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GUICCIARDINI

Nasce alla fine del Quattrocento, nel 1483, ma è collocato nel Cinquecento.
Per quanto riguarda la sua condizione sociale, apparteneva ad una famiglia dell’alta
società Fiorentina, vicina alla casata dei Medici (Filomedici > appoggiano i Medici).
Oltre alla formazione umanistica è importante anche la formazione giuridica, difatti,
Guicciardini era un ottimo avvocato.
Un autore come Guicciardini non può essere compreso senza conoscere la situazione storica,
in quanto la sua vita è legata ai fatti storici di quel periodo.
Tutte le vicende di Guicciardini si intrecciano con lo Stato di Firenze, stato della
chiesa.
A differenza di altri autori non ha intenzione di pubblicare ciò che scrive, a eccezione
dell’opera “Storia d’Italia” scritta quando ormai si era ritirato dalla scena politica.
Scrisse anche testi di ambasceria.
Possiamo dunque affermare che la sua scrittura nasce come scrittura privata.

Scrive “Le memorie di famiglia”, poiché la sua storia familiare si intreccia con quella di
Firenze, opera che userà come fonte per scrivere “Storie fiorentine” il cui obiettivo è
quello di indicare al lettore le ragioni della crisi che stava attraversando Firenze a quel
tempo.
Nelle sue opere lui scrive sempre ciò a cui prese parte direttamente, riporta quindi una
testimonianza diretta attraverso un atteggiamento oggettivo: spesso presenta una tesi che
viene contraddetta subito dopo, questo ci fa capire la sua tendenza ad analizzare sia la sua
posizione che quella degli altri.
>RICORDANZE (1508)
In quest’opera annota gli eventi fondamentali della sua esistenza, a partire dalla sua
infanzia. All’interno scopriamo che si dedicò allo studio del diritto mentre la formazione
letteraria, o studi umanistici, risulta essere subordinata.
Dopo la morte dello zio e del padre si ritrova con una grande eredità, nonostante ciò decide
comunque di entrare nella vita pubblica della città. Sposa Maria Saviati, figlia di un
personaggio di grandissimo peso politico, Alamanno Saviati. Nel 1512, verrà inviato in
Spagna come ambasciatore per giustificare l’alleanza dei fiorentini con la Francia.
Mentre lui si trova in Spagna, sempre nel 1512, cade il governo dei Medici e a Firenze viene
istituita la repubblica*. (Lui non era a conoscenza di questi eventi)
Durante il soggiorno in Spagna, Gucciardini scrisse un diario, una sorta di memoria
degli usi e costumi, e il Discorso di Logrogno nel quale si interroga sulla forma di
governo ottimale per Firenze.
Analizza la costituzione in cui esistono le 3 forme possibili di governo : Monarchia,
Aristocrazia e Democrazia

Invece, a Firenze vi era un governo di tipo popolare composto dal Consiglio Grande, le cui
decisioni erano mosse da considerazioni avventate o poco accorte. Guicciardini afferma la
necessità di un’assemblea più ristretta o senato, guardando al modello veneziano (il
consiglio dei pregadi), composta da uomini savi che sappiano rifiutare le opinioni deliranti del
consiglio.
Quando scrive quest’opera lo fa pensando ai suoi eredi, in modo che possano apprendere
qualcosa.
Presenta dunque la stessa finalità della scrittura dei Ricordi.

>I RICORDI > Il titolo di quest’opera deriva dal modo in cui lo stesso Guicciardini
chiama i propri “aforismi”, ovvero dei pensieri brevi, delle sintetiche citazioni,
le quali sono delle vere e proprie perle di saggezza.

Nascono dal viaggio in Spagna in cui scrive delle annotazioni su un


quadernetto che definisce dei “ghiribizzi”.
Ghiribizzo > significa fantasia, qualcosa che passa per la mente >12 ghiribizzi raccolti in un
libro. [Guicciardini riflette sullo stato del tempo] > non pensa di pubblicare quest’opera.
Ciò che scrive in questo primo quaderno verrà ricopiato da Guicciardini sul Quaderno
2, aggiungendo alcune cose. Da questi due quaderni nasce la Serie A.
La serie A venne composta nel 1524. In quell’anno si trovava al servizio dei pontefici della
famiglia dei Medici, occupando una posizione di grande rilievo.
Dopo il saccheggio di Roma nel 1527 da parte degli Spagnoli, Guicciardini nel 1528 si
ritira in una sua proprietà e riflette sul suo operato e, quindi, nasce una seconda serie
(chiamata serie B) dei Ricordi; della serie A non si ha l’autografo.
Si arrivano a 221 Ricordi che vengono numerati successivamente nell’ultima
serie, ossia, la serie C.
Nelle varie serie ritroviamo le riflessioni che l’autore ha ricavato dalla sua esperienza e che
spera possano essere utili ai membri della sua famiglia.

*Ricordo 30 p. 632
potestà = potere
Fortuna > sorte, caso; può essere sia buona che cattiva → tutti gli scrittori si
interrogano su quanto possa la fortuna governare sulle azioni dell’uomo. p.632

*Ricordo 136 p. 632


Può capitare che uno che ha preso tutti i provvedimenti possibili per far andare bene le sue
cose non ottenga successo, mentre se uno si affida solo alla fortuna ottiene successo.
La fortuna aiuta gli audaci.
Guicciardini dice che molte volte le circostanze rendono malvagi e, quindi, gli
essere umani non sono di natura malvagi al contrario di Machiavelli.

*Ricordo 143 p. 632


Guicciardini dice che degli antichi si sanno tante cose, ma non tutte le cose, questo perché
venivano scritti solo gli eventi noti a tutti.
obiettivo suo : avere tutto davanti agli occhi racconta tutto sia perché è stato testimone sia
vi sono gli archivi
Altro elemento importante : la FORTUNA > sorte, buona o cattiva
Quando la fortuna è arbitra delle relazioni umane, in che misura può l' uomo agire ?

*Ricordo 110 p. 631


Per poter prendere esempio dai Romani (come ha suggerito Machiavelli) bisognerebbe che
le città fossero comandate alla stessa maniera, che le circostanze fossero uguali.

*Ricordo 15 p. 634
Guicciardini dice che ha ottenuto molto di più rispetto a quello che lui sperava, ma non ha
poi trovato quella soddisfazione che lui pensava di trovare dall’odore e dalla ricchezza
(riflessione > quanto sono vani i desideri degli uomini).

DISCREZIONE : bisogna osservare cogliendo i particolari e le sfumature considerando tutti i


dati, bisogna essere attenti e cogliere le differenze.

Quando scrive “Storia d'Italia" in 2 libri in cui esamina cos'è successo in 40 anni Deve tener
conto non solo dei tratti generali ma anche ciò che può aver influenzato il corso degli eventi.

>STORIA D’ITALIA p. 626

Guicciardini si ritira a vita privata a Santa Margherita e si dedica alla scrittura della Storia
d’Italia.
Storia d’Italia era l’unica opera che pensava di pubblicare.
Opera scritta nel 1536, esamina gli eventi della storia d'Italia dal 1492 al 1536.
Alla morte di Guicciardini (1540), l’opera è incompiuta, dunque, l’autore dà ordine di
bruciare il manoscritto.
Tutta l'opera è divisa in 20 libri, su consiglio di un amico di Guicciardini, vicende di cui
Guicciardini è stato protagonista e di cui segue lo sviluppo dandoci tutte le informazioni
possibili per ricostruire gli eventi (che cosa si pensa, cosa si suppone fare…).
Guicciardini, spesso, ricostruisce quelle che sono le intenzioni dei suoi
personaggi/protagonisti.

