento utilizzato, una sorta di trasposizione

della maniera sicura e drammatica di Rembrandt sulla tecnica dell’incisione.

Si potrebbe forse dire che la parte più importante della produzione di questo artista era proprio

nelle sue acque forti.

4.

IL SETTECENTO

Parliamo in questo modulo della Francia, della produzione e dell’Illuminismo, tema della crisi del

sistema, che è quello di un arte di corte che rifacendosi ai modelli scritturali e classici in parallelo

con l’arte della chiesa (convergenti) presenta un modulo, una grammatica di rappresentazione

che corrisponde ad un ordine del mondo, sociale e politico: quello dell’ANCIEN REGIME, che

viene messo in forse non solo nella Rivoluzione Francese ma anche in un lungo processo (che

trova le sue radici nella filosofia) in una serie di eventi e personaggi che rappresentano quello

che noi chiamiamo ILLUMINISMO, corrente che ha come centro principale la Francia.

(anche in Inghilterra che per ora non ci ha ancora occupato, ma abbiamo fatto scelte precise).

E’ in Francia che nella metà del ‘700 in poi, si sbocca in una situazione politica di un lungo

processo che ha lasciato anche nelle arti visive un lungo e profondo segno.

71
Partiamo da molto prima, circa dalla metà del ‘600, con questa visione di Barocco romano di

Bernini e questo gruppo di due figure è il suo capolavoro “Estasi di Santa Teresa” ed è un

immagine non troppo corretta in quanto si concentra solo sulla figura dell’angelo che trafigge la

Santa in estasi, ma in realtà è il punto focale di una cappella che ha un forte aspetto teatrale. Sin

dai tempi di Leon Battista Alberti l’arte veniva considerata in termini teatrali, una sorta di

rappresentazione di come il teatro doveva ispirare e insegnare agli spettatori. L’idea che l’arte è

in parallelo con i modelli scritturali e religiosi e usa anche i mezzi teatrali è fondamentale.

In quest’arte le varie categorie artistiche confluiscono in un tutt’uno; questa tendenza che nel

‘500 vediamo in alcune opere spettacolari (come le grandi raffigurazioni ad affresco presenti

nelle ville italiane del ‘500).

Una delle novità di Bernini è quella di mescolare le tecniche e presentarle con un plus valore

teatrale e di grande effetto visivo ed emotivo di una forma che viene chiamata “il bel

composto”delle varie forme.

Bernini è quindi un artista teatrale ed emotivo con l’idea di trasmettere un messaggio tramite le

emozioni e lo stupore.

Ci spostiamo ora di 70 anni dopo con un dipinto di un artista francese di nome Watteau con un

dipinto di piccolo formato, paragonabile con i dipinti di gabinetto degli artisti neerlandesi, che

ha delle caratteristiche fondamentali: non è una ripresa di una scena di vita contemporanea,

piccole figure che s’immergono in un paesaggio collinoso con colori eleganti e leggeri quasi

72
pastelli, senza una figura dominante nella scena, è una sorta di visione che è molto determinata

dalle tonalità dell’atmosferica di effetti di brunastro e giallastro e vaporosi.

Questo artista è un brillante innovatore della pittura francese di inizi ‘700, di una paese molto

centralizzato con una fissa e visibile corte con una forte centralità del potere.

Siamo quindi a Parigi dove si concentra tutto e alla sua corte dove questo artista produce opere

di questo genere.

Questo dipinto è chiamato “il viaggio a Citera” un isola a sud del Peloponneso, una sorta di isola

fantasma/fantastica, l’isola dove secondo la tradizione nacque la dea Afrodite, la dea dell’amore.

Viene raffigurato un gruppo di persone eleganti che s’imbarcano per raggiungere quest’isola

per concedersi una vita spensierata d’amore.

