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PALINSESTI 5
Responsabile scientifico
Roberto De Gaetano
(Coordinatore Dottorato Internazionale di Studi Umanistici)
Comitato scientifico
Michele Borrelli, Felice Cimatti, Pio Colonnello, Giovanna De Sensi,
Raffaele Perrelli, Gisèle Vanhese
Redazione
Alessandro Canadè (coordinamento), Bruna Mancini, Katia Massara,
Fabrizio Palombi, Ivan Pupo
Segretaria di redazione
Deborah De Rosa
I saggi pubblicati nel presente volume sono stati tutti sottoposti a procedure
di valutazione, e specificatamente di blind peer review per quanto riguarda la
sezione “La scena dottorale”
Stampato in Italia nel mese di febbraio 2019 per conto di Pellegrini Editore
Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza
Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672
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2 Palinsesti
UNIVERSITà DELLA CALABRIA
Consiglio scientifico
Pietro Barcellona (Università di Catania), Elio Franzini (Università degli Studi
di Milano), Stefano Gensini (Università di Roma “La Sapienza”), Romano Lupe-
rini (Università di Siena), Ferruccio Marotti (Università di Roma “La Sapien-
za”), Paolo Mastrandrea (Università di Venezia), Luca Serianni (Università di
Roma “La Sapienza”), Fulvio Tessitore (Università di Napoli Federico II)
Consiglio direttivo
Pio Colonnello, Felice Cimatti, Roberto De Gaetano, Francesco Garritano,
Raffaele Perrelli, Claudia Stancati
Palinsesti 3
Sommario
Presentazione 7
APERTURE
OFFICINA
Adriano Bertollini
L’amicizia in Homo sacer di Agamben 21
Antonio Capocasale
Forma-di-cinema. Note sul gesto rosselliniano 37
Claudio D’Aurizio
La vertigine dell’indistinzione: la storia in Homo sacer 63
Deborah De Rosa
La vita degli uomini sacri. Riflessioni sul bando agambeniano 85
Daniele Dottorini
Genealogie. La dialettica Sacro-Profanazione in Pasolini
e Agamben 95
Emanuele Fadda
Verbum sacrum. La zoé e il bìos delle parole 105
Giulia Guadagni
Viaggio al centro del dispositivo. Sulla forma-di-vita in
Homo sacer 119
Caterina Marino
La possibilità del giuramento. Alcune riflessioni a partire
da Il sacramento del linguaggio di Agamben 133
Marco Mazzeo
Contro la filosofia dell’avventura 153
Palinsesti 5
Angelo Nizza
Maradona politico? Per una critica dell’inoperosità 167
Luca Parisoli
Il discorso francescano tra normativismo e anomia:
leggendo Altissima povertà 183
Bruno Roberti
Pulcinella insegue una farfalla. Nachleben, immagine
e forma di vita tra Warburg e Agamben 203
Viviana Vozzo
Il limite come pura possibilità. Kafka in Agamben 219
LA SCENA DOTTORALE
Andrea Canino
Meyer Schapiro e il dibattito sulla costruzione di
un’estetica americana nella prima metà degli anni Trenta:
studio di un contributo inedito 239
Deborah De Rosa
The Person and «the Thing». Divisions and Intersections,
between Esposito and Lacan 255
Danilo De Salazar
«Sângeră vioara neagră-ntre oglinzi».
La sinestesia oltre il piano sintagmatico 265
Luisa Sampugnaro
Il divenire musica della pittura. Il tema della objektlose
Malerei in Hegel, Kandinskij e Kojève 301
Valentina Sirangelo
Mito greco e poesia francese: la Kore «verde»
di Yves Bonnefoy 327
Nausica Tucci
Più vero del reale. Le forme ibride del cinema italiano
contemporaneo 347
6 Palinsesti
Viaggio al centro del dispositivo.
