La terminologia sociopolitica di Teognide: I. L'opposizione semantica tra e
Author(s): Giovanni Cerri
Source: Quaderni Urbinati di Cultura Classica, No. 6 (1968), pp. 7-32 Published by: Fabrizio Serra editore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20537584 . Accessed: 06/08/2014 22:49 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact support@jstor.org. . Fabrizio Serra editore and Accademia Editoriale are collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Quaderni Urbinati di Cultura Classica. http://www.jstor.org This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions La terminolog?a sociopolitica di Teognide : I. L'opposizione se?nantica tra ?yado? - ?crdX?c e xax?c - SeiXo? di Giovanni Cerri La "questione teognidea", cio? il problema dellautenticit? e d?lia genesi del corpus elegiaco tradizionalmente attribuito a Teognide, ? tutt'altro che chiusa. Nel corso dei secoli XIX e XX, attraverso discussioni e polemiche interminabili, sono state pro poste le soluzioni pi? disparate, ma nessuna di esse ha potuto riscuotere la maggioranza dei consensi ed imporsi in qualche maniera come definitiva. A conclusioni decisamente scettiche ? poi giunto nel 1953 il Peretti, con un convincente studio che, se ha incontrato nu merosi consensi, non ? tuttavia andato esente da critichel. Il Peretti ha sottoposto la silloge teognidea ad un esame attento e minuzioso dal punto di vista d?lia disposizione d?lia materia ed ? cosi pervenuto ad individuare, nel succedersi apparente mente illogico ed arbitrario d?lie jvG>\xaif ben precise costanti: ogni volta che si ritorna su un tema gi? trattato, sull'amicizia o sulla ricchezza, sulla lealt? o sul vino, suH'esilio o sulla sag gezza, cambiano le parole, ma le idee si concatenano, secondo uno schema fisso, a formare sequenze del tutto analoghe, che il Peretti chiama "pericopi". Il confronto di queste pericopi con quelle di id?ntico ar gomento ricorrenti in numer?se opere antologiche d?lia tarda antichit?, come, tanto per fare un esempio, Y Antolog?a di Sto 1 A. Peretti, Teognide nella tradizione gnomologica, Pisa 1953. Hanno cercato di conf?tame le tesi H. Rahn, Gnomon 28, 1956, p. 92 sgg. e J. Carri?re, A propos d'un grand livre et d'un petit papyrus', Rev. et. gr. 85, 1962, pp. 37-44. Cfr. la replica del Peretti, A proposito del papiro di Teognide*, Maia 19, 1967, pp. 113-153. 7 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions beo, proverebbe, data l'identit? degli schemi, la comune deri vazione di queste tarde antologie e della silloge teognidea da fonti gnomologiche comuni, vale a dire da repertori di sentenze in versi che dovettero essere in circolazione a partir? dall'et? ellenistica in poi e che, del resto, furono messe a profitto anche da autori originali come Plutarco, ogni quai volta avessero n? cessita di ricorrere a citazioni poetiche. Dalla sua origine gnomologica deriverebbe alla nostra sil loge non soltanto la mancanza di uno sviluppo l?gico delle idee, ma anche l'estrema facilita con cui vengono attribuiti a Teo gnide versi non teognidei: le gnomologie ellenistiche, per la loro stessa natura, incorrevano continuamente in errori di at tribuzione. Anzi, secondo il Peretti, sarebbe assurdo supporre che gli unici versi non teognidei contenuti nella silloge siano quelli che per caso sappiamo essere di altro poeta, per Tespres sa testimonianza di questa o quella fonte indiretta, e quelli e videntemente non autentici per precisi argomenti di ordine in terno o esterno: ? in vece sicuro che la silloge contenga moltis simi altri passi non teognidei, la cui identificazione ? per? im possible. In questo senso lanalisi del Peretti conduce a con clusioni di agnosticismo e si oppone tanto alla posizione con servatrice dei critici anglosassoni, che rivendicano in blocco a Teognide tutto il contenuto della silloge2, quanto ai tentativi ingegnosi di sceverare senza residui ci? che ? teognideo da ci? che non lo ?3. Di primo acchito una situazione del genere sembra addi 2 Vedi E. Harrison, Studies in Theognis, Cambridge 1902; T. Hudson Williams, The Elegies of Theognis and other elegies included in the Theo gnidean sylloge, London 1910; cfr. infine la prefazione all'edizione di Teo gnide del 1961, curata per la Bibliotheca Teubneriana da D. Young, pp. X-XII: il critico scozzese rivendica addirittura a Teognide anche i passi che l'esplicita testimonianza di autori antichi attribuisce ad altri poeti, dal momento che "constat quidem poetis antiquis moris fuisse versus priorum aequaliumque vel usurpare vel respicere vel aperte detorquere", e non trova difiicolt? nelle continue ripetizioni, che si incontrano nella silloge, di intere sequenze di versi: "ut aliorum poetarum versus non nullos, sic suos interdum retractavit Theognis, ea ratione ut vel novo sensu donaret vel aliis in novo contextu adnectens callida quadam iun ctura facer? t novos". 3 Vedi ad esempio F. Jacoby, Theognis', Sitzungsber. Preuss. Akad. 1931, p. 88 sgg., il quale considera autentici anche nella disposizione, salvo qualche carme interpolato, i w. 1-254, attribuisce i vv. 255-756 ad un ignoto 8 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions rittura disperata, p>er chi abbia l'intenzione di condurre una ricerca di ordine sem?ntico su Teognide. Infatti, anche togliendo preliminarmente di mezzo tutti i passi che sappiamo apparte nenti ad altri poeti e quelli che per ragioni di forma o di con tenuto non possono palesemente risalire all'et? arcaica, ci tro veremo ancora di fronte ad un corpus elegiaco le cui varie parti non ci daranno alcuna garanzia di autenticit?, non solo nel senso che possano non essere teognidee, ma anche nel sen so assai pi? allarmante che possano non risalire aU'ambiente aristocr?tico della Megara del VI e del V sec?lo a. C. Anzi, se quanto ha af?ermato il Peretti ? vero, saremo sicuri ehe in quel corpus residuo si annidino distici di Solone, di Mimner mo, di Tirteo e di altri, senza alcuna possibilit? che siano indi viduati. Ed allora quale sar? Toggetto storico della ricerca lin g?istica? Non si correr? il rischio di studiare niente al tro che l'accidentale vocabulario di un'antologia di poeti diversi, di di verso ambiente e di diversa ?poca? La difficolt? ? certamente grave, ma non mi sembra insor montabile e quindi tale da consigliare la rinuncia alia ricerca sem?ntica. Innanzi tutto ce senza dubbio un gruppo di elegie che non possono non risalire allambiente aristocr?tico della Megara del VI e del V sec?lo a. C: intendo riferirmi a tutte quelle che alludono all'ascesa al potere econ?mico e politico di una nuova classe ed all'aspra lotta tra questultima e la vecchia aristocrazia terriera. Simili vicende e contrasti son? largamente documentati per la Megara del tempo di Teognide e dei decenni seguenti dalle concordi testimonianze di Aristotele, Plutarco e Tucidide4: non sembra perianto ragionevole dubitare dellorigine almeno megarese, se non proprio in ogni caso teo poeta ateniese della fine del V sec?lo, i w. 757-1230 ad un poeta megarese piu giovane di Teognide, ritiene i w. 1000-1230 niente altro che un centone di doppioni e attribuisce i w. 1231-1388 (cio? il 1. 2) ancora ad un altro ignoto. Per un'esposizione analitica della storia della Theognisfrage, cfr. J. Carri?re, Th?ognis de M?gare. Etude sur le recueil ?l?giaque attribu? ? ce po?te, Paris 1948. 4 Sulle violenze ed ill?galit? della plebe a Megara nel VI sec?lo, cfr. Aristot. Pol 4, 15, 1300 a, 17 sg.; 5, 3, 1302 b, 30 sg.; 5, 5, 1304 b, 34 sgg.; Plut. Hellenica 18; Thuc. 4, 66-74. Cfr. anche A.A. Trever, The intimate relation between economic and political conditions in history, as illu strated in ancient Megara', Class. PhiloL 20, 1925, pp. 115-132. 