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Nasce alla fine del Quattrocento, nel 1483, ma è collocato nel Cinquecento.
Per quanto riguarda la sua condizione sociale, apparteneva ad una famiglia dell’alta
società Fiorentina, vicina alla casata dei Medici (Filomedici > appoggiano i Medici).
Oltre alla formazione umanistica è importante anche la formazione giuridica, difatti,
Guicciardini era un ottimo avvocato.
Un autore come Guicciardini non può essere compreso senza conoscere la situazione storica,
in quanto la sua vita è legata ai fatti storici di quel periodo.
Tutte le vicende di Guicciardini si intrecciano con lo Stato di Firenze, stato della
chiesa.
A differenza di altri autori non ha intenzione di pubblicare ciò che scrive, a eccezione
dell’opera “Storia d’Italia” scritta quando ormai si era ritirato dalla scena politica.
Scrisse anche testi di ambasceria.
Possiamo dunque affermare che la sua scrittura nasce come scrittura privata.
Scrive “Le memorie di famiglia”, poiché la sua storia familiare si intreccia con quella di
Firenze, opera che userà come fonte per scrivere “Storie fiorentine” il cui obiettivo è
quello di indicare al lettore le ragioni della crisi che stava attraversando Firenze a quel
tempo.
Nelle sue opere lui scrive sempre ciò a cui prese parte direttamente, riporta quindi una
testimonianza diretta attraverso un atteggiamento oggettivo: spesso presenta una tesi che
viene contraddetta subito dopo, questo ci fa capire la sua tendenza ad analizzare sia la sua
posizione che quella degli altri.
>RICORDANZE (1508)
In quest’opera annota gli eventi fondamentali della sua esistenza, a partire dalla sua
infanzia. All’interno scopriamo che si dedicò allo studio del diritto mentre la formazione
letteraria, o studi umanistici, risulta essere subordinata.
Dopo la morte dello zio e del padre si ritrova con una grande eredità, nonostante ciò decide
comunque di entrare nella vita pubblica della città. Sposa Maria Saviati, figlia di un
personaggio di grandissimo peso politico, Alamanno Saviati. Nel 1512, verrà inviato in
Spagna come ambasciatore per giustificare l’alleanza dei fiorentini con la Francia.
Mentre lui si trova in Spagna, sempre nel 1512, cade il governo dei Medici e a Firenze viene
istituita la repubblica*. (Lui non era a conoscenza di questi eventi)
Durante il soggiorno in Spagna, Gucciardini scrisse un diario, una sorta di memoria
degli usi e costumi, e il Discorso di Logrogno nel quale si interroga sulla forma di
governo ottimale per Firenze.
Analizza la costituzione in cui esistono le 3 forme possibili di governo : Monarchia,
Aristocrazia e Democrazia
Invece, a Firenze vi era un governo di tipo popolare composto dal Consiglio Grande, le cui
decisioni erano mosse da considerazioni avventate o poco accorte. Guicciardini afferma la
necessità di un’assemblea più ristretta o senato, guardando al modello veneziano (il
consiglio dei pregadi), composta da uomini savi che sappiano rifiutare le opinioni deliranti del
consiglio.
Quando scrive quest’opera lo fa pensando ai suoi eredi, in modo che possano apprendere
qualcosa.
Presenta dunque la stessa finalità della scrittura dei Ricordi.
>I RICORDI > Il titolo di quest’opera deriva dal modo in cui lo stesso Guicciardini
chiama i propri “aforismi”, ovvero dei pensieri brevi, delle sintetiche citazioni,
le quali sono delle vere e proprie perle di saggezza.
*Ricordo 30 p. 632
potestà = potere
Fortuna > sorte, caso; può essere sia buona che cattiva → tutti gli scrittori si
interrogano su quanto possa la fortuna governare sulle azioni dell’uomo. p.632
*Ricordo 15 p. 634
Guicciardini dice che ha ottenuto molto di più rispetto a quello che lui sperava, ma non ha
poi trovato quella soddisfazione che lui pensava di trovare dall’odore e dalla ricchezza
(riflessione > quanto sono vani i desideri degli uomini).
Quando scrive “Storia d'Italia" in 2 libri in cui esamina cos'è successo in 40 anni Deve tener
conto non solo dei tratti generali ma anche ciò che può aver influenzato il corso degli eventi.
Guicciardini si ritira a vita privata a Santa Margherita e si dedica alla scrittura della Storia
d’Italia.
Storia d’Italia era l’unica opera che pensava di pubblicare.
Opera scritta nel 1536, esamina gli eventi della storia d'Italia dal 1492 al 1536.
Alla morte di Guicciardini (1540), l’opera è incompiuta, dunque, l’autore dà ordine di
bruciare il manoscritto.
