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A55. Alessandro Verri


Fratello minore di Pietro (cfr. A52), nacque a Milano nel 1741; aderì giovanis­
La collaborazione simo all’Accademia dei Pugni (Quadro di riferimento III, § 4.3) e fu tra i collabora­
al «Caffè» tori più assidui del «Caffè». Nei 32 articoli pubblicati dalla rivista mirò a dimostrare
l’inadeguatezza del sistema giuridico, le pecche del costume letterario e i pericoli del
tradizionalismo accademico rappresentato in ambito linguistico dei seguaci della Cru­
A Parigi e Londra sca (Quadro di riferimento I, § 2.4). Tra il 1766 e il 1767 visse a Parigi, dove maturò
un giudizio nettamente negativo sugli ambienti intellettuali progressisti, e a Lon­
dra, dove conobbe Sterne. Lasciò un vivace resoconto dell’esperienza nell’interes­
sante e vastissimo carteggio con il fratello.
A Roma - Si stabilì quindi a Roma, per raggiungere la piena indipendenza dalla famiglia
(il padre era un alto funzionario dell’amministrazione austriaca, di vedute tradizio­
nali) e vivere accanto alla marchesa Margherita Boccapadule Gentile. Vi rimase fino
Traduzioni e romanzi alla morte (1816), impegnato in numerose attività letterarie: la traduzione tra l’altro
di intonazione dell ’Amleto e de\VOtello di Shakespeare e la stesura di due tragedie (Pantea e La
preromantica congiura di Milano, 1779). Notevoli per forma e contenuto i romanzi: Le avventure
di Saffo, poetessa di Mitilene (1782), Le notti romane al sepolcro degli Scipioni (la
prima parte della quale fu pubblicata nel 1792, la seconda nel 1804; la terza infine
è stata ritrovata in anni recenti e pubblicata nel 1967) e La vita di Erostrato (1815).
All’allontanamento progressivo dall’impegno illuministico corrisponde una parallela
maturazione di temi e di atteggiamenti più pessimistici, lugubri e irrazionali, in con­
sonanza con il diffondersi nella cultura italiana di quel gusto delle rovine e dell’or­
rido che segna la nascita della sensibilità romantica, stimolata ad una nuova inter­
pretazione della realtà del mondo classico, di cui l’archeologia contemporanea veniva
riproponendo alla vista e alla meditazione i segni materiali (mentre la riscoperta di
Pompei ed Ercolano risale al 1739, le tombe degli Scipioni furono riportate alla luce
nel 1780).
Notevole infine una Storia d’Italia di taglio divulgativo, esemplata sui modelli
della storiografia più autorevole dell’Illuminismo. Risale agli anni milanesi e rimase
inedita per l’abbandono, da parte del suo autore, dei presupposti ideali da cui era nata.

dal « C a ffè >

Rinunzia davanti nodaro


al Vocabolario della Crusca
L ’articolo (Rinunzia davanti nodaro degli autori del presente foglio
periodico al Vocabolario della Crusca) uscì nel giugno 1764 sul primo
numero del «Caffè». Il testo fu compreso nella raccolta in volume che
seguì la cessazione dell’iniziativa e si può leggere nell’opera «Il Caffè»
ossia brevi e vari discorsi distribuiti in fogli periodici dal giugno 1764
a tutto maggio 1765, (tomo primo), Giammaria Rizzardi, Brescia 1765.

Cum s it1 che gli autori del «C a ffè» siano estremamente2 portati a preferire le idee alle parole, ed
essendo inimicissimi d’ogni laccio ingiusto che imporre si voglia all’onesta3 libertà de’ loro pensieri

1. Cum sit: essendo; è formula notarile. timità e onore, perché indirizzata a realiz­
2. estremamente: assolutamente. zare il bene comune.
3. onesta: a cui si deve riconoscere legit­

