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N.S. Anno XIV (2005) N.

1-2 (Gennaio-Dicembre)

L’IMMAGINE RIFLESSA
TESTI, SOCIETÀ, CULTURE

Esibire il nascosto
Testi e immagini dell’osceno

Edizioni dell’Orso
Alessandria
L’IMMAGINE RIFLESSA
Pubblicazione periodica semestrale
Registrazione presso il Tribunale di Alessandria
n° 430 del I Aprile 1992

Direttore responsabile: Lorenzo Massobrio

Stampato da DigitalPrint Service s.r.l. in Segrate (Mi)


per conto delle Edizioni dell’Orso
Impaginazione a cura di Barbara Sancin

© Edizioni dell’Orso S.r.l.


Via U. Rattazzi 47 - 15100 Alessandria (Italy)
Simone Marcenaro

L’OSCENO NELLA LIRICA MEDIEVALE:


IL CASO DELLE CANTIGAS D’ESCARNHO E MALDIZER
GALEGO-PORTOGHESI

L’esibizione del nascosto nel genere lirico occupa, nel panorama della
poesia romanza medievale, un posto sostanzialmente marginale; se, nella
produzione romanzesca o prosastica (fabliaux, dits e quant’altro), quella
che Michail Bachtin definisce polifonia permette la possibilità di un incro-
cio fra registri alti e bassi, sia per fini parodistici (Voyage Charlemagne)
che per puri Jeux littéraires, il carattere più rarefatto e tendente all’isomor-
fismo dei generi lirici rende molto più ardua l’inserzione di nuclei bassi in
un generale tono elevato. Esistono generi preposti a raccogliere la produ-
zione comico-realistica – per lo meno nel XII e XIII secolo – che, tuttavia,
si osservano tutto sommato marginalizzati sia nelle varie tradizioni mano-
scritte (si parla soprattutto di quella provenzale), sia nelle trattazioni teori-
che: neppure nelle Leys d’ Amors troviamo traccia di normalizzazione dei
generi satirici, al di là della generica definizione di sirventese1.
Il caso galego-portoghese, invece, contraddice palesemente queste ca-
ratteristiche: non solo il genere d’escarnho e maldizer si trova rappresen-
tato da circa 500 testi nel codice Colocci – Brancuti (10991 della Bibliote-
ca Nacional di Lisbona), in un computo numerico che lo pone a pari di-
gnità coi più illustri generi tradizionalmente amorosi, le cantigas d’amor e
d’amigo, ma la sua esistenza si trova elevata a norma nel breve trattato di

1. Il sirventese, per quanto riguarda i principali trattati di area per lo più catalana, viene de-
finito in modo abbastanza sommario, indicando genericamente il tema di cui tale compo-
nimento deve trattare e la sua natura di contrafactum; nelle Leys d’Amors si evidenziano
entrambi i fattori – contenutistico e formale – e si aggiunge il «mal dig especial», nozio-
ne che, curiosamente, si avvicina abbastanza a quello che il breve trattato di poetica gale-
go-portoghese chiamato Arte de trovar codificherà come cantiga d’escarnho e maldizer.

L’immagine riflessa, N.S. Anno XIV (2005), pp. 103-120.


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poetica, parzialmente trascritto nelle prime carte del codice. In esso trovia-
mo la distinzione fra escarnho e maldizer secondo l’uso o meno dell’ae-
quivocatio; ciò porterebbe ad accostare le poesie satirico-morali, i sirven-
tesi in generale e i residui esempi di generi secondari come il planh al mal-
dizer, mentre le poesie che si fondano sull’uso dell’equivoco semantico,
del doppio senso, potrebbero ascriversi al sottogenere dello scherno. Ora,
questa terminologia presenta numerose questioni che non è possibile trat-
tare in questa sede, essendo l’Arte de Trovar galego-portoghese un testo di
non sempre immediata comprensione. Ad esempio, il procedimento retori-
co dell’ aequivocatio, che sta alla base del genere satirico, viene sostan-
zialmente frainteso dall’anonimo redattore del trattato, poiché l’equivoco
come lo si intende nella tradizione latina, mediolatina e nelle stesse teoriz-
zazioni romanze, appare soltanto in minima parte in scherni e maldicenze:
piuttosto, si dovrà parlare di multivocatio e ambiguitas. Ancora, il proble-
ma relativo all’effettiva pertinenza di tali etichette di genere presenta nu-
merosi spunti e possibilità di interpretazione dei testi, ma è un fatto che il
corpus d’escarnho e maldizer risulta essere il più compatto e, si direbbe,
ideologicamente strutturato (in termini, appunto, di consapevole elevazio-
ne del genere satirico a pari dignità di quelli tradizionali) che ci sia giunto.
Pertanto, ci troviamo di fronte ad un unicum in tutto il panorama della
lirica romanza medievale, nonostante nessun critico si sia mai soffermato
più di tanto su questo fondamentale elemento. Ciò pone diverse questioni
relative anzitutto al rapporto con il modello provenzale: al di là delle rela-
zioni che intercorrono fra le rispettive tradizioni di poesia d’amore, e te-
nendo altresì conto dei rapporti storicamente comprovabili fra trovatori pe-
ninsulari e di lingua occitana2, è innegabile affermare che, nel campo della
poesia satirico-parodica, i punti in comune si misurano sull’uso di medesi-
me immagini e temi, senza tuttavia poter stabilire rapporti precisi fra le due
tradizioni. In realtà, si delinea, a mio avviso, una situazione in cui il genere
satirico-parodico galego-portoghese si configura come collettore di una tra-