P. 627
Dalla cognizione potrà ciascuno prendere utili ammonimenti.
Le cose umane sono sottoposte al caso e alla fortuna che viene chiamata in causa.
L’idea di particulare > componente legata all’individuo e ai suoi interessi che
condizionano le sue scelte.

Guicciardini tende ad utilizzare la scrittura anche per analizzare se stesso > scrive 3 testi:
- Consolatoria = tipologia letteraria che arriva dal mondo classico, una sorta di
l’etera per consolare una persona delle sue disgrazie > Guicciardini scrive per sè una
consolatoria.
- Orazio accusatoria = in cui lui mette in luce gli errori che ha commesso.
- Orazio defensoria = in cui si difende dalle accuse.

IL TEATRO

Non si parla di teatro fino a fine Quattrocento.


Non vi sono testi teatrali in Italia nel modo in cui siamo abituati a vederli
Vediamo dei teatri costruiti solo nella seconda metà del Cinquecento.
- le sacre rappresentazioni (si tratta di mettere in scena in concomitanza con le feste
religiose, le vite dei Santi, della passione di Cristo > protagonisti: fedeli).
- le giostre, i tornei (sulle piazze si possono trovare i giocolieri. I canterini, coloro che
illustrano le gesta dei paladini sulla scorta di quello che è la Chanson de Roland)
- Mariazzi = spettacoli di tipo comico, sposi o futuri sposi mettono in atto dei dialoghi
o dei battibecchi.
COMMEDIA
A partire dal Quattrocento, si iniziano a tradurre le commedie latine di Plauto e Terenzio
(due grandi commediografi latini che nel mondo greco-orientale).
Le commedie possono essere o in prosa o in versi, questo perché il modello classico è in
versi.
Lo scopo della commedia è il piacere e poiché non tutti sono dotti l’autore
decide di scriverla in volgare.
Luogo delle commedie > vengono allestite all’interno del palazzo in una sala
abbastanza capiente.
Il teatro latino di Plauto e Terenzio > quasi sempre si ha una storia d’amore impossibile
perché la fanciulla amata non è cittadina ateniese o non si può considerare, in generale, una
cittadina perché è stata rapita dai pirati oppure perché padre e figlio si sono invaghiti della
stessa fanciulla.
presenza di un antagonista
Agnizione = momento in cui grazie a qualche evento si riconoscono le origini della fanciulla.
Spesso si mettono in scena delle brevi scenette, scambi di battute, legati quasi sempre alla
presenza del mondo degli sposi che giocano sul doppio senso e l’osceno. Vogliono far ridere
giocando sull’equivoco.
Tutte queste commedie sono generalmente costituite da un prologo e cinque
atti:
Il primo atto > presenta un antefatto mette in chiaro la vicenda
Il secondo terzo e quarto atto > svolgimento della storia con i vari intrecci
Il quinto atto > scioglimento della vicenda
La commedia presenta un inizio burrascoso e uno scioglimento che coincide con un lieto fine
ma soprattutto è caratterizzata dal fatto i personaggi sono quasi sempre personaggi
comuni e, quindi, non si ha la presenza di eroi o dei; la figura dell’eroe è spesso
un personaggio comico.
Registro linguistico > medio-basso, si adattano alla classe sociale dei
personaggi.
Un esempio è il Prologo della Calandria (p. 640)
È stata scritta in prosa volgare, per questo definita moderna e non antica perché di opere in
versi se ne sono già viste molte.
è una commedia, opera di un cardinale e il titolo viene dal protagonista Calandro che ricorda
il personaggio del Decameron, Calandrino.
Due gemelli protagonisti > Livio e Santilla, entrambi sono fuggiti da una città del
Peloponneso per una situazione di guerra e giungono a Roma. Ciascuno di loro pensa di
essere rimasto da solo perché credono che uno dei due sia morto. Essendo uguali, vengono
scambiati dalla società, difatti, la moglie di Livio si innamora di Santilla, la quale si presenta
nelle vesti di un uomo.

LA CASSARIA???

DOVE SI SVOLGONO QUESTE RAPPRESENTAZIONI?


Inizialmente, non c’era un luogo teatrale perché solo a partire dalla fine del Cinquecento si
cominceranno a costruire dei teatri.
Nel 1490 Poliziano, nella corte dei Gonzaga a Mantova, scrive nell’arco di soli 3 giorni > La
Favola di Orfeo, testo in volgare la cui rappresentazione costituisce un punto di
partenza per il teatro in volgare.

Questi spettacoli, oltre ad un significato comico, hanno anche un significato


politico.

p.643 esempio lingua pavano > la malvagità delle donne deriva non da una presa di
posizione intellettuale, ma dallo snaturale.
L’uomo e la donna sono la preda del loro snaturale che gli spinge ad atteggiarsi in un certo
modo.

Il Latino rimane comunque la lingua della comunicazione scientifica e lingua della legge,
successivamente, sono fioriti altri 13/14 dialetti/volgari.
Nel Cinquecento ci si interroga su quale volgare usare per scrivere. I postumi a Dante,
Petrarca e Boccaccio ipotizzano:
- la lingua usata da Machiavelli, quindi il fiorentino;
- lingua cortigiana, nelle corti confluiscono personaggi di tutta Italia;
- Pietro Bembo propone di usare una lingua modellata su quella di Petrarca per la poesia e di
Boccaccio per la prosa. Quest’ultima tesi sarà quella più gettonata.

*Ruzzante, nei suoi testi, riflette sulla situazione linguistica.

LA TRAGEDIA

Aristotele, analizzando le commedie della sua epoca (produzione dei 3 grandi tragici:
Eschilo, Sofocle ed Euripide) , ci descrive la tragedia come caratterizzata dalla suddivisione
in cinque atti. Quasi sempre ogni atto è concluso da un poro che ha la funzione di commento
degli eventi che si sono svolti (a volte è il portavoce dell’autore altre, invece, è un personaggio
della vicenda).
I protagonisti della tragedia sono, quasi sempre appartenenti alla categoria dei re, dei
principi o degli eroi oppure sono creature divine o semi divine.
Il linguaggio della tragedia, di conseguenza, è un linguaggio alto (al contrario della
commedia).
Caratteristica tragedia > inizio tranquillo, poi attraverso una serie di eventi si arriva alla
catastrofe finale che implica alla morte del/dei protagonisti > morte che non viene mai
messa in scena, ma viene quasi sempre narrata.

TRE UNITÀ ARISTOTELICHE:


LUOGO > la tragedia si deve svolgere nello stesso luogo;
TEMPO > il limite massimo è di 3 giorni;
AZIONE > tutte le vicende seguono un unico filone

Perché mettere in scena rappresentazioni tragiche?