Tutta l'opera è divisa in 20 libri, su consiglio di un amico di Guicciardini, vicende di cui
Guicciardini è stato protagonista e di cui segue lo sviluppo dandoci tutte le informazioni
possibili per ricostruire gli eventi (che cosa si pensa, cosa si suppone fare…).
Guicciardini, spesso, ricostruisce quelle che sono le intenzioni dei suoi
personaggi/protagonisti.
P. 627
Dalla cognizione potrà ciascuno prendere utili ammonimenti.
Le cose umane sono sottoposte al caso e alla fortuna che viene chiamata in causa.
L’idea di particulare > componente legata all’individuo e ai suoi interessi che
condizionano le sue scelte.
Guicciardini tende ad utilizzare la scrittura anche per analizzare se stesso > scrive 3 testi:
- Consolatoria = tipologia letteraria che arriva dal mondo classico, una sorta di
l’etera per consolare una persona delle sue disgrazie > Guicciardini scrive per sè una
consolatoria.
- Orazio accusatoria = in cui lui mette in luce gli errori che ha commesso.
- Orazio defensoria = in cui si difende dalle accuse.
IL TEATRO
LA CASSARIA???
p.643 esempio lingua pavano > la malvagità delle donne deriva non da una presa di
posizione intellettuale, ma dallo snaturale.
L’uomo e la donna sono la preda del loro snaturale che gli spinge ad atteggiarsi in un certo
modo.
Il Latino rimane comunque la lingua della comunicazione scientifica e lingua della legge,
successivamente, sono fioriti altri 13/14 dialetti/volgari.
Nel Cinquecento ci si interroga su quale volgare usare per scrivere. I postumi a Dante,
Petrarca e Boccaccio ipotizzano:
- la lingua usata da Machiavelli, quindi il fiorentino;
- lingua cortigiana, nelle corti confluiscono personaggi di tutta Italia;
- Pietro Bembo propone di usare una lingua modellata su quella di Petrarca per la poesia e di
Boccaccio per la prosa. Quest’ultima tesi sarà quella più gettonata.
LA TRAGEDIA
Aristotele, analizzando le commedie della sua epoca (produzione dei 3 grandi tragici:
Eschilo, Sofocle ed Euripide) , ci descrive la tragedia come caratterizzata dalla suddivisione
in cinque atti. Quasi sempre ogni atto è concluso da un poro che ha la funzione di commento
degli eventi che si sono svolti (a volte è il portavoce dell’autore altre, invece, è un personaggio
della vicenda).
I protagonisti della tragedia sono, quasi sempre appartenenti alla categoria dei re, dei
principi o degli eroi oppure sono creature divine o semi divine.
Il linguaggio della tragedia, di conseguenza, è un linguaggio alto (al contrario della
commedia).
Caratteristica tragedia > inizio tranquillo, poi attraverso una serie di eventi si arriva alla
catastrofe finale che implica alla morte del/dei protagonisti > morte che non viene mai
messa in scena, ma viene quasi sempre narrata.
p.644
La Canace di Sperone Speroni > è una tragedia, la fonte a cui guarda Sperone Speroni è
Ovidio con Heroides. Le Heroides sono delle lettere in versi che le eroine del mito scrivono ai
ai loro amati; una di queste eroites racconta la vicenda di una da questo amore nasce un
figlio 31
Nel corso del 500 vi è il fiorire di poesie influenzate dalla grammatica usata da Petrarca.
La lirica è il genere letterario che promuove un nuovo classicismo volgare.
La poesia rinascimentale si pone sotto il segno di Petrarca.
Petrarca usa le dittologie e le antitesi (?) > gli autori useranno anche loro queste tecniche
Si tende ad enfatizzare non tanto il lato amoroso ma il lato filosofico e spirituale di Petrarca.
La lirica spirituale
La lirica di carattere spirituale acquista notorietà.
Tutti i testi petrarcheschi vengono letteralmente riformulati per eliminare le tracce della
passione amorosa, trasformata in occasione di preghiera per via lirica.
VITTORIA COLONNA
Poetessa che appartiene alla famiglia dei Colonna ( famiglia principesca romana ).
>matrimonio combinato molto importante poiché si innamora davvero del marito e quando
rimane vedova scrive liriche sulla sua sofferenza dell’essere privata del marito (morto in
battaglia).
Tuttavia questa sofferenza la indirizza sulla via religiosa > passa gli ultimi anni in un
convento.
Si occupa di una poesia spirituale.
nel 1546 le Rime spirituali solo un anno prima della sua morte
La sua poesia recupera da Petrarca lessico e forme, ma riflette su temi religiosi.
