Dal discorso di Elisabetta abbiamo fatto qualche considerazione riguardo alla visione del mondo elisabettiano.
La società inglese è anche l’alterità della conquista sul mare. La consapevolezza che gli inglesi acquisiscono di
essere una grande nazione che gioca attorno alla politica, alla religione, c’è ad esempio una frase di uno degli
autori del periodo elisabettiano John Lyly, un autore importante come prosatore, l’unico Dio vivente è il Dio
inglese, come se Dio potesse avere un’identità nazionale, in quel periodo sappiamo che la chiesa inglese si era
costituita come chiesa indipendente. A questa fede nel genio nazionale si accompagna la fede nel genio
artistico e la fede nei poteri dell’arte, visione dell’arte e dell’artista presente in altri paesi, come l’Italia
rinascimentale, ma in Inghilterra questa fede nel genio artistico raggiunge una intensità particolare e la cosa
interessante è che questa focalizzazione sul genio artistico preannuncia certe poetiche romantiche e pre
romantiche, l’idea del genio artistico interessa il preromanticismo. Uno degli autori che nomineremo spesso
ovvero Sidney, il più grande poeta dopo Shakespeare insieme a Spencer del periodo Elisabettiano, che scrive
un’opera dal titolo Apology For Poetry, un’opera in prosa che Sidney concepisce come difesa della poesia che
veniva attaccata in quel periodo dai puritani che erano contrarie a tutte le forme di arti (letteratura, poesia etc),
qui Sidney parla del poeta come profeta e sostiene la superiorità dalla poesia addirittura sulla scienza e sulla
filosofia, e questa superiorità è dovuta alla sua capacità di rivelare la verità, Sidney esalta molto il potere che ha
la poesia di suscitare emozioni, passioni che deriva da ciò che Sidney definiva come sacro fuoco e che
Shakespeare chiamava Fine Frenzy, il sacro cuore dell’ispirazione poetica, è molto interessante questa
teorizzazione di Sidney perché la dobbiamo collocare all’interno delle poetiche rinascimentali che erano
tendenzialmente classicheggianti, tendevano a sottolineare l’importanza delle regole, della disciplina, in questo
contesto delle poetiche rinascimentali classicistiche e normative l’esaltazione del genio artistico ci avverte
subito che la letteratura elisabettiana rappresenta un unicum, qualcosa di particolare grazie a questo
accentuato carattere romantico, che la distingue dal rinascimento italiano o dalle poetiche francesi, europee in
generale, nello stesso tempo dobbiamo pensare che la letteratura inglese non ha in questo periodo (2° metà del
500) la stessa tradizione letteraria della letteratura italiana che aveva conosciuto già Dante, Petrarca e
Boccaccio, alle spalle degli elisabettiani c’è solo Chaucer, da un lato c’è questa diversità, questa unicità dall’altro
è anche vero che non riusciremmo a capire neanche i prodotti più originali della letteratura elisabettiana se non
mettessimo questa in relazione con le altre letterature europee. Lo stesso Shakespeare pur non essendo un
diplomatico e non avendo studiato ha un background che va alla Francia, all’Italia, quindi occorre tenere
presente questa rete d’ispirazione. Il rapporto fra Inghilterra e Italia durante il periodo elisabettiano dobbiamo
riconoscere che la letteratura elisabettiano deve molto al rinascimento italiano, innanzitutto delle innumerevoli
traduzioni che vennero pubblicate in Inghilterra nella 2° metà del 500 la maggior parte sono traduzioni
dall’italiano, ovviamente questo deriva dal fatto che la letteratura e la cultura italiana esercitano un ruolo di
egemonia in Europa, è L’Italia che crea la moda della commedia plautina e della tragedia senechiana, che
entrano attraverso le università anche in Inghilterra, è l’Italia a dettare orientamenti del gusto e a forbire i
modelli artistici più prestigiosi, dopo l’età di Chaucer quando l’Inghilterra in mezzo ad una cultura francofena
Chaucer introduce qualcosa della letteratura italiana, dopo questo momento nel periodo elisabettiano si
consolida questo prestigio degli italiani in Inghilterra. In questo periodo la lingua italiana era molto popolare, i