«Il caffè»
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e della ragion loro, perciò sono venuti in parere4 di fare nelle form e5 solenne rinunzia alla preti
purezza della toscana favella6, e ciò per le seguenti ragioni.
1. Perché se Petrarca, se Dante, se Boccaccio, se Casa7 e gli altri testi di lingua hanno avute
facoltà d’inventar parole nuove e buone, così pretendiamo che tale libertà convenga8 ancora9 a i
conciossiaché10 abbiamo due braccia, due gambe, un corpo, ed una testa fra due spalle com ’eglii
l’ebbero.
... quid autem?
Caedlio Plautoque dabit Romanus ademptum
Virgilio Varioque? ego cur adquirere panca
si possum invideor? quum lingua Catonis et Enni
sermonem patrium ditaverit ac nova rerum
nomina protulerit12.
(H o r a t ., de Art. Poet.).

2. Perché, sino a che non sarà dimostrato che una lingua sia giunta all’ultima sua perfezione13
è un’ingiusta schiavitù il pretendere che non s’osi arricchirla e migliorarla.
3. Perché nessuna legge ci obbliga a venerare gli oracoli della Crusca14, ed a scrivere o pai
soltanto con quelle parole che si stimò bene di racchiudervi.
4. Perché se italianizzando15 le parole francesi, tedesche, inglesi, turche, greche, arabe, sciavo
noi potremo rendere meglio le nostre idee, non ci asterremo dal farlo per timore o del Casa, 1
Crescimbeni, o del Villani17, o di tant’altri che non hanno mai pensato di erigersi in tiranni delle r
del decimo ottavo secolo, e che risorgendo sarebbero stupitissimi in ritrovarsi tanto celebri, buon £
la18 volontaria servitù di que’ mediocri ingegni che nelle opere più grandi si scandalizzano di u
d’un t di più o di meno, di un accento grave in vece di un acuto. Intorno a ch e19 abbiamo pre
seria considerazione che se il mondo fosse sempre stato regolato dai grammatici, sarebbero stati dei
in maniera20 gl’ingegni e le scienze che non avremmo tuttora né case, né morbide coltri21, né cari
né quant’altri beni mai ci procacciò l’industria e le meditazioni22 degli uomini; ed a proposito d
rozze egli è bene il rifettere che se le cognizioni umane dovessero stare ne’ limiti strettissimi c
assegnano i grammatici, sapremmo bensì che carrozza va scritto con due erre, ma andremmo ti
a piedi.
5. Consideriamo23 ch’ella è cosa ragionevole che le parole servano alle idee, ma non le ide
parole, onde noi vogliamo prendere il buono quand’anche fosse ai confini dell’universo, e se dall’
o dall’americana lingua ci si fornisse qualche vocabolo ch’esprimesse un’idea nostra meglio cl
la lingua italiana noi lo adopereremo, sempre però con quel giudizio che non muta a capriccio
gua, ma l’ arricchisce e la fa migliore.

4. sono ... parere: hanno deciso; tecnici­ Plauto lo negheranno a Virgilio e a Vario? 17. Crescimbeni... Villani: Giovi
smo giuridico; la locuzione era accolta nel e perché mi si impedisce di introdurre qual­ Crescimbeni (1663-1728), fondai
Vocabolario della Crusca. che nuovo termine, se posso, dal momento l’Arcadia, autore dell’Istoria deh
5. nelle forme: secondo le debite modalità; che la lingua di Catone e di Ennio ha arrjc- poesia (1698) e del dialogo Della
tecnicismo giuridico; calco sul latino in chito l’idioma natale offrendo nuovi ter­ della volgar poesia (1700); Giovai
formis. mini per indicare le cose?» (Orazio, Ars ni (1280-1308), autore della Cro
6. toscana favella: il fiorentino; arcaismo poetica, w . 53-58). Tra gli autori citati e trambi, con Della Casa, modelli
cruscante. Orazio e Vario intercorsero due secoli toscana.
7. Casa: Monsignor Giovanni della Casa circa. 18. buon grado la: grazie alla.
(1503-1556), autore del Galateo e delle 13. all’ultima sua perfezione: al massimo 19. Intorno a che: e partendo c
Rime. e definitivo grado di sviluppo. constatazione.
8. convenga: spetti, per coerenza. 14. oracoli ... Crusca: i “ testi di lingua” 20. depressi... maniera: scorag
9. ancora: anche. sui quali si compie lo spoglio per il Dizio­ punto.
10. conciossiaché: poiché; arcaico e tosca- nario degli Accademici della Crusca, ap­ 21. coltri: coperte da letto.
neggiante; con analoghi intenti parodistici, parso in varie successive edizioni (1612, 22. procacciò ... meditazioni
Baretti usava «conciosiacosafosseché». 1623, 1691, 1729-38). l’operosità e la ricerca intellett
11. eglino: essi. 15. italianizzando: adattando alla lingua 23. Consideriamo: riteniamo.
12 .... quid ... protulerit: «... e che? quel italiana. 24. inda: indiana.
che i Romani concessero a Cecilio e a 16. sclavone: slave.

