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DI

COLA DI RIENZO
. CON OSSERVAZIONI E G .

DI

ZEFIRINO RE
CESENATE

FORL1
TIPOGRAFA BORDANDINI

1828

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LA VITA
DI

COLA DI RIENZO
T R I B U N O D E L POPLO ROMANO
SCRTTA DA IWCERTO AUTOEE N E L SECLO DCIMO QUARTO, EIDOTTA A MIGLIOBE LEZIONE, E D ILLUSTRATA COF NOTE E D OSSEEVAZIOWI STORICO-CRITICHE DA

ZEFIRINO

RE

CESENATE

CON UN COMENTO DEL MEDESIMO SULLA CANZONE

DEL PETRARCA
SPISTO GENTIL CMS QUELLS SIEMBRA REGGI

FORLI
PRESSO LUIGI BORDANDINI

1828.

PREFAZIONE

Q u e s t o importante monumento della storia del (juarto dcimo seclo meritava di essere pi studiosamente esaminato, e con maggior ctira riprodotto alia luce. Le edizioni fatte in Bracciano, la prima nell' auno i6a4 ( i ) la seconda nel I 6 3 I , (a) sono spregevoli per molti e gravissimi error i , e per strane spiegazioni senza lume di critica date ai vocaboli oscuri. ( 3 ) II Muratori, quel perspicace ingegno sollecito sempre per 1' onore del nome italiano , ne pubblic una ristampa nel terzo volume delle antichita del medio evo,

( i ) Vita di Cola di Rienzo tribuno del poplo romano scritta, in lingua volgare romana di quella eta da Tommaso Fortifiocca scribasenalo - Bracciano per Andrea Fei siampatore ducale - i 6 a 4 ad istanza di Pompilio Totti libraio in Naona. ( a ) Vita di Cola di Rienzo in questa seconda impressione distinta in pi capitolio ed arricchita &c. In Bracciano per Andrea Fei - i 6 3 i -ad istanza &c. (' ) Leggasi per esempio la parola pavese spigata per sopraveste, ed altra volta per casacca da cavalcare; foraggo per aiuto di gente forestiera; conaccari ( cio co' naccari , istrumenti da suono) per fretta; abbaifare ( far stupire ) per riscldare, e mol-; tissim a l t r e beJle spiegazioni di t a l e fatta.
-

nella quale, posti a confronto i mgliori manoscritti, corresse notabilmente la lezion e , trascrisse le varianti, ed aggiunse i frammenti di varia storia dello stesso autore, tratti da un cdice che fu del duca Baldinotti da Norcia, ed una latina versione scritta dal modenese Gherardi, dotto professore di lingua greca ed ebraica nel patrio liceo; ma F alto e laudevole scopo, cui intese il Muratori, fu quello di unir in un solo gran corpo le sparse reliquie degli scrittori delle italiche cose; e 1' immenso lavoro, al quale con tanta costanza erasi dedicato, non gli permise di molto occuparsi di alcuna storia in particolare: il perch mi semhra che qualche palma rimanga ancora a raccogliersi in questo vasto campo, ed alcun poco benmeritare io possa delle lettere, col riprodurre la vita del famoso Gola di Rienzo, e coll illustrarl a , non tanto nella parte che risguarda F itlica favella, quanto nelF altra che riferisce ai rumorosi avvenimenti di una et, produttrice di fervidissimi ingegni, ricca di eroiche virt, e contaminata insieme da enormi scelleratezze. Fu questa vita attrihuita in sulle prime ad un Tommaso Fortifiocca scribasenato romano; ma le ragioni che se ne addusser o , inconsideratamente tratte dalF opera stessa, valgono anzi a darne manifesta prova in contrario, siccome a suo luogo sar
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esposto. Pero nella ristampa, eseguita in Bracciano nelPanno I 6 3 I fu tolto con migliore consiglio il nome del Fortifiocca, che nella prima erasi annunziato autore del libro, ed il Muratori addiraostr che questo scrittore era annimo ed incerto. Gli storici ( i ) convengono bensi nel giudicarla opera di un contemporneo, e la verit, che pura risplende nelle sue narrazioni, sent di quelP ureo seclo e di quella modesta semplicita, colla quale scrissero loro celbrate storie i due Viilani, e di quella vivacit insieme, con cui F animoso Dio gridava ai vizj de' proprii eoncittadini. II Padre Daniello Bartoli, conoscitore esimio delle cose di nostra favella, giudicd anch' esso la vita di Gola opera di quel5

storia rerum Romae et per Europam gestarum lingua romanensi vulgari scripta} fu citata dai revisori del giana col titolo <-< Philosophi romani Historia
1

( i ) Bzovio, Rainaldi, Spondano cos opinarono^ pur fra i moderni il Muratori, Tiraboschi, De-sade, Sismondi & c . II Panvinio n e l i565 fu il primo ad ammnziare questa cronaca col titolo - Hin
COS

Decaixierone nel i 5 7 3 , e da Scipione Ammirato nel 1S80. II Vallesio l a trov n e ' rnanoscritti della Chitemporis i , la ridusse a Luona lezione , e vi aggiunse alcune note a dichiarazione delle oscure voci, raa la vita e le note andarono smarrite, e soltanto nell' archivio capitolino rimasto il mss. di alcune note storicbe, che corredavano P opera di q u e l r erudito.
sui

la et, ( i ) ed in questa opinione convenne altresi Y illustre Pesarese, che immatura morte rapi alia speranza ed al desiderio d Italia. ( a ) II solo Baluzzi, ( 3 ) per quanto io sappia, semhra aver duhitato che 1' autore di questa storia sia contemporneo, ed a suo luogo si vedr di quale peso siano le ragioni che adduce per allontanarsi dal sentimento de' pi accreditati storici. ( 4 ) Non pero da tacersi, a giustificazione del valente critico, che egli non
?

Pare che il dottissimo uomo condanni n e l nostro scrittore 1' abbondanza delle terminazioni sdrucciole nel p l u r a l e ; ci son le molinora, le capora, le

( i ) II torio e 'l diritto del non si pud - Cap. 1 7 2 -

varsi che alcune di queste desinenze son comn i ad altri antiehi, e molte ancora pi stravaganti si leggono n e ' due V i l l a n i , n e l novelliere, ed in altri rinomati del trecento; per esempio le ramora in Dante; le gradora, le palcora nel novelliere a n t i c o ; le ed anche le sestora, e le tettora n e ' due Villani. II Davanzati si piacque moltissimo di tali terminazioni. chiarissimo professore Gosta che il cont Giulio avea fatto un lavoro sulla vita del Rienzi, che rimasto indito, e che non ho potuto vedere - Elog. ( 4 ) Mi venuto di recente alie mani u n ' opuscolo di osservazioni storico-critiche sulla vita di Cola di Rienzo , pubblicate in Roma pe Fulgoni
del Perticari ediz. del Gamba pag. 2 1 7 . ( 3 ) Vitae Paparum Avenion: Vol. 2. pag. 886. ( 2 ) Perticari, Apologa dell' amor patrio di Dante nella proposta &c. Vol. 2 . pag. '666. Scrive i l locora, le borgora, le focora, le latora, le campora

arcora, le omitidla, le adulteria &c ina da osser-

ebbe forse notizia degli altri frammenti scritti dallo stesso Autore, che il Muratori trasse di poi dalF indicato cdice Baldinotti, ed uni alia grande opera delle italiane antichit; dai quali, e massimamente dal proemio, senza dnbbiezza si deduce che lo scrittore annimo fu testimonio egli stesso degli avveninienti da lui descritti. ( i ) L' opinione del Baluzzi fu gi combattuta dal Vallesio, e da un dotto Gesuita
nelP anno 1806 dal Padre Tommaso Gabrini ex Genrale de' Chierici minori regolari. Tenero il buon Padre della fama degli Antenati suoi, fra i quali sembra voler annoverato il romano Tribuno p r e dica questa cronaca falso ed apcrifo racconto e mal eonnesso romanzo, c h ' ei diceiscritto in lingua maremmana e pulcinellesca, e s' ingegna di farci del Rienzi u n suddito obbediente, u n magistrato modestissimo, e quasi un santo prossimo a far m i r a coli: io pur vorrei che la cosa t a l fosse ; ma p e decoro della prosapia del Padre Gabrini sarebbe necessario lacerare con queste molte altre pagine della storia del seclo dcimo q u a r t o . Le principali obbiezioni tolte in gran parte dal Baluzzi avranno nell nostre note congrua risposta. Iu quanto alia lingua son ferinamente persuaso che maggior bode ne saria venuta al Rev. Padre, se le sue osservazioni fossero dettate in questo semplice e modesto lingaggio^ nel quale, siccome osservaremo in appresso , scrissero q u e ' pulcinelloni , che furono i primi padri della itlica favella. (1) Quello che io scrivo si ferinamente ve10. E di ci mi sia testimonio Dio , e quelli li quali vivon con m e c o , che le infrascritte cose

8 francese, il Padre Du-cerceau, il quale alia meta dello scorso seclo scrisse la storia di questo frvido demagogo, tratta quasi letteralmente da quella del supposto Fortifiocca. ( i ) L opera del Padre Du-cerceau presenta molta eleganza ed erudizione; ma la poca sua perizia nel nostro volgare linguaggio di que tempi indusse il Gesuita in assai rilevanti errori. ( a )
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Muratori antiquit. Tom. 3 . pag. a5a. ( i ) Coniuration de Nicols Gabrini dit de Rienzi tyran de Rome en i 3 4 7 ourage posthume du Rev. Pere Du-cerceau de la Comp, de Jess - A Pars chez la veuve Etienne et fils - i 7 4 8 - avec approbation et privilege du Roi.
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, furo ver; ed io le vidi e sentiille ... e intesi da persone fide dignae, le quali concordarono ad u n o , e di ci poner certi segnali secondo la materia corsa, li quali furo concorrenti con esse cose. ,, Questi segnali faran lo leggere certo e non sospetto di mi dicere. Frammenti di rom. istor -

( a ) 11 Padre Du-cerceau per questa sua opera us di una traduzione francese della vita stampata in Bracciano nel 1 6 2 4 , eseguita dal Padre Sanadon altro Gesuita, da cui ebbe in dono il m a n o sciitto. Ci prova che Du-cerceau poco sapeva della nostra volgar lingua del seclo dcimo q u a r t o ; ma gli errori, n e ' quali incorse, addimostrano che poco ne sapeva ancora la sua g u i d a / e molto meno il Padre Brumoy, * che dopo la morte del Cerceau supp alia mancanza delle prime pagine del manoscritto dell' Autore, che eransi, non so come, perdute, ed in queste a p p u n t o si trovano i mag* Senza dubbio quel Padre Brumny, che fu altronde assai dottb e reputato nella francese letteratura.

L' abbate De-sade nelle memorie per la vita del Petrarca ( i ) ha trattato egli pur con molta critica la storia di questo uomo ch' ebbe il vanto di destare riel principe de' nostri lirici poeti un' entusiasmo che quasi rassomigliava al delirio. Queste memorie furono giustamente applaudite dal Tiraboschi, e presentano tutto ci che intorno alia vita del Petrarca pu desiderarsi, molta luce spargendo eziandio sugli avvenimenti e sulla biografa degli uomini famosi di quel seclo; su di che non posso a meno di non soFermarmi alquanto in considerare la sor te, non so se debba dir vergognosa per gF italici ingegni, oppure onorevoe per la Patria no3

giori sbagli, che saranno a suo luogo notati: i n t a n to chi ne vuole u n saggio legga questo. Nel capitulo terzo Cola parlando ai romani dice: che il giubileo si approssima, che se la gente, la quale verr al giubileo, li trova sproveduti di annona, le pietre ( per metatesi sta scritto le preite ) ne porteranno da Roma per rahbia di fame, e le pietre non basteranno a tanta moltitudine . II francese t r a d u c e : le jubil approche, et vous n' avez ni provisions, ni vivres; les etmngrs tronveront votre Ville de~ nue de tout. Ne comptez point sur les secours des gens d' Eglise ils- sortiront de la Ville, s' ils n' y tronvent de quoi subsister: et d\ ailleurs pourroient-ils suffire la moltitude innombrable , que se tronvera dans vos murs ? Buon Dio! le pietre prese per t a n t a gente di chiesa ! ( i ) Mentones pour la vie de Petrarque - Amsterdam- Vol. 3. 1 7 6 4 - 1 7 6 7 .

stra, che le principali storie de' suoi pi grandi uomini siano scritte e fatte celebri da straniera mano. Non pochi errori pero del De-sade furono resi manifesti dal Tiraboschi, ( i ) ed altri ancora dal Baldelli, dotto cavaliere toscano, (a) a punizione di quel troppo grave orgoglio, con cui il francese insultava ai letterati d' Italia, imputando ad essi di avere trascurata la biografa de primi maestri della loro lingua e della loro poesia. Alcune opinioni del De-sade sulla vita di Cola di Rienzo son state da me a suo luogo sottoposte ad esame con quella liberta, che nelle cose di lettere si addice; ed ove ho creduto di esternare i miei dubb i , non mi son spaventato dall' autorit di questo eruditissimo uomo, lasciandone ai leggitori il giudizio, La vita, che io mi accingo di riprodurre, scritta con ammirabile imparzialit: lungi dal blandir alia memoria del suo Protogonista, 1' annimo serittore sa descrivere con molta evidenza le sue virt e le sue Iodevoli gesta^ ma non sa tacerne i vizi, Nicola figlio di Lorenzo Gabrino o Gabrini, conosciuto per le abbreviazioni di
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IO

( i ) Star, della letteratura italiana. Tom. v. Ediz. di Roma. " ( a ) Del Petrarca e delle sue opere - Firenze pres50 Cambiagi T 1 7 9 7 .
v

quella et col nome di Cola di Rienzo ovvero Rienzi ( i ) , sortito da bassi natali in tempi infelicissimi, ne' quali Roma, priva de'suoi Pontefici, era in preda a tutti gli orrori delle discordie, delle passioni, e deile parti, ammaestrato nelle lettere, dotato di prodigioso ingegno, di ardente immaginazione, e di eloquenza incomparabile, seppe in poco tempo giungere alia signoria della patria, e parea a lui concesso di rendere elici i destini d' Italia, se, ebbro di stoltissimo orgoglio, non avesse con fantastiche imprese, con tirannici modi, e con improvvida condotta gettato da s stesso a trra F opera di sua grandezza; reso odioso al poplo che lo avea esaltato, dispregevole a' suoi ammiratori, ebbe tal fine miserando, quale attender doveasi colui che si fe tiranno della sua patria; esempio infausto e memorando, che mostra ai popoli quanto conidar possano nelle lusinghevoli promesse di clii ten ta farsi grande col perturbamento de' civili ordini, pi memorando ancora agli ambiziosi, che stoltamente presumono di riporre ogni loro securt nel favore della tumultuosa ed incostante plebe. Mi son proposto in questa edizione di ridurre F ortografa della romanesca pronunzia a quella aitualmente in uso, e di
( i ) Per corruzione dal latino haurentii.

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correggere le metatesi, gli arcaismi, e le sconciature, nate dalla barbarie de' tempi, e dalla ignoranza o negligenza de' copisti, rispettando bensi le parole e le frasi che formano la sostanza del linguaggio ( i ) , e togliendb soltanto quelle esteme brutture, che deforraano, se non corrompono, lo spirito dell' idioma; ed a chi volesse riprendermi di lesa antichita risponder col dotto Lampredi (a), essere omai tempo, che le edizioni degli antich codici siano eseguite con maggiore critica e buon senso. Per non interrompere Y attenzione de' leggitori con freqnenti note, indichero in fine (3) le regle generali da me seguite nella ortografa, sperando di addimostrare insieme che il linguaggio, col quale scritta questa celebre vita , ridotto che sia a buona pronunzia e tolte le esteriori deformit, quello stesso comune alie altre scritture di quel tempo. Mi asterr dal prender parte in quelle troppo acri e moltiplicate grammaticali contese, che turbano oggi giorno la pace e le dolcezze de' miti studi; pago soltan( i ) Quando per ridurre a niigliore lezione una yoce od un periodo faro qualche eambiamento, non nianchero di avvertirne il lettore, { a ) Lampredi - lettera al Cav, Monti - Antol. di Firenze - Novembre i 8 a i . pag. 35a. ( 3 ) Vedan^i le osservazipni sulla pronunzia.

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i3 to che io possa rendere maggiormente utile e piacevole la lettura di una storia, che per tante ragioni viene all' Italia raccomandata.

iS VITA D I COLA D I RIENZO


LIBRO PRIMO ( I )

CAPITOLO I.

Parenti, nascita,indole,e professione di Coladi Rienzo; cagione de' suoi pensieri; sua ambasceria a papa Clemente in Avignone e suo ritorno.

0 ola di Rienzo fu di basso legnaggio; lo padre suo fu tavernaro, ebbe nome Rienzo, la madre ebbe nome Madalena, la quale vivea di panni lavare e d' acqua portare. Fu nato nel rione de la Reola; (a) suo
( i ) Nella divisione d e ' capitoli ho creduto attenermi al Muratori. E da osservarsi che gli argomenti non son opera dello storico^ ma aggiunti di poi nella ristampa eseguita in Bracciano 1' a n no I 6 3 I , locch t e n si conosce dalla di ver si ta dello stile. Forma questa vita u n a parte della cronaca genrale, di cui il Muratori, come detto nella p r e fazione, ci h a dato parecchi frammenti, ed era d i visa in pochi capitoli. Se 1' editore volle servir al cmodo de' leggitori, nessun pregiudizio ne ritrae per questo 1' originalit del testo. ( a ) Reola u n o d e ' rioni di Roma, cosi detto per comune opinione dalla corrotta voce latina arenula, perch le strade di esso fiancheggiate dal Tevere erano spesso ingombre di arena.

i6 abitaggio ( i ) fu canto (a) di fiume fra le molinora, (3) nella via che va a la Reola, direto di santo Tommaso sotto '1 tempio de li giudei. Fu da sua gioventudine nutricato di latte di eloquenza, buono grammatico, megliore rettorico , autorista ( 4 ) buond. Oh come e quanto era veloce leggitore! molto usa va Tito Li vio, Sneca, e Tullio, e Valerio Massimo, molto li dilettava le magnificenze di Giulio Cesare raccontare. Tutta la die ( 5 ) si speculava ( 6 ) ne li 'ntagli di marrao, li quali giacciono intorno a Roma; non era altri che desso che sapesse leggere li antichi pitaffi; tutte scritture antiche vulgarizzava, queste figure di
( 1 ) Abitaggio , nel test, havitaio. hanno havitao. Alcuni niss.

{ a ) Canto per a canto e accanto. Leggasi i n Ricordano Malespini: il dosso delle case che erano costa il poggio, i nvece di accosta o accosto. Le p r o -

posizioni accanto accosto allato servono ordinariamente al dativo: Boccaccio us allato col genitivo
allato del letto - giorn. 9. nov. 6. Vedasi Amati spoglio &c.

( 3 ) Le molinora - Vedi prefazione pag. 6. ( 4 ) Autorista voce ora aggiunta al Vacabolario.

( 5 ) Tutta la die, e cosi pur in genere femminile altre volte a l P uso latino^ e si osservi essere quasi sempre mantenuta la regola degli antichi grammatici latini^ che usano dies di genere femmijnile quando significa tempo indeterminato , e m a schile quando denota giorno deterrninato.
( 6 ) Si speculava in senso d i mirar fissamente, considerare con attenzione, quasi specchiarsi.

marmo giustamente interpreta va. ( i ) Oh come spesso dice va: dove son questi buoni Tomani? dov' loro somma giustizia? Poterommi ( a ) trovare in tempo che questi fioriscano? Era belF orno, ed in sua bocea sempre riso appariva in qualche modo fantstico. Esso fu notaro. (3) Accadde che uno suo frate fu ucciso, e non ne fu fatta vendetta di sua morte; non lo poto aiutare ; pensa lunga mano ( 4 ) vendicare '1 sangue di suo frate; pensa lunga mano dirizzare la cittate di Roma male guidata;
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za di questo uomo: Nicolaus Laurentii vir facundissimus, ad persuadendum efficax, e ad oratoria promptus, dictator quoque dulcs ac lepidus, non multae quidem, sed suavis polorataeque sententiae. Ediz. Ba-

( 1 ) II Petrarca fa lode a n c h ' esso alia eloquen-

sil. pag. 74. Sulle traccie del nostro storico i l Tiraboschi h a collocato Rienzi fra i celebri antiquarii del seclo dcimo quarto - Stor. l e t t . Tom. 5. l i b . 9. cap. v i . ( 2 ) Nelle edizioni di Bracciano si legge - pote-

r a t n invece dell' interrogativo pone u n ' ammirativo , e cosi i l poteramme il potuerim d e ' l a t i ni. II futuro pero e 1' interrogativo, consuonando colle antecedenti interrogazioni , esprimono molto meglio, a parer m i , il desiderio della mutazione , che da Cola andavasi meditando. ( 3 ) Nelle ediz. di Bracciano: era belV ornoJ questo fu notario. ( 4 ) Lunga mano, di lunga mano, lunga pezza &c. eqnivalgono a lungo od a molto tempo. S e g n e r i - m a n na - giugno i i . 1 . - ogi ossequio era inferiore di lunga mano ad una offesa. 2

ramme trovare in tempo che questi fiuano? II M a -

pero per suo proeaccio ( i ) gio in Avignone per ambasciatore a Papa Clemente da parte de li tredici Buoni uomini di Roma, ( a ) La sua diceria fu si avanzarana ( 3 ) e bella, che sbito ebbe 'nnamorato Papa Clemente; molto ammira Papa Clemente lo bello stile de la lingua di Cola; ciasche (4) die vedere lo vol; a llora si distende (5) Cola e dice: che li baroni di \ Roma son dirubatori di strade; essi con\ sentono le omicidia le ruberie, le adulteria, ed ogni male; essi vonno che la loro citXade giaccia desolata. Molto concepo '1 PapaNcontro li potenti; poi, a richiesta di messere Giovanni de la Golonna Cardinale, venne in tanta disgrazia,e in tanta povertade, e in tanta infermitade, che poca diFerenza era da gire a lo spedale con suo giupparello addosso. Stava al sol come biscia; ma chi lo pose in basso, quello stesso lo inalz, co messere Giovanni de la Colonna lo rimise dinanti al Papa; torn in grazia, fu fatto notaro de la Camera di Roma, ebbe grazie e beneficia assai; a Roma torn molto allegro; fra li denti minacciava.
( i ) Proeaccio, u t i l e , vantaggio, provvigione. ( a ) I capi de'rioni di Roma detti anche Capo rioni. fluens, voce di desinenza provenzale.
( 4 ) Ciasche, da cui ( 3 ) Avanzarana per avnzevole,lat. redundans afconformasi ciasche uno,e

suona col quisque quaeque d e ' latini. () Si distende, invece di esiendej in questo senso usato anche da Dio CompagniCr. p . 19. ediz.diPisa.

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OSSERVAZIONI STORICHE
I. Cola di Rienzo fu di basso legnaggio &c.

Sedotto alcuno dai fastosi titoli at tribu ti a Cola n e i r auge di sua pssanza, quelli cio di uomo illastre, uomo nobilissimo, cavaliere valoroso, principe

magnnimo, e rnolti a l t r i , di cui prodigo gli fu principalmente i l Petrarca, s' indusse a credere c h ' ei fosse di nobile e chiara stirpe; ma colui soltanto, che affatto ignora la storia delle umane vicende^ e de' cambiamenti cui va soggetto il linguaggio d e gli uornini a l l ' aspetto or ridente or minaccioso derla fortuna, pu abbagliarsi da queste lusinghevoli e splendide apparenze. Lo stesso Petrarca, ( i ) la cronaca senese , ( 2 ) il breve diretto a Cola d a Papa Innocenzo vi nel i354 ( 3 ) , e 1' Hocsemio scrittore contemporneo (4) giustificano il nostro s t o -

( 1 ) Graiam fateor non mediocfem apud Tribunum STJUPB SUMiu, sed excelso virum animo propositoque, et apud Pop. rom. habeo - E p i s t . a Barbato fra le famigliari libr. 7 . epist. 1 . ( 2 ) fecero signare un loro cittadino popolare e DI SASSA CONEIZIOL'E, ma molto savio, il quale anea nome Cola di Rien0 - Crcm. Senese nel T o m . x v del Muratori pag. 1 1 8 . ( 3 ) Apud Rainald. an. i354 N . 3. - ipse (deus) te HUMILI LOvo natum multis praeesse maioribus benigne concessit. ( 4 ) De gestis Pontificum Leodiensium libr. 8. cap. 3 5 . - H o c setnio preposto di Liegi scrisse quest' opera in forma di c r o naca , ed il manoscritto rimase indito ed o c c u l t o , finch il Sig. De-Chapeville dotto cannico di Liegi lo ridusse a buona lezione, e lo diede alie stampe 1' anno 1 6 1 3 . Questo scrittore qualifica Cola di Rienzo figlio di mugnaio, cujusdam molendinarii filiusj ma quando si ponga mente che i suoi parenti abitavano fra i moni pi frequentati di Roma, siccotne il biografo nostro ci n a r r a , facile l ' i n t e n d e r e che potea esser corsa tal fama delP esser suo da indurre in rrore un Prelato , ehe molto lungi dimorava da R o m a , ed era dato a gravi e c -

rico, e fanno testimonianza dell' abbietta condizione in cui nacque quest' n o m o , che seppe elevarsi a tanto da vedere tremanti al suo cospetto i pi superbi e potenti patrizi di Roma.
II. Gio in Avignone per ambasciatore a Papa Clemente &c.

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II Cardinal Pietro Roger, nato i n Francia nel Limosino, fu eletto alia sede pontificale dopo la morte di Benedetto x n nel giorno sette di Maggio i34a; prese il nome di Clemente sesto, e stabili sua dimora in Avignone, dove Clemente q u i n t o , a petizione di Filippo il bello re di Francia, avea traslocato trentasette anni addietro la ppale residenza. F u Pontefice di alta dottrina^ eloquentissimo, d ndole dolce e clemente, e cosi l i berale che non gli sostenea 1' animo di rimandar uomo da s senza beneficio, facendo sua quella massima d e ' s a p i e n t i , che nessuno dee partir i n cnsolato dal palagio del principe. ( i ) Era amico
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clesiastiche cure. Pretende quel Padre Gabrini, gi da noi nella prefaziono ricordato, che la qualifica di mugnaio, attribuita al padre di Cola, sia u n ' aggiunta del Chapeville; ma non si pu a parer mo convenire in si fatta opinione senza gravissimo oltraggio alia probit ed alia dottrina del buon C a n o n i ' co di Liegi, che io non 0 3 e r giudicar si ardito di alterare il testo di Hocsemio, ed attribuire ad esso sentimenti non suoi senza rendere neppure avvertito il leggitore. l o avrei consigliato il buon Padre Gabrini a darsi pace, ed accettare benignamente nel novero degli antenati suoi questo C o l a , figlio qualsiasi stato di tavernaio o di mugnaio, ed a confortarsi in quelle antiche dottrine d e ' sapienti , che non dalla nascita, e dalle dovizie che cieca la fortuna dispensa, ma dalle virt, e dai laudevoli e valorosi fatti ne viene durabil fama agli uomini. ( i ) Vedi le antiche vite di questo Pontefice, e specialmente la terza riportata dal Baluzzi Tom. i . - Platin. in Clement. vi - Ghoisy Histor. du Rois Jean. L i b r . i . ed altri scrittori.

ai
ed ammiratore del Petrarca, cui fu crtese di molt i favori. Narra lo stesso Petrarca essere q u e l P a p a di tanta memoria dotato, c h e , volendo ancora, milla potea dimenticare di ci che avea letto; ( 2 ) mori n e l l ' a n n o i35a e gli successe Innocenzo v i , di cui si parlera in appresso.

Matteo Villani, * il solo fra i contemporanei, che apponga a Clemente T I nota di poca decente inclinazione a conversare con femmine, forse per la liberta concessa alie dame, giusta il costume delle corti degli altri principi, di acceder al palagio pontificio. L ' annimo nostro pero assai libero e franco nell' esporre, senza alcun riguardo a dignit o a potenza., colle virt anche i vizi d e ' personaggi c h ' ei nomina, nulla dice su. tale argomento: ecco le sue parole , , Gorrevano anni domini MCCOXLII, quando Papa Benedetto '1 Manco morio, e fu eletto Papa Gle mente sesto. Questo Papa Clemente fu moaco e r o , e fu persona di tanta sufficienza che non avea paro. E r a gran dissimo telogo e bellissimo sermocinatore; quando esso teneva cattedra per sermocinare ovvero disputare, tutto P a risi concorreva ad udir esso. D e h come fu bello sermocina tore! uomo gallico, molto lrgifluo. Da fin che in studio fu, era tanta sua larghezza, che alio dispendere non li giungeano sue prebende. Questo ebbe tutti li gradi di dignitade; in primo fu moaco ero di S . Benedetto conventuale, sottopriore, po' fu decano , p o ' fu priore, p o ' fu fatto abbate, poi fu fatto v e s c o v o , poi arcivescovo di Ren , poi cardinale del titolo di santo Nereo ed Achilleo, poi in ultimo fu fatto Papa. Che aggio a dicere ? Che se grado si trovasse alcuno maggiore, anco P a v e r a desiderat * * In ci bensi convengouo gli storici, che Clemente, d' ndole generosa ed avvezzo agli splendidi modi d e ' reali di F r a n cia, rec al pontificato molta liberalit e magnificenza; ma troppo acerbamente il condannano lo stesso Villani, * * * ed altri scrittori sulle di lui traccie, * * * * imputando ad esso come gravissimi peccati la generosit e la beneficenza, quelle nobili pas-

* Libr. 3. cap. 43. Narrano aleuni scrittori che Matteo Villani fu storico assai appassionato e prevenuto contro i pontefici francesi, che avean posta loro sede in Avignone. ** Frammenti nel Vol. 3. delle antichita delMuratorip. 343. *** Libro e cap. indicato. **** Fleury, il di lui abbreviatore, Sismondi ed altri.

2 2

III. Glo in Avignone per ambaseiatore a Papa Clemente &c.

di Cola a questo Pontefice si legga il comento alia canzone Spirto gentil del P e trarca posto in fine di questa opera.
IV. A richiesta di messere Giovanni della Colonna Cardinale &c.

Suir ambasciata

Di^questo illustre cardinale mecenate ed amico del Petrarca si fa parola nelle osservazioni storiche al Capitolo TII , in cui son indicati i principali personaggi della potentissima famiglia d e ' Colonna.

s i o n i , che rendono i principi degni delle benedjzioni d e ' p o poli. Osservano il De-Sade * e Cinguen * * che durante il suo pontificato il soggiorno di Avignone fu bello e piacevolissimo, ed altri storici affermano c h e , in mezzo alia magnificenza di eua corte, Clemente non obbli giamai g l ' interessi della Chiesa.

* Memoires &c. Tom. a. pag. 44** Storia della letteratura italiana part.

i. cap. xn.

Sez.

i.

a3
CAPIT0L0 I I . Cola in assettamento acremente ammonisce in voce gli ufficiali e rettori del poplo, ^ onde viene'da Andreozzo Colonna percosso di una gotata; fa anche ammonizione al poplo con una pittura misteriosa.

Poich fu tornato da corte comenz a usare suo ufficio cortesemente, e bene vedea e conoscea le ruberie de li cani di Catripidoglio, la crudelitate e la ingiustizia de li potenti. Vedea pericolare tanto comune, e non si trovava uno buono cittadino che lo volesse ahitare; imperci si lev in piedi una Volta ne lo assettamento ( i ) di Roma, dve stavano tutti li consiguen, e disse: non siete buoni cittadini voi, li quali vi rodete (a) 'l sangue de la povera gente, e non la volete aiutare. Poi ammonio li offiziali e-li rettori, che dovessino provvedere al buono stato de la loro romana cittate. Quando la luculenta (3) diceria (4) di Gola di Rienzo fu fornita, (5)
( i ) Assettamento da assettarsi, sedersi, preso pe luogo ove si teneano le sedute del consiglio di Roma - Boccac. - dove le nuove spose a tavola erano pet mangiare assettate. ( a ) Modere in sen'so di consumare a poco a poco. ( 3 ) Luculento da luculentus,lcente splendido, e per metfora chiaro e famoso. ( 4 ) Diceria per orazione discorso; cosi Dio Coxnpagni intitol la sua orazione a Papa Giovanni X I I . ( 5 ) Fornita per finita, c o m p i n t a .
}

a4 levosse uno de' Colonna, lo quale avea nome Andreozzo di Normanno allora camerlengo, e detteli una sonante gota ta; poi si lev uno, il quale era scriba-senato, Toramaso Fortifiocca avea nome, e feceli la coda ( i ) ; questo fine ebbe la sua diceria. Anco secondario (a) il predetto Gola ammonio li rettori e '1 poplo a lo ben fare per una similitudine, la quale fece pignere nel palazzo di Gampidoglio nanti '1 merca to, ne lo prete (3) mora, sopra la Camera; piase una similitudine in questa forma. Era pinto un grandissimo mare, le onde orribili e forte trbate; in mezzo a questo mare stava una nave poco meno che sofocata, (4) senza timone, senza vela. In questa nave, la quale per pericolare stava, ci era una femmina vedova, vestita (5) di ero, cinta di cingolo di tristezza, sfessa la gonella da petto, scapigliati (6) li ca-

( i ) Far la coda segno plebeo di dispregio, batiendo una mano nel braccio; del quale nobilissimo modo di tendere pi espressive le aringhe si conserva t u t t o r a scrupolosamente I' uso dai nostri oratori da taverne e da trivii. ( a ) Secondario per secondariameute. (') Prete in gen. maschile usato da Dante Purg. 19. da M. Villani libr. 1 0 . cap. 5 7 . e d a l l ' Ariosto cant. i a . 1 1 . 10. ( 4 ) Sojfocata per oppressa. ( 5 ) Vestuta , e cosi altre volte.
( 6 ) Nel testo , scaigati e scigliati.

a5 pelli, come volesse piangere; stava inginnocchiata, incrociava le mani piegate al petto per pietade, in forma di.pregare (i) che suo pericolo non fosse; lo sopra scritto dicea: questa Roma. Attorno questa nave, da la parte di sotto nell' acqua, stavano quattro navi affondate, le loro vele cadute, rotti li arbori, perduti li timoni. In ciascuna stava una femmina affogata e mor ta. La prima avea nome Babilonia, la seconda Cartagine la terza Troia, la quarta Gerusalemme. Lo soprascritto diceva: queste cittadi per la ingiustizia pericolaro, e vennero meno. Una lettera esciva fuora fra queste morte femmine, e diceva cosi: (a) Sopra ogni signoria fosti in altura, Ora aspettiamo qua la tua rottura. . Dal lato manco stavano due (3) isole. In una isoletta stava una femmina che sedea vergognosa, e diceva la lettera: questa Italia; favellava questa e diceva cosi: Tollesti la balia ad ogni Terra, E sola me tenesti per Sorella. (4)
3

( i ) Cosi i l mss. estense citat. dal Muratori. gli altri leggono - ira forma di PERIUM che suo penc( a ) Cosinto, e cosi altre volte - Vedansi le osservazioni sulla pronunzia. ( 3 ) Doi, doe , duoi , e cosi altre volte. ( 4 ) Semplice assonanza invece della rima, di cui spesso si contentavano gli antichi poeti italiani. Vedasi Perticari - Apologa nella pioposta pag. a34>
lo non fosse.

a6 Neir altra isola stavario quattro femmine colle man a le gote e a li ginocchi, con atto di molta tristezza, e diceano cosk: D' ogni virtude fosti acompagnata, Ora per mare vai abbandonata. Queste erano quattro virtudi cardinali* cio: Temperanza, Giustizia, Prudenza, e Fortezza. Da la parte ritta stava una isoletta, e in questa isoletta stava una femmina inginocchiata; la mano distendeva al cielo come orasse; vestita era di bianco, nome avea Fede cristiana: lo suo verso dicea COS: .
9

O somtnd patre, duca e signor mio Se liorna pete, dove starb ioP ( i ) Ne lo lato ritto de la parte di sopra stavano quattro ordini di diversi animali co* le sue ale, (a) e tenevano corna a la boc( i ) Starojo e cos altre volte. ( a ) Non solo nelle edizioni di Bracciano, ma anche in quella del Muratori leggesi - co' le sciele o scielle. Quindi ognuno spieg questa voce per selle e per tali 1' ebbe i l t r a d u t t o r e latino nel Muratori scrivendo - quatuor diversorum animalium PIVM gerentium ordines viselantur. EPHIP~

lo son di opinione che di questa voce siasi guasto e confuso il senso, di due impastandone u n a sol a , e che abbiasi a leggere co' le scte ale, ovvero co' Sio sia, e nel plurale sii e sie per sui e sue, ed anche scii e scie per romanesca pronunzia^ son voci frequentissime in questa storia. Sio e sia per suo e sua usarono molt antichi, fra i quali spesso i l B. Jaco*
le scie 'le, vale a dir colle sue o colle loro ale.

ca, e soffiavano come fossino venti, l quali facessero terapestate al mare, e davano
pone da Tocti, e roscio per rosso, Asciesi per Assisi

scrissero comunemente e il Boccaccio ed altri contemporanei scrittori. * Sue ale per loro uso Dante (inferno x x n . ) Dio Compagni ( p a g . 6.) ed altri buoni scrittori di quel tempo. ** Facile si rende la confusione delle due parole a chