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La ruota di Virgilio
Il Medio Evo ebbe, al pari dellAntichit, attenzione per gli aspetti formali sia della poesia che della prosa, aspetti che cerc di codificare in forme rigide. Una prima definizione fu proposta da Cassiodoro nel proemio delle Variae raccolta di lettere e documenti in dodici volumi scritta intorno al 537 basandosi sul principio della separazione degli stili. Il concetto derivava dalla retorica antica (in particolare la Rhetorica ad Herennium, ma anche dalla teorizzazione del Orator ciceroniano e dal trattato di Quintiliano) ed era detto teoria dei tre stili (tria genera dicendi). In base a tale teoria lo stile deve corrispondere alla materia trattata, perci vengono distinti tre livelli: sublime, medio, umile. Ecco come Cassiodoro riscriveva la teoria: Come titolo di questi libri, per designarne carattere e argomenti e sintetizzarne in una parola il contenuto, ho scelto quello di Variae, poich fui costretto a non usare un solo stile, dovendomi rivolgere a persone diverse. Diversamente, infatti, bisogna parlare a persone rimpinzate da molte letture, o a gente di cultura mediocre, o a chi del tutto digiuno di lettere se li si vuole persuadere, tanto che a volte una forma di perizia letteraria evitare quel che piace ai dotti. Non invano, infatti, la saggia Antichit ha distinto tre generi d'eloquenza: lumile, che per il suo stesso carattere di linguaggio comune sembra strisciare terra terra; il medio, che non si eleva alla grandiosit n decade nella sciatteria, ma si mantiene entro i propri limiti, fra l'uno e l'altro estremo, dotato, per, d'una sua grazia; e un terzo genere, che per l'elevatezza dei concetti e delle forme si eleva alle vette pi eccelse del dissertare; certo affinch ogni variet di persone potesse disporre d'un linguaggio a lei proprio, ed esso, pur sgorgando da un solo petto, scorresse tuttavia per alvei diversi, dato che non pu essere detto eloquente se non chi, armato di questa triplice virt, pronto ad affrontare vigorosamente le situazioni che si presentano. Ciascuno degli stili veniva identificato in relazione a specifici fattori formali o alla materia trattata o ai destinatari o alle finalit del discorso (docere o probare insegnare, delectare dilettare, flectere o movere convincere, commuovere). S. Agostino attorno al 427 aveva gi insistito sulla necessit di variare il tono a

seconda del destinatario, privilegiando comunque il sermo humilis per coerenza cristiana. La teoria fu ripresa, nel XIII secolo, da Giovanni di Garlandia: I Tre generi di persone debbono essere valutati secondo i tre generi di uomini, che sono: i curiali, i civili, i rurali. I curiali sono coloro che occupano e illustrano con la loro presenza la curia, come il papa, i cardinali, i legati, gli arcivescovi, i vescovi e i loro suffraganei, come gli arcidiaconi, i decani, gli ufficiali, i maestri, gli scolari; e cos gli imperatori, i re, i marchesi, i duchi e i conti. Persone civili sono il console, il preposto e altre persone che abitano in citt. I rurali sono coloro che abitano i campi, come i cacciatori, gli agricoltori, i vignaioli, gli uccellatori. Secondo questi tre generi di uomini Virgilio trov il triplice stile di cui poi si dir e si insegner. La teoria era esemplificata in un disegno mnemonico chiamato Rota Virgili, cos descritta da Giovanni di Garlandia:

Bisogna notare che nella ruota di Virgilio che abbiamo tra le mani sono ritagliati nel cerchio tre spicchi e, corrispondentemente, nei tre spicchi sono ordinati i tre stili attraverso molte circonferenze minori concentriche. Nel primo

spicchio sono contenute le operazioni, le similitudini e i nomi delle cose pertinenti allo stile umile; nel secondo allo stile mediocre; nel terzo al grave; e se viene usata in uno stile una qualche espressione che si trova in quello vicino chiaro che si sconfinati dallo stile impiegato, e perci bisogna usare le parole trovate per un qualsivoglia stile esclusivamente in quello stile.

La teoria degli stili riguardava anche la composizione in prosa, utilizzata per i documenti ufficiali: epistole, encicliche, bolle pontificie, editti e rescritti imperiali, le leggi e le norme statuarie, insomma tutto ci che veniva redatto nelle cancellerie imperiali o nella curia papale. Quasi a tradurre sul piano formale lautorevolezza del potere, tali testi applicavano artifici stilistici per dare dignit e nobilt espressiva in modo da distinguere la prosa alta da quella quotidiana; tutti questi artifici venivano chiamati ornatus (o abbellimento o eleganza formale), che prevedeva anche luso di figure o tropi. Lattenzione posta alla redazione di tali testi determin una rigorosa classificazione dei vari stili prosastici. Sempre Giovanni di Garlandia distinse quattro stili: romano (o gregoriano) tipico della curia romana (poi applicato soprattutto dai monaci dellabbazia di Montecassino; tulliano, che si rifaceva alle opere retoriche di Cicerone e faceva ricorso alle figure retoriche; isidoriano, ispirato ai Soliloquia di Isidoro di Siviglia e che si risolveva in una sorta di prosa ritmata, poich ricercava le clausolae in rima o in assonanza tra loro; ilariano, il cui modello era Ilario di Poitiers e, per la rigida regolamentazione e la conseguente difficolt ad applicarlo, fu presto lasciato da parte. I diversi tipi di stile si distinguevano fra loro per i modi di chiudere la frase, vale a dire per le clausolae finali di ogni periodo; di queste clausole venivano date regole precise, che costituivano il cursus, determinato dal gioco degli accenti delle ultime due parole. Nella nostra prospettiva, che quella di sottolineare la fortuna di Virgilio nei secoli, importante il fatto lantica teoria dei genera dicendi, risalente a Quintiliano e Cicerone, venga adattata alle opere di Virgilio, ognuna della quali finisce per rappresentare uno stile: LEneide il gravis stylyus, le Georgiche il mediocris stylus, le Bucoliche lhumilis stylus. Gli autori delle artes dictaminis, per favorire lapprendimento mnemonico, facevano appunto ricorso alla Ruota di Virgilio. Materiali in parte desunti da www.valsesiascuole.it/sussidi/ame/trestili.htm

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