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L'OMBRA DI WILAMOWITZ

Ringrazio Enzo Degani per avermi voluto partecipe alla giornata di onoranze
per uno studioso cui tanto debbono sia gli studi classici, come ha mostrato Scevola
Mariotti, sia la storia degli studi classici; e cui tanto deve, se posso rappresentare
un punto di vista parrocchiale, chi si occupa di Callimaco e della sua tradizione
manoscritta. E penso ovviamente al curatore di una mirabile edizione degli Inni
di Proclo nell'ormai lontano 1957 '.
Ricordi di filologi classici è il sottotitolo, così felicemente ambiguo, della
miscellanea di studi in onore di Ernst Vogt 2 . Dei filologi classici vengono ricor-
dati, e a ricordarli con pietà e affetto sono altri filologi, che furono loro allievi o
che anche solo occasionalmente sono entrati in contatto con loro e rievocano con
gratitudine quell'esperienza . La storia degli studi classici è una disciplina recen-
te, anche se per certi aspetti esiste da sempre ed è intrinseca alla filologia fin dai
suoi esordi alessandrini 4 . Con recente intendo dire fluida, dinamica, non codifi-
cata, fatta di parti ancora poco comunicanti tra loro, un sapere in rapida e tumul-
tuosa espansione, dalla cui novità discende una grande varietà di approcci, tutti
legittimi. Una prima riflessione cui induce la lettura di questo numero speciale di
«Eikasmós», interamente basato sulla storia orale, riguarda proprio la varietà non
direi dei metodi, ma degli interessi, dei gusti e degli atteggiamenti che convergo-
no a costruire la storia della filologia, nella quale ognuno sembra tuttora intento
a cogliere qualcosa di originale.
Un piccolo elenco, un inventario necessariamente incompleto e approssima-
tivo, potrà giovare ad inquadrare il libro. C'è al primo posto nella pratica della
storia degli studi classici la biografia: al primo posto non per dignità, se non forse
per una generale aspirazione alla dignità letteraria, quanto per suprema vicinanza,
nel connubio tra vita e scienza, alla disciplina stessa di cui la biografia vuole farsi

' Prodi hymni, ed. E. Vogt, Wiesbaden 1957.


2
Festgabe fur Ernst Vogt zu seinem 60. Geburtstag am 6. November 1990. Erinnerungen
an Klassische Philologen gesammelt und unter Mitarbeit von Uwe Dubielzig hrsg. von Werner
Suerbaum = «Eikasmós» IV (1993).
3
Si veda ad esempio, per Fraenkel, D. Kròmer (pp. 169-174).
4
Per Callimaco biografo/pinacografo basti rinviare a R. Pfeiffer (1968), Geschichte der
Klassischen Philologie. Von den Anfàngen bis zum Ende des Hellenismus, Munchen 1978",
161 ss.; R. Blum (1977), Kallimachos. The Alexandrian Library and the Origins of Bibliography,
Madison 1991.
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storia. Mi sarebbe difficile indicare con certezza il momento in cui la biografia dei
filologi si distacca da quella più generale 'dei grammatici e dei retori', per usare
un titolo di Svetonio. Ma un indubbio punto di partenza si ha quando l'urgenza
emotiva dell'elogio e della commemorazione si raffredda e viene a coincidere col
bisogno di incarnare il metodo critico in una vita: «Cogitanti vero mihi, quae
tandem optima esset ratio tam praeclari studii commendandi, et injuria, qua premitur,
liberandi, nulla commodior et efficacior occurrit, quam quae perfecti et omnibus
numeris absoluti Critici imaginem, ad vivum expressam, ob oculos ponat. [...]
Verum, ne cui videar Criticum, qualis nec fuerit unquam, nec esse possit, fingere,
exemplar ejus ducam ab eorum aliquo, quibus omnes omnia summa in hac facultate
tribuerunt. Nec ille longe quaerendus. Adhuc animis, vel dicam, oculis nostris
inhaeret TIBERIUS HEMSTERHUSIUS. Vix dum lacrimae, quas in ejus funere
perfudimus, exaruerunt [...]». Le parole con cui D. Ruhnkenius avvia YElogium
Hemsterhusii5 trasudano razionalismo tardo-cartesiano ed echi del dibattito tra
Perizonio e Clerico sulla natura del corretto criticismo filologico 6; ma il Hemsterhuis
che Ruhnkenius viene dipingendo nell'opuscolo è in concreto l'eroe della critica
testuale militante, l'editore di Polluce Luciano Aristofane, il restauratore degli
studi greci nei Paesi Bassi dopo la grande età dello Scaligero e di D. Heinsius 7.
Hemsterhuis è per Ruhnkenius storicamente il fondatore di una scuola, quella che
verrà riconosciuta come la schola Hemsterhusiana 8, tanto quant'è il personale
maestro cui tributare l'omaggio della memoria. Il genere biografico annovera in
questo campo autentici capolavori e credo di non peccare di enfasi ricordando il
valore fondante di libri come il Bentley di J.H. Monk, lo Scaliger di Bernays o il
Casaubon di Mark Pattison 9.
Un secondo approccio alla storia degli studi, da porre in certo modo agli
antipodi rispetto al precedente, perché impersonale ed epocale, è quello della
storia della fortuna o del Nachleben dei classici. Gli studiosi anglosassoni, che
molto praticano il genere, parlano volentieri di classical heritage, e si pensi ai v
1 fi

volumi di R.R. Bolgar o al bel libro di G. Highet sulla tradizione classica .E


5
Elogium Tiberii Hemsterhusii auctore Davide Ruhnkenio (1768, 1789), Lugduni Bat.-
Amstelodami 1824: cito dall'ed. Lipsiae 1875, a e. di J. Frey (p. 2).
6
Si veda in proposito F. Lomonaco, Lex regia, Napoli 1990, 187ss. (222ss. in particolare).
7
Le edizioni addotte sono del 1706, 1743 e 1744 (Pluto). Su Ruhnkenius e Hemsterhuis
cf. E. Hulshoff Poi, Studia Ruhnkeniana, Diss. Leiden 1953, 49ss.
K
Si veda J.G. Gerretzen, Schola Hemsterhusiana. De herleving der Grieksche studien
aan de Nederlandsche universiteiten in de achttiende eeuw van Perizonius tot en met Valckenaer,
Nijmegen-Utrecht 1940.
9
J.H. Monk, The Life of Richard Bentley, D.D., I I I , London 18332; J. Bernays, Joseph
Justus Scaliger, Berlin 1855; M. Pattison, Isaac Casaubon, 1559-1614, Oxford 18922. Non si
può non aggiungere la menzione di L. Wickert, Theodor Mommsen. Eine Biographie, I-IV,
Frankfurt/M. 1959-1980.
10
Cf. R.R. Bolgar, The Classical Heritage and its Beneficiaries, Cambridge 1954; R.R.
Bolgar (ed.), Classical Influences on European Culture, A.D. 500-1500, Cambridge 1971,
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questo un tipo di studi raramente praticato dai filologi di professione, e che attiene
piuttosto e variamente alla storia della letteratura, dell'arte e dell'estetica moder-
ne, alla storia dell'educazione e alla storia delle idee; e appunto spesso il proble-
ma è quello di cogliere, magari a partire dall'antichità stessa, l'energia produttiva
di un'idea o piuttosto di un ideologema attraverso la storia culturale europea. Può
trattarsi, per fare un esempio, del laconismo, del mito spartano rintracciato da E.
Rawson in The Spartan Tradition in European Thought, tutto inarcato intorno
all'Inghilterrra e alla Francia rivoluzionarie "; o altrove, come in The American
Colonial Mind and the Classical Tradition di R. Gummere l2, l'idea di antichità
è ripercorsa anche come nostalgia delle origini, o meglio delle radici, da parte di
un mondo che per nascere dovette sradicarsi da un antico regime tanto opprimente
quanto fitto di simboli classicamente antimoderni . In altri casi, e mi scuso se
devo di nuovo citare dei libri, classicismo e modernità vengono colti nel loro
cooperare alla nascita di un'identità nazionale o imperiale, e ancora sono degli
storici delle letterature moderne o storici delle idee ad attivarsi: così E.M. Butler,
Schroder Professor of German a Cambridge nella prima metà del secolo, ci ha
lasciato una mirabile Tyranny of Greece over Germany, sul momento di più radi-
cale ellenismo della Deutsche Klassik da Winckelmann a Heine '4; così ai due
libri gemelli di R. Jenkyns e Frank Turner, rispettivamente The Victorians and
Ancient Greece e The Greek Heritage in Victorian Britain, dobbiamo un quadro
anche iconograficamente efficace del reciproco riverbero ideale tra grecità e In-
ghilterra vittoriana 15. Come un banchiere liberale coopera alla fondazione del-
l'Università di Londra e scrive una Storia della Grecia che è anche e soprattutto
un inno ad Atene (alludo a G. Grote, 1794-1871) 16, così W.E. Gladstone, prossi-

