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Marco Tullio Cicerone

Cato maior, de senectute

Traduzione di
Luigi Chiosi
INTRODUZIONE

Il Cato Maior, trattatello di Cicerone sulla vecchiaia scritto nel 44 a.C., fu redatto dall’Arpinate
in forma di dialogo: Catone il Censore, in età avanzata, spiega a Scipione Emiliano e a Caio
Lelio quanto infondate siano le accuse rivolte alla vecchiaia e come esistano molteplici attività
che la rendono degna di esser vissuta con serenità. L’appassionata difesa della vecchiaia,
affidata a Catone, la cui florida ed attivissima età tarda è la migliore confutazione delle accuse
che si sentono spesso ripetere contro la vecchiaia: l’inattività a cui obbligherebbe la debolezza
fisica, la privazione dei piaceri, l’avvicinarsi della morte.

Attraverso numerosi esempi, citando luminose figure della storia romana, Cicerone esalta la
saggezza e i beni interiori dell’età avanzata, le gioie dello spirito in contrapposizione al
decadere delle forze del corpo. Il trattato si conclude con un un celebre passaggio
sull’immortalità dell’anima e sulla serena attesa della morte.

Nel Cato maior Cicerone trasfigura l'amarezza per una vecchiaia la quale, oltre al decadimento
fisico e all'imminenza della morte, sembra soprattutto temere la perdita della possibilità di
intervento politico. Tuttavia Cicerone, immedesimandosi nell' austera figura di Catone il
Censore, tratteggia una vecchiaia nella quale si armonizzano in maniera perfetta il gusto per l'
otium e la tenacia dell' impegno politico, due opposte esigenze che l'Arpinate ha cercato invano
di conciliare lungo tutto l'arco della sua vita.
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE

I.1. “O Tite, si quid ego adiuero curamve I.1. "O Tito, se ti aiuterò ed allevierò
levasso, quae nunc te coquit et versat in l'angoscia, che ora ti brucia e ti tormenta
pectore fixa, ecquid erit praemi?”. Licet enim confitta nel petto, quale premio avrò?" Posso
mihi versibus eisdem adfari te, Attice, quibus infatti rivolgermi a te, o Attico1, con gli stessi
adfatur Flamininum “Ille vir haud magna cum versi con cui si rivolge a Flaminino
re, sed plenus fidei;” quamquam certo scio "quell'uomo, non di grandi ricchezze, ma pieno
non, ut Flamininum, “Sollicitari te, Tite, sic di lealtà." Benché io sappia per certo che tu
noctesque diesque.” Novi enim moderationem non, come Flaminino, "sei angustiato così, o
animi tui et aequitatem, teque non cognomen Tito, giorno e notte."2 Conosco infatti la
solum Athenis deportasse, sed humanitatem et misura e l'equilibrio del tuo animo, e mi rendo
prudentiam intellego. Et tamen te suspicor conto che da Atene non solo hai riportato il
eisdem rebus quibus me ipsum interdum soprannome, ma anche cultura e saggezza. E
gravius commoveri, quarum consolatio et tuttavia ho il sospetto che tu sia preoccupato
maior est et in aliud tempus differenda. Nunc per le stesse cose per le quali lo sono
autem visum est mihi de senectute aliquid ad te abbastanza seriamente io stesso; il consolarsi
conscribere. da esse è impresa assai ardua e da rimandare in
altro momento. Ora invece mi è parso
opportuno comporre per te qualcosa sulla
vecchiaia.
2. Hoc enim onere, quod mihi commune tecum 2. Infatti desidero sollevare te, e anche me
est, aut iam urgentis aut certe adventantis stesso, di questo peso, che a me è in comune
senectutis et te et me etiam ipsum levari volo; con te, della vecchiaia o che già incombe o che
etsi te quidem id modice ac sapienter, sicut certo si appresta. Sebbene sappia per certo che,
omnia, et ferre et laturum esse certo scio. Sed come ogni cosa, tu la sopporti e la sopporterai
mihi, cum de senectute vellem aliquid scribere, con equilibrio e saggezza. Ma volendo scrivere
tu occurrebas dignus eo munere, quo uterque qualcosa sulla vecchiaia, tu mi ti presentavi
nostrum communiter uteretur. Mihi quidem ita alla mente degno di un tale dono, di cui l'uno e
iucunda huius libri confecto fuit, ut non modo l'altro di noi possa godere in comune. E poi la
omnis absterserit senectutis molestias, sed stesura di questo libro mi è stata così piacevole
effecerit mollem etiam et iucundam che non solo ha spazzato via tutte le angosce
senectutem. Numquam igitur satis digne della vecchiaia, ma mi ha anche reso la
laudari philosophia poterit, cui qui pareat, vecchiaia dolce e gradita. Mai dunque si potrà
omne tempus aetatis sine molestia possit lodare abbastanza degnamente la filosofia: chi
degere. ad essa si conforma può trascorrere senza
affanno ogni età della vita.
3. Sed de ceteris et diximus multa et saepe 3. Ma su altri argomenti abbiamo già detto
dicemus; hunc librum ad te de senectute molte cose e spesso diremo; questo libro sulla
misimus. Omnem autem sermonem tribuimus vecchiaia lo abbiamo dedicato a te. Ho poi

1
Tito Pomponio Attico, letterato e storico romano (Roma 109 - † 32 a.C.). Editore e commerciante di opere d'arte,
soggiornò a lungo (87-65) ad Atene, ma il soprannome di Attico gli venne dall'adozione di suo zio, Q. Cecilio
Pomponiano Attico. Assai ricco, si tenne costantemente lontano dalla politica, stringendo legami di amicizia con
uomini eminenti di tutti i partiti e mostrandosi con tutti generoso, specie nelle ore tristi. La sua interessante personalità
ci è nota attraverso la biografia di Cornelio Nepote e soprattutto attraverso le lettere (396, datate dal 65 al 44) a lui
indirizzate da Cicerone, al quale fu legato da grande amicizia.
2
I versi citati sono tratti dagli Annales di Nevio e sono le parole con le quali un pastore si rivolge al console Tito
Quinzio Flaminino, durante la guerra contro Filippo V di Macedonia, per consigliarlo sulla tattica da adottare per
aggirare la postazione nemica.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 1 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
non Tithono, ut Aristo Cius, (parum enim esset attribuito l'intero discorso non a Titone, come
auctoritatis in fabula), sed M. Catoni seni, quo Aristone di Ceo 3 - infatti vi sarebbe poca
maiorem auctoritatem haberet oratio; apud autorevolezza in un mito - ma a Marco Catone
quem Laelium et Scipionem facimus il vecchio4, affinché il discorso avesse una
admirantis quod is tam facile senectutem ferat, maggiore autorevolezza; accanto a lui
eisque eum respondentem. Qui si eruditius rappresentiamo Lelio 5 e Scipione6, che
videbitur disputare quam consuevit ipse in suis ammirano il fatto che egli sopporti la vecchiaia
libris, attribuito litteris Graecis, quarum tanto serenamente, e lui che risponde loro. E se
constat eum perstudiosum fuisse in senectute. ti sembrerà che egli discute con maggior
Sed quid opus est plura? Iam enim ipsius erudizione di quanto fosse solito fare egli
Catonis sermo explicabit nostram omnem de stesso nei suoi libri, attribuiscilo alla
senectute sententiam. letteratura greca, di cui è risaputo che egli
fosse stato in vecchiaia appassionato cultore.
Ma che bisogno c'è di altre parole? Ormai
infatti il discorso dello stesso Catone illustrerà
il nostro pensiero sulla vecchiaia.
II. 4. SCIPIO: Saepe numero admirari soleo II. 4 SCIPIONE: Spesse volte mi è capitato di
cum hoc C. Laelio cum ceterarum rerum tuam meravigliarmi, assieme al qui presente Caio
excellentem, M. Cato, perfectamque Lelio, della tua straordinaria e perfetta
sapientiam, tum vel maxime quod numquam saggezza in tutte le cose, Marco Catone, ma
tibi senectutem gravem esse senserim, quae specie del fatto che non ho mai avuto la

3
Filosofo peripatetico del III secolo a. C., discepolo di Licone, il quale, in un trattatello sulla vecchiaia, narra il mito
di Titone, eroe troiano, figlio di Laomedonte. Amato da Eos (l'Aurora), che aveva ottenuto per lui da Zeus
l'immortalità, ma si era dimenticata di chiedere anche l'eterna giovinezza, divenne vecchio decrepito e fu perciò da lei
rinchiuso nel talamo, dove si trasformò poi in cicala.
4
Catone (Marco Porcio), soprannominato il Vecchio o il Censore, uomo politico romano (Tuscolo 234 - † 149 a.C.).
Nato da una famiglia di contadini, prestò servizio appena diciassettenne durante la seconda guerra punica; tribuno
militare e poi questore in Sicilia nel 205, criticò aspramente i metodi e l'operato del giovane Scipione, collaborando,
però, alla sua spedizione in Africa. Pretore nel 198 in Sardegna, donde portò a Roma il poeta Ennio, ottenne il
consolato nel 195 e nel 184 assunse la censura con Valerio Flacco. Durante questa magistratura, che gli procurò il
soprannome di “Censore” per eccellenza, egli accentuò la lotta contro il lusso e la corruzione dei costumi tradizionali.
Pretese ostinatamente la distruzione di Cartagine, in cui vedeva la pericolosa rivale della potenza romana, terminando
ogni suo discorso in senato con la frase: “Ceterum censeo Carthaginem esse delendam”.
5
Lelio Minóre (Caio), detto Sapiente, uomo politico romano (190 circa - dopo il 129 a.C.). Meritò il soprannome per
gli studi di filosofia stoica, se non forse per la moderazione in campo politico in cui, se nutrì simpatie per le riforme di
tipo graccano, ne avversò sempre l'attuazione con metodi violenti. Forse tribuno della plebe nel 151 a.C., partecipò
con Scipione Emiliano alla presa di Cartagine (146) e l'anno seguente come pretore combatté in Spagna contro
Viriato. Fu infine console nel 140. Membro preminente del circolo degli Scipioni, fu in stretti rapporti con Polibio,
Terenzio, Lucilio e soprattutto con l'Emiliano, di cui pronunciò l'elogio funebre, giunto a noi in parte. Cicerone, che lo
ebbe in grande stima per le doti culturali e umane, lo introdusse come interlocutore del Cato Maior e, quale modello
esemplare di amico, lo fece protagonista del dialogo che da lui prende nome (Laelius de amicitia).
6
Scipione Emiliano Africano Minore Numantino (Publio Cornelio), uomo politico e generale romano (185-184 - Roma
129 a.C.). Figlio di Lucio Paolo Emilio (donde il cognomen di Emiliano) e adottato da Publio Cornelio Scipione, il più
vecchio dei figli dell'Africano Maggiore, formò la sua educazione sulla base dei princìpi tradizionali e dei nuovi valori
spirituali importati dal mondo greco. Polibio e Panezio, insieme con Caio Lelio Minore, gli furono non solo amici, ma
anche maestri di aperture umane e intellettuali. La stima unanime e l'insoddisfazione per la condotta bellica dei
generali designati determinarono nel 147 la sua elezione a console, sebbene non avesse l'età richiesta, con
l'assegnazione del comando della guerra in Africa. Con azione rapida e decisa, Scipione spezzò la disperata resistenza
di Cartagine e la rase al suolo, piangendo, secondo la tradizione, sulle sue rovine, nella constatazione della caducità
della grandezza umana. L'irriducibile resistenza di Numanzia lo ricondusse in Spagna nel 134, dopo essere stato eletto
console per la seconda volta. In otto mesi di assedio ridusse la città ribelle alla fame e la costrinse alla capitolazione
(133), ricevendo per il rapido successo il soprannome di Numantino.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 2 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
plerisque senibus sic odiosa est, ut onus se sensazione che ti sia gravosa la vecchiaia, la
Aetna gravius dicant sustinere. quale alla maggior parte dei vecchi è così
odiosa che dicono di sostenere un peso più
grave dell’Etna.
CATO: Rem haud sane difficilem, Scipio et CATONE: Mi sembra, Scipione e Lelio, che
Laeli, admirari videmini. Quibus enim nihil est voi vi stupiate di una cosa per nulla difficile.
in ipsis opis ad bene beateque vivendum, eis Infatti per coloro che non hanno in se stessi
omnis aetas gravis est; qui autem omnia bona nulla che li aiuti a vivere bene e con serenità
a se ipsi petunt, eis nihil malum potest videri ogni età è gravosa; a quelli invece, che
quod naturae necessitas adferat. Quo in chiedono da sé ogni bene, non può sembrar
genere est in primis senectus, quam ut male nulla che necessità di natura comporti. E
adipiscantur omnes optant, eandem accusant in questo genere di cose vi è innanzitutto la
adeptam; tanta est stultitiae inconstantia atque vecchiaia. Tutti desiderano raggiungerla, poi la
perversitas. Obrepere aiunt eam citius, quam biasimano quando l’hanno raggiunta: tanta è
putassent. Primum quis coegit eos falsum l’incoerenza e la bizzarria della stoltezza!
putare? Qui enim citius adulescentiae senectus Dicono che essa coglie all’improvviso più
quam pueritiae adulescentia obrepit? Deinde presto di quanto avessero creduto. Prima di
qui minus gravis esset eis senectus, si tutto, chi li ha indotti a pensare il falso? Forse
octingentesimum annum agerent quam si che la vecchiaia subentra alla giovinezza più
octogesimum? Praeterita enim aetas quamvis rapidamente di quanto la giovinezza subentra
longa cum effluxisset, nulla consolatio all’infanzia? E poi, quanto meno gravosa
permulcere posset stultam senectutem. sarebbe ad essi la vecchiaia se avessero
ottocento anni piuttosto che ottanta? Infatti una
volta che è passata la vita vissuta, benché
lunga, nessuna consolazione può lenire una
stolta vecchiaia.
5. Quocirca si sapientiam meam admirari 5. Perciò, se siete soliti stupirvi della mia
soletis (quae utinam digna esset opinione saggezza (la quale possa esser degna del vostro
vestra nostroque cognomine!), in hoc sumus giudizio e del mio soprannome!7), sono saggio
sapientes, quod naturam optimam ducem in questo, che io seguo la natura ottima guida
tamquam deum sequimur eique paremus; a come un dio e le obbedisco; non è verosimile
qua non veri simile est, cum ceterae partes che, mentre gli altri periodi della vita sono stati
aetatis bene descriptae sint, extremum actum bene ripartiti, l’ultimo atto sia da essa stato
tamquam ab inerti poeta esse neglectum. Sed trascurato come da un poeta senz’arte. Ma
tamen necesse fuit esse aliquid extremum et, tuttavia era pur necessario che esistesse
tamquam in arborum bacis terraeque fructibus qualcosa di ultimo e, come nei frutti degli
maturitate tempestiva quasi vietum et alberi e nei prodotti della terra, qualcosa quasi
caducum, quod ferundum est molliter sapienti. di vizzo e di caduco per maturità raggiunta;
Quid est enim aliud Gigantum modo bellare cosa che un saggio deve sopportare con
cum dis nisi naturae repugnare? rassegnazione: che altro è infatti il combattere
contro gli dèi al modo dei Giganti8 se non
l’opporsi alla natura?
6. LAELIUS: Atqui, Cato, gratissimum nobis, 6. LELIO: Ebbene, o Catone, farai cosa molto

7
Sapiente.
8
Nati da Gea, la Terra, fecondata dalle gocce del sangue di Urano evirato, i Giganti erano considerati esseri enormi e
dotati di forza invincibile, non immortali, ma vulnerabili solo dai colpi di un dio associato con un mortale. Ribellatisi
agli dei d'Olimpo, poterono essere respinti solo allorché Zeus si alleò con Eracle contro di loro.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 3 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
ut etiam pro Scipione pollicear, feceris, si, gradita a noi, infatti lo chiedo anche a nome di
quoniam speramus, volumus quidem certe Scipione, se impareremo da te molto prima in
senes fieri, multo ante a te didicerimus, quibus che modo possiamo sopportare molto più
facillime rationibus ingravescentem aetatem facilmente l’età che diventa più pesante, dal
ferre possimus. momento che speriamo, o almeno desideriamo,
diventare vecchi.
CATO: Faciam vero, Laeli, praesertim si CATONE: Certamente lo farò, Lelio,
utrique vestrum, ut dicis, gratum futurum est. soprattutto se sarà, come affermi, cosa gradita
per tutti e due.
LAELIUS: Volumus sane, nisi molestum est, LELIO: Vogliamo davvero, se non ti rincresce,
Cato, tamquam longam aliquam viam Catone, vedere come sia questo punto cui sei
confeceris, quam nobis quoque ingrediundum arrivato, come se tu avessi percorso un lungo
sit, istuc, quo pervenisti videre quale sit. cammino, che anche noi dobbiamo
intraprendere.
III. 7. CATO: Faciam, ut potero, Laeli. Saepe III. 7. CATONE: Farò come potrò, Lelio.
enim interfui querellis aequalium meorum -- Spesso, infatti, mi sono trovato in mezzo alle
pares autem, vetere proverbio, cum paribus lamentele dei miei coetanei - infatti, come
facillime congregantur--quae C. Salinator, afferma un vecchio proverbio, i simili si
quae Sp. Albinus, homines consulares nostri accompagnano molto più facilmente coi simili
fere aequales, deplorare solebant, tum quod -, come Caio Salinatore9 o Spurio Albino10, già
voluptatibus carerent sine quibus vitam nullam consoli, quasi miei coetanei, che erano soliti
putarent, tum quod spernerentur ab eis, a lagnarsi ora di essere privi di quei piaceri
quibus essent coli soliti. Qui mihi non id senza i quali giudicavano la vita vuota, ora di
videbantur accusare, quod esset accusandum. essere disprezzati da coloro dai quali solevano
Nam si id culpa senectutis accideret, eadem essere rispettati; mi sembrava che essi
mihi usu venirent reliquisque omnibus incolpassero ciò che non doveva essere
maioribus natu, quorum ego multorum incolpato: infatti, se ciò avvenisse per colpa
cognovi senectutem sine querella, qui se et della vecchiaia, le stesse cose accadrebbero a
libidinum vinculis laxatos esse non moleste me e a tutti gli altri anziani, di molti dei quali
ferrent nec a suis despicerentur. Sed omnium ho sperimentato la vecchiaia priva di
istius modi querellarum in moribus est culpa, lamentele, e che non considerano cosa gravosa
non in aetate. Moderati enim et nec difficiles essere liberati dai legami dei piaceri e non
nec inhumani senes tolerabilem senectutem sono trascurati dai propri amici e parenti. Ma
agunt; importunitas autem et inhumanitas la colpa di tutte le lamentele di questo genere
omni aetati molesta est. sta nei costumi, non nell'età: infatti i vecchi
equilibrati e non intrattabili né sgarbati
trascorrono una vecchiaia sopportabile; invece
l'intrattabilità e la scortesia costituiscono un
peso ad ogni età.
8. LAELIUS: Est, ut dicis, Cato; sed fortasse 8. LELIO: È come dici tu, o Catone; ma forse
dixerit quispiam tibi propter opes et copias et qualcuno dirà che a te la vecchiaia sembra più
dignitatem tuam tolerabiliorem senectutem sopportabile per le tue sostanze, le tue
videri, id autem non posse multis contingere. ricchezze e il tuo prestigio, e che invece ciò
non può toccare a molti.
CATO: Est istuc quidem, Laeli, aliquid, sed CATONE: Eh sì, Lelio, questo è qualcosa, ma

9
Caio Livio Salinatore, figlio del Salinatore che sconfisse Asdrubale al Metauro, console nel 188 a.C.
10
Spurio Postumio Albino, console nel 186 a.C.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 4 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
nequaquam in isto sunt omnia. Ut certo non è tutto. Come si dice che
Themistocles fertur Seriphio cuidam in iurgio Temistocle11 abbia risposto in una disputa con
respondisse, cum ille dixisset non eum sua, sed un tale di Sèrifo12, avendogli questo rinfacciato
patriae gloria splendorem adsecutum: 'Nec che egli aveva raggiunto la fama non per sua
hercule,' inquit, 'si ego Seriphius essem, nec gloria ma per quella della patria: "Né, per
tu, si Atheniensis clarus umquam fuisses.' Ercole, se io fossi di Sèrifo sarei diventato
Quod eodem modo de senectute dici potest. famoso, né tu se fossi stato di Atene." Cosa
Nec enim in summa inopia levis esse senectus che allo stesso modo può applicarsi alla
potest ne sapienti quidem, nec insipienti etiam vecchiaia: infatti né nell'estrema indigenza può
in summa copia non gravis. essere lieve la vecchiaia neppure per il saggio,
né per lo stolto può essere non greve anche
nella più copiosa ricchezza.
9. Aptissima omnino sunt, Scipio et Laeli, 9. In genere, Scipione e Lelio, le più idonee
arma senectutis artes exercitationesque armi della vecchiaia sono le arti e la pratica
virtutum, quae in omni aetate cultae, cum diu delle virtù, le quali, coltivate in ogni età,
multumque vixeris, mirificos ecferunt fructus, quando tu sia vissuto a lungo ed intensamente,
non solum quia numquam deserunt, ne producono frutti meravigliosi, non solo perché
extremo quidem tempore aetatis (quamquam id non lasciano mai soli, neppure nell'ultimo
quidem maximum est), verum etiam quia periodo della vita - benché ciò sia davvero la
conscientia bene actae vitae multorumque cosa più importante - ma anche perché la
bene factorum recordatio iucundissima est. consapevolezza di una vita ben vissuta e il
ricordo di molte buone azioni sono cose
gradevolissime.
IV. 10. Ego Q. Maximum, eum qui Tarentum IV. 10. Ho voluto bene a Quinto Massimo 13,
recepit, senem adulescens ita dilexi, ut quello che riconquistò Taranto, come ad un
aequalem; erat enim in illo viro comitate coetaneo, pur essendo io adolescente e lui già
condita gravitas, nec senectus mores vecchio: vi era infatti in quell'uomo una

