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CEG nacque a Milano, nel 1893, da una famiglia della media borghesia lombarda, che
passò da agiate condizioni economiche ad una situazione catastrofica, per gli
investimenti economici sbagliati del padre. L‟infanzia e l‟adolescenza furono dure e
stentate, allietate dai soggiorni nella villa in Brianza fatta costruire dal padre a fronte di
rovinose spese sproporzionate alle reali possibilità della famiglia. Dopo la morte del
padre la madre, con sforzi incredibili, riuscì a far studiare i figli e a mantenere la
proprietà. CE avrebbe voluto intraprendere studi letterari ma la madre lo indirizzò al
Politecnico, ai corsi d‟ingegneria. Interventista, si arruolò volontario nella Grande
Guerra come ufficiale degli alpini e registrò la sua esperienza in diari. Dopo Caporetto
venne fatto prigioniero e deportato in Germania. Rientrò a Milano nel 1919 dove ebbe
la notizia della morte del fratello Enrico in guerra. La delusione e il dolore, la terribile
situazione familiare lo gettarono in uno stato di sconforto; terminati gli studi iniziò il
lavoro d‟ingegnere prima in Italia poi in Argentina. Al ritorno nel „24 a Milano
s‟iscrisse alla Facoltà di Lettere; Iniziò a scrivere, contestualmente lavorando come
ingegnere 1926 inizia a collaborare a “Solaria” Dopo un lungo periodo di riposo,
dovuto a disturbi gastrici, ritornò a Milano e nella casa materna si dedicò alla stesura di
più testi che confluirono nel primo libro, la Madonna dei filosofi (1931, ed. Solaria) Nel
1934 usciva la raccolta il Castello di Udine Appartato da ogni possibile partecipazione
alla vita politica ma legato alle prospettive di un patriottismo conservatore , aveva
guardato con simpatia al sorgere del fascismo; ben presto ne avverte la cialtroneria e la
vuota retorica. Tuttavia, la necessità di non essere isolato dal consesso letterario gli
aveva imposto articoli, programmi e iniziative vicine al regime. Negli scritti degli anni
Trenta, tuttavia, si avverte una denuncia aspra ed ironica di quanto stava accadendo
con Mussolini. 1936 muore la madre; è una forte lacerazione che lo induce a vendere
anche la villa di famiglia. Nasce il romanzo La cognizione del dolore (1938) Nel „40 è
a Firenze: non fa più l‟ingegnere; è in contatto stretto con Montale, Longhi. Bo 1944
L’Adalgisa Il periodo è durissimo; Si trasferisce a Roma dopo la fine della guerra e
scrive Quer pasticciaccio brutto de via Merulana 1950: iniziò ad avere incarichi alla
Rai, a lavorare come redattore di riviste 1957 la pubblicazione di Quer pasticciaccio…
gli dà consensi di critica ed una certa stabilità economica Nel „63 con l‟uscita in
volume de La cognizione del dolore ottiene il premio internazionale di letteratura.
Considerato un maestro da Pasolini e dagli scrittori della neoavanguardia, G reagiva in
modo scontroso alla sua fama, si ritirava nella sua solitudine, afflitto dalla sua nevrosi e
animato da sentimenti di diffidenza e insofferenza verso i giornalisti e il mondo della
cultura. Nel „55, vittima di manie di persecuzioni e di ingiustificati terrori per ignote
minacce, s‟era trasferito in un appartamento a Monte Mario. Assistito dalla
governante Giuseppina lì muore nel 1973 . L‟interesse di Gadda per la letteratura si
appoggia fin dall‟inizio ad un‟esigenza di concretezza, a un proposito di conoscenza
della realtà nelle sue articolazioni più particolari. Sembra mirare ad una narrativa legata
ai grandi modelli ottocenteschi, con la convinzione di raccontare l‟aspetto
problematico della realtà. Per questo non vuole riproporla nei dati esteriori ma nella
sua intrinseca verità. La summa della riflessione teorica di G è in un trattato filosofico
incompiuto, la Meditazione milanese, steso nel 1928 e pubblicato nel 1974. È un testo
che non si occupa di letteratura ma si serve di esempi tratti da essa e rivela come per G
sia importante l‟indagine sulla natura della conoscenza, sui modi in cui l‟osservatore
umano costruisce il suo rapporto con la realtà. Per G ogni conoscenza scientifica deve
articolarsi in sistema: procedere, conoscere è inserire alcunché nel reale. Il pensiero
deve confrontarsi col carattere aggrovigliato dei suoi oggetti; nella realtà tutto è
avvinto perché tutto si “codetermina”. Quindi tutte la categorie a priori –siano
concetti o schemi universali- non sono valide. Questi concetti sono inganni, illusioni,
con cui si vorrebbe affermare la persistenza del sapere e la felicità della condizione
umana. La vera coscienza del reale, invece, è coscienza del dolore. Il bisogno di
conoscenza fa sì che approfondisca l‟indagine sulla complessità del reale, delle sue
articolazioni più minute, con un‟attenzione esasperata ai particolari e un‟ambizione
enciclopedica. La letteratura è vista come conoscenza della complessità del reale: la
scrittura di G dà un‟immagine della molteplicità e varietà del mondo, inseguendo i
particolari più minuti, costruendo cataloghi dei singoli oggetti e facendo risaltare il
senso della totalità del sapere e dell‟essere. I principi complementari che segue sono
singula enumerare, elencare i singoli oggetti e omnia circumpspicere, ovvero avvolgere
con lo sguardo tutte le cose. Per intrecciare questi principi ci vuole un metodo
combinatorio. L‟intreccio tra questi elementi deve appoggiarsi sulla precisione
linguistica. Il lavoro letterario di Gadda si concentra sul frammento e sulla tendenza
alla costruzione. Il primo volume pubblicato, la Madonna dei Filosofi è composto di
testi apparsi nella rivista “Solaria”, che rivelano un forte legame con la prosa d‟arte e il
gusto del frammentismo. Negli scritti intitolati Teatro e Cinema G descrive il suo
rapporto con lo spettacolo di massa; segue le varie fasi del proprio immergersi in una
realtà pullulante, affollata, artificiosa, tra le finzioni di scena e gli spettatori, in un
miscuglio di apparenze, gesti distorti, convenzioni sociali, aggressività fisica, nel bisogno
di stordirsi che mette insieme una massa umana rumorosa e incosciente. 1928 La
meccanica: è un romanzo pubblicato parzialmente su “Solaria”, in cui si descrive la vita
milanese all‟inizio della prima guerra mondiale. C‟è un accurato senso di
documentazione alla Zola: G vuole evidenziare le diverse reazioni delle classi milanesi
di fronte alla guerra. La narrazione non segue alcun ideale ma si limita a rappresentare
“il torbido fiume delle generazioni”. Il comico e il tragico si alternano in uno stile pieno
di aggressività. Il castello di Udine, pubblicato sempre per “Solaria”, non è un romanzo
ma una raccolta di vari testi; alcuni sono dedicati alla guerra; Impossibilità di un diario
di guerra dichiara che non può entrare in letteratura, nella scrittura, questo materiale.
