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Valore umano e storico dell'epistolario di Cicerone

Le Lettere sono anzitutto una fonte inestimabile per la biografia di Cicerone. Giorno per giorno, spesso anche ora per ora, possiamo seguire quello che un uomo del mondo antico ha fatto e ha pensato: infatti spesso Attico riceveva pi di una lettera al giorno. Ci offerta cos la possibilit di conoscere un uomo antico quale non labbiamo per la maggior parte delle epoche pi vicine a noi. Dovremo arrivare a Goethe prima di conoscere un uomo attraverso le sue lettere come conosciamo Cicerone. Su questo argomento non occorrono altre parole. Basta rinviare al profilo di Matthias Gelzer per vedere subito limportanza dellepistolario sotto questo riguardo. Le Lettere sono anche fonte inesauribile per la storia, specie per la storia della civilt di unepoca che doveva decidere se lo Stato romano avrebbe ritrovato in s la forza per una nuova forma e possibilit di esistenza. La classe dominante nella sua convenzionalit e nella intima corruzione i molti dotati di un potere quale oggi non lo posseggono i re, la pi vasta cerchia dei vecchi senatores, spesso testimoni indifferenti del destino della gloriosa repubblica, piscinarii allevatori di pesci come li chiama Cicerone con amara ironia si presenta al nostro sguardo nel giudizio di un uomo che ne fece parte e la conobbe come nessun altro. Elementi greci e romani si intrecciano, nella maggior parte dei casi a danno degli antichi valori romani. Ladesione allo spirito greco-ellenistico porta nei pi allindifferenza per ogni legame tradizionale. Naturalmente in Cicerone e in alcuni eminenti suoi contemporanei basta citare Catone gli antichi valori non subiscono danni, ma ne vengono solo potenziati, approfonditi, modificati. Tuttavia sono ancora molti gli elementi senza quella fusione che doveva creare soltanto lepoca di Augusto. Basandosi in larga misura sullepistolario, Wilhelm Kroll ha costruito la sua Kultur der ciceronischen Zeit. Infine ed il tema pi importante di questa sezione va rilevato che possiamo

afferrare qualcosa della maniera in cui Cicerone come uomo di mondo si mostra pieno di riguardi, si adatta a ogni destinatario, insomma come atteggia volta per volta il linguaggio da buon psicologo. Mantiene le distanze con gli sconosciuti, scherza nello stile degli antichi sales italici con Peto, rimane, nonostante la forma cortese, freddo con Marzio, tratta di filologia con Varrone. Lo conosciamo come fratello premuroso negli ammonimenti, cos pieni di tatto, rivolti allirascibile Quinto, condannato dal destino a vivere allombra del grande fratello. Di fronte a Bruto il consigliere, ma soprattutto lamico paterno che cerca appassionatamente di aprirsi un varco nellanimo stizzoso del compagno pi giovane. Nelle lettere ad Attico, che si moltiplicano specialmente quando non in grado di scrivere ad altri, lo vediamo a nudo nel dolore e nella disperazione, ma anche nel suo orgoglio, sul quale tuttavia pi tardi scherzer. Tecum tamquam mecum loquor dice una lettera allamico. Fortunato chi in tanta sincerit si erge con la grandezza umana di Cicerone nelle lettere ad Attico. Particolarmente impresse restano al lettore le lettere dallesilio fino al felice richiamo in patria, e di nuovo le lettere del periodo in cui deve scegliere tra Cesare e Pompeo, quando, nonostante la convinzione che Cesare vincer, parteggia per la causa, che gi appare sfortunata, della res publica, si reca, ormai vecchio, da Pompeo per riconoscere che Pompeo con i suoi satelliti non il migliore, e torna ancora una volta indietro. Tutto questo mostra quanto poco Cicerone sia un politico, come per sacrifichi tutto alla sua idea, la res publica romana. un uomo (lo provano soprattutto le lettere dellepoca del proconsolato in Sicilia) che ha bisogno dellaria di Roma per vivere, che langue se non vive tra le molteplici relazioni e vicende della capitale, che vi sempre nuovamente attratto, anche se riconosce che la causa per cui combatte perduta. Perch questo appunto sembra essere uno dei tratti pi importanti che ci si rivelano nellepistolario: Cicerone riconosce con incomparabile chiaroveggenza quale sia la sua posizione e come siano avviate le cose, addirittura consapevole di questa chiaroveggenza (si confronti per es. Att. I e Fam. VI 6, 4), e ci nonostante deve poi agire secondo le leggi delletica romana. Ma un secondo fattore, di importanza ugualmente determinante, la sua inclinazione a crearsi

unimmagine e ad abbandonarsi poi a questa: cos crede con amore fanatico a Pompeo come allincarnazione della res publica, finch non verr convinto della dura realt dei fatti: cos innalza Attico fino a farne il suo alter ego, sebbene nel carattere di questuomo daffari, che era lamico di tutti, non si riesca a vedere chiaro; cos si abbandona a Bruto; cos agli inizi dellamicizia crede di scorgere in Mazio unanima affine alla sua, finch subisce la delusione.

(da K. Bchner, M. Tullius Cicero, in Pauly-Wissowa, VII A, Stoccarda, J. B. Metzlersche Verlags-buchhandlung, 1939, Coll. 1230-1232)

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