Testo: Parafrasi:
Quando il gran lume appar ne l'oriente, Quando il Sole nasce all’alba,
che'I nero manto de la notte sgombra, e allontana il nero manto della notte (l’oscurità)
e'1 freddo gel ch'alor la terra ingombra e il freddo gelo, che a volte opprime la terra,
dissolve e scaccia col suo raggio ardente, dissolve e scaccia col suo raggio luminoso
de l'usate mie pene, alquanto lente mi grava di nuovo delle pene abituali
per l'inganno del sonno, me ringombra; che il sonno aveva alquanto alleviato,
ond'ogni mio piacer risolve in ombra, per cui ogni mia gioia tramuta in pena
alor che 'n ciascun lato ha l'altre spente. quando da ogni parte le altre ombre ha portato
Oh viver mionoioso, oh aversa sorte! via (quelle della notte).
cerco l'oscurità, fuggo la luce, Oh vivere mio angoscioso, oh sorte avversa!
odio la vita, ognor bramo la morte. Cerco l’oscurità fuggendo la luce,
Quel ch'agli altri occhi offende ai miei riluce, ho in odio la vita e desidero sempre la morte.
perchéchiudendo lor s'apron leporte Quello che (la notte) agli occhi degli altri dà
a la cagion ch'al mio Sol mi conduce. fastidio per me, invece, splende
perché chiudendoli (gli occhi) si aprono le porte
del sonno,
mezzo che mi conduce al mio amato consorte
(Sole).
Schema metrico: sonetto con rime incrociate nelle quartine (ABBA ABBA) e rime alternate
nelle terzine (CDC DCD).
Commento:
Qui, nel sonetto riportato, c’è il motivo del confronto (chiaramente petrarchesco) tra la notte
e il giorno nei loro significati abituali ma rovesciati e, di conseguenza, tra la condizione del
soggetto e del mondo naturale: il sorgere del Sole, che è sorgente di vita per la terra, è fonte,
invece, di dolore per la poetessa poiché attraverso il sonno era riuscita a mitigarlo e ad aprire
le porte che conducono all’amato marito defunto. La luce la riporta, infatti, alla realtà del
lutto: lei, allora, non cerca la luce ma le tenebre, non desidera la vita ma la morte. La notte e
la morte sono le porte che conducono all’aldilà, luogo in cui brilla l’amato sole (il marito).
L’antitesi, più in generale, è dunque fra la vita terrena e la vita spirituale, tra l’aldiqua e
l’aldilà.
ISABELLA DI MORRA
GASPARA STAMPA
Poetessa molto ammirata da Bembo.
Le sue Rime, vengono pubblicate dalla sorella dopo che lei muore (1554) con
dedica a Giovanni della Casa.
Tali componimenti sono rivolti per la maggior parte a cantare le vicende dell'amore per il
conte Collaltino di Collalto (a cui ella fu legata dal 1548), trattano il tema amoroso che
la lega al conte nobile con cui ha un periodo inizialmente felice ma successivamente data
la carriera del conte che lo porta lontano da casa, i due si separano > tema canonico della
separazione degli amanti.
Nel primo dei sonetti qui riportati l'amante Collaltino di Collalto viene lodato per la sua
abilità nel canto.
Commento:
Le Rime di Gaspara Stampa, pubblicate postume, cantano prevalentemente
l’amore per il conte Collaltino di Collalto ed esprimono le preoccupazioni e le
pene per le frequenti assenze di lui. L’adesione al petrarchismo è molto evidente anche
se c’è una certa originalità nella fragilità e nell’umile sicurezza con le quali la poetessa accetta
la sua condizione di donna che piange l’amante ma evita ogni accento di ribellione.
In questo sonetto è singolare la lunga similitudine iniziale attraverso cui la donna vuole
saziare gli occhi con la visione dell’amato e le sue orecchie con la sua voce proprio come fa
colui che sapendo di restare poi senza cibo si nutre più del giusto. Si equiparano passione
d’amore, dunque, e fame del cibo e così l’amata cerca di trattenere quanto più può la
presenza dell’amato una volta che questi sarà andato via.
Davvero originale ed intensa, è l'equiparazione della passione d'amore alla fame del cibo,
questo desiderio di prendere con sé e dentro di sé la presenza dell'amato, cercando così di
trattenerla anche quando egli se ne sarà andato.
POESIA COMICA
Analisi:
Tema = gelosia > tema non petrarchesco, ma trattato in modo petrarchesco.
- Non c’è interpunzione tra primo e secondo verso, sono quindi collegati da un
enjambement.
- All’inizio abbiamo un vocativo “cura” nel senso di affanno, preoccupazione;
- La prima quartina è una relativa “ti nutri di timor...regno d’amore”. C’è un verbo
reggente.
- Nella seconda quartina i verbi reggenti sono: esci, torna, incresci, mena, ti
duoli(=abbi dolori).
