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Amb

Dialoghi e scritti
per Anna Maria Babbi

a cura di
Giovanni Borriero, Roberta Capelli,
Chiara Concina, Massimo Salgaro,
Tobia Zanon

Edizioni Fiorini
Verona
Stampato con il contributo del Dipartimento di Filologia, Letteratura
e Linguistica dell’Università degli Studi di Verona

Copyright © 2016 - Edizioni Fiorini, Verona

ISBN 978-88-96419-85-4

Stampato in Italia - Printed in Italy


Grafiche Baietta - Via Carcirago, 14 - 37022 Fumane (Verona)
Fabrizio Cigni

Il rendez-vous épié di Béroul:


un possibile modello teatrale

La versione cosiddetta ‘comune’ della leggenda di Tristano e


Isotta, che il pubblico medievale conobbe soprattutto per l’a-
dattamento normanno di Béroul ma anche per quelli medio al-
totedeschi di Eilhart von Oberg e di Gottfried von Strassburg,1
prevede una celebre scena di appuntamento spiato dal re. Essa
si colloca in quella fase della storia immediatamente successiva
al matrimonio di Marco e che, svolgendosi prevalentemente a
corte, è irta di stratagemmi usati dai due protagonisti per ve-
dersi di nascosto. In questo mio piccolo omaggio ad una grande
amica, vorrei semplicemente suggerirne una strada interpreta-
tiva poco battuta, insistente soprattutto sul ‘dialogo’ che questo
dialogo tra i due amanti intrattiene con generi diversi tra loro
quali il romanzo e il teatro, anche in epoche molto distanti ri-
spetto a quella di composizione del poema.
Come è noto, è proprio col dialogo durante l’appuntamento
spiato (Marco infatti resta muto), còlto nelle sue primissime
battute, che la casualità ha voluto che si aprisse anche l’unico
frammento superstite della magistrale rielaborazione bérou-
liana, tramandato dal fr. 2371 della BnF di Parigi.2 Dallo stesso
testo di Béroul siamo in grado di capire, nell’immediato seguito

1
La terminologia convenzionale bédieriana si rifà essenzialmente alla discussione
di J. Frappier, Structure et sens du Tristan: version commune, version courtoise,
«Cahiers de Civilisation Médiévale», 6, 1963, pp. 255-280 e 441-454, che arric-
chiva il dibattito avviato da Pierre Le Gentil e da Pierre Jonin: per una messa a
punto della bibliografia tristaniana, rimando al fondamentale Tristan et Iseult. Les
premières versions européennes, a cura di Ch. Marchello-Nizia et al., Paris, Galli-
mard, 1995.
2
Del quale disponiamo di una nuova edizione, con preziosa traduzione in ita-
liano, di G. Paradisi, Béroul. Tristano e Isotta, Alessandria, Edizioni dell’Orso,
2013 (da cui provengono le citazioni).
76 Fabrizio Cigni

della scena, le circostanze narrative che hanno portato i due


amanti a parlare così e a darsi appuntamento in quel luogo, ma-
gico per tradizione: una fontana, posta in alto nel giardino di
corte, da cui parte un ruscello che giunge ad attraversare la ca-
mera della regina, dove Isotta già poteva veder scorrere i ra-
metti spezzati da Tristano quale segno per convegni segreti. Av-
vertito dal nano (Frocin in Béroul, Melot in Gottfried) che per
un caso si era accorto di quei convegni segreti alla fontana, il re
decide di nascondersi tra i rami dell’albero, un pino nelle prin-
cipali versioni, che la sovrasta. Ma è la luna, ancora casual-
mente spuntata quella notte, a rivelare l’immagine riflessa nel-
l’acqua della fontana del volto di Marco, e a far sì che i due
amanti fin dalle prime loro parole siano in grado di non lasciar
trapelare nulla della vera finalità di quel convegno, di smentire
così il nano, e financo di prendersi gioco del marito in ascolto.
Le versioni complete di questa versione poetica del romanzo,
che appunto abbiamo in rifacimenti non francesi, confermano
le circostanze preliminari dell’episodio ribadite da Béroul,
anche se richiami all’appuntamento spiato sono contenuti nelle
Folies, in particolare quella di Oxford, e l’elemento del ba-
stone-segnale, di origine tradizionale e presente ancora nella
Folie Oxford,3 è ripreso e variato nel Lai du Chèvrefeuille di
Marie de France.4 In questa fase della storia, che dopo l’episo-