Lo scopo della tragedia è la catassi cioè lo spettatore, immedesimandosi nelle passioni che
hanno portato i personaggi a compiere determinate azione e, vedendo appunto le
conseguenze di tali azioni, si libera, in qualche maniera, dalla passione stessa.
Il teatro greco vede 3 grandi personaggi: Eschilo, Sofocle ed Euripide, MA esiste anche un
teatro latino. Il più grande rappresentante del teatro latino è Seneca.
Il teatro di Seneca rispetto a quello greco, pur riprendendo le stesse vicende che sono quelle
narrate dal mito, enfatizza gli aspetti più cruenti della tragedia.
Ad esempio nel Tieste > Tieste uccide i figli del fratello e glieli fa mangiare, allestendo un
banchetto.
La produzione tragica viene conosciuta soltanto nella seconda metà del
Cinquecento.

p.644
La Canace di Sperone Speroni > è una tragedia, la fonte a cui guarda Sperone Speroni è
Ovidio con Heroides. Le Heroides sono delle lettere in versi che le eroine del mito scrivono ai
ai loro amati; una di queste eroites racconta la vicenda di una da questo amore nasce un
figlio 31

ANGELO BELOCCO DETTO RUZZANTE


Scrittore usa il pavano, dialetto settentrionale veneto che diventa una
lingua letteraria creata da Ruzante.
La sua produzione letteraria è costituita da due commedie in versi, Pastoral e Betia (Betia
> personaggio femminile che si ritrova anche nella Moschetta) e cinque in prosa tra cui la
Moschetta.
Nella commedia si pone l’accento su tutto quello che è lo snaturale, una sorta di forza
istintiva che induce i personaggi ad agire con ferocia per sopravvivere, dominati dalle
passioni cui è impossibile sfuggire.
Nell’opera La moschetta i personaggi provenienti dalla campagna prendono
in giro il parlare moschetto = qualcosa di appiccicoso che rimane attaccato alle
dota, sinonimo di non sincero. I dotti sono inoltre soggetti delle più terribili
beffe.
Si tratta dunque di una parodia del linguaggio cortigiano.
Per il tema della beffa prende spunto quasi sempre dal Decameron, dove
un’intera giornata è dedicata alla beffa come celebrazione dell’intelligenza. Vi
sono diversi tipi di beffe che ritornano all’interno delle commedie.
Nel caso di Ruzante la beffa viene usata come strumento politico
per mettere in luce i difetti di una società. Scrive in pavano perché
vuole portare alla luce il mondo contadino del tempo con una funzione
caricaturale, poiché permette di deformare i rozzi o gli ignoranti.
*Perché è importante lo spettacolo di corte?
Da un’immagine di sé alle corti vicine, poiché suggeriscono la ricchezza, lo
sfarzo, la disponibilità di mezzi e dunque il suo potere, anche dal punto di vista
diplomatico.

LA POESIA DEL CINQUECENTO - LIRICA FEMMINILE

Nel corso del 500 vi è il fiorire di poesie influenzate dalla grammatica usata da Petrarca.
La lirica è il genere letterario che promuove un nuovo classicismo volgare.
La poesia rinascimentale si pone sotto il segno di Petrarca.
Petrarca usa le dittologie e le antitesi (?) > gli autori useranno anche loro queste tecniche
Si tende ad enfatizzare non tanto il lato amoroso ma il lato filosofico e spirituale di Petrarca.
La lirica spirituale
La lirica di carattere spirituale acquista notorietà.
Tutti i testi petrarcheschi vengono letteralmente riformulati per eliminare le tracce della
passione amorosa, trasformata in occasione di preghiera per via lirica.

VITTORIA COLONNA

Poetessa che appartiene alla famiglia dei Colonna ( famiglia principesca romana ).
>matrimonio combinato molto importante poiché si innamora davvero del marito e quando
rimane vedova scrive liriche sulla sua sofferenza dell’essere privata del marito (morto in
battaglia).
Tuttavia questa sofferenza la indirizza sulla via religiosa > passa gli ultimi anni in un
convento.
Si occupa di una poesia spirituale.
nel 1546 le Rime spirituali solo un anno prima della sua morte
La sua poesia recupera da Petrarca lessico e forme, ma riflette su temi religiosi.

Quando ‘l gran lume appar nell’oriente - Vittoria Colonna

Testo: Parafrasi:
Quando il gran lume appar ne l'oriente, Quando il Sole nasce all’alba,
che'I nero manto de la notte sgombra, e allontana il nero manto della notte (l’oscurità)
e'1 freddo gel ch'alor la terra ingombra e il freddo gelo, che a volte opprime la terra,
dissolve e scaccia col suo raggio ardente, dissolve e scaccia col suo raggio luminoso
de l'usate mie pene, alquanto lente mi grava di nuovo delle pene abituali
per l'inganno del sonno, me ringombra; che il sonno aveva alquanto alleviato,
ond'ogni mio piacer risolve in ombra, per cui ogni mia gioia tramuta in pena
alor che 'n ciascun lato ha l'altre spente. quando da ogni parte le altre ombre ha portato
Oh viver mionoioso, oh aversa sorte! via (quelle della notte).
cerco l'oscurità, fuggo la luce, Oh vivere mio angoscioso, oh sorte avversa!
odio la vita, ognor bramo la morte. Cerco l’oscurità fuggendo la luce,
Quel ch'agli altri occhi offende ai miei riluce, ho in odio la vita e desidero sempre la morte.
perchéchiudendo lor s'apron leporte Quello che (la notte) agli occhi degli altri dà
a la cagion ch'al mio Sol mi conduce. fastidio per me, invece, splende
perché chiudendoli (gli occhi) si aprono le porte
del sonno,
mezzo che mi conduce al mio amato consorte
(Sole).

Schema metrico: sonetto con rime incrociate nelle quartine (ABBA ABBA) e rime alternate
nelle terzine (CDC DCD).

Commento:
Qui, nel sonetto riportato, c’è il motivo del confronto (chiaramente petrarchesco) tra la notte
e il giorno nei loro significati abituali ma rovesciati e, di conseguenza, tra la condizione del
soggetto e del mondo naturale: il sorgere del Sole, che è sorgente di vita per la terra, è fonte,
invece, di dolore per la poetessa poiché attraverso il sonno era riuscita a mitigarlo e ad aprire
le porte che conducono all’amato marito defunto. La luce la riporta, infatti, alla realtà del
lutto: lei, allora, non cerca la luce ma le tenebre, non desidera la vita ma la morte. La notte e
la morte sono le porte che conducono all’aldilà, luogo in cui brilla l’amato sole (il marito).
L’antitesi, più in generale, è dunque fra la vita terrena e la vita spirituale, tra l’aldiqua e
l’aldilà.

ISABELLA DI MORRA

Ecco ch'una altra volta, o valle inferna - Isabella di Morra


Testo: Commento:
Ecco ch'una altra volta, o valle inferna, La sventurata poetessa Isabella di Morra passa
o fiume alpestre, o ruinati sassi, gran parte della vita reclusa nel castello di Favale,
o ignudi spirti di virtute e cassi, sperduto in una ripida valle della Basilicata.
udrete il pianto e la mia doglia eterna. Abbandonata dal padre, costretto all’esilio per
motivi politici, la giovane rimane in balia della
Ogni monte udirammi, ogni caverna, crudeltà dei fratelli, che finiranno per darle la
ovunqu’io arresti, ovunqu'i0 mova i passi; morte, punendola per una presunta relazione
ché Fortuna, che mai salda non stassi. clandestina con un poeta. In questo sonetto
cresce ogn'or il mio mal, ogn'or l'eterna. struggente e disperato gli elementi di un
paesaggio tetro e inospitale sono chiamati a
Deh, mentre ch'io mi lagno e giorno e notte, o condividere il dolore della donna.
fere, o sassi, o orride ruine,
o selve incolte, o solitarie grotte, La natura è da lei invitata a piangere con lei.
Percezione netta nell’incapacità di trovare
ulule, e voi del mal nostro indovine, conforto negli altri > Petrarca diceva che solo
piangete meco a voci alte interrotte lontani dagli uomini ci si può permettere di
il mio piú d’altro miserando fine. abbandonarsi al dolore

GASPARA STAMPA
Poetessa molto ammirata da Bembo.
Le sue Rime, vengono pubblicate dalla sorella dopo che lei muore (1554) con
dedica a Giovanni della Casa.
Tali componimenti sono rivolti per la maggior parte a cantare le vicende dell'amore per il
conte Collaltino di Collalto (a cui ella fu legata dal 1548), trattano il tema amoroso che
la lega al conte nobile con cui ha un periodo inizialmente felice ma successivamente data
la carriera del conte che lo porta lontano da casa, i due si separano > tema canonico della
separazione degli amanti.
Nel primo dei sonetti qui riportati l'amante Collaltino di Collalto viene lodato per la sua
abilità nel canto.