Non si può quindi dire che qui vengono sfidati i modelli classici, né di teatralità accentuata, ma si

può notare una sorta di idea di un mondo sognato ed irreale che viene raffigurato con elementi

di Afrodite come la statua a destra, ma è tutto irreale, non vi sono tentativi di trasmettere un

messaggio eroico o politico di alcun tipo.

Su questa stessa falsa riga vediamo un altro dipinto francese di una festa galante, dove vediamo

un erotico soft di Venere di grande attenzione al colorismo con un grande virtuosismo pittorico

con pennellate leggere e piccoli tocchi.

Venere somiglia anche ad una donna del ‘700, non ci si cura di rendere la figura riconoscibile

come anche la sua idea e finalità, si voleva creare un immagine di sensualità e bellezza, tipologie

di opere che alla corte piaceva molto tenere e ricevere.

To r n i a m o o r a a l d i s c o r s o d e l

m e s c o l a m e n t o d e l l e c at e g o r i e

tecniche e delle forme artistiche in un

tutt’uno scenografico di grande

effetto teatrale.

Torniamo ad un altro territorio, la

Germania del Sud dove in questa

immagine vediamo l’interno di un

edificio. Riconosciamo che è l’interno

di una chiesa ma che di primo

impatto non è assolutamente chiaro.

73
E’ una chiesa barese di fine ‘700, che fu costruita da un architetto seguace di Bernini che lavora

quindi secondo le sue regole.

E’ una chiesa di pellegrinaggio a sud della Baviera in una zona collinare. Questa chiesa è di

forma ovale, una forma che da una certa dinamicità all’architettura e che privilegia quello che

verrà messo in opera tra mescolanza di architettura e decorazioni.

Vediamo qui colonne che portano delle strutture con architravi in cui quello che veramente ha il

sopravvento è il gioco mozzafiato di forme decorative che coprono quasi tutta la superficie con

al di sopra una parte dipinta ma la differenza tra queste parti è molto difficile da individuare.

Non viene seguito uno stile preciso, ma l’architetto diviene un grande scenografo, effetto che si

voleva ricreare.

Andando più a sud nella metà del ‘700 vediamo uno scorcio di una delle decorazioni più belle e

stupefacenti di uno dei più grandi decoratori veneziani: Giovan Battista Tiepolo.

Il dipinto in esame è un affresco che Tiepolo realizza nel 1746 per la famiglia Labia che tutt’ora si

può ammirare nel palazzo della famiglia, affresco che fa parte di una decorazione più ampia.

Abbiamo una grande impalcatura architettonica dipinta che fa da contorno ad una scena

estremamente elegante e teatrale, la scena dove accade un qualcosa di drammatico.

Vediamo la stessa scena che vediamo in un dipinto su tela ad olio che realizzò 3 anni prima,

quindi una tematica che stava elaborando in questi anni. Ci troviamo sempre in una scena

classica, ma piuttosto quella di un teatro, pare fatto di carta pesta, una scena come quella

74
dell’incontro di Antonio e

Cleopatra giunto in Egitto con

le sue truppe.

Antonio viaggiò quindi sul Nilo

e a metà del fiume incontrò la

regina d’Egitto che riuscì a

imbambolare il potente

comandante Antonio e lo fa

inizialmente con questo gesto

che vediamo rappresentato;

prende una perla dalla sua

collana e la getta in un bicchiere di vino che si scioglie, dimostrando che può sacrificare un

oggetto di grande valore, ed impressionato si fa conquistare dalla regina, arrivando a perdere la

battaglia contro Ottaviano perdendo l’Impero Romano.

Tutta questa vicenda classica di alta drammaticità, viene qui tradotta da Tiepolo in una brillante

evocazione teatrale con una rapida pennellata (alla veneziana) con colori brillanti e una

moltitudine di figure (più di quante ne siano effettivamente necessarie) con vestiti che non

hanno nulla di realmente romano o tipici del tempo, rimandano più a fantasie di pittori

cinquecenteschi.