Sulla forma-di-vita in Homo sacer
Giulia Guadagni
Scrive Agamben ne L’uso dei corpi: «[i]l nostro scopo […] è […]
l’elaborazione di categorie che si sottraggano alle aporie del disposi-
tivo ontologico»1. Tutti i libri che compongono il ciclo di Homo sacer
(1995-2014) concorrono a formulare una diagnosi: viviamo intrappolati
in un dispositivo – una macchina2 – che è insieme politico, linguistico
e ontologico; esso produce divisioni, separazione, esclusione, diffe-
renze e appropriazione. Secondo l’archeologia filosofica di Agamben,
il dispositivo funziona da lungo tempo, se non da sempre 3, al netto di
variazioni che non ne hanno mutata la struttura fondamentale: cioè la
«struttura dell’eccezione»4. Nei suoi libri si trova il tentativo di determi-
nare se sia possibile, e come, disattivare tale dispositivo e inaugurare,
1
G. Agamben, L’uso dei corpi, Neri Pozza, Vicenza 2014, p. 218, corsivo mio.
2
Per Agamben “dispositivo” è pressoché sinonimo di “macchina”, come emerge
nel breve saggio Che cos’è un dispositivo?: «Il dispositivo è, cioè, innanzitutto una
macchina che produce soggettivazioni» (Nottetempo, Roma 2006, versione ebook)
e nell’uso indifferente dei due termini, per esempio ne L’uso dei corpi: «il dispositivo
dell’eccezione della nuda vita» (cit., p. 334), il «dispositivo ontologico» (ivi) e «la mac-
china bio-politica» (ivi, p. 261) o la «macchina ontologico-politica» (ivi, p. 304).
3
A questo proposito segnaliamo, anche se di sfuggita, un’ambiguità. Agamben sem-
bra imputare ad Aristotele la ‘paternità’ filosofica del dispositivo in diverse occasioni
(tra le quali ci limitiamo a citare La potenza del pensiero, Neri Pozza, Vicenza 2005,
p. 378; L’uso dei corpi, cit., p. 155 e 170). I riferimenti a Aristotele indicano un momen-
to storico di origine del dispositivo, così come l’indicazione della politica come “occi-
dentale” indica che essa è geograficamente e storicamente situata. Tuttavia, spesso
Agamben si riferisce al funzionamento del dispositivo politico e linguistico definendolo
“umano”, come se fosse un tratto antropologico, quindi universale e non databile (per
esempio L’uso dei corpi, cit., pp. 159-160), oppure scrive della «natura autopresuppo-
nente del linguaggio» (Homo sacer, cit., p. 58). Ci sembra che questa ambiguità non
si sciolga mai e che non venga problematizzata in quanto tale.
4
G. Agamben, Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Einaudi, Torino 1995, p.
30.
Palinsesti 119
Giulia Guadagni
5
Ivi, p. 22.
6
Per una introduzione generale all’opera di Agamben, che cita e riassume anche le
principali posizioni critiche che le hanno fatto seguito, rimandiamo a C. Salzani, Intro-
duzione a Giorgio Agamben, il melangolo, Genova 2013.
7
G. Agamben, Homo sacer, cit., p. 10.
Ivi, p. 3. Questa distinzione è stata contestata, tra gli altri, da Jacques Derrida in La
8
Bestia e il Sovrano. Volume I (2001-2002), tr. it., Jaca Book, Milano 2009, pp. 403 sgg.
9
Aristotele, Politica, 1252b 30, a cura di C. A. Viano, BUR, Milano 2002, p. 77.
120 Palinsesti
Viaggio al centro del dispositivo. Sulla forma-di-vita in Homo sacer
inclusiva (una exceptio) della zoē nella polis» e conclude: «[l]a nuda
vita ha, nella politica occidentale, questo singolare privilegio, di essere
ciò sulla cui esclusione si fonda la città degli uomini»10.
Al “dispositivo ontologico”, invece, è dedicato in particolare un capi-
tolo de L’uso dei corpi, che Agamben apre scrivendo: «un’archeologia
della filosofia prima deve cominciare dal dispositivo di scissione dell’es-
sere che definisce l’ontologia aristotelica»11. Aristotele ha inaugurato la
divisione dell’essere «in una essenza inesistente e in un esistente sen-
za essenza»12, includendo l’essere in quanto hypokeimenon, in quan-
to pre-supposto, attraverso la sua esclusione: «[è] la soggettivazione
dell’essere come hypokeimenon, come ciò-su-cui-si-dice, che mette in
moto il dispositivo»13.
L’ontologia e la politica si fondano entrambe sull’eccezione, in un
caso sull’eccezione della sostanza prima, nell’altro della nuda vita.
Esse, quindi, «si corrispondono perfettamente»14. Ancora: «al disposi-
tivo ontologico, che articola e mette in movimento l’essere, corrisponde
la macchina biopolitica, che articola e politicizza la vita»15.