Scrittori dell’illuminismo
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Dixeris egregie notum si callida verbum
reddiderit junctura novum. Si forte necesse est
iudiciis monstrare recentibus abdita rerum,
fingere cinctutis non exaudita Cethegis
continget: dabiturque licentia sumpta pudenter,
et novafactaque nuper habebunt fidem25.
(H o r a t ., eod. 26).

6. Porteremo questa nostra indipendente libertà sulle squallide pianure del dispotico regno
ortografico27, e conform erem o28 le sue leggi alla ragione dove ci parrà che sia inutile il replicare29 le
consonanti o l’accentar le vocali, e tutte quelle regole che il capriccioso pedantismo30 ha introdotte
e consagrate, noi non le rispetteremo in modo alcuno. Inoltre considerando noi che le cose utili a sapersi
son molte e che la vita è breve, abbiamo consagrato il prezioso tempo all’acquisto delle idee, ponendo
nel numero delle secondarie cognizioni31 la pura favella32, del che siamo tanto lontani d’arrossirne
che ne facciamo arriende honorable33 avanti a tutti gli amatori de’ riboboli34 noiosissimi dell’infinita-
mente noioso M almantile35, i quali sparsi qua e là come gioielli nelle lombarde cicalate36 sono pro­
prio il grottesco37 delle belle lettere.
7. Protestiamo38 che useremo ne’ fogli nostri di quella lingua che s’intende39 dagli uomini colti da
Reggio di Calabria sino alle Alpi; tali sono i confini che vi fissiamo, con ampia facoltà di volar talora
di là dal mare e dai monti a prendere il buono in ogni dove.
A tali risoluzioni ci siamo noi indotti perché gelosissimi di quella poca libertà che rimane all’uomo
socievole40 dopo tante leggi, tanti doveri, tante catene ond’ è caricato; e se dobbiamo sotto pena del­
l'inesorabile ridicolo vestirci a m o’ 41 degli altri, parlare ben spesso42 a mo’ degli altri, vivere a m o’
degli altri, far tante cose a mo’ degli altri, vogliamo, intendiamo, protestiamo di scrivere e pensare
con tutta quella libertà che non offende que’ principi che veneriamo43.
E perch’abbiamo osservato che bene spesso vai più l’ autorità che la ragione, quindi ci siamo serviti
di quella di Orazio per mettere la novità de’ nostri pensieri sotto l’ egida della veneranda antichità44,
ben persuasi che le stesse stessissime cose dette da noi e da Orazio faranno una diversa impressione
su di coloro che non amano la verità se non sono del secolo d’ oro45.
Per ultimo diamo amplissima permissione46 ad ogni genere di viventi, dagli insetti alle balene, di
pronunciare il loro buono o cattivo parere su i nostri scritti. Diamo licenza in ogni miglior m odo47 di
censurarli, di sorridere, di sbadigliare in leggendoli, di ritrovarli pieni di chimere48, di stravaganze,
ed anche inutili, ridicoli, insulsi in qualsivoglia maniera. I quali sentimenti siccome ci rincrescerebbe
assaissimo qualora nascessero nel cuore de’ filosofi, i soli suffragi de’ quali desideriamo49; così saremo