11
Temistocle, uomo politico e generale ateniese (Atene 528 circa a.C. - Magnesia al Meandro 462 circa a.C.). Fautore
di Milziade, come conseguì l'arcontato nel 493-492 a.C. promosse la legge per la costruzione del grande porto
fortificato del Pireo, in vista dello sviluppo di Atene sul mare.. Egli fu l'animatore della lotta contro i Persiani, sia nel
campo politico sia in quello militare: contribuì validamente a riunire quasi tutti i Greci contro il nemico comune, ideò
in buona parte il piano di difesa (Termopili, Artemisio), e propugnò la temeraria strategia della vittoriosa battaglia di
Salamina (480). Con manovre non ben chiare, Temistocle nel 471-470 venne ostracizzato. Rifugiatosi ad Argo,
perseverò nella sobillazione degli Stati membri della Lega peloponnesiaca; accusato di medismo (simpatie per i
Persiani) dagli Spartani presso gli Ateniesi e da questi condannato a morte per alto tradimento (468 circa), andò
peregrinando per diverse località della Grecia sempre sotto la minaccia dell'estradizione; infine (465-464) si rifugiò
presso Artaserse I. Morì qualche anno dopo, di malattia secondo Tucidide, suicida secondo Plutarco.
12
Sèrifo, isola della Grecia, nelle Cicladi occidentali, presso la costa orientale. Prevalentemente montuosa, l'isola ha
coste alte e rocciose.
13
Fabio Massimo Verrucóso (Quinto), detto Cunctator(“il Temporeggiatore”) [275 circa - 203 a.C.], console (233,
228, 215, 214, 209) e dittatore romano (217), nipote di Fabio Massimo Gurgite. Nel 233 a.C. vinse i Liguri, nel 232 si
oppose alle leggi agrarie del tribuno Flaminio, nel 218 fu inviato a Cartagine per domandar ragione dell'aggressione a
Sagunto, che fu causa della seconda guerra punica. Eletto dittatore dopo la rotta del Trasimeno (217 a.C.), adottò una
tattica di logoramento: seguiva, attraverso l'Italia, l'esercito cartaginese, tenendosi sulle montagne; prevedendo le
mosse di Annibale, rafforzava a tempo le città minacciate, ne stancava l'esercito con molteplici scaramucce, evitando
sempre la battaglia campale, e ne rendeva difficile l'approvvigionamento. Nell'anno che seguì la tremenda disfatta di
Canne confermò la bontà della sua strategia che, in seguito, fu adottata contro Annibale da tutti i generali, escluso
Scipione. Eletto di nuovo più volte console, Fabio collaborò alla resistenza e alla graduale ripresa di Roma e, nel 209
a.C., rioccupò Taranto, che punì della sua defezione col renderne schiavi i cittadini. Prima di morire, si oppose al
piano di sbarco in Africa proposto da Scipione.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 5 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
mutaverat. Quamquam eum colere coepi non severità condita di cortesia e la vecchiaia non
admodum grandem natu, sed tamen iam aetate ne aveva mutato le abitudini. Per altro
provectum. Anno enim post consul primum cominciai a stimarlo che non era molto
fuerat quam ego natus sum, cumque eo anziano, ma tuttavia già avanti negli anni: era
quartum consule adulescentulus miles ad stato infatti console per la prima volta l'anno
Capuam profectus sum quintoque anno post ad successivo alla mia nascita, e io partii
Tarentum. Quaestor deinde quadriennio post giovanetto soldato per Capua con lui console
factus sum, quem magistratum gessi per la quarta volta e cinque anni dopo per
consulibus Tuditano et Cethego, cum quidem Taranto. Come questore esercitai la
ille admodum senex suasor legis Cinciae de magistratura sotto il consolato di Tuditano14 e
donis et muneribus fuit. Hic et bella gerebat ut Cetego15, proprio quando lui, ormai vecchio,
adulescens, cum plane grandis esset, et fu sostenitore della legge Cincia sui doni e le
Hannibalem iuveniliter exsultantem patientia ricompense16. Egli faceva la guerra come un
sua molliebat; de quo praeclare familiaris ragazzo, pur essendo abbastanza vecchio, e
noster Ennius: con la sua pazienza fiaccava la giovanile
“Unus homo nobis cunctando restituit rem, baldanza di Annibale; di esso scrisse in modo
noenum rumores ponebat ante salutem: Ergo egregio il mio amico Ennio 17:
plusque magisque viri nunc gloria claret.” "Un sol uomo, temporeggiando, ha salvato la
nostra patria;
infatti non anteponeva le chiacchiere alla
nostra salvezza.
Dunque in seguito e sempre di più risplende la
gloria dell'uomo."
11. Tarentum vero qua vigilantia, quo consilio 11. E Taranto, poi, con che attenzione, con che
recepit! cum quidem me audiente Salinatori, accortezza la riconquistò! E fu allora che, alla
qui amisso oppido fugerat in arcem, glorianti mia presenza, rispose ridendo a Salinatore, il
atque ita dicenti; 'Mea opera, Q. Fabi, quale, perduta la città, era rimasto nella rocca,
Tarentum recepisti,' 'Certe,' inquit ridens, e si vantava dicendo: " Per opera mia, Quinto
'nam nisi tu amisisses numquam recepissem.' Fabio, hai riconquistato Taranto!" "Certo:
Nec vero in armis praestantior quam in toga; infatti se tu non l'avessi perduta, mai io l'avrei
qui consul iterum Sp. Carvilio conlega riconquistata!" Inoltre non fu più eccellente
quiescente C. Flaminio tribuno plebis, quoad nelle armi che nella toga: egli, nuovamente

14
Sempronio Tuditano (Publio), uomo politico e generale romano (secc. III -II a.C.). Distintosi nella battaglia di
Canne (216), cui partecipò come tribuno militare, dopo esser stato pretore nel 213 e censore nel 209, nel 205 concluse
con Filippo V di Macedonia la pace di Fenice. L'anno dopo, come console, riportò un notevole successo su Annibale
presso Crotone. Nel 200 infine fece parte dell'ambasceria inviata a Tolomeo V.
15
Cornelio Cetego (Marco) [† 196 a.C.], pontefice massimo, censore (209 a.C.) e console romano (204 a.C.). Quale
proconsole nel 203 costrinse Magone, fratello di Annibale, ad abbandonare la Gallia Cisalpina.
16
Legge proposta dal tribuno Marco Cincio Alimento, che proibiva remunerazioni e doni per il patronato in giudizio
17
Quinto Ennio, poeta latino (Rudiae, od. Rugge, nelle Puglie, 239 - Roma 169 a.C.). Messapico di origine e greco di
educazione, durante la seconda guerra punica combatté come centurione nelle file romane in Sardegna, dove fu
conosciuto da Catone il Censore, di ritorno dall'Africa, e da lui portato a Roma. Quivi condusse una vita modesta e
dedita all'attività letteraria, guadagnandosi il favore degli Scipioni e di altri illustri personaggi che egli iniziò alla
conoscenza della cultura greca. Alla sua morte venne onorato con una statua collocata nella tomba degli Scipioni.
Ennio occupa un posto importante nella letteratura latina, per avere largamente contribuito ad adattare l'eredità della
cultura ellenica alla lingua e allo spirito romano. Suo merito notevole fu la sostituzione dell'antico saturnio con
l'esametro omerico, che divenne il verso più usato nella poesia latina. Appunto in esametri e nella convinzione che in
lui fosse trasmigrata l'anima di Omero, compose la sua opera maggiore, gli Annali, in cui, esaltando la virtù dei
Romani antichi, da una parte diede lustro alle famiglie a cui appartenevano i suoi protettori, dall'altra assurse a poeta
nazionale, cantore delle gesta del suo popolo e della sua missione storica.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 6 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
potuit, restitit agrum Picentem et Gallicum console, mentre il collega Spurio Carvilio18
viritim contra senatus auctoritatem dividenti; rimaneva neutrale, si oppose fino a quando
augurque cum esset, dicere ausus est optimis poté al tribuno della plebe Caio Flaminio19, il
auspiciis ea geri, quae pro rei publicae salute quale, contro il volere del senato, intendeva
gererentur, quae contra rem publicam dividere tra le singole persone l'agro Piceno e
ferrentur, contra auspicia ferri. quello Gallico; ed essendo augure, osò dire che
vengono fatte sotto i migliori auspici le cose
fatte per la salvezza dello Stato; al contrario
quelle che vanno contro lo Stato vanno fatte
sotto auspici sfavorevoli.
12. Multa in eo viro praeclara cognovi; sed 12. Ho riscontrato in quell'uomo molte
nihil admirabilius, quam quo modo ille eccellenti qualità, ma nulla di più ammirabile
mortem fili tulit clari viri et consularis. Est in del modo in cui egli sopportò la morte del
manibus laudatio, quam cum legimus, quem figlio, uomo illustre e già console; è tra le
philosophum non contemnimus? Nec vero ille mani di tutti l'elogio funebre; dopo averlo
in luce modo atque in oculis civium magnus, letto, quale filosofo sarà degno di
sed intus domique praestantior. Qui sermo, considerazione? Né invero egli era grande solo
quae praecepta, quanta notitia antiquitatis, in pubblico e davanti agli occhi dei cittadini,
scientia iuris auguri! Multae etiam, ut in ma ancor più eccellente nella vita privata; che
homine Romano, litterae. Omnia memoria modo di discorrere, che insegnamenti, quanta
tenebat, non domestica solum, sed etiam conoscenza dell'antichità e scienza del diritto
externa bella. Cuius sermone ita tum cupide augurale! E, per essere un Romano, che vasta
fruebar, quasi iam divinarem id quod evenit, cultura letteraria: ricordava non solo tutti gli
illo exstincto, fore, unde discerem, neminem. avvenimenti della patria, ma anche quelli
esteri. Così avidamente godevo del suo
insegnamento, quasi presagissi, cosa che poi
avvenne, che morto lui non ci sarebbe stato più
nessuno da cui imparare.
V. 13. Quorsus igitur haec tam multa de V. 13. Perché allora tante parole su Massimo?
Maximo? Quia profecto videtis nefas esse Perché senza dubbio vedete che sarebbe
dictu miseram fuisse talem senectutem. Nec delittuoso etichettare come infelice una simile
tamen omnes possunt esse Scipiones aut vecchiaia. Tuttavia non tutti possono essere
Maximi, ut urbium expugnationes, ut pedestres degli Scipioni o dei Massimi per ricordarsi
navalesve pugnas, ut bella a se gesta, ut prese di città, battaglie terrestri e navali, guerre
triumphos recordentur. Est etiam quiete et da loro combattute o trionfi. Ma anche la
pure atque eleganter actae aetatis placida ac vecchiaia di una vita vissuta in pace, senza
lenis senectus, qualem accepimus Platonis, qui macchia e virtuosamente, è tranquilla e lieve,

18
Spurio Carvilio Massimo Ruga, già console nel 234 e morto nel 211 a.C.
19
Flaminio (Caio), uomo politico e generale romano († Trasimeno 217 a.C.). Svolse, in opposizione al partito
senatorio, una coraggiosa opera politica in favore soprattutto della classe dei contadini. Tribuno della plebe nel 232,
fece approvare una legge per l'assegnazione delle terre conquistate ai Senoni nel Piceno; pretore nel 227, amministrò
la Sicilia con rara integrità. Console nel 223, vinse i Galli Insubri nella Gallia Cisalpina e, benché accusato d'empietà
perché non aveva atteso la fine delle ferie latine per marciare contro il nemico, ottenne il trionfo contro il volere del
senato per volontà del popolo. Censore nel 220, fece costruire il circo Flaminio e iniziare la Via Flaminia; nel 218
appoggiò, solo tra i senatori, la Lex Claudia. Eletto console, nonostante l'opposizione dei nobili, per la seconda volta
nel 217, avanzò temerariamente contro Annibale che marciava vittorioso sull'Italia centrale. Incontratolo presso il
Trasimeno, si lasciò attrarre in un'imboscata fra il lago e la montagna e perì, dopo aver valorosamente combattuto,
insieme con quasi tutto il suo esercito (23 giugno 217).
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 7 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
uno et octogesimo anno scribens est mortuus, quale sappiamo sia stata quella di Platone, che
qualem Isocratis, qui eum librum, qui morì a ottantuno anni mentre scriveva, o quella
Panathenaicus inscribitur, quarto et di Isocrate20, che dice di aver scritto il libro
nonagesimo anno scripsisse se dicit, vixitque intitolato "Panatenaico" a novantaquattro anni
quinquennium postea; cuius magister e ne visse poi altri cinque; il suo maestro,
Leontinus Gorgias centum et septem complevit Gorgia da Lentini21, compì centosette anni e
annos neque umquam in suo studio atque non smise mai di studiare lavorare; e quando
opere cessavit. Qui, cum ex eo quaereretur, gli si chiedeva perché volesse vivere tanto a
cur tam diu vellet esse in vita, 'Nihil habeo,' lungo, rispondeva: "Non ho nulla di cui
inquit, 'quod accusem senectutem.' incolpare la vecchiaia!". Risposta magnifica e
Praeclarum responsum et docto homine degna di un uomo colto!
dignum.
14. Sua enim vitia insipientes et suam culpam 14. Infatti gli stolti attribuiscono alla vecchiaia
in senectutem conferunt, quod non faciebat is, i propri vizi e le proprie mancanze. Cosa che
cuius modo mentionem feci, Ennius: non faceva colui di cui feci menzione poco fa,
‘Sicut fortis equus, spatio qui saepe supremo Ennio:
vicit Olympia, nunc senio confectus quiescit.’ "Come un focoso destriero, che spesso nel
Equi fortis et victoris senectuti comparat tratto finale vinse ad Olimpia, ora riposa
suam. Quem quidem probe meminisse potestis; sfinito dalla vecchiaia...".
anno enim undevicesimo post eius mortem hi Egli paragona la sua vecchiaia a quella di un
consules T. Flamininus et M'. Acilius facti cavallo forte e vittorioso. Voi lo potete di certo
sunt; ille autem Caepione et Philippo iterum ben ricordare: infatti diciannove anni dopo la
consulibus mortuus est, cum ego quinque et sua morte furono eletti gli attuali consoli Tito
sexaginta annos natus legem Voconiam magna Flaminino e Marco Acilio; egli poi morì
voce et bonis lateribus suasissem. Annos quando erano consoli Cepione e, per la
septuaginta natus (tot enim vixit Ennius) ita seconda volta, Filippo22, quando io, allora
ferebat duo, quae maxima putantur onera, sessantacinquenne, sostenni a voce alta e con
paupertatem et senectutem, ut eis paene buoni polmoni la legge Voconia.23 Ma a
delectari videretur. sessant'anni - tanti infatti ne visse Ennio -
sopportava i due pesi che sono ritenuti i più
gravosi, la povertà e la vecchiaia, in una
maniera tale da sembrare quasi compiacersene.
15. Etenim, cum complector animo, quattuor 15. In realtà, quando riassumo (la questione)
reperio causas, cur senectus misera videatur: nel mio animo, trovo quattro ragioni per le
unam, quod avocet a rebus gerendis; alteram, quali la vecchiaia appare infelice: la prima,
quod corpus faciat infirmius; tertiam, quod perché allontana dalle attività; la seconda,
privet fere omnibus voluptatibus; quartam, perché rende il corpo più debole; la terza,

20
Isòcrate, oratore ateniese (436-338 a.C.). Il conflitto scoppiato tra Atene e Tebe e Filippo II di Macedonia troncò le
sue illusioni di realizzare un piano di concordia nell’Elladei, lasciandogli il rimpianto per la grandezza passata di
Atene, in certo qual modo compensato dalla fiducia nella pace interna e in un'imminente spedizione contro la Persia
(Panatenaico). Si spense a novantotto anni, poco dopo la battaglia di Cheronea, lasciandosi morire di fame, secondo la
tradizione, per non sopravvivere alla rovina della patria.
21
Gòrgia, oratore e filosofo greco (Lentini, Sicilia, 483 circa a.C. - Larissa, Tessaglia, 380 circa), retore e sofista,
maestro di Isocrate.
22
Nel 169 a.C.
23
Voconia (Lex), plebiscito del tribuno Q. Voconio Saxa del 169 a.C. che escludeva le donne (eccettuate le vestali)
dalla possibilità di essere istituite eredi da parte dei cittadini appartenenti alla prima classe di censo. Frequentemente
eluso, poi caduto in desuetudine, il plebiscito fu abolito da Giustiniano.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 8 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
quod haud procul absit a morte. Earum, si perché priva di quasi tutti i piaceri; la quarta,
placet, causarum quanta quamque sit iusta perché non è molto lontana dalla morte. Di tali
una quaeque, videamus. ragioni, se vi aggrada, vediamo ora quanto sia
fondata ciascuna.
VI. A rebus gerendis senectus abstrahit. VI. La vecchiaia allontana dalle attività – Da
Quibus? An eis, quae iuventute geruntur et quali? Da quelle che si compiono in gioventù e
viribus? Nullaene igitur res sunt seniles quae, con le energie? Forse non ve n’è nessuna
vel infirmis corporibus, animo tamen senile che, anche col corpo debole, si possa
administrentur? Nihil ergo agebat Q. tuttavia esercitare con la mente? Non faceva
Maximus, nihil L. Paulus, pater tuus, socer nulla, dunque, Quinto Massimo, niente Lucio
optimi viri, fili mei? Ceteri senes, Fabricii, Paolo24, tuo padre, suocero di quell’eccellente
Curii, Coruncanii, cum rem publicam consilio uomo di mio figlio?. E gli altri vecchi, i
et auctoritate defendebant, nihil agebant? Fabrizi25, i Curii26, i Coruncani27, non
facevano niente quando difendevano con
giudizio ed autorità lo Stato?
16. Ad Appi Claudi senectutem accedebat 16. Alla vecchiaia di Appio Claudio28 si
etiam, ut caecus esset; tamen is, cum sententia aggiungeva anche il fatto di essere cieco;
senatus inclinaret ad placem cum Pyrrho tuttavia egli, quando il parere del senato
foedusque faciendum, non dubitavit dicere illa, propendeva a stipulare la pace con Pirro ed a
quae versibus persecutus est Ennius: farselo alleato, non esitò a pronunciare quelle
‘Quo vobis mentes, rectae quae stare solebant parole che Ennio espose in versi:
antehac, dementis sese flexere viai?’ “Dove le vostre menti, che finora solevano
ceteraque gravissime; notum enim vobis rimanere diritte, piegarono dementi il
carmen est; et tamen ipsius Appi exstat oratio. cammino?”
Atque haec ille egit septimo decimo anno post e tutto il resto con molta severità; vi è infatti
alterum consulatum, cum inter duos noto il poema; e del resto esiste ancora il

24
Paolo Emilio Macedonico (Lucio), uomo politico e generale romano (228 a.C. circa - 160 a.C.). Padre di Publio
Cornelio Scipione Emiliano e di Quinto Fabio Massimo Emiliano. Sua figlia aveva sposato Marco Porcio Catone
Liciniano, figlio primogenito di Catone. Console nel 182, combatté contro i Liguri Ingauni, ottenendo il trionfo (181).
Di nuovo console nel 168 a.C., ebbe il comando supremo delle operazioni contro Perseo di Macedonia, che sbaragliò
nella battaglia di Pidna (22 giugno), concludendo così la terza guerra macedonica. Il suo trionfo, memorabile per
l'abbondanza e lo splendore del bottino, fu rattristato dalla morte dei due figli minori. Sensibile alla cultura ellenistica
e fedele al tempo stesso alla tradizione romana, geniale stratego e amministratore competente, oltre che disinteressato,
fu uno dei personaggi più ragguardevoli del tempo.
25
Fabrizio Luscino (Caio), console nel 282 e nel 278 a.C., considerato un esempio tipico della semplicità e dell'onestà
degli antichi Romani. Inviato a negoziare con Pirro dopo la battaglia di Eraclea (280), non si lasciò corrompere né
dalle offerte né dalle minacce del re, che lo ammirava e desiderava accattivarselo. Secondo una tradizione, più tardi,
da nemico leale, avvertì Pirro che il suo medico gli aveva proposto di avvelenarlo. Morì povero, tanto che il senato
sposò sua figlia a spese dello Stato, e venne seppellito, contro le usanze e le leggi vigenti, entro le mura della città.
26
Curio Dentato (Manio), uomo politico e generale romano († 270 a.C.). Tre volte console e due volte onorato del
trionfo, vinse i Sanniti, i Bruzi, i Lucani, i Sabini, i Galli Senoni e infine Pirro nella battaglia di Benevento (275 a.C.).
Intorno alla sua persona, rimasta famosa nella tradizione romana per la frugalità dei costumi e l'incorruttibilità,
sorsero numerosi aneddoti: sopra tutti noto quello secondo cui, avendogli i Sanniti offerto vasi d'oro, egli rifiutò,
asserendo che preferiva comandare a coloro che possedevano l'oro, piuttosto che averlo lui stesso.
27
Coruncanio (Tiberio), giureconsulto romano del III sec. a.C. Console nel 280, per primo si mise a insegnare
pubblicamente il diritto (publice profiteri). Verso il 254 fu eletto pontefice massimo e fu il primo plebeo a ricoprire tale
carica. Di lui nessuno scritto ci è pervenuto. Morì molto vecchio.
28
Claudio (Appio Cieco), patrizio romano (secc. IV -III a.C.). Percorse una brillante carriera politica: tre volte tribuno
militare, questore, due volte edile curule, tre volte pretore, interrege, censore (310 a.C.), due volte console (307 e 296
a.C.), dittatore. Più che uomo di guerra fu un grande politico, un amministratore di somma abilità e, nel campo
intellettuale, uno spirito dotato di una cultura superiore al suo tempo e al suo ambiente.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 9 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
consulatus anni decem interfuissent, censorque discorso dello stesso Appio. Eppure egli fece
ante superiorem consulatum fuisset; ex quo queste cose diciassette anni dopo il secondo
intellegitur Pyrrhi bello grandem sane fuisse; consolato, quando erano trascorsi dieci anni tra
et tamen sic a patribus accepimus. i due consolati ed era stato censore prima del
consolato iniziale; da ciò si capisce che era
abbastanza anziano durante la guerra di Pirro;
e tuttavia così abbiamo appreso dai nostri
padri.
17. Nihil igitur adferunt qui in re gerenda 17. Nulla dunque portano a sostegno coloro
versari senectutem negant, similesque sunt ut che affermano che la vecchiaia non può
si qui gubernatorem in navigando nihil agere prender parte alla vita pubblica, e sono simili a
dicant, cum alii malos scandant, alii per foros chi dicesse che il timoniere non fa nulla
cursent, alii sentinam exhauriant, ille autem durante la navigazione, perché alcuni si
clavum tenens quietus sedeat in puppi, non arrampicano sugli alberi, altri corrono per il
faciat ea quae iuvenes. At vero multo maiora ponte, altri svuotano la sentina, egli invece se
et meliora facit. Non viribus aut velocitate aut ne sta tranquillo seduto a poppa reggendo il
celeritate corporum res magnae geruntur, sed timone. Non fa le cose che fanno i giovani, ma
consilio, auctoritate, sententia; quibus non molte di più e di migliori: le cose importanti
modo non orbari, sed etiam augeri senectus non vengono compiute con le forze, la rapidità
solet. o l’agilità del corpo, ma col senno, l’autorità,
la capacità di giudizio, di cui la vecchiaia di
solito non solo non si priva, anzi si arricchisce.
18. Nisi forte ego vobis, qui et miles et 18. A meno che, dopo aver io partecipato da
tribunus et legatus et consul versatus sum in soldato semplice, da tribuno, da luogotenente e
vario genere bellorum, cessare nunc videor, da console a varie specie di guerre, vi sembri
cum bella non gero. At senatui, quae sint che ora me ne stia inerte perché ho smesso di
gerenda, praescribo et quo modo; Karthagini combattere. Ma consiglio al senato quali
male iam diu cogitanti bellum multo ante guerre siano da combattere e in che modo: a
denuntio; de qua vereri non ante desinam Cartagine, che già da tempo trama contro di
quam illam excisam esse cognovero. noi, molto prima dichiaro guerra: non smetterò
di temerla prima di averla saputa rasa al suolo.
19. Quam palmam utinam di immortales, 19. Vogliano gli dei immortali, o Scipione,
Scipio, tibi reservent, ut avi reliquias riservarti questa palma, perché tu possa portare
persequare! cuius a morte tertius hic et a termine l’impresa lasciata incompiuta di tuo
tricesimus annus est, sed memoriam illius viri nonno29! Dalla sua morte sono passati trentatré
omnes excipient anni consequentes. Anno ante anni, ma tutti gli anni a venire serberanno il
me censorem mortuus est, novem annis post ricordo di quell’uomo. Morì l’anno prima che
meum consulatum, cum consul iterum me io divenissi censore, nove anni dopo il mio
consule creatus esset. Num igitur, si ad consolato e fu eletto console per la seconda
centesimum annum vixisset, senectutis eum volta mentre io ero console. Forse che se fosse
suae paeniteret? Nec enim excursione nec vissuto fino a cento anni si sarebbe
saltu nec eminus hastis aut comminus gladiis rammaricato della sua vecchiaia? Certo non
uteretur, sed consilio, ratione, sententia; quae avrebbe praticato la corsa, il salto, né il lancio
nisi essent in senibus, non summum consilium del giavellotto o il corpo a corpo con le spade,

29
L’impresa incompiuta è la battaglia di Zama del 202 a.C., combattuta dall’Africano e che non portò ancora alla
definitiva rovina della cittò di Cartagine.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 10 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
maiores nostri appellassent senatum. ma il senno, l’intelletto, la capacità di giudizio.
Se queste qualità non fossero presenti nei
vecchi, i nostri antenati non avrebbero
chiamato “senato” il supremo consesso.
20. Apud Lacedaemonios quidem ei, qui 20. Inoltre presso gli Spartani coloro che
amplissimum magistratum gerunt, ut sunt, sic reggono il più elevato magistero, come sono,
etiam nominantur senes. Quod si legere aut così sono detti “anziani”. Se poi volete leggere
audire voletis externa, maximas res publicas o ascoltare la storia delle nazioni straniere,
ab adulescentibus labefactatas, a senibus troverete che grandissimi Stati, mandati alla
sustentatas et restitutas reperietis. rovina dai giovani, dai vecchi sono stati
sostenuti e rimessi in sesto.
‘Cedo, qui vestram rem publicam tantam “Dite, come avete perduto in così poco tempo
amisistis tam cito?’ il nostro Stato così potente?”
Sic enim percontantur in Naevi poetae Ludo. Così infatti domandano nel “Ludo” del poeta
Respondentur et alia et hoc in primis: Nevio30; tra le altre risposte, vi è anzitutto
‘Proveniebant oratores novi, stulti questa:
adulescentuli.’ “Spuntavano nuovi oratori, stolti giovincelli.”
Temeritas est videlicet florentis aetatis, Giustamente: la temerarietà è tipica dell’età in
prudentia senescentis. fiore, la saggezza di quella al declino.
VII. 21. At memoria minuitur. Credo, nisi eam VII. 21. Ma la memoria diminuisce –
exerceas, aut etiam si sis natura tardior. Certamente, se non la tieni in esercizio, o
Themistocles omnium civium perceperat anche se per natura sei un po’ tardo.
nomina; num igitur censetis eum, cum aetate Temistocle sapeva a memoria il nome di tutti i
processisset, qui Aristides esset, Lysimachum suoi concittadini; ebbene, credete forse che,
salutare solitum? Equidem non modo eos novi, avanzato negli anni, solesse salutare come
qui sunt, sed eorum patres etiam et avos, nec Lisimaco chi era Aristide? Quanto a me, non
sepulcra legens vereor, quod aiunt, ne solo conosco quelli che ora sono vivi, ma
memoriam perdam; his enim ipsis legendis in anche i loro padri e i loro nonni, e non ho
memoriam redeo mortuorum. Nec vero paura, quando leggo gli epitaffi sui sepolcri, di
quemquam senem audivi oblitum, quo loco perdere, come si dice, la memoria: infatti,
thesaurum obruisset; omnia, quae curant, quando li leggo, rinnovo il ricordo dei morti. E
meminerunt; vadimonia constituta, quis sibi, in verità non ho mai sentito di nessun vecchio
cui ipsi debeant. che avesse dimenticato dove aveva nascosto il
tesoro; ricordano tutto ciò che hanno a cuore,
gli impegni presi di comparire davanti al
magistrato, i loro debitori e i loro creditori.
22. Quid iuris consulti, quid pontifices, quid 22. E i giureconsulti, e i pontefici, e gli àuguri,
augures, quid philosophi senes, quam multa e i filosofi, quante cose ricordano pur da
meminerunt! Manent ingenia senibus, modo vecchi! Nei vecchi rimangono le capacità
permaneat studium et industria, neque ea intellettuali, purché rimangano l’applicazione e
solum in claris et honoratis viris, sed in vita l’operosità, e ciò non solo negli uomini famosi

30
Nevio (Gneo), poeta latino (275-270 a.C. circa - Utica 201 a.C.). Campano di provenienza, forse di Capua, e,
presumibilmente, plebeo di origine, ma schietto romano di sentimenti, combatté nella prima guerra punica ed ebbe viva
sensibilità per la vita politica del tempo. Con spirito aristofanesco mise alla gogna alcuni potenti nobili e, tra essi,
Scipione l'Africano e i Metelli. Poeta versatile e geniale innovatore, accanto alle tragedie di tipo greco diede i primi
esempi di praetextae (Romulus e Clastidium), mentre nell'epica diede a Roma il primo poema nazionale, il Bellum
poenicum in versi saturni.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 11 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
etiam privata et quieta. Sophocles ad summam ed altolocati, ma anche nella vita privata e
senectutem tragoedias fecit; quod propter tranquilla. Sofocle31 compose tragedie sino
studium cum rem neglegere familiarem all’estremo limite della vecchiaia; poiché per
videretur, a filiis in iudicium vocatus est, ut, questa sua passione sembrava trascurare il
quem ad modum nostro more male rem patrimonio di famiglia, fu citato in giudizio dai
gerentibus patribus bonis interdici solet, sic figli affinché, allo stesso modo in cui secondo
illum quasi desipientem a re familiari il nostro costume si è soliti interdire i padri che
removerent iudices. Tum senex dicitur eam male amministrano il patrimonio, così i giudici
fabulam, quam in manibus habebat et proxime lo allontanassero, come se fosse un
scripserat, Oedipum Coloneum, recitasse rimbambito, dal patrimonio domestico; allora
iudicibus quaesisseque, num illud carmen si narra che il vecchio recitasse davanti ai
desipientis videretur. Quo recitato sententiis giudici quella tragedia che aveva tra le mani e
iudicum est liberatus. che da poco aveva composto, l’Edipo a
Colono, e chiedendo poi se ad essi quel carme
sembrava opera di un rimbambito; dopo averla
declamata, fu prosciolto dalla sentenza dei
giudici.
23. Num igitur hunc, num Homerum, 23. Forse dunque lui, forse Omero, Esiodo,
Hesiodum, Simonidem, Stesichorum, num, Simonide, Stesicoro, forse quelli che ho citato
quos ante dixi, Isocraten, Gorgian, num prima, Isocrate e Gorgia, forse i primi tra i
philosophorum principes, Pythagoram, filosofi, Pitagora, Democrito, Platone,
Democritum, num Platonem, num Xenocraten, Senocrate, forse poi Zenone, Cleante e quello
num postea Zenonem, Cleanthem, aut eum, che anche voi avete visto a Roma, Diogene lo
quem vos etiam vidistis Romae, Diogenem stoico32, li ridusse la vecchiaia al silenzio nei
Stoicum, coegit in suis studiis obmutescere loro studi? O in tutti la pratica degli studi non
senectus? An in omnibus studiorum agitatio durò quanto la vita?
vitae aequalis fuit?
24. Age, ut ista divina studia omittamus, 24. Ebbene, per tralasciare questi studi divini,
possum nominare ex agro Sabino rusticos potrei citare i contadini romani dell’agro
Romanos, vicinos et familiares meos, quibus sabino, miei vicini ed amici, in assenza dei
absentibus numquam fere ulla in agro maiora quali non si esegue quasi mai nessun lavoro
opera fiunt, non serendis, non percipiendis, nei campi di una certa importanza, non si
non condendis fructibus. Quamquam in aliis semina, non si raccolgono i frutti né si mettono
minus hoc mirum est; nemo enim est tam senex da parte. Benché in essi ci sia meno da
qui se annum non putet posse vivere: sed idem meravigliarsi: nessuno infatti è vecchio a tal
in eis elaborant quae sciunt nihil ad se omnino punto da non ritenere di poter vivere ancora un
pertinere. anno; ma essi si danno da fare anche in cose
che sanno che in nessun modo possono essere
loro utili:
‘Serit arbores, quae alteri saeclo prosint.’ “Pianta alberi, che saranno utili alla
Ut ait Statius noster in Synephebis. generazione ventura.”
Come dice il nostro Stazio33 [nei Sinefebi.

31
Sofocle, uno dei massimi poeti tragici greci (Colono 497-496- Atene 406 a.C.). Di lui ci sono rimaste solo sette
tragedie..
32
Poeti, oratori e filosofi dell’antica Grecia.
33
Cecilio Stazio, poeta comico latino di origine gallica (219 circa - 166 a.C.). Delle sue quaranta commedie, imitate
soprattutto da Menandro, non restano che frammenti. Sue caratteristiche furono l'approfondimento della psicologia dei
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 12 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
25. Nec vero dubitat agricola, quamvis sit 25. E in verità l’agricoltore, per quanto
senex, quaerenti, cui serat respondere: 'Dis vecchio sia, non esita a rispondere a chi gli
immortalibus, qui me non accipere modo haec chiede per chi sta seminando: “Per gli dei
a maioribus voluerunt, sed etiam posteris immortali, i quali hanno voluto che non solo
prodere.' ricevessi queste cose dai miei avi, ma anche
che le trasmettessi ai miei discendenti.”
VIII. Et melius Caecilius de sene alteri saeclo VIII. E Cecilio (Stazio) circa il vecchio che sta
prospiciente quam illud idem: attento alla generazione ventura, dice meglio
‘Edepol, senectus, si nil quicquam aliud viti di quando dice:
adportes tecum, cum advenis, unum id sat est, “Per Polluce, vecchiaia, se non portassi con te
quod diu vivendo multa, quae non volt, videt’ nessun altro male quando arrivi, questo solo
et multa fortasse, quae volt; atque in ea, quae basterebbe: che vivendo a lungo si vedono
non volt, saepe etiam adulescentia incurrit. molte cose che non si vorrebbero vedere”,
Illud vero idem Caecilius vitiosius: e molte forse che si vorrebbero vedere! Ma
spesso anche la giovinezza si imbatte in cose
in cui non vorrebbe imbattersi. Ed ecco Cecilio
in modo ancor più erroneo:
‘Tum equidem in senecta hoc deputo “Inoltre nella vecchiaia questo penso sia il
miserrimum, sentire ea aetate eumpse esse male peggiore: accorgersi in quella età di
odiosum alteri.’ essere di peso agli altri.”
26. Iucundum potius quam odiosum. Ut enim 26. Gradito più che di peso! Come infatti i
adulescentibus bona indole praeditis sapientes vecchi saggi provano diletto dai giovani dotati
senes delectantur, leviorque fit senectus eorum di buon carattere e più lieve si rende la
qui a iuventute coluntur et diliguntur, sic vecchiaia di coloro che sono rispettati ed amati
adulescentes senum praeceptis gaudent, dalla gioventù, così i giovani traggono
quibus ad virtutum studia ducuntur; nec minus vantaggio dagli insegnamenti dei vecchi, dai
intellego me vobis quam mihi vos esse quali vengono guidati alla pratica delle virtù; e
iucundos. Sed videtis, ut senectus non modo so di essere a voi gradito non meno di quanto
languida atque iners non sit, verum etiam sit voi lo siate a me. Perciò vedete come la
operosa et semper agens aliquid et moliens, vecchiaia non solo non sia fiacca ed inoperosa,
tale scilicet quale cuiusque studium in ma invece attiva e sempre intenta a fare
superiore vita fuit. Quid qui etiam addiscunt qualcosa e ad affaccendarsi, naturalmente
aliquid? ut et Solonem versibus gloriantem secondo quale sia stata l’attitudine di ciascuno
videmus, qui se cotidie aliquid addiscentem nella vita passata. E quelli che aggiungono
dicit senem fieri, et ego feci qui litteras qualcosa a ciò che già conoscono? Come ad
Graecas senex didici; quas quidem sic avide esempio vediamo vantarsi in versi Solone34, il
arripui quasi diuturnam sitim explere cupiens, quale afferma di diventare vecchio imparando
ut ea ipsa mihi nota essent quibus me nunc ogni giorno qualcosa di più, ed anche io l’ho
exemplis uti videtis. Quod cum fecisse fatto, io che da vecchio ho studiato la
Socratem in fidibus audirem, vellem equidem letteratura greca; e mi ci sono applicato con
etiam illud (discebant enim fidibus antiqui), tanta avidità, come fossi desideroso di
sed in litteris certe elaboravi. estinguere una lunga sete, che ora mi sono note
quelle stesse cose di cui ora mi vedete fare uso

personaggi, la predilezione per le sentenze morali e una vena di pensosa malinconia originata da una dolorosa
esperienza di vita. Letterariamente può essere collocato tra Plauto e Terenzio.
34
Solone, legislatore e poeta ateniese (640 circa - 560 circa a.C.). divise i cittadini in base al censo in quattro classi,
assegnando diritti e oneri in proporzione delle possibilità economiche.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 13 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
come esempi. E sentendo che ciò ha fatto
Socrate con la cetra35, avrei voluto farlo anche
io – infatti gli antichi imparavano a suonare la
cetra -, ma almeno mi sono dedicato alle
lettere.
IX. 27. Ne nunc quidem vires desidero IX. 27. E neppure ora rimpiango le forze di un
adulescentis (is enim erat locus alter de vitiis giovane – questo era infatti il secondo punto
senectutis), non plus quam adulescens tauri circa i difetti della vecchiaia – non più di
aut elephanti desiderabam. Quod est, eo decet quanto, da giovane, non desiderassi quelle di
uti et, quicquid agas, agere pro viribus. Quae un toro o di un elefante. È giusto fare uso di
enim vox potest esse contemptior quam quel che c’è e qualunque cosa tu faccia farla
Milonis Crotoniatae? qui, cum iam senex esset secondo le forze. Quale discorso, infatti, può
athletasque se exercentes in curriculo videret, essere più spregevole di quello di Milone di
aspexisse lacertos suos dicitur inlacrimansque Crotone36? Il quale, essendo ormai vecchio e
dixisse: 'At hi quidem mortui iam sunt.' Non vedendo degli atleti allenarsi in palestra, si
vero tam isti quam tu ipse, nugator; neque dice che abbia volto lo sguardo ai suoi muscoli
enim ex te umquam es nobilitatus, sed ex e piangendo abbia detto: “Ma questi ormai
lateribus et lacertis tuis. Nihil Sex. Aelius tale, sono di certo morti”. In verità non tanto essi
nihil multis annis ante Ti. Coruncanius, nihil quanto tu stesso, sciocco! Mai infatti sei stato
modo P. Crassus, a quibus iura civibus reso celebre da te stesso, ma per mezzo dei
praescribebantur, quorum usque ad extremum tuoi polmoni e dei tuoi muscoli, Nulla di
spiritum est provecta prudentia. simile disse Sesto Elio37, nulla molti anni
prima Tiberio Coruncanio, nulla di recente
Publio Crasso38, dai quali venivano impartite
prescrizioni giuridiche ai cittadini; la loro
competenza si protrasse fino all’ultimo respiro.
28. Orator metuo ne languescat senectute; est 28. L’oratore, temo, s’indebolisce con la
enim munus eius non ingeni solum, sed vecchiaia; il suo impegno infatti non consiste
laterum etiam et virium. Omnino canorum solo nell’intelletto, ma anche nei polmoni e
illud in voce splendescit etiam nescio quo nelle forze. In verità la sonorità della voce ha
pacto in senectute, quod equidem adhuc non un vivo spicco, non so in che modo, anche
amisi, et videtis annos. Sed tamen est decorus nella vecchiaia; da parte mia finora non l’ho
seni sermo quietus et remissus, factique per se perduto, e voi vedete gli anni che ho. Ma
ipsa sibi audientiam diserti senis composita et tuttavia si addice ad un vecchio un parlare
mitis oratio. Quam si ipse exsequi nequeas, garbato e tranquillo, e un discorso pacato e
possis tamen Scipioni praecipere et Laelio. disteso di un vecchio eloquente si fa ascoltare
Quid enim est iucundius senectute stipata di per se stesso. Se non potessi farlo, potresti
studiis iuventutis? tuttavia dare insegnamenti a Scipione ed a