Quasi nom che rimaner de'tosto senza - Gaspara stampa


Testo: Parafrasi:
Quasi uom che rimaner de' tosto senza Come l’uomo che rimarrà da lì a breve senza
il cibo, onde nudrir suol la sua vita, cibo,
piú dell'usato aprenderne s'aita, del quale è solito nutrirsi,
fin che gli è presso posto i nsua presenza; e cerca di prenderne più del naturale
finché è posto davanti a lui;
convien ch'innanzi a l'aspra dipartenza conviene che, prima della dolorosa partenza
ch'a sí crudi digiuni l'alma invita, (dell’amante),
ella piú de l'usato sia nodrita, che impone all’anima digiuni così crudeli,
per poter poi soffrir sí dura assenza. essa (l’anima) venga nutrita più del solito,
per poter poi sopportare un’assenza così
Però, vaghi occhi miei, mirate fiso dura.
piú de l'usato, anzi bevete li bene Perciò, bramosi occhi miei, fissate
e ‘bel del vostro amato e caro viso. più del solito, anzi bevete il bene
e il bello del vostro amato e caro viso
E voi, orecchie, oltra l'usato piene e voi, orecchie, riempitevi oltre il giusto
restate del parlar, ché I' paradiso del parlare del vostro amato, perché il
certo armonia piú dolce non contiene. paradiso
non contiene un’armonia più dolce.

Schema metrico: sonetto con schema ABBA ABBA CDC DCD

Commento:
Le Rime di Gaspara Stampa, pubblicate postume, cantano prevalentemente
l’amore per il conte Collaltino di Collalto ed esprimono le preoccupazioni e le
pene per le frequenti assenze di lui. L’adesione al petrarchismo è molto evidente anche
se c’è una certa originalità nella fragilità e nell’umile sicurezza con le quali la poetessa accetta
la sua condizione di donna che piange l’amante ma evita ogni accento di ribellione.
In questo sonetto è singolare la lunga similitudine iniziale attraverso cui la donna vuole
saziare gli occhi con la visione dell’amato e le sue orecchie con la sua voce proprio come fa
colui che sapendo di restare poi senza cibo si nutre più del giusto. Si equiparano passione
d’amore, dunque, e fame del cibo e così l’amata cerca di trattenere quanto più può la
presenza dell’amato una volta che questi sarà andato via.

Davvero originale ed intensa, è l'equiparazione della passione d'amore alla fame del cibo,
questo desiderio di prendere con sé e dentro di sé la presenza dell'amato, cercando così di
trattenerla anche quando egli se ne sarà andato.

POESIA COMICA

Anche Pulci con l’opera “Morgante” effettua un’operazione di stravolgimento di


quelli che sono i canoni della poesia cavalleresca. Gigante le cui vicende sono un poco
all’opposto di quello che potremmo pensare di un testo cavalleresco.
Nel 500 questo filone continua; le strutture metriche utilizzate dagli autori sono:
- per le poesie di tipo lirico abbiamo il sonetto nella variante caudata, cioè con la
coda, o rinterzato, ovvero vengono aggiunte una o due terzi e in coda alle due
canoniche.
- Prosecuzione del sonetto con l’idea di adeguarsi ad un modello ma con temi diversi.
- capitolo in terza rima, ovvero lo schema metrico del poema dantesco, endecasillabi
versatili; (per definire lo schema si guarda la porzione della parola dove cade
l’accento tonico in avanti) in ogni terzina l’elemento mediano (es testo p.667
francesche, giudice io, detto ecc) introducono una rima nuova che si aggancia a
quella del primo verso della terzina successiva.
Lo adatta ai contenuti che molto spesso giocano sul doppio senso osceno come nel
caso del Berni, sotto l’aspetto di una poesia di registro alto come prevederebbe la
terzina dantesca abbiamo al contrario degli argomenti di registro basso. Forma e
contenuto vanno ad indicarci la volontà di fare dell’ironia su determinate scelte o
topos letterari.

GIOVANNI DELLA CASA

Fu un trattatista, autore del “Galateo”, ma anche un poeta che rinnova la


struttura della lirica, soprattutto del sonetto.
Ogni strofa è conclusa in se stessa, ovvero le due quartine enunciano un tema che
viene sviluppato e concluso nelle terzine.
Della Casa spezza l’unità costituita dal verso: se un verso è una frase compiuta, allora
esiste una corrispondenza tra l’unità metrica e l’unità sintattica.
Se invece per comprendere il significato della frase dobbiamo leggere il verso
seguente, non si ha un segno di interpunzione e si usa l’enjambement. Della casa
lo userà molto spesso per spezzare il sonetto.
Introduce il tema della gelosia, che non è presente in Petrarca.
La gelosia presuppone che la figura femminile non sia solo un riferimento lontano e
ideale come la Laura di Petrarca, ma una persona presente e costante con la quale si
ha una conversazione.

Cura - Della Casa


Testo: Parafrasi:
Cura, che di timor ti nutri e cresci, Che ti nutri del timori e cresci
E più temendo maggior forza acquisti, e quanto più uno ti teme acquisti forza
E mentre colla fiamma il gelo mesci, maggiore e mentre mescoli il gelo con la
Tutto il regno d’Amor turbi e contristi: fiamma, turbi e rattristi tutto il regno
Poichè ’n brev’ora entro al mio cor hai d’amore,
misti dopo che in brevissimo tempo hai
Tutti gli amari tuoi, dal mio cor esci: mescolato,
Torna a Cocito, ai lagrimosi e tristi dentro il mio cuore alla mia dolcezza tutte le
Campi d’inferno; ivi a te stessa incresci. tue amarezze, esci dal mio cuore tornatene
Ivi senza riposo i giorni mena, al Cocito nei campi infernali lacrimosi e
Senza sonno le notti; ivi ti duoli infelici,
Non men di dubbia che di certa pena. lì sii spiacevole a te stessa,
Vattene: a che più fiera che non suoli, lì passa i tuoi giorni senza riposo,
Se ’l tuo venen m’è corso in ogni vena, lì senza dormire, lì lamentati
Con nove larve a me ritorni e voli? di una pena certa e non meno di una pena
incerta.
Vattene: Per quale motivo più feroce di
quanto non sei solita essere,
se il tuo veleno (gelosia) è corso in ogni mia
vena,
per quale motivo dunque torni da me e voli
attorno a me con nuovi fantasmi(=larva in
latino indica il fantasma)