Abbiamo qui una magnifica evocazione di una scena drammatica che fa vedere la magnificenza

ma in una forma estremamente teatrale.

(dipinto venduto dopo un lungo tragitto di collezionisti giunse allo zar di Russia e all’elettore

della Sassonia).

Piaceva quindi alle corti del tempo in gran parte del mondo.

75
Molto diversa è invece la scena qui riprodotta con poche figure, tutto preciso e calcolabile con

una luce radente che non crea qualcosa di magico o sognate, non vi è nessun teatro illusorio,

tutto è preciso i colori sono locali e il tocco è sicuro e preciso. L’architettura è semplice che crea

il giusto necessario di contesto di idea di dove siamo creando anche una sorta di unità nella

composizione che si traduce anche nella funzionalità e nella tematica del dipinto, scandendo

bene la scena.

Raffigura un soggetto classico come accade in Tiepolo. E’ del 1784 (40 anni dopo Tiepolo ma

due mondi completamente diversi).

Questo è il GIURAMENTO DEGLI ORAZII di David, i tre figli di Orazio, romano agli inizi della

storia importante membro della Repubblica romana che ha questi figli. Roma era in guerra con i

suoi vicini e decidevano di giocare la guerra con una battaglia tra tre fratelli di Orazio e tra

fratelli dall’altra di nome Curiazi.

Battaglia quindi tra Orazi e Curiazi; una delle sorelle degli Orazi era fidanzata con uno dei

guerrieri avversari e quindi a destra vediamo la madre con i due nipotini e le due ragazze/

sorelle che stanno piangendo perché vedono che qualsiasi sia la conclusione della battaglia

sarà drammatica.

E’ una storia non di magnificenza ma abbiamo una storia di amore della patria, perché è per la

patria che i tre fratelli rischiano la loro vita (scena che non viene nominata nella narrazione di

76
Tito Livio, questo giuramento è una scena che viene registrata da un altro scrittore romano ma

non vi è neanche la certezza che David, l’autore del quadro, abbiamo conosciuto questa fonte).

Gli archi vengono sostenuti da colonne che sono l’opposto della ricchezza quasi floreale

dell’interno della chiesa vista prima; qui abbiamo colonne doriche semplicissime, dell’ordine più

maschio e muscoloso, quello che corrisponde al sentimento che dev’essere trasmesso nel

dipinto preso in esame.

La netta separazione tra figura e architettura è precisa e l’opposto della teatralità che abbiamo

visto nell’opera di Tiepolo.

Jacques Louis David è un pittore francese che nel 1774 aveva vinto il cosiddetto premio che

giovani artisti potevano acquisire per andare a studiare a Roma (grande centro artistico e della

classicità) e dieci anni dopo arriva con questo dipinto per una committenza aristocratica che

esalta il patriottismo: sentimento che nella rivoluzione francese viene molto accentuato,

conseguenza di una nuova formulazione della virtù civica e in questo dipinto si vede, una nuova

serietà che contrasta con la magnificenza del principe basandosi su altri sentimenti, ma fatto per

un membro dell’ancien regime.

Vediamo come nuovi valori cominciano ad apparire nella pittura quando non ve ne era mai stata

ancora traccia.

Vediamo ora una scultura del dio Apollo (“Apollo Belvedere)

una delle opere ellenistiche più famose che si trovava nelle

collezioni papali che dal ‘500 divenne un modello di una

evocazione di bellezza e misurata perfezione del corpo umano.

Verso la metà del ‘700 questa scultura viene riscoperta e

presentata come il modello di un nuovo concetto e approccio

all’antichità classica come modello, che veniva presentata tra

400-500 come modello perfetto di Umanesimo per indicare

idee connesse alla civiltà delle corti tramite una serie di opere.