Sono tutti imperativi (perché all’inizio abbiamo un vocativo) che troviamo tra la
seconda quartina e la prima terzina. Abbiamo una specie di luna premessa attraverso
le relative della prima quartina.
- La menzione del Cocito (lago nell’inferno dantesco) e dell’essere spiacevole a te
stessa(canto 14 dell’inferno) rimandano a Dante.
- “Il tuo velen mi corse in ogni sangue” perseguitato dal fantasma della gelosia, che
avvelena il suo sangue
- Con l’ultima terzina il poeta si pone un interrogativo “Perché continui a
tormentarmi?”
La bella greca - Della Casa
Testo: Parafrasi:
La bella Greca, onde ‘l pastor Ideo La bella greca, di cui il pastore che
in chiaro foco e memorabil arse, pascolava i suoi greggi sul monte Ida,
per cui l'Europa armossi, e guerra feo, arse d’amore in un fuoco chiaro e
e alto imperio antico a terra sparse; degno di memoria,
per cui l’Europa si armò e fece guerra,
e le bellezze incenerite e arse e abbattè sparsa terra, un nobile antico
di quella, che sua morte in don chiedeo; regno;
ei begli occhi e le chiome a l'aura sparse e le bellezze che furono incenerite e
di lei, che stanca in riva di Peneo bruciate di colei che chiese in dono la
sua morte;
novo arboscello a i verdi boschi accrebbe; E bei occhi e i capelli sparsi all’aria
e qual altra, fra quante il mondo onora, Petrarça di colei che stanca sulla riva
in maggior pregio di bellezza crebbe, del fiume Peneo
aggiunse una nuova pianta ai verdi
da voi, giudice lui, vinta sarebbe, boschi; E qualunque altra donna che il
che le tre dive (o sé beato allora!) mondo onora che ebbe maggior pregio
tra' suoi be' colli ignude a mirar ebbe. di bellezza
sarebbe vinta da voi(donna amata da
Della Casa) se fosse giudice lui
(paride) che poté guardare trai suoi bei
colli o lui beato allora le tre dee.
Analisi:
Ritiene la donna da lui amata superiore alla bellezza delle tre donne mitologiche
citate nel sonetto: - Elena di Troia, le tre dee e Paride.
Al verso due “degno di memoria” fa riferimento al fatto che la vicenda è stata cantata
da Omero nell’Iliade.
Anche in questo sonetto, per comprenderne a pieno il significato bisogna arrivare
all’ultima terzina. Le due quartine e la prima terzina sono costruite come una sorta di
anticipazione di quello che il verbo reggente da voi vinta sarebbe ci indica. La
struttura del sonetto dunque non è più quella canonica.
Inoltre presenta molti enjambement.
Dal punto di vista sintattico quindi trasforma il testo. Presenta anche un rimando al
sonetto 90 di Petrarca e lo possiamo dedurre dal verso “le chiome a l’aura sparse”,
ripresa quasi perfetta del verso di Petrarca “erano i capei d’oro a l’auta sparsi”.
Commento e Analisi:
Il sonno gli antichi lo definivano come una cosa simile alla morte.
è anche un modo per trovare pace, un momento di quiete.
- Nella prima quartina troviamo “Figlio placido”, cioè che dai tranquillità > sonno
rappresenta il conforto per gli uomini afflitti.
- Nella seconda quartina si ha una personificazione del sonno il quale viene definito
alato ed il poeta spera che si posi su di lui.
Ci sono molte dittologie: aspra e noiosa, langue e posano non have, stanche e frali.
Negli ultimi due versi ci sono molti pronomi personali: a me te ne vola, tue, sovra
me. Questa Enfasi sui pronomi personali indica che laddove il sonno per tutti è
riposo, per il poeta che non trova pace deve invocarlo.
- Nella prima terzina il poeta cerca invano il silenzio e i sogni lievi.
- La terzina di chiusura o chiusa è rivolta alle piume, ovvero il letto.
Il poeta è in attesa di una pace notturna e di un sogno che non trova.