Analisi:
Tema = gelosia > tema non petrarchesco, ma trattato in modo petrarchesco.
- Non c’è interpunzione tra primo e secondo verso, sono quindi collegati da un
enjambement.
- All’inizio abbiamo un vocativo “cura” nel senso di affanno, preoccupazione;
- La prima quartina è una relativa “ti nutri di timor...regno d’amore”. C’è un verbo
reggente.
- Nella seconda quartina i verbi reggenti sono: esci, torna, incresci, mena, ti
duoli(=abbi dolori).
Sono tutti imperativi (perché all’inizio abbiamo un vocativo) che troviamo tra la
seconda quartina e la prima terzina. Abbiamo una specie di luna premessa attraverso
le relative della prima quartina.
- La menzione del Cocito (lago nell’inferno dantesco) e dell’essere spiacevole a te
stessa(canto 14 dell’inferno) rimandano a Dante.
- “Il tuo velen mi corse in ogni sangue” perseguitato dal fantasma della gelosia, che
avvelena il suo sangue
- Con l’ultima terzina il poeta si pone un interrogativo “Perché continui a
tormentarmi?”
La bella greca - Della Casa

Testo: Parafrasi:
La bella Greca, onde ‘l pastor Ideo La bella greca, di cui il pastore che
in chiaro foco e memorabil arse, pascolava i suoi greggi sul monte Ida,
per cui l'Europa armossi, e guerra feo, arse d’amore in un fuoco chiaro e
e alto imperio antico a terra sparse; degno di memoria,
per cui l’Europa si armò e fece guerra,
e le bellezze incenerite e arse e abbattè sparsa terra, un nobile antico
di quella, che sua morte in don chiedeo; regno;
ei begli occhi e le chiome a l'aura sparse e le bellezze che furono incenerite e
di lei, che stanca in riva di Peneo bruciate di colei che chiese in dono la
sua morte;
novo arboscello a i verdi boschi accrebbe; E bei occhi e i capelli sparsi all’aria
e qual altra, fra quante il mondo onora, Petrarça di colei che stanca sulla riva
in maggior pregio di bellezza crebbe, del fiume Peneo
aggiunse una nuova pianta ai verdi
da voi, giudice lui, vinta sarebbe, boschi; E qualunque altra donna che il
che le tre dive (o sé beato allora!) mondo onora che ebbe maggior pregio
tra' suoi be' colli ignude a mirar ebbe. di bellezza
sarebbe vinta da voi(donna amata da
Della Casa) se fosse giudice lui
(paride) che poté guardare trai suoi bei
colli o lui beato allora le tre dee.
Analisi:
Ritiene la donna da lui amata superiore alla bellezza delle tre donne mitologiche
citate nel sonetto: - Elena di Troia, le tre dee e Paride.
Al verso due “degno di memoria” fa riferimento al fatto che la vicenda è stata cantata
da Omero nell’Iliade.
Anche in questo sonetto, per comprenderne a pieno il significato bisogna arrivare
all’ultima terzina. Le due quartine e la prima terzina sono costruite come una sorta di
anticipazione di quello che il verbo reggente da voi vinta sarebbe ci indica. La
struttura del sonetto dunque non è più quella canonica.
Inoltre presenta molti enjambement.
Dal punto di vista sintattico quindi trasforma il testo. Presenta anche un rimando al
sonetto 90 di Petrarca e lo possiamo dedurre dal verso “le chiome a l’aura sparse”,
ripresa quasi perfetta del verso di Petrarca “erano i capei d’oro a l’auta sparsi”.

O sonno - Della Casa


Testo: Parafrasi:
O sonno, o de la queta, umida, ombrosa notte O sonno, o figlio placido della notte quiete
placido figlio; o de’ mortali umida
egri conforto, oblio dolce de’ mali e ricca di ombre. O conforto dei mortali
sì gravi ond’è la vita aspra e noiosa; ammalati oblio dolce dei mali
così gravi per i quali la vita è così aspra e piena
soccorri al core omai, che langue e posa non di fastidi.
have, e queste membra stanche e frali solleva: a Soccorri ormai il mio cuore che langue e
me ten vola, o sonno, e l’ali non ha riposo e solleva queste membra stanche
tue brune sovra me distendi e posa. e fragili. Vola a me o sonno e distendi
e posa le tue ali scure sopra di me.
Ov’è ’l silenzio che ’l dì fugge e ’l lume? DITTOLGGIA
e i lievi sogni, che con non secure Dov’è il silenzio che fugge e la luce del giorno e
vestigia di seguirti han per costume? dove sono i lieti sogni che hanno
l’abitudine di seguirti con passi insicuri.
Lasso, che ’nvan te chiamo, e queste oscure e Ahimè (lasso) che ti chiamo invano e invano
gelide ombre invan lusingo. O piume d’asprezza lusingo
colme! o notti acerbe e dure! queste ombre oscure e gelide. O letto pieno di
asprezza (la piuma è moriba, ossimoro), o notti
acerbe e dure(dittologia)

Commento e Analisi:
Il sonno gli antichi lo definivano come una cosa simile alla morte.
è anche un modo per trovare pace, un momento di quiete.
- Nella prima quartina troviamo “Figlio placido”, cioè che dai tranquillità > sonno
rappresenta il conforto per gli uomini afflitti.
- Nella seconda quartina si ha una personificazione del sonno il quale viene definito
alato ed il poeta spera che si posi su di lui.
Ci sono molte dittologie: aspra e noiosa, langue e posano non have, stanche e frali.
Negli ultimi due versi ci sono molti pronomi personali: a me te ne vola, tue, sovra
me. Questa Enfasi sui pronomi personali indica che laddove il sonno per tutti è
riposo, per il poeta che non trova pace deve invocarlo.
- Nella prima terzina il poeta cerca invano il silenzio e i sogni lievi.
- La terzina di chiusura o chiusa è rivolta alle piume, ovvero il letto.
Il poeta è in attesa di una pace notturna e di un sogno che non trova.
O dolce selva, amica - Della Casa

Testo: Parafrasi:
O dolce selva solitaria, amica O dolce selva solitaria, amica
de' miei pensieri sbigottiti e stanchi, dei miei pensieri sbigottiti e stanchi.
mentre Borea ne' dí torbidi e manchi Mentre borea nei giorni torbidi, oscuri e
d'orrido giel l'aere e la terra implica, manchi
e al tua verde chioma ombrosa, antica avvolge l’aria è la terra di gelo orrido e
come la mia, par d'ogn'intorno pare che imbianchi tutto intorno
imbianchi, la tua chioma verde che faceva ombra
or, che 'nvece di fior vermigli e bianchi antica come la mia.
ha neve e ghiaccio ogni tua piaggia Ora ogni tuo luogo bello ha neve e
aprica, ghiaccio invece di fiori bianchi e rossi,
a questa breve e nubilosa luce io vado ripensando a questa breve
vo ripensando, che m'avanza, e ghiaccio luce(=vita) coperta di nubi
gli spirti anch'io sento e le membra che mi resta davanti (davanti a questa
farsi; vita breve che il poeta vede non
ma piú di te dentro e d'intorno luminosa) e anch’io sento le membra e
agghiaccio, gli spiri farsi ghiaccio.
ché piú crudo Euro a me mio verno Ma ha dentro ghiaccio intorno più di
adduce, te(selva), perché il mio inverno a me
piú lunga notte, e dí piú freddi e scarsi. porta un vento più crudele e una notte
più lunga,
giorni più freddi e meno numerosi.
DITTOLOGIA