D’altra parte, anche il linguaggio, secondo Agamben, funziona allo
stesso modo. Come la politica include la vita escludendo il semplice
fatto di vivere, come l’ontologia divide l’essere «fra un sub-iectum, un
esistente giacente-al-fondo inessenziale e un’essenza inesistente»16,
così il linguaggio «presuppone un non linguistico, e questo irrelato è
presupposto dandogli, però, un nome»17. Il linguaggio include in sé il
non linguistico nel momento in cui lo esclude da sé come non linguisti-
co – o meglio, proprio perché lo esclude come non linguistico.
A partire da tale diagnosi, Agamben formula le tre domande ri-
spondendo alle quali si renderebbe possibile sospendere la struttura
dell’eccezione. La prima è una domanda politica: come sarebbe una
10
G. Agamben, Homo sacer, cit., p. 10.
11
G. Agamben, L’uso dei corpi, cit., p. 155.
12
Ivi, p. 164.
13
Ivi, p. 170.
14
Ivi, p. 173.
15
Ivi, p. 261.
16
Ivi, p. 168.
17
G. Agamben, Che cos’è la filosofia?, cit., p. 16.
Palinsesti 121
Giulia Guadagni
vita «non più fondata sull’exceptio della nuda vita»?18. Solo una vita
siffatta, leggiamo in Homo sacer, permetterebbe di inventare una «po-
litica integralmente nuova»19. Per l’onto-logia, invece, la domanda è:
«come è possibile dire la sostanza prima, il sub-jectum? Come si può
afferrare ciò che è stato presupposto nella forma dell’hypokeimenon
[…]?»20. Per quanto riguarda il linguaggio, infine, si tratta di stabilire
«come [sia] possibile parlare senza supporre, senza ipo-tizzare e sog-
gettivare ciò di cui si parla»21. In questa sede ci concentreremo soprat-
tutto sull’analisi agambeniana dell’aspetto politico del dispositivo, per
il quale la categoria disattivante è quella di “forma-di-vita”. Una politica
non più fondata sull’esclusione della nuda vita sarà «una politica della
forma-di-vita, della vita indivisibile dalla sua forma»22.
18
G. Agamben, Homo sacer, cit., p. 15.
19
Ibidem.
20
G. Agamben, L’uso dei corpi, cit., p. 167.
21
G. Agamben, La cosa stessa, in La potenza del pensiero, cit., p. 16.
22
G. Agamben, L’uso dei corpi, cit., p. 263. Agamben si riferisce all’esito politico della
propria filosofia come a «una politica non rappresentativa» (ivi, p. 302), una «politica
al di là di ogni figura della relazione» (Homo sacer, cit., p. 55), o «quella politica che
resta in gran parte da inventare» (ivi, p. 14).
23
Ivi, p. 259, corsivo mio.
24
G. Agamben, Mezzi senza fine. Note sulla politica, Bollati Boringhieri, Torino 1996,
p. 17, corsivo mio.
G. Agamben, Il tempo che resta. Un commento alla Lettera ai Romani, Bollati Borin-
25
ghieri, Torino 2000, p. 92, si sta riferendo al significato del verbo katargéō.
122 Palinsesti
Viaggio al centro del dispositivo. Sulla forma-di-vita in Homo sacer
26
Ivi, p. 94.
27
G. Agamben, L’uso dei corpi, cit., p. 345, corsivo nostro; cfr. Il tempo che resta, cit.,
p. 91 ss.
28
G. Agamben, Homo sacer, cit., p. 23.
29
Ivi, p. 44.
30
G. Agamben, L’uso dei corpi, cit., p. 304.
31
C. Salzani, Introduzione a Giorgio Agamben, cit., p. 138, corsivo mio.
Palinsesti 123
Giulia Guadagni
sua pienezza»32.
Ciò che determina il passaggio tra il mondo che conosciamo e il
mondo “che viene” è una sorta di rovesciamento33. Per descriverlo,
Agamben cita una parabola ebraica riportata in un testo di Benjamin:
Fra gli chassidim si racconta una storia sul mondo a venire, che
dice: là tutto sarà proprio come è qui. Come ora è la nostra stanza,
così sarà nel mondo a venire; dove ora dorme il nostro bambino, là
dormirà anche nell’altro mondo. E quello che indossiamo in questo
mondo, lo porteremo addosso anche là. Tutto sarà com’è ora, solo
un po’ diverso34.
32
G. Agamben, L’uso dei corpi, cit., p. 290. È importante sottolineare che non si tratta
di un mondo futuro: «[i]l Regno messianico non è né futuro (il millennio) né passato
(l’età dell’oro): è un tempo restante» (Il tempo che resta, cit.), per questo “viene” e non
“verrà”.