3
Cfr. H. Newstead, The Tryst beneath the Tree: An Episode in the Tristan Legend,
«Romance Philology», 9, 1955, pp. 269-284.
4
Per quanto riguarda la collocazione dell’episodio dell’appuntamento spiato
nelle versioni tedesche, oltre a J. Bédier, Le Roman de Tristan par Thomas, Paris,
Didot, 1902-1905, I, cap. XXI, si rimanda a D. Buschinger, Le Tristrant d’Eilhart
von Oberg, Paris-Lille, Service de reproduction des thèses, Université de Lille III,
1974, t. I, pp. 236-267; Ead., Le rendez-vous épié dans le verger dans les romans de
Tristan de Béroul, d’Eilhart von Oberg et de Gottfried von Straßburg, ou la mise en
scène de l’amour, in Remembrances et resveries. Hommage à Jean Batany, a cura di
H. Legros et al., Orléans, Paradigme, 2006, pp. 21-27. D. Buschinger, Tristan alle-
mand, Paris, Champion, 2013 (su cui si veda però la recensione di G. Brunetti in
«Francofonia», 67, 2014, pp. 180-185). Si dedica anche agli adattamenti moderni
dell’episodio A. Corbellari, Le rendez vous épié de Tistan et Iseut, in Die Sprachen
der Liebe / Langages de l’amour, Bern, P. Lang, 2000, pp. 219-232.
Il rendez-vous épié di Béroul 77

dio del pino presenta quello altrettanto famoso del ‘fior di fa-
rina’, il nano astrologo Frocin non ha certo un ruolo seconda-
rio, e la sua funzione di spalla del sovrano potrà dirsi conclusa
solo quando gli amanti avranno iniziato la loro vita nella fore-
sta, in corrispondenza della quale un suo clamoroso e definitivo
passo falso, la rivelazione delle orecchie di cavallo di Marco, ne
causerà la morte violenta per opera dello stesso re.5 La figura
della spia è del resto essenziale nella narrazione di Béroul, e la
troviamo ripresa e duplicata sia nel comportamento dei felloni,
sia in quello dei vari delatori.6 In ciò che ci resta del romanzo di
Thomas, ad esempio l’episodio di Isotta dalle Bianche Mani
che ascolta da dietro una parete l’ambasciata tra Tristano a
Kaerdino è condotto in modo ‘tragico’, rimarcando in primo
luogo la verità di ciò che i due personaggi si stanno dicendo, la
casualità dell’ascolto e l’uso che una donna, furente per aver
scoperto la vera origine di tanta indifferenza del marito, arriva a
fare dell’informazione che ha ascoltato. Com’è noto, è ancora
l’appuntamento spiato dall’alto dell’albero che diviene anche
emblematico dell’ambigua dinamica all’interno del triangolo
costituito da marito, amante e moglie, e che l’iconografia trista-
niana medievale, attraverso soprattutto avori, intarsi, tessuti, ha
assimilato anche a schemi biblici (il serpente celato nell’albero
del Male).7 Superfluo sarebbe poi rimarcare l’impatto novelli-

5
Cfr. G. Milin, Le roi Marc aux oreilles de cheval, Genève, Droz, 1991; A. Marti-
neau, Le nain et le chevalier: Essai sur les nains français du moyen âge, Paris, Pres-
ses de l’Université de Paris-Sorbonne, 2003.
6
B. N. Sargent-Baur, Accidental Symmetry: The First and Last Episodes of Béroul’s
Roman de Tristan, «Neophilologus», LXXVIII/3, 2004, pp. 335-351.
7
Si vedano ad esempio le immagini raccolte da J. Walwrth, Tristan in Medieval
Art, in Tristan and Isolde. A Casebook, edited and with an introduction by J.
Tasker Grimbert, New York and London, Garland, 1995, pp. 255-299, oltre al-
l’ormai classico R. S. Loomis - L. Hibbard Loomis, Arthurian Legends in Medieval
Art, London-New York, Oxford University Press-Modern Language Association
of America, 1938 (in part. pp. 50-69). Si ricordi che una delle più antiche testimo-
nianze di Eilhart, il frammento attualmente conservato presso la Bibl. Jagellonska
di Cracovia, databile alla fine del sec. XII, riporta proprio questa scena (vv. 2809-
3005 e 3404-3601 del testo di Eilhart: cfr. N. Ott - H. Lengenfelder, Eilhart von
78 Fabrizio Cigni

stico della scena, che com’è noto giunge ai rifacimenti trista-


niani toscani, e al Boccaccio anche attraverso il peso della com-
media mediolatina Lidia.8
Rispetto alla fissità tragica delle lunghe e tortuose, ma anche
piatte e compatte, sequenze di Thomas, il roman di Béroul resta
impresso nella memoria come un susseguirsi repentino di
cambi di azione, di ambiente, di personaggi, di regione, preva-
lentemente opposti l’uno verso l’altro, e non è agevole rita-
gliarvi un episodio dai contorni netti. Riprendendo anche le
posizioni di D. Buschinger, a sua volta critica verso la pionieri-
stica idea della ‘compattezza’ strutturale dell’archetipo vagheg-
giata dal Bédier, Gioia Paradisi in un bel lavoro dedicato alla
tecnica narrativa di questo Tristan ci ricorda che:

in Béroul […] diversamente dal romanzo tedesco, gli episodi non ap-
paiono facilmente identificabili poiché la transizioni che li circoscrivono e
li contestualizzano nel récit non sono sempre chiare.9