35
Socrate avrebbe appreso a suonare la cetra solo in vecchiaia.
36
Milone di Crotone, atleta greco (seconda metà del VI sec. a.C.). Forse tra il 540 e il 516 a.C. riportò numerose
vittorie nelle gare di lotta. La leggenda gli attribuì prodezze eccezionali come quella di correre portando sulle spalle un
bove, di abbattere un toro con un pugno e di mangiarlo tutto in un giorno.
37
Elio (Sesto Peto Cato), giurista romano, console nel 198 a.C., autore di una preziosa raccolta di diritto, detta
Tripartita perché divisa in tre parti.
38
Crasso (Publio Licinio Divite [“il Ricco”]), uomo politico e generale romano dei secc. III -IIa.C., considerato uno
dei personaggi più ragguardevoli del suo tempo, per la felice mescolanza di cultura, di facondia e di perizia militare.
Ricoprì le più alte cariche politiche nella seconda metà della seconda guerra punica, durante la quale come proconsole
combatté nel Bruzio contro lo stesso Annibale. Morì nel 183 a.C.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 14 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
Lelio: cosa vi è infatti di più piacevole di una
vecchiaia circondata dagli ardori della
gioventù?
29. An ne illas quidem vires senectuti 29. Forse che non lasceremo alla vecchiaia
relinquemus, ut adulescentis doceat, instituat, neppure tali forze, da istruire, formare,
ad omne offici munus instruat? Quo quidem preparare i giovani ad assolvere ad ogni
opere quid potest esse praeclarius? Mihi vero dovere? Cosa in verità può esservi più nobile
et Cn. et P. Scipiones et avi tui duo, L. di questo incarico? Certo Gneo e Publio
Aemilius et P. Africanus, comitatu nobilium Scipione39 e i tuoi due nonni, Lucio Emilio e
iuvenum fortunati videbantur nec ulli bonarum Publio Africano, mi sembravano fortunati per
artium magistri non beati putandi, quamvis il seguito di nobili giovani, né alcun maestro di
consenuerint vires atque defecerint. Etsi ipsa arti liberali non deve essere considerato felice,
ista defectio virium adulescentiae vitiis benché le forze si siano invecchiate e lo
efficitur saepius quam senectutis; libidinosa abbiano abbandonato. Del resto questo stesso
enim et intemperans adulescentia effetum venir meno delle forze avviene più spesso per i
corpus tradit senectuti. vizi della giovinezza che della vecchiaia:
infatti una giovinezza dissoluta ed
intemperante consegna alla vecchiaia un corpo
svigorito.
30. Cyrus quidem apud Xenophontem eo 30. Ciro, poi, come scrive Senofonte40 [], nel
sermone, quem moriens habuit, cum admodum discorso che tenne in punto di morte, quando
senex esset, negat se umquam sensisse era molto vecchio, afferma di non essersi mai
senectutem suam imbecilliorem factam, quam accorto che la sua vecchiaia fosse diventata
adulescentia fuisset. Ego L. Metellum memini priva di forze più di quanto non lo fosse la sua
puer, qui cum quadriennio post alterum giovinezza. Ricordo che quando io ero
consulatum pontifex maximus factus esset fanciullo, Lucio Metello41, il quale, essendo
viginti et duos annos ei sacerdotio praefuit, ita stato nominato pontefice massimo quattro anni
bonis esse viribus extremo tempore aetatis, ut dopo il suo secondo consolato, esercitò tale
adulescentiam non requireret. Nihil necesse sacerdozio per ventidue anni, era in forze così
est mihi de me ipso dicere, quamquam est id vigorose nell’ultimo periodo della vita, da non
quidem senile aetatique nostrae conceditur. rimpiangere la giovinezza. Non è necessario
che io dica nulla di me stesso, benché proprio
ciò sia cosa da vecchi e venga concesso alla
nostra età.
X. 31. Videtisne, ut apud Homerum saepissime X. 31. Non vedete come in Omero molto
Nestor de virtutibus suis praedicet? Tertiam spesso Nestore42 si vanti delle proprie virtù?
iam enim aetatem hominum videbat, nec erat Ormai vedeva infatti la terza generazione di
ei verendum ne vera praedicans de se nimis uomini, e non doveva aver timore, vantandosi

39
Gneo Cornelio Scipione Calvo e Publio Cornelio Scipione, figli di Lucio Cornelio Scipione (console nel 259),
entrambi morti combattendo in Spagna.
40
Senofonte, storico e poligrafo ateniese (Erchia, Atene, 430 circa - 354 a.C.). Nella Ciropediai narrò la vita e le gesta
di Ciro il Grande, re dei Persiani
41
Cecilio Metello (Lucio), generale e uomo politico romano († 221 a.C.). Console nel 251 e nel 247 a.C., comandante
della cavalleria in Sicilia (249), pontefice massimo dal 243 al 221, dittatore nel 224, riportò una splendida vittoria
sull'esercito cartaginese fornito di elefanti sotto le mura di Palermo (250) e, secondo la tradizione, perdette la vista nel
241 a.C. nel tentativo di salvare il Palladio dall'incendio del tempio di Vesta.
42
Il vecchio e saggio re di Pilo, consigliere di Agamennone.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 15 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
videretur aut insolens aut loquax. Etenim, ut di cose vere, di sembrare troppo arrogante o
ait Homerus, 'ex eius lingua melle dulcior loquace: e infatti, come dice Omero, “dalla sua
fluebat oratio,' quam ad suavitatem nullis lingua il discorso fluiva più dolce del miele.”
egebat corporis viribus. Et tamen dux ille Per tale dolcezza non aveva bisogno di alcuna
Graeciae nusquam optat, ut Aiacis similis forza del corpo; e tuttavia quel grande
habeat decem, sed ut Nestoris; quod si sibi condottiero della Grecia43 in nessun luogo
acciderit, non dubitat, quin brevi sit Troia preferisce disporre di dieci condottieri simili
peritura. ad Aiace44, ma a Nestore; e se ciò gli
accadesse, non ha dubbi che Troia sarebbe
espugnata in breve tempo.
32. Sed redeo ad me. Quartum ago annum et 32. Ma torniamo a me: sono
octogesimum; vellem equidem idem possem nell’ottantaquattresimo anno di età; vorrei
gloriari quod Cyrus, sed tamen hoc queo davvero potermi vantare della stessa cosa di
dicere, non me quidem eis esse viribus, quibus cui si vanta Ciro, ma tuttavia questo posso
aut miles bello Punico aut quaestor eodem dire, che non ho di certo quelle energie che
bello aut consul in Hispania fuerim aut avevo da soldato semplice durante la guerra
quadriennio post, cum tribunus militaris Punica o da console in Spagna o quattro anni
depugnavi apud Thermopylas M'. Glabrione dopo, quando combattei strenuamente come
consule; sed tamen, ut vos videtis, non plane tribuno militare alle Termopili sotto il console
me enervavit, non adflixit senectus, non curia Manio Acilio Glabrione45, ma tuttavia, come
vires meas desiderat, non rostra, non amici, constatate voi stessi, la vecchiaia non mi ha
non clientes, non hospites. Nec enim umquam infiacchito del tutto, né mi ha abbattuto, e non
sum adsensus veteri illi laudatoque proverbio, rimpiangono le mie forze né il senato, né i
quod monet 'mature fieri senem, si diu velis rostri46, né gli amici, né i clienti, né gli ospiti.
senex esse.' Ego vero me minus diu senem esse Ed infatti mai ho approvato quell’antico e
mallem quam esse senem, ante quam essem. lodato proverbio che consiglia di diventar
Itaque nemo adhuc convenire me voluit, cui vecchio per tempo, se desideri rimaner vecchio
fuerim occupatus. a lungo; invece io preferirei essere meno a
lungo vecchio che diventarlo prima di esserlo.
Perciò finora a nessuno che ha voluto
incontrarsi con me è stato risposto che ero
occupato.
33. At minus habeo virium quam vestrum 33. Ma io ho meno forze di ognuno di voi due.
utervis. Ne vos quidem T. Ponti centurionis Neppure voi avete le forze del centurione Tito
vires habetis; num idcirco est ille Ponzio; forse per questo motivo egli è
praestantior? Moderatio modo virium adsit, et superiore? Purché vi sia una certa moderazione
tantum quantum potest quisque nitatur, ne ille delle forze e ognuno faccia affidamento solo
non magno desiderio tenebitur virium. su quello che gli è possibile, per non essere
Olympiae per stadium ingressus esse Milo preso da grande mancanza di forze. Si dice che
dicitur, cum umeris sustineret bovem. Utrum Milone abbia attraversato lo stadio di Olimpia
igitur has corporis an Pythagorae tibi malis portando un bue sulle spalle. Ebbene

43
Agamennone.
44
Aiace Telamonio, cugino di Achille e solo a questi secondo per valor militare.
45
Acilio Glabrione (Manio), entrato a far parte della nobiltà (homo novus), da pretore domò una ribellione di schiavi
in Etruria (196 a.C.), da console vinse Antioco III alle Termopili (191) ed ebbe la carriera troncata da un processo di
peculato.
46
La tribuna degli oratori nel foro romano, ornata dei rostri presi alle navi nemiche.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 16 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
vires ingeni dari? Denique isto bono utare, preferiresti che ti vengano date queste forze
dum adsit, cum absit, ne requiras, nisi forte del corpo o quelle dell’ingegno di Pitagora?
adulescentes pueritiam, paululum aetate Insomma, usa di questo bene finché c’è;
progressi adulescentiam debent requirere. quando non c’è più, non lo rimpiangere, a
Cursus est certus aetatis et una via naturae, meno che gli adolescenti debbano rimpiangere
eaque simplex, suaque cuique parti aetatis l’infanzia e, un po’ più avanti negli anni,
tempestivitas est data, ut et infirmitas l’adolescenza. Il corso della vita è stabilito e
puerorum, et ferocitas iuvenum et gravitas iam unica è la via della natura e semplice e a
constantis aetatis et senectutis maturitas ciascuna parte della vita è stato assegnato un
naturale quiddam habeat, quod suo tempore tempo opportuno, in modo che sia la debolezza
percipi debeat. dei fanciulli, sia la baldanza dei giovani, sia la
serietà dell’età ormai consolidata, sia la
maturità della vecchiaia, abbiano un che di
naturale che deve essere colto a suo tempo.
34. Audire te arbitror, Scipio, hospes tuus 34. Credo che tu, Scipione, sappia cosa fa oggi
avitus Masinissa quae faciat hodie nonaginta a novant’anni Massinissa47, che fu ospite di
natus annos; cum ingressus iter pedibus sit, in tuo nonno: quando inizia un cammino a piedi,
equum omnino non ascendere; cum autem non monta mai a cavallo; quando invece lo
equo, ex equo non descendere; nullo imbri, inizia a cavallo, non smonta mai da cavallo; da
nullo frigore adduci ut capite operto sit, nessuna pioggia, da nessun freddo è indotto a
summam esse in eo siccitatem corporis, itaque stare col capo coperto; vi è in lui un’estrema
omnia exsequi regis officia et munera. Potest asciuttezza del corpo; in tal modo può
igitur exercitatio et temperantia etiam in assolvere ad ogni impegno e funzione di un re.
senectute conservare aliquid pristini roboris. Dunque anche nella vecchiaia l’esercizio e la
moderazione possono preservare qualcosa
dell’antico vigore.
XI. Non sunt in senectute vires. Ne postulantur XI. Nella vecchiaia non ci sono forze.
quidem vires a senectute. Ergo et legibus et Nemmeno si pretendono forze dalla vecchiaia.
institutis vacat aetas nostra muneribus eis, Dunque, sia per legge che per consuetudine, la
quae non possunt sine viribus sustineri. Itaque nostra età è priva di quelle cose che non si
non modo, quod non possumus, sed ne possono sopportare senza le forze. E così non
quantum possumus quidem cogimur. siamo costretti a fare non solo ciò che non
possiamo, ma neppure quanto possiamo.
35. At multi ita sunt imbecilli senes, ut nullum 35. Ma molti vecchi sono così deboli da non
offici aut omnino vitae munus exsequi possint. poter assolvere a nessuna incombenza del loro
At id quidem non proprium senectutis vitium dovere o addirittura della loro vita. Però
est, sed commune valetudinis. Quam fuit questo, in verità, non è un difetto proprio della
imbecillus P. Africani filius, is qui te vecchiaia, ma in generale dello stato di salute.
adoptavit, quam tenui aut nulla potius Come fu debole il figlio di Publio Africano48,
valetudine! Quod ni ita fuisset, alterum illud colui che ti adottò! Di che debole o addirittura
exstitisset lumen civitatis; ad paternam enim inesistente salute! Se non fosse stato così,
magnitudinem animi doctrina uberior sarebbe diventato un secondo faro della città:
accesserat. Quid mirium igitur in senibus si infatti alla grandezza d’animo paterna

47
Massinissa, re di Numidia (238 circa a.C. - 149-148 a.C.). Dopo aver combattuto in Spagna con i Cartaginesi dal
212 a.C. al 206 a.C., passò dalla parte dei Romani. Richiamato in patria dalla morte del padre e costretto ad
abbandonare il regno invaso da Siface, si rifugiò allora presso Scipione, sbarcato nel frattempo in Africa (204 a.C.).
48
Publio Cornelio Scipione adottò il figlio di Emilio Paolo, appunto Scipione Emiliano.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 17 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
infirmi sint aliquando, cum id ne adulescentes aggiungeva una più vasta cultura. Dunque cosa
quidem effugere possint? Resistendum, Laeli et c’è da meravigliarsi se talora i vecchi siano
Scipio, senectuti est, eiusque vitia diligentia ammalati, quando neppure i giovani possono
compensanda sunt, pugnandum tamquam evitare ciò? Bisogna resistere alla vecchiaia,
contra morbum sic contra senectutem; cari Lelio e Scipione, e bilanciarne i difetti con
cura, bisogna combattere come contro una
malattia così contro la vecchiaia ed aver
riguardo della salute,
36. habenda ratio valetudinis, utendum 36. far uso di misurati esercizi, assumere quel
exercitationibus modicis, tantum cibi et tanto di cibo e di bevanda da rifocillare le
potionis adhibendum ut reficiantur vires, non forze, non da opprimerle.
opprimantur. Nec vero corpori solum E di certo non bisogna provvedere solo al
subveniendum est, sed menti atque animo corpo, ma molto di più alla mente ed allo
multo magis; nam haec quoque, nisi tamquam spirito: infatti anche questi, se non vi versi olio
lumini oleum instilles, exstinguuntur senectute. come in una lucerna, si spengono con la
Et corpora quidem exercitationum vecchiaia; e mentre i corpi si infiacchiscono
defatigatione ingravescunt, animi autem per il peso degli esercizi, gli animi invece
exercendo levantur. Nam quos ait Caecilius diventano leggeri con l’esercizio. Infatti quelli
‘comicos stultos senes’, hos significat che Cecilio (Stazio) etichetta come “stolti
credulos, obliviosos, dissolutos, quae vitia sunt vecchi da commedia”, sono i creduloni, gli
non senectutis, sed inertis, ignavae, smemorati, i dissoluti, difetti che appartengono
somniculosae senectutis. Ut petulantia, ut non alla vecchiaia, ma ad una vecchiaia inerte,
libido magis est adulescentium quam senum, pigra, sonnacchiosa. Come l’insolenza ed il
nec tamen omnium adulescentium, sed non piacere sono più dei giovani che dei vecchi, e
proborum, sic ista senilis stultitia, quae tuttavia non di tutti i giovani, ma di quelli non
deliratio appellari solet, senum levium est, non dabbene, così questa demenza senile, che suole
omnium. chiamarsi rimbambimento, è dei vecchi
sconsiderati, non di tutti:
37. Quattuor robustos filios, quinque filias, 37. Appio49 amministrava quattro vigorosi
tantam domum, tantas clientelas Appius figli, cinque figlie, una così grande casa, una
regebat et caecus et senex, intentum enim così cospicua clientela: infatti aveva l’animo
animum tamquam arcum habebat nec teso come un arco e non soccombeva
languescens succumbebat senectuti. Tenebat infiacchito alla vecchiaia; aveva non solo
non modo auctoritatem, sed etiam imperium in l’autorità, ma anche il comando sui suoi: lo
suos: metuebant servi, verebantur liberi, temevano i servi, lo rispettavano i figli, tutti lo
carum omnes habebant; vigebat in illa domo avevano caro; regnava, in quella casa, il
mos patrius et disciplina. costume tradizionale e la disciplina.
38. Ita enim senectus honesta est, si se ipsa 38. Così infatti la vecchiaia è degna di stima,
defendit, si ius suum retinet, si nemini se si difende da sola, se conserva il proprio
emancipata est, si usque ad ultimum spiritum diritto, se non è assoggettata a nessuno, se fino
dominatur in suos. Ut enim adulescentem in all’ultimo respiro comanda ai suoi. Come
quo est senile aliquid, sic senem in quo est infatti approvo il giovane nel quale alberga
aliquid adulescentis probo; quod qui sequitur, qualcosa di senile, così approvo il vecchio nel
corpore senex esse poterit, animo numquam quale vi è qualcosa del giovane; e chi mette in
erit. Septimus mihi liber Originum est in pratica questo, potrà anche essere vecchio nel

49
Cfr. nota 28.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 18 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
manibus; omnia antiquitatis monumenta corpo, giammai lo sarà nello spirito. Ho tra le
colligo; causarum inlustrium quascumque mani il settimo libro delle Origini, raccolgo
defendi nunc cum maxime conficio orationes; tutti i documenti dell’antichità, ora sto
ius augurium, pontificium, civile tracto; mettendo a punto i discorsi delle cause famose
multum etiam Graecis litteris utor, che ho patrocinato, tratto il diritto degli àuguri,
Pythagoreorumque more exercendae dei pontefici, il diritto civile, pratico molto
memoriae gratia, quid quoque die dixerim, anche le lettere greche e, secondo il costume
audierim, egerim, commemoro vesperi. Hae dei Pitagorici, per esercitare la memoria
sunt exercitationes ingeni, haec curricula richiamo alla mente la sera quel che ho detto,
mentis, in his desudans atque elaborans sentito o fatto durante il giorno. Questi sono
corporis vires non magno opere desidero. gli esercizi dell'intelletto, questa la palestra
Adsum amicis, venio in senatum frequens della mente, dove sudando e faticando non
ultroque adfero res multum et diu cogitatas, rimpiango più di tanto le forze del corpo.
easque tueor animi, non corporis viribus. Assisto i miei amici, vengo spesso in senato e
Quas si exsequi nequirem, tamen me lectulus vi apporto di mia iniziativa cose meditate
meus oblectaret ea ipsa cogitantem, quae iam molto e a lungo, e le difendo con le forze dello
agere non possem; sed ut possim, facit acta spirito, non del corpo. Se non fossi in grado di
vita. Semper enim in his studiis laboribusque fare questo, mi conforterebbe tuttavia il mio
viventi non intellegitur quando obrepat divano, dove mediterei sulle stesse cose che
senectus. Ita sensim sine sensu aetas senescit ormai non posso portare a termine; ma la vita
nec subito frangitur, sed diuturnitate passata fa sì che io possa compierle: infatti chi
exstinguitur. vive sempre tra questi studi e queste
occupazioni non si accorge quando la
vecchiaia si insinua; così piano piano, senza
accorgersene, la vita invecchia, e non si
interrompe all'improvviso, ma si spegne in una
lunga durata.
XII. 39. Sequitur tertia vituperatio senectutis, XII. 39. Segue la terza critica alla vecchiaia,
quod eam carere dicunt voluptatibus. O cioè dicono che essa sia priva di piaceri. O
praeclarum munus aetatis, siquidem id aufert magnifico dono dell’età, se davvero ci toglie
a nobis, quod est in adulescentia ciò che nella giovinezza c’è di peggiore!
vitiosissimum! Accipite enim, optimi Ascoltate infatti, ottimi giovani, quell’antico
adulescentes, veterem orationem Archytae discorso di Archita di Taranto50, uomo grande
Tarentini, magni in primis et praeclari viri, e famosissimo, che mi fu riferito quando da
quae mihi tradita est cum essem adulescens giovane ero a Taranto con Quinto Massimo.
Tarenti cum Q. Maximo. Nullam capitaliorem Egli diceva che nessuna peste è stata data agli
pestem quam voluptatem corporis hominibus uomini, da parte della natura, più funesta del
dicebat a natura datam, cuius voluptatis piacere dei sensi e le passioni, avide di tale
avidae libidines temere et ecfrenate ad piacere, vengono spinte a goderne in modo
potiendum incitarentur. cieco ed avventato.