La situazione ora cambia: l’opera è una copia romana, ma

interessante è che per la prima volta un critico d’arte tedesco

contempla questa e altre opere non tanto come prodotti di un

classico generalizzato ma fa una differenza tra opere greche e

77
opere romane, sott’intendendo che le opere greche corrispondono e sono l’espressione

estrema di una forma di vita e società perfetta che equivalgono alla più alta espressione di vita.

ARTE NON SOLO COME OGGETTO DI QUALITA’ ESTETICA MA COME ESPRESSIONE DI UNA

FORMA DI VIVERE E SOCIETA’.

Il critico tedesco, che sta alla base della nuova classicità esige un nuovo rigore nella

raffigurazione e non in maniera fantasiosa, vuole una raffigurazione archeologicamente corretta

e carica di un alta idea morale in quanto devo esprimere una suprema idea di vita, di nome

Winkelmann, con la sua impostazione di pensiero riguardante l’opera artistica rende l’opera

qualcosa di ancora più vasto.

Antonio Canova è anche l’autore di questo straordinario ritratto che a prima vista forse non

esprime la stessa alta moralità che possiamo intravedere in Apollo Belvedere, questo ritratto d

Paolina Borghese è estremamente raffinato ma quello che vediamo è il tentativo di ricostruire la

figura come una sorta di Afrodite classica con il profilo greco con tutti gli elementi (triclinio)

ricostruita secondo modelli classici antichi: tematica che nella tradizione occidentale iniziando

con le opere dei veneziani che qui viene trasformata in una visione greca antica: essenza

dell’arte di Canova.

Databile nel 1804 quindi non troppo prima rispetto alla morte dello stesso Canova.

78
Torniamo a David per capire come le sue opere successive queste idee di un ritorno al classico

non decorativo ma severo e controllato che esprimo un alta moralità.

In questo dipinto che David ha creato solo 3 anni dopo il “Giuramento degli Orazi” nel 1787 vi è

raffigurato un evento drammatico preso da Platone, ovvero la morte di Socrate condannato a

bere il veleno in quanto i giudici di Atene lo consideravano un corruttore dei giovani della città.

Vediamo Socrate come figura eroica con un corpo giovanile, che pare strano per la sua età,

circondato dai suoi seguaci che sono disperati mentre lui no, dicendo con grande calma che la

giustizia dev’essere seguita e quindi passa nell’altro mondo.

A sinistra avvolto nei suoi pensieri vediamo una figura anziana, Platone, allievo di Socrate (che

doveva essere in realtà più giovane di Socrate) e se guardiamo bene la figura calma del maestro

che alza la mano con un gesto retorico esprime il suo pensiero e la sua teoria, isolata e

circondata ha anche un aspetto religioso, come Cristo che istruisce i suoi giovani come accade

con Socrate.

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Questo è il capolavoro per eccellenza di David che si trova ora a Bruxelles ed è un dipinto

essenziale molto scarno, non vi è traccia di decorazione o di ornamenti superflui. Vediamo un

uomo nella sua vasca da bagno ucciso; tiene in mano una penna e una lettera e poggia la testa

senza vita su quello che sembra un armadio.

La parete è completamente lasciata senza segno, è di un colore grigio verde.

Il dipinto è di enorme forza in quanto è tutto molto povero ed essenziale e sono dipinti come

osservazione realistica e naturalistica che ci fa quasi pensare ai più grandi esempi di pittura

neerlandese del ‘600.

Raffigurato qui è la morte di Marat, un dipinto che risale al 1793 e raffigura un evento di grande

spettacolarità nella rivoluzione francese, in quanto siamo in questo periodo storico e la Francia è

divenuta una Repubblica con vari sistemi che non sono d’accordo fra loro e uno dei

personaggio più in vista in questo paesaggio politico e storico è appunto il giornalista Marat il

quale si profila come personaggio di estrema sinistra, che secondo alcuni sarebbe capace

d’instaurare una dittatura con idee estreme (es. abolire la religione cristiana), pieno di seguaci

ed oppositori.