9 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions gnidea, delle elegie, di sapore prettamente arcaico, che si riferi scono a fatti del genere, tanto pi? che a nessuno dei poeti arcaici a noi noti, dato il loro contenuto, sarebbero attribuibili. D'altra parte non sarebbe possibile restringere aile elegie suddette l'indagine ling?istica: a parte l'esiguit? del loro nume ro, esse, vertendo tutte sullo stesso argomento, costituirebbero un campo di indagine troppo unilaterale e le conclusioni relative sarebbero gravemente parziali. Nello stesso tempo non ? in alcun modo ammissibile prescindere da tutte le elegie il cui contenuto ? costituito da insegnamenti di morale astratta, solo perch? tra queste se ne nascondono di spurie: nel loro com plesso esse sono la parte di gran lunga pi? estesa della silloge e parimenti dovettero apparire il momento saliente della poes?a teognidea, se Isocrate afferma che Teognide fu, insieme ad Esio do e Focilide, tra i migliori consiglieri per la vita umana con le sue imod?jxai5, e lo stesso vocabolo unitamente a yvopm e yv^> {jLoXoyia usa la Suda sotto la voce ??oyvi<; per indicare Topera di questo poeta. Dunque l'analisi sem?ntica dovr? essere estesa anche alie elegie di contenuto puramente etico, nonostante l'ombra di dub bio che grava sull'autenticit? di ciascuna di esse considerata in se stessa, purch? si osservino determinate precauzioni di ordine metodol?gico, in rapporto alia natura tutta particolare della sil loge: saranno perci? da evitare argomentazioni sulla lingua teo gnidea che si fondino sulla terminolog?a di un passo sing?lo, potranno senz'altro essere accettate per ver? tutte le conclusioni che derivino dalla concordanza sem?ntica di un gran numero di occorrenze del vocabolo di volta in volta preso in considerazione. Anzi, una volta individuato con tale procedimento il sistema della terminolog?a sociopolitica di Teognide, sar? possibile ve rificare la congruenza con esso dei singoli passi e portare un nuovo contributo alia soluzione della "questione teognidea", que sta volta sulla base della ricerca sem?ntica. La poesia di Teognide sembra, da un certo punto di vista, uno sforzo tormentoso di giungere alia definizione di due cate 5 Isoer. Ad Nie. 43; cfr. ?TcodTQa-oiJiai al v. 27 della silloge. 10 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions gorie umane in radicale antitesi, quella degli ?ya?oi (o iat?Xoi) e quella dei xaxo? (o Zzikoi). Intorno a queste due coppie sinoni miche tra loro contrapposte ruota perennemente il pensiero del poeta e per lo pi? ? su una di quelle quattro parole ehe poggia l'accento l?gico della frase. Basta del resto un rilievo statistico a renderci chiara Timportanza tutta particolare che ?yafro?, ia ?Xo?, xaxo?, SelXo? hanno nella nos tra silloge: se diamo un'oc chiata aile voci corrispondenti sul lessico della poesia arcaica recentemente compilato dal Fatouros6, ci accorgiamo immedia tamente che le occorrenze teognidee sono circa la meta di tutte le altre messe insieme. Sempre a titolo indicativo ? da tener presente che, ad esempio, Taggettivo ?yado? nelle sue varie for me ricorre in tutta Y Iliade circa 87 volte7, in tutta YOdissea circa 388, mentre Y Index curato dal Young in appendice alla sua edizione di Teognide registra per la sola silloge 87 occorrenze, cio? tante quante quelle delFintera Iliade, nella quale, come ? evidente, il vocabolo ?ya&o? non occupa certo un posto margi nale 9. A prima vista, per?, ?ya??oc, -?cr&Xo?; e xaxo?-SsiXo? non sem brano usati nella silloge sempre con lo stesso significato. Chimi que legga Teognide, non pu? non riportare nettissima l'impres sione che essi alcune volte siano usati in senso morale, e signi fichino rispettivamente "buono" e "cattivo", altre volte siano usati in senso politico, e significhino n? pi? n? meno che "nobile" e "plebeo". In linea di massima, la critica filol?gica su Teognide non ? af?atto andata al di l? di questa prima impressione, ammettendo senzaltro che ?yafto?-iv??'ko? e xocxo?-SeiXo? presentino due signi ficati del tutto diversi a seconda dei contesti. Per giunta gli Stu diosi hanno generalmente tenuto un atteggiamento di dif?idenza 6 G. Fatouros, Index verborum zur fr?hgriechischen Lyrik, Heidel berg 1966. 7 Cfr. G. Lushington Prendergast, A complete concordance to the Iliad of Homer, New edition completely revised and enlarged by B. Mar zullo, Hildesheim 1962. 8 Cfr. H. Dunbar, A complete concordance to the Odyssey of Homer, New edition completely revised and enlarged by B. Marzullo, Hildesheim 1962. 9 Nella lingua di Omero ?yaft?c, ? l'aggettivo per mezzo del quale viene, al momento opportuno, sottolineata l'eccellenza eroica di questo o quel personaggio. 11 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions nei confronti dell'autenticit? di tutti i passi della silloge, in cui gli aggettivi in questione sono impiegati ai fini della valutazione etica deirindividuo, quasi che si traitasse di un uso inconcepibile nell'et? arcaica e che un poeta aristocr?tico del VI o V sec?lo a. C. non potesse adoperarli altrimenti che nel senso strettamente politico di "nobile" e "plebeo". Ora, attraverso l'analisi che segue, mi propongo di dimo strare due cose: 1) che l'impiego di ?ya?o?, ?crfrXo?, xax?c, Szik?c ai fini di una valutazione etica del sing?lo individuo, con il riferimento esplicito ad una serie di doveri sociali, non solo non ? inconcepibile nel VI sec?lo a. C, ma risulta addirittura provato dal confronto di Teognide con Pindaro, le cui odi contengono la stessa precettistica della silloge, che dunque si pu? identificare con la rcaiSeia aristocr?tica della tarda arcaicit?; 2) che, se ? certamente legittimo distinguere in Teognide due diversi usi dei quattro aggettivi, in direzione etica e in direzione politico-sociale, in ultima analisi non si tratta pero di una vera e propria poli semia, ma di determinazioni diverse neU'ambito di frasi diverse di un ?nico significato: che, in altri termini, sarebbe opportuno tradurre sempre con lo stesso aggettivo italiano, purch? scelto bene, ?ya???c, ed ?cDXo? di Teognide, e parimenti xax?c e SelX?c;, indipendentemente dal significato concreto della frase, dal mo mento che la nozione che essi esprimono ? sempre id?ntica a se stessa. Dunque elencher? in forma schematica diversi precetti etici ai quali, nella silloge teognidea, si connettono le qualifiche di ?ya&o?-?crdXo? e di xax?c-SeiXcx; e in ogni caso indicher? passi di Pindaro in cui sia proclamato lo stesso imperativo morale, con o senza l'esplicito riferimento ad uno degli aggettivi in esame: a) L'?ya?o? non ? maldicente: Teognide, vv. 611-614: "non ? difficile biasimare o lodare il vicino: queste cose interessano i Bziko?. I xaxo? non vogliono tacere e vanno dicendo malignit?, ma gli ayado? sanno tenere la misura in tutto". Pindaro an?logamente afferma di voler evitare la xaxayop?a e di non voler seguir? l'esempio di Archiloco, ipoysp?c per eccel lenza (Pyth. 2,52-56); ammonisce che la sventura coglie chi ? 12 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions xaxayopo? nei confronti degli dei {01. 1,53); dice che ? facile per r?ya?o? lodare chi ? meritevole (Isth. 8,69). b) L'?yadcx; ? leale: Teognide, vv. 65-68: "conoscerai l'animo degli oi?upoi10, co rne nelle loro azioni non ci sia lealt?, ma amino gli inganni e i raggiri, corne uomini perduti"; vv. 69-72: "Cirno, non prendere mai decisioni insieme ad un xaxo?, fidandoti di lui, quando vuoi compiere un'opera importante, ma decidi recandoti da un ?crdX?c". Pindaro, Pyth. 2,81-82: "? impossibile che il cittadino sleale (SoXio?) pronunci fra gli ayado? una parola efficace: scodinzo lando indiferentemente all'indirizzo di tutti, non fa che tramare". c) L'?yado? ? riconoscente: Teognide, vv. 105-112: "assai vana ? la gratitudine che ri scuote chi fa del bene ai SelXo?: ? la stessa cosa che seminare la distesa del bianco mare. N? infatti seminando il mare racco glieresti molta messe, n? facendo del bene ai xaxo? riceveresti del bene in cambio: infatti i xaxo? hanno un appetito insaziabile e, se sbagli una volta, va in fumo la riconoscenza per tutti i precedenti benefici; gli ayadoi invece godono in sommo grado del beneficio ricevuto e mantengono poi il ricordo di esso e la gratitudine". Cfr. anche i vv. 853-854 e 955-956. Pindaro, Pyth. 2,21-24: "si dice che Issione per prescrizione divina questo insegni ai mortali, mentre ? volto in ogni senso nella ruota vorticosa: ripagare il benefattore con splendidi com pensi"; Ol. 4,4-5: "gli zairXoi accolgono subito con gioia la dolce notizia che i loro ospiti compiono azioni gloriose". d) L'?ya?o? odia la tt?pic ed ama la S?xtq: Teognide, vv. 43-46: "nessuna citt? mai, o Cirno, mandarono in rovina gli ayado?, ma quando ai xaxo? piaccia infrangere la giustizia (u?piCav), rovinano il pop?lo e danno ragione a chi ha torto (S?xac aS?xoiaa SiSo?ci)11, a scopo di lucro e di potenza"; vv. 54-58: "quelli che poco fa non conoscevano n? S?xai n? v?jjlol, ma portavano intorno ai fianchi pelli di capra e pascolavano come cervi fuori da questa citt?, ecco che ora son? ayado?, o 10 In questo passo ?i?upoi, riferendos? ai villani rifatti che, ignari di ogni norma morale, si sono improwisati ?yadoi, ? sin?nimo di xaxo? o SeiXo?. 