25. Dixeris ...fidem : «Dirai proprio bene con meticolosa pignoleria. porti sociali.
se attraverso un sapiente accostamento 31. nel ... cognizioni: nel numero delle 41. a mo’ : al modo.
riuscirai a dare nuovo significato a una conoscenze di secondaria importanza. 42. ben spesso: molto spesso.
parola che tutti conoscono. Se capitasse di 32. pura favella: la purezza della lingua. 43. veneriamo: onoriamo e osserviamo con
dover esporre cose ignote ricorrendo a 33. amende honorable: onorevole am­ scrupolo religioso, al di sopra di ogni altra
parole di nuovo conio, accadrà di crearne menda, pubblico atto di scusa (francese). cosa.
di sconosciute ai Cetegi nelle loro vesti suc­ 34. riboboli: espressioni proverbiali, 44. l’egida ... antichità: la protezione
cinte [ai Romani antichi]: e ciò sarà per­ argute e concettose, dei Fiorentini. (l’egida era propriamente lo scudo di
messo, a patto che se ne usi con criterio 35. Malmantile'. è il Malmantile racqui- Minerva) della venerabile antichità di
e allora le ultime novità otterranno cre­ stato, poema eroicomico di Lorenzo Lippi Orazio.
dito» (Orazio, Ars ■poetica, w . 47-52). (1606-1665), pubblicato postumo nel 1676; 45. secolo d’oro: della lingua; per i cru­
2ò. eod.: abbreviazione del latino eodem, nel 1688 vide la luce un’edizione larga­ scanti: il Trecento.
nello stesso luogo. mente annotata da Paolo Minucci con po­ 46. permissione: concessione, facoltà.
27. dispotico ... ortografico: nel territo­ stille linguistiche, accresciute ancora dai 47. in ogni miglior modo: in qualunque
rio in cui valgono regole simili a quelle, cruscanti Anton Maria Biscioni e Anton modo appaia più utile; latinismo del lin­
irrazionali e ridige, imposte dall’alto dai Maria Salvini per l’edizione del 1750. guaggio giuridico.
regimi assoluti. 36. cicalate: parlate. 48. chimere: fantasie inverosimili.
28. conformeremo: adatteremo. 37. grottesco: elemento che provoca il ridi­ 49.1 quali... desideriamo: così come (sic­
29. replicare: raddoppiare. colo per incongruenza bizzarra. come) ci rincrescerebbe moltissimo di que­
30. capriccioso pedantismo: l’atteggia­ 38. Protestiamo: dichiariamo con forza. sti sentimenti (di condanna) se nascessero
mento di chi, senza seguire un criterio 39. s’intende: viene compresa. nel cuore dei filosofi, dai quali soltanto
costante e razionale, vuole dettar norme 40. socievole: inserito nella rete dei rap­ desideriamo ricevere pareri favorevoli.

«Il caffè»
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contentissimi, e l’avremo per un isquisito50 elogio se sortiranno dalle garrule51 bocche degli antifi­
losofi.

50. isquisito: ricercato e gradito (a noi) I riflessione (loro).


perché risultato di un’opera attenta,di I 51. garrule: stridenti,-ciarliere, petulanti. I