O dolce selva, amica - Della Casa
Testo: Parafrasi:
O dolce selva solitaria, amica O dolce selva solitaria, amica
de' miei pensieri sbigottiti e stanchi, dei miei pensieri sbigottiti e stanchi.
mentre Borea ne' dí torbidi e manchi Mentre borea nei giorni torbidi, oscuri e
d'orrido giel l'aere e la terra implica, manchi
e al tua verde chioma ombrosa, antica avvolge l’aria è la terra di gelo orrido e
come la mia, par d'ogn'intorno pare che imbianchi tutto intorno
imbianchi, la tua chioma verde che faceva ombra
or, che 'nvece di fior vermigli e bianchi antica come la mia.
ha neve e ghiaccio ogni tua piaggia Ora ogni tuo luogo bello ha neve e
aprica, ghiaccio invece di fiori bianchi e rossi,
a questa breve e nubilosa luce io vado ripensando a questa breve
vo ripensando, che m'avanza, e ghiaccio luce(=vita) coperta di nubi
gli spirti anch'io sento e le membra che mi resta davanti (davanti a questa
farsi; vita breve che il poeta vede non
ma piú di te dentro e d'intorno luminosa) e anch’io sento le membra e
agghiaccio, gli spiri farsi ghiaccio.
ché piú crudo Euro a me mio verno Ma ha dentro ghiaccio intorno più di
adduce, te(selva), perché il mio inverno a me
piú lunga notte, e dí piú freddi e scarsi. porta un vento più crudele e una notte
più lunga,
giorni più freddi e meno numerosi.
DITTOLOGIA
Analisi:
poeta vecchio > presente un paragone tra i suoi capelli grigi e una foresta coperta
dalla neve.
I suoi capelli non torneranno mai come prima, mentre la foresta tornerà verde una
volta passato l’inverno.
Selva per Petrarca: luogo solitario dove dare sfogo i propri pensieri d’amore.
- “Selva” > termine derivante latino
- “dei miei pensieri sbigottiti e stanchi” sono aggettivi petrarcheschi legati alla
vecchiaia.
- “Luce che mi resta davanti” = davanti a questa vita breve che il poeta vede non
luminosa.
- “anch’io sento le membra e gli spiri farsi ghiaccio” = così come la selva avvolta dal
vento freddo del nord si copre di ghiaccio, così lo spirito del poeta
- Verno = inverno, ultimo stadio della vita del poeta
- “giorni più freddi e meno numerosi” = il poeta avverte la brevità della vita che
l’attende.
Il poeta paragona se stesso alla selva ma soffre molto più della selva perché
percepisce la brevità della vita che lo attende.
Petrarca c’è ma è rielaborato in maniera innovativa. Elementi che ci vengono posti
prima, enjambement molto evidenti. La struttura del periodo non coincide con quella
del verso. Dittologie: torbidi e manchi (in rima con imbianchi).
Testo: Parafrasi:
Questa vita mortal, che n' una o n' due Questa vita mortale che passa in una
brevi e notturne ore trapassa, oscura o due brevi ore segnate dalla notte(=non liete),
e fredda, involto avea fin qui la pura scura e fredda che aveva avvolto la parte pura di
parte di me ne l'atre nubi sue. me (l’anima) nelle sue nere nubi.
Or a mirar le grazie tante tue Ora prendo a contemplare le tante tue grazie
prendo, ché frutti e fior, gielo e arsura, perché frutti e fiori, gelo e caldo
e sí dolce del ciel legge e misura, e una legge e armonia così dolce
eterno Dio, tuo magisterio fue. del cielo furono, o Dio eterno, tua opera.
Anzi 'l dolce aer puro e questa luce Anzi la dolce aria pura e la luce
chiara, che 'l mondo a gli occhi nostri scopre, chiara che rivela il mondo ai nostri occhi,
traesti tu d'abissi oscuri e misti: tu l’hai tirata fuori dall’abisso scuro dove tutto era
e tutto quel che 'n terra o 'n ciel riluce confuso:
di tenebre era chiuso, e tu apristi; dal caos, dalla notte, Dio trae fuori la luce e
e l' giorno e I' sol de le tue man sono opre. l’armonia.
Tutto quello che in terra o in ciel riluce era chiuso
da tenebre e tu l’hai aperto e il giorno e il sole
sono opere delle tue mani.
Analisi:
Nella prima quartina è presente l’angoscia del passato mentre la seconda
contrappone la pace del presente.
Se prima ha visto la vita come qualcosa di offuscato per via delle nubi, nella seconda
quartina contemplando il creato vede che tutto è opera divina.
Nell’ultima terzina il poeta trova una superiore serenità nella contemplazione del
mondo come opera divina, che gli dà conforto.
- La vita è scura e fredda(perché non riscaldata dall’amore).
Il Galateo overo de' costumi è senz'altro l'opera più famosa del Della Casa. Nei suoi
trenta capitoli scritti in forma di dialogo un uomo anziano spiega ad un ragazzo quali
sono i comportamenti e i modi da tenere nell'ambiente di corte e, in generale, tra gli
aristocratici.
L'opera ha un vago sapore autobiografico poiché nell'anziano si può intravedere
l'autore stesso, diventato esperto di tali questioni per averle apprese nel suo lungo
servizio alla corte papale e nelle missioni diplomatiche nelle varie corti d’Italia,
mentre nel giovane un suo nipote, tale Annibale.