40. Hinc patriae proditiones, hinc rerum 40. Da qui nascono i tradimenti della patria, da

50
Archita di Taranto, stratego, matematico e filosofo della scuola pitagorica (Taranto 430 circa - 360 circa a.C.).
Amico di Platone, spirito enciclopedico, si occupò di matematica, di meccanica, di fisica, di astronomia e di teoria
della musica. Fu il principale rappresentante della scuola pitagorica di Taranto, che fissò la terminologia della
geometria. Gli è attribuita la costruzione di parecchie macchine volanti, tra cui una colomba in legno. Morì durante un
naufragio.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 19 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
publicarum eversiones, hinc cum hostibus qui i colpi di stato, da qui le intese segrete con
clandestina colloquia nasci; nullum denique i nemici, perciò non vi è nessun delitto, nessun
scelus, nullum malum facinus esse, ad quod misfatto a compiere il quale non induca la
suscipiendum non libido voluptatis impelleret; bramosia del piacere; e poi stupri e adulteri e
stupra vero et adulteria et omne tale flagitium ogni scandalo di tal fatta, da nessun’altra
nullis excitari aliis inlecebris nisi voluptatis; lusinga sono alimentati se non da quella del
cumque homini sive natura sive quis deus nihil piacere; e poiché all’uomo o la natura o
mente praestabilius dedisset, huic divino qualche dio nulla ha dato più nobile della
muneri ac dono nihil tam esse inimicum quam mente, a questo favore e a questo dono divino
voluptatem; niente è così nemico come il piacere.
41. nec enim libidine dominante temperantiae 41. E infatti, quando domina la libidine, non vi
locum esse, neque omnino in voluptatis regno è posto per la moderazione, e insomma nel
virtutem posse consistere. Quod quo magis regno del piacere non può esistere virtù. E
intellegi posset, fingere animo iubebat tanta affinché ciò meglio si capisse, consigliava di
incitatum aliquem voluptate corporis, quanta immaginare un uomo eccitato dal maggior
percipi posset maxima; nemini censebat fore piacere del corpo che si potesse provare:
dubium, quin tam diu, dum ita gauderet, nihil pensava che per nessuno sarebbe stato in
agitare mente, nihil ratione, nihil cogitatione dubbio che, fintantoché godesse così tanto a
consequi posset. Quocirca nihil esse tam lungo, non potesse meditare su nulla, né a
detestabile tamque pestiferum quam nulla giungere col ragionamento o col
voluptatem, siquidem ea, cum maior esset pensiero. Pertanto nulla è così detestabile
atque longinquior, omne animi lumen quanto il piacere, se è vero che esso, quando è
exstingueret. Haec cum C. Pontio Samnite, troppo intenso e duraturo, spegne ogni lume
patre eius, a quo Caudino proelio Sp. dello spirito. Queste parole disse Archita a
Postumius, T. Veturius consules superati sunt, Caio Ponzio Sannita, padre di colui51 dal quale
locutum Archytam Nearchus Tarentinus, i consoli Spurio Postumio e Tito Veturio
hospes noster, qui in amicitia populi Romani furono sconfitti nella battaglia di Caudio, e
permanserat, se a maioribus natu accepisse Nearco di Taranto, nostro ospite, che era
dicebat, cum quidem ei sermoni interfuisset rimasto fedele al popolo Romano, diceva di
Plato Atheniensis, quem Tarentum venisse L. averle apprese dai suoi avi, mentre a quel
Camillo Ap. Claudio consulibus reperio. discorso era stato presente Platone di Atene,
che, come mi risulta, era venuto a Taranto
quando erano consoli Lucio Camillo e Appio
Claudio.
42. Quorsus hoc? Ut intellegeretis, si 42. Dove va a parare ciò? Affinché capiate
voluptatem aspernari ratione et sapientia non che, se non potessimo respingere il piacere con
possemus, magnam habendam esse senectuti la ragione e la saggezza, dovremmo essere
gratiam, quae efficeret, ut id non liberet, quod molto grati alla vecchiaia, che fa sì che non ci
non operteret. Impedit enim consilium sia gradito ciò che non si deve. Infatti il
voluptas, rationi inimica est, mentis, ut ita piacere ostacola il senno, è nemico della
dicam, praestringit oculos, nec habet ullum ragione, offusca, per così dire, gli occhi della
cum virtute commercium. Invitus feci, ut mente, e non ha alcun rapporto con la virtù.
fortissimi viri T. Flaminini fratrem L. Malvolentieri feci in modo da espellere dal

51
Ponzio (Caio), nobile sannita, vincitore dei Romani alle Forche Caudine (321 a.C.). Contro il prudente consiglio del
padre Erennio, sottomise i Romani all'ignominia del giogo; vinto nel 292 a.C. e, pare, fatto passare a sua volta sotto il
giogo, fu condotto a Roma e quivi giustiziato.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 20 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
Flamininum e senatu eicerem septem annis senato Lucio Flaminino, fratello del
post quam consul fuisset, sed notandam putavi valorosissimo Tito Flaminino52, sette anni
libidinem. Ille enim, cum esset consul in dopo che era stato console, ma ritenni di
Gallia, exoratus in convivio a scorto est, ut censurarne la dissolutezza. Egli infatti, quando
securi feriret aliquem eorum, qui in vinculis era console in Gallia, durante un banchetto fu
essent, damnati rei capitalis. Hic Tito fratre indotto da una prostituta a decapitare con una
suo censore, qui proximus ante me fuerat, scure uno di coloro che erano in carcere,
elapsus est; mihi vero et Flacco neutiquam condannati a morte. Egli, quando era censore
probari potuit tam flagitiosa et tam perdita suo fratello Tito, se la cavò; in nessun modo
libido, quae cum probro privato coniungeret poté essere ammessa da me e da Flacco53 una
imperi dedecus. dissolutezza tanto funesta e depravata, che
aggiungeva all’infamia privata il disonore
della carica.
XIII. 43. Saepe audivi ex maioribus natu, qui XIII. 43. Ho sentito spesso da persone più
se porro pueros a senibus audisse dicebant, anziane di me, le quali dicevano a loro volta i
mirari solitum C. Fabricium, quod, cum apud averlo appreso, fanciulli, dai loro vecchi, che
regem Pyrrhum legatus esset, audisset a Caio Fabrizio54 era solito meravigliarsi del
Thessalo Cinea esse quendam Athenis, qui se fatto che, quando era ambasciatore presso il re
sapientem profiteretur, eumque dicere omnia, Pirro, aveva sentito dal Tessalo Cinea che vi
quae faceremus, ad voluptatem esse referenda. era uno ad Atene che si professava saggio
Quod ex eo audientis M'. Curium et Ti. eppure diceva che tutto quel che facciamo
Coruncanium optare solitos, ut id Samnitibus deve tendere al piacere55. E inoltre che Manio
ipsique Pyrrho persuaderetur, quo facilius Curio e Tiberio Coruncanio 56, udendo ciò da
vinci possent, cum se voluptatibus dedissent. lui, solevano augurarsi che di ciò si
Vixerat M'. Curius cum P. Decio, qui persuadessero i Sanniti e lo stesso Pirro,
quinquennio ante eum consulem se pro re poiché sarebbero potuti più facilmente essere
publica quarto consulatu devoverat; norat sconfitti se si fossero dati ai piaceri. Manio
eundem Fabricius, norat Coruncanius; qui Curio era vissuto con Publio Decio57 il quale,
cum ex sua vita, tum ex eius, quem dico, Deci, cinque anni prima che Curio fosse console, si
facto iudicabant esse profecto aliquid natura era sacrificato per la patria quando era console
pulchrum atque praeclarum, quod sua sponte per la quarta volta; lo conosceva Fabrizio, lo
peteretur, quodque spreta et contempta conosceva Coruncanio; i quali, come dalla loro
voluptate optimus quisque sequeretur. vita così dal gesto di quel Decio di cui parlo,
credevano che certamente vi fosse in natura
qualcosa di bello e altamente nobile, che sia
ricercato per se stesso e che, disprezzando e
condannando il piacere, tutti i migliori

52
Quinzio Flaminino (Tito), uomo politico e generale romano (228 circa a.C. - 174 a.C.). Dopo aver servito nel 208
a.C. come tribuno militare agli ordini di Claudio Marcello ed esser stato inviato come propretore straordinario a
Taranto nel 205 e nel 204, nel 198, non ancora trentenne, fu eletto console come l'uomo più adatto, sia per le sue doti
diplomatiche sia per il suo filellenismo, a condurre a buon fine la guerra contro Filippo V di Macedonia, che sconfisse
a Cinocefale nel 197.
53
Lucio Valerio Flacco, collega di Catone nel consolato e nella censura.
54
Cfr. nota 25.
55
Riferimento volutamente anonimo e sprezzante di Cicerone ad Epicuro.
56
Cfr. note 26 e 27.
57
Publio Decio Mure, generale romano, che a Sentino (295 a.C.), insieme con Fabio Rulliano, vinse i Sanniti, gli
Etruschi e gli Umbri coalizzati contro Roma.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 21 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
perseguano.
44. Quorsus igitur tam multa de voluptate? 44. A che dunque tante parole sul piacere?
Quia non modo vituperatio nulla, sed etiam Perché non solo nessun rimprovero, ma anzi
summa laus senectutis est, quod ea voluptates grandissima lode costituisce per la vecchiaia il
nullas magno opere desiderat. Caret epulis fatto che essa non sente assolutamente la
extructisque mensis et frequentibus poculis; mancanza di alcun piacere. Ignora i festini e le
caret ergo etiam vinulentia et cruditate et mense imbandite e le continue libagioni;
insomniis. Sed si aliquid dandum est voluptati, ignora dunque anche l'ubriachezza, le
quoniam eius blanditiis non facile obsistimus, - indigestioni e le notti in bianco. Ma se
-divine enim Plato 'escam malorum' appellat qualcosa bisogna pur concedere al piacere,
voluptatam, quod ea videlicet homines dato che non resistiamo facilmente alle sue
capiantur ut pisces, --quamquam immoderatis lusinghe - infatti Platone definisce divinamente
epulis caret senectus, modicis tamen coviviis "esca dei mali" il piacere, perché da esso
delectari potest. C. Duellium M. f., qui Poenos chiaramente gli uomini vengono catturati come
classe primus devicerat, redeuntem a cena pesci - benché la vecchiaia ignori festini
senem saepe videbam puer; delectabatur cereo smodati, tuttavia può trarre diletto da conviti
funali et tibicine, quae sibi nullo exemplo moderati. Spesso, quando ero fanciullo,
privatus sumpserat; tantum licentiae dabat vedevo Caio Duilio58, figlio di Marco59, che
gloria. per primo aveva sconfitto i Cartaginesi in una
battaglia navale, mentre tornava a casa da
cena: provava diletto a farsi accompagnare da
una torcia di cera e da un flautista, cose che si
era attribuito da privato cittadino senza alcun
esempio 60: tanta licenza gli dava la sua gloria!
45. Sed quid ego alios? Ad me ipsum iam 45. Ma perché parlo di altri? Torno subito a
revertar. Primum habui semper sodalis. me stesso. Innanzitutto ho sempre avuto
Sodalitates autem me quaestore constitutae compagni di sodalizio; e d'altra parte i sodalizi
sunt sacris Idaeis Magnae Matris acceptis. sono stati costituiti quando io ero questore e
Epulabar igitur cum sodalibus omnino modice, furono accolti i riti idei della Grande Madre61.
sed erat quidam fervor aetatis; qua Banchettavo dunque con i miei compagni in
progrediente omnia fiunt in dies mitiora. maniera molto parca, ma vi era un certo ardore
Neque enim ipsorum conviviorum dell'età, con l'avanzare della quale tutto
delectationem voluptatibus corporis magis diventa di giorno in giorno più pacato; e infatti
quam coetu amicorum et sermonibus metiebar. misuravo il diletto di questi conviti non tanto
Bene enim maiores accubitionem epularem dai piaceri dei sensi quanto dalla compagnia e
amicorum, quia vitae coniunctionem haberet, dai discorsi degli amici. Bene infatti i nostri

58
Duilio (Caio), console romano nel 260 a.C. Al comando della prima flotta romana, riportò, nel corso della prima
guerra punica, una grande vittoria a Mylae (Milazzo), sulla costa settentrionale della Sicilia. Il successo fu soprattutto
dovuto all'accorgimento di dotare le navi di corvi, macchine belliche con le quali venivano afferrate e accostate le navi
avversarie rendendo possibile l'arrembaggio. Fu la prima grande vittoria navale dei Romani, ricordata con una
colonna innalzata nel Foro presso la tribuna degli oratori, adorna dei rostri delle navi cartaginesi (colonna rostrata) e
di un'iscrizione dedicatoria, di cui restano frammenti.
59
Duilio (Marco), uomo politico romano. Tribuno della plebe nel 471 e nel 449 a.C. consigliò la plebe di ritirarsi sul
Monte Sacro, e, rieletto l'anno seguente, propose molto probabilmente una legge che tutelava il diritto di voto dei
tribuni.
60
Questo onore era stato attribuito a Duilio a vita, per le sue vittorie navali.
61
La dea Cibele, venerata in Oriente sul monte Ida come madre degli dei, il cui culto venne introdotto a Roma perché
si credeva che solo in tal modo Annibale sarebbe stato sconfitto.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 22 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
convivium nominaverunt, melius quam Graeci, padri chiamarono "convivio" il prender posto a
qui hoc idem tum compotationem, tum tavola con gli amici, perché comporta una
concenationem vocant, ut, quod in eo genere comunione di vita, meglio dei Greci, che lo
minimum est, id maxime probare videantur. definiscono ora "bere assieme" ora "cenare
assieme", cosicché sembra che essi apprezzino
molto di più ciò che in questo genere di cose
vale assai di meno.
XIV. 46. Ego vero propter sermonis XIV. 46. In realtà proprio per il piacere della
delectationem tempestivis quoque conviviis conversazione trovo diletto anche in banchetti
delector, nec cum aequalibus solum, qui pauci prolungati, e non solo con i miei coetanei, che
admodum restant, sed cum vestra etiam aetate ormai sono rimasti molto pochi, ma anche con
atque vobiscum, habeoque senectuti magnam quelli della vostra età e assieme a voi, e provo
gratiam, quae mihi sermonis aviditatem auxit, profonda riconoscenza per la vecchiaia, che ha
potionis et cibi sustulit. Quod si quem etiam fatto crescere in me la voglia di conversare,
ista delectant, (ne omnino bellum indixisse mentre mi ha tolto quella di mangiare e di
videar voluptati, cuius est fortasse quidam bere. Se poi queste cose piacciono a qualcuno -
naturalis modus), non intellego ne in istis per non sembrare del tutto che io abbia
quidem ipsis voluptatibus carere sensu dichiarato guerra al piacere, di cui forse esiste
senectutem. Me vero et magisteria delectant a un limite naturale - , penso che neppure in
maioribus instituta et is sermo, qui more questi piaceri la vecchiaia sia priva di
maiorum a summo adhibetur in poculo, et sensibilità. Anzi a me piacciono i magisteri
pocula, sicut in Symposio Xenophontis est, conviviali, istituiti dai nostri antenati62, e quel
minuta atque rorantia, et refrigeratio aestate discorrere che, secondo il costume dei padri,
et vicissim aut sol aut ignis hibernus; quae comincia dal posto d'onore con la coppa in
quidem etiam in Sabinis persequi soleo, mano63, e le coppe, come nel "Simposio" di
conviviumque vicinorum cotidie compleo, Senofonte, "piccole e stillanti", e il fresco
quod ad multam noctem quam maxime d'estate e al contrario il sole o il fuoco
possumus vario sermone producimus. d'inverno; cose che io sono solito praticare
anche in Sabina, e ogni giorno riempio di
vicini il banchetto, che prolunghiamo in vari
discorsi quanto più possiamo fino a notte
inoltrata.
47. At non est voluptatum tanta quasi titillatio 47. Ma nei vecchi non è tanto grande, per così
in senibus. Credo, sed ne desideratio quidem; dire, il solletico dei piaceri. È così, ma neanche
nihil autem est molestum, quod non desideres. ne sentono la mancanza; d'altronde non è
Bene Sophocles, cum ex eo quidem iam fastidioso ciò di cui non senti la mancanza.
adfecto aetate quaereret, utereturne rebus Bene rispose Sofocle, quando a lui già avanti
veneriis, 'Di meliora!' inquit; ' libenter vero negli anni si rivolse un tizio per chiedergli se
istinc sicut ab domino agresti ac furioso godesse ancora dei piaceri di Venere: "Gli dei
profugi.' Cupidis enim rerum talium odiosum me ne scampino! Ben volentieri sono fuggito
fortasse et molestum est carere, satiatis vero et da essi, come da un padrone zotico e violento."
expletis iucundius est carere quam frui. Infatti per coloro che sono avidi di queste cose
Quamquam non caret is, qui non desiderat; l'esserne privi è forse cosa odiosa e pesante;
ergo hoc non desiderare dico esse iucundius. mentre per chi ne è sazio e soddisfatto è più
piacevole esserne privi che goderne;

62
Colui che moderava la discussione a tavola e sceglieva le bevande era detto 'magister bibendi'.
63
Il posto d'angolo del letto a destra della mensa era considerato il 'summus locus', cioè il posto d'onore.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 23 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
quantunque non è privo colui che non sente la
mancanza; dunque affermo che è più piacevole
non sentirne la mancanza.
48. Quod si istis ipsis voluptatibus bona aetas 48. Se poi la verde età gode più volentieri di
fruitur libentius, primum parvulis fruitur questi piaceri, innanzitutto gode di piccole
rebus, ut diximus, deinde eis, quibus senectus, cose, come ho detto, e poi di quelle cose di cui
etiamsi non abunde potitur, non omnino caret. la vecchiaia, benché non ne disponga in
Ut Turpione Ambivio magis delectatur, qui in abbondanza, non è del tutto priva. Come chi
prima cavea spectat, delectatur tamen etiam, siede in prima fila più si diletta di Turpione
qui in ultima, sic adulescentia voluptates Ambivio64 ma anche si diletta chi siede in
propter intuens magis fortasse laetatur, sed ultima fila, così la giovinezza, che guarda i
delectatur etiam senectus procul eas spectans piaceri da vicino, forse se ne allieta di più, ma
tantum quantum sat est. anche la vecchiaia , che li guarda da lontano,
se ne allieta quel tanto che basta.
49. At illa quanti sunt, animum, tamquam 49. Ma quanto è importante che l'animo sia
emeritis stipendiis libidinis, ambitionis, con se stesso e, come si dice, viva con se
contentionis, inimicitiarum cupiditatum stesso, dopo essersi congedato dalla libidine,
omnium, secum esse secumque, ut dicitur, dall'ambizione, dalle contese, dalle inimicizie,
vivere! Si vero habet aliquod tamquam da tutte le passioni! Se poi esso ha, per così
pabulum studi atque doctrinae, nihil est otiosa dire, un pascolo di studio e di cultura, nulla è
senectute iucundius. Videbamus in studio più piacevole di una vecchiaia libera da
dimetiendi paene caeli atque terrae C. Galum, occupazioni. Vedevamo Caio Galo65, amico di
familiarem patris tui, Scipio. Quotiens illum tuo padre, o Scipione, macerarsi nell'intento di
lux noctu aliquid describere ingressum, misurare quasi il cielo e la terra; quante volte
quotiens nox oppressit, cum mane coepisset! la luce del giorno lo sorprese a disegnare
Quam delectabat eum defectiones solis et qualcosa iniziata di notte, quante volte la notte
lunae multo ante nobis praedicere! quando aveva iniziato il mattino! Come gli
piaceva predirci molto anzitempo le eclissi di
sole e di luna!
50. Quid in levioribus studiis, sed tamen 50. E che dire di occupazioni più leggere, ma
acutis? Quam gaudebat bello suo Punico tuttavia profonde? Quanto godeva della sua
Naevius! quam Truculento Plautus, quam "Guerra Punica" Nevio! Quanto Plauto66 del
Pseudolo! Vidi etiam senem Livium; qui, cum suo "Truculento", quanto del suo "Pseudolo"!
sex aniis ante quam ego natus sum fabulam Ho visto anche Livio67 già vecchio, il quale,
docuisset Centone Tuditanoque consulibus, avendo allestito un dramma sei anni prima che
usque ad adulescentiam meam processit io nascessi, sotto il consolato di Ceutone e
aetate. Quid de P. Licini Crassi et pontifici et Tauditano, visse fino alla mia fanciullezza. E