Uno di questi gruppi di nemici e una giovane donna decise di dover uccidere Marat

considerandolo come un pericolo per gli ideali della rivoluzione.

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Si recò a Parigi con una supplica scritta (falsa) e quando si trovarono la giovane lo uccise a

coltellate.

David tendeva a esprimere nei suoi dipinti alta moralità rifacendosi ai modelli classici. In questo

dipinto non abbiamo molti rimandi classici, ma la figura di Marat con la sua povertà a servizio

del suo alto ideale (David simpatizzava per Marat e per i suoi ideali, quindi che aderì a ideali

durante la rivoluzione) quindi alle sua alte virtù.

Il modello che sottolinea l’essenza della figura ma anche la sua prossimità a noi come spettatori

che ci sentiamo vicini a questo personaggio che ancora sta pensando e sta scrivendo, questo

modello di alta virtù è una sorta di esempio per tutti e ci viene presentato quasi come se fosse

un Cristo rinato, rifacendoci alla “Deposizione di Cristo” di Caravaggio di 180 anni prima, in cui

vediamo il corpo di Cristo morto che viene portato alla tomba e che ci viene presentato è una

sorta di gioco tra nostro spazio e quello dell’artista, Cristo ci viene presentato proprio come

Marat da parte di David, il corpo è posto nel medesimo modo.

Abbiamo a che fare con un totale cambio dei valori espressivi in quanto equiparare un uomo a

Cristo vuol dire che i valori che abbiamo visto sino ad ora che funzionano con un sistema

gerarchico qui vengono messi in dubbio.

Altre indicazioni le vediamo nel dipinto sul power point che pare meno innovativo rispetto a

quello di David, ma il pittore francese Greuze che mostra una scenetta di casa di genere senza

una specifica storia, non vi sono tematiche importanti.

Vediamo un vecchio al centro sdraiato su

un letto attorniato dalla sua famiglia. Il

titolo del dipinto è “La pietà filiale”,

evocazione di una famiglia armoniosa di

ceto medio, il cui padre anziano ormai è

completamente immobile sta per

giungere alla morte e viene circondato

dalla famiglia che lo curano e lamentano

la sua partenza, una scena che rimanda a

sentimenti di alta moralità famigliare che

viene qui lodata.Esecuzione molto alta con molti particolari ma a differenza dei dipinti

neerlandesi non è tanto il piacere del particolare specifico che cogliamo ma è piuttosto questo

sentimento positivo da seguire che è il vero tema di questo dipinto.

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Moralismo che partono da una evocazione di scene sociali e di famiglia della classe media che

troviamo espressi in una maniera più pungente e sarcastica da un contemporaneo di Greuze,

ovvero l’inglese Hogarth 1697-1764, famoso per le sue scene sarcastiche ed ironiche che

criticano determinati modi di comportamento in una maniera moralista magari più pungente di

Greuze.

La sua opera più nota è una serie di dipinti, poi tradotte in stampa, che s’intitolano “La carriera

del libertino”, giovane ragazzo che spensieratamente si butta nella bella vita sperperando i suoi

soldi e alla fine muore divorato dalla sifilide in un manicomio scena che vediamo nel dipinto,

pianto solo da il suo vecchio amore ma gli altri presenti sono tutti pazzi avvolti nei loro pensieri

mentre due signore guardano con estrema indifferenza la scena in primo piano.

La figura del libertino che sta morendo mezzo pazzo divorato dalla malattia è una visione che

anche qui l’artista l’ha ripreso da esempi preesistenti.

Vediamo la stampa della stessa scena, provvista di

didascalia che esemplifica l’andamento della scena, e la

alta diffusione di queste stampe segnala il modo in cui il

popolo ha apprezzato quest’arte che critica morale ed

etica.