Se nel Quattrocento le corti italiane, con il loro mecenatismo e quel rapporto così
stretto tra i prìncipi e gli intellettuali umanisti erano lo specchio della potenza
politica, economica e culturale italiana, allo stesso modo il manuale d’etichetta del
Della Casa restituisce l'immagine di una crisi intellettuale che è lo specchio della
decadenza politica e della perdita di centralità della penisola italiana.
FRANCESCO BERNI
Commento:
In questo sonetto Berni fa un elenco dei fastidi e delle noie che affliggono l’uomo,
nessuna delle quali però è peggio dell’avere moglie (naturalmente non è vero, è una
presa in giro dell’immagine di donna come angelo che era dominante nella poesia
dell’epoca).
Commento:
Il sonetto vuol essere una parodia del più celebre "Crin d'oro e crespo" di Pietro Bembo, di
cui riprende le immagini petrarchesche per rovesciarle in modo paradossale e descrivere una
donna che è l'opposto della figura angelica dell'originale (i capelli sono grigi, il viso giallo e
rugoso, la dentatura tutt'altro che perfetta...). La lirica rientra in una certa tradizione della
poesia comica del XIII-XIV sec., in cui l'elogio della donna brutta voleva essere parodia dello
Stilnovo.
MICHELANGELO BUONARROTI
Testo: Parafrasi:
Non ha l’ottimo artista alcun concetto c'un L’ottimo artista non ha un alcun concetto
marmo solo in sé n o ncircoscriva col suo che un solo marmo non circoscrive in se stesso
superchio, esolo aquello arriva la man che con tutto ciò che gli sta sopra E solo la mano
ubbidisce all'intelletto. che obbedisce all’intelletto arriva a
Il mal ch'iofuggo, eI' ben ch'io mi prometto, quello(=quando l’artista inizia a scolpire deve
in te, donna leggiadra, altera e diva, tirare fuori dal marmo eliminando tutto quello
tal si nasconde; e perch'io piú non viva, che e superfluo l’idea che c’è nel marmo in se,
contraria ho l'arte al disiato effetto. l’idea di bellezza*)
Amor dunque non ha, né tua beltate Il male che io fuggo e il bene che mi riprometto
10 odurezza o fortuna o gran disdegno Si nasconde alla stessa maniera in te donna
del mio mal colpa,o mio destino o sorte; leggiadra, altera e quasi dea
se dentro del tuo cor mortee pietate E se non vivo oltre vedo
porti in un tempo, e che I' mio basso che l’arte è contraria all’effetto che io desidero
ingegno non sappia, ardendo, trarne altro (dalla donna amata non riesce a tirare fuori tutto
che morte. ciò che c’è di bene in lei)
Né amore né la tua bellezza,
o la purezza o la fortuna o disdegno
o il mio destino o la mia sorte Non hanno colpa
del mio male (se io non riesco in questa mia
impresa non è colpa degli elementi sopra citati)
se tu porti nello stesso tempo nel tuo cuore
morte e pietà E il mio basso ingegno per quanto
sia aderente d’amore non sa che tirare fuori da
esso altro che morte.
Commento:
In questo sonetto dedicato alla poetessa Vittoria Colonna, cui fu legato da un'intensa
amicizia, Michelangelo rappresenta l'opposizione tra la capacità dell'artista di estrarre una
forma dal marmo e l'incapacità dell'amante di trarre dall'amata il bene. Le Rime di
Michelangelo, da lui definite a torto“cosa sciocca”, sono ispirate più all’austera energia di
Dante che alla dolcezza lirica del Petrarca; vi dominano i concetti dell’amore platonico, il
contrasto tra amore e morte e i temi del peccato e della salvezza, con una visione sempre più
drammatica della condizione umana.
Testo: Parafrasi:
Qual meraviglia è, se prossim'al foco Che meraviglia c’è se io
mi strussi earsi, se or ch'egli è spento mi consumai vicino al fuoco,
di fuor, m'affligge e mi consuma drento, e 'n se ora che il fuoco e spento e mi consuma
cener mi riduce a poco a poco? dall’interno
Vedea ardendo sí lucente il loco e poco a poco mi riduce in cenere (finché la
onde pendea il mio greve tormento, che sol donna era in vita il poeta si strusse e arse,
la vista mi facea contento, ora la fiamma della passione non è
e morte e strazi m'eran festa e gioco. ravvivata dalla passione ma rimane nel
Ma po' che del gran focolo splendore IO che cuore del poeta e lo consuma)
m'ardeva e nutriva, il ciel m'invola, Quando io ardevo io vedevo così luminoso
un carbon resto acceso e ricoperto. il luogo da cui derivava la mia grande
Es'altre legne non mi porge amore che sofferenza
lievin fiamma, una favilla sola non fie di me, che la vista soltanto di esso mi rendeva
sí n' cener mi converto. felice
e anche la morte (spirituale o delle
speranze)
e la sofferenza erano per me una festa in
gioco (presenza amata fonte di piacere)
ma poi che del gran fuoco che mi faceva
bruciare
e mi teneva in vita, ma dopo che il cielo mi
porta via (questo splendore) resta tuttavia
acceso un carbone e nascosto nel mio cuore
Se amore non mi porge altra legna
che faccia alzare la fiamma
non resterà dentro di me una sola favilla
tanto mi converto in cielo.