cortigiani leggevano in italiano con una traduzione a fianco, molti lo parlavano, e la imparavano per cultura e
per sfoggio personale ma anche per questioni politiche come gli uomini della diplomazia, un altro elemento
importante è il fatto che durante il periodo elisabettiano si afferma la consuetudine di viaggiare in Italia, in
questo periodo si diffonde il gran tour, viaggiavano in Italia gli aristocratici per la loro educazione umanistica,
per la loro educazione politica, l’Italia rappresentava una fucina anche di sperimentazione politica. In questo
periodo l’italiano si diffonde fra i ceti alti, c’è in questo periodo una figura estremamente importante nei
rapporti anglo-italiani di mediatore culturale, ovvero John Florio autore di un importante dizionario di lingua
Inglese-Italiano dal titolo un mondo di parole e viene dedicato al conte di South Tampton, è una figura
interessante, nato in Inghilterra da padre espatriato in Inghilterra per motivi politici e religiosi, molti libri italiani
venivano dedicati a figure di spicco della corte inglese, la stessa Elisabetta fu dedicataria di almeno 20 opere in
italiano, 17 di queste le vennero offerte come dono in occasione del capodanno, Elisabetta leggeva opere
Italiane, che conoscesse l’italiano si capisce dalla sua corrispondenza, la sua matrigna Catherine Parr (Elisabetta
era figlia di Anna Bolena) possedeva una copia delle opere di Petrarca quindi probabilmente da lui conobbe il
poeta italiano che spesso cita, parlava italiano molto bene e di questo ne era orgoglioso, c’è tutta una
corrispondenza italiana di Elisabetta, quasi tutte le più importanti opere italiane pubblicate in questo periodo
divengono note sia in originale oppure in traduzione, e proprio quest’opera di traduzione diventa
importantissima per i progressi della letteratura inglese originale, la traduzione dei testi dall’italiano fa si che gli
autori acquisiscano dimestichezza con importanti modelli a cui fanno riferimento nelle loro opere. In particolare
nella cultura elisabettiano sono 2 le opere che hanno esercitato un’influenza straordinaria e che determinarono
l’idea che degli Italiani e dell’Italia gli inglesi si fecero in quel periodo ovvero Il cortigiano di Castiglione il
Principe di Machiavelli, nel Cortigiano si presentava il ritratto del gentiluomo perfetto che in questo momento
della cultura europea diviene fondamentale perché va a sostituirsi all’altro modello di comportamento che era
tipico del mondo medievale ovvero il cavaliere, il cortigiano sostituisce l’ideale del cavaliere e rispetto a quel
ideale rappresenta un modello comportamentale diverso, il cavaliere era l’incarnazione della nobiltà d’animo e
del disinteresse, a questi ideali si sostituisce l’ideale del cortigiano, l’uomo completo del rinascimento, è una
figura in cui ci sono da un lato doti di cultura, di raffinatezza, di modi dall’altro una grande capacità retorica ma
anche abilità politiche, essere anche prestante fisicamente, un uomo completo quindi, non ci sono virtù morali,
mentre il cavaliere è votato alle virtù morali nel cortigiano nella definizione le virtù morali sono spinte in
secondo piano, non sono così essenziali, anzi questo spostare sullo sfondo le virtù morali finisce per permettere
una contaminazione del modello cortigiano, questo profilo non sembra così incompatibile con alcune forma di
comportamento, ad esempio cinico, dissoluto, cioè sul cortigiano e sul modello di cortigiano scritto da
Castiglione si modella in terra inglese un modello di uomo etichettato come italianato, il gentiluomo italianato è
raffinato e colto ma anche falso e dissimulatore, l’aggettiva italianato comincia ad assumere delle connotazioni
negative e a queste connotazioni contribuisce l’altro testo ovvero Il Principe di Machiavelli, in particolare
l’interpretazione che viene data del Principe in Inghilterra, gli inglesi vedono nel principe l’esaltazione del
tradimento, del cinismo politico che Machiavelli mette nel suo personaggio, ma finisce per diventare l’elemento
fondamentale per gli inglesi, Machiavelli finisce per diventare per gli inglesi il diavolo ingannato. Nik diventa il