11 Cfr. Hes. Op. 37-39, 225-227, 270-272. 13 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions Polipaide; e quelli che prima erano icrftkol, ora son? SeiXol" 12; vv. 147-148: "nella giustizia (Sixaiocwiq) risiede tutta intera la virt? (apETT)), ed ogni uomo ? ?yado?, o Cirno, purch? sia giusto (S?xaioc)" 13. Cfr. anche vv. 393-400. Pindaro, Pyth. 4,284-285: Demofilo "ha appreso a odiare lo u?piCoov, non contendendo con gli ayafro?" (che, dunque, son? il contrario degli u?piCovTsc); 01. 7, 90-92: Diagora "percorre una via nemica alia u?pic, ben conoscendo i principi che gli son? suggeriti dalla rettitudine ereditata da antenati ayado?". e) L' ?yad?c ? forte nella s ven tura: Teognide, vv. 319-322: "1' aya&cx; ha sempre animo saldo, o Cirno, e mostra coraggio tanto nella sventura quanto nella for tuna. Ma se la divinit? largisce abbondanza e ricchezza al xocx?c, questi da stolto (acppa?vwv) non sa sopportare la miseria". Cfr. anche vv. 393-400, 657-658, 1025-1026, 441-446, 1029-1030. Pindaro, Pyth. 3, 81-83: "insieme ad un bene gli immortali danno ai mortali due mali. Gli stolti (v?jmoi) non riescono a 12 Dal contesto risulta dunque chiaro ehe l'espressione "quelli ehe poco fa non conoscevano n? Sixai n? v?u-oi, ma portavano ecc." ? una perifrasi che viene in sostanza a significare oi nplv xaxo? o o? Ttplv Sziko?. 13 L'autenticit? di questo distico ? stata revocata in dubbio da F. Ja coby, Sitzungsber. Preuss. Akad. 1931, p. 158 sgg.; H. Usener, Neue Jahrb. f. klass. Philol 117, p. 69 (= Kleine Schriften I, p. 248); P. Friedl?nder, Hermes 48, 1913, p. 587 n. 1; J. Kroll, Theognis-Interpretationen', Philologus Supplb. 29, 1936, p. 218 sgg.; A. Peretti, Teognide nella tradizione gnomo logica, p. 342. In real ta vi sono due argomenti validi per sospettare che il distico sia spurio: da una parte le fonti indirette lo citano come un proverbio an?nimo (solo una di esse indica dubitativamente come au tore o Teognide o Focilide); dall'altra la parola Sixaiocr?vT) ? sconosciuta ad Omero, ad Esiodo ed a tutta la lirica arcaica. Non mi sembra invece accettabile la tesi che sia inconcepibile in Teognide l'identificazione di ?yafro? e Sixato? (Friedl?nder) o, pi? in gen?rale, "questa posizione premi nente della Sixaioo-?vr)" (Peretti): proprio i vv. 43-46 e 54-58 ci hanno di mostrato che la conoscenza ed il rispetto della S?ctq son? per Teognide gli elementi distintivi deir?yado? dal xax?c. Del resto, sull'importanza data al rispetto della Slxtq dalla -nmSs?a aristocr?tica, cfr. W. Jaeger, Paideia I, trad. it. Firenze 21953, pp. 200-207 e 370: quando le classi inferiori posero il problema del diritto scritto, si orientarono verso il vocabolo S?cti, che divenne il loro slogan in contrapposizione alia norma consuetudinaria e non scritta (d?fjiic), a cui si riferivano i giudici aristocratici; ma in prosieguo di tempo l'id?ale della S?xt] fu assunto in pieno, naturalmente in chiave conservatrice, dall'etica aristocr?tica, che ne fece quasi il suo centro ideale. Il Jaeger ? addirittura propenso a ritenere autentico il distico 147-148 (cfr. p. 370). 14 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions sopportarli con decoro, ma vi riescono gli ayoc&o?, metiendo in evidenza l'aspetto positivo ". f ) V ?yado? ha il senso della misura: Teognide, vv. 615-616: "tra gli uomini di oggi il sole non ne vede nessuno del tutto ?ya&o? e misurato (n?xpio?)" 14. Cfr. anche vv. 611-614 15. Pindaro, Pyth. 2, 34: "? necessario osservare la misura (l?t?xpov) in ogni cosa, secondo le proprie possibilit?". Il principio del pixpov deve essere rispettato anche nel be re: "bere vino ? molto maie; ma se uno lo beve con modera zione (smcTTayivtt?;) non ? xaxo?, ma ?yoc&o?" (Teognide, vv. 211 212 = 509-510; cfr. anche 497-498, 837-840, 971-972)16. Questo non vuole essere un elenco completo di tutti gli im perativi etici al cui rispetto ? subordinata, nella silloge teogni dea, la qualifica di ?yado?-ao-?Xo?, ma soltanto un'esemplificazione che, corroborata dal confronto con Pindaro, provi in maniera definitiva l'autenticit? dell'impiego etico di ?yoc&o?-?crdXo? e di xaxo?-SstXcx;: se dovessimo considerare autentici solo i passi in cui questi aggettivi sembrano a prima vista usati come pura e semplice etichetta sociale, prima di tutto ci troveremmo a dover espungere corne spurii moltissimi distici, sui quali il dubbio sarebbe da tutti gli altri punti di vista gratuito, e poi non ci renderemmo pi? conto della qualifica di ?-rcoftfixai data da Iso crate aile po?sie di Teognide (cfr. n. 5), dato che le ?TO&f?xai della nostra silloge sono in complesso pres?ntate come altret 14 Riguardo a questo vocabolo cfr. E. Harrison, Studies in Theognis, p. 197 sgg. 15 Gi? citati alia lettera a), a proposito della maldicenza. 16 Considero xaxo? e ?yado? del v. 212 riferiti a tic: cos? intendono anche Hudson-Williams e Garzya, mentre B. A. van Groningen, Th?ognis, Amsterdam 1966, p. 82, li considera predicati nominali di o?vo?. Non mi sembra legittimo trarre argomento a vantaggio di questa seconda inter pretazione dal fatto che ai vv. 509-510 (quasi uguali ai vv. 211-212) si trovino le forme neutre xax?v e ayad?v. Per la connessione tra qualifica di ?yado? e misura nel bere, cfr. anche i vv. 485486 (facenti parte dell'elegia convi viale attribuita ad Eveno di Paro), in cui farsi trascinare dall'ingordigia a bere troppo vino ? considerato caratteristica del xaxo? servitore a gior nata. 15 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions tante definizioni parziali della nozione di ayaz)?<;-?<7z)X,?<;. Del resto ? proprio in Pindaro, nell'ode Ol?mpica II, che la precettistica aristocr?tica culmina nell'affermazione di un pre mio eterno, concesso dagli dei ai buoni dopo la morte, e che T aggettivo ?crXo? ? assunto in senso squisitamente etico, nel l'ambito di una dottrina escatologica certo non chiara nei det tagli, ma chiarissima nel fondamentale postulato di un regno dell'oltretomba, in cui ? riservata la felicita ai giusti e il tor mento ai malvagi: "le anime scellerate (?-rcaXo^xvoi cpp?vE?) dei defunti qui subito pagano il fio, e c'? chi sotto terra giudica le malvagit? (x? aknp?) commesse in questo regno di Giove, pro nunciando la sua sentenza in base ad una n?cessita tremenda; invece i buoni (?cXoi) in notti sempre uguali, in giorni uguali godendo la luce del sole, trascorrono una vita senza fatiche e non tormentano con le loro braccia il suolo n? l'acqua del mare per un miserabile tenore di vita; ma tra coloro che son? ono rati dagli dei, quanti gioirono della fedelt? ai giuramenti (s?op x?cu) trascorrono una vita senza lacrime ..." (01. 2, 57-67). In sostanza, nel linguaggio aristocr?tico del VI e del V se c?lo a. C, aycd)?