Analisi:
poeta vecchio > presente un paragone tra i suoi capelli grigi e una foresta coperta
dalla neve.
I suoi capelli non torneranno mai come prima, mentre la foresta tornerà verde una
volta passato l’inverno.
Selva per Petrarca: luogo solitario dove dare sfogo i propri pensieri d’amore.
- “Selva” > termine derivante latino
- “dei miei pensieri sbigottiti e stanchi” sono aggettivi petrarcheschi legati alla
vecchiaia.
- “Luce che mi resta davanti” = davanti a questa vita breve che il poeta vede non
luminosa.
- “anch’io sento le membra e gli spiri farsi ghiaccio” = così come la selva avvolta dal
vento freddo del nord si copre di ghiaccio, così lo spirito del poeta
- Verno = inverno, ultimo stadio della vita del poeta
- “giorni più freddi e meno numerosi” = il poeta avverte la brevità della vita che
l’attende.
Il poeta paragona se stesso alla selva ma soffre molto più della selva perché
percepisce la brevità della vita che lo attende.
Petrarca c’è ma è rielaborato in maniera innovativa. Elementi che ci vengono posti
prima, enjambement molto evidenti. La struttura del periodo non coincide con quella
del verso. Dittologie: torbidi e manchi (in rima con imbianchi).

Questa vita mortale - Della Casa

Testo: Parafrasi:
Questa vita mortal, che n' una o n' due Questa vita mortale che passa in una
brevi e notturne ore trapassa, oscura o due brevi ore segnate dalla notte(=non liete),
e fredda, involto avea fin qui la pura scura e fredda che aveva avvolto la parte pura di
parte di me ne l'atre nubi sue. me (l’anima) nelle sue nere nubi.
Or a mirar le grazie tante tue Ora prendo a contemplare le tante tue grazie
prendo, ché frutti e fior, gielo e arsura, perché frutti e fiori, gelo e caldo
e sí dolce del ciel legge e misura, e una legge e armonia così dolce
eterno Dio, tuo magisterio fue. del cielo furono, o Dio eterno, tua opera.
Anzi 'l dolce aer puro e questa luce Anzi la dolce aria pura e la luce
chiara, che 'l mondo a gli occhi nostri scopre, chiara che rivela il mondo ai nostri occhi,
traesti tu d'abissi oscuri e misti: tu l’hai tirata fuori dall’abisso scuro dove tutto era
e tutto quel che 'n terra o 'n ciel riluce confuso:
di tenebre era chiuso, e tu apristi; dal caos, dalla notte, Dio trae fuori la luce e
e l' giorno e I' sol de le tue man sono opre. l’armonia.
Tutto quello che in terra o in ciel riluce era chiuso
da tenebre e tu l’hai aperto e il giorno e il sole
sono opere delle tue mani.

Analisi:
Nella prima quartina è presente l’angoscia del passato mentre la seconda
contrappone la pace del presente.
Se prima ha visto la vita come qualcosa di offuscato per via delle nubi, nella seconda
quartina contemplando il creato vede che tutto è opera divina.
Nell’ultima terzina il poeta trova una superiore serenità nella contemplazione del
mondo come opera divina, che gli dà conforto.
- La vita è scura e fredda(perché non riscaldata dall’amore).

Galateo (“le cerimonie” è una parte del manuale) - Della Casa

Il Galateo overo de' costumi è senz'altro l'opera più famosa del Della Casa. Nei suoi
trenta capitoli scritti in forma di dialogo un uomo anziano spiega ad un ragazzo quali
sono i comportamenti e i modi da tenere nell'ambiente di corte e, in generale, tra gli
aristocratici.
L'opera ha un vago sapore autobiografico poiché nell'anziano si può intravedere
l'autore stesso, diventato esperto di tali questioni per averle apprese nel suo lungo
servizio alla corte papale e nelle missioni diplomatiche nelle varie corti d’Italia,
mentre nel giovane un suo nipote, tale Annibale.
Se nel Quattrocento le corti italiane, con il loro mecenatismo e quel rapporto così
stretto tra i prìncipi e gli intellettuali umanisti erano lo specchio della potenza
politica, economica e culturale italiana, allo stesso modo il manuale d’etichetta del
Della Casa restituisce l'immagine di una crisi intellettuale che è lo specchio della
decadenza politica e della perdita di centralità della penisola italiana.

FRANCESCO BERNI

Sonetto contro la moglie - Francesco Berni

Cancherie beccafichi magri arrosto, Disgrazie e beccafichi magri arrosto


e magnar carne salsa senza bere; Farsi venire un accidente, e avere solo
essere stracco e non poter sedere; beccafichi magri arrosto,
aver il fuocoappresso e1' vin discosto; e da mangiare carne di maiale salata senza
riscuoter a bell'agioe pagar tosto, e dar ad bere;
altri per dover avere; esser ad una festa e essere stanco, e non potersi sedere;
non vedere, avere il fuoco vicino, e il vino lontano;
e de gennar sudar come di agosto; riscuotere i crediti con tutto comodo e pagare i
aver un sassolin nella scarpetta debiti subito,
et una pulce drento a duna calza, che vadi e pagare per riuscire ad essere pagati;
in su in giú per istaffetta; essere ad una festa, e non riuscire a vedere,
unamano imbrattata ed una netta; una e a gennaio sudare come ad agosto;
gambacalzata ed una scalza; esser fatto avere un sassolino nella scarpa
aspettar ed aver fretta: e una pulce dentro una calza,
chi piú n'ha piú ne metta che vada correndo su e giù;
e conti tutti i dispetti e le doglie, una mano sporca ed una pulita;
ché la peggior di tutte è l'aver moglie. una gamba calzata ed una scalza;
essere fatto aspettare, e avere fretta:
chi più ne ha, più ne metta
e conti pure tutti i dispetti e i dolori,
perché il più grande di tutti è avere moglie.

Commento:
In questo sonetto Berni fa un elenco dei fastidi e delle noie che affliggono l’uomo,
nessuna delle quali però è peggio dell’avere moglie (naturalmente non è vero, è una
presa in giro dell’immagine di donna come angelo che era dominante nella poesia
dell’epoca).

«Chiome d'argento fino irte e attorte» - Berni


Testo: Parafrasi:
Chiome d'argento fino, irte e attorte Capelli d’argento fino, irti e aggrovigliati
senz'arte intorno ad un bel viso d'oro; senza alcuna grazia, intorno a una bella
fronte crespa, u'mirando iomi scoloro, dove faccia gialla; fronte aggrottata, che a
spunta i suoi strali Amor e Morte; guardarla impallidisco, ove si spuntano le
occhi di perle vaghi, luci torte frecce dell’ amore e della morte; begli occhi
da ogni obietto diseguale a loro; simili a perle, pupille distorte da qualunque
ciglie di neve e quelle, ond'io m'accoro, dita cosa che non sia in linea con loro; ciglia
e man dolcemente grosse e corte; imbiancate, e quelle dita e mani, per le quali
labra di latte, bocca ampia celeste; denti mi struggo, dolcemente tozze e corte; labbra
d'ebeno rari e pellegrini; biancastre, grande bocca celeste, denti neri
inaudita ineffabile armonia come l’ebano, radi e malfermi, armonia
costumi alteri e gravi: a voi, divini servi inaudita e indicibile; modi superbi e severi;
d'Amor, palese fo che queste son le bellezze a voi, divini servitori d’amore, rendo noto
della donna mia. che le bellezze della mia donna sono queste.