2. Per quanto riguarda i rapporti di natura essenzialmente tematica fra la cantiga d’amor e le
cansos provenzali si veda J. M. D’Heur, Recherches internes sur la lyrique amoureuse
des trobadours galiciens-portugais (XII-XIV siècles), contribution a l’étude du «corpus
des troubadours», Paris, s.l., 1975. Uno strumento imprescindibile per chi voglia acco-
starsi alla questione dal punto di vista dei rapporti formali è il recente volume La lirica ga-
lego-portoghese (Roma, Carocci, 2003), nel capitolo 2, redatto da P. Canettieri e C. Pul-
soni.
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dizione, quella bassa, compromessa con il campo semantico dell’osceno,


della sessualità, del turpiloquio, presente già nella poesia provenzale (e, in
seguito, italiana), ma che soltanto qui trova terreno fertile per erigersi al
grado di genere poetico normalizzato, che nella produzione dei singoli tro-
vatori si trova senza difficoltà accanto alla più tradizionale lirica alta, della
quale, anzi, spesso essa costituisce un controcanto parodico.
Vediamo ora di isolare le principali direttrici del campo semantico del-
l’osceno esperito nelle cantigas d’escarnho e maldizer: esso si configu-
rerà, da una parte, come un contenitore di numerosi hapax e termini affe-
renti ad ambiti totalmente alieni alle cantigas d’amor e d’amigo, dall’altra
come specchio deformato di lemmi e sintagmi derivanti dalla lirica amoro-
sa, qui rifunzionalizzati e dotati di nuova produttività semantica: è in que-
sto caso che si potrà parlare di parodia alla lirica d’amore. Cogliere il si-
gnificato allusivo da questi vocaboli, che per convenzione sociolinguistica
dovevano effettivamente apparire chiari nella loro intenzione connotativa,
permette altresì di mettere in luce contiguità semantiche, altrimenti sfug-
genti, fra nomenclatura specifica e termini espliciti da un lato, e dall’altro
fra sostituti apparentemente innocui usati in senso figurato e contesti pale-
semente osceni: è però altrettanto necessario considerare questo campo in
modo del tutto problematico ed aperto a nuove proposte, dal momento che
la ricca tastiera metaforica e metonimica utilizzata nei testi non può legitti-
mare la pretesa di definirlo compiutamente, come un insieme chiuso.
Si cercherà perciò di appuntare, ove possibile, eventuali variazioni ed
aggiunte ad un insieme che, per la prima volta, è stato considerato come
tale da G. Tavani3, il quale tuttavia tralascia alcuni lemmi e sintagmi che
valgono la pena di essere letti con più attenzione. Considerando sempre la
delimitazione di questo settore come il risultato, in gran parte, di un’inter-
pretazione e, dunque, foriero di ripensamenti e difficoltà ad essa legati,
non appare certo come operazione arbitraria, il tentativo di integrare, sia
pur parzialmente, le serie lessicali già proposte da Tavani delle quali, per
sua stessa ammissione, è giocoforza rilevare l’incompletezza e la possibi-
lità di accrescimento.

Una prima grande distinzione all’interno del campo dell’osceno vede,


da una parte, i lemmi indicanti gli organi genitali maschile e femminile, a

3. Cfr. G. Tavani, La lirica galego-portoghese, GRLMA II, fasc. 6, Heidelberg, Carl Winter
Universitätsverlag, 1980.
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loro volta corredati da eventuali attributi e menomazioni varie, mentre si


conta una più nutrita serie di parole che si riferiscono alle pratiche eroti-
che, anch’esse specificate nelle loro sfumature: per quest’ultima, in parti-
colar modo, si possono ipotizzare alcune riflessioni. È interessante notare
come il vocabolo maggiormente impiegato per il membro maschile sia un
hapax : il lemma caralho ha suscitato diverse ipotesi in merito alla sua eti-
mologia. Si è ipotizzata una base latina *CARACULUM, dalla quale derive-
rebbero le attestazioni del termine in area mediterranea, utilizzato in cam-
po ittiologico4. Da esso deriva, nella cantiga Ua donzela jaz preto d’aqui
di Martin Soares (LP 97,44)5, il soprannome Don Caralhote, di scoperta
connotazione oscena, seppur inserita in un testo di non immediata inter-
pretazione. I poeti galego-portoghesi non mancano inoltre di descrivere le
condizioni di menomazione e normalità del membro, rispettivamente
escaralhado ed encaralhado: se queste condizioni derivano da un eccesso
di attività, si utilizzano esnarigar e esnarigado. Altre definizioni utilizzate
sono nembro, pissa, pisso, con il dispregiativo pissuça – che, infatti, è uni-
to in un caso all’aggettivo cativa per indicare un’affezione venerea da
Johan Soares Coelho in LP 79,33 – quindi altri termini che alludono ad es-
so più o meno esplicitamente quali esteo, gli ambigui narizes e malada, la
coppia clerigo / demo, baston (o baton). Concludono colhoes, dous com-
panheiros, (dous) maços per indicare i testicoli. A questo proposito si os-
serva come lo smembramento del corpo, prendendo in prestito la nozione
bachtiniana, si focalizzi essenzialmente sugli organi genitali e, in misura
minore, sul deretano; ne sia esempio una curiosa cantiga di Pero d’Am-
broa (LP 126,10), dove si suggerisce all’onnipresente mercenaria di ven-
dere il proprio corpo al minuto, così che il poeta possa appropriarsi della
parte che più gli aggrada, facile da intuire. Ad un impiego variegato di pa-
role per indicare gli organi genitali non corrisponde un’analoga produtti-
vità per le altre parti del corpo citate da Bachtin: il naso, ad esempio, è no-
minato solo tre volte e sempre con lo stesso sostantivo narizes, salvo il ca-

4. Cfr. REW, p. 159 e anche V. Bertolucci Pizzorusso (a cura di), Le poesie di Martin Soa-
res, Bologna, Libreria antiquaria Palmaverde, 1963, p.139, nota 5.
5. D’ora in poi, i testi non presenti in appendice verranno segnalati secondo il numero pro-
gressivo definito dall’edizione collettiva Lirica Profana galego-portuguesa. Corpus
completo das cantigas medievais, con estudio biografico, analíse retórica específica, 2
voll., a cura di Mercedes Brea et al., Santiago de Compostela, Xunta de Galicia - Centro
Ramon Pineiro, 1996, abbreviato in LP.
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so di Marinha, ende folegares di Afons ‘Eanes do Coton (LP 136,3), dove