33
Cfr. G. Agamben, Homo sacer, cit., p. 170.
G. Agamben, La comunità che viene, Bollati Boringhieri, Torino 2001, p. 45; cfr. W.
34
Benjamin, Opere complete. V. Scritti 1932-33, tr. it., Einaudi, Torino 2003, versione
ebook.
124 Palinsesti
Viaggio al centro del dispositivo. Sulla forma-di-vita in Homo sacer
35
G. Agamben, Mezzi senza fine, cit., p. 13.
36
Come dopo l’instaurazione del dispositivo non si dà più zoē che non sia nuda vita,
cioè zoē inclusa/esclusa dalla politica, mera vita relativa alla politica, così non si dà
pre-linguistico, perché qualsiasi pre-linguistico non è altro che un prodotto, un presup-
posto del linguaggio (cfr. Homo sacer, cit., p. 58 e L’uso dei corpi, cit., pp. 159-160).
37
G. Agamben, Homo sacer, cit., p. 101. “Nuda vita” e “vita sacra” sono sinonimi:
«Non la semplice vita naturale, ma la vita esposta alla morte (la nuda vita o vita sacra)
è l’elemento politico originario» (ivi, p. 98, corsivo mio).
Palinsesti 125
Giulia Guadagni
l’interno e l’esterno, in cui non erano più che nuda vita»38. La nuda vita
è la soglia di indistinzione della politica, «è un bíos che, in un senso
molto particolare, si è a tal punto concentrato sulla propria zoē da dive-
nire indiscernibile da essa»39. Se per disattivare il dispositivo bisogna
raggiungere e restare nella sua soglia d’indifferenza, nella zona limite
fra l’interno e l’esterno, per rendere inoperoso il dispositivo politico oc-
correrà situarsi proprio nella nuda vita. Una “nuova politica”, conferma
Agamben, è possibile solo «a partire da questi terreni incerti e senza
nome, da queste malagevoli zone di indifferenza»40.
Gli esempi che sceglie sono agghiaccianti41, ma occorre sottoli-
neare che, dal punto di vista della logica dell’eccezione, la vita di un
detenuto in un campo o la vita in ‘oltrecoma’ non sono così diverse
da qualsiasi altra vita vissuta all’interno della moderna macchina (bio)
politica, comprese le vostre e la mia. Il campo di concentramento non
è che una forma estrema della (bio)politica moderna. Tutta la politica
moderna, infatti, secondo Agamben, è caratterizzata dal fatto che in
essa «lo stato di eccezione tende a diventare la regola»42. Ogni società
fissa il limite al di là del quale «la vita cessa di essere politicamente ri-
levante», diventa «“vita sacra” e, come tale, può essere impunemente
eliminata», ma
38
Ivi, p. 177, corsivo mio.
39
Ivi, pp. 207-208.
40
Ivi, p. 209.
41
A questo proposito lui stesso scrive ne L’uso dei corpi: «è singolare che, nella no-
stra società, per trovare esempi e materiali di una vita inseparabile dalla sua forma, si
debba frugare nei registri patografici […] negli archivi di polizia. La forma-di-vita è, in
questo senso, qualcosa che non esiste ancora nella sua pienezza e può attestarsi solo
in luoghi che, nelle circostanze presenti, appaiono necessariamente non edificanti»
(cit., p. 290).
42
G. Agamben, Homo sacer, cit., p. 170. «Una delle tesi della presente ricerca è che
proprio lo stato di eccezione, come struttura politica fondamentale, nel nostro tempo
emerge sempre più in primo piano e tende, in ultimo, a diventare la regola» (ivi, p. 24).
126 Palinsesti
Viaggio al centro del dispositivo. Sulla forma-di-vita in Homo sacer
43
Ivi, p. 154, corsivi miei.
44
Ivi, p. 195.
45
Ivi, p. 24.
Palinsesti 127
Giulia Guadagni
tutta versata nella nuda vita, un bíos che è solo la sua zoē»46, è un «es-
sere che è solo la sua nuda esistenza, [una] vita che è la sua forma e
resta inseparabile da essa»47. Per disattivare il dispositivo e vivere una
forma-di-vita bisogna situarsi proprio là dove esso produce il suo scar-
to, essere la nuda vita che si è già, rendendola, contemporaneamente,
assolutamente altra. Rispetto alle vite che conosciamo quindi, non si
tratta di inventare una vita “altra”, diversa. Si tratta della stessa vita
che già viviamo, solo “un po’ diversa”: «[o]ccorre […] fare dello stesso
corpo biopolitico, della nuda vita stessa il luogo in cui si costituisce e
s’insedia una forma di vita tutta versata nella nuda vita, un bíos che è
solo la sua zoē», un «essere che è solo la sua nuda esistenza» e che
«chiamiamo forma-di-vita»48.