Classical Influences on European Culture, A.D. 1500-1700: What Needs to be Done?, Cambridge
1976, Classical Influences on Western Thought A.D. 1650-1870, Cambridge 1979; G. Highet,
The Classical Tradition. Greek and Roman Influences on Western Literature, Oxford-New
York 1949.
11
The Spartan Tradition in European Thought, Oxford 1969; si veda Th.W. Africa,
Thomas More and the Spartan Mirage, «Historical Reflexions» VI (1979) 343-352.
12
R.M. Gummere, The American Colonial Mind and the Classical Tradition: Essays in
Comparative Culture, Cambridge (Mass.) 1963.
13
Cf. anche M. Reinhold, Classica Americana. The Greek and Roman Heritage in the
United States, Detroit 1984, e R.R. Johnson, Hellas in Hesperia: Ancient Greece and Early
America, in C.G. Thomas (ed.), Paths from Ancient Greece, Leiden 1988, 140-167.
14
The Tyranny of Greece over Germany. A Study of the Influente exercised by Greek Art
and Poetry over the Great German Writers of the 18th, 19th and 20th Centuries, Cambridge
1935.
15
Oxford 1980; New Haven-London 1981. Cf. anche G.W. Clarke (ed.), Rediscovering
Hellenism. The Hellenic Inheritance and the English Imagination, Cambridge 1989, 61-119.
16
Si vedano almeno M.L. Clarke, George Grote. A Biography, London 1962, 150-171 e
A. Momigliano, George Grote and the Study of Greek History (1952), ora in Studies in
Historiography, London-New York 1966, 56-74.
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mo primo ministro liberale del massimo impero della modernità, scrive libri su
Omero (1858) e parla, a designare l'irrisolta questione irlandese, della 'nube che
sorge a occidente', con efficace immagine polibiana, la stessa usata dall'etolo
Agelao alla pace di Naupatto l7.
A un altro estremo o forse al centro della variegata costellazione della storia
degli studi classici stanno le storie di singoli problemi, le quali sono invece una
necessaria esclusiva di antichisti militanti. Non a caso La genesi del metodo del
Lachmann permette a S. Timpanaro di affrontare in chiusura una questione tuttora
cruciale come quella della recensione a due o più rami lx. A dire il vero non conosco
null'altro di così compatto in questo campo, forse perché non esiste un problema
altrettanto geometrico nell'intera scienza dell'antichità, intesa come scienza della
trasmissione scritta del passato. Per la portata dell'impegno speculativo saprei accostare
a quest'opera solo il recente secondo volume dello Scaliger di A. Grafton, con la
sua erculea ricostruzione delle condizioni intellettuali e culturali che portarono al
De emendatione temporum e al recupero della cronologia antica l9. E come modello
di problema storiografico filologicamente rintracciato viene naturale indicare la
monumentale rivisitazione della 'decadenza e caduta' di Roma esperita da A. Demandt
in Der Fall Roms 20; mentre nella stessa categoria sarà da porre con qualche arbitrio
l'intera Black Athena di M. Bernal, vista come ricostruzione dell'archeologia egea
nel suo farsi storicamente condizionato 21 .
L'elenco dei possibili approcci a una scienza disorganica è forzatamente
disorganico e non consente di procedere in una sequenza lineare. All'intersezione
tra biografia e storia dei problemi si pone un genere che sta avendo meritata
fortuna, spesso sotto forma di convegni e seminari cui vengono invitati specialisti
di discipline settoriali: parlo delle raccolte di studi su singoli antichisti, che si
tratti di Welcker o di Pasquali, di O. Jahn o di Wilamowitz, di Ed. Meyer o di
Jaeger . A sua volta da qualche parte a mezza strada tra le storie del Fortleben

17
Plb. V 104,10, cf. J. Morley, The Life of William Ewart Gladstone, I, London-New
York 1903, 383. Su Gladstone omerista si veda H. Lloyd-Jones, Gladstone (1975), in Blood
for the Ghosts. Classical Influences in the Nineteenth and Twentieth Centuries, London 1982,
110-125.
Stemmi bipartiti e perturbazioni della tradizione manoscritta, in S. Timpanaro, La
genesi del metodo del Lachmann, Padova 1981 2 , 123-150.
[9
A. Grafton, Joseph Scaliger. A Study in the History of Classical Scholarship, II, Historical
Chronology, Oxford-New York 1993. Il I volume, apparso nel 1983, trattava di Textual Criticism
and Exegesis.
2,1
Der Fall Roms. Die Aufldsung des rdmischen Reiches im Urteil der Nachwelt, Munchen
1984.
21
Cf. M. Bernal, Black Athena. The Afroasiatic Roots of Classical Civilization, I, The
Fabrication af Ancient Greece 1785-1985, London 1987; II, The Archaeological and Documentar^
Evidence, 1991. La vivace controversia scaturita da quest'opera costituisce ormai un genere
in miniatura.
22
Cf. W.M. Calder III-H. Flashar-Th. Lindken (edd.), Wilamowitz natii 50 Jahren, Darmstadt
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e l'analisi di problemi o di nuclei di problemi filologici sta la ricostruzione della


fortuna scientifica di singoli autori antichi, e ricorderei in proposito un pionieristico
lavoro degli anni Sessanta: quel Pindaric Criticism di David Young che è anche
un esempio di come la storia degli studi possa retroagire sugli studi stessi, giacché
il saggio di Young (apparso originariamente in una rivista 'introvabile' e poi
ripreso in un reader dedicato a Pindaro) rilanciò allora, dandole udienza interna-
zionale, la rivoluzionaria teoria di E.L. Bundy sull'epinicio come sequenza reto-
ricamente costruita di topoi encomiastici 2 \
Su tutt'altro versante, e ritornando in qualche modo alla biografia, vanno
annoverate le storie generali, che a loro volta o sono la somma di medaglioni
biografici e scolastici (il periodo italiano, quello francese, quello anglo-olandese,
ecc.), com'è nel caso del benemerito Sandys e com'è nella storia della filologia
classica nei Paesi Bassi di L. Muller o in Germania di C. Bursian 24; oppure sono
costruite, e spesso magistralmente così, intorno ad idee guida, come accade nella
Geschichte der Philologie di Wilamowitz, dove la filologia classica naturalmente
evolve e culmina nella Altertumswissenschaft della Germania d'età romantica 25,
com'è nella storia di Pfeiffer, per cui la filologia è perenne figlia della poesia e
del suo culto (che si pensi a Callimaco piuttosto che al Petrarca) 26 , e com'è ancora
nella recente English Classical Scholarship di Ch. Brink, sostenitore di una so-

1985; W.M. Calder III-A. Kòhnken-W. Kullmann-G. Pflug (edd.), Friedrich Gottlieb Welcker.
Werk und Wirkung, Stuttgart 1986; Fr. Bornmann (ed.), Giorgio Pasquali e la filologia clas-
sica del Novecento, Firenze 1988; W.M. Calder III-A. Demandt (edd.), Eduard Meyer. Leben
und Leistung eines Universalhistorikers, Leiden 1990; W.M. Calder III-H. Cancik-B. Kytzler
(edd.), Otto Jahn (1813-1868). Ein Geisteswissenschaftler zwischen Klassizismus und Historismus,
Stuttgart 1991; W.M. Calder III (ed.), Werner Jaeger Reconsidered, Atlanta 1992; per i semi-
nari pisani di Momigliano si veda infra n. 30. Convegni hanno luogo anche su singoli movi-
menti, indirizzi o periodi, cito quelli sulla metodologia delle scienze filologiche i cui atti sono
raccolti in Philologie und Hermeneutik im 19. Jahrhundert, I, a e. di H. Flashar-K. Griinder-
A. Horstman, Gòttingen 1979, e II, a e. di M. Bollack-H. Wismann-Th. Lindken, Gòttingen
1983; cf. anche La filologia greca e latina nel secolo XX (1984), I-III (il voi. Ili è a e. di A.
Lamedica), Pisa 1989, nonché W.M. Calder III (ed.). The Cambridge Ritualists Reconsidered,
Atlanta 1991, e Symposium on the Twenties, «Gnomon» LXV (1993) 763s.
23
Cf. D.C. Young, Pindaric Criticism, «The Minnesota Review» IV (1964) 584-641,
rist. con aggiunte in W.M. Calder III-J. Stern (edd.), Pindaros und Bakchylides, Darmstadt
1970, 1-95; gli Studia Pindarica 1 e II di Bundy, apparsi a Berkeley e Los Angeles nel 1962,
sono stati ripubblicati con aggiunta di indici a e. di Th.R. Walsh nel 1986.
24
Rispettivamente: J.E. Sandys, A History of Classical Scholarship, II-III, Cambridge
1908; L. Muller, Geschichte der klassischen Philologie in den Niederlanden, Leipzig 1869; C.
Bursian, Geschichte der classischen Philologie in Deutschland von den Anfdngen bis zur
Gegenwart, I-II, Munchen-Leipzig 1883.
25
U. von Wilamowitz-Moellendorff, Geschichte der Philologie, Leipzig-Berlin 1927 .
26
R. Pfeiffer, History of Classical Scholarship, <I,> From the Beginnings to the End of
the Hellenistic Age, Oxford 1968; <II,> From 1300 to 1850, 1976.
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stanziale convergenza tra philologia Bentleiana, quella nata con YEpistola ad


Millium, e ideale di totalità wilamowitziano 27.
Procedo con evidente approssimazione, anche perché non esiste una storia
canonica delle storie degli studi classici, e posso dunque sperare che il mio excursus
venga accolto con qualche indulgenza. I tre modi di fare storia degli studi cui
ancora intendo accennare - in realtà sono almeno quattro, come subito apparirà -
sono la storia della storiografia e dell'erudizione 28, la storia dell'uso politico e
attualizzante dell'educazione classica, infine la storia di singoli momenti di par-
ticolare significato epocale, di crocevia culturali in cui qualcosa che prima era
latente e marginale diventa d'improvviso chiaro e dominante. Alla pubblicazione
commentata di documenti inediti, in cui largamente rientra il presente volume,
verrò da ultimo.
Capisco che classificare semplicemente come storia della storiografia Fatti-
vità dispiegata in quarant'anni di 'contributi' da A. Momigliano 29 può apparire ed
è inaccettabilmente riduttivo. La scienza di Momigliano ha un che di inconfondibile
e inafferrabile, che sfugge a ogni facile catalogazione; c'è in essa qualcosa che
appartiene all'arte, come se lo studioso si confrontasse ogni volta in una pratica
di autocoscienza col predecessore che viene evocato, da Gibbon a Meyer, da
Niebuhr a Usener o a Reinhardt 30 . Ragione per cui Momigliano resterà, oltre che
com'è ovvio per i suoi meriti di maestro e di storico, come grande e ineguagliabile
comunicatore tra scienza contemporanea e scienza delle generazioni passate 31. In
una prospettiva non dissimile, ma spiccatamente oxoniense, collocherei le raccol-
te gemelle di H. Lloyd-Jones, Bloodfor the Ghosts e Classical Survivals, entram-
be del 1982 ed entrambe dedicate in buona sostanza (soprattutto la prima) all'in-

Cf. C O . Brink, English Classical Scholarship. Historical Reflections on Bentley, Porson,


and Housman, Cambridge-New York 1985 (pp. 195ss. in particolare).
Il campo andrebbe allargato alla storia delle scienze speciali (paleografia, biblioteconomia,
epigrafia, papirologia, numismatica, ecc.) e dell'archeologia; per l'antiquaria conviene ricor-
dare il recente G. Pucci, // passato prossimo. La scienza dell'antichità alle origini della
cultura moderna, Roma 1993, e per i primi secoli R. Weiss, The Renaissance Discovery of
Classical Antiquity, Oxford 1969. Piacerebbe poter disporre per le varie sedi universitarie di
ciò che E. Degani ci dà per Bologna: Da Gaetano Pelliccioni a Goffredo Coppola: la lette-
ratura greca a Bologna dall'Unità d'Italia alla Liberazione, Bologna 1989.
2y
Contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, I-IX, Roma 1955-1992.
Un decimo volume è in allestimento.
30
Sui seminari pisani si veda G. Cambiano, Momigliano e i seminari pisani di storia
della storiografia, «SStor» XVI (1989) 75-83.
11
La bibliografia su Momigliano cresce rapidamente: oltre agli atti del convegno di
Cuneo e Caraglio (Como 1989) e al Ricordo di C. Dionisotti (Bologna 1989) occorre citare
una puntata della «RSI» (1988, 2), una di «StudStor» (1989, 1), una di «SStor» (1989, 1 ) e una
di «H&T» (1991, Suppl. 30). Malgrado il diverso impianto teoretico va menzionato qui l'im-
ponente studio su Droysen di B. Bravo, Philologie, histoire, philosophie de l'histoire, Wroclaw-
Varsovie-Cracovie 1968,
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contro tra filologia formale britannica ed antichistica professionale di ascendenza


tedesca .
Della storia dell'attualizzazione dei classici, del loro uso ed abuso da parte
dei moderni non dovrei dire io, visto che all'odierna celebrazione partecipa con
un suo contributo un insigne specialista della materia. L. Canfora, assieme al
quale va ricordata l'impresa collettiva dei Quaderni di storia 3 \ ha studiato più e
meglio di altri sia Fuso ideologico/analogico del patrimonio classico da parte
delle élites europee nell'età dell'assalto al potere mondiale 34 sia il personale
coinvolgimento di singoli antichisti, soprattutto italiani e tedeschi, nell'elabora-
zione di politiche culturali efficacemente autoritarie da parte delle dittature 35: il
suo Ideologie del classicismo dimostra tra l'altro come un filologo professionista
con competenze di storico sia la figura più indicata per questo genere di lavoro 16.
In Germania e nell'area culturale tedesca i due libri complementari di V. Losemann
(Nationalsozialismus und Antike, sull'insediamento del nazismo nelle istituzioni
antichistiche tedesche a partire dal '33) e di B. Nàf (Von Perikles zu Hitler?, sulle
vicissitudini della democrazia ateniese tra precursori, sostenitori e oppositori del
'Terzo Reich') offrono un fondamentale apporto a questo genere di ricerca, in
equilibrio tra la ricostruzione documentaria, l'affresco d'epoca e la letteratura di
denuncia 37. Naturalmente un approccio idealizzante ed etnocentrico all'eredità
classica poteva produrre anche effetti più sfumati, poteva ad esempio combinarsi
con l'esotismo e investire l'immagine di terre lontane. La figura di Alessandro si
è prestata mirabilmente a simboleggiare l'incontro/scontro con l'Asia, e in questa
chiave è stata anche studiata 38; io stesso ho in corso una ricerca, la cui conclu-

32
H. Lloyd-Jones, Blood for the Ghosts (cit. supra n. 17) e Classical Survivals. The
Classics in the Modem World, London 1982. Su una linea simile si pone dello stesso autore
Greek in a Cold Climate, London 1991, cui avremo modo di ritornare.
3
Al momento in cui scrivo i «Quaderni di storia», fondati da Canfora nel 1975, sono
giunti alla 39a puntata (gennaio-giugno 1994).
34
La riflessione teorica di Canfora su questi temi è affidata ad Analogia e storia. L'uso
politico dei paradigmi storici, Milano 1982.
35
Cf. soprattutto L. Canfora, Le vie del classicismo, Roma-Bari 1989; si veda M. Cagnetta,
Antichisti e impero fascista, Bari 1979, Antichità classiche nell'Enciclopedia Italiana, Roma-
Bari 1990.
36
L. Canfora, Ideologie del classicismo, Torino 1980, si compone in trittico con Cultura
classica e crisi tedesca. Gli scritti politici di Wilamowitz 1914-1931, Bari 1977, e Intellettuali
in Germania tra reazione e rivoluzione, Bari 1979. Cf. L. Lehnus, In margine a un libro sulle
ideologie del classicismo, «Paideia» XXXVI (1981) 25-34.
37
Cf. V. Losemann, Nationalsozialismus und Antike: Studien zur Entwicklung des Faches
Alte Geschichte 1933-1945, Hamburg 1977; B. Nàf, Von Perikles zu Hitler? Die athenische
Demokratie und die deutsche Althistorie bis 1945, Bern-Frankfurt/M.-New York 1986.
38
Cf. il punto di vista in E. Badian, Alexander the Great and the Unity of Mankind,
«Historia» VII (1958) 425-444, e più in generale A. Demandt, Politische Aspekte im Alexanderbild
der Neuzeit. Ein Beitrag zur historischen Methodenkritik, «AKG» LIV (1972) 325-363.
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sione spero non lontana, sulla 'frontiera di nord-ovest tra Macedoni e Inglesi',
dove intendo cogliere nelle sue ricadute espressive la sovrapposizione fantastica
tra anabasi indiana di Alessandro e vicende esplorative nella valle dell'Indo, tra
la frontiera indo-greca e il moderno grande gioco per il controllo dell'Asia Cen-
trale 39. Mi pare fin d'ora di poter dire che la memorialistica del British Raj offre
in proposito un abbondante materiale di ricerca.
Per storia di momenti chiave o di 'nodi' nello sviluppo degli studi classici
intendo, a conclusione di questa rassegna, lavori non necessariamente volti a
isolare una coerente linea di sviluppo, e non riconducibili ad alcun sistema, ma
rapsodicamente dedicati a singole fasi del processo di ammodernamento degli
studi dal Rinascimento ad oggi: per esempio, J.M. Levine ha ricostruito, non per
la prima volta ma con rinnovata finezza, la battaglia dei libri 40 , ad altri è capitato
di sfiorare la nascita della frammentologia sullo sfondo della polemica falaridea 4I,
e la guerra filologica bonnense resta un punto cruciale per intendere gli sviluppi
di tutta l'antichistica nella seconda metà dell'Ottocento 42; ma è soprattutto W.M.
Calder III colui che da ormai 25 anni 43 va ricostruendo la storia della filologia
classica e delle annesse istituzioni universitarie - il 'sistema Althoff, come lo
chiama B. vom Brocke - nell'era della modernizzazione tedesca 4 . Alludo all'era
di Wilamowitz, alla Germania dei primi trent'anni di questo secolo, e in sostanza
all'orizzonte ultimo degli eventi nella Miscellanea di studi in onore di Ernst Vogt.

Calder ci insegna come si possa e si debba fare storia degli studi pubblicando
inediti, soprattutto carteggi, e costruendo sul loro commento biografie nuove che

' Lo spunto è in Kipling, dove i protagonisti di The Man Who Would Be King (1888)
affettano di puntare su Bukhara, vanno in Afghanistan, e trovano 'dei veri figli di Alessandro'
che sono anche 'dei veri e propri Inglesi'.
40
Cf. J.M. Levine, The Baule of the Books. History and Literature in the Augustan Age,
Ithaca-London 1991.
41
Letteratura in L. Lehnus, Callimaco redivivo tra Th. Stanley e R. Bentley, «Eikasmós»
II (1991) 285-309.
42
Si veda P.E. Hubinger, Heinrich v. Sybel und der Bonner Philologenkrieg, «HJ» LXXXIII
(1964) 162-216.
43
Ricordo W.M. Calder III, Ein iibles Flickwerk', «CPh» LXIV (1969) 35-36.
44
Cf. B. vom Brocke, Hochschul- und Wissenschaftspolitik in Preussen und im Deutschen
Kaiserreich 1882-1907: das 'System Althoff, in P. Baumgart (ed.), Bildungspolitik in Preussen
zur Zeit des Kaiserreichs, Stuttgart 1980, 9-118; W.M. Calder III-A. KoSenina (edd.),
Berufungspolitk innerhalb der Altertumswissenschaft im wilhelminischen Preussen. Die Briefe
Ulrich von Wilamowitz-Moellendorffs an Friedrich Althoff ( 1883-1908), Frankfurt/M. 1989.
Di Calder, fino al 1983, cf. gli scritti raccolti in U. von Wilamowitz-Moellendorff, Selected
Correspondence 1869-1931, a e. di W.M. C. Ili, Naples 1983, e in W.M. C. Ili, Studies in the
Modem History of Classical Scholarship, Naples 1984. Casa Weidmann pubblica ora (estate
1994) Further Letters of Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff, ed. by W.M. Calder III and
prepared for publication by St. Trzaskoma.
L'OMBRA DI WILAMOWITZ
409

vanno al di là dell'encomio tradizionale e dello spunto agiografico. Non che


l'edizione di epistolari eruditi non si desse in precedenza, basti pensare a quelli
classici di Erasmo, dello Scaligero e di Bentley 4 \ o ai carteggi Mommsen-Jahn
Usener-Wilamowitz, Mommsen-Wilamowitz 4ft; ma nuovi sono in Calder e nei
suoi collaboratori l'atteggiamento laico e neutrale di fronte alla documentazione
prodotta, anche quando essa possa entrare in conflitto con le convenzioni dell'elo-
gio accademico 47, l'uso psicobiografico di una materia assolutamente non filtrata
dal punto di vista del contenuto (accostabile per certi versi alle nostre telefonate,
se è vero che Wilamowitz scrisse tre lettere al giorno per tutto il corso della sua
vita)48 e il tentativo di collegare con la vita fin nelle sue pieghe più riposte non
tanto la scienza quanto gli aspetti più appariscenti e schierati di essa: nel caso di
Wilamowitz la particolare comprensione per Fedra o l'autoidentificazione con
Eracle, Pindaro, Platone 49.
Non sempre il documento inedito è portatore di novità di rilievo ma difficil-
mente si può immaginare qualcosa di più emozionante e che più si avvicini alla
scienza come pura scoperta. Certo non tutti possono avere la fortuna, o meglio la
fortuna propiziata dalla bravura, di A. Demandt, che entra in una bottega di
Norimberga e si vede propinare Mommsen, Kaisergeschichte so. «Das gibt es nicht»,
obietta Demandt con spontaneo fastidio, e invece no: il dio 51 ha messo nelle sue
mani tre volumi di appunti dalle lezioni di Mommsen sulla storia dell'Impero, la
IV parte della Storia di Roma, il continente scomparso o l'anello mancante per il

Opus epistolarum Des. Erasmi Rote rodami, a e. di P.S. Alien et al., I-XII, Oxford 1906-
1958; J.J. Scaligeri Epistolae omnes quae reperir! potuerunt, a e. di D. Heinsius, Lugduni Bat.
1627; The Correspondence of Richard Bentley, D.D., a e. di C. Wordsworth, I-II, London 1842.
46
Cf. L. Wickert (ed.), Theodor Mommsen/Otto John: Briefwechsel (1842-1868), Frankfurt/
M. 1962; H. Dieterich-Fr. Hiller von Gaertringen (edd.), Usener und Wilamowitz: Ein Briefwechsel
1870-1905, Leipzig-Berlin 1934 (rist. con postfazione ed indici a e. di W.M. Calder III,
Stuttgart-Leipzig 1994); Fr. e D. Hiller von Gaertringen (edd.), Mommsen und Wilamowitz:
Briefwechsel 1872-1903, Berlin 1935.
«I refuse to censor or suppress letters that I discover», W.M. Calder III, Doceat mortuus
vivos: In Quest of Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff ( 1980), rist. in Selected Correspondence
cit. 15.
Il metodo e il piano di lavoro di Calder sono chiaramente enunciati in Selected Correspondence
cit. 1-19 (si vedano in particolare i calcoli a p. 7). Tra i suoi contributi più 'forti' segnalo Werner
Jaeger and Richard Harder: an Erklàrung (1983), in Studies cit. 59-81.
49
Cf. W.M. Calder III, The Ridale of Wilamowitz's Phaidrabild (1979), in Studies cit.
165-182; Ecce homo: The Autobiographical in Wilamowitz' Scholarly Writings, in Calder et
al. (edd.), Wilamowitz cit. 80-110.
La storia è efficacemente narrata da J. Busche, Mommsens Darstellung der Kaiserzeit,
«Frankfurter Allgemeine Zeitung» 25.9.1982, Nr. 222, p. 25 (Feuilleton); dati e riflessioni in
A. Demandt, Mommsens ungeschriebene Kaisergeschichte, «Jahrbuch der Berliner
wissenschaftlichen Gesellschaft» 1983 (ma 1984), 147-161.
51
'Was he Hermes?', W.M. Calder III, Mommsen 's History of the Empire, «CW» LXXVI
(1983) 295.
410 LEHNUS

paleontologo della storia degli studi 52 . Non così impressionante ma non meno
brillante per tenacia di scavo e per ricchezza di risultati è l'opera pietosa che ha
portato a sei volumi di Nugae zur Philologie-Geschichte e a una mirabile biogra-
fia di P. Maas da parte di E. Mensching 53. Sommando pazientemente documenti
a testimonianze orali, interviste a ricordi Mensching ha scritto la storia della
filologia classica a Berlino e dintorni, in questo secolo, nonostante due guerre e
nonostante quarantanni di divisione della Germania 54 . Ed egli di nuovo ci con-
duce all'orizzonte degli eventi di cui già si diceva, alla Germania di età
wilamowitziana, cui tanto risale di ciò che è ancora attivo nella memoria dei
filologi classici.
Nessuno in questo volume, se non sbaglio, parla direttamente di Wilamowitz,
neanche ultranonagenari come H.-G. Gadamer, che rievoca il wilamowitziano
'eretico' P. Friedlànder, o Erich Burck 55. Ma c'è uno che di Wilamowitz ha fatto
in tempo ad essere allievo, e che al presente relatore ricordava qualche anno fa la
sua partecipazione a un seminario wilamowitziano sul Sublime nella lontana pri-
mavera del 1929, l'ultimo seminario di Wilamowitz 56. Ch. Brink evoca Paul Maas:
un aneddoto fulminante, in perfetto stile maasiano per brevità e concentrazione.
Siamo nel '25, e si consideri che il ricordante non ha più di 18 anni. Nel proseminario
berlinese un incauto osserva che una certa lezione, deve essere giusta perché è
difficilior: «'"Lectio difficilior'? Muss richtig sein?" sagte Paul Maas. "Die klarsten
Falle von 'Lectio difficilior', die ich kenne, sind Korruptelen. Und ich kenne viele
davon"» 57 . A proposito della varietà delle storie degli studi, ecco un esempio
perfetto di orai history che è anche un contributo teorico, forse, se mi si consente,
il più alto contributo teorico dell'intero volume.

2
L'esatta struttura del ritrovamento e la rassegna delle fonti disponibili per questa parte
della Storia mommseniana sono date da Demandt in Die Hensel-Nachschriften zu Mommsens
Kaiserzeit-Vorlesung, «Gymnasium» XCIII (1986) 497-519; si veda ora (anche per un'ulterio-
re scoperta) introduzione a Th. Mommsen, Rdmische Kaisergeschichte, a e. di B. e A. Demandt,
Munchen 1992.
3
Nugae zur Philologie-Geschichte, I-VI, Berlin 1987-1993; Uber einen verfolgten deutschen
Altphilologen: Paul Maas (1880-1964), Berlin 1987.
54
Dagli indici delle Nugae: Miinzer, Kranz, Wackernagel, Stroux, Fuchs, Munari, Norden,
Maas, Wilamowitz, Schròder, Deubner, Rehm, Theiler, Jacoby, Jaeger, Pfeiffer, Ziegler, Morel,
Solmsen, Dornseiff, Rothstein, O. Skutsch. Il contributo più imponente è una biografia di Ed.
Norden che occupa tutto il V e buona parte del VI volume.
55
Rispettivamente pp. 179-181 e 61-70; su Friedlànder si veda W.M. Calder III, The
Credo of a New Generation: Paul Friedlànder to Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff( 1980),
in Selected Correspondence cit. 127-139.
5h
Sul Sublime nell'insegnamento di Wilamowitz cf. E. Vogt, Ein neues Zeugnis zur
Lehrtàtigkeit des jungen Wilamowitz, in W. Suerbaum-F. Maier(-G. Thome) (edd.), Festschrift
fiir Franz Egermann zu seinem 80. Geburtstag am 13. Februar 1985, Munchen 1985, 171-180.
57
C O . Brink, Paul Maas (1880-1964), in Mise. Vogt cit. 253; cf. P. Maas, Textual
Criticism, translated from the German by B. Flower, Oxford 1958, 31.
L'OMBRA DI WILAMOWITZ 4JJ

K.O. Brink, nato nel 1907, apparteneva a una generazione straordinaria e


temo, o per fortuna, irripetibile. Dico purtroppo 'apparteneva' perché il 3 marzo
1994 Brink è mancato improvvisamente, a Cambridge. Era rimasto l'ultimo, di
nuovo se non sbaglio, degli allievi diretti di Wilamowitz emigrati in Inghilterra.
0. Skutsch e G. Zuntz se n'erano andati da poco, Skutsch non senza averci lascia-
to delle mirabili Recollections of Scholars I Have Known, che sarebbe stato bello
trovare in questo volume 58. Ciò che prima si osservava, che cioè nessuno in un
libro così ricco di partecipazioni (soprattutto da parte tedesca) ricorda direttamen-
te Wilamowitz, assume all'ombra di questi addii un valore irrevocabilmente sim-
bolico. Le generazioni incalzano, la memoria si dissipa ubbidendo a un universale
principio. «Welckerum amare sponte coepi, sequi constitui statim», annota
Wilamowitz nella sua autobiografia latina per Fanno 1868 59, lo stesso Wilamowitz
che nelle Erinnerungen lamenta di non aver fatto in tempo a conoscere Welcker:
«Welcker lebte noch als ein blinder Greis; ich habe ihn nie gesehen; im nàchsten
Jahre folgten wir seinem Sarge» 60 . Il maestro che a Bonn Wilamowitz effettiva-
mente seguì era, com'è noto, O. Jahn 61, e da Jahn a ritroso basterebbe una diadoché
di non più di quattro generazioni per arrivare a quel Hemsterhuis che abbiamo
incontrato come rifondatore degli studi greci sul continente europeo. Conterei
così, ma è un calcolo ideale e altri conti sono ovviamente possibili: da Jahn a
Lachmann62, da Lachmann al vecchio Heyne (che a Gottinga nel 1809 ancora
dirigeva il seminario filologico) 63 , da Heyne a Ruhnkenius (che ne aveva racco-
mandato la chiamata a Gottinga nell'anno della pace di Parigi) 64 , da Ruhnkenius
a Hemsterhuis. Ed ecco che siamo già arrivati al passato profondo, se è vero che
'Hemsterhuis appartiene completamente al passato', come scrive Wilamowitz nella
Storia della filologia 65.
Se mi è concesso ancora un po' di spazio vorrei cercare di collocare anche

58
O. Skutsch, Recollections of Scholars 1 Have Known, a e. di A. Bierl e W.M. Calder
III, «HSPh» XCIV (1992) 387-408.
59
Cf. W.M. Calder III, Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff: An Unpublished Latin
Autobiography (1981), in Studies cit. 156.
60
U. von Wilamowitz-Moellendorff, Erinnerungen 1848-1914, Leipzig <19292>, 89; si
veda W.M. Calder III, Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff to Kekule von Stradonitz on Friedrich
Gottlìeb Welcker, «SIFC» 3 a s., II (1984) 116-133.
61
Cf. W.M. Calder III, What did Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff learn from Otto
Jahn?, in Calder et al. (edd.), Jahn cit. 195-203.
62
Cf. C.W. Muller, Otto Jahn, Stuttgart-Leipzig 1991, 17.
63
Cf. M.M. Sassi, La freddezza dello storico: Christian Gottlob Heyne, «ASNP» 3 J s.,
XVI (1986) 107: prescindo dal giudizio, poco amichevole, che di Heyne ebbe in seguito
Lachmann, cf. Kleinere Schriften, II, Berlin 1876, 106.
64
Cf. L. Marino, / maestri della Germania. Gòttingen 1770-1820, Torino 1975, 256.
65
Enfasi mia: «So gohòrt denn Hemsterhuys ganz der Vergangenheit an», Geschichte cit.
38.
412 LEHNUS

Wilamowitz in un passato, nel giusto passato o almeno in un passato possibile.


Egli è enormemente presente, e noi tutti istintivamente avvertiamo che citare lui,
e non solo da opere particolarmente moderne come la Einleitung o le due
Textgeschichten 66, è radicalmente diverso che citare Hermann o Haupt o Fr. Bucheler.
Grazie alla densità intrinseca del suo lavoro e grazie al fatto di essere stato attivo
nell'età delle grandi scoperte dell'archeologia, della papirologia e dell'epigrafia
Wilamowitz è scientificamente un contemporaneo e lo sarà ancora per molto,
forse per sempre. Al contempo, e al contrario, il fatto che continuamente emer-
gano nuovi frammenti della sua vita, degli studi e della militanza culturale e
politica, mentre è eccitante dal punto di vista umano e straordinariamente profi-
cuo sotto l'aspetto storico, non può che farcelo sentire in ultima analisi come
appartenente a un passato definitivo: come oggetto di ricerca, di scavo archeolo-
gico, di studio se non di culto.
Ignoro se quelli che ho caoticamente enumerato, i vari approcci alla storia
degli studi che concretamente si riscontrano 67, sono frammenti di un qualcosa di
più grande e più unitario, che già esista e che si vada specializzando, o se non
siano i lembi poligenetici di un tessuto che si organizza dal basso. E neppure so
se, come sembra credere Calder, la storia della filologia abbia con la sua ridon-
dante novità più futuro della filologia stessa 68. Ma credo di poter dire che l'omag-
gio di W. Suerbaum ed E. Degani ad Ernst Vogt , nel momento in cui fissa per
iscritto la tradizione orale di una generazione di filologi che ha fatto in tempo a
conoscere chi conobbe Wilamowitz e che è stata allieva dei suoi allievi, ci invita
a una terza possibile collocazione di Wilamowitz stesso (che è come dire dell'età
sua), almeno sul piano della percezione e dell'immagine: una collocazione al
passato prossimo, una collocazione liminale nella misura in cui fissa un orizzonte
invalicabile e fa da spartiacque tra le altre due. Altre scuole sono presenti, ma gli
eroi del volume sono apparentemente i Fraenkel e i Friedlànder, gli Schadewaldt,
i Reinhardt e i Maas ™; W. Jaeger, ridimensionato da Calder (che però ammette

66
La storia antica dei testi era destinata ad essere uno dei filoni di ricerca più fecondi
tra quelli lanciati da Wilamowitz, cf. Einleitung in die griechische Tragddie, Berlin 1907 (già
1889), Die Textgeschichte der griechischen Lyriker, Berlin 1900, Die Textgeschichte der
griechischen Bukoliker, Berlin 1906.
67
Troppi ne ho dimenticato perché possa rimediare in una nota, ma mi si permetta
un'osservazione. Non c'è un Muller o un Bursian per l'Italia - che però dispone per gli ultimi
due secoli di opere di così ampio respiro come quelle di P. Treves, M. Gigante, S. Timpanaro.
68
Cf. W.M. Calder III, Research Opportunities in the Modem History of Classical
Scholarship (1980/1981), in Studies cit. 3ss.
6
" La genesi del volume è illustrata da E. D(egani) nella Premessa e da W. Suerbaum in
Erinnerungen an Klassische Philologen: Vorwort des Herausgebers (pp. 3-8).
711
Ricordati rispettivamente da D. Kròmer (pp. 169-174), H.-G. Gadamer (pp. 179-181),
D. Bremer e R. Rieks (pp. 321-325), U. Hòlscher (pp. 295-303), C O . Brink e H. Lloyd-Jones
(pp. 253-261).
L'OMBRA DI WILAMOWITZ
413

di dover a lui la nascita del suo interesse per Wilamowitz: «he spoke as often of
Wilamowitz as he said nothing of Diels») 71 , compare affettuosamente due volte,
nella memoria di J. Gotte e in quella di V. Pòschl 72. Quando Ulrich Suerbaum,
fratello di Werner, rievocando i suoi anni di Mùnster ricorda come Franz Beckmann
conoscesse 'quasi tutti gli antichisti del XX secolo con le loro pubblicazioni, la
loro personalità, le loro caratteristiche, i loro legami di istituto, gruppo e scuo-
la'73, egli indirettamente ci fornisce un'idea di quale possa esser stata l'origine
remota di questo libro - e non a caso subito aggiunge come Beckmann stesso
parlandogli degli anni Venti fosse solito definirli 'l'età dell'oro, quando si arri-
vava a Berlino e si era accolti da Wilamowitz e nel seminario di Norden' 74 .
Tra i contributi più importanti sono alcuni ricordi cumulativi di scuole e di
epoche: così la Lipsia dei primi anni Venti nell'evocazione di Burck o il semina-
rio filologico monacense nella memoria di Jula Kerschensteiner 7 \ così Praga
1933-1937 nel contributo di M. Sicherl o Monaco negli anni dopo il '45 in quello
di K. Bayer 76, così soprattutto Praga e Monaco tra guerra e dopoguerra nel vivido
diario del reduce Brunhòlzl 77. Sicherl ricorda l'attrattiva ancora esercitata sulla
sua generazione dalle Erinnerungen wilamowitziane, che erano del '28: ricorda la
suggestione dei Wanderjahre, la discesa in Italia, il grand tour erudito tra mano-
scritti e rovine 78. E si colgono accenti da 'mito asburgico', se mi è permesso un
anacronismo, nelle pagine in cui Fr. Brunhòlzl descrive il suo rientro dal fronte
orientale, il lento recupero all'ospedale militare di Praga, l'esordio sui banchi
dell'Università di Carlo; e lì l'incontro con V. Stegemann, reduce dalla monumentale

71
W.M. Calder III, Harvard Classics 1950-1956, in Mise. Vogt cit. 47. Dello stesso
Calder cf. Werner Jaeger, in M. Erbe (ed.), Berlinische Lebensbilder. Geisteswissenschaftler,
Berlin 1989, 343-363 e soprattutto 12 March 1921: The Berlin Appointment, in Calder (ed.),
Jaeger Reconsidered cit. 1-24.
72
Pp. 217-228 e 229.
3
«Er kannte fast jeden Altertumswissenschaftler des 20. Jahrhunderts mit seinen
Publikationen, seinem Charakter, seinen Eigenheiten, seiner Einbindung in Institute, Gruppen
und Schulen», U. S. in W. S., Franz Beckmann (1895-1966), in Mise. Vogt cit. 124.
74
Ibid. (enfasi mia), cf. H.H. Christmann a proposito di Rohlfs, il romanista: «So kam
Rohlfs zur Klassischen Philologie, zunàchst, mit Norden, zum Lateinischen, und bald auch
zum Griechischen, als Hòrer der Wilamowitzschen Vorlesungen» (p. 318). Le idee di W.
Suerbaum sul genere 'ricordo di filologi classici' sono spiritosamente riassunte nella prolusione
De vita et moribus philologorum classicorum, in Mise. Vogt cit. 9-24.
75
E. Burck, Leipzig 1921-1925: Richard Heinze (1867-1929), Alfred Kòrte (1866-1946),
Erich Bethe (1863-1940); J. Kerschensteiner, Die Chronik des Seminarsfur Klassische Philologie
der Universitàt Munchen in den Kriegsjahren 1941-1945: rispettivamente pp. 61-70 e 71-74.
M. Sicherl, Erinnerungen an Prag (1933-1937); K. Bayer. Das Wallensteinsche Lager
(Munchen in den ersten Jahren nach 1945): rispettivamente pp. 85-94 e 75-80.
77
Fr. Brunhòlzl, Theodor Hopfner (1886-1945), Viktor Stegemann (1902-1948), Albert
Rehm (1871-1949), in Mise. Vogt cit. 203-216.
78
A.c. 89, cf. Wilamowitz, Erinnerungen2 cit. 131 ss.
414 LEHNUS

edizione di Doroteo di Sidone, e con Th. Hopfner 79 : Hopfner dall'aria signorile,


con quel suo paltò blu scuro e l'ampio bavero di pelliccia, il fumatore incallito
nonostante l'asma, che morirà prematuramente in internamento alla fine della
80
guerra .
Più addietro ci riporta Burck, in quella Lipsia di cui Wilamowitz non poteva
non ricordare che essa aveva accolto Ritschl reduce dal Philologenstreit bonnense 81,
e nella quale emergono spunti di differenziazione nei suoi confronti tra docenti
che solo in parte erano stati suoi allievi. Qui convivono due così diversi studiosi
di epica come E. Bethe e R. Heinze 82. Del primo Wilamowitz pensava bene («è
elemento di fiducia e di giudizio», scrive a Wissowa nel '91) ma con qualche
riserva (paventa per esempio che si dedichi, come puntualmente farà, a Polluce)83;
e peraltro Bethe con le sue Quaestiones Diodoreae mythographae, del 1887, era
stato a Gottinga il fedele esecutore di un mandato wilamowitziano, quello di
raddrizzare a proposito di Dionisio Scitobrachione come fonte di Diodoro gli
errori di prospettiva contenuti nella dissertazione di Ed. Schwartz, De Dionysio
Scytobrachione (1880), iniziata bensì a Greifswald con Wilamowitz ma terminata
a Bonn con H. Usener 84. Di Bethe, cui riconosce 'qualcosa dell'artista e del
bohémien', Burck ricorda apertamente la freddezza dei rapporti con Heinze (che
era con lui «in manchem Dissens sogar scharf ablehnend»), ed è questo un dato
interessante: lo è se si osserva che anche Heinze proveniva da Usener, dalla Bonn
di Usener e Bùcheler 8S, che una sensibilità come quella di Heinze per gli aspetti
estetici, generici e tecnici della poesia esula sostanzialmente dal programma

Pp. 204ss., cf. V. Stegemann (ed.), Die Fragmente des Dorotheos von Sidon, I-II,
Heidelberg 1939-1943; della perdurante utilità di Th. Hopfner (ed.), Plutarch uber Isis und
Osiris, I-II, Prag 1940-1941, fanno fede le ripetute ristampe.
80
Pp. 205s.
La 'guerra' è rievocata da H. Herter in Aus der Geschichte der Klassischen Philologie
in Bonn, conferenza del 1968 inclusa da E. Vogt in H. H., Kleine Schriften, Munchen 1975,
651-654. Cf. anche supra n. 42.
82
Cf. O. Kern, Erich Bethe, «Gnomon» XVII (1941) 142-144; A. Korte, Worte zum
Gedàchtnis an Richard Heinze, «BSG» 81 (1929) 1 1-30. Di Burck si veda già Zur Einfuhrung
(1938), in R. Heinze, Vom Geist des Ròmertums. Ausgewàhlte Aufsàtze, Stuttgart I960 3 , 1-8.
83
Lettera dell'8.5.1891 in Fr. Bertolini (ed. e trad.). Lettere di Ulrich von Wilamowitz-
Moellendorff a Georg Wissowa e Karl Praechter, in Canfora, Cultura classica e crisi tedesca
cit. 186. Cf. anche W.M. Calder III-R.L. Fowler (edd.), The Preserved Letters of Ulrich von
Wilamowitz-Moellendorff to Eduard Schwartz, Munchen 1986, 33 e n. 127.
84
Si veda in merito J.S. Rusten, Dionysius Scytobrachion, Opladen 1982, 15-6, e sulla
' Auseinandersetzung' con Usener in materia mitografica A. Henrichs, Der Glaube der Hellenen ':
Religionsgeschichte als Glaubensbekenntnis und Kulturkritik, in Calder et al. (edd.), Wilamowitz
cit. 282s. Su Wilamowitz e Schwartz cf. W.M. Calder III, Wilamowitz to Max Pohlenz on
Eduard Schwartz (1991), in Further Letters cit. 187-190.
85
Cf. Fr. Klingner, Richard Heinze, «Gnomon» VI (1930) 60; H.J. Mette, Nekrolog einer
Epoche: Hermann Usener und scine Schule, «Lustrum» XXII (1979/1980) 67.
L'OMBRA DI WILAMOWITZ 4]^

antichistico wilamowitziano 86, e che negli anni di Weimar Heinze con la sua
lettura 'estetico-moralistica' dei valori della nobiltà romana 87 è se mai vicino alla
cerchia di George, alla Geistesgeschichte e comunque (seppure indirettamente) al
generale movimento di riforma degli studi classici che ha per suo principale pro-
dotto il Terzo Umanesimo jaegeriano. C'è dunque qualcosa di significativo, anche
senza voler forzare degli spunti occasionali dentro schemi troppo ampi, nel fatto
che sia Heinze sia Bethe ricorrano nel carteggio Wilamowitz-Jaeger: Heinze in
Wilamowitz, che lamenta l'insufficienza della sua edizione dei frammenti di
Senocrate 88, Bethe in Jaeger, che definisce 'troppo facile' il procedere del moderno
mitografo nell'analisi dell'epos, troppo facile 'perché senza senso dello stile''89.
Nella Lipsia descritta da Burck si riconosce una tensione tipica dell'età, i
quattordici anni di Weimar, in cui come osserva P.L. Schmidt, «sich Wilamowitz'
Leben und Werk vollendete, in denen zugleich aber auch unter dem Druck des
politisch-gesellschaftlichen und kulturellen Umbruchs die Weichen fur die uns
bis heute betreffende Wissenschaftsgeschichte gestellt wurden» 90 . Fin lì arriva la
memoria, e al margine estremo di quell'età c'è un Wilamowitz ancora attivo ed
immensamente influente 9I , ma già anche leggendario. Tutti conosciamo il bene-
fico impatto che sugli studi classici nelle Isole Britanniche e a Oxford in partico-
lare ha avuto nella seconda metà degli anni Trenta l'arrivo degli allievi di Wilamowitz
esuli dal nazismo: Fraenkel, Pfeiffer, Jacoby, Maas 92; essi portavano con sé la
scuola antichistica cui si erano formati e quello che ormai, filtrato dalla distanza
non solo temporale ma anche spaziale e culturale, era un mito. Uno dei maggiori
tra gli allievi di questi allievi ci lascia un ritratto indimenticabile di quegli anni:
è Sir Hugh Lloyd-Jones con le sue Memories of Paul Maas, impossibili da rias-
sumere ma molto raccomandabili come lettura 93. Maas era lo stesso che, ce lo

6
La cosa è mirabilmente chiarita da P.L. Schmidt, Wilamowitz und die Geschichte der
lateinischen Literatur, in Calder et al. (edd.), Wilamowitz cit. 394ss.
87
Uso una dizione di L. Canfora, Ideologie cit. 218s., cf. A. Perutelli, Richard Heinze
e i Wertbegriffe, «QS» VI (1977) 51-66.
8
R. Heinze, Xenokrates: Darstellung der Lehre und Sammlung der Fragmente, Leipzig
1892, cf. W.M. Calder III, The Correspondence of Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff with
Werner Jaeger (1978), in Selected Correspondence cit. 193 (lettera a Jaeger del 26.12.1919).
In generale, peraltro, Wilamowitz ebbe per Heinze amicizia e stima, cf. Mensching, Nugae cit.
V (1992) 33 e 42 n. 82.
89
«... zu einfach, weil ohne Stilgefuhl», lettera a Wilamowitz del 9.12.1917 in Calder,
a.c. 187.
90
Schmidt, a.c. 394.
Sull'ultimo Wilamowitz è indispensabile Fr. Solmsen, Wilamowitz in his Last Ten
Years (1979), in Kleine Schriften, III, Hildesheim-Zurich-New York 1982, 430-463.
2
Oltre a Lloyd-Jones, supra n. 32, si veda almeno G. Huxley, Wilamowitz: Some Connexions
with Britain and lreland, in Calder et al. (edd.), Wilamowitz cit. 554-557.
93
Già apparso in Greek in a Colà Climate cit. 206-212, il ricordo di Lloyd-Jones, Paul
Maas (1880-1964), ricorre in Mise. Vogt cit. 255-261 con una gustosa aggiunta (pp. 260s.).
416 LEHNUS

ricorda E. Vogt, recensendo un saggio di Wilamowitz sugli inni di Proclo e di


Sinesio vi aveva lamentato l'assenza di una recensio e aveva tranquillamente obiet-
tato a Wilamowitz la non cpmpleta padronanza della storia critica dei singoli pas-
si 94; e Maas nell'indimenticabile racconto di Fr. Solmsen è colui che nella Graeca
wilamowitziana, istruendo un passo, può candidamente osservare: «Viel unnòtig
daran herumkonjiziert worden, leider auch von Excellenz» 9 \ Per introdurre il suo
incontro con Maas e con gli altri grandi esuli nei primi anni del dopoguerra Lloyd-
Jones ricorre a un prestito da R.L. Stevenson: «Readers of Treasure Island will
remember how the reader becomes aware of the villainous career of the pirate
captain Flint, and one by one learns the names and characters of the various members
of his crew - Black Dog, Billy Bones, the terrifying blind man Pew, the gunner
Israel Hands, and, most of ali to be feared, the man with one leg, who turns out to
be Long John Silver. Something of the same mixture of awe and admiration attached
to the process by which we ignorant young English persons gradually learned the
names of the distinguished group of scholars which had centred upon Wilamowitz
in his later years. Flint, Stevenson's readers will recali, had long since died of rum
at Savannah, but numerous members of his company were stili living, and turned
out to be near at hand. Just so we discovered that a number of the disciples of
Wilamowitz were not only stili living, but were actually in Oxford» 6.
Al di là dell'inedito accostamento tra Wilamowitz e il bucaniere Flint, la
testimonianza di Lloyd-Jones è eloquente per una certa aura che porta con sé.
Sono passati vent'anni dalla morte di Wilamowitz, e a Weimar hanno fatto seguito
la dittatura e poi la guerra; lo stesso Lloyd-Jones è reduce dall'aver servito in armi
il suo paese 97 . Se gli anni Venti e l'ultimo Wilamowitz costituivano l'orizzonte
remoto dei ricordi contenuti nel libro, la seconda guerra mondiale è il vero punto
di svolta culturale, esistenziale e psicologico intorno a cui i ricordi si organizza-
no. C'è la sua cupa attesa, ci sono gli addii, l'esilio 98 : J. Gotte era presente e
ricorda l'ultimo invito a casa di Jaeger, 'col cuore pesante' 99 ; ricorda Norden che
lo accompagna al cancello del giardino: «Ach, lieber Gotte, einen alten Baum
kann man nicht verpflanzen; das vertràgt er nicht» l0°. Di fronte al distacco e

44
Cf. E. Vogt, Wilamowitz und die Auseinandersetzung seiner Schiller mit ihm, in Calder
et al. (edd.), Wilamowitz cit. 617 (la recensione maasiana era del 1907).
^ Solmsen, a.c. 433.
96
P. 206 = 255.
97
A.c. 207 = 256.
48
In questo campo non è difficile trovare documenti drammatici, ma per un antichista è
difficile trovarne uno più impressionante di K. von Fritz, Die Griinde, die zu meiner Emigration
i. Jahre 1936 gefùhrt haben, in W.M. Calder III, Nuda Veritas: William Abbott Oldfather on
Classics at Columbia, «ICS» XVIII (1993) 374-378 (trad. ingl. di D J . Kramer e W.M. Calder
III).
99
Werner Jaeger (1888-1961), in Mise. Vogt cit. 221.
"'" Eduard Norden (1868-1941), in Mise. Vogt cit. 280.
L'OMBRA DI WILAMOWITZ
417

all'abbandono si potrebbe concludere con le parole di Stefan Zweig: «Parlate e


scegliete dunque, o miei ricordi, e date almeno il riflesso della mia vita, prima che
essa scenda nel buio» l01.
Ma c'è l'altro versante della guerra, ci sono gli anni duri e stimolanti della
ricostruzione, poi gli anni belli, e sono i più ricordati nel libro, in cui la vita torna
a scorrere e ritorna anche il passato. Brunhòlzl ritrova Stegemann in un paesino
del sud, cercano altri amici e colleghi di Praga per organizzare dei pomeriggi di
studio, poi scoprono che non lontano vive uno studioso privato con una ricca
biblioteca: è B. Bischoff ,02 . A Oxford per i 75 anni di Maas Lloyd-Jones organiz-
za un pranzo a Corpus Christi College; ci sono gli amici più cari e persino il
vecchio Murray acconsente a venire. C'è anche un ospite inatteso, l'allievo pre-
diletto di Maas negli anni di Kònigsberg: è W. Buchwald, arrivato quasi per caso
reduce da dieci anni di Siberia, ed ha ancora addosso una specie di pastrano
m. militare 103. Simbolo transepocale, il cappotto: ricordate quello dagli ampi risvolti
del povero Hopfner? Un giorno Maas, che gira anche in pieno inverno in giacca
e camicia aperta sul collo, compare da Lloyd-Jones a Cambridge 'indossando uno
splendido cappotto all'antica, con risvolti e collare': Maas l'ha messo per la spe-
ciale occasione, una riunione della Cambridge Philological Society, ma quel cap-
potto doveva provenire dalla Germania di prima del ' 14, osserva perplesso Lloyd-
Jones 104. Adesso Buchwald, l'allievo dell'allievo, l'editore di EAErEIA, il futuro
editore del VI volume delle Kleine Schriften di Wilamowitz l05 e suo futuro
bibliografo 106, siede accanto a Murray, che lo interroga. Parlano della guerra e
della prigionia, ma come non credere che anche Wilamowitz fosse presente 107? Il
Prussiano e il Poeta 108 avevano corrisposto (anche in greco), si erano conosciuti,
avevano collaborato a Euripide, incarnando nei rispettivi paesi la filologia della
belle epoque; poi la guerra, la prima guerra, aveva rovinato tutto, e Wilamowitz

Die Welt von gestern. Erinnerungen eines Europàers ( 1942), trad. it. di L. Mazzucchetti,
Milano (1946) 1979, 7.
102
Brunhòlzl, a.c. 209s.
103
Lloyd-Jones, a.c. 209s. = 258s.
104
A.c. 208 = 257.
105
Cf. Fr. Hiller v. Gaertringen, Zur Einfiihrung, in U. von Wilamowitz-Moellendorff,
EAETEIA, Berlin 1938, III; U. von Wilamowitz-Moellendorff, Kleine Schriften, VI, a e. di W.
B., Berlin-Amsterdam 1971. Su Maas e Buchwald vd. Mensching, Paul Maas cit. 52-54.
106
Cf. M. Armstrong-W. Buchwald-W.M. Calder III (edd.), Ulrich von Wilamowitz-
Moellendorff: Bibliography 1867-1990. Revised and Expanded after Friedrich Freiherr Hiller
von Gaertringen and Gùnther Klaffenbach, Hildesheim-Munchen-Zurich 1991, VII-VIII.
«Unvergleichlich schòne Stunden, [...,] wenn er [Maas] Fachgenossen aus Vergangenheit
und Gegenwart mit wenigen meisterlichen Strichen zeichnete, keinen schòner als seinen eigenen
grossen Lehrer auf dem Gebiet der Klassischen Philologie», così Buchwald in una commoven-
te lettera del 15.2.1944 a W. Theiler, ora in Mensching, o.c. 53s.
108
Uso il titolo di A. Bierl-W.M. Calder III-R.L. Fowler, The Prussian and the Poet. The
Letters of Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff to Gilbert Murray ( 1894-1930), Hildesheim 1991.
418 LEHNUS

nel '23 confidava ad Agnes E. Murray, inviata dal padre a tentare un riavvicinamento,
die Welt, die ich kannte, ist zerstórt109.
Quel mondo pur tra molte traversie continua a vivere e ha prodotto una messe
feconda di qua e di là dalla Manica; a suo modo la Miscellanea Vogt con la sua
pluralità di voci lo testimonia. «Il passato dovrebbe essere lasciato ai suoi morti,
che lo conoscevano quando era vivo», giudica E.M. Forster, il romanziere, nel bel
libro di memorie The Hill of Devi n 0 . Ma è esattamente quello che hanno cercato
di fare gli autori di questi contributi. Ricordando i propri maestri si sono trovati
spesso all'ombra di uno che non hanno conosciuto ma che ugualmente si fa evo-
care da loro con forza. Di lui vale la pena di dire ciò che Forster dice del suo
amico di tanti anni fa, il rajah di Dewas: «Una delle cose più sconcertanti che
riguardano i morti è l'impossibilità di pensare a loro in modo imparziale. Spari-
scono tutti e vengono dimenticati, entrano tutti nel silenzio, ma noi non possiamo
fare a meno di attribuire ad alcuni di loro una melodia. Quasi tutti quelli che ho
conosciuto non si sono lasciati dietro alcun suono, e io non posso evocarli, anche
se mi piacerebbe. Lui ha la rara qualità di evocare se stesso, e non credo che lo
stia facendo qui per l'ultima volta» 111 .

Milano LUIGI LEHNUS

109
Cf. G. Murray, Memories of Wilamowitz, «A&A» IV (1954) 14.
"" E.M. Forster, The Hill of Devi (1953), trad. it. di E. Capriolo, Milano 1986, 182.
1,1
Trad. cit. 182s.

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