Analisi:
Amore platonico tra l’autore e Vittoria Colonna
Dittologie: mi strussi/arsi, mi affligge/mi consuma (metafore petrarchesca dell’ardere).
Con altra legna intende l’amore divino necessario affinché non si trasformi in cenere e lo
conduca a salvezza.
Nelle poesie di Michelangelo troviamo o un registro comico o di tipo scettico perché
soprattutto nelle liriche della vecchiaia si volge verso Dio.
Nelle liriche della vecchiaia si volge a Dio.
Testo: Parafrasi:
Giunto ègià I' corso dellavita mia, con Il viaggio (corso) della mia vita, condottosu un
tempestoso mar, per fragil barca, al comun mare burrascoso e su una fragile barca,sta per
porto,ov'a render si varca conto e ragion giungere in quel comune porto (la morte), dove si
d'ogni opra trista e pia. passaper rendere conto e ragione di ogni opera,
Onde l'affettüosa fantasia cattiva e buona.Per cui, la seducente (passionale)
che l'arte mi fece idole monarca conosco or fantasia,che ha reso per me l’arte idolo e
ben com'era d'error carca regina,ora vedo distintamente quanto fosse
e quel c'a mal suo grado ogn'uom desia. sbagliatae conosco bene ciò che l’uomo desidera
Gli amorosi pensier, giàvani e lieti, a proprio danno.I miei pensieri appassionati, da
che fien or, s'a duo morte m'avvicino? D'una sempre vanitosi e leggeri,cosa saranno ora che mi
so l' certo, e l'altra mi minaccia. avvicino a due morti (del corpo e dell’anima)?Di
una sono sicuro (del corpo), l’altra (dell’anima)
mi minaccia.Né il dipingere, né lo scolpire
potranno più consolare l’anima,rivolta all’amore
divino che ci aprì, sulla croce,le braccia per
accoglierci (per salvarci).
Commento:
ne Le Rime Gli schemi convenzionali vengono, infatti, aggrediti e forzatiproprio come fa lo
scultore alle prese con il marmo. Attraverso una serie di metaforepetrarchesche (barca e
comune porto) e quando si è prossimi ormai ad un bilancio finaledella vita, quando le cose
terrene alle quali ci si è votati rivelano la loro natura illusoria, ladisillusione tocca anche le
esperienze artistiche (mosse da affettuosa fantasia) alle qualiMichelangelo ha dedicato tutta
la sua esistenza. L’anima turbata non può trovareconsolazione nella pittura e nella scultura:
l’unica pace è nella visione dell’abbraccio delCristo crocifisso (anche questa reminiscenza
petrarchesca).
TORQUATO TASSO
Analisi:
Il poeta sta pregando Dio perché lo liberi dall’errore e gli permetta di ritrovare la retta via.
La scelta di termini che rimandano al lessico religioso: lampo e grazia; valle mondana e
paludosa fa riferimento alla valle di lacrime in cui si smarrisce il peccatore. Dietro a questa
lirica c’è un sonetto di Petrarca del canzoniere che è stato utilizzato alla stessa maniera,
ovvero rivolgere una preghiera a Dio affinché ritrovi la retta via.
Il tema dell’errare e quindi di una sensibilità religiosa molto forte e inquieta lo
ritroviamo anche nella Gerusalemme liberata.
Contesto: la donna amata dal poeta passeggia in giardino e si appoggia ad una siepe fiorita
e lì un'ape, scambiando le sue labbra per una rosa, punge la donna.
L’aura è legata al tema amoroso. L’aura è la brezza primaverile al cui soffio compaiono i fiori
sulle piante ma qui chi fa sbocciare i fiori è il sole che viene rappresentato dagli occhi
dell’amata.
I fiori sono le labbra perché sono stati scambiati per quelli dall’ape. Torna la parola
dell’errare senza una meta fissa (come il disperdersi dei cavalieri nella “Gerusalemme
liberata”).
Il sonetto si divide in due parti:
- la prima apparentemente descrittiva, giustifica l’errore dell’ape in quanto ingannata dalle
labbra rosse della donna che lei scambia per una rosa;
L’ambientazione è una sera di festa nel giardino appena illuminato dalle torce si aggirano le
coppie mascherate. La notte permette gli incontri amorosi.