<; - ?crdX?c ? colui che ha assimilato la yv?p/r], la naiSe?oc aristocr?tica: l'aggettivo quindi ha perduto il significato amorale, che aveva in Omero, di "forte, eccellente" e ne ha in vece assunto uno che rientra senza residui nel giudizio etico e religioso; perch? un uomo possa essere considerato "valente", "di pregio", "degno di ammirazione", non basta che sia capace di superare gli altri nel maneggio delle armi o nell'uso della astuzia e dell'eloquenza, ma ? in primo luogo necessario che subordini il proprio agir?, laffermazione della sua personalit?, ad un vero e proprio sistema di norme, sulla cui osservanza riposa la pace sociale. E qui ? anche la limitazione classistica della nozione di ?yocdo? - scr?Xo?: questo sistema di norme etiche, cio? la tcouSe?oc aristocr?tica, espressione ideol?gica degli inte ressi costituiti di quella classe, ? assimilabile solo attraverso la frequentazione continua di chi gi? ? ?yado?, cio? appunto degli aristocratici. Su questo punto Teognide non si stanca di insistere. Chi vuole divenire e mantenersi ?ya&o?, deve cercare la compagnia degli ?ya?oi; il poeta stesso ha appreso dagli ?yccdoi, quando ancora era iza?c,, quelle norme che ora trasmette a Cirno: "Ani mate da affetto, ti impartira gli insegnamenti che io stesso, o 16 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions Cirno, ancora adolescente (nm?), appresi dagli ?ya?oi: sii saggio e non ricercare onori e ricchezza con azioni turpi e ingiuste. Tieni senz'altro presenti queste cose; e d'altra parte non fre quentare, i xaxo?, ma tieniti sempre al flanco degli ?yadoi e con loro bevi e mangia e con loro siedi e cerca di piacere a loro, che hanno grande potere17. Infatti dagli ?cdXoi apprenderai il bene (iadX?); ma se ti mescolerai con i xaxo?, perderai anche il senno che hai. Compreso questo, fr?quenta gli ?ya?oi e un giorno riconoscerai che io ben consiglio gli amici" (vv. 27-38). Estremamente vicine a queste di Teognide sono le parole con cui Pindaro conclude la Pitica II, vera summa della precet tistica aristocr?tica: aS?vTa 8' dr\ \xz to?? ?yado?? ojxiXe?v, "mi fos se concesso di frequentare gli ayado?, piacendo loro". I verbi ?vSavEiv e o^llXe?v e il sostantivo ?yadoi ricorrono anche nel passo teognideo. Ai vv. 305-308, Teognide torna sullo stesso concetto, speci ficando che esiste il concreto pericolo, anche per chi non lo sarebbe per natura, di divenire xaxo? frequentando i xaxo?: "Non tutti i xaxo? sono nati xaxo? dal ventre della madre, ma, avendo stretta amicizia con uomini xaxo?, hanno imparato azioni vili (SsiX?) e parole ingiuriose e la tracotanza (??pic), ritenendo 17 ?v5av? tout ', &v \xzyakr\ S?vajuc: Tallusione alla potenza sociale de gli ayaM denuncia in modo quanto mai chiaro la limitazione classistica dell'area di applicabilit? dell'aggettivo: in questi versi ?yadoi - ?crdXoi e xaxo? assumono un significato eminentemente etico, dal momento che chi m?rita la prima qualifica ? capace di insegnare il bene e la giustizia, chi m?rita la seconda ? un corruttore; eppure hanno nello stesso tempo un significato politico-sociale, se ? vero che gli ?yaM - ?oi)Xoi posseggono, oltre che saggezza, potenza, perch? ?yado? pu? essere solo l'aristocratico. Anche Solone, in un frammento citato da Aristotele (Ath. Resp. 12, 1) e da Plutarco (Sol. 18), per indicare gli aristocratici in contrapposizione al Sfpo?, usa l'espressione: o? 5'e?xov 8uvau.iv xal xp^M^o ?faav ?yiQTO? (fr. 5 D.). Stranamente il Garzya traduce cosi i vv. 32-34 di Teognide: "tieniti ai buoni, e con essi bevi e mangia e fra essi siedi e con essi cerca di piacere a chi ha gran potere". Il Garzya cio? sottintende anche per il verbo ?v?ave il complemento di compagnia p,zx? to?ctl (?yaM?) e distingue inopportunamente dagli ?yaftoi quelli che hanno gran potere, ai quali Cir no deve piacere: mi sembra che, da una parte, la struttura m?trica dei vv. 33-34, che insiste tre volte su tolctl mediante la pausa, imponga di dare al pronome sempre lo stesso significato, riferendolo ad ?yado?, e che, dall'altra, risulterebbe inspiegabile, sul piano dell'ideologia aristocr?tica di Teognide, la presenza, mai affermata altrove, di una categor?a di po tenti a cui gli ?yaf?oi dovrebbero cercare di piacere (cfr. A. Garzya, Teo gnide: Elegie, Libri I-I I, Firenze 1958). 17 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions che quelli parlassero sempre bene". Se i vv. 27-38, con l'inciso wv ?X?y?Xiq 8?va[xi<;, provano che ayafr?c pu? essere solo chi appartiene alla classe aristocr?tica, i vv. 305-308 dimostrano pero che nel linguaggio teognideo ?yoc do? non significa senz'altro "aristocratici", "appartenenti alia classe aristocr?tica": essi dicono infatti che anche chi ? nato ?ya&o? pu? divenire xax?c in conseguenza del suo comporta ment?. In altri termini, ?yocdo? - iadX?c, e xax?c - SeiX??; son? sostan zialmente qualifiche di ordine morale, che implicano certi pre supposti di ordine sociale. Tanto in Teognide quanto in Pindaro ? dato per scontato che, per assimilare la ^ouSelcc aristocr?tica e comportarsi con seguentemente, occorrono due condizioni preliminari, il y?vo? e il tcXooto?, che sono nello stesso tempo le due condizioni im prescindibili delF appartenenza alla classe aristocr?tica. Gi? nelYlliade, condizione e auspicio dell'essere ?yafro? ? discendere da ?yadoi18. Teognide, nonostante Farricchimento se m?ntico in senso etico che Faggettivo denuncia nei suoi versi, ? esattamente sulla stessa linea e per questo si scaglia contro i matrimoni tra aristocratici e borghesi. Provocati dal desiderio dei primi di soccorrere le decadenti propri?t? avite con Fap porto della ricchezza dei secondi, i matrimoni misti sono il sintomo delFaffievolirsi dello spirito di casta dei nobili e del loro decadere come classe dominante: "Cerchiamo, o Cirno, arieti e asini e cavalli di razza (E?yev?a?) e desideriamo caval care su animali ehe discendano da ?ya&oi; invece un ?cn)X?<; non si fa scrupolo di sposare una xocxt), figlia di un xaxo?, purch? gli porti moite ricchezze, n? una donna rifiuta di essere sposa di un xaxo? ricco, bensi desidera un ricco piuttosto che un ?ya&o?. Hanno in pregio il danaro: e F ?crdXcx; sposa la figlia di un xocxo? ed il xaxo? la figlia di un ?ya?o?: la ricchezza (hXooto?) ha mischiato il y?vo?. Perci? non meravigliarti, Polipaide, che il y?vo? dei cittadini sia offuscato: infatti ci? che ? nobile (?d)Xa) si mescola con ci? che ? vile (xax?)" (vv. 183-192)19. 18 La connessione tra qualifica di ?yado? - ?o-dX?c ed appartenenza ad un y?vo? nobile, ? messa in evidenza nell'Iliade da tutti quei passi, in cui il fatto che il padre sia ?yado?; - ?crdXo? ? presentato corne garanzia di vir t? an?loga nel figlio: cfr. II. 6, 476-479; 14, 113-114 e 126-127. 19 Cfr. Eur. fr. 298, 2 sg. N.2 (B?lier.): o?S'&v ?x u-T}Tpoc; xax?j? ienXoi y?voLVTO toiSe?. 18 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions In questo passo risulta evidentissimo che ?yado? - ?<n)X?<; e xaxo? sono nello stesso tempo un giudizio di valore sul sing?lo individuo ed una qualifica sociale, in una inscindibile unit? di significato; eliminare uno dei due aspetti semantici di questi aggettivi e tradurre o con "buono" e "cattivo" o con "patri zio" e "plebeo", significa precludersi la possibilit? di compren dere il discorso di Teognide: il valore individ?ale ? condizio nato dal valore della stirpe e, quindi, ?ya?o? ? solo chi discende da ?yadoi. Anche Pindaro non si stanca di sottolineare la componente ereditaria nel comportamento deir?ya&o?: "essendo stati Ca store ed il fratello Polluce ospiti di Panfae, avo di Trasiclo e Antia, non ? meraviglia che a questi ultimi sia connaturato es sere atleti ?ya&oi" (Nem. 10, 49-51); "sugli ?yadoi riposa la saggia guida d?lie citt?, ereditata dagli avi (icaTpwiai xsSval txoX?wv xu fcpv?cneO" (Pyth. 10, 71-72)20. L altra condizione necessaria per potersi comportare con formemente all'etica aristocr?tica ? la ricchezza. Ancora nel IV sec?lo Aristotele (Eht. Nie. 4, 1-6) affermava l'importanza dei b?ni materiali per lo sviluppo di certe virt? morali, corne la ?JtsyaXoi?p?T?Eia e la ?XEuftspiOTTQ?; ma in Teognide la ricchezza ? addirittura il presupposto di ogni virt?, dell'adeguarsi dell'in dividuo al modello ideale proposto dalla saggezza nobiliare, e per T ?yado? non c'? maie peggiore della povert?, che lo umilia e, in fin dei conti, lo corrompe, impedendogli di comportarsi e di sentir? come ?yado?: "Pi? di tutte le cose la povert? pro stra luomo ?yado?, pi? della canuta vecchiaia, o Cirno, e della febbre. Per fuggirla dunque conviene perfino gettarsi nel pro fondo mare, gi? da scogli precipiti. Infatti luomo domato dalla povert? non ? capace n? di dire n? di fare nulla e la sua lingua ? legata. Bisogna ricercare la liberazione dalla dura povert?, sia sulla terra sia sull'ampio dorso del mare" (vv. 173-180)21. Altre volte Teognide ripete lo stesso concetto in una forma pi? sint?tica che, alla nostra mentalit? moderna influenzata dal lesperienza cristiana, appare paradossale: "agli ?yadoi si addice la ricchezza ( tcXoOto?) e la povert? (tcv?tq) sta bene al xaxo?" 20 Cfr. anche 01. 7, 90-92, gi? citati a proposito dell'odio per la ??pic e deU'amore per la Slxtq, che devono caratterizzare l'?yafto?. 21 Cfr. Hes. Op. 633-638. 