Nickname per il diavolo, da Nicolò, questa demonizzazione del Principe influenzerà la concezione di un
personaggio fisso della tragedia elisabettiana ovvero il Villain, il Villain della tragedia elisabettiana sono tutti
Machiavellici, assommano le caratteristiche ritenute dagli inglesi tipiche del principe di Machiavelli, nella figura
del Villain si ripete il fenomeno di influenze esterne su un modello locale, il Villain ne risente del cortigiano del
principe ma è per molti aspetti l’incarnazione del vizio medievale. L’Italia diventa soggetta a diverse
ambivalenze da un lato esercita un’attrazione irresistibile per gli inglesi per cui molti drammi elisabettiani
saranno ambientati in Italia, allo stesso tempo è un paese che suscita violente riprovazioni, spesso a
condannare le opere italiane sono coloro che le traducono e introducono, nasce quindi il mito dell’Italia che è
patria di splendori ed errori, e tutta la retorica anti-italiana va inserita in un paese che come l’Inghilterra stava
uscendo dallo scisma, che l’aveva vista staccarsi dalla Chiesa di Roma, l’Italia era vista come la patria in cui c’era
il papa, la chiesa di Roma, nonostante l’Italia non fosse ancora unificata, tutta la patria anti italiana è anti papale
e anti cattolica, c’è un testo in prosa Il viaggiatore Sfortunato che è il primo romanzo picaresco inglese della
seconda metà del 500 questo personaggio viaggia in Europa arriva in Italia e scrive delle pagine terribili su
quest’ultima, questa propaganda anti italiana e anti cattolica permarrà in tutti gli scritti di viaggio, ancora nella
2° metà del 800, i viaggiatori che seguono le rotte del gran tour visitano tutti gli stessi posti. L’Italia proprio per
essere percepita dagli inglesi come altro fa sì che l’Italia diventa il luogo preferito per ambientare le storie alla
luce di un filone esotico, l’Italia è l’esotico, il diverso.
TEATRO ELISABETTIANO: La vera gloria dell’età elisabettiana, un teatro che è in maniera quantitativamente
importante scritto in versi quindi è anche poesia, questo fenomeno così straordinario è un fenomeno che tutto
sommato emerge all’improvviso, è vero che nei 50 anni che precedono l’inizio dell’età elisabettiana ci sono
sporadici tentativi di commedia e di tragedia ma sono sporadici non si può parlare di una vera e propria
fioritura, la grande fioritura comincia di colpo intorno alla metà degli anni 80 ed è il risultano di una serie di
circostanze poco favorevoli, perché quando si parla di teatro bisogna tenere conto di un elemento, ovvero il
teatro è sì letteratura però è anche una parte della letteratura che ha un’interfaccia fondamentale con la
società, perché il teatro nasce per essere rappresentato, quindi è un fenomeno sociale che mostra ciò in
maniera evidente rispetto alla poesia o alla prosa, la fioritura del teatro nel periodo elisabettiano è resa
possibile dagli esperimenti teatrali fatti nei periodi precedenti e accanto a questa continuazione di una
tradizione popolare c’è questa dinamica di aggancio, di fusione tra la tradizione popolare e la tradizione colta,
ma tutto questo non sarebbe diventato il fenomeno diventato se non ci fosse stata una fortissima domanda
sociale che proviene un po’ da tutte le classi, il teatro elisabettiano non è come quello medievale solo popolare
ma non è come quello classicista europeo solo per le classi aristocratiche, è un fenomeno che coinvolge tutta la
società, se come abbiamo visto il teatro era diffuso in Inghilterra anche prima dell’età elisabettiana, va detto che
a convogliarlo verso delle nuove forme, ovvero a spingere i drammaturghi alla creazione di nuove forme,
contribuì il declino di forme medievali in primo luogo il declino del Mystery Play perché il Mystery Play perde
assolutamente il suo interesse perché la chiesa riformata osteggia fortemente questi Mystery Play perché li
legge legati ad una cultura medievale che è cattolica, da un lato c’è questa pressione della chiesa riformato
dall’altro abbiamo condizioni socio economiche molto favorevoli per la nascita del teatro, che permettevano