Analisi:
Tema > notturno
I tenebrosi orrori = Orrore significa in questo caso zona oscura
La parola furto in Tasso viene utilizzato per indicare furto amoroso
In questa notte alla luce delle fiaccole si svolge questa festa > invitati mascherati > maschera
(si dice anche larva.
Larva in latino significa fantasma e indica anche le maschere, in una festa in maschera sono
quindi le persone mascherate. Gioca sul doppio senso della parola: da un lato descrive questa
festa notturna nei giardini ferraresi e dall’altra è un omaggio alla duchessa.
Questo giardino notturno dove vi sono le fiaccole e la luce della luna è caratterizzato da
questi elementi che muovono la descrizione.
In questa situazione apparve la donna (ovvero la duchessa di Ferrara) tra una serie di dame
che illumina la scena (viene paragonata l’apparizione della donna a quella del
sole).
MADRIGALE
Il madrigale è una forma che c’è già nel canzoniere di Petrarca, ce ne sono 6: due terzine e
una quartina.
Una delle caratteristiche del madrigale cinquecentesco è l’estrema libertà nel costruire
l’intreccio di rime e nella lunghezza di queste. Questo rende più libera la possibilità del poeta
di esprimersi e favorisce una ricerca di forme sonoro musicali. Anche i temi sono molto liberi.
Soavissimo bacio
È un madrigale e non più un sonetto. Ha un tema che non appartiene alla lirica petrarchista.
Analisi:
Verso 2: È un’esclamativa, ci sono due superlativi che caratterizzano il bacio (soavissimo e
dolcissima).
Verso 4: momento del bacio viene colto in questo passare dell’anima del poeta quasi nel
corpo della donna; La gioia del poeta è tanta che il poeta si sente morire (l’anima viene
meno).
Questo verso comprende anche una citazione del canto di Paolo e Francesca poiché
Francesca ci dice che Paolo la baciò tutto tremante.
Figura etimologica due parole con la stessa radice: dolcezza e dolcissima.
Analisi:
Sovrapposizione elementi natura e umani:
- Rugiada come un pianto di stelle. La presenza della rugiada, che è tipica del momento
notturno perché si asciuga al sole, è come il pianto sparso dalla notte e dalle stelle.
- Erba umanizzata: grembo dell’erba, non ha un grembo. Come se avesse tra le sue braccia
un nembo di stelle, la rugiada brilla alla luce lunare e quindi sembra una stella disseminata
dalla luna sull’erba.
- Le brezze notturne sono come un lamento, il sussurrare del vento che sembra lamentarsi
rappresenta un preannuncio, e si chiede se lo sia, della partita della donna amata che è la
vita della sua vita.
La donna può essersene andata oppure può essere morta e per questo la natura piange.
Tacciono i boschi
Madrigale di nove versi, quindi molto breve. Insiste sul tema apparentemente lontano da
Petrarca
Analisi:
La prima parola “Tacciono” condizione tutto il resto: la natura è in perfetto silenzio nella notte
la bianca luna (antitesi notte scura e luna bianca). Questo è il riflesso di ciò che accade tra
gli amanti che devono tenere nascosto il loro incontro e anche il dio Amore deve tacere, non
deve parlare e neanche emettere respiri per garantire l’assoluta segretezza e la quiete
perfetta agli amanti.
Nell’uso delle dittologie(:tregue pace, non parli e spiri) riprende Petrarca.
Immagine di boschi e fiumi è canonica del Petrarca, ma qua c’è anche il mare quindi si fa
riferimento a tutta la natura.
AMINTA
Problema della osservanza rispetto alle norme aristoteliche e non della poetica. Aristotele
realizza un trattato sulla poetica che nel rinascimento viene ritenuto normativo. Ci parla della
tragedia e della commedia che sono i due generi teatrali punti di riferimento rispetto ai quali
si pone il problema di come posizionare il poema cavalleresco, come classificare il Furioso o
la Gerusalemme liberata.
Quando si crea un genere nuovo come il dramma pastorale che avrà molta fortuna, è un
genere misto.
La Aminta è definita da Tasso favola boschereccia , ovvero i protagonisti non sono né
personaggi della tragedia, quindi eroi e principi, né della commedia, ovvero gente comune,
ma sono pastori.
Nella commedia troviamo un registro basso mentre nella tragedia un registro alto; quindi ci si
domanda su quale registro privilegiare.
È diviso in 5 atti e ciascuno finisce con un coro.
Quindi dal punto di vista della struttura sembrerebbe essere al confine con la tragedia, ma
troviamo episodi che sarebbero più vicini al mondo della commedia.