64
Ambivio Turpione (Lucio), attore e direttore teatrale romano della prima metà del II sec. a.C. Alla sua arte e alla sua
esperienza fu dovuto il successo delle commedie di Cecilio Stazio e di Terenzio, compresa l'Hecyra (La suocera), che
riuscì a portare a termine malgrado gli iniziali contrasti.
65
Caio Sulpicio Galo, celebre studioso di astronomia.
66
Plauto (Tito Maccio), poeta comico latino (Sarsina 255/250 - Roma [?] 184 a.C.).
67
Livio Andronico (Lucio), il più antico poeta latino (III sec. a.C.). Greco di origine, venne condotto come schiavo da
Taranto a Roma da un Marco Livio Salinatore e, quindi, da lui affrancato e preposto all'educazione dei suoi figli. Oltre
a insegnare le lettere latine e greche, tradusse nel metro saturnio l'Odissea (Odyssia) e compose, tradotte o imitate dai
Greci, tragedie e commedie di cui diede per il primo pubbliche rappresentazioni (240).
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 24 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
civilis iuris studio loquar aut de huius P. che dire dell'impegno nel diritto civile e
Scipionis qui his paucis diebus pontifex pontificale di Publio Licinio Crasso68, o di
maximus factus est? Atque eos omnis, quos quello del nostro Publio Scipione69, che in
commemoravi, his studiis flagrantis senes questi pochi giorni è stato eletto pontefice
vidimus. M. vero Cethegum, quem recte massimo? E tutti costoro che ho ricordato li
'Suadae medullam' dixit Ennius, quanto studio abbiamo visti da vecchi ardere in questi studi.
exerceri in dicendo videbamus etiam senem! E con quanto impegno vedevamo esercitarsi,
Quae sunt igitur epularum aut ludorum aut anche da vecchio, nell'eloquenza Marco
scortorum voluptates cum his voluptatibus Cetego70, che Ennio giustamente definì
comparandae? Atque haec quidem studia "midollo della Persuasione"! Quali piaceri,
doctrinae, quae quidem prudentibus et bene dunque, di banchetti, di giochi o di prostitute
institutis pariter cum aetate crescunt, ut sono paragonabili a questi piaceri? E questi
honestum illud Solonis sit, quod ait versiculo appunto sono gli studi del sapere, che
quodam, ut ante dixi, senescere se multa in certamente crescono di pari passo con l'età per
dies addiscentem, qua voluptate animi nulla coloro che sono assennati e ben istruiti, così
certe potest esse maior. che è lodevole quel che afferma Solone in un
suo versetto, come ho detto prima, che egli
invecchia imparando ogni giorno molte cose.
Certo nessun piacere può essere più grande di
questo piacere dell'animo.
XV. 51. Venio nunc ad voluptates agricolarum, XV. 51. Vengo ora ai piaceri dei contadini, dei
quibus ego incredibiliter delector; quae nec quali mi diletto in modo incredibile; ed essi
ulla impediuntur senectute et mihi ad sapientis non sono ostacolati in nessun modo dalla
vitam proxime videntur accedere. Habent enim vecchiaia e mi sembra che siano
rationem cum terra, quae numquam recusat particolarmente conformi alla vita del saggio.
imperium nec umquam sine usura reddit, quod Infatti i contadini hanno un rapporto con la
accepit, sed alias minore, plerumque maiore terra, la quale mai rifiuta il loro comando né
cum faenore. Quamquam me quidem non mai restituisce senza interesse quel che ha
fructus modo, sed etiam ipsius terrae vis ac ricevuto, ma talvolta ad un tasso minore, il più
natura delectat. Quae cum gremio mollito ac delle volte maggiore. Per quanto mi diletti non
subacto sparsum semen excepit, primum id solo il profitto, ma anche il vigore e la natura
occaecatum cohibet, ex quo occatio, quae hoc della terra stessa: la quale, quando ha accolto
efficit, nominata est, deinde tepefactum vapore nel suo grembo soffice e smosso il seme
et compressu suo diffundit et elicit gettato, prima lo tiene occultato - da cui
herbescentem ex eo viriditatem, quae nixa "occatio" è detta tale operazione71, poi,
fibris stirpium sensim adulescit culmoque riscaldato con l'alito e col suo abbraccio, lo
erecta geniculato vaginis iam quasi pubescens schiude e fa venir fuori da esso un'erbescente
includitur; ex quibus cum emersit, fundit verdezza che, salda sulle fibre delle radici, a
frugem spici ordine structam et fcontra avium poco a poco cresce, e levandosi sul gambo

68
Cfr. nota 38.
69
Publio Cornelio Scipione Nasica, detto Corculum (“Cuoricino”) per la sua assennatezza, uomo politico e generale
romano († dopo il 142 a.C.), figlio del precedente. Distintosi nella campagna di Pidna (168 a.C.), di cui lasciò una
descrizione in una lettera riportata da Plutarco, nel 162 fu eletto console, ma dovette dimettersi perché l'elezione fu
dichiarata illegale. Rieletto nel 155, concluse vittoriosamente la guerra contro i Dalmati. Censore nel 159, nel 154 per
motivi di moralità si oppose alla costruzione di in teatro stabile. Forse in linea con la politica degli Scipioni e in
contrasto con Catone, si oppose alla guerra contro Cartagine e alla sua distruzione. Fu anche rinomato giurista.
70
Cfr. nota 15.
71
Oggi "erpicatura".
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 25 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
minorum morsus munitur vallo aristarum. nodoso, quasi pubescente viene avvolto da
guaine, dalle quali, quando vien fuori, produce
un frutto costituito come una spiga e contro le
beccate degli uccellini si difende con una
schiera di reste.
52. Quid ego vitium ortus, satus, incrementa 52. Perché dovrei ricordarvi la semina, la
commemorem? Satiari delectatione non nascita e la crescita delle viti? Non mi posso
possum, ut meae senectutis requiem saziare di questo piacere - perché conosciate la
oblectamentumque noscatis. Omitto enim vim serenità e la gioia della mia vecchiaia -
ipsam omnium, quae generantur e terra; quae :tralascio infatti la forza propria di tutto quel
ex fici tantulo grano aut ex acini vinaceo aut che è generato dalla terra, la quale procrea, dal
ex ceterarum frugum aut stirpium minutissimis minuscolo grano di fico o dal vinacciolo di un
seminibus tantos truncos ramosque procreet. chicco o dai piccolissimi semi degli altri frutti
Malleoli, plantae, sarmenta, viviradices, e piante, tronchi e rami così grossi; magliuoli,
propagines, nonne efficiunt, ut quemvis cum germogli, tralci, talee, propaggini, non fanno
admiratione delectent? Vitis quidem, quae forse in modo da dilettare ciascuno con
natura caduca est et, nisi fulta est, fertur ad ammirazione? Quanto alla vite, che per natura
terram, eadem, ut se erigat claviculis suis tende a cadere e, se non viene sorretta, si
quasi manibus quicquid est nacta, abbatte a terra, essa stessa, per reggersi, si
complectitur; quam serpentem multiplici lapsu abbarbica coi suoi viticci a qualsiasi cosa trovi;
et erratico ferro amputans coercet ars e l'agricoltore la frena amputandola con la
agricolarum, ne silvescat sarmentis et in omnis falce mentre serpeggia in un tortuoso ed
partis nimia fundatur. errabondo cammino, affinché non
inselvatichisca di tralci e non si diffonda
smodata in ogni direzione.
53. Itaque ineunte vere in eis, quae relicta 53. E così, all'inizio della primavera, in quelle
sunt, exsistit tamquam ad articulos parti che sono rimaste integre, spunta quasi
sarmentorum ea, quae gemma dicitur, a qua alle giunture dei tralci la cosiddetta gemma;
oriens uva se ostendit, quae et suco terrae et dalla quale si mostra nascendo l'uva, che,
calore solis augescens primo est peracerba ingrossandosi con l'umore della terra e con il
gustatu, deinde maturata dulcescit, vestitaque calore del sole, dapprima è molto aspra al
pampinis nec modico tepore caret et nimios gusto, quindi si addolcisce maturando e vestita
solis defendit ardores. Qua quid potest esse di pampini non manca del giusto tepore e si
cum fructu laetius, tum aspectu pulchrius? protegge dagli eccessivi ardori del sole. Che
Cuius quidem non utilitas me solum, ut ante cosa può esistere di più rigoglioso di essa nella
dixi, sed etiam cultura et natura ipsa delectat, resa o di più bello nell'aspetto? E poi non solo
adminiculorum ordines, capitum iugatio, mi dà diletto la sua utilità, come ho detto
religatio et propagatio vitium, sarmentorum prima, ma anche la sua coltivazione e la natura
ea, quam dixi aliorum amputatio, aliorum stessa, l'ordine dei filari, il congiungimento
immissio. Quid ego irrigationes, quid fossiones delle cime, la legatura e la propagginazione
agri repastinationesque proferam, quibus fit delle viti, quella potatura, che ho detto prima,
multo terra fecundior? di alcuni tralci e il lasciarne crescere altri. Che
dire poi delle irrigazioni, dello sterro e delle
rizappature del terreno, attraverso le quali si
rende la terra più feconda?
54. Quid de utilitate loquar stercorandi? Dixi 54. E che dire dell'utilità del concimare? Ne ho
in eo libro, quem de rebus rusticis scripsi; de parlato nel libro che ho scritto sulle cose dei
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 26 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
qua doctus Hesiodus ne verbum quidem fecit, campi72; di esse neppure il dotto Esiodo ha
cum de cultura agri scriberet. At Honerus, qui fatto parola quando ha scritto sulla
multis, ut mihi videtur, ante saeculis fuit, coltivazione dei campi73; ma Omero, che visse,
Laeten lenientem desiderium, quod capiebat e mi sembra, generazioni precedenti, rappresenta
filio, colentem agrum et eum stercorantem Laerte74 che cerca di lenire la nostalgia del
facit. Nec vero segetibus solum et pratis et figlio che lo afferrava, mentre coltiva un
vineis et arbustis res rusticae laetae sunt, sed podere e lo concima. E inoltre non solo di
hortis etiam et pomariis, tum pecudum pastu, messi e di prati e di vigne e di arbusti è
apium examinibus, florum omnium varietate. rigogliosa la campagna, ma anche di orti e di
Nec consitiones modo delectant sed etiam frutteti, poi di pascoli di bestiame, di sciami
insitiones, quibus nihil invenit agri cultura d'api, di ogni varietà di fiori. E non solo fanno
sollertius. piacere le piantagioni, ma anche gli innesti, dei
quali nulla ha trovato l'agricoltura di più
ingegnoso.
XVI. 55. Possum persequi permulta XVI. 55. Potrei trattare dei piaceri delle
oblectamenta rerum rusticarum, sed haec ipsa, faccende campestri; ma mi accorgo che quel
quae dixi, sentio fuisse longiora. Ignoscetis che ho detto è stato un po’ lungo; comunque
autem; nam et studio rusticarum rerum perdonatemi: infatti mi sono lasciato prendere
provectus sum, et senectus est natura dalla passione per le cose campestri e poi la
loquacior, ne ab omnibus eam vitiis videar vecchiaia, per sua natura, è un po’ loquace –
vindicare. Ergo in hac vita M'. Curius, cum de per non sembrare che io la voglia preservare
Samnitibus, de Sabinis, de Pyrrho da ogni difetto -. Dunque in questo genere di
triumphasset, consumpsit extremum tempus vita Manio Curio, dopo aver trionfato sui
aetatis. Cuius quidem ego villam contemplans Sanniti, sui Sabini e su Pirro, passò gli ultimi
(abest enim non longe a me) admirari satis anni di vita; ed io poi, contemplando la sua
non possum vel hominis ipsius continentiam villa – non è infatti lontana da me – , non
vel temporum disciplinam. Curio ad focum posso ammirare quanto basta sia la parsimonia
sedenti magnum auri pondus Samnites cum dell’uomo sia la severità dei tempi: avendo i
attulissent, repudiati sunt; non enim aurum Sanniti portato a Curio, che sedeva presso il
habere praeclarum sibi videri dixit, sed eis qui fuoco, una gran quantità d’oro, furono da lui
haberent aurum imperare. cacciati via: infatti disse che non gli sembrava
cosa onesta possedere l’oro, ma comandare a
quelli che lo posseggono.
56. Poteratne tantus animus efficere non 56. Poteva un così nobile animo non
iucundam senctutem? Sed venio ad agricolas, procurargli una serena vecchiaia? Ma vengo
ne a me ipso recedam. In agris erant tum agli agricoltori, per non allontanarmi da me
senatores, id est senes, siquidem aranti L. stesso. Allora i senatori, cioè dei vecchi,
Quinctio Cincinnato nuntiatum est eum vivevano nelle campagne, se è vero che a
dictatorem esse factum; cuius dictatoris iussu Lucio Quinzio Cincinnato75 fu annunziato che

72
Il "De agricultura".
73
"Le opere e i giorni".
74
Il padre di Ulisse.
75
Cincinnato (Lucio Quinzio), personaggio romano dei primordi della Repubblica, famoso per la semplicità e
l'austerità dei costumi (V sec. a.C.). [Il nome deriva dal lat. cincinnus e significa riccioluto.] Le vicende della sua vita
furono tramandate in una luce di leggenda: nel 460 a.C. egli avrebbe ricevuto la nomina a console suffectus, portatagli
dai littori, mentre come modesto contadino arava il suo campicello; eletto dittatore nel 458 per soccorrere il console
Minucio assediato dagli Equi, dopo avere sbaragliato i nemici e riportato il trionfo, a sedici giorni dalla nomina
rinunciò alla carica per ritornare alla semplice vita di campagna. .
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 27 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
magister equitum C. Servilius Ahala Sp. era stato fatto dittatore mentre arava; e per
Maelium regnum adpetentem occupatum ordine di lui dittatore il comandante della
interemit. A villa in senatum arcessebatur et cavalleria Gaio Servilio Ahala76 uccise Spurio
Curius et ceteri senes, ex quo, qui eos Melio che intrigava per usurpare il potere.
arcessebant viatores nominati sunt. Num igitur Dalla campagna venivano convocati in senato
horum senectus miserabilis fuit, qui se agri sia Curio che gli altri vecchi; dal che furono
cultione oblectabant? Mea quidem sententia chiamati “corrieri” quelli che li andavano a
haud scio an nulla beatior possit esse, neque chiamare. Forse fu dunque miserevole la
solum officio, quod hominum generi universo vecchiaia di costoro, che si dilettavano nella
cultura agrorum est salutaris, sed et cura dei campi? Certamente, a parer mio, non
delectatione, quam dixi, et saturitate copiaque so se possa esistere una vecchiaia più felice, e
rerum omnium, quae ad victum hominum, ad non solo per la funzione, poiché la cura dei
cultum etiam deorum pertinent, ut, quoniam campi è salutare per l’intero genere umano, ma
haec quidem desiderant, in gratiam iam cum anche per il diletto di cui ho parlato e per la
voluptate redeamus. Semper enim boni grande abbondanza di tutte le cose che servono
assiduique domini referta cella vinaria, al sostentamento degli uomini, anche al culto
olearia, etiam penaria est, villaque tota degli dei e, giacché alcuni sentono il bisogno
locuples est, abundat porco, haedo, agno, di queste cose, ormai riconciliamoci con il
gallina, lacte, caseo, melle. Iam hortum ipsi piacere. Infatti sono sempre rifornite la
agricolae succidiam alteram appellant. cantina, l’orciaio, e pure la dispensa, di un
Conditiora facit haec supervacaneis etiam padrone buono e solerte, e tutta la villa è ricca,
operis aucupium atque venatio. abbonda di porci, capretti, agnelli, galline,
latte, formaggio, miele. E gli stessi agricoltori
chiamano l’orto una seconda dispensa. E la
caccia e l’uccellagione rendono queste cose
alquanto piacevoli anche nelle attività
superflue.
57. Quid de pratorum viriditate aut arborum 57. Che dire di più sul verde dei prati o sui
ordinibus aut vinearum olivetorumve specie filari degli alberi o sulla bellezza delle vigne o
plura dicam? Brevi praecidam: agro bene degli oliveti? Taglierò corto: nulla può esistere
culto nihil potest esse nec usu uberius nec di più redditizio per utilità e di più gradevole
specie ornatius; ad quem fruendum non modo alla vista di un campo ben coltivato. E a
non retardat, verum etiam invitat atque godere di esso la vecchiaia non solo non ci è di
adlectat senectus. Ubi enim potest illa aetas impedimento, ma anzi ci invita e ci alletta:
aut calescere vel apricatione melius vel igni, dove infatti può quella età o meglio riscaldarsi
aut vicissim umbris aquisve refrigerari standosene al sole o davanti al fuoco, oppure
salubrius? rinfrescarsi più salubremente sia all’ombra sia
con l’acqua?
58. Sibi habeant igitur arma, sibi equos, sibi 58. Si tengano dunque le armi, i cavalli, le
hastas, sibi clavam et pilam, sibi natationes lance, la clava e la palla, le cacce e le corse; a
atque cursus, nobis senibus ex lusionibus noi vecchi, dei molti giochi, lascino gli
multis talos relinquant et tesseras, id ipsum ut astragali e i dadi; e di questi quale dei due
lubebit, quoniam sine eis beata esse senectus vorranno, giacché la vecchiaia può essere
potest. felice senza di essi.

76
Servilio Ahala (Caio), leggendario personaggio romano, che nel 439 a.C., su incarico del senato o quale magister
equitum di Cincinnato, avrebbe ucciso il plebeo Spurio Melio, accusato dai patrizi di aspirare alla tirannide.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 28 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
XVII. 59. Multas ad res perutiles Xenophontis XVII. 59. I libri di Senofonte sono molto utili
libri sunt, quos legite, quaeso, studiose, ut per tante cose; vi prego, leggeteli attentamente,
facitis. Quam copiose ab eo agri cultura come state facendo. Con quanta abbondanza
laudatur in eo libro, qui est de tuenda re viene da lui lodata l'agricoltura in quel libro
familiari, qui Oeconomicus inscribitur! Atque che si occupa dell'amministrazione del
ut intellegatis nihil ei tam regale videri quam patrimonio di famiglia intitolato "Economico"!
studium agri colendi, Socrates in eo libro E, perché capiate che nulla a lui sembra così
loquitur cum Critobulo Cyrum minorem, degno di un re quanto la cura della
Persarum regem, praestantem ingenio atque coltivazione dei campi, Socrate in questo libro
imperi gloria, cum Lysander Lacedaemonius, racconta a Critobulo77 che Ciro il Giovane78, re
vir summae virtutis, venisset ad eum Sardis dei Persiani, che eccelleva per l'ingegno e per
eique dona a sociis adtulisset, et ceteris in la gloria del comando, quando lo spartano
rebus communem erga Lysandrum atque Lisandro, uomo di straordinario valore, venne
humanum fuisse et ei quendam consaeptum da lui a Sardi e gli portò i doni da parte degli
agrum diligenter consitum ostendisse. Cum alleati, non solo fu affabile e cortese in tutto il
autem admiraretur Lysander et proceritates resto verso Lisandro, ma gli mostrò anche un
arborum et derectos in quincuncem ordines et parco recintato, diligentemente seminato. E
humum subactam atque puram et suavitatem Lisandro, mostrandosi ammirato sia
odorum, qui adflarentur ex floribus, tum eum dell'altezza degli alberi sia dei filari disposti in
dixisse mirari se non modo diligentiam, sed "quincunce" (= a scacchiera) sia del terreno
etiam sollertiam eius, a quo essent illa dissodato e pulito che della soavità degli
dimensa atque discripta; et Cyrum effluvi che promanavano dai fiori, disse che
respondisse: 'Atqui ego ista sum omnia egli ammirava non solo la cura, ma anche la
dimensus; mei sunt ordines, mea discriptio, perizia di colui dal quale quelle cose erano
multae etiam istarum arborum mea manu sunt state disegnate e tracciate; e Ciro rispose:
satae.' Tum Lysandrum intuentem purpuram "Sono stato proprio io a disporre ogni cosa:
eius et nitorem corporis ornatumque Persicum miei sono i filari, mio il tracciato, inoltre molti
multo auro multisque gemmis dixisse; 'Recte di questi alberi sono stati piantati di mia
vero te, Cyre, beatum ferunt, quoniam virtuti mano." Allora Lisandro, guardando la porpora
tuae fortuna coniuncta est.' di lui e l'eleganza del corpo e l'abbigliamento
persiano con molto oro e molte gemme, disse:
"A ben ragione in verità, o Ciro, ti dicono
beato, perché la fortuna si sposa alla tua virtù."
60. Hac igitur fortuna frui licet senibus, nec 60. Dunque di questa buona sorte è concesso
aetas impedit, quo minus et ceterarum rerum godere ai vecchi e l'età non impedisce di
et in primis agri colendi studia teneamus occuparci, fino all'estremo limite della
usque ad ultimum tempus senectutis. M. vecchiaia, sia delle altre cose sia innanzitutto