19 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions (vv. 525-526); "se avessi ricchezze, Simonide, come una volta, non mi dispiacerebbe frequentare gli aya&o?" (vv. 667-668); "se sei ricco, molti gli amici, ma se sei povero, pochi, e lo stesso uomo non ? pi? come prima ?yafro?" (vv. 929-930)n. Secondo la testimonianza di Plutarco n, gli stoici criticarono Teognide, e in particolare i vv. 175-176, perch? sembrava loro pusillanime considerare il pi? grande dei mali la povert? e non, come essi ritenevano, il male morale (xax?a); ma il punto di vista che attribuivano a Teognide, non ? una particolarit? del suo pen siero: ? uno dei cardini delFideologia aristocr?tica. Pindaro, nell'Olimpica II, innalza addirittura un inno al valore della ricchezza, spiegando che solo essa permette uno sviluppo integrale della persona umana: "la ricchezza adorna di virt? (tcXooto? ?pETaE? 8s8ouSaX[jiivo<;) garantisce la possibilit? di vari? azioni, tenendo lontana Fincalzante profonda preoccu pazione, astro splendente, verace raggio per Fuomo" (vv. 53-56); nella Piuca III augura quindi a se stesso il godimento di tale bene: "se un dio mi largisse splendida ricchezza (tcXo?to?) avrei speranza di conseguir? poi alta gloria (xX?o?)" (vv. 110-111); nel la Nemea IX conclude che il sommo bene per Fuomo ? il conse guimento della ricchezza e della gloria insieme: "se infatti con molte ricchezze raggiunge un'inclita gloria (xOSo?), non ? poi possibile che un mortale caichi ancora con i suoi piedi altre vette" (vv. 46-47)24. Su un altro punto i poeti arcaici di ispirazione aristocr?tica si trovano d'accordo: la ricchezza ? si un bene, ma solo se si sposa a virt?. Lo stesso Pindaro, nel citato passo delYOUmpica 22 Gli Ultimi due passi citati sono di dubbia autenticit?. Fanno parte rispettivamente dell'elegia 667-682, dedicata a Simonide ed attribuita dalla maggior parte dei critici ad Eveno di Paro, poeta contempor?neo di Socrate, ? dell'elegia 903-930, dedicata a Democle ed attribuita per lo pi? ad un ignoto poeta antico dell'et? di Platone (il Cataudella propone an che per quest'ultima la paternit? di Eveno di Paro). Per la bibliograf?a sull'argomento, cfr. le note ai due passi nell'edizione di D. Young (Lipsia 1961) e, inoltre, Giorn. it. filol. class. 6, 1953, p. 310 sgg. e B. A. van Gronin gen, Th?ognis, pp. 267-269. I dubbi sull'autenticit? teognidea d?lie due elegie mi paiono nel complesso legittimi; comunque i versi riferiti sull'impor tanza della ricchezza son? di pretta intonazione aristocr?tica. 23 Stoic, rep. 14,1039 f e De comm. not. 22, 1069 d. 24 Sui rapporti tra virt? e ricchezza nell'ideologia aristocr?tica della Grecia arcaica, cfr. J. Himebrijk, Ilsv?a en tcXo?to?, Utrecht 1925 e C. Ma son, The Ethics of Wealth, diss. Cambridge (Mass.) 1944. 20 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions II, dice: "la ricchezza adorna di virt?" e, subito dopo, aggiunge: ?i Se VLV ?xwv TL? ??Sev t? [xiXkov: cio? la ricchezza ? pregevole solo se ? congiunta al bene morale, se chi la possiede tiene presente il giudizio divino che, dopo la morte, attende, per il premio o la punizione, Fanima delFuomo. La stessa condizione ? posta con estrema energia dalFateniese Solone: "desidero si av?re ricchezze (xprpaxa), ma impinguarmene ingiustamente (?Si xw?) non voglio; sempre, in un secondo tempo, la giustizia (S?xiq) trionfa" (fr. 1, 7-8 D.). Assolutamente della stessa opinione ? anche Teognide: "sii saggio e non ricercare onori e ricchezza (?<psvo<;) con azioni turpi e ingiuste (?Sixoi?)" (vv. 29-30); "preferisci vivere piamente con pochi b?ni (xpirpocTa), che essere ricco (i?Xoutelv), essendoti con F ingiustizia (?Sixtt?) impinguato di b?ni (xpiQixaTa rcoccraiievo?)" (vv. 145-146). ? notevole la somiglianza di quest ultimo distico di Teognide con quello di Solone: le parole xP^octa, ?Sixco? e TtaTeoiJtai ricorrono nelFuno e nelFaltro. Come ha giustamente osservato il Jaeger, deve essere stata proprio la grande affinit? tra le idee sulla ricchezza e sulla virt? di Solone e quelle sullo stesso tema di Teognide, che del resto conobbe ed imito la poesia del legislature ateniese, ad aver provocato o, almeno, favorito Fattribuzione a Teognide, da parte della nostra silloge, di tanti passi che appartengono invece a Solone25. Dunque anche per Teognide, come per gli altri poeti aristocra tice la ricchezza ? un bene, anzi il presupposto stesso della virt?, purch? pero non si cerchi di conquistarla con Fingiustizia. Ma siccome arricchirsi onestamente ? difficile e difficile ? resistere alla tentazione di farlo disonestamente, accade che di s?lito la brama di ricchezze spinga al maie: "neppure se cercassi fra tutti gli uomini, ne troveresti tanti, che una sola nave non li contenesse tutti, sulla cui bocea e sui cui occhi risieda il pudore (aiSdb?) e che il desiderio di guadagno (x?pSo?) non spinga alia turpitudine" (vv. 83-86). Non solo il desiderio, ma il possesso stesso della ricchezza, che alFaydt?c, come dice Pindaro, offre la possibilit? di compiere azioni gloriose, spinge alia u?pic chi non ha il senso della misura, 25 Cfr. W. Jaeger, Paideia cit. p. 368. F. Jacoby, Sitzungsber. Preuss. Akad. 1931, p. 158 sgg., nega la paternit? teognidea dei w. 145-146, dei quali ho rilevato la stretta somiglianza con Sol. fr. 1, 7-8 D. 21 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions cio? il xaxo?: "certo la saziet? (xopo?) ? causa di arroganza (??pic), qualora tocchi in sorte ricchezza (?X?oc) all'uomo xaxo? e a chi non abbia mente sana " (vv. 153-154); "la saziet? mand? in rovina molti uomini stolti: infatti ? difficile mantenere il senso della mi sura ([ji?Tpov), quando si possiedono b?ni (?cr&Xa)" (vv. 693-694). Di qui i molti passi teognidei imprecanti contro la brama di ricchezza, vista come corruttrice dell animo umano: essa in duce a violare la Sixr\ e, spingendo anche gli ?yaftoi a dimenticare lo spirito di casta e ad unirsi in matrimonio con figlie di xaxo?, finisce col divenire elemento di disordine sociale e di decadenza della classe dirigente. ? cosi che nella silloge teognidea trovia mo, luna accanto all'altra, elegie che indicano nella povert? il peggiore dei mali, esaltano la ricchezza, invitano T?yadoc; a cer carla anche in paesi lontani, ed elegie che denunciano nel de siderio di guadagni dilagante la causa del decadere della citt?. Tra i due atteggiamenti non c'? contraddizione e i passi riferiti precedentemente lo dimostrano: il possesso della ricchez za ? un bene, perch? solo il ricco pu? compiutamente esplicare le virt? imposte dalla rcaiSe?a aristocr?tica e perch? la povert?, col pungolo del bisogno, avvilisce la vita umana a lotta per la sopravvivenza e spinge irresistibilmente le sue vittime a violare la 8lxt], che ? conditio sine qua non dell'essere ?yado?; quest'ul timo quindi, qualora sia caduto in miseria, deve adoperarsi in tutti i modi a riconquistare la ricchezza perduta ed il livello etico che ad essa si collega, ma non deve in questo sforzo vio lare la S?xtq, perch? allora precipiterebbe senza rimedio sul piano dei xaxo?; se per r?yado?, che sa servirsene, la ricchezza ? un bene, mentre la povert? ? una tremenda sciagura, per il xaxo?, privo di senno e di senso della misura, la ricchezza ? sempre un maie: quando non la possiede e la desidera, perch? lo spinge alla frode, quando la possiede, perch? lo rende arrogante e non gli offre certo, data la sua vilt? morale, opportunit? di azioni gloriose26. Dietro a questa teor?a c' ? naturalmente Y odio degli aristo 26 Cfr. i w. 683-686: "molti hanno ricchezza (ttXouto?), ma non hanno discernimento; altri aspirano al bene (x? %ak?), ma sono logorati da una gravosa povert?; gli uni e gli altri si trovano neU'impossibilit? di agire: la mancanza di danaro (xpi^aTa) ? di os tac?lo a questi, la mancanza di senno (voo?) a quelli". 