È evidente infatti che la maestria dell’autore ha fatto sì che


da un episodio partano delle tenui ramificazioni per aggan-
ciarne un altro, attraverso un gioco intrecciato di rimandi e ri-
prese che, ancora una volta presentandosi innovativo e inquieto
rispetto a Thomas, prelude all’arte romanzesca di Chrétien de
Troyes. E come poi in modo più scientifico si comporterà il ro-
manziere champenois, anche Béroul non si cura, con la sua
spregiudicata tecnica, di lasciare in sospeso delle contraddi-
zioni, senza contare il sospetto dell’attività di un suo epigono

Oberge, Tristrant und Isalde, Farbmikrofiche-Edition der Handschrift Heidel-


berg, Universitätsbibliothek, Cod. Pal. Germ. 346, München, 1990, p. 13).
8
A. Del Monte, Desuz le pin. Postilla tristaniana, in Studi medievali in onore di
Antonino de Stefano, Palermo, Società Siciliana di Storia Patria, 1956, pp. 171-
176; M. Picone, Il rendez-vous sotto il pino (Decameron VII, 7), «Studi e problemi
di critica testuale», XXII, 1981, pp. 71-85; D. Delcorno, Tristano e Lancillotto in
Italia, Ravenna, Longo, 1998, pp. 117-142.
9
G. Paradisi, La costruzione del racconto nel Tristan di Béroul, in Parole e temi del
romanzo medievale, a cura di A.P. Fuksas, Roma, Viella, 2007, pp. 39-65.
Il rendez-vous épié di Béroul 79

più o meno nascosto.10 Gli atti di una giornata di studi tenuta a


Parigi nel dicembre 2011 interamente dedicata all’opera di Bé-
roul contengono, fra i molti interessanti interventi, anche un
contributo specificamente dedicato alle strategie discorsivo-
dialogiche dell’appuntamento spiato.11 Né è stata tralasciata la
ripresa di una questione all’apparenza estranea a questo tema,
vale a dire la conclusione del poema, che invece ne risulta inti-
mamente connessa in virtù della peculiare riscrittura che que-
sto fantomatico autore imprime alla vicenda, creandone un per-
sonalissimo romanzo pieno di effetti di regia drammaturgica
che lasciano però molti interrogativi su come un finale tradizio-
nale della leggenda (la morte tragica degli amanti) sarebbe stato
accolto nella storia.12
Bisogna in ogni caso precisare che, come ha spiegato molto
bene Donald Maddox in un’altra importante raccolta di inter-
venti bérouliani13 e che qui è necessario riprendere puntual-
mente, la tecnica auto-riscritturale dell’autore raggiunge già
nell’episodio dell’appuntamento spiato dei vertici particolar-

10
Cfr. ancora Paradisi, La costruzione del racconto, cit., pp. 44-46 e bibliografa ci-
tata (linea Varvaro, Ménard, Bromiley, Saly, Illingworth, Maddox, Formisano);
meno soddisfacente invece appare una serie di interventi che ha voluto sminuire la
tecnica compositiva dell’autore, per rilevarne piuttosto una paratassi episodica e la
mancanza d una vera conjointure strutturante (linea Vinaver, Le Gentil, Buschin-
ger, Kelly).
11
Mi riferisco a J. Maurice, L’épisode du «rendez-vous épié», modèle matriciel du
Tristan de Béroul, in Regards croisés sur le Tristan de Béroul, Actes de la journée
d’études du 12 décembre 2011, études réunies par C. Croizy-Naquet et A. Pau-
pert, 2012, Revue de l’UFR Lettres, Arts, Cinéma de l’Université Paris Diderot-
Paris 7, pp. 91-99; dello stesso autore si veda anche Le rendez-vous épié dans le Tri-
stan de Béroul: le théâtre des paroles à double entente, «Cahier des Annales de Nor-
mandie», 26, 1995 (Mélanges René Lepelley), pp. 439-447.
12
N. Koble, Comment finir Béroul? L’arc et le saut: anticipation et vitesses du récit
dans le Roman de Tristan, in Regards croisés, cit., pp. 101-117. L’intervento di
riferimento è il noto A. Adams - T. D. Hemming, La Fin du Tristan de Béroul, «Le
Moyen Age», 79, 1973, pp. 446-98.
13
D. Maddox, L’auto-réécriture béroulienne et ses fonctions, «Medioevo Ro-
manzo», XXV, 2001, n. 2 (Le Roman de Tristan. Le maschere di Béroul, Atti del Se-
minario di Verona, 14-15 maggio 2001), pp. 181-190.
80 Fabrizio Cigni

mente raffinati, che vanno a intrecciarsi a effetti di delega die-


getica e di mise en abyme in modo caleidoscopico. L’indagine
narratologica di Maddox si spinge naturalmente ad altre scene
cruciali, dal momento che cerca di evidenziare la forte coerenza
dell’opera. In ogni modo, il rendez-vous è già in corso, ma:
a) la funzione del narratore è delegata ai due protagonisti;
b) il dialogo mima un’improvvisazione teatrale;
c) i due eroi simulano una disputatio la quale usando formule
di giuramento deve persuadere in realtà il re.
Dopo di ciò, l’appuntamento viene “ripreso” dai protagoni-
sti sotto forme e prospettive sempre diverse:
a) Tristano, rimasto solo, pronuncia un monologo rivolto al re
immaginato assente (ma saputo presente);
b) Marco, rimasto solo, ricorda ciò che ha udito convincendosi
dell’innocenza degli amanti e della colpevolezza del nano e dei
baroni;
c) Isotta riassume a Brangania ciò che è avvenuto;
d) Tristano espone i suoi propositi a Governale (narrato in
terza persona);
e) l’incontro tra Marco e Isotta dà luogo a un doppio riassunto
della prima scena, dopo il quale Marco si convince dell’inno-
cenza della consorte e, portando la beffa al culmine dell’umilia-
zione, confessa che il nano l’aveva spinto ad ascoltarli.
In più, la difficoltà a isolare un episodio dalla narrazione
vale maggiormente con questo episodio, perché dalla fontana
posta sotto il perron, a sua volta piantato sotto il pino, sembra
sgorgare tutta la storia che leggiamo, senza dimenticare che un
serment ambigu più ampio e solenne, meno dettato dall’im-
provvisazione e forse anche preparato stavolta dalla stessa
Isotta, riprenderà molto più avanti nel testo l’eco delle parole
notturne della regina.14 Dove finisce allora il primo rendez-vous

14
F. Bar, Le premier serment ambigu d’Iseut dans le poème de Béroul, «Bulletin Bi-
bliographique de la Société Internationale Arthurienne», XXIX, 1977, pp. 181-184.
Cfr. anche E. H. Ruck, An Index of Themes and Motifs in 12th-Century French
Il rendez-vous épié di Béroul 81

épié? Al v. 491 osserviamo che a Marco rimorde ancora la co-


scienza per la pitié provata en l’arbre sus: il comportamento
problematico e oscillante di Marco nella scena della camera è
infatti una diretta conseguenza di quei discorsi a doppio senso
che ha dovuto ascoltare quando era nascosto nel pino. Ed è
semmai il cambio di scena,15 quindi la forte teatralità sottesa
alla composizione dell’opera, una chiave di lettura persuasiva
di ciò che voleva ottenere l’autore, una teatralità che è stata giu-
stamente messa in rilievo anche in un articolo di Barbara Sar-
gent-Baur.16 Nel punto più significativo del discorso di Isotta,
contenente il giuramento ambiguo, l’arte di fabbricare il falso
raggiunge il suo culmine:

Mais Dé plevis ma loiauté,


qui sur mon cors mete flaele,
s’onques fors cil qui m’ot pucele
out m’amistié encor nul jor!
(vv. 22-25)

Meus voudroie que je fuse arse,


aval le vent la poudre esparse,
jor que je vive que amor
aie o home qu’o mon seignor.
(vv. 35-38)

Il contributo che può dirsi interamente consacrato al so-


strato del rendez-vous épié, sulla scorta delle indagini più gene-
rali della Schoepperle, è senz’altro il denso articolo di Helaine
Newstead. L’elemento dei rametti spezzati, ma anche quello

Arthurian Poetry, Cambridge, Boydell & Brewer, 1992, A-n7 (“Ambiguous


oaths”).
15
Paradisi, La costruzione del racconto, cit., pp. 49-50.
16
Truth, Half-truth, Untruth: Béroul’s Telling of the Tristan Story, in The Craft of
Fiction: essays in Medieval Poetics, edited by L. A. Arrathoon, Rochester, Solaris
Press, 1984, pp. 393-421. Si veda anche L. D. Gates, Precisions on the Use of Irony
in Béroul’s Tristan, «Tristania», XIV, 1993, pp. 15-30.
82 Fabrizio Cigni