Commento:
Il sonetto vuol essere una parodia del più celebre "Crin d'oro e crespo" di Pietro Bembo, di
cui riprende le immagini petrarchesche per rovesciarle in modo paradossale e descrivere una
donna che è l'opposto della figura angelica dell'originale (i capelli sono grigi, il viso giallo e
rugoso, la dentatura tutt'altro che perfetta...). La lirica rientra in una certa tradizione della
poesia comica del XIII-XIV sec., in cui l'elogio della donna brutta voleva essere parodia dello
Stilnovo.

MICHELANGELO BUONARROTI

Non ha l’ottimo artista alcun concetto - Michelangelo Buonarroti

Testo: Parafrasi:
Non ha l’ottimo artista alcun concetto c'un L’ottimo artista non ha un alcun concetto
marmo solo in sé n o ncircoscriva col suo che un solo marmo non circoscrive in se stesso
superchio, esolo aquello arriva la man che con tutto ciò che gli sta sopra E solo la mano
ubbidisce all'intelletto. che obbedisce all’intelletto arriva a
Il mal ch'iofuggo, eI' ben ch'io mi prometto, quello(=quando l’artista inizia a scolpire deve
in te, donna leggiadra, altera e diva, tirare fuori dal marmo eliminando tutto quello
tal si nasconde; e perch'io piú non viva, che e superfluo l’idea che c’è nel marmo in se,
contraria ho l'arte al disiato effetto. l’idea di bellezza*)
Amor dunque non ha, né tua beltate Il male che io fuggo e il bene che mi riprometto
10 odurezza o fortuna o gran disdegno Si nasconde alla stessa maniera in te donna
del mio mal colpa,o mio destino o sorte; leggiadra, altera e quasi dea
se dentro del tuo cor mortee pietate E se non vivo oltre vedo
porti in un tempo, e che I' mio basso che l’arte è contraria all’effetto che io desidero
ingegno non sappia, ardendo, trarne altro (dalla donna amata non riesce a tirare fuori tutto
che morte. ciò che c’è di bene in lei)
Né amore né la tua bellezza,
o la purezza o la fortuna o disdegno
o il mio destino o la mia sorte Non hanno colpa
del mio male (se io non riesco in questa mia
impresa non è colpa degli elementi sopra citati)
se tu porti nello stesso tempo nel tuo cuore
morte e pietà E il mio basso ingegno per quanto
sia aderente d’amore non sa che tirare fuori da
esso altro che morte.

Commento:
In questo sonetto dedicato alla poetessa Vittoria Colonna, cui fu legato da un'intensa
amicizia, Michelangelo rappresenta l'opposizione tra la capacità dell'artista di estrarre una
forma dal marmo e l'incapacità dell'amante di trarre dall'amata il bene. Le Rime di
Michelangelo, da lui definite a torto“cosa sciocca”, sono ispirate più all’austera energia di
Dante che alla dolcezza lirica del Petrarca; vi dominano i concetti dell’amore platonico, il
contrasto tra amore e morte e i temi del peccato e della salvezza, con una visione sempre più
drammatica della condizione umana.

Qual Meraviglia è, se prossim ‘al foco - Buonarroti

Testo: Parafrasi:
Qual meraviglia è, se prossim'al foco Che meraviglia c’è se io
mi strussi earsi, se or ch'egli è spento mi consumai vicino al fuoco,
di fuor, m'affligge e mi consuma drento, e 'n se ora che il fuoco e spento e mi consuma
cener mi riduce a poco a poco? dall’interno
Vedea ardendo sí lucente il loco e poco a poco mi riduce in cenere (finché la
onde pendea il mio greve tormento, che sol donna era in vita il poeta si strusse e arse,
la vista mi facea contento, ora la fiamma della passione non è
e morte e strazi m'eran festa e gioco. ravvivata dalla passione ma rimane nel
Ma po' che del gran focolo splendore IO che cuore del poeta e lo consuma)
m'ardeva e nutriva, il ciel m'invola, Quando io ardevo io vedevo così luminoso
un carbon resto acceso e ricoperto. il luogo da cui derivava la mia grande
Es'altre legne non mi porge amore che sofferenza
lievin fiamma, una favilla sola non fie di me, che la vista soltanto di esso mi rendeva
sí n' cener mi converto. felice
e anche la morte (spirituale o delle
speranze)
e la sofferenza erano per me una festa in
gioco (presenza amata fonte di piacere)
ma poi che del gran fuoco che mi faceva
bruciare
e mi teneva in vita, ma dopo che il cielo mi
porta via (questo splendore) resta tuttavia
acceso un carbone e nascosto nel mio cuore
Se amore non mi porge altra legna
che faccia alzare la fiamma
non resterà dentro di me una sola favilla
tanto mi converto in cielo.

Analisi:
Amore platonico tra l’autore e Vittoria Colonna
Dittologie: mi strussi/arsi, mi affligge/mi consuma (metafore petrarchesca dell’ardere).
Con altra legna intende l’amore divino necessario affinché non si trasformi in cenere e lo
conduca a salvezza.
Nelle poesie di Michelangelo troviamo o un registro comico o di tipo scettico perché
soprattutto nelle liriche della vecchiaia si volge verso Dio.
Nelle liriche della vecchiaia si volge a Dio.

Giunto ègià I' corso della vita mia - Buonarroti

Testo: Parafrasi:
Giunto ègià I' corso dellavita mia, con Il viaggio (corso) della mia vita, condottosu un
tempestoso mar, per fragil barca, al comun mare burrascoso e su una fragile barca,sta per
porto,ov'a render si varca conto e ragion giungere in quel comune porto (la morte), dove si
d'ogni opra trista e pia. passaper rendere conto e ragione di ogni opera,
Onde l'affettüosa fantasia cattiva e buona.Per cui, la seducente (passionale)
che l'arte mi fece idole monarca conosco or fantasia,che ha reso per me l’arte idolo e
ben com'era d'error carca regina,ora vedo distintamente quanto fosse
e quel c'a mal suo grado ogn'uom desia. sbagliatae conosco bene ciò che l’uomo desidera
Gli amorosi pensier, giàvani e lieti, a proprio danno.I miei pensieri appassionati, da
che fien or, s'a duo morte m'avvicino? D'una sempre vanitosi e leggeri,cosa saranno ora che mi
so l' certo, e l'altra mi minaccia. avvicino a due morti (del corpo e dell’anima)?Di
una sono sicuro (del corpo), l’altra (dell’anima)
mi minaccia.Né il dipingere, né lo scolpire
potranno più consolare l’anima,rivolta all’amore
divino che ci aprì, sulla croce,le braccia per
accoglierci (per salvarci).

Commento:
ne Le Rime Gli schemi convenzionali vengono, infatti, aggrediti e forzatiproprio come fa lo
scultore alle prese con il marmo. Attraverso una serie di metaforepetrarchesche (barca e
comune porto) e quando si è prossimi ormai ad un bilancio finaledella vita, quando le cose
terrene alle quali ci si è votati rivelano la loro natura illusoria, ladisillusione tocca anche le
esperienze artistiche (mosse da affettuosa fantasia) alle qualiMichelangelo ha dedicato tutta
la sua esistenza. L’anima turbata non può trovareconsolazione nella pittura e nella scultura:
l’unica pace è nella visione dell’abbraccio delCristo crocifisso (anche questa reminiscenza
petrarchesca).

