L’opera si divide in due parti: nella prima ciò che risalta è l’interpretazione pessimistica che
l’autore da della situazione a lui contemporanea; nella seconda parte,al dato storico viene
contrapposto il progetto riformatore, sotto la forma dell’invenzione di una società “perfecta”, quella
appunto dell'immaginaria isola di Utopia.
Al centro dell’opera troviamo Raffaele Itlodeo,il cui nome significa “spacciatore di ciarle”,egli
viene presentato come un appassionato di viaggi che ha visitato tante terre e altrettanti ordinamenti
politici; sarà,infatti,questo personaggio ad introdurci alla surreale descrizione dell’isola.
Moro alla base della sua costituzione ideale pone il rifiuto della proprietà privata,come già aveva
fatto Platone, che é principio di egoismo e di conflitto. Proprio dell’isola è,inoltre,l’isolamento
collegato all’autarchia: al centro della capitale si trova,infatti,un mercato in cui vengono portati i
prodotti da tutte le famiglie,non vi è denaro ed ognuno prende solo ciò di cui ha bisogno,tutto è in
abbondanza ed in caso di eccedenza i prodotti vengono dati ai vicini. In ogni rione ci sono degli
alberghi,dove risiedono i filarchi,magistrati eletti dal popolo,uomini di lettere e cultura esonerati dal
lavoro;altri alberghi più modesti sono invece riservati agli schiavi. I pasti vengono consumati in
comunanza e sono preceduti e accompagnati da musica e letture,con il fine di educare e di rendere
l’atmosfera piacevole.
Nell’opera Tommaso Moro parla,anche,di una filosofia dell’etica degli Utopiani che si concentra in
un recupero della dottrina del piacere propria degli Epicurei ed in una critica all’ascetismo cristiano:
la felicità si basa sul piacere e consiste in una armonizzazione fra fede religiosa e ragione. Il piacere
buono ed onesto è quello che non provoca ingiustizia e che non lede agli altri,per questo la caccia è
considerata indegna per l’uomo libero,è infatti una attività riservata agli schiavi. In Utopia è bandita
la pena capitale,eccetto rari casi quali la congiura e l’adulterio recidivo; le pene minori sono punite
dalla famiglia. La schiavitù è la massima pena e sono da considerarsi peggiori le colpe commesse
dai paesani piuttosto che dai forestieri, “in quanto i primi sono stati educati splendidamente dalla
città”. Ad Amauroto vi è un senato centrale di cui fanno parte 162 membri e che detiene potere
legislativo,esecutivo e facoltà in materia giudiziaria,il principe presiede il senato,tuttavia il ruolo
politico fondamentale è assegnato alla famiglia. Le leggi in Utopia sono pochissime e ben
conosciute,infatti nell’isola è assente la figura dell’avvocato. Nei rapporti fra Utopia e gli altri stati
non vi sono trattati formali,causa di inganni e litigi,ma una “parentela” ovvero una naturale fiducia.
Nell’isola si trovano,inoltre,in abbondanza oro ed argento,considerati dagli abitanti ”vili metalli”
tanto da essere il tratto distintivo di chi è caduto in schiavitù,è solito infatti,secondo il racconto di
Itlodeo,vedere servi adornati da orecchini,catene e cinture d’oro. Questi metalli preziosi vengono
poi messi da parte in caso di guerra col fine di comprare nemici o assoldare soldati anche se questo
non accade quasi mai; vi è infatti,nell’opera, un’aspra critica nei confronti della guerra,la quale è
giustificata solo in casi di estrema necessità. Nell’isola vige la libertà di religione,secondo le
disposizioni di Utopo,il fondatore; vi è,tuttavia,una religione largamente professata che si appella a
Mitra (il padre,inconoscibile ed eterno),la quale si fonda sull’immortalità dell’anima,la provvidenza
e la dottrina di premi e castighi di cui in veste istituzionale si occupano tredici sacerdoti,censori dei
costumi ed educatori dei giovani. L’ateismo è consentito ad Utopia,inteso come critica dei principi
alla base della religione,tuttavia non può essere espresso in pubblico.
Tommaso Moro compie una critica nei confronti di Raffaele Itlodeo che,con la descrizione
dell’isola di Utopia,propone un paradigma inapplicabile alla realtà concreta. Da questo punto di
vista Kant e Moro sono molto simili data la visione che hanno dei rapporti tra filosofia e politica.
L’intreccio che l’autore fornisce tra non luogo e luogo felice,fra piano ideale e piano reale è
funzionale alla critica alla realtà esistente.
Si avverte in quest’opera la protesta e la condanna, esplicita del resto,contro una società ancora
gravata dal peso di parassiti e di oziosi. Le società utopistiche hanno la caratteristica di essere
società precomuniste. Nel caso specifico dell'opera di Moro possiamo però vedere che la società,
oltre che precomunista, può anche essere interpretata come una forma di socialismo, essendo una
società meritocratica, dove i più capaci e più portati allo studio fanno poi parte della classe sociale
dei sifogranti. Quest'aspetto rispecchia il desiderio,da parte dell’autore,di nuove gerarchie elettive
fondate sul sapere, sul merito, sulla capacità, che ricorrono alla consultazione popolare, non più sui
principi di assolutismo,dei diritti del sangue,della fondatezza dei privilegi del censo. Contro
l'arbitrio dei singoli, contro la prepotenza dei principi, si leva il limite dell'ostacolo di una
razionalità comune a tutti gli uomini, cui ineriscono ormai diritti innati e naturali.