Dunque, nuda vita e forma-di-vita sono la stessa cosa ma, anche,
sono assolutamente diverse: «Nello stato di eccezione divenuto rego-
la, la vita dell’homo sacer, che era la controparte del potere sovrano»,
cioè, che era nuda vita, «si rovescia» in una forma-di-vita49.
Se la nuda vita e la forma-di-vita (che “non esiste ancora nella sua
pienezza”) sono così prossime da sembrare identiche, e tuttavia non
sono identiche, di nuovo, cosa le differenzia? La differenza è che la
nuda vita è interamente sottomessa al potere. Il campo di sterminio,
come spazio di un estremo nudo vivere, è il luogo in cui la nuda vita è
sottoposta a una «decisione incessante sul valore e sul disvalore»50. Al
contrario, la forma-di-vita è «un’esistenza su cui il potere non sembra
avere più alcuna presa»51, una vita che «si sottrae a ogni decisione
esterna»52. Mentre la nuda vita è un puro prodotto del dispositivo, inte-
ramente soggetta al suo governo, la forma-di-vita è «[i]ngovernabile»53.
Ma, infine, come si passa dall’una all’altra? In che senso la nuda
vita “si rovescia” in una forma-di-vita? Agamben non lo scrive. Plausi-
bilmente però, il rovesciamento avviene, come la felicità di cui è por-
46
Ivi, p. 210.
47
Ivi, p. 211.
48
Ivi, pp. 210-211. Corsivo mio.
49
Ivi, p. 170. Corsivo mio.
50
Ibidem.
51
Ibidem.
52
Ibidem.
53
G. Agamben, L’uso dei corpi, cit., p. 148.
128 Palinsesti
Viaggio al centro del dispositivo. Sulla forma-di-vita in Homo sacer
54
G. Agamben, Magia e felicità, in Profanazioni, Nottetempo, Roma 2005, p. 21.
55
G. Agamben, Mezzi senza fine, cit., p. 17, corsivo mio.
56
Ibidem.
57
G. Agamben, L’uso dei corpi, cit., p. 148.
58
Ivi, p. 304.
59
Sulla relazione tra chronos e kairós, in Il tempo che resta, leggiamo: «ciò che affer-
riamo quando afferriamo un kairós non è un altro tempo, ma solo un chronos contratto
e abbreviato […] non è altro che un chronos afferrato. La perla incastonata nell’anello
dell’occasione è solo una parcella di chronos, un tempo restante. (Di qui la pertinenza
dell’apologo rabbinico secondo cui il mondo messianico non è un altro mondo, ma è
questo stesso mondo profano con un piccolo spostamento, un’infima differenza. Ma
Palinsesti 129
Giulia Guadagni
questa piccola differenza – che risulta dal fatto che io ho afferrato la mia sconnessione
rispetto al tempo cronologico – è in ogni senso decisiva)» (cit., p. 69).
60
M. Foucault, L’etica della cura di sé come pratica della libertà, 1984, tr. it. in Archivio
Foucault 3. 1978-1985, Feltrinelli, Milano 1998, p. 284, corsivo mio.
61
Ivi, p. 291.
62
M. Foucault, Michel Foucault, un’intervista: il sesso, il potere e la politica dell’identi-
tà. 1984, tr. it in Archivio Foucault 3, cit., p. 300.
63
Non importa quale sia la forma politica contingente, in tutte opera la logica dell’ec-
cezione, così come non fa differenza che si dica una cosa o un’altra, perché la logica
della pre-supposizione non cambia. Perciò Agamben scrive che dal punto di vista del
dispositivo la democrazia è analoga al totalitarismo (cfr. Homo sacer, cit.).
130 Palinsesti
Viaggio al centro del dispositivo. Sulla forma-di-vita in Homo sacer
sto, soltanto laddove c’è (quasi) solo potere (e quindi solo eccezione),
può non esserci più alcun potere. Solo nel punto di massima intensità
del governo, si apre lo spazio per un rovesciamento felice nell’ingover-
nabile. Come si legge ne La comunità che viene:
64
G. Agamben, La comunità che viene, cit., p. 86.
Palinsesti 131