77
F iglio di Critone, è l’interlocutore di Socrate nell’opera di Senofonte.
78
Ciro il Giovane(424 - Cunassa, sull'Eufrate, 401), figlio cadetto di Dario II e di Parisatide. Era stato investito dal
padre di un ampio comando in Asia Minore, per cui esercitava la sua autorità sulla Lidia, la Grande Frigia e la
Cappadocia; ma, spinto da grande ambizione, tentò di uccidere il fratello Artaserse II il giorno stesso della sua
incoronazione (405). Graziato per intervento della madre e restituito al comando in Asia Minore, cospirò con gli
Spartani e marciò contro il fratello alla testa di 100 mila Asiatici, cui si erano uniti 13 mila mercenari greci. Grazie al
valore e alla disciplina di questi ultimi (fra cui era Senofonte), poté penetrare profondamente nell'impero del fratello,
ma nella pianura di Cunassa (401 a.C.), attaccato dalle truppe di Artaserse, trovatosi isolato durante la battaglia,
venne ucciso.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 29 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
quidem Valerium Corvinum accepimus ad dell'agricoltura. Sappiamo poi che Marco
centesimum annum perduxise, cum esset acta Valerio Corvino 79 continuò fino a cento anni,
iam aetate in agris eosque coleret; cuius inter vivendo nei campi, ad età già inoltrata, e
primum et sextum consulatum sex et avendo cura di essi; e addirittura tra il suo
quadraginta anni interfuerunt. Ita, quantum primo e il sesto consolato intercorsero
spatium aetatis maiores ad senectutis initium quarantasei anni; e così, quello spazio di
esse voluerunt, tantus illi cursus honorum fuit; tempo che i nostri avi stabilirono come inizio
atque huius extrema aetas hoc beatior quam della vecchiaia, fu per lui la durata della sua
media, quod auctoritatis habebat plus, laboris carriera politica80; e l'ultimo periodo della sua
minus; apex est autem senectutis auctoritas. vita fu più felice di quello di mezzo, poiché
aveva maggiore autorità e minori gravosi
impegni. Coronamento della vecchiaia è
dunque l'autorità.
61. Quanta fuit in L. Caecilio Metello, quanta 61. E quanta ve ne fu in Lucio Cecilio
in A. Atilio Calatino! in quem illud elogium: Metello81, quanta in Aulo Attilio Calatino82!
'Hunc unum plurimae consentiunt gentes Per il quale fu scritto quel famoso epitaffio:
populi primarium fuisse virum.' Notum est "La maggior parte degli uomini concorda che
carmen incisum in sepulcro. Iure igitur gravis, quest'uomo fu il primo del suo popolo." È noto
cuius de laudibus omnium esset fama l'intero carme inciso sul suo sepolcro. Dunque
consentiens. Quem virum nuper P. Crassum, era a buon diritto autorevole lui, sulle cui lodi
pontificem maximum, quem postea M. era concorde l'opinione di tutti. Che uomo
Lepidum eodem sacerdotio praeditum, abbiamo visto poco fa in Publio Crasso,
vidimus! Quid de Paulo aut Africano loquar pontefice massimo, e poi in Marco Lepido83,
aut, ut iam ante, de Maximo? quorum non in insignito del medesimo sacerdozio! E che dire
sententia solum, sed etiam in nutu residebat di Paolo o dell'Africano o, come già ho detto
auctoritas. Habet senectus, honorata prima, di Massimo84? La loro autorità si
praesertim, tantam auctoritatem, ut ea pluris manifestava non solo con la parola, ma anche
sit quam omnes adulescentiae voluptates. con un cenno. La vecchiaia, specie di chi ha
ricoperto incarichi pubblici, possiede
un'autorità così grande da valere di più di tutti
i piaceri della giovinezza.
XVIII. 62. Sed in omni oratione mementote XVIII. 62. Ma ricordatevi che in tutto il mio
eam me senectutem laudare, quae fundamentis discorso io lodo quella vecchiaia che poggia
adulescentiae constituta sit. Ex quo efficitur id sulle fondamenta della giovinezza: da qui
quod ego magno quondam cum assensu deriva quel che io dissi col consenso di tutti,
omnium dixi, miseram esse senectutem quae se che è ben misera la vecchiaia che si difende a
oratione defenderet. Non cani, nec rugae parole: né i capelli bianchi né le rughe possono
repente auctoritatem arripere possunt, sed conquistare di colpo l’autorità, ma una vita

79
Da tribuno militare, nel 349, sostenne un duello contro un Gallo gigantesco, e nel combattimento fu aiutato da un
corvo, da cui gli sarebbe derivato il soprannome.
80
L'età di quarantasei anni segnava il passaggio alla "seniorum aetas".
81
Cfr. nota 41.
82
Combatté durante la prima guerra punica.
83
Marco Emilio Lepido, console nel 187 a.C. Vinse i Liguri e costruì la Via Emilia da Rimini a Piacenza, fondando
Modena e Parma (183). Pontefice massimo (180) e censore (179) con Marco Fulvio Nobiliore, con lui riformò i comizi
centuriati e fece edificare la Basilica Emilia. Console una seconda volta (175), morì nel 153. Al suo nome è legata la
pacificazione della Gallia Cisalpina.
84
Emilio Paolo, Scipione l’Africano Maggiore, Quinto Fabio Massimo.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 30 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
honeste acta superior aetas fructus capit passata, vissuta con rettitudine, raccoglie gli
auctoritatis extremos. estremi frutti dell’autorità.
63. Haec enim ipsa sunt honorabilia quae 63. Infatti queste cose che sembrano di poco
videntur levia atque communia, salutari, conto e banali, sono esse stesse lusinghiere:
adpeti, decedi, adsurgi, deduci, reduci, essere riveriti, ricevere visite, vedersi cedere il
consuli; quae et apud nos et in aliis civitatibus, passo, vedere gli altri che si alzano in piedi,
ut quaeque optime morata est, ita essere accompagnati e riaccompagnati a casa,
diligentissime observantur. Lysandrum essere consultati; queste cose, sia presso di noi
Lacedaemonium, cuius modo feci mentionem, che in altre città, quanto più sono morigerati i
dicere aiunt solitum Lacedaemonem esse costumi tanto più diligentemente vengono
honestissimum domicilium senectutis: osservate. Si narra che lo spartano Lisandro, di
nusquam enim tantum tribuitur aetati, cui poco fa ho fatto menzione, fosse solito
nusquam est senectus honoratior. Quin etiam affermare che Sparta fosse la casa più degna
memoriae proditum est, cum Athenis ludis della vecchiaia: in nessun luogo infatti si dà
quidam in theatrum grandis natu venisset, tanta importanza all’età, in nessun luogo la
magno consessu locum nusquam ei datum a vecchiaia viene più rispettata. Ed anzi ancora
suis civibus; cum autem ad Lacedaemonios si ricorda che ad Atene, in occasione dei
accessisset, qui legati cum essent, certo in loco giochi, essendo un tale già avanti negli anni
consederant, consurrexisse omnes illi dicuntur entrato nel teatro tra una folla strabocchevole,
et senem sessum recepisse. non gli fu trovato un posto in nessun settore da
parte dei suoi concittadini; essendosi invece
avvicinato a degli Spartani i quali, poiché
erano ambasciatori, sedevano in posti riservati,
si racconta che tutti questi si fossero alzati in
piedi e avessero accolto il vecchio a sedere tra
di loro.
64. Quibus cum a cuncto consessu plausus 64. Poiché a costoro furono tributati numerosi
esset multiplex datus, dixisse ex eis quendam applausi da parte di tutto il pubblico, uno di
Atheniensis scire, quae recta essent, sed facere essi disse che gli Ateniesi sapevano cosa era
nolle. Multa in nostro collegio praeclara, sed giusto fare, ma non lo volevano fare. Nel
hoc de quo agimus in primis, quod, ut quisque vostro collegio85 vi sono molte cose eccellenti,
aetate antecedit, ita sententiae principatum ma soprattutto questa, che ci riguarda, che
tenet, neque solum honore antecedentibus, sed chiunque sia più avanti negli anni possa
eis etiam, qui cum imperio sunt, maiores natu esprimere il proprio voto prima degli altri, e gli
augures anteponuntur. Quae sunt igitur àuguri più anziani hanno la precedenza non
voluptates corporis cum auctoritatis praemiis solo rispetto a coloro che sono superiori ad
comparandae? Quibus qui splendide usi sunt, essi per dignità, ma anche a quelli che
ei mihi videntur fabulam aetatis peregisse nec ricoprono magistrature di comando. Quali
tamquam inexercitati histriones in extremo piaceri del corpo sono dunque paragonabili ai
actu corruisse. privilegi dell’autorità? Coloro che di questi
hanno fatto un nobile uso mi pare che abbiano
ben recitato la commedia della vita e non
abbiano fatto fiasco all’ultimo atto, come
inesperti istrioni.
65. At sunt morosi et anxii et iracundi et 65. Ma i vecchi sono brontoloni, irrequieti,

85
Quello degli àuguri, cui appartenevano Scipione e Lelio.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 31 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
difficiles senes. Si quaerimus, etiam avari; sed irascibili e difficili, e in verità pure avari. Ma
haec morum vitia sunt, non senectutis. Ac questi sono difetti del carattere, non della
morositas tamen et ea vitia, quae dixi, habent vecchiaia. E tuttavia l’intrattabilità e questi
aliquid excusationis non illius quidem iustae, difetti che ho enumerato, hanno qualche
sed quae probari posse videatur; contemni se attenuante, certo non legittima, ma che sembra
putant, despici, inludi; praeterea in fragili possa essere sensata: credono di essere
corpore odiosa omnis offensio est. Quae tamen disprezzati, trascurati, derisi; inoltre in un
omnia dulciora fiunt et moribus bonis et corpo fragile ogni offesa risulta molesta. Tutte
artibus; idque cum in vita, tum in scaena queste cose tuttavia diventano più leggere con
intellegi potest ex eis fratribus, qui in Adelphis le buone abitudini e le virtù; e ciò, sia nella
sunt. Quanta in altero diritas, in altero vita che sulla scena, si può capire da quei
comitas! Sic se res habet; ut enim non omne fratelli protagonisti dell’”Adelfi”86: quanta
vinum, sic non omnis natura vetustate durezza nell’uno, quanta affabilità nell’altro!
coacescit. Severitatem in senectute probo, sed Così stanno le cose: infatti come non tutti i
eam, sicut alia, modicam, acerbitatem nullo vini, così non tutti i caratteri inacidiscono con
modo. la vecchiaia. Approvo la severità nella
vecchiaia, ma, come le altre cose, con una
certa misura; l’asprezza, invece, non l’approvo
in alcun modo.
66. Avaritia vero senilis quid sibi velit, non 66. L’avarizia senile, poi, non capisco a cosa
intellego; potest enim quicquam esse tenda: può infatti esistere qualcosa di più
absurdius quam, quo viae minus restet, eo plus assurdo che chiedere tante più provviste
viatici quaerere? quanta meno strada rimane?
XIX. Quarta restat causa, quae maxime angere XIX. Rimane la quarta ragione, che sembra più
atque sollicitam habere nostram aetatem delle altre opprimere e rendere angustiata la
videtur, adpropinquatio mortis, quae certe a nostra età: l'avvicinarsi della morte, la quale
senectute non potest esse longe. O miserum non può certo essere lontana dalla vecchiaia.
senem qui mortem contemnendam esse in tam Oh, misero il vecchio che non si è accorto che
longa aetate non viderit! quae aut plane in una vita così lunga la vecchiaia deve essere
neglegenda est, si omnino exstinguit animum, disprezzata! Essa o si deve del tutto trascurare,
aut etiam optanda, si aliquo eum deducit, ubi se estingue lo spirito, oppure deve addirittura
sit futurus aeternus; atqui tertium certe nihil essere desiderata, se lo conduce in un altro
inveniri potest. luogo dove vivrà in eterno; non si può certo
trovare una terza ipotesi.
67. Quid igitur timeam, si aut non miser post 67. Di cosa dunque devo aver paura, se dopo la
mortem aut beatus etiam futurus sum? morte sarò o non infelice o addirittura beato?
Quamquam quis est tam stultus, quamvis sit D'altronde chi è tanto stupido, benché sia
adulescens, cui sit exploratum se ad vesperum giovane, da essere certo di vivere fino a sera?
esse victurum? Quin etiam aetas illa multo Anzi proprio quella età la gioventù ha molte
pluris quam nostra casus mortis habet; facilius più occasioni di morte della nostra: i giovani
in morbos incidunt adulescentes, gravius contraggono le malattie più facilmente, più
aegrotant, tristius curantur. Itaque pauci gravemente si ammalano, più difficilmente si
veniunt ad senectutem; quod ni ita accideret, curano; e così pochi giungono fino alla
melius et prudentius viveretur. Mens enim et vecchiaia. Se non accadesse questo, si
ratio et consilium in senibus est; qui si nulli vivrebbe meglio e più accortamente: infatti nei

86
Demea e Micione, i vecchi fratelli protagonisti della commedia di Terenzio.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 32 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
fuissent, nullae omnino civitates fuissent. Sed vecchi c'è riflessione, saggezza e ponderatezza
redeo ad mortem impendentem. Quod est istud e se non esistessero i vecchi non sarebbero
crimen senectutis, cum id ei videatis cum sorti gli Stati. Ma torno alla morte che
adulescentia esse commune? incombe: che colpa è questa della vecchiaia,
visto che vi sembra che è in comune con la
gioventù?
68. Sensi ego in optimo filio, tu in exspectatis 68. L'ho sperimentato con il mio ottimo figlio
ad amplissimam dignitatem fratribus, Scipio, e tu, Scipione, coi tuoi fratelli destinati ai più
mortem omni aetati esse communem. At sperat alti onori, che la morte è comune ad ogni età.
adulescens diu se victurum, quod sperare idem Ma il giovane spera di vivere a lungo, cosa che
senex non potest. Insipienter sperat. Quid enim il vecchio non può ugualmente sperare.
stultius quam incerta pro certis habere, falsa Scioccamente lo spera: cosa c'è infatti di più
pro veris? At senex ne quod speret quidem stolto che ritenere certo quel che è incerto,
habet. At est eo meliore condicione quam vero quel che è falso? Ma il vecchio non ha
adulescens, quoniam id, quod ille sperat, hic neppure qualcosa in cui sperare. Però egli si
consecutus est; ille vult diu vivere, hic diu trova in una condizione migliore di quella del
vixit. giovane, perché quel che questi spera, egli l'ha
già raggiunto: quello vuol vivere a lungo, egli
a lungo ha già vissuto.
69. Quamquam, O di boni! quid est in hominis 69. Anche se, santi numi!, che significa "a
natura diu? Da enim summum tempus, lungo" per la natura umana? Dammi infatti il
exspectemus Tartessiorum regis aetatem (fuit tempo più lungo, aspettiamoci l'età del re dei
enim, ut scriptum video, Arganthonius quidam Tartessi87 - vi fu, infatti, come vedo scritto, un
Gadibus, qui octoginta regnavit annos, centum certo Argantonio a Cadice, che regnò per
viginti vixit)--sed mihi ne diuturnum quidem ottant'anni e ne visse centoventi -; ma non mi
quicquam videtur in quo est aliquid extremum. sembra neppure durevole una cosa in cui vi sia
Cum enim id advenit, tum illud, quod un certo limite. Quando infatti esso arriva,
praeteriit, effluxit; tantum remanet, quod allora ciò che è passato è svanito; rimane quel
virtute et recte factis consecutus sis; horae tanto che hai conseguito con la virtù e con le
quidem cedunt et dies et menses et anni, nec azioni rette; se ne vanno le ore, i mesi, gli anni
praeteritum tempus umquam revertitur, nec e il tempo passato non ritorna mai più, né si
quid sequatur sciri potest; quod cuique può conoscere il futuro. Ognuno deve
temporis ad vivendum datur, eo debet esse accontentarsi del tempo che ci è concesso da
contentus. vivere.
70. Neque enim histrioni, ut placeat, 70. Infatti l'attore, per piacere, non deve
peragenda fabula est, modo, in quocumque ultimare la rappresentazione, purché si faccia
fuerit actu, probetur, neque sapientibus usque apprezzare in qualsiasi atto abbia recitato e il
ad 'Plaudite' veniendum est. Breve enim saggio non deve arrivare all'"Applaudite!":
tempus aetatis satis longum est ad bene infatti una breve durata della vita è abbastanza
honesteque vivendum; sin processerit longius, lunga per vivere bene e con onestà; se poi la
non magis dolendum est, quam agricolae vita si protrarrà più a lungo, non bisogna
dolent praeterita verni temporis suavitate dolersene più di quanto se ne dolgano i
aestatem autumnumque venisse. Ver enim contadini quando, passata la dolcezza del
tamquam adulescentiam significat ostenditque tempo primaverile, siano arrivati l'estate e

87
Tartesso era una città spagnola alla foce del fiume Baetis, oggi Guadalquivir. Argantonio, suo re leggendario, era
famoso per la sua longevità.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 33 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
fructus futuros, reliqua autem tempora l'autunno: la primavera, infatti, simboleggia
demetendis fructibus et percipiendis quasi la giovinezza e mostra i frutti futuri,
accommodata sunt. mentre le altre stagioni sono idonee a mietere e
a raccogliere i frutti.
71. Fructus autem senectutis est, ut saepe dixi, 71. Frutto della vecchiaia è, poi, come ho
ante partorum bonorum memoria et copia. spesso affermato, il ricordo e l'abbondanza dei
Omnia autem quae secundum naturam fiunt beni conseguiti in precedenza. Tutto quel che
sunt habenda in bonis. Quid est autem tam avviene secondo natura deve essere annoverato
secundum naturam quam senibus emori? Quod tra i beni; e cosa c'è così secondo natura che
idem contingit adulescentibus adversante et per i vecchi morire? Cosa che capita
repugnante natura. Itaque adulescentes mihi ugualmente ai giovani, ma con l'opposizione e
mori sic videntur, ut cum aquae multitudine la resistenza della natura. Perciò mi sembra
flammae vis opprimitur, senes autem sic, ut che i giovani muoiano così, come quando la
cum sua sponte nulla adhibita vi consumptus forza di una fiamma viene domata da un
ignis exstinguitur; et quasi poma ex arboribus, copioso getto d'acqua, mentre i vecchi come
cruda si sunt, vix evelluntur, si matura et quando, senza nessuna coercizione,
cocta, decidunt, sic vitam adulescentibus vis spontaneamente un fuoco consumato si
aufert, senibus maturitas; quae quidem mihi spegne; e come le mele, se sono acerbe,
tam iucunda est, ut, quo propius ad mortem vengono con la forza strappate dagli alberi,
accedam, quasi terram videre videar mentre cadono se perfettamente mature, così la
aliquandoque in portum ex longa navigatione violenza strappa la vita ai giovani, ai vecchi la
esse venturus. maturità. E questa mi è talmente piacevole che,
quanto più mi avvicino alla morte, mi sembra
quasi di veder terra e di stare per approdare
finalmente in porto dopo una lunga
navigazione.
XX. 72. Senectutis autem nullus est certus XX. 72. Non esiste, d’altronde, un termine
terminus, recteque in ea vivitur, quoad munus certo della vecchiaia, e in essa si vive bene
offici exsequi et tueri possit [mortemque finché si riesce ad assolvere e a far fronte
contemnere]; ex quo fit, ut animosior etiam all’obbligo del proprio dovere e a disprezzare
senectus sit quam adulescentia et fortior. Hoc la morte. Da qui deriva che la vecchiaia è
illud est quod Pisistrato tyranno a Solone anche più coraggiosa e più forte della
responsum est, cum illi quaerenti, qua tandem giovinezza. E questo spiega ciò che fu risposto
re fretus sibi tam audaciter obsisteret, al tiranno Pisistrato da parte di Solone, quando
respondisse dicitur: 'Senectute.' Sed vivendi a quello che gli chiedeva in che cosa fidando
est finis optimus, cum integra mente certisque gli si opponeva così pervicacemente, si dice
sensibus opus ipsa suum eadem quae che abbia risposto: “Nella vecchiaia”. Ma la
coagmentavit, natura dissolvit. Ut navem, ut fine migliore del vivere è quando, con la mente
aedificium idem destruit facillime, qui ancora lucida ed i sensi funzionanti, la stessa
construxit, sic hominem eadem optime quae natura disfa la propria opera che essa ha messo
conglutinavit natura dissolvit. Iam omnis insieme; come una nave, come un edificio, li
conglutinatio recens aegre, inveterata facile distrugge molto più facilmente colui che li ha
divellitur. Ita fit ut illud breve vitae reliquum costruiti, così la medesima natura, che ha così
nec avide adpetendum senibus nec sine causa bene strutturato l’uomo, lo dissolve; inoltre
deserendum sit; vetatque Pythagoras iniussu ogni corpo formato da poco si disgrega con
imperatoris, id est dei, de praesidio et statione facilità, mentre se è antico con difficoltà.
vitae decedere. Pertanto quel breve residuo di vita non deve

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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 34 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
essere desiderato avidamente dai vecchi e non
deve essere abbandonato senza motivo. E
Pitagora vieta che ci si allontani dal proprio
presidio e corpo di guardia della vita senza il
permesso del comandante, cioè del dio.
73. Solonis quidem sapientis est elogium, quo 73. C’è poi un detto del saggio Solone, con cui
se negat velle suam mortem dolore amicorum egli afferma di non volere che la sua morte sia
et lamentis vacare. Volt, credo, se esse carum priva del dolore e del pianto degli amici;
suis; sed haud scio an melius Ennius: ‘Nemo vuole, credo, essere caro ai suoi. Ma non so se
me lacrumis decoret neque funera fletu faxit.’ dice meglio Ennio: “Nessuno mi onori con le
lacrime né mi faccia le esequie con il pianto”.
74. Non censet lugendam esse mortem, quam 74. Pensa che non si debba piangere una morte
immortalitas consequatur. Iam sensus a cui subentri l’immortalità. Forse può esserci
moriendi aliquis esse potest, isque ad exiguum una qualche sensazione di morire, e per un
tempus, praesertim seni; post mortem quidem breve istante, specie per un vecchio, ma dopo
sensus aut optandus aut nullus est. Sed hoc la morte la facoltà di sentire o è desiderabile o
meditatum ab adulescentia debet esse mortem non esiste. Ma ciò deve costituire motivo di
ut neglegamus, sine qua meditatione tranquillo riflessione da parte della giovinezza, affinché
animo esse nemo potest. Moriendum enim non ci preoccupiamo della morte; senza tale
certe est, et incertum an hoc ipso die. Mortem riflessione nessuno può stare con l’animo
igitur omnibus horis impendentem timens qui sereno: infatti è certo che si deve morire, non
poterit animo consistere? si sa se in questo medesimo giorno; chi potrà
mantenere un animo saldo, se teme la morte,
che incombe ad ogni istante?
75. De qua non ita longa disputatione opus 75. Mi sembra che sull’argomento non ci sia
esse videtur, cum recorder non L. Brutum, qui bisogno di molti discorsi, quando io ricordi
in liberanda patria est interfectus, non duos non Lucio Bruto88, che fu ucciso nel liberare la
Decios, qui ad voluntariam mortem cursum patria, non i due Deci, che spronarono la corsa
equorum incitaverunt, non M. Atilium, qui ad dei cavalli verso una morte volontaria, non
supplicium est profectus, ut fidem hosti datam Marco Attilio 89, che partì verso il supplizio,
conservaret, non duos Scipiones, qui iter per tenere fede alla parola data al nemico, non
Poenis vel corporibus suis obstruere i due Scipioni, che vollero sbarrare la strada ai
voluerunt, non avum tuum L. Paulum, qui Cartaginesi persino coi loro corpi, non tuo
morte luit conlegae in Cannensi ignominia nonno, Lucio Paolo, che pagò con la morte
temeritatem, non M. Marcellum, cuius l’avventatezza del collega90 nella vergogna di