esso sta ad indicare, non a caso, proprio il membro virile.
Sul versante femminile, invece, emergono maggiori problemi, dal mo-
mento che per indicare l’organo sessuale si fa ricorso più insistentemente
ad un uso metaforico della lingua, se si esclude cono e la sua forma accre-
scitivo-dispregiativa conon o covon, (la lettura, nel caso di una poesia di
Alfonso X, è incerta)6. Il primo testo della nostra rassegna posta in appen-
dice, opera di Alfonso Lopez de Baián, mostra una singolare concentrazio-
ne di termini metaforici da ricondursi a questa serie lessicale. La cono-
scenza del senso figurato di madeira rende già chiara la chiave di lettura
per comprendere il significato del testo; ma allora, ritenendo scontata tale
accezione di madeira, dovranno, per la stessa ragione, accogliersi pedrei-
ros, pedra, cal, telhar e lo stesso casa; seguendo l’interpretazione di Ro-
driguez Lapa, invece, la poesia rimarrebbe comunque nel campo dell’o-
sceno, ma il valore di madeira nova muterebbe, poiché lo studioso porto-
ghese parafrasa l’espressione fazer casa con madeira nova con «tomar
mulher nova para viver con ela amancebado»7, intendendolo come un’al-
lusione alla poco decorosa disponibilità a pratiche di tale genere da parte
della monache del convento di Arouca. Come si vede, l’interpretazione e il
valore attribuito alle singole unità lessicali sono estremamente legate ed
entrambe concorrono alla comprensione del testo. In questo caso, ad ogni
modo, sembra più convincente l’ipotesi di Tavani, avvalorata da un valore
simile del medesimo termine in un altro escarnho di Alfonso X, dedicato
alla mercenaria Maria Peréz, detta Balteira. [testo 2]. Completano questo
settore serie i termini obscuro-furado-fendedura-buraco usati in progres-
sione parallelistica da Joan Airas in Don Beeito, ome duro (LP 63,27);
maggior curiosità la desta un componimento dedicato a Maria Pérez, opera
di Pero da Ponte, in cui la celebre soldadeira è schernita per la sua incapa-
cità a conservare le indulgenze ottenute in Terrasanta; la sua maeta (‘cofa-
netto’), infatti, è sempre aperta, da quando ha perduto il lucchetto e quindi

6. Fui eu poer a mão noutro dia (LP 18,20), di Alfonso X; l’editore del canzoniere alfonsi-
no J. Paredes (Alfonso X el Sabio – Cantigas Profanas, Granada, Universitad de Grana-
da, 1988, p. 239) propone la lettura conon, accrescitivo-dispregiativo di cono, lezione ac-
colta anche dal Lapa nell’edizione del 1970 della sua raccolta di canzoni satiriche penin-
sulari (Cantigas d’escarnho e maldizer dos cancioneiros medievais galego-portugueses,
2. edição revista e acrescentada pelo Prof. M. Rodriguez Lapa, Vigo, Galaxia, 1970) e,
più recentemente, da LP.
7. Lapa, Cantigas d’escarnho, p. 18 (ed. del 1965).
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è facile a depredarsi da parte di chicchessia. Similmente a quello che acca-


de per la cantiga di Lopez de Baián sopra citata, il valore semantico di
maeta comporta una conseguente rilettura di cadeado (il lucchetto) e degli
stessi pardon, ossia le indulgenze, di cui la protagonista è carregada. A
questo proposito si potrebbe pensare ad un uso analogo della coppia cofa-
netto / lucchetto in un componimento di Guglielmo IX, Farei un vers de
dreit nien, nella cui conclusione si è ipotizzata una lettura in chiave di me-
tafora erotica. Silvio Pellegrini8, infatti, legge il valore metaforico (dell’e-
stui) in chiave oscena, riferito cioè alla cintura di castità; viceversa, la con-
traclau per aprire l’estui non sarebbe altro che un riferimento all’abilità
poetica. In tal caso l’origine della metafora sarebbe scritturale. L’altra oc-
correnza di maeta nel corpus satirico si osserva in due testi di Johan
Garçia de Guilhade [testi 4 e 5]. Allo stesso modo l’uso di greta (fessura)
nel succitato componimento di Alfonso X va ricondotto a questa serie.
Il secondo sottoinsieme del campo dell’osceno offre ulteriori difficoltà
e necessita di maggiori integrazioni alla serie proposta da Tavani, ancorché
l’interpretazione di locuzioni ed espressioni si riveli assai spinosa, con un
gradiente di difficoltà direttamente proporzionale al contenuto che tali
espressioni veicolano, più o meno velatamente; si dovrà ammettere un in-
fittirsi del linguaggio metaforico-allusivo in corrispondenza di oggetti, in
questo caso le pratiche sessuali, che necessitano di una maggiore indeter-
minatezza e che non possono mostrarsi chiaramente, come se esistesse una
sorta di ‘microcensura’ autoimposta dai poeti riguardo a certe deviazioni
dalla norma. In tal caso il supposto standard si identificherebbe col rappor-
to eterosessuale, mentre i numerosi casi di allusioni alla pederastia già ri-
sentono di una minore immediatezza espressiva (ma con sfumature che ad-
dirittura arrivano a identificare una differenza fra rapporto attivo e passi-
vo!), ulteriormente mascherata da un più robusto impianto metaforico agli
estremi del soggetto trattato, ossia omosessualità femminile ed incesto.
Per ciò che concerne quella che abbiamo definito, per semplicità, la
norma, il termine che si attesta con maggior frequenza è certamente foder,
per il cui impiego è da registrarsi un uso anomalo del participio passato in
Pero da Ponte, che utilizza fodidos al posto del consueto fodudo nel testo 3
(v. 2), e in Men Rodriguez de Briteiros (LP 100,2). Seguono espressioni
come fornizio, forniz, picar, esmalhar, cavalgar, encavalgar, sobir, tutte

8. Cultura Neolatina IV-V (1944-45): 30. Cfr. anche le osservazioni in N. Pasero (a cura
di), Guglielmo IX - Poesie, Modena, Mucchi, 1973, pp. 112.
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sostanzialmente immediate nell’indicare il loro oggetto; fra queste si rile-


vano due termini, molto simili fra loro, *fodimalho e fodestalho, per i qua-
li non si è individuato in modo pienamente soddisfacente l’etimologia e lo
stesso significato; in particolare *fodimalho, forse derivante da FULTIMA-
SCULUM (riferito agli animali più che agli uomini nella cantiga del conte di
Barcelos [testo 7], viene decifrato dal Lapa come «sexualmente capaz»,
sebbene si tenda anche ad accettare la lettura alternativa del codice V fadi-
malho, per la quale lo stesso Lapa propone comunque il significato di
sexualmente apto por fatalidade biologica»9. Accanto a queste parole se ne
ritrovano alcune di più marcata allusività, come talhar / cavar vinhas, am-
brar (lett. ‘ancheggiare’), andar en prison, trebelhar, trebelho, osmar, uti-
lizzato da Alfonso X nel secondo testo della nostra rassegna, dove il ‘pren-
dere le misure’ allude molto probabilmente ad un significato erotico, e l’e-
spressione deitear / cobrar sobre (Pedr’Amigo LP 116,13), entrambi av-
valorati dal comune riferimento alle soldadeiras, colpite sempre in ragione
dei disinvolti costumi sessuali (nel primo caso si tratta della famigerata
Balteira, al secolo Maria Peréz, nel secondo la destinataria è una certa
Maior Garçia). Un eventuale inserimento del vocabolario militare-cavalle-
resco, declinato in senso malizioso, va limitato a pochi casi fra i quali, ol-
tre ai già citati cavalgar e encavalgar, il verbo tirar del componimento di
Pero d’Ambroa Os beesteiros daquesta frontiera (LP 126,9), dedicato – e
come potrebbe essere altrimenti? – a Maria Peréz Balteira, illustrata nel
prendere parte ad una gara di tiro al bersaglio, dove il bersaglio diventa es-
sa stessa, così abile da vincere e, non contenta, capace perfino di lasciare
un male venereo a chi provò a tirare su di lei, e alla metafora bellica (ba-
ralha, guerra) utilizzata da Alfonso X per descrivere il ménage erotico fra
Domingas’ Eanes ed un Cavaleiro (LP 18,11). Infine, sebbene non indichi
direttamente, l’atto sessuale, si registra la locuzione poer a mão, usata in
una curiosissima cantiga, ancora di Alfonso X, quasi tutta declamata da
una mercenaria, nell’accezione di ‘palpare’ (Cfr. nota 6).
Proseguendo nello schema prospettato sopra, incontriamo il primo gra-
do di addensamento metaforico, per esprimere la primadeviazione dalla
normalità del rapporto eterosessuale. È qui possibile integrare la serie les-
sicale portata dal Tavani, che si limita a registrare il verbo queimar per il
rapporto sodomitico e alcuni sostantivi come cuu, nadigon, momo e natu-
ra; curiosamente, quest’ultimo vocabolo, solitamente impiegato per indi-

9. Lapa, Cantigas d’escarnho, «Vocabulario», p. 702.


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care l’organo genitale femminile, non trova invece nell’area galego-porto-


ghese il medesimo ruolo: anch’esso, pertanto, si configura come un hapax.
In realtà troviamo disseminate, all’interno del corpus, numerose allusioni
a rapporti omosessuali, che talvolta prendono come bersaglio determinati
personaggi, dei quali più autori si sbizzarriscono a tracciare un profilo:
l’omosessualità sembra essere un oggetto privilegiato per gli escarnhos,
che presentano veri e propri pezzi di bravura nei giochi di parole che allu-
dono inequivocabilmente a questa ‘infrazione’. Rimanendo sempre sulla
scorta dell’avvertimento che più volte è emerso nel trattare il contenuto
della cantigas d’escarnho e de maldizer, cioè di considerare la transito-
rietà e la fluidità di queste serie lessicali, sempre aperte a nuovi apporti, si
cercherà di individuare alcune locuzioni ed espressioni che paiono avere
qui diritto di cittadinanza.
Alcune di esse ruotano attorno al gioco di parole ‘topografico’ fra il
procedere innanzi e dietro, lo stare o mettere davanti ed il suo contrario,
presente in modo esemplare diverse poesie, fra cui spicca il nostro testo
10; ad una prima lettura, si intuisce con una certa facilità che il torto subito
dal vilão alluda a qualcosa che riguarda un rapporto non eterosessuale,
ipotesi rinforzata dal baston di cui si parla nella prima cobla. Quindi, il
botta e risposta su cui s’impernia il resto della poesia è articolato sulla
sempre più fitta presenza di espressioni che indicano lo ‘stare davanti’ (vv.
4, 13-15) e lo ‘stare dietro’ (vv. 20-21); sostanzialmente Don Estevan ac-
cusa il vilão (v. 14) di preferire lo stare dietro a lui, il quale replica che a
gran coita egli si mise sempre davanti, e sempre davanti era messo da
Estevan. A questo punto non è del tutto infondata una lettura di questa
cantiga in chiave oscena e omosessuale, così da poter annoverare tra i ter-
mini afferenti alla sottoserie delle performances erotiche le locuzioni an-
dar en pos, andar / metir deante.
Il sospetto di un riferimento ai gusti sessuali del protagonista appare
inequivocabile se si considera il bersaglio dei numerosi scherni che lo ri-
guardano, tanto da poter legittimamente parlare di un ‘ciclo di Fernan
Diaz’10: egli è uno di quei personaggi sui quali i poeti galego-portoghesi si
compiacciono di costruire dei minicicli, quasi sempre imperniati su una
caratteristica – non necessariamente di ambito erotico – che contraddistin-

10. Il ‘ciclo’ di Fernan Diaz comprende, oltre alla cantiga già citata i componimenti LP
16,10 (Airas Perez Vuitoron), 31,1 (Estevan Faian), 120,6 (Pero da Ponte), 125,15 e 42
(entrambe di Pero Garcia Burgalês).
L’osceno nella lirica medievale 111

gua il malcapitato. Nel caso di Diaz tutte le cantigas a lui dedicate, che
sparlano della sua presunta omosessualità, inducono a pensare che qui il
motivo si ripeta. Non dovrà nemmeno trascurarsi che, ogniqualvolta si
parla del tema matrimoniale-omosessuale legato a Diaz11, troviamo la si-
gnificativa espressione casamento d’ome, cioè ‘matrimonio fra uomini’.
Un discorso simile riguarda l’espressione trasnoitar sobre un homen;
quest’ultima è adoperata dal medesimo Pero Garcia Burgalês (LP 125,42)
per burlarsi dell’operato di Fernan, che di giorno svolge zelante il suo la-
voro catturando i malfattori, per poi usufruirne in altro modo nottetempo. Il
permanere della coppia oppositiva sopra / sotto si sviluppa nell’alveo del-
l’altro procedimento che oppone i due estremi cronologici, prima / dopo.
Relativamente a questo settore, di cui più volte si è rimarcata l’ardua prati-
cabilità, rimangono ancora alcune espressioni per completare la provvisoria
e sommaria serie lessicale che lo caratterizza. Tutte le seguenti richiedono
meno fatica per individuare il senso a cui vogliono alludere, inserite come
sono in discorsi del tutto manifesti: nel caso di Estevan da Guarda, infatti
(LP 30,13), le accuse di pederastia mosse ad un certo Alvar Rodriguez si
avvalgono di una terminologia così scoperta da evadere da quella sorta di
autocensura che rende lo scherno di abitudini al di fuori della norma più ric-
co di doppi sensi e giochi lessicali. Così, il verbo tomar (lett. ‘ricevere’),
preceduto dal verbo foder in rara accezione omosessuale e dal sostantivo
caralho, va senza dubbio inserito nella serie12. Altri casi presentano mino-
re immediatezza d’interpretazione e pertanto dovranno accogliersi con
qualche riserva, ancorché alcuni indizi legittimerebbero l’acquisizione di
questa chiave di lettura. Un esempio per tutti è la coppia di verbi, che si ri-
pete in iterazione parallelistica in una poesia di Afonso Meéndez de Bee-
steiros, desseinar (dimagrire) ed enseinar (ingrassare), per i quali già Ro-

11. La metafora oscena del matrimonio fra uomini legata a Fernan Diaz è ripresa nel testo
LP 31,1 (cfr. nota 10), composto da Estevan Faian.
12. Vv.15-21: «Alà guarde toda prol en seu seo / Álvar Rodriguiz, que pôs entomar / daque-
ste mouro, que non quis guardar / de seu foder, a que tan moço veo». Alvar Rodriguiz è
un altro personaggio sul quale trovatori e giullari peninsulari si accaniscono per formare
un miniciclo di poesie dedicate ad una sua caratteristica oscena. In questo caso, tale ciclo
è costruito quasi interamente da Estevan da Guarda che, oltre al testo succitato, è autore
di altre quattro cantigas (LP 30,1,2,14), che variano sul tema di satira sociale legato alla
pederastia, specialmente in relazione alle tendenze pederaste di Don Rodriguiz nei con-
fronti di giovani convertiti (la ricorrente figura del mouro). Al trovatore portoghese si
aggiunge Pedro de Portugal (LP 118,1).
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driguez Lapa paventò un valore metaforico da indirizzare sul piano erotico:


(LP 7,8: «O arraiz de Roi Garcia / que en Leirea tragia / desseino-o / e pois
väo outro dia, / e enseino-o») significato dei termini che indicano l’alter-
narsi della condizione del capitano in rapporto al suo magnate Roi Garcia
pare alludere ad un rapporto illecito, stavolta impostato sul tema del tradi-
mento; la metafora dell’acquistare / perdere peso può essere verosimilmen-
te legata al tema erotico omosessuale. Anche qui il senso della cantiga
oscilla fra questa lettura licenziosa ed una più letterale – al massimo, si po-
trebbe pensare che l’autore si rivolga a Roi Garcia in ragione di una pre-
sunta avarizia nel dispensare cibo ai suoi protetti – e, pertanto, l’interpreta-
zione figurata e quella letterale sembrano stare sullo stesso piano. Tuttavia
sembra più funzionale appoggiarsi all’ipotesi del Lapa, il quale riporta la
difficoltà manifestata dall’insigne filologa Caterina Michaëlis de Vascon-
cellos a capire il senso compiuto della poesia e cerca così di proporre una
lettura che contribuisca a superare questa impasse13.

Si è visto come il tema del rapporto alternativo a quello fra uomo e


donna sia frequentemente praticato da trovatori e giullari galego-portoghe-
si, tanto da costituire parte sostanziosa del campo dell’osceno. Tuttavia
questi poeti si riservano, si direbbe con un certo compiacimento, di esplo-
rare tutta la casistica di rapporti amorosi, arrivando a toccare gli estremi,
se così si possono defiinre, di uno spazio che ha visto muoversi al suo in-
terno numerosi autori: tali estremi, limitati a quattro casi in tutto, sono il
rapporto omosessuale femminile e l’incesto. Nel primo caso, vero è che i
testi medievali presentano minori occorrenze legate alle pratiche saffiche
rispetto al tema dell’omosessualità maschile; non esiste un equivalente al
femminile, ad esempio, dell’invettiva di Pier Damiani del Liber Gomhor-
rianus. Tuttavia, nel panorama romanzo il tema non è certo ignoto: è inte-
ressante rilevare la sua presenza, ovviamente in termini di biasimo, nel Li-
vre des Manières di Etienne de Fougère, che utilizza un linguaggio sarca-
sticamente metaforico per indicare l’omosessualità femminile, la cui nega-
tività risiede proprio nella non aderenza alla norma del rapporto eteroses-
suale, in virtù della mancanza dell’elemento maschile, indicato mediante
una serie di immagini allusive14. Individuare un sicuro riferimento a que-

13. Cfr. Lapa, Cantigas d’escarnho, p. 106.


14. Vv. 1105-1112: «Ces dames ont trouvé i jeu : / o dos trutennes funt un eu / sarqueu hur-
tent contre sarqueu, / sanz focil escoent lor feu. // Ne jouent pas a tiquentance, / a tleins
L’osceno nella lirica medievale 113

sto tema nelle nostre cantigas è fuor di dubbio, vista l’inequivocabilità del
distico di refram della breve cantiga di Afons’ Eanes do Coton [testo 12].
Ipotizzarne un secondo, invece, risulta più arduo ma non infondato; LP
81,4, di Johan Vasquiz de Talaveira, si articola infatti sul rapporto fra Ma-
ria Leve, soldadeira oggetto di più d’una poesia di scherno, e una giovane
servente (manceba) con la quale ella litiga frequentemente; nonostante la
situazione burrascosa, Maria non riesce a separarsi dall’amica, che gode di
fama non proprio buona, considerati i luoghi che frequenta, e dunque è co-
stretta a seguirla ovunque ella vada («ena Moeda Velha vai morar / Dona
Maria Leve, a seu pesar»). Se qui è legittimo postulare una descrizione di
un rapporto amoroso, appare notevole il tono di una poesia che non gioca,
neanche velandoli, su toni farseschi ed irriverenti, ma introduce una sorta
di microdramma psicologico, che non contribuisce a chiarire la natura del
rapporto su cui ruota la poesia, ma che si caratterizza per un sostanziale
scarto dalla grossolanità di molti scherni e maldicenze. Tuttavia bisognerà
ancora una volta tenere conto della tendenza a coprire il significato mani-
festo laddove si tratti di temi considerati evidentemente passibili di un
maggiore densità metaforica.
Riguardo all’incesto, infine, il valore del verbo perfiar, ‘litigare’, si
manifesta chiaramente mediante le affermazioni di Estevan da Guarda, au-
tore del testo 13 (vv. 5-7, 15-17), nelle quali l’enjambement rinforza la
sconvenienza di quell’insistito perfiar con vossa madre; inoltre, il prota-
gonista Don Foan usa una parola strettamente legata al discorso erotico, il
provenzalismo solaz, e la stessa madre si rivela la prima a voler proseguire
il ‘gioco’ (vv. 12-14 ) col figlio.
In conclusione, l’interesse di natura semantica che ricopre questo parti-
colare settore della produzione lirica peninsulare necessita di ulteriori
chiarimenti e interpretazioni, per cercare di comprendere il più possibile
in-jokes cortesi che, quando le rubriche esplicative dei codici non vengono
in nostro soccorso, non sono affatto di immediata comprensione per il let-
tore moderno.

escutz joignent sans lance. / N’ont soignes de lange en lor balance / ne en lor mole pont
de mance». (E. de Fougère, Il libro degli stati del mondo: i modi di essere dei tipi socia-
li, a cura di G.C. Belletti, Milano-Trento, Luni, 1998). Interessante, in una prospettiva
comparatistica, la metafora della bara (‘sarqueu’) per indicare i genitali femminili: essa
potrebbe rimandare all’idea della primaria funzione fecondatrice peculiare al rapporto
eterosessuale, impedita qui invece proprio dalla mancanza della lance: pertanto, la colpa
dell’amore fra donna e donna sta proprio nell’infecondità che esso comporta.
114 Simone Marcenaro

APPENDICE

1 - Alfonso Lopez de Baián LP 6,3

En Arouca ¢a casa faria; Farò una casa in Arouca;


atant’ ei gran sabor de a fazer, ho così tanta voglia di farla
que já mais custa non recearia che non avrò mai spesa
nen ar daria ren por meu aver, né sprecherò nulla del mio patrimonio
ca ei pedreiros e pedra e cal; perché ho muratori, pietra e calce
e desta casa non mi míngua al e di questa casa non mi manca nulla
se non madeira nova, que queria. salvo la ‘legna’ nuova, che chiederò.

E quen mi a desse, sempr’ o serviria, E servirei sempre chi me la desse


ca mi faria i mui gran prazer perché mi farebbe molto piacere
de mi fazer madeira nova aver, a farmi avere ‘legna’ nuova
en que lavrass’ ua peça do dia, in cui lavorerei una parte del giorno
e pois ir logo a casa madeirar per poi andare allegro a ricoprirla in legno
e telhá-la; e, pois que a telhar, e rivestirla, e dopo averla ricoperta con tela
dormir en ela de noit’ e de dia. dormirvi notte e giorno.

E, meus amigos, par Santa Maria, E, amici miei, per Santa Maria,
se madeira nova podess’ aver, se potessi avere ‘legna’ nuova
logu’ esta casa iria fazer erigerei subito questa casa
e cobri-la; e descobri-la-ia e la ricoprirei; e la riscoprirei
e revolvê-la, se fosse mester; e rivolterei, a mio piacimento
e se mi a mi a abadessa der e se la badessa mi fornisse
madeira nova, esto lhi faria. ‘legna’ nuova, questo farei.

2 - Alfonso X LP 18,2115

Joan Rodríguiz foi osmar a Balteira Joan Rodriguiz prese le misure alla Balteira
sa midida, per que colha sa madeira; per ottenere la sua ‘legna’;
e diss’ ele: -Se ben queredes fazer, e disse: - se volete fare bene,
de tal midid’ a devedes a colher, dovete prenderne di questa misura,
assi e non meor, per nulha maneira. così e non di meno, in nessun modo.

15. Al v. 10 il senso non è molto chiaro, tuttavia è facilmente ipotizzabile la metafora della
scala come allusione alla figura stessa della soldadeira – vale a dire niente più che una
L’osceno nella lirica medievale 115

E disse: -Esta é a madeira certeira, E disse: - Questa è la ‘legna’ conveniente,


e, de mais, nõna dei eu a vós sinlheira; e, in più, non ne darei a voi una sola;
e, pois que s’ en compasso á de meter, e, poiché bisogna adeguarla,
atan longa deve toda de seer, deve essere tanto lunga nella sua interezza,
que vaa per antr’ as pernas da ‘scaleira. così da andare fino dentro ai perni della scala.

A Maior Moniz dei já outra tamanha, A Maior Moniz ne diedi già un’altra tanto
[grande,
e foi-a ela colher logo sen sanha; ed egli subito la prese senza furia;
e Mari’ Aires feze-o logo outro tal, e Maria Aires subito fece lo stesso,
e Alvela, que andou en Portugal; ad Alvela, che andò in Portogallo;
e já i a colheron êna montanha. e già la presero nella montagna.

E diss’: -Esta é a midida d’ Espanha, E disse: -Questa è misura di Spagna


ca non de Lombardia nen d’ Alamanha; che non è né italiana né tedesca
e, por que é grossa, non vos seja mal, e poiché è grossa, non vi sia male
ca delgada pera gata ren non val; ché quella delicata non va bene per la fessura;
e desto mui mais sei eu ca Abondanha. e di questo ne ho più che in abbondanza.

3 - Pero da Ponte LP 120,20

Maria Pérez, a nossa cruzada, Maria Pérez, la nostra crociata,


quando veo da terra d’ Ultramar, quando la vedo tornare dalla Terrasanta,
assi veo de pardon carregada la scorgo così carica di indulgenze
que se non podia con el en erger; che per esse non poteva stare ritta;
mais furtan-lho, cada u vai maer, ma ne è derubata, ovunque dimori,
e do perdon já non lhi ficou nada. e delle indulgenze non resta nulla.

E o perdon é cousa mui preçada E le indulgenze sono una cosa di molto valore
e que se devia muit’ a guardar; e che si dovrebbe sorvegliare con molta
[attenzione;
mais ela non á maeta ferrada ma lei non ha il cofanetto blindato
en que o guarde, nena pod’aver, in cui possa conservarle, né potrebbe averlo,

prostituta, in questo caso – per la quale cfr. anche Libro de Buen Amor 927a («Que hace
subir al amante hasta su amada, escalando dificuldades»). Pernas ha il significato lette-
rale di ‘cosce’; in questo caso si assiste ad un procedimento per cui il significato origina-
rio del lemma coincide con ciò a cui il verso vuole alludere – le cosce della soldadeira –
ma, restando al significato letterale del verso, appare col significato di ‘perno’, ‘lato’, ri-
ferito alla scala. Si può anche pensare alla scala come simbolo verticalizzante dell’atto
sessuale. Anche per la montanha si può pensare ad un doppio senso erotico: l’editore di
Alfonso X Paredes, con Rodriguez Lapa, pensa ad un’allusione alle natiche, mentre sem-
brerebbe più agevole pensare al monte di venere.
116 Simone Marcenaro

ca, pois o cadead’ en foi perder, perché, dopo che fu perso il lucchetto,
sempr’ a maeta andou descadeada. il cofanetto fu sempre aperto.

Tal maeta como será guardada, Come sarà protetto un tale cofanetto,
pois rapazes albergan no logar, dal momento che i rapaci dimorano nel luogo,
que non aja seer mui trastornada? che non debba essere molto rovistata?
Ca, o logar u eles an poder, Poiché nel luogo dove essi hanno potere,
non á pardon que s’ i possa asconder, non vi è indulgenza che vi si possa
[nascondere,
assi saben trastornar a pousada. tanto bene sanno rovistare la casa.

E outra cousa vos quero dizer: E un’altra cosa desidero dirvi:


atal pardon ben se dev’ a perder, tale indulgenza è bene che si perda
ca muito foi cousa mal gaanhada. poiché fu guadagnata molto malamente.

4 - Johan Garçia de Guilhade LP 70,18

Elvira López, aqui, noutro dia, Elvira Lopez, qui, l’altro giorno,
se Deus mi valha, prendeu un cajon: che Dio mi aiuti, si trovò in un pasticcio:
deitou na casa sigo un peon, si coricò con lei in casa un villano,
e sa maeta e quanto tragia e pose il suo cofanetto e quanto v’era dentro
pôs cabo de si e adormeceu; ai suoi piedi e si addormentò;
e o peon levantou-s’ e fodeu, e il villano si alzò e la fotté,
e nunca ar soube de contra u s’ ia. e non si ha nessuna prova contro di lui.

5 - Johan Garçia de Guilhade LP 70,19 (vv. 8-14)

O peon sabe sempr’ u vós jazedes, Il villano sa sempre dove dormite,


e non vos sabedes dele guardar e voi non sapete guardarvi da lui
siquer: poedes en cada logar almeno: ponete in ogni luogo
vossa maeta e quanto tragedes; il vostro cofanetto e quanto v’è dentro;
e dized’ ora, se Deus vos pardon: e ditemi ora, che Dio vi perdoni:
se de noite vos foder o peon, se di notte il villano vi fotte,
contra qual parte o demandaredes? con quale abilità lo accuserete?

6 - Guglielmo IX BdT 183,7 (vv. 43-48, ed. Pasero 1973)

Fait ai lo vers, no sai de cui; Ho composto il vers, non so su chi;


et trametrai lo a celui e lo invierò a colui
que lo·m trametra per autrui che me lo invierà, per tramite d’altri
enves Peitau, verso il Poitou,
L’osceno nella lirica medievale 117

que·m tramezes del sieu estui perché mi invii la ‘controchiave’ per aprire il
la contraclau. suo tesoro.

7 - Pedro de Barcelos LP 118,416 (vv. 1-8)

Natura das animalhas La natura degli animali


que som dua semelhanza che fra loro sono simili
é de fazerem crianza, è di procreare,
mais des que som fodimalhas. sopratutto da quando sono sessualmente
[maturi.
Vej’ ora estranho talho, Ora vedo uno strano caso,
qual nunca cuydey que visse: che mai avrei pensato esistesse:
que emprenhass’ e parisse che rimanesse incinta
a Camela do Bodalho. la Cammella dal Porco.

8 - Martin Soares LP 97,21 (vv. 15-18)

non quer’ eu perder este fodestalho non voglio perdere questo vizio di fottere
nen estas putas nen aquest’ entençar, né queste puttane né questo tenzonare
[(disputare),
nen quer’ ir per outras fronteiras andar, né desidero andare per altre frontiere,
perdend’ o viço’ e dando-mi trabalho. perdendo il vizio e procurandomi fatica.

9 - Pero da Ponte LP 120,16

Eu digo mal, com’ ome fodimalho, Dico male, come uomo fottitore,
quanto mais posso daquestes fodidos quanto più posso di questi fottuti
e trob’ a eles e a seus maridos; e compongo per essi e i loro mariti (ironico,
[nel senso di amanti);
e un deles mi pôs mui grand’ espanto: e uno di essi mi procurò un grande spavento:
topou comigu’ e sobraçou o manto si incontrò con me e sollevò il vestito
e quis en mi achantar o caralho. e volle ficcarmi il cazzo dentro.

Ando-lhes fazendo cobras e sões Vado componendo coblas e musiche


quanto mais poss’ e and’ escarnecendo quanto più posso e vado schernendomi
daquestes putos que s’ andan fodendo; da questi omosessuali che vanno a fottersi ;
e uu deles de noit’ asseitou-me e uno di essi di notte mi spiò

16. Nella rubrica del codice B si svela l’accostamento dei due animali a un uomo e una don-
na di cui si danno nome e cognome.
118 Simone Marcenaro

e quis-me dar do caralh’ e errou-me e mi volle dare del cazzo e mi molestò


e er lançou depós min os colhões. e poi mi lanciò dietro i coglioni.

10 – Airas Perez Vuitoron LP 101,2 (vv. 1-21)17

Don Estevão achei noutro dia L’altro giorno incontrai Don Estevan
mui sanhudo depos seu un om’ ir; e dopo di lui camminare un uomo molto irato
e sol non lhi pod’ un passo fogir e non poteva fare un passo
aquel seu ome depos que el ia ; senza che quell’uomo andasse dietro di lui
e filhô-o pelo cabeçon e lo prese per la testa
e ferio-o mui mal dun gram baston e lo ferì parecchio con un grande bastone
que na outr mão destra tragia. che portava nella mano destra.

E don Estevão assi dizia E così Don Estevan diceva di più


A nós, que lho non leixámos ferir a noi, che non volevamo lasciarlo ferire:
Mais : - Quero-vos eu ora descobrir - Voglio ora svelarvi
Com’ este vilão migo vivia : come questo villano viveva con me
mais era eu seu ca era el meu, era più il suo che il mio
e muit’ andava mais en pos el eu e andavo spesso dietro a lui
ca el pos mi, pero xi m’ el queria. ancorché desiderasse anche lui andare
[dietro me.

E o vilão enton respondia E il villano subito rispose


Com’ agora [vós] podedes oir: come ora potete udire:
- Mui gran mal fazedes en consentir - Fate molto male a consentire
a est’ om’ o torto que me fazia; a quest’uomo il torto che mi fece;
ca, dê-lo dia en que o eu sei, perché dal primo giorno
sempr’ a gran coita deante lh’ andei, con grande affanno gli andai sempre davanti
e el sempre deante me metia. ed egli sempre davanti mi metteva.

17. I due manoscritti che tramandano il testo (B e V) lo attribuiscono ad autori differenti; la


rubrica di B 1472 assegna infatti il componmento ad Airas Perez Viutoron, mentre V
1083 indica il trovatore Men Rodriguez Tenoiro. I redattori dell’edizione a cui qui si fa
riferimento optano per l’attribuzione di V, ma sia il tema della cantiga, in cui si attacca
un personaggio già ripreso da Airas Perez Vuitoron in altri componimenti, sia la man-
canza di cantigas d’escarnho e maldizer – eccetto una tenzone – nel canzoniere di Te-
noiro, fa propendere per l’attribuzione ‘tradizionale’, già seguita dal Lapa e da altri edi-
tori del testo, al trovatore Airas Perez Vuitoron, le cui poesie satiriche vertono esclusiva-
mente su attacchi a personaggi ben precisi.
L’osceno nella lirica medievale 119

11 - Airas Perez Vuitoron LP 16,10

Fernan Díaz é aqui, como vistes, Fernan Diaz è qui, come vedete,
e anda en preito de se casar; ed è in trattativa per sposarsi;
mais non pod’ ò casamento chegar ma non può ottenere matrimonio
d’ ome o sei eu, que sabe com’ é; fra uomini, lo so;
e, por aver casament’, a la fé, e, in buona fede, per ottenere un matrimonio
d’ ome nunca vós tan gran coita vistes. fra uomini18 non avete mai visto così grande
[dolore.

E por end’ anda vestid’ e loução E perciò procede ben vestito e elegante
e diz que morre por outra molher; e dice che muore per un’altra donna;
mais este casamento que el quer, ma questo matrimonio che desidera,
d’ ome o sei eu que lho non daran; fra uomini lo so che non glielo concederanno;
e por este casamento del, de pran, e per questo matrimonio fra uomini
d’ ome atal coita nunca viu cristão. di sicuro non vidi mai cristiano provare tale
[dolore.

Ca d’ Estorga atá San Fagundo Perché c’è da Estorga a San Facondo


don’ á que á de Don Fernando torto, una donna che sia insultata da Don Fernando,
ca por outro casamento anda morto, che sta morendo per un altro matrimonio,
d’ ome o sei eu, que o sabe já; fra uomini, io lo so che già lo sa;
e se este casament’ el non á, e se non ottiene questo matrimonio
d’ om’ atal coita nunca foi no mundo. fra uomini mai dolore maggiore fu al mondo.

12 - Afons ‘Eanes do Coton LP 2,13 (vv. 1-6)

Mari’ Mateu, ir-me quer’ eu daquen, Maria Mateu, me ne voglio andare da qui
por que non poss’ un cono baratar; perché non posso rimediare una fica;
alguen que mi o daria nõno ten, alcune che me la darebbero non ce l’hanno
e algua que o ten non mi o quer dar. e alcune che ce l’hanno non vogliono darmela.
Mari’ Mateu, Mari’ Mateu, Maria Mateu, Maria Mateu
tan desejosa ch’ és de cono com’ eu! pari a me di fica ardente!

13 - Estevan da Guarda LP 30,16

En tal perfia qual eu nunca vi, In una lite tale che mai la vidi,
vi eu Don Foan con sa madr’ estar; vidi Don Foan con sua madre;

18. Si fa presente che «d’ome» ha correntemente valore di pronome impersonale assimilabi-


le all’on francese (con il quale condivide la derivazione dal lat. homo).
120 Simone Marcenaro

e, por que os vi ambos perfiar, e poiché li osservai litigare entrambi,


cheguei-m’ a el e dixi-lhi logu’ i: mi avvicinai a lui e gli dissi subito:
– Vencede-vos a quanto vos disser, – Credete a ciò che vi dico,
ca perfiardes non vos é mester perché non vi conviene litigare
con vossa madr’ – e perfiar assi ! con vostra madre – e litigare così!

E disse m’el: – Sempr’ esto ouvemos d’uso, Ed egli mi disse: – Abbiamo sempre
[quest’abitudine,
eu e mia madre, en nosso solaz: io e mia madre, per nostro piacere:
de perfiarmos eno que nos praz ; litighiamo finché ci piace;
e quando m’eu de perfiar escuso, e quando io mi dispenso dal litigare,
assanha-se e diz-m’ o que vos direi: lei si arrabbia e mi dice ciò che ore vi dirò:
– Se non perfias, eu te mal direi, – Se non litighi, dirò male di te,
Que sejas sempre maldito e confuso, che tu sia sempre maledetto e disgraziato.

E dix’ eu: – Senhor, non vos está ben E io dissi: - Signore, non vi si addice
De perfiardes, mais está-vos mal, il litigare, ed è più sconveniente
Con vossa madre. Diss’el: – Nen mi cal, con vostra madre. Egli disse: - Non mi
[importa,
poi-lo ela por sa prol assi ten; poiché lei vuole così per il suo interesse;
ca se lh’eu dig’ : – Al tenho de fazer, che così le dico: a furia di farlo,
por ben ou mal tanto m’a de dizer, per bene o male che sia tanto ha da dirmi,
ca, eña cima, perfiar me conven. che, alfine, litigare mi conviene.

E paravoas non an de falecer ; E le parole non devono mancare;


Mais tanto avemos de noite a seer, tanto abbiamo da litigare che la notte
Que é meiada ou mui preto en. è dimezzata o pressappoco.

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