ANALISI DEL TESTO

È questo il primo dei numerosi interventi di Alessandro Verri sul «Caffè». Il campo dei
suoi interessi si rivela in questi anni molto vasto: spazia dalla letteratura alla politica, dalla
giurisprudenza (trentaquattro sue “ difese”, inedite, di carcerati dovettero esser presenti
a Beccaria nel momento in cui questi elaborò il suo celebre trattato Dei delitti e delle pene)
alla morale e alla psicologia, fino a toccare questioni propriamente pedagogiche (Della eccel­
lenza, utilità e giustizia dellaflagellazione de’fanciulli). L’immagine che «Il Caffè» ci con­
segna del giovane Alessandro è quella, nuova per l’Italia, del philosophe: di un uomo di cul­ Philosophe
tura il quale elabora razionalmente i dati che cadono sotto la sua esperienza pratica per trarne vs pedante
tutte le indicazioni utili a migliorare la condizione generale della comunità in cui vive e agi­
sce. Per raggiungere questo scopo, sottopone le proprie provvisorie conclusioni alla discus­
sione e al giudizio dei propri simili. Il passaggio necessario, ineliminabile, nel processo che
collega la dimensione della riflessione dell’intellettuale alla realizzazione concreta del suo
progetto è la comunicazione del progetto al numero più ampio possibile di persone disposte
ad ascoltarlo e a discuterlo. Si spiega allora perché il Dizionario della Crusca, o meglio l’at­
teggiamento pedantesco, chiuso ad ogni innovazione, che il Dizionario rappresenta, sia il
primo obiettivo polemico dei giovani raccolti intorno a «Il Caffè».
Non soltanto si tratta di dimostrare la legittimità di un nuovo stile fatto di “ cose” più
che di parole, ma di affermare, razionalmente e con forza, il concetto della liceità dell’inno­ Liceità
vazione che il singolo può apportare agli usi e ai costumi comuni della collettività, sulla base dell’innovazione
di un inalienabile diritto naturale a seguire il proprio gusto e le proprie propensioni perso­
nali, a difendere la propria sfera d’autonomia dall’ingerenza dispotica del conformismo, dalle
convenzioni supinamente accettate. Si tratta cioè di affermare solennemente e con la mas­
sima decisione il diritto a costruire strumenti efficaci per una più ampia circolazione delle
idee. Alla devozione acritica tributata dalla Crusca agli «oracoli», l’autore contrappone la
venerazione dei «princìpi razionali»; alla realtà minerale, pietrificata, delle «squallide pia­
nure del dispotico regno ortografico» la viva comunità ideale, non limitata da alcun rigido Ragione vs
confine statale, costituita «dagli uomini colti da Reggio di Calabria sino alle Alpi». Ad essi acquiescenza
concede la facoltà di «volar talora di là dal mare e dai monti a prendere il buono» (e non acritica ad
il bello, come Marino) «in ogni dove». un’autorità
dispotica
Ma La rinunzia è ancora altro: l’adozione del linguaggio giuridico non è soltanto un effi­
cace strumento parodistico del togato linguaggio dei cruscanti, ma lo strumento con cui si
propone seriamente al lettore («nelle forme» e dei cruscanti e degli «uomini colti») la pro­
spettiva di un nuovo rapporto con le istituzioni, da stabilire ed accettare «in ogni miglior
modo», soltanto dopo un’attenta revisione, in base al “ contratto sociale” , non in forza di
un’acritica accettazione dell’autorità della tradizione. L’istituzione, in questo caso, è rap­
presentata dalla lingua della tradizione colta, che costituisce un patrimonio ben più ampio
dell’eredità accolta nel Dizionario, giudicato da Alessandro Verri come base ineliminabile
ma non immodificabile del nuovo codice comunicativo.
Occorre perciò far prevalere sul principio che vuole sia lecito soltanto quanto è esplicita­
mente indicato come tale, il più liberale principio secondo il quale è lecito tutto ciò che non
è espressamente vietato; ed infine, nello stabilire che cosa vada proibito o permesso, è neces­
sario privilegiare il criterio dell’efficacia pratica, giudicando secondo razionalità e buon senso
(senza la carrozza, inventata e costruita dall’«industria» che i «mediocri ingegni» disprez­
zano, si andrebbe tutti a piedi). Il ricorso all’autorità di Orazio non è soltanto un espediente Prova storica
dialettico per dimostrare la fragilità di un classicismo retrivo e chiuso ad ogni innovazione: della necessità
è anche la prova del fatto che Alessandro Verri non intende affatto rinunciare a qualsiasi inevitabile
regolamentazione della lingua, ma vuole rivendicare il diritto a promulgare nuove leggi, dell’innovazione
una carta costituzionale (per così dire) di una nuova lingua, tale da soddisfare le esigenze

Scrittori dell’illuminismo

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