una maggiore richiesta di intrattenimento, soprattutto a Londra. Siamo ancora in un contesto sociale in cui la
società non ancora tanto impregnata di puritanesimo come lo sarà la società inglese dopo la repubblica,
l’Inghilterra di questo periodo viene anche etichettata come Merry England, Inghilterra felice, se dovessimo
giudicare il popolo dalla produzione drammaturgica di questo periodo, la produzione teatrale elisabettiana è
molto più passionale della coeva letteratura italiana ad esempio, in questo contesto ad un certo punto quelli
che erano i gruppi di attori girovaghi cominciano ad organizzarsi, formando del compagnie teatrali vere e
proprie, se guardiamo alla poesia di questo periodo è quella di una letteratura progredita ma elevata in modelli
esterni, non si distinguono così tanto dai loro contemporanei perché la poesia elisabettiana era indirizzata alla
corte, e i gusti del pubblico aristocratico erano condivisi nelle varie corte europei. Il mercato editoriale del
periodo era un mercato non paragonabile a quello attuale, si trattava di una letteratura scritta all’interno dei
circuiti aristocratici e indirizzata agli aristocratici, le opere circolavano in manoscritto, lo scrittore che era
generalmente aristocratico si indirizza a lettori della sua cerchia, e nel caso in cui l’autore sia un aristocratico
non particolarmente influente trova nell’aristocrazia un mecenate, un protettore, a cui dedica le sue opere il
quale lo finanzia, a partire dal 700 il mercato editoria cambia fisionomia assumendo le caratteristiche che
l’editoria ha adesso, il Patronage che è il principio su cui si basa la letteratura di cui parliamo viene meno con un
sistema editoriale in cui a fare la fortuna dell’autore non è il mecenate ma i lettori. Anche questo sistema di
scardina se invece di parlare di poesia o di prosa e ci rivolgiamo parlare di teatro, al situazione del teatro nel
periodo elisabettiano è completamente diverso la fortuna del drammaturgo è data dalla fortuna che le sue
opere hanno sui palcoscenici sui quali recitano degli attori di fronte a 3000 persone che appartengono a classi
sociali diverse, che per entrare al teatro pagano biglietti di prezzi diversi a seconda della posizione, quindi anche
il sistema di produzione e di fruizione del teatro è diverso rispetto alla poesia, il teatro diventa una vera e
propria industria, questo diverso modo di produzione e di fruizione dei testi ci permette di fare un’altra
considerazione ovvero di valutare la misura in cui la ricezione di letteratura condiziona la sua produzione,
perché da un lato c’è la raffinata produzione di testi in poesia e prosa che è limitata in quanto è limitato il
pubblico che la legge ed è una produzione raffinata e artificiosa perché sottosta a regole imposte dal pubblico
stesso in quanto aristocratico che conosce la produzione e che ha un certo orizzonte d’attesa, l’aristocratico del
periodo quando ha di fronte delle nuove poesie si aspetta un certo orizzonte, per il teatro invece la diversa
ricezione del teatro sposta completamente il discorso, il rapporto che si instaura nel teatro tra scrittore e
pubblico è profondamente diverso rispetto al rapporto che si instaura nella poesia o nella prosa, nel teatro
elisabettiano confluiscono un teatro popolare medievale e la tradizione umanistica e quindi questo teatro che
accoglie stimoli vari avrà la possibilità di indirizzarsi ad un pubblico vario e il fatto di trovarsi davanti un pubblico
vario inevitabilmente influenza il drammaturgo, perché il drammaturgo elisabettiano da un lato dovrà scrivere
in modo che possa stuzzicare il gusto dello spettatore raffinato ma poi quello stesso drammaturgo sa che
davanti al palcoscenico c’è nei teatri elisabettiano la peat, una fossa dove stanno in piedi coloro che possono
pagare un penny per entrare e quelli non sono un pubblico raffinato ma un pubblico che vuole l’azione,
affascinato dalla magnificenza dei costumi ed è anche affascinato dalla presenza scenica degli attori, gli attori
spesso dovevano urlare per farsi sentire tanto era il clamore di coloro che erano nel peat.