Vediamo ora un opera fiamminga del 1500, di un artista

che raffigura una scena dell’ultimo giudizio con Cristo in

alto ove sullo sfondo vediamo una donna gettata nell’inferno, mentre giace nuda guardando in

alto, è una figura che ha parecchio in comune con la figura del libertino che sta morendo, ecco

che prende anche qui spunto da un modello ben noto al pubblico e lo traspone su un altra

figura e ad un altro livello di critica e consapevolezza morale. E’ anche la crisi dell’iconografia

religiosa.

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Tutto questo si può illustrare anche in un altro modo, tramite un dipinto che ci porta ancora più

lontano perché l’autore West che vive fra il 1738-1820 ma è nato in Pensilvenia quindi negli USA

in una delle prime colonie degli inglesi sulla East Coast. Nel corso della sua carriera è emigrato

a Londra dove poi muore.

Il tema del dipinto del 1770 è la scena svolta in America nelle colonie in cui erano coinvolti gli

inglesi e i francesi.

Durante questa guerra nel 1759 viene combattuta una battaglia vicino al Quebek fra l’armata

francese e quella inglese, con la vittoria degli inglesi. Il generale Wolfe inglese pur vincendo la

battaglia viene colpito da alcune cannonate e muore.

Questo è il momento raffigurato, la vittoria con la ferita mortale del generale, in una scena

piuttosto teatrale che però si basa su una serie di esempi dell’iconografia cristiana, quindi i fatti

eroici del generale vengono equiparati ed espressi tramite un richiamo all’iconografia cristiana.

La figura del generale sdraiata con attorno i suoi fedeli e il medico è un chiaro richiamo alla

figura di Cristo morto.

Vediamo un altro esempio di una stampa molto famosa del 1400 di Andrea Mantegna, in cui

Cristo viene riposto nella tomba e compianto dai suoi seguaci dove vediamo corrispondenze in

particolare modo con il soldato raffigurato che compiange il suo generale come avviene per

Giovanni disperato che compiange Cristo morto.

In questo dipinto vediamo come l’apparato iconografico legato gerarchicamente al momento

più supremo dell’ideologia cristiana, viene trasposto su un evento contemporaneo che

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sicuramente aveva un suo effetto forte in Inghilterra, però è sempre una vittoria militare per

commemorarlo dall’artista.

Il dipinto qui analizzato è un quadro di un americano esatto contemporaneo di West che nasce a

Boston e muore a Londra nel 1815 (paragonabile alla vita quindi di West).

Anche questo dipinto raffigura una scena avvenuta nelle Americhe ma nel porto di Avana a

Cuba.

Vediamo una barca con persone che cercano di salvare un giovane nudo che viene attaccato da

un pesce mostruoso/squalo che sta per divorare questo giovane.

Il titolo è “Watson e lo squalo” la storia di un orfano che era finito ad Avana e aveva fatto un

bagno nel porto e qui era stato attaccato da uno squalo che inizialmente gli aveva amputato la

gamba e successivamente tentava un secondo attacco, ma arriva una barca in suo soccorso e

all’ultimo momento si allontana lo squalo e salvare il giovane ferito.

Questo episodio drammatico e creato con molta energia che aveva fatto una carriera

commerciale finendo come sindaco di Londra in maturità.

Storia quindi di cronaca. Il dipinto è stato commissionato al pittore John Singleton Coplej da

Watson come momento di svolta della sua vita.

In questa scena che di per sé è insignificante, Coplej si riferisce ad altissimi esempi figurativi

della tradizione classica pittorica religiosa cristiana per realizzare questo dipinto con valore

pseudo cristiano quindi.

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Il vero eroe della scena non è tanto il ragazzo nudo, ma è l’energico giovane che con un asta sta

per uccidere lo squalo che pare quasi il diavolo con l’angelo nella rappresentazione di Guido

Reni che mostra l’arcangelo Michele che sta per uccidere un diavolo con una spada e tenendolo

sotto di lui con un piede.

Esiste un quadro di Rubens che raffigura Jhona e lo squalo che da le impostazioni generali

della composizione del dipinto di Coplej.