TORQUATO TASSO

Tasso scrive sonetti, madrigali e canzoni.


Rime composte durante il soggiorno a Sant'Anna

Padre del cielo - Tasso

È un sonetto inserito nel gruppo delle liriche giovanili.


Riprende l’insegnamento di Della Casa, che modifica dall’interno la struttura del sonetto
attraverso l’uso diffuso dell’enjambement. Tasso scrive una sua lezione interpretandolo e
arrivano alla forma della sua poesia, da lui definito “parlar disgiunto”.

Analisi:
Il poeta sta pregando Dio perché lo liberi dall’errore e gli permetta di ritrovare la retta via.
La scelta di termini che rimandano al lessico religioso: lampo e grazia; valle mondana e
paludosa fa riferimento alla valle di lacrime in cui si smarrisce il peccatore. Dietro a questa
lirica c’è un sonetto di Petrarca del canzoniere che è stato utilizzato alla stessa maniera,
ovvero rivolgere una preghiera a Dio affinché ritrovi la retta via.
Il tema dell’errare e quindi di una sensibilità religiosa molto forte e inquieta lo
ritroviamo anche nella Gerusalemme liberata.

Mentre madonna s’appoggiò pensosa


Analisi:

Contesto: la donna amata dal poeta passeggia in giardino e si appoggia ad una siepe fiorita
e lì un'ape, scambiando le sue labbra per una rosa, punge la donna.
L’aura è legata al tema amoroso. L’aura è la brezza primaverile al cui soffio compaiono i fiori
sulle piante ma qui chi fa sbocciare i fiori è il sole che viene rappresentato dagli occhi
dell’amata.
I fiori sono le labbra perché sono stati scambiati per quelli dall’ape. Torna la parola
dell’errare senza una meta fissa (come il disperdersi dei cavalieri nella “Gerusalemme
liberata”).
Il sonetto si divide in due parti:
- la prima apparentemente descrittiva, giustifica l’errore dell’ape in quanto ingannata dalle
labbra rosse della donna che lei scambia per una rosa;

- la seconda è il commento del poeta.


Miele per l’ape, assenzio(=dolore) per il poeta. È un’antitesi ossia un’opposizione

Era la notte e sotto il manto adorno

L’ambientazione è una sera di festa nel giardino appena illuminato dalle torce si aggirano le
coppie mascherate. La notte permette gli incontri amorosi.

Analisi:
Tema > notturno
I tenebrosi orrori = Orrore significa in questo caso zona oscura
La parola furto in Tasso viene utilizzato per indicare furto amoroso
In questa notte alla luce delle fiaccole si svolge questa festa > invitati mascherati > maschera
(si dice anche larva.
Larva in latino significa fantasma e indica anche le maschere, in una festa in maschera sono
quindi le persone mascherate. Gioca sul doppio senso della parola: da un lato descrive questa
festa notturna nei giardini ferraresi e dall’altra è un omaggio alla duchessa.
Questo giardino notturno dove vi sono le fiaccole e la luce della luna è caratterizzato da
questi elementi che muovono la descrizione.
In questa situazione apparve la donna (ovvero la duchessa di Ferrara) tra una serie di dame
che illumina la scena (viene paragonata l’apparizione della donna a quella del
sole).
MADRIGALE
Il madrigale è una forma che c’è già nel canzoniere di Petrarca, ce ne sono 6: due terzine e
una quartina.
Una delle caratteristiche del madrigale cinquecentesco è l’estrema libertà nel costruire
l’intreccio di rime e nella lunghezza di queste. Questo rende più libera la possibilità del poeta
di esprimersi e favorisce una ricerca di forme sonoro musicali. Anche i temi sono molto liberi.

Soavissimo bacio

È un madrigale e non più un sonetto. Ha un tema che non appartiene alla lirica petrarchista.

Analisi:
Verso 2: È un’esclamativa, ci sono due superlativi che caratterizzano il bacio (soavissimo e
dolcissima).
Verso 4: momento del bacio viene colto in questo passare dell’anima del poeta quasi nel
corpo della donna; La gioia del poeta è tanta che il poeta si sente morire (l’anima viene
meno).
Questo verso comprende anche una citazione del canto di Paolo e Francesca poiché
Francesca ci dice che Paolo la baciò tutto tremante.
Figura etimologica due parole con la stessa radice: dolcezza e dolcissima.

Qual rugiada o qual pianto


È un altro madrigale, l’elemento amoroso è posto in secondo piano rispetto alla descrizione
paesaggistica. È scandito da quattro domande (3 versi, 3 versi, 3 versi, 2 versi).

Analisi:
Sovrapposizione elementi natura e umani:
- Rugiada come un pianto di stelle. La presenza della rugiada, che è tipica del momento
notturno perché si asciuga al sole, è come il pianto sparso dalla notte e dalle stelle.
- Erba umanizzata: grembo dell’erba, non ha un grembo. Come se avesse tra le sue braccia
un nembo di stelle, la rugiada brilla alla luce lunare e quindi sembra una stella disseminata
dalla luna sull’erba.
- Le brezze notturne sono come un lamento, il sussurrare del vento che sembra lamentarsi
rappresenta un preannuncio, e si chiede se lo sia, della partita della donna amata che è la
vita della sua vita.
La donna può essersene andata oppure può essere morta e per questo la natura piange.

Tacciono i boschi

Madrigale di nove versi, quindi molto breve. Insiste sul tema apparentemente lontano da
Petrarca

Analisi:
La prima parola “Tacciono” condizione tutto il resto: la natura è in perfetto silenzio nella notte
la bianca luna (antitesi notte scura e luna bianca). Questo è il riflesso di ciò che accade tra
gli amanti che devono tenere nascosto il loro incontro e anche il dio Amore deve tacere, non
deve parlare e neanche emettere respiri per garantire l’assoluta segretezza e la quiete
perfetta agli amanti.
Nell’uso delle dittologie(:tregue pace, non parli e spiri) riprende Petrarca.
Immagine di boschi e fiumi è canonica del Petrarca, ma qua c’è anche il mare quindi si fa
riferimento a tutta la natura.

AMINTA

Problema della osservanza rispetto alle norme aristoteliche e non della poetica. Aristotele
realizza un trattato sulla poetica che nel rinascimento viene ritenuto normativo. Ci parla della
tragedia e della commedia che sono i due generi teatrali punti di riferimento rispetto ai quali
si pone il problema di come posizionare il poema cavalleresco, come classificare il Furioso o
la Gerusalemme liberata.
Quando si crea un genere nuovo come il dramma pastorale che avrà molta fortuna, è un
genere misto.
La Aminta è definita da Tasso favola boschereccia , ovvero i protagonisti non sono né
personaggi della tragedia, quindi eroi e principi, né della commedia, ovvero gente comune,
ma sono pastori.
Nella commedia troviamo un registro basso mentre nella tragedia un registro alto; quindi ci si
domanda su quale registro privilegiare.
È diviso in 5 atti e ciascuno finisce con un coro.
Quindi dal punto di vista della struttura sembrerebbe essere al confine con la tragedia, ma
troviamo episodi che sarebbero più vicini al mondo della commedia.

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