Nel pezzo Tendo al mio fine l‟autore, con una sintassi pedantesca, presenta la sua
figura, i suoi propositi, la propria vita marginale e disperata, priva delle gioie della
giovinezza. Dal fondo della sua pena, carcere, tomba, ha un compito: osservare le
forme della meschinità umana, registrare i processi che portano gli uomini al nulla. Lo
scrittore afferma così la vanità della sua impresa. Già in quest‟opera è evidente che G
adopera plurilinguismo ed espressionismo. Agisce violentemente sul linguaggio, ne
forza gli equilibri normali, si sottrae ad ogni misura classica, mescola dialetti italiani,
lingue straniere, gerghi, una gamma vastissima che va dalla lingua popolare a quella più
colta. Il lessico è pieno di calchi diretti dal parlato, di forme preziose, arcaismi, termini
tecnici per definire gli oggetti. Questa enumerazione infinita che vorrebbe definire tutti
gli oggetti in realtà fa si che essi si possano sottrarre ad una presa veramente
risolutiva. La lingua è pastiche, miscuglio, così come i vari registri: comico, parodico,
grottesco, umoristico. Questa scelta espressionistica deriva dalla sofferenza dell‟io,
dalla nevrosi dell‟autore, dall‟eco dei traumi infantili, colpe e impossibilità. Vi è una
negatività insuperabile: chi si crede normale è colui che non riconosce la propria
nevrosi. I caratteri linguistici e stilistici dei suoi testi sono così fortemente determinati
che non è impossibile riconoscervi il segno della sua voce; tuttavia il flusso variabile
delle voci molteplici impedisce ai lettori di individuare la reale natura del narratore
stesso. Con una forza senza eguali nella lett del 900 G svela l‟inutile sofferenza di cui è
fatta ogni realtà storica. L’Adalgisa (1944) è un insieme di scritti che descrivono la vita
milanese: s‟affolla un‟umanità di maschere borghesi, che si accapigliano, che
vorrebbero affermare la loro esteriore rispettabilità, abbarbicate alle regole di una
morale dell‟apparenza. La vita sociale descritta nella dimensione più corporea e
istintiva è un accumulo di oggetti, mentre i personaggi tentano spasmodicamente di
fissare le cose e la vita. La cognizione è elaborato dopo la morte della madre e il
motivo del rapporto madre/figlio è centrale. C‟è una nevrosi lacerante legata ai traumi
dell‟infanzia, ai risentimenti indotti dalle immagini familiari, alle oppressive abitudini e
necessità della vita borghese. G si riavvolge sulla propria dolorosa esperienza senza
raccontarla direttamente ma trasponendola in situazioni e personaggi di forte densità
oggettiva. Nello svolgersi dell‟analisi psicologica si evidenzia l‟effetto delle numerose
letture di testi di psicoanalisi fatte in questo periodo. Il romanzo, come indica il titolo,
è un graduale avvicinamento ad una nozione, un percorso alla ricerca delle cause e dei
sintomi di un dolore lacerante. In un fittizio paese sudamericano il Maradagàl, appena
uscito vittorioso dalla guerra con il vicino Parapagàl, nella località Lukones, piena di ville
amene, vive il protagonista in una villa costruita per le sproporzionate ambizioni del
padre. Il protagonista è ingegnere, nevrastenico e malinconico, vive con l‟anziana
madre dopo che il fratello è scomparso un guerra. La vita di Don Gonzalo si svolge in
rabbiosa solitudine, contro il mondo circostante i vicini borghesi, contro i contadini, la
varia umanità verso cui sempre la madre si dimostra ben disposta. Aggressivo e
rancoroso è lo stesso rapporto con la donna. Don Gonzalo rifiuta la protezione di un
istituto di vigilanza per la notte; in una notte in cui è assente la madre viene trovata
morta nel letto, per alcuni colpi subiti al capo in circostanza misteriose. L‟autore vuol
far credere che la madre sia vittima del figlio. Quer pasticciaccio ha l‟apparente
struttura del giallo –un delitto in un palazzo borghese, nel 1927- irrisolvibile. Lo
sviluppo del romanzo si dà tutto nel complicarsi delle indagini nel loro sfiorare ipotesi
diverse per poi disperdersi in mille rivoli.