Anche il corpo stesso del giovane in acqua è da considerare una sorta di figura di Cristo, tutto

supino quasi come il corpo morto di Cristo che veniva comunemente raffigurato.

CRISI DEL SISTEMA ICONOGRAFICO e di conseguenza RELIGIOSO SOCIALE A CUI FA

RIFERIMENTO.

Vediamo ora un dipinto di paesaggio bucolico di un francese di nome Robert che lavora molta

nella tradizione di paesaggio così come abbiamo visto nel ‘600 neerlandese, paesaggi che

danno l’idea dell’atmosfera costruito in maniera scenografica con una parte a sinistra che è un

pò una transenna per entrare nel dipinto e poi si entra come se la scena fosse teatrale.

Questa è una sorta di raffigurazione di paesaggio dipinto con una pennellata estremamente

liscia con un colorismo piacevole e variegato, un pò la controparte paesaggistica della pittura

figurativa e storica tipica di Tiepolo.

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Vediamo anche una stampa di un veneziano che nasce a Venezia e si reca poi a Roma (come

fece Canova suo contemporaneo) e Piranesi è un artista grafico. Le sue prime opere sono

vedute di Roma ma non rassicuranti e scenografiche, ma piuttosto stampe in cui le rovine sono

gigantesche, s’impongono visivamente su di noi, senza scenografia rassicurante anzi le figure

sembrano nani con la drammaticità delle rovine. Siamo ancora nel sistema teatrale del

paesaggio come lo abbiamo studiato e sviluppato dal ‘600 in poi.

Questo sistema viene lasciato nel capolavoro, una serie di stampe, che prende il titolo delle

“Carceri”, una sorta di incubo in quanto non si capisce dove siamo.

Uno spazio indefinito, nessun aiuto teatrale con una parte rassicurante, non riconosciamo nulla,

siamo smarriti completamente.

Vediamo per la prima volta che il rapporto tra spettatore e opera viene definito ex-novo, inizio

quindi dell’arte moderna.

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Per finire analizziamo quest’opera che ci porta alla crisi del sistema. L’artista che analizziamo è lo

spagnolo Goya 1746-1828 presentandolo con uno dei suoi grandi capolavori, ovvero il dipinto

politico con una tragica scena legato alla storia della Spagna in epoca napoleonica (dopo la

rivoluzione francese) che riesce a conquistare gran parte di Europa mettendo suoi famigliari al

trono ad esempio di Spagna causando una risurrezione della popolazione spagnola, di Madrid,

nel 1808 che viene repressa brutalmente dalle truppe di Bonaparte con il risultato che tutti i

ribelli vennero il giorno seguente uccisi.

Questo terribile momento viene immortalato in questo dipinto accusatorio contro la guerra,

molto scuro ove l’unica luce è quella che cade sulla figura del condannato con la camicia bianca

che con le braccia tese rappresenta una sorta di Cristo, anche

qui fa riferimento quindi alla grande tradizione religiosa

cristiana.

Opera molto disturbante che i soldati anonimi che sparano

ripetutamente, pare come se la morte fosse anonima e ciò ci

coinvolge, perché la scena è ripresa in modo tale che noi

stiamo dalla parte dei soldati a guardare.

Non parliamo di un classicismo alla David o rassicurante,

parliamo invece di un classico che non esiste più, così come

fa Piranesi che trasforma il classico in qualcosa di inquietante,

come un incubo.

Ultima immagine è il “Sogno della ragione che produce

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mostri” ove la speranza dell’illuminismo è frantumato dagli orrori della guerra, non vi è più un

sistema ideale perché le scene terrificanti della guerra bruciano e distruggono tutto.

Goya rappresenta la ragione qui che svanisce e l’uomo si trova di fronte ad una nuova realtà

disturbante e crudele che porta al ROMANTICISMO che però non trattiamo in questo corso.

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