88
Bruto (Lucio Giunio), figlio di una sorella di Tarquinio il Superbo. Violentemente ostile alla monarchia, in seguito al
suicidio di Lucrezia sollevò il popolo di Roma e fece dichiarare l'abolizione del regno e l'esilio della gens Tarquinia
(509 a.C.). Presiedette egli stesso all'esecuzione della condanna a morte dei suoi due figli, colpevoli di aver preso parte
a un complotto con l'intento di ristabilire sul trono i Tarquini. Morì in un duello con Arunte, figlio di Tarquinio.
89
Attilio Regolo (Marco), generale romano. Console nel 267, quindi per la seconda volta nel 256 a.C., riportò sui
Cartaginesi la grande vittoria navale di Ecnomo, passando poi in Africa con l'intenzione di impadronirsi direttamente
di Cartagine, ma fu vinto e catturato. Mandato a Roma per trattare il riscatto dei prigionieri e la pace, su promessa che
sarebbe ritornato in caso di fallimento delle trattative, eroicamente dissuase i suoi concittadini dall'accordarsi con il
nemico e ritornò a Cartagine. Quivi, secondo una tradizione notissima ma non accertata storicamente, fu per vendetta
esposto nudo e ricoperto di miele alle punture degli insetti, quindi precipitato da una rupe in mare in una botte irta
all'interno di punte di ferro.
90
Caio Terenzio Varrone.
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M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
interitum ne crudelissimus quidem hostis Canne, non Marco Marcello91, la cui morte
honore sepulturae carere passus est, sed nemmeno un crudelissimo nemico92 tollerò che
legiones nostras, quod scripsi in Originibus, in fosse privata dell’onore della sepoltura, ma le
eum locum saepe profectas alacri animo et nostre legioni, cosa che scrissi nelle “Origini”,
erecto, unde se redituras numquam spesso partite con animo forte e fiero verso
arbitrarentur. Quod igitur adulescentes, et ei quel luogo da cui pensavano non sarebbero
quidem non solum indocti, sed etiam rustici, tornate mai più. Dunque quel che disprezzano
contemnunt, id docti senes extimescent? dei giovani, addirittura non solo ignoranti, ma
anche zotici, dovranno temere dei vecchi
acculturati?
76. Omnino, ut mihi quidem videtur, studiorum 76. Infine, come davvero mi sembra, la sazietà
omnium satietas vitae facit satietatem. Sunt di tutte le inclinazioni arreca la sazietà della
pueritiae studia certa; num igitur ea vita; vi sono inclinazioni precise della
desiderant adulescentes? Sunt ineuntis fanciullezza: forse che i giovani le
adulescentiae: num ea constans iam requirit rimpiangono? Ve ne sono nell’incipiente
aetas quae media dicitur? Sunt etiam eius giovinezza: forse le reclama la salda età che è
aetatis; ne ea quidem quaeruntur in senectute. detta di mezzo? Ve ne sono anche di questa
Sunt extrema quaedam studia senectutis: ergo, età: neanche queste si ricercano nella
ut superiorum aetatum studia occidunt, sic vecchiaia. Vi sono infine inclinazioni tipiche
occidunt etiam senectutis; quod cum evenit, della vecchiaia: dunque quando tramontano le
satietas vitae tempus maturum mortis adfert. inclinazioni delle età precedenti, così
tramontano anche quelle della vecchiaia; e
quando ciò accade, la sazietà della vita porta
con sé il tempo maturo della morte.
XXI. 77. Non enim video cur, quid ipse sentiam XXI. 77. Non vedo infatti perché non dovrei
de morte, non audeam vobis dicere, quod eo osare dirvi cosa io stesso penso della morte,
cernere mihi melius videor, quo ab ea propius poiché mi sembra che io giudichi meglio
absum. Ego vestros patres, P. Scipio, tuque, C. quanto più mi avvicino ad essa. Io credo che i
Laeli, viros clarissimos mihique amicissimos, vostri padri, il tuo93, o Scipione, e il tuo94, o
vivere arbitror, et eam quidem vitam, quae est Lelio, uomini famosissimi e a me tanto amici,
sola vita nominanda. Nam, dum sumus inclusi vivano, e proprio quella vita che sola si deve
in his compagibus corporis, munere quodam chiamare vita. Infatti, finché siamo rinchiusi in
necessitatis et gravi opere perfungimur; est questa prigione del corpo, adempiamo ad un
enim animus caelestis ex altissimo domicilio certo dovere di necessità e con grave fatica:
depressus et quasi demersus in terram, locum infatti l’anima celeste si abbassa dal suo
divinae naturae aeternitatique contrarium. Sed altissimo domicilio e quasi sprofonda in terra,
credo deos immortalis sparsisse animos in luogo contrario alla natura divina e all’eternità.
corpora humana, ut essent, qui terras Ma io penso che gli dei immortali abbiano
tuerentur, quique caelestium ordinem disseminato le anime nei corpi umani, affinché
contemplantes imitarentur eum vitae modo esistessero coloro che custodissero la terra, e
atque constantia. Nec me solum ratio ac che, contemplando l’armonia delle cose
disputatio impulit, ut ita crederem, sed celesti, la imitassero con la condotta ed il
nobilitas etiam summorum philosophorum et contegno della vita. E non solo il

91
Marco Claudio Marcello, che espugnò Siracusa nel 211 a.C.
92
Annibale.
93
Emilio Paolo, il vincitore di Pidna.
94
Caio Lelio, console nel 190 a.C.
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M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
auctoritas. ragionamento e la discussione mi hanno
indotto a credere questo, ma anche la
reputazione e l’autorità dei più grandi filosofi.
78. Audiebam Pythagoram Pythagoreosque, 78. Sentivo che Pitagora e i pitagorici, quasi
incolas paene nostros, qui essent Italici nostri compatrioti, i quali una volta erano
philosophi quondam nominati, numquam, chiamati “filosofi italici”, non avevano mai
dubitasse, quin ex universa mente divina messo in dubbio che noi avessimo anime
delibatos animos haberemus. emanate dalla divina intelligenza. Inoltre mi
Demonstrabantur mihi praeterea, quae venivano spiegate le cose su cui Socrate aveva
Socrates supremo vitae die de immortalitate dissertato, nell’ultimo giorno della sua vita,
aminorum disseruisset, is qui esset omnium circa l’immortalità delle anime, egli che era
sapientissimus oraculo Apollinis iudicatus. stato giudicato dall’oracolo di Apollo il più
Quid multa? Sic persuasi mihi, sic sentio, cum saggio di tutti. Perché ancora tante parole? Di
tanta celeritas animorum sit, tanta memoria questo mi sono convinto, questo sento: così
praeteritorum futurorumque prudentia, tot grande è la velocità dello spirito, così grande il
artes, tantae scientiae, tot inventa, non posse ricordo delle cose passate e la preveggenza di
eam naturam, quae res eas contineat, esse quelle future, tante le arti, tante le scienze,
mortalem, cumque semper agitetur animus nec tante le invenzioni, che non può essere mortale
principium motus habeat, quia se ipse moveat, quella natura che contiene queste cose; e
ne finem quidem habiturum esse motus, quia poiché l’anima sempre si muove e il suo
numquam se ipse sit relicturus; et, cum movimento non ha principio, perché si muove
simplex animi esset natura, neque haberet in da sé, il suo moto non avrà neppure una fine,
se quicquam admixtum dispar sui atque perché non abbandonerà mai se stessa; e
dissimile, non posse eum dividi; quod si non poiché la natura dell’anima è semplice e non
posset, non posse interire; magnoque esse ha mescolato a sé nessun elemento eterogeneo,
argumento homines scire pleraque ante quam non può essere divisa; e se non può essere
nati sint, quod iam pueri, cum artis difficilis divisa, non può morire; ed è una convincente
discant, ita celeriter res innumerabilis prova che gli uomini conoscono la maggior
arripiant, ut eas non tum primum accipere parte delle cose prima di nascere il fatto che,
videantur, sed reminisci et recordari. Haec pur fanciulli, imparando nozioni difficili, così
Platonis fere. rapidamente si impadroniscono di
numerosissime cose, che non sembra che le
acquisiscano allora per la prima volta, ma le
ricordino e le richiamino alla mente. Questa
all’incirca è (la dottrina) di Platone.
XXII. 79. Apud Xenophontem autem moriens XXII. 79. In Senofonte95, poi, Ciro il Grande,
Cyrus maior haec dicit: 'Nolite arbitrari, O morente, dice queste parole: “Non crediate,
mihi carissimi filii, me, cum a vobis miei carissimi figli, che io, una volta dipartito
discessero, nusquam aut nullum fore. Nec da voi, non sarò in nessun luogo o non sarò più
enim, dum eram vobiscum, animum meum nulla. Infatti, finquando stavo in mezzo a voi,
videbatis, sed eum esse in hoc corpore ex eis non vedevate la mia anima, ma capivate dalle
rebus quas gerebam intellegebatis. Eundem cose che facevo che essa si trovava in questo
igitur esse creditote, etiamsi nullum videbitis. corpo; dunque dovrete credere che essa stessa
esista, anche se non vedrete nulla.
80. Nec vero clarorum virorum post mortem 80. E in verità non perdurerebbero dopo la

95
Nella Ciropedia.
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M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
honores permanerent, si nihil eorum ipsorum morte le onoranze verso gli uomini illustri, se
animi efficerent, quo diutius memoriam sui le loro stesse anime non facessero niente per
teneremus. Mihi quidem numquam persuaderi farci conservare più a lungo il loro ricordo. Io,
potuit animos, dum in corporibus essent poi, non sono mai riuscito a convincermi che
mortalibus, vivere, cum excessissent ex eis, le anime, fino a quando risiedono nei corpi
emori, nec vero tum animum esse insipientem, mortali, siano vive, mentre quando si
cum ex insipienti corpore evasisset, sed cum dipartono da essi, muoiano, né in verità che
omni admixtione corporis liberatus purus et l’anima allora diventa priva di senno quando
integer esse coepisset, tum esse sapientem. evade da un corpo privo di senno, ma che
Atque etiam cum hominis natura morte allora diventa sapiente quando, liberata da ogni
dissolvitur, ceterarum rerum perspicuum est mescolanza col corpo, inizia a divenire pura ed
quo quaeque discedat; abeunt enim illuc integra. E ancora, quando la natura dell’uomo
omnia, unde orta sunt, animus autem solus nec viene disfatta dalla morte, è chiaro dove va a
cum adest nec cum discedit, apparet. Iam vero finire ciascuno degli altri costituenti: vanno a
videtis nihil esse morti tam simile quam finire tutti lì dove hanno avuto origine;
somnum. soltanto l’anima, invece, non appare né quando
è presente né quando è dipartita.
81. Atqui dormientium animi maxime 81. Inoltre vedete che nulla è tanto simile alla
declarant divinitatem suam; multa enim, cum morte quanto il sonno; e le anime di coloro che
remissi et liberi sunt, futura prospiciunt. Ex dormono mostrano massimamente la propria
quo intellegitur quales futuri sint, cum se natura divina: infatti quando sono rilassate e
plane corporis vinculis relaxaverint. Qua re, si libere riescono a prevedere molte cose future;
haec ita sunt, sic me colitote,' inquit, 'ut deum; dal che si comprende come esse saranno,
sin una est interiturus animus cum corpore, quando si saranno sciolte del tutto dai legami
vos tamen, deos verentes, qui hanc omnem dei corpi. Perciò, stando così le cose,
pulchritudinem tuentur et regunt, memoriam veneratemi – disse – come un dio; se poi
nostri pie inviolateque servabitis.' l’anima è destinata a perire con il corpo, voi
tuttavia, che siete rispettosi degli dei, i quali
custodiscono e reggono tutta questa bellezza,
conserverete il ricordo di me con devozione ed
affetto”. Questo disse Ciro in punto di morte;
noi, se vi aggrada, guardiamo i nostri esempi.
XXIII. 82. Cyrus quidem haec moriens; nos, si XXIII. 82. Nessuno mi persuaderà mai, o
placet, nostra videamus. Nemo umquam mihi, Scipione, che tuo padre Paolo, o i tuoi due
Scipio, persuadebit aut patrem tuum Paulum, nonni, Paolo e l'Africano, o il padre
aut duos avos, Paulum et Africanum, aut dell'Africano o suo zio materno, oppure molti
Africani patrem, aut patruum, aut multos eccellenti uomini, che non è il caso di
praestantis viros quos enumerare non est enumerare, si cimentarono in tante gesta che
necesse, tanta esse conatos, quae ad tendevano al ricordo della posterità, se non
posteritatis memoriam pertinerent, nisi animo pensavano nel loro animo che la posterità
cernerent posteritatem ad se ipsos pertinere. potesse riguardarli. O forse pensi - per
Anne censes, ut de me ipse aliquid more senum vantarmi un po' da solo alla maniera dei vecchi
glorier, me tantos labores diurnos - che io mi sarei sottoposto a tante fatiche di
nocturnosque domi militiaeque suscepturum giorno e di notte, in pace ed in guerra, se
fuisse, si eisdem finibus gloriam meam, quibus avessi dovuto delimitare la mia gloria negli
vitam, essem terminaturus? Nonne melius stessi confini della vita? Non sarebbe stato
multo fuisset otiosam et quietam aetatem sine molto meglio trascorrere una vita priva di

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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 38 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
ullo labore et contentione traducere? Sed impegni e tranquilla, senza alcun affanno e
nescio quo modo animus erigens se contesa? Ma non so come, l'anima mia,
posteritatem ita semper prospiciebat, quasi, erigendosi, guardava sempre verso la posterità
cum excessisset e vita, tum denique victurus come se, una volta dipartita dalla vita, allora
esset. Quod quidem ni ita se haberet, ut animi finalmente avesse vissuto. Che se poi non
inmortales essent, haud optimi cuiusque fosse così, che le anime sono immortali, le
animus maxime ad inmortalitatem et gloriam anime di tutti i migliori non tenderebbero in
niteretur. massimo grado alla immortalità ed alla gloria.
83. Quid, quod sapientissimus quisque 83. E che? Poiché quanto più uno è saggio
aequissimo animo moritur, stultissimus tanto più muore con animo sereno, e quanto
iniquissimo, nonne vobis videtur is animus qui più è stolto tanto più muore con animo
plus cernat et longius, videre se ad meliora angosciato, non vi sembra che quell'anima, che
proficisci, ille autem cuius obtusior sit acies, più distingue e più in profondità, veda che essa
non videre? Equidem efferor studio patres parte verso cose migliori, e quella invece, la
vestros, quos colui et dilexi videndi, neque cui vista sia più ottusa, non lo veda? Davvero
vero eos solos convenire aveo quos ipse mi sento struggere dal desiderio di vedere i
cognovi, sed illos etiam de quibus audivi et vostri padri, che ho amato e venerato, né in
legi et ipse conscripsi; quo quidem me verità bramo di raggiungere solo quelli che ho
proficiscentem haud sane quid facile conosciuto, ma anche quelli dei quali ho
retraxerit, nec tamquam Peliam recoxerit. Et sentito parlare, ho letto ed io stesso ho scritto.
si quis deus mihi largiatur, ut ex hac aetate E non certo facilmente, una volta che sarò
repuerascam et in cunis vagiam, valde partito, mi si potrà trattenere né ricuocermi
recusem, nec vero velim quasi decurso spatio come Pelia96. E se qualche dio mi concedesse
ad carceres a calce revocari. di tornare fanciullo da questa età e di vagire
nella culla, rifiuterei decisamente, e non vorrei
certo, una volta percorsa quasi tutta la pista,
essere ricondotto dal punto di arrivo a quello
di partenza97.
84. Quid habet enim vita commodi? Quid non 84. Cosa di positivo ha infatti la vita? O
potius laboris? Sed habeat sane, habet certe piuttosto quale travaglio non ha? Ma ne abbia
tamen aut satietatem aut modum. Non lubet pure di cose positive, tuttavia ha certamente
enim mihi deplorare vitam, quod multi, et ei sazietà o misura. Non mi piace, infatti,
docti, saepe fecerunt, neque me vixisse deplorare la vita, cosa che spesso hanno fatto
paenitet, quoniam ita vixi, ut non frustra me in molti ed anche saggi, né mi pento di essere
natum existimem, ut ex vita ita discedo vissuto, benché io sia vissuto in modo da non
tamquam ex hospitio, non tamquam e domo. credere di essere nato invano, e mi allontano
Commorandi enim natura devorsorium nobis, dalla vita come da un albergo, non come da
non habitandi dedit. O praeclarum diem, cum una casa: infatti la natura ci ha dato un
in illud divinum animorum concilium alloggio per sostarvi, non per abitarvi. O felice
coetumque proficiscar cumque ex hac turba et il giorno, quando partirò per quel divino
conluvione discedam! Proficiscar enim non ad consesso e convegno di anime e mi staccherò
eos solum viros, de quibus ante dixi, verum da questa ressa e da questa confusione! Partirò
etiam ad Catonem meum, quo nemo vir melior infatti non solo verso quegli uomini di cui

96
La maga Medea aveva persuaso le figlie del re Pelia, che tramava contro Giasone, a tagliare a pezzi il padre e a
cuocerlo, in modo da restituirgli la giovinezza.
97
Calx,cis = calce, è il termine della corsa, che si segnava tirando una linea con la calce. Carcer,eris = sbarre, erano
le sbarre che trattenevano, alla partenza, i carri per le corse nel circo.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 39 -
M. TULLII CICERONIS CATO MAIOR DE SENECTUTE
natus est, nemo pietate praestantior; cuius a prima ho parlato, ma anche verso il mio
me corpus est crematum, quod contra decuit Catone, di cui nessun uomo è nato migliore,
ab illo meum, animus vero, non me deserens nessuno più dotato di amore filiale; il cui
sed respectans, in ea profecto loca discessit, corpo è stato da me cremato, mentre invece
quo mihi ipsi cernebat esse veniendum. Quem sarebbe stato giusto che da lui fosse cremato il
ego meum casum fortiter ferre visus sum, non mio, e la sua anima, non abbandonandomi, ma
quo aequo animo ferrem, sed me ipse volgendosi a guardarmi, se ne andò senza
consolabar existimans non longinquum inter dubbio in quei luoghi dove egli stesso vedeva
nos digressum et discessum fore. che anche io sarei poi venuto. Se vi è parso che
io abbia con animo forte sopportato questa mia
sventura, non l'ho certo sopportata con animo
sereno, ma mi consolavo pensando che non
sarebbero stati lunghi tra di noi il distacco e la
separazione.
85. His mihi rebus, Scipio (id enim te cum 85. Per queste cose, o Scipione - ciò infatti hai
Laelio admirari solere dixisti), levis est detto che suoli ammirare assieme a Lelio - , mi
senectus, nec solum non molesta sed etiam è lieve la vecchiaia, e non solo non mi è di
iucunda. Quod si in hoc erro, qui animos peso, ma anzi mi è piacevole. Se poi sbaglio
hominum inmortalis esse credam, libenter nel ritenere che le anime degli uomini siano
erro; nec mihi hunc errorem, quo delector, immortali, sbaglio volentieri, e non voglio,
dum vivo, extorqueri volo; sin mortuus, ut finché vivo, che mi si strappi da questo errore
quidam minuti philosophi censent, nihil di cui sono lieto; se poi da morto, come alcuni
sentiam, non vereor, ne hunc errorem meum pseudofilosofi ritengono98, non sentirò nulla,
philosophi mortui irrideant. Quod si non non temo che dei filosofi morti possano
sumus inmortales futuri, tamen exstingui deridere questo mio errore. Se invece non
homini suo tempore optabile est. Nam habet siamo destinati ad essere immortali, tuttavia è
natura, ut aliarum omnium rerum, sic vivendi desiderabile per l'uomo spegnersi al tempo
modum. Senectus autem aetatis est peractio giusto: infatti la natura, come per tutte le altre
tamquam fabulae, cuius defatigationem fugere cose, così anche per il vivere ha una misura; la
debemus, praesertim adiuncta satietate. vecchiaia, poi, è per la vita come l'atto finale
Haec habui, de senectute quae dicerem, ad di un dramma, e di essa dobbiamo evitare la
quam utinam perveniatis, ut ea, quae ex me stanchezza, specie una volta raggiunta la
audistis, re experti probare possitis. sazietà.
Questo avevo da dire sulla vecchiaia. Voglia il
cielo che ad essa giungiate, in modo da poter
provare con la vostra esperienza le cose che
avete udito da me!

98
Si riferisce agli Epicurei.
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Traduzione di Luigi Chiosi - Pag. 40 -

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