dell’albero, appaiono innanzitutto come costanti nelle diffe-


renti versioni, e ne vengono evidenziati i parallelismi con la nar-
rativa irlandese (dove il rametto è più identificativo del perso-
naggio), mentre quello del nano può trovare parallelismi in altri
personaggi con funzione negativa o di delazione. Ma i numerosi
paralleli con la narrativa irlandese e mediolatina (in particolare
con la figura del marito beffato della Lydia), sono messi in rela-
zione dalla Newstead col racconto orientale incentrato sul mo-
tivo dell’albero incantato, che ha appunto il potere di far cre-
dere falso ciò che si vede, e con analoghi motivi novellistici e
fabliolistici, presenti anche nel Calila y Dimna utilizzato da
Giovanni da Capua. Individuare il contatto tra forma scritta tri-
staniana e cultura arabo-persiana in una corte pittavina, in cui
avrebbe operato il fantomatico narratore gallese Bleheri, è
un’operazione che impone un ridimensionamento, ma è inne-
gabile la ricchezza e la complessità di motivi sollevati dalla
Newstead, anche ad onta di una certa sovrapposizione di epo-
che, aree e generi. Una disamina della sequenza più moder-
namente impostata, pur in esclusiva funzione delle versioni te-
desche, appare quella di Danielle Buschinger, che pone l’ac-
cento sullo scarto con Eilhart per quanto concerne il serment
ambigu, ma anche sulla maggiore teatralità (scil. drammaticità)
della riscrittura di Eilhart (Gottfried seguirebbe per l’espisodio
la stessa fonte di Thomas e di Béroul). L’autopromozione eroica
di Tristano costituirebbe un’enfasi assente nel poema nor-
manno, legata invece in Eilhart alle preoccupazioni di ordine
eminentemente sociale dei due protagonisti: Béroul, da questo
confronto, risulterebbe per la Buschinger più ‘plaintif’, più
‘elegiaco’.
Tuttavia proprio lo spazio accordato al serment ambigu da
Béroul potrebbe rivelarsi più ‘teatrale’ di quanto appaia, anche
se in senso meno moderno del termine. Secondo la nostra idea
contemporanea di drammaticità, il dialogo tedesco si presenta
senz’altro come più sviluppato e articolato. Detto questo, viene
da chiedersi però quanto e in che modo, cioè attraverso quali
modelli e contesti letterari, la scena dell’appuntamento spiato
Il rendez-vous épié di Béroul 83

debba al colto Béroul – al quale non era ad esempio estranea,


per l’elaborazione di altre scene del romanzo, la cultura bibli-
ca –17 la sua peculiarità (si accetti o meno la suggestione di
Illingworth a considerare l’autore della versione del ms. 2371
un emulo di Béroul). All’interno di una ricezione teatrale e
drammatica medievale (e mediolatina), è probabile infatti che
proprio il testo francese mostri, attraverso l’enfasi conferita al
doppio senso del discorso di Isotta, un’influenza della tradi-
zione teatrale classica e tardo-antica, senza dimenticare d’altra
parte la predilezione che la cosiddetta commedia elegiaca, at-
traverso il filtro ovidiano, riserva al dialogo amoroso, come è
stato opportunamente riscontrato ad esempio nel Babio.18
Una strada meno esplorata, che invece merita forse la pena
di percorrere prima di stringere la rete dei possibili modelli del-
l’appuntamento spiato, è quella del teatro latino, assunto sia nei
suoi testi arcaici tramandati dai non numerosi ma significativi
manoscritti che circolarono nell’Europa settentrionale fino al-
l’Inghilterra, sia nei rifacimenti tardo-antichi e medievali che
trovarono il loro più felice esito, anche se enormemente defor-
mato rispetto ai modelli, nelle due commedie elegiache di Vital
de Blois,19 un autore proveniente peraltro da una regione non

17
Illuminante al riguardo F. Mora, Marc en Assuérus, Iseut en Esther? Les possi-
bles enjeux d’une réminiscence biblique dans le Tristan de Béroul, in Remembrances
et Resveries. Mélanges Jean Batany, dirigé par H. Legros, et al., Orléans, Para-
digme, 2006, pp. 41-51.
18
Cfr. A. Bisanti, Effetti scenici nel Pamphilus e nel Babio, in «Medieval Sophia.
Studi e Ricerche sui Saperi Medievali, e-review semestrale dell’Officina di Studi
Medievali», 6, luglio-dicembre 2009, pp. 5-18. I riscontri elegiaci nel romanzo ar-
turiano sono stati prevalentemente rintracciati in Chrétien, in polemica con l’idea
dell’amore tristaniano espresso da Thomas: cfr. ad esempio V. Bertolucci Pizzo-
russo, Di nuovo su «Cligès» e «Tristan», «Studi francesi», 18, 1962, pp. 401-413.
19
Per i testi, la definizione e la collocazione storica, la discussione circa le trasfor-
mazioni rispetto ai testi plautini, delle quali è impossibile qui rendere conto in det-
taglio, si rimanda essenzialmente a: Commedie latine del XII e del XIII secolo, a cura
di F. Bertini, Genova, Istituto di filologia classica e medievale, 1976-1998, 6 voll.,
e F. Bertini, La commedia elegiaca, in Lo spazio letterario del Medioevo. 1. Il me-
dioevo latino, a cura di G. Cavallo, C. Leonardi, E. Menestò, I. La produzione del
84 Fabrizio Cigni

molto distante da quella da cui certa critica è stata in passato


abbastanza concorde nel far provenire Béroul, soprattutto su
basi linguistiche.20
Sappiamo che nel corso del sec. XII la conoscenza del teatro
profano classico riserva un grande favore a Terenzio, ma all’in-
terno di una finalità che fu quasi esclusivamente letteraria,
anche le opere di Plauto e Menandro riuscirono a passare e ad
essere conosciute. A questo riguardo, proprio l’Inghilterra me-
ridionale, la Sicilia normanna e la parte nordoccidentale della
Francia possono rivelarsi interessanti. Un manoscritto che at-
tualmente costituisce la terza parte del codice Royal C 15 XI
della BL di Londra, contenente le otto opere di Plauto più note
nell’Alto medioevo (Amphitruo, Asinaria, Aulularia, Captivi,

testo, 2, Roma, Salerno, 1993, pp. 217-230; M. Molina Sánchez, La Aulularia de


Vital de Blois a la luz de la teoría poética de los siglos XII y XIII, «Revista de Filología
Románica», III, 1985, pp. 275-287; Id., Algunas puntualizaciones sobre la Aulularia
de Vital de Blois, «Medioevo romanzo», 22, 1998, pp. 190-208.
20
Il riferimento è alle osservazioni all’ed. Muret formulate da M. K. Pope, A Note
on the Dialect of Beroul’s «Tristan» and a Conjecture, «Modern Language Review»,
8/2, 1913, pp. 189-192 («South-West Normandy and districts further south», sulla
base di tre rime particolarmente significative dal punto di vista dell’esito vocalico,
anche se le ultime due problematiche sul piano della restituzione testuale: aqueut :
porseut 2157-8; degiez* : plungiez 3851-2; vaslet : deget (?) 3939-40, in combina-
zione con altri tratti che sembrano denotare un’appartenenza alla stessa area di
Wace, del Livre des Manières, della Chronique des Ducs de Normandie, del Roman
de Troie e del Roman de Thèbes). Anche l’accezione antica di gonele di v. 1015
come termine militare si ritrova nelle Chroniques des Ducs de Normandie, cfr. M.
D. Legge, ‘Gonele’ as a Military Term in Twelfth-Century French, «Modern Lan-
guage Review», 47/4, 1952, p. 556. Una discussione più ampia dei fenomeni lin-
guistici e dei tratti contraddittori dovuti sia al copista sia a voluti arcaismi d’au-
tore, che tuttavia non smentisce l’origine del testo «to southern Normandy or even
somewhat further south» è contenuta in S. Gregory, The Romance of Tristran by
Beroul, Amsterdam-Atlanta, Rodopi, 1992, in part. pp. XI-XXIII. Quanto alla data-
zione e alla localizzazione del testo, le conclusioni cui giungono G. Paradisi, Tempi
e luoghi della tradizione tristaniana: Béroul, «Cultura neolatina», XLIX/2-4, 1989,
pp. 75-146 e G. Ronchi, Per una malattia in meno: le mal d’acre (Béroul, 3849),
«Medioevo romanzo», XIV, 1989, pp. 171-180, possono conciliarsi con la presente
ipotesi.
Il rendez-vous épié di Béroul 85

Curculio, Casina, Cistellaria e Epidicus) fu copiato nel primo


quarto del sec. XII nello scriptorium dell’antica cattedrale di Sa-
lisbury.21 La conoscenza del soggetto androgino dell’Alda di
Gugliemo di Blois, fratello di Pietro, precettore in Sicilia del fi-
glio di Enrico II e di Margherita di Navarra, potrebbe essere av-
venuta attraverso una riduzione o una traduzione dal greco con
cui l’autore elegiaco, prima del 1170, sarebbe venuto a cono-
scenza durante un suo soggiorno siciliano.22 Ma, oltre l’Inghil-
terra e la Sicilia normanne, è la valle della Loira, lungo una linea
ideale costituita da Tours che conduce a Fleury passando da
Orléans, la regione più feconda di una ricezione classica. Il ms.
lat. 7903 della BnF di Parigi, contenente opere di Terenzio (An-
dria, Eunuchus, Heautontimorumenos, Adelphoe, Ecyra e Phor-
mio, siglato L), illustrato da ricche ed elaborate scene, risulta
scritto agli inizi del sec. XI a Saint-Benoît-sur-Loire, sede della
celeberrima abbazia di Fleury.23 La circolazione di opere latine

21
R. M. Thomson, British Library Royal 15 C. XI: A Manuscript of Plautus’ Plays
from Salisbury Cathedral (c. 1100), «Scriptorium», 40, 1986, pp. 82-87; Id., Where
were the Latin Cassics in Twelfth-Century England?, «English Manuscript Stud-
ies», 7, 195, pp. 25-40. Sulla ricezione medievale di Plauto e Terenzio, cfr. Hand-
buch der lateinischen Literatur der Antike, herausgegeben von R. Herzog und P.
Lebrecht Schmidt, München, C. H. Beck, 1989: Die archaische Literatur von den
Anfängen bis Sullas Tod: die vorliterarische Periode un die Zeit von 240 bis 78 v.
Chr., herausgegeben von W. Suerbaum et al., 1997, a.v.
22
G. Cohen, La “comédie” latine en France au XIIe siècle, Paris, Les Belles Let-
tresm 1931, I, p. 107ss; R. Woolf, The English Mystery Plays, London, Routledge &
Kegan Paul, cap. II (Twelfth-Century Knowledge of Plays and Acting); K. Bate,
Language for School and Court: Comedy in Geta, Alda and Babio, in L’Eredità clas-
sica nel Medioevo: il linguaggio comico, Atti del III convegno di Studio, Viterbo,
26-28 maggio 1978, Viterbo, Anesotti, 1978, pp. 143-156; A. Bisanti, L’Alda di
Guglielmo di Blois: storia degli studi e proposte interpretative, Palermo, Officina di
studi medievali, 1990, in part. pp. 7-8; E. D’Angelo, Guglielmo di Blois: una messa
a punto bio-bibliografica, «Annali. Università degli Studi Suor Orsola Benincasa»,
2007-2008, pp. 95-106; sulla collocazione stilistica della commedia mediolatina,
cfr. M. Molina Sánchez, La Aulularia de Vital de Blois a la luz de la teoria poética de
los siglos XII y XIII, «Revista de Filologia Románica», III, 1985, pp. 275-287.
23
L. Kendrick, Medieval Vernacular Versions of Ancient Comedy: Geoffrey Chau-
cer, Eustache Deschamps, Vitalis of Blois and Plautus’ Amphitryon, in Ancient Co-
86 Fabrizio Cigni

in questi centri porta materia teatrale alle originali rielabora-


zioni di Vital de Blois. Alla metà del sec. XII, o ad anni di poco
successivi, risultano databili due sue commedie fortemente rap-
presentative della ripresa in chiave filosofica del teatro plautino
e pseudo-plautino durante l’aetas ovidiana, vale a dire il Geta (o
Amphitrion) e l’Aulularia.24
Sia Plauto che Terenzio abbondano di situazioni dove il co-
mico scaturisce da travestimenti, equivoci, doppi sensi, spesso
concentrati in scene dove un terzo personaggio spia e conduce
un ‘a parte’. Il dialogo spiato, inoltre, presuppone sempre un
diaframma naturale o architettonico, perlopiù una parete. La
commedia latina era piena di queste situazioni sceniche che si
sviluppano da semplici ‘a parte’ fino ad arricchirsi di sfaccetta-
ture raffinate per quanto concerne il punto di vista di chi
ascolta e di chi è ascoltato, con rispettivi problemi legati alla
comprensione del dialogo e ai risvolti semantici del ‘vero’.25
Una recente e accurata analisi delle varie declinazioni di questo
motivo in Plauto e Terenzio,26 inaspettatamente ci rivela anche
un potenziale per le loro riprese nella letteratura medievale ro-
manza. Quando un personaggio finge di non accorgersi della
presenza di chi lo sta spiando, approfitta ovviamente del van-
taggio a sua disposizione per fornire false spiegazioni che tor-

medy and Reception: Essays in Honor of Jeffrey Henderson, edited by S. D. Olson,


Berlin-Boston, De Gruyter, 2014, pp. 377-396, p. 391. Cfr. anche L. W. Jones and
C. R. Morey, The Miniatures of the Manuscripts of Terence prior to the Thirteenth
Century, Princeton, Princeton University Press, 1930-1931.
24
Cfr. anche A. A. Raschieri, Aulularia sive Querolus. La commedia latina tra An-
tichità e Medioevo, in Il senso del comico e la commedia, a cura di S. Casarino e A.
A. Raschieri, Atti del Convegno, Sala Ghisleri, Mondovì 19-23/3 e 14/4 2010,
Roma, Aracne, 2010, pp. 65-80; Kendrick, Medieval vernacular, cit.
25
Cfr. anche J. Cocheyras, De la tromperie à l’erreur, sémantique du ‘faux’ au
Moyen Âge, in Réalité et imaginaire dans le Tristan de Béroul, Paris, Champion,
2011, pp. 99-105.
26
S. Monda, Lo sguardo nascosto nella commedia di Plauto e Terenzio, «Cahiers
des études anciennes», LI, 2014 (Vision et regard dans la comédie antique), pp. 245-
276 (http://etudesanciennes.revues.org/805; consultato il 02/02/2014).
Il rendez-vous épié di Béroul 87

nino in seguito ancora più a suo comodo. Questa situazione


scenica, che nel teatro romano di Plauto, ad esempio, troviamo
almeno in tre commedie, Persa, Miles Gloriosus e Amphitruo, è
stata definita dalla critica «pseudo-eavesdropping scene».27
Nella prima di esse, vv. 83-98, Tossilo fa in modo che Saturione
lo spii per passargli informazioni false; nella seconda, ai vv.
992ss, Milfidippa finge di non essere ascoltata da Pirgopolinice
e Palestrione, e passa una falsa informazione al soldato al ri-
guardo della sua padrona. Ma è la situazione descritta al v. 292
di Amphitruo (testo peraltro presente tra le otto opere plautine
trascritte nel ms. londinese copiato a Salisbury, e ripreso da
Vital de Blois per il Geta), che è forse più interessante ai nostri
fini, in quanto in una «pseudo-eavesdropping scene» po-
tremmo dire di secondo grado (!) sia Sosia che Mercurio si av-
vedono vicendevolmente, ma in tempi diversi, di essere spiati,
ed alterano volutamente il proprio tono di voce per provocare
sorpresa e paura nell’altro.
Inoltre proprio nell’Aulularia Plauto ci descrive (vv. 678-679
e 705-707) una scena in cui un personaggio (Strobilo) spia il
comportamento di un altro personaggio da un luogo particolar-
mente significativo, anche ai fini della comicità, come la cima di
un albero, non frequentissimo nel teatro classico, notoriamente
scevro di elementi naturalistici.28 Béroul potrebbe aver conta-
minato scene e situazioni diverse da testi classici e da rispettivi
adattamenti mediolatini? Forse è ancora presto per dirlo con si-
curezza, ma mi pare che il gradimento intellettuale per il dop-

27
C. W. Marshall, “Quis hic loquitur?”: Plautine Delivery Comedy and the Double
Aside, «Syllecta Classica», 10, 1999, pp. 105-129. Diverso è il caso, frequentissimo
e anzi sistematicamente ricorrente, dell’origliamento puro e semplice, sul quale si
può vedere l’esaustiva rassegna di R. Ramazzotti, Scene di origliamento in Plauto.
L’autore e i suoi personaggi. Gli spettatori, «Annali della Facoltà di Lettere e Filo-
sofia. Università degli Studi di Macerata», 34, 2001, pp. 155-193.
28
Faccio costante riferimento a Monda, Lo sguardo nascosto, cit., pp. 249ss.,
anche per le citazioni dai testi e i relativi approfondimenti bibliografici.
88 Fabrizio Cigni

pio senso come raffinato esercizio scolastico dimostrato presso


la corte di Enrico II 29 e il fervore letterario attorno ad una rina-
scita della commedia latina all’interno dei nuovi modelli ele-
giaci influenzati da Ovidio che si verificò nella zona di Blois, si
sposino perfettamente con quanto è stato sempre ipotizzato in-
torno alla figura di Béroul e alla sua interpretazione tristaniana,
rendendo ancora più complessa la genesi della sua peculiare
lettura. Anche se il triangolo del pino, con la carica simbolica
legata agli elementi naturalistici dell’albero e della fontana, ap-
partiene ad un sostrato celtico a cui nessun autore e adattatore
tristaniano si è voluto sottrarre, l’insistenza sul giuramento pro-
nunciato ad alta voce da Isotta e l’aggancio ad altre scene di
doppio senso nel corso dell’opera che mette in atto l’autore
normanno mi pare che possano spiegarsi con la circolazione del
teatro latino nelle sue zone francesi di influenza, e che questo
chierico mascherato da giullare ha abilmente saputo riproporre
all’interno della storia dei due amanti di Cornovaglia, nei punti
in cui tale gusto poteva maggiormente emergere.

29
A. K. Bate, Linguaggio per scuola e corte, cit., p. 168; J. M. Ziolkowski, The Hu-
mour of Logic and the Logic of Humour in the Twelfth-Century Renaissance, «Jour-
nal of Medieval Latin», 3, 1993, pp. 1-26.

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