22 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions cratici, ricchi da tempo immemorabile, contro i borghesi, nuovi ricchi; c'? il contrasto insanabile tra la ricchezza fondiaria, che rischia di passare in seconda linea, e la ricchezza liquida, gua dagnata con le audaci intraprese economiche. Teognide, corne del resto Solone e Pindaro, quando distingue la ricchezza acqui stata ingiustamente da quella acquistata giustamente, in realt? tende a discriminare classisticamente la ricchezza borghese, che a lui appare conseguita grazie ad un senso morale assai el?stico, certo non scrupoloso nelluso dei mezzi: il diritto ereditario gli sembra Tunica via veramente corretta di appropriarsi la ric chezza 27. Si tratta di un errore di prospettiva in cui immancabilmente incorrono i membri dell'aristocrazia fondiaria, quando il loro predominio econ?mico e politico sulla societ? comincia ad essere insidiato dalla nascente borghesia. Cosi nel VI sec?lo a. C. in Grecia, cosi nel XIII sec?lo d. C. in Italia: Dante mette all'Infer no, tra i peccatori contro natura, gli "usurai", cio? i pi? illustri rappresentanti di quell'arte del cambio su cui ormai riposava la floridezza econ?mica e la civilt? comunale; come Teognide, ravvisa il seme primo di tutti i mali del suo tempo, la causa della penosa decadenza del mondo cristiano, nell' "avarizia", nel la corsa alia ricchezza, ma nello stesso tempo esalta la dispendio sa vita "c?rtese" e nel canto XIV del Purgatorio esprime l'ama reggiato rimpianto per essa, trovando accenti di alta poesia, che ispireranno all'Ariosto i primi versi d?lYOrlando Furioso. Certo se si pongono a confronto le elegie in cui Teognide depreca la povert? come una sciagura awilente e quelle in cui si scaglia contro il desiderio sfrenato di ricchezza, si rilevano in gran numero contraddizioni e incoerenze; ma si tratta di un gioco tanto facile quanto sterile e sarebbe dawero gratuito vo lerne dedurre la non autenticit? di uno dei due filoni. Ci? che conta ? che ambedue gli atteggiamenti del poeta son? ricondu cibili ad una stessa etica e son? sostanzialmente coerenti fra di loro: costituiscono le due facce di un giudizio sulla ricchezza 27 Sul piano terminol?gico, non ? possibile fare distinzioni seman tiche tra i vari vocaboli che significano "ricchezza": #<pevo?, x?pSo?, xP^a^cc, t?Xouto?;, 8X?o<; sono tutti usati indifferentemente nella silloge e ognuno di essi pu? indicare tanto la ricchezza acquistata onestamente quanto quella acquistata disonestamente, cosi la ricchezza deir ?yado? corne quella del xaxo?. 23 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions unitario, anche se complesso, che non ? il giudizio del solo Teo gnide, ma di tutti i poeti aristocratici. La presenza di contrad dizioni particolari ? del tutto naturale, specialmente in un autore cos? impegnato nella lotta pol?tica del suo tempo: non ? facile lodare la ricchezza aristocr?tica e disprezzare nello stesso tempo quella borghese, senza cadere in incoerenze logiche. Per spie garle non ? necessario tirare in bailo il concetto rom?ntico di irrazionalit? della poes?a: basta considerare il margine di con traddittoriet? che ? costantemente presente nelFagire umano ed in particolare nel linguaggio, almeno finch? non si irrigidisca in linguaggio scientifico. Dunque ayad?c - ed)X?<; ? colui che, appartenendo alla classe aristocr?tica per y?vo? e 7cXouto<;, ne ha compiutamente assimilato la yvwjj/n; xocx?c - SsiX?? ? chiunque sia privo di tale yvc?^xir], o perch?, non appartenendo alla classe aristocr?tica, non abbia ricevuto la TcaiSeta, o perch?, pur appartenendo alla classe ari stocr?tica per y?vo? e -rcXoOxo?, non abbia tratto giovamento, per intr?nseca sordit? morale, dalFeducazione ricevuta. ? chiaro allora che ci si trova di fronte ad un significato che non ? di ordine n? puramente morale n? puramente sociale: ?yocfto? - ?d)X?<; non ? semplicemente F "aristocr?tico", ma F ari stocr?tico fedele alFardua disciplina etica, che ? il segno distin tivo ed il titolo di eccellenza dei membri non degeneri della sua classe; xocxo? - SeiXo? non ? semplicemente il "plebeo", anzi pu? benissimo non essere un plebeo, anche se per s?lito lo ?: xaxo? SsiXo? ? qualunque uomo non si sollevi alla perfezione etica ad ditata dalla rcaiSe?a aristocr?tica, appannaggio di una minoranza eletta. Ci troviamo di fronte ad un significato che ? nello stesso tempo di ordine sociale e di ordine morale, in quanto indica Fadeguarsi o meno delFindividuo ad un modello ideale, proposto da una determinata classe sociale ed attingibile solo dai suoi membri. In realt? ? assai difficile trovare nella lingua italiana del nostro tempo aggettivi che esprimano la stessa nozione di ?yat)o<; - ?cr&Xo? e di xocxo? - Seiko?: ? estraneo alla mentalit? di noi moderni il concetto che Fetica sia privilegio della classe domi nante, al punto che uno stesso aggettivo indichi ad un tempo 24 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions lappartenenza a quest ultima e la congruenza con la norma morale. Ci potrebbe soccorrere la lingua italiana dei secoli XIII e XIV, con le due coppie sinonimiche gentile - c?rtese e villano discortese. Anche in questo caso vengono espressi valori morali propri dellaristocrazia: l'etimologia stessa dei quattro aggettivi ci riporta all'ambito sociale. Ma gentile - c?rtese e villano - discor tese non esprimono come ?yado? - icritXoc, e xaxo? - SsiX?c un giudi zio totale e definitivo sull'individuo: si limitano ad indicare la presenza o l'assenza di quelle certe virt? che l'aristocratico aspira a possedere in quanto aristocr?tico, non della virt? in ge n?rale, Il Medioevo pu? concepire ed onorare valori morali che siano caratteristici della nobilt? feudale, classe dominante in quel periodo storico, ma, pervaso corne ? dal messaggio cristia no e dal suo spirito egualitario, non pu? identificare in questi valori il fine ultimo della vita umana. ? cosi che nella Divina Commedia Guido del Duca e Rinieri da Calboli, amanti della "cortesia", sono incontrati da Dante in un girone del Purgatorio ad espiare i loro peccati, mentre San Francesco, "marito" della povert?, adorna del suo fulgore l'Empireo. Per risolvere il problema pratico della traduzione in lingua italiana di Teognide, potremmo, ad esempio, orientarci verso i due aggettivi nob?e e vile: il primo pu? correttamente indicare un'eccellenza spirituale connessa ad una posizione di preminenza sociale, il secondo una certa abiezione morale, comune alia stra grande maggioranza degli uomini, alla massa. Si tratta comun que di caricare i due aggettivi italiani di un significato un po' particolare, che nell'uso comune non hanno. Non ce dubbio che in molti passi della silloge teognidea ayado? - ?o"dXo? e xaxo?*- Sziko? finiscano per indicare in blocco due diverse classi sociali in lotta fra di loro, gli aristocratici ed i non aristocratici in ascesa econ?mica e pol?tica. Cosi ? quando Cirno viene esortato a frequentare gli ayado?, di cui grande ? la poten za, e ad evitare la compagnia dei xaxo? (w. 27-38); quando Teo gnide, dopo aver espresso il timor? che, la citt? cada in potere di un tiranno (evidentemente portatore degli interessi delle classi subalterne), proclama che gli ?yadoi mai mandarono in rovina una citt? (w. 39-52); nello stesso modo ? indicata in blocco una classe sociale, quando il poeta si rammarica che si improvvisino ayaflo? quelli che fino a poco prima vestivano pelli 25 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions di capra e vivevano fuori della citt? (vv. 53-68). Altri esempi possono essere addotti: dire che ? male che un ayoc&??; sposi, per desiderio di ricchezza, la figlia di un xax?c (vv. 183-196); che ? spiacevole frequentare gli aya&o? quando si ? caduti in miseria (vv. 667-682); che gli ayafro? sono in esilio e la citt? ? in potere dei xccxo? (vv. 891-894)28; dire queste cose significa riferirsi chiaramente alFesistenza di due classi sociali ben precise. Senonch?, a ben considerare, ? vero che in questi passi ?ya?oL - ?d)Xoi e xaxo? - SeiXol, inserid come sono in contesti squi sitamente politici, vengono a indicare aristocratici e non aristo cratici in lotta per il potere, ma ? altrettanto vero che il signifi cato, il contenuto sem?ntico degli aggettivi ?, in ultima analisi, sempre quello che siamo venuti individuando, comprendente in primo piano i valori fondamentali delFetica aristocr?tica. A ri leggere con attenzione i passi ora citati, in quasi tutti la diffe renza, Felemento distintivo tra ?yoc?oi e xaxoi ? di ordine morale, esplicitamente individuato nel rispetto della giustizia e nella lealt?. Proprio per questo molti di essi sono stati gi? presi in esame nella prima parte di questo studio, all? scopo di mettere in evidenza i contenuti etici connessi alla qualifica di ?yocdcx;-?<7 dXo?. Proprio per questo, anche gli interpreti che tendono a dare ai quattro aggettivi mero valore di designazione sociale, sono tuttavia indotti ad avvertire in essi alterigia aristocr?tica ed ostentato disprezzo del Sfpo?. Ci troviamo dunque in una situazione ben diversa da quella del?Odissea, nella quale ?yado?-affdXo? e xaxo? hanno effettiva mente due significati diff?rend a seconda dei contesti e, mentre in genere esprimono un giudizio di valore sul sing?lo individuo, in certi casi invece costituiscono pure e semplici designazioni di ordine sociale29. In Teognide ?ya&o?-?o-dXo? e xaxo?-SstXo? hanno 28 Sulla questione se questi versi si riferiscano o meno alla cosi detta guerra di Lelanto, anche in considerazione deirincertezza del testo, e sui connessi problemi di cronologia, cfr. E. Harrison, Studies in Theognis, p. 286 sgg.; A. A. Trever, Class. Philol. 20, 1925, p. 120 sgg.; B. A. van Gro ningen, Th?ognis, pp. 339-341. 29 Cfr., ad esempio, Od. 4, 62-64; 8, 552-554; 14, 56-58; 15, 324; 22, 414 415 = 23, 65-66. E' proprio il dato di fatto ehe ?yado? - icrdX?c, non possa essere che l'aristocratico e che il plebeo non possa che essere xoexo?, a far si che in prosieguo di tempo ?yoedot - ?cr?Xoi possa significare addi rittura "aristocratici" e xaxo? "plebei", corne avviene nei citati passi del V O dis sea. ? evidente che nella nuova accezione non ? del tut to perduto 26 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions sempre lo stesso significato, che ? etico e sociopolitico insieme, in relazione con Fideale di vita delFaristocrazia greca arcaica. Nei passi in cui a prima vista sembra presente solo Faspetto sem?ntico di ordine morale, ? in realt? presente e necessario anche quello di ordine sociale, e dove sembra presente solo Faspetto sociale e politico, ? presente e necessario anche quello morale. E' perci? vana la questione ricorrente nei traduttori e com mentatori di Teognide, se in questo o quel passo gli aggettivi siano da interpretare in senso morale o in senso sociale, se signi fichino "buono" e "cattivo" o "patrizio" e "plebeo": simili tra duzioni non rispecchiano in nessun caso il valore dei termini greci30. il primitivo significato, comportante una valutazione d?lie capacita indi viduals ayafroi - ?crdXoi significa propriamente "i forti, gli eccellenti", xaxo? "i dappoco, i miserabili"; ma ? altrettanto chiaro che la primitiva carica di ammirazione o di disprezzo implicita in questi vocaboli va per duta, nella misura in cui essi non sono pi? valutazione di un individuo isolatamente considerato, ma obbiettiva qualificazione di due cat?gorie di individui, determinate da fattori extraindividuali, quali la ricchezza e la potenza sociale del y?voc,. ? cosi che in tutti i passi sopra elencati si al lude a xaxo? o a x^P^? senza ombra di offesa per loro, anzi con senso di simpatia per la miseria e la debolezza che li contraddistingue. 30 Per esempio, E. Romagnoli, / poeti lirici V, Bologna 1940, p. 48, annota ai w. 289-292: "Qui si parla di agathoi e di kak?i. E, sebbene non si possa escludere che i due vocaboli significhino * nobili ' e * plebei ', assai probabile mi sembra che qui abbiano il significato pi? gen?rale di 'buoni' e 'tristi' ". Lo stesso quesito si pone B. A. van Groningen, Th?o gnis, pp. 28-29, a proposito dei vv. 43-46: "?yadoi s'oppose ? xaxo?criv. Quel sens leur donner? Il y a le sens moral et le sens politico-social. Souvent, dans la terminologie aristocratique, les deux co?ncident. Ici ce n'est pas le cas, puisque les xaxo? corrompent le S-rpoc; en outre ils dispensent la justice sans ?quit?, ? leur propre avantage. C'est donc le sens moral qui pr?domine. Les termes indiquent donc les * bons ' et les * m?chants ' parmi les aristocrates qui gouvernent". Del resto, anche senza dirlo esplicita mente, tutti i traduttori si pongono di continuo il problema della scelta tra i due significati, dal momento che traducono diversamente, a seconda dei contesti, i quattro aggettivi greci. Ai w. 369-370 e 681-682 effettivamente potrebbe sembrare di trovarci di fronte ad un significato soltanto politico-sociale: ai vv. 369-370 si parla di ?crdXol ?cocpoi, ai w. 681-682 (facenti parte dell'elegia attribuita ad Eveno di Paro) di xaxo? cocpo?. NeU'ambito sem?ntico da noi fin qui individuato, non ? infatti concepibile n? un ?crfrXo? privo di saggezza n? un xaxo? che ne sia dotato. Ma nell'uso teognideo crocpo? non significa "saggio", ma solo "destro", "abile", in un senso che nulla ha in comune con l'id?ale etico (cfr. A. Peretti, op. cit. pp. 316-332). 27 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions Daltra parte, non ? nemmeno esatto affermare, corne fanno il Kroll e il Carri?re, che Teognide e gli altri poeti aristocra tici del VI e V sec?lo a. C. facciano "confusione" tra potenza sociale e virt?, che non abbiano ancora una sensibilit? abba stanza ra?finata per distinguere chiaramente tra beni esteriori e beni interiori, per giudicare il valore delFuomo solo in base ai pregi morali. ? vero invece che la nozione aristocr?tica di ?yocfro? ? si complessa, ma, come abbiamo visto nelle pagine precedenti, chiaramente strutturata e coerente; non ? il rozzo prodotto di una mentalit? primitiva, ancora incapace di di stinzioni sottili, bensi di un'ideolog?a estremamente raffinata, espressione degli interessi economici e politici di una classe determinata, in un determinato momento storico31. Corne nelYlliade, anche in Teognide la qualifica di ?yado? ?oflXo? esprime F adeguarsi delF individuo alF ideale di vita ari stocr?tico e costituisce, quindi, la Iode pi? ambita. Ma que sto ideale ? profundamente cambiato dai tempi omerici al VI sec?lo a. C: Fetica aristocr?tica si ? evoluta da uno sfrenato individualismo ad una viva coscienza del dovere sociale, che per essa ? soprattutto rispetto dei costumi e dell'ordinamento giuridico, su cui si fonda il predominio politico dei nobili, fonte di pace e di benessere per i cittadini. NelYlliade ayad?c ?cr?Xo? significa "forte", "capace", in un significato del tutto amorale32; in Teognide invece tale ? soltanto chi subordina 31 Vedi J. Kroll, Philologus Supplb. 29, 1936, p. 104 e J. Carri?re, Theo gnis, Po?mes ?l?giaques, Paris 21962, p. 97 (nota al v. 34). Sembra invece cogliere nel segno, tenendosi lontano tanto dalla tesi dei due significad, quanto da quella della confusione tra beni esteriori e beni interiori, M. Hoffmann, Die ethische Terminologie bei Homer, Hesiod und den alten Elegikern und Jambographen, T?bingen 1914, p. 131 sgg.; vale la pena di riferire testualmente le sue parole (p. 142): "Der ?yado? ist der Adlige, der auf die politische Macht Anspruch erhebt. Er begr?ndet diesen Anspruch aber nicht einfach mit der Tatsache seiner adligen Geburt, sondern er will wirklich besser sein als der xaxo?. Wir haben eine Reihe sittlicher Vorz?ge genannt, die der ?yafto? f?r sich in Anspruch nimmt. Eine aristokratische F?rbung dieses ethischen Ideals Hess sich besonders bei Vergleichung mit Hesiod nicht verkennen". 32 In alcuni casi la nozione di ?yado? - taftk?? appare nell'Iliade in certa misura antit?tica a quella di "giusto", "rispettoso degli dei" ecc: cfr. ad esempio 1, 131-132; 1, 275; 11, 664; 15, 185; 24, 53. 28 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions i propri impulsi egoistici alla severa disciplina etica della classe aristocr?tica: del significato omerico premorale nella silloge non ce traccia33. Per conseguir? questo ideale ? necessario discendere da un y?vo? di ?ya?oi, essere ricco, frequentare assiduamente gli ?ya ?foi, per riceverne la rcaiSsia: ma tutto ci? non basta ancora. C'? un elemento imprevedibile e decisivo, la cpucri?, la predispo sizione naturale dell'individuo. Se ? impossibile che da una stirpe di xaxo? nasca un ?ya?o?, succ?de invece che da una stirpe di ?ya?oi nasca un xax?c. Come nelYIliade e nelYOdissea, an che in Teognide solo gli aristocratici possono essere aya&o?, ma non tutti lo sono: "? pi? facile generare ed allevare un uomo, che infondergli un animo nobile (cpp?va? icrdX?c,): nessuno mai ha escogitato un rimedio, con cui rendere saggio (o-?cppwv) lo stolto (?cppwv) e trasformarlo in iaffk?? da xaxo?. Se la divi nit? avesse concesso agli Asclepiadi di poter risanare la vilt? (xaxOTin?) e le menti accecate degli uomini, otterrebbero molti e grandi compensi. Se l'intelletto (vOTQiJia) si potesse costruire ed inserir? nelluomo, mai da un padre aya&?c; nascerebbe un xaxo?, ma il figlio porgerebbe ascolto aile sagge parole; ma con l'insegnamento (SiSacrxwv) mai renderai ?yadcx; luomo xaxo?" (vv. 429-438). Pi? sint?ticamente al v. 577 Teognide afferma: tf? pi? facile rendere un uomo xaxo? da ?yado? che ?crdXo? da xaxo? M. 33 Tale significato si potrebbe scorgere ai vv. 1037-1038: "Av5pa Toi ?<rc' ?yad?v xa^^wTaxov e^aitaTTJo-ai, w<; ?v ?^xot yvw^xTQ, K?pvs, rc?Xai x?xpiiai, considerando &v8pa ayad?v complemento oggetto di ??ocrcaTT?am ed in tendendo: "la cosa pi? diffcile ? ingannare un ?yafro?, come da un pezzo, o Cirno, il mi? senno ha deciso". Ma, in primo luogo, si tratterebbe ap punto di un uso del tutto eccezionale di ?yocdo?; secundariamente il di stico nel suo contenuto verrebbe a contraddire le idee sulla lealt? e suiringanno espresse in tutto il resto della silloge (basti pensare ai vv. 1219-1220: "difficile ? per il nemico ingannare il nemico, ma per l'amico ? facile ingannare l'amico"). Per queste ragioni mi sembra ovvio consi derare ?vSpa ?yafrov soggetto di e^arcaTTJam ed intendere: "la cosa pi? difficile ? che un ?yocdo? inganni". (Del resto, costruzione del tutto ana loga avremmo al v. 1219, ora citato, qualora accettassimo la lezione SuajjiEVT), fornita da tutti i manoscritti, come suggeriscono E. Harrison, Studies in Theognis, p. 221 n. .4, e B. A. van Groningen, Theognis, pp. 439 440). 34 Plat. Men. 95e ritiene a torto che ci sia contraddizione l?gica tra 29 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions Anche su questo punto Pindaro concorda con Teognide. ? fondamentale nel suo pensiero il concetto che la vera virt? sia un dono di natura, un privilegio largito dalla sorte o piut tosto dagli dei, e che ?ya&o? non si possa divenire per via di insegnamento: "?yafroi e o-ocpoi gli uomini lo sono a discrezione della divinit? ... Ci? che ? per natura ((pua) ? tutto possente; ma molti fra gli uomini desiderano conseguir? la gloria (xX?o?) con virt? apprese (SiSaxTa?? ?psTai?). Tutto quello in cui la divinit? non ha parte, ? meglio se viene passato sotto silenzio" (01. 9, 28-29 e 100-104); "un uomo ha grande valore per gloria innata (cruyyevEL s?So^ia); ma chi possiede ci? che ha appreso (SiSaxx?), uomo ottenebrato, ora a questo ora a quello aspi rando, mai procede con saldo piede ed incompiutamente as saggia mille virt? ([Jtupi?v ?psT?v)" (Hem. 3, 40-42). Non per questo ? inutile l'insegnamento, la rcaiSaa, la cui funzione ? in sostanza quella di favorire e garantir? Tarmonico sviluppo della virt? innata: "sii luomo ehe sei, avendolo imparato (y?voi/ oio? ?om p,a&c!)v)" dice Pindaro a Ierone, nella Pitica II (v. 72)35. A questo punto non sar? forse inutile raccogliere schemati camente in una tavola sinottica tutto quanto si ? detto finora, mettendo in evidenza la struttura interna del complesso ideale di ?yado? - ?o"dXo?: i vv. 429438, in cui si parla dell'impossibilit? di rendere ?yocfto? il xax?c con l'insegnamento, e i vv. 33-38, in cui Teognide consiglia Cirno a frequen tare gli ayado? per imparare da loro la virt?. A Platone sembra che Teo gnide una volta dica che la virt? non sia insegnabile, l'altra volta che lo sia. In realt? tra i due passi non c'? contraddizione: l'insegnamento della virt? ? utile e necessario a chi ? per natura ?yocfro?, ? assoluta mente infruttuoso per chi ? nato xccxo?. (SmTargomento cfr. anche J. Carri?re, Th?ognis, Po?mes ?l?giaques, p. 108 sg. e B.A. van Gronin gen, Th?ognis, p. 174). 35 In 01. 2, 86-89, Pindaro sembra applicare all'attivit? po?tica il con cetto della preminenza della <pu? sul ?adtdrj?aoc. In effetti il problema del rapporto tra cp?ffic e texvt] (in latino, tra natura e ars) costitui in seguito un capitolo importante di tutti i trattati di po?tica e di retorica e fu generalmente risolto con l'affermazione dell'uguale importanza di am bedue i fattori. Cfr. Arist. Poet. 1451 a, 23-24 e 1459 a, 4-8; Philod. De poem. 5, 11, 5-8; Subi 36, 4; Cic. De or. 1, 113-115; H?r. Ars po?tica 408-411; Quint. 2, 19. Cfr. anche A. Rostagni, 'Il dialogo aristot?lico IIspl -tcohqtwv*, Riv. fllol. class. 1927, pp. 155-158 e Arte po?tica di Orazio, Torino 1930, pp. LXVIII-LXXXIII. 30 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions ?yafro? - ?crdX?c 1) discendenza da ?yadoi (cfr. vv. 183-196) 2) cp?ox ?yafrr) (cfr. w. 429438) presupposti 3) ^-^ (cfr w 173.180 e 525.526) 4) frequentazione degli ?yaM (cfr. w. 31-38 e 305-308) 1) rifiuto della maldicenza (cfr. vv. 611-614) 2) lealt? (cfr. vv. 65-68) 3) riconoscenza (cfr. vv. 105-112) 4) rispetto della S?xtq (cfr. vv. 4346) 5) coraggio nella sventura (cfr. vv. 319-322) 6) senso della misura (cfr. vv. 615-616) Discendenza privilegiata, ricchezza, educazione accurata e, per di pi?, il dono divino di un animo predisposto alla gran dezza: tutto questo ? necessario per poter essere definito ?ya do?-?a&^cx;. Si tratta dunque di un ideale aristocr?tico non solo nella sua genesi, ma nella sua stessa intima essenza: non molti possono essere ?ya?oi-?0"&Xoi, ma solo pochissimi privilegiati da ogni punto di vista, ?lite di superuomini36. Nel momento in cui la classe aristocr?tica sta per perder? definitivamente la sua posizione di predominio econ?mico e politico, Teognide e Pindaro ne riaffermano con slancio la superba concezione etica, il primo disperatamente consapevole dell'irreversibile evoluzio ne storica in atto, il secondo quasi immerso in un'incoscienza onirica, tutto pervaso dagli antichi ideali. Ma come questi a vrebbero potuto illuminare la societ? nuova che stava sorgendo? L'ascesa del Sfpo? rendeva ormai del tutto inattuale un'etica buona per un'infima minoranza, che qualificava la stragrande maggioranza degli uomini come xaxo? o SsiXo? e misconosceva la legittimit? di sentimenti ed aspirazioni su cui riposavano le nuove forze produttive delFindustria e del commercio. Di questo si res? conto Simonide, contempor?neo di Pindaro, ma, al con trario di lui, proteso verso Tavvenire. Come ha dimostrato il 36 ? notevole che nella silloge teognidea ricorra frequentemente la contrapposizione tra rcoXXo? o ir?vTEc e ?X?yoi o rcaOpoi, in maniera tale che con izoXkoi - izavizc, vengano ad essere indicati i xaxo? e con -rcaupoi oX?yoi gli ayado?: cfr. ad esempio vv. 115-116, 635-636, 643-644, 697-698 ecc. 31 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions Gentili, il senso deU'encomio a Scopas e del frammento resti tuitoci dal papiro di Ossirinco 2432 ? proprio nel ripudio del l'etica aristocr?tica, in nome di una concezione della vita pi? vicina alla realt? umana ed alle esigenze della tz?Xic industr?ale e mercantile, dominata dal Sfpo?: "difficile ? essere veramente ?ya?o?, quadrato di mani, di piedi e di mente, fatto senza pec ca ... a me basta colui che non ? xaxo? n? troppo sprovveduto, consapevole della S?xrj che giova alla citt?, un uomo sano" (fr. 542, 1-3, 15-17 P.); "a pochi la divinit? concesse la perfetta vir t? (?p?T(x); infatti non ? facile essere Ea?fko?: violentano Fuo mo contro la sua volont? il desiderio di guadagno o il potente assillo di Afrodite orditrice di inganni e le ambizioni" (fr. 541, 6-11 P.). Simonide non muta il significato degli aggettivi ?yccdo? ed ?a-?Xo?: lascia loro il contenuto sem?ntico dell'etica aristocr? tica, ma li relega nel mondo dell'utopia, mettendone in evidenza l'inapplicabilit? alla condizione umana; egli ricerca un diverso ideale morale, meno arduo, ma pi? concreto e costruttivo: gli basta che l'uomo non sia spregevole e rispetti la S?xtq, su cui si fonda la prosp?rit? della toXi?: e sentiamo che non si tratta pi? della 8lxiq aristocr?tica, ma della nuova S?xtq borghese, leg ge scritta e, proprio per questo, modificabile secondo le mu tevoli esigenze della societ?37. 37 Tale interpretazione d?lie due liriche simonidee ? stata proposta da B. Gentili, 'Studi su Simonide, II. Simonide e Platone', Maia 1964, pp. 278-306; cfr. anche Polinnia, Messina-Firenze 21965, pp. 306-320. Accetta in pieno il punto di vista del Gentili M. D?tienne, Les ma?tres de v?rit? dans la Gr?ce archa?que, Paris 1967, p. 117. 32 This content downloaded from 129.194.8.73 on Wed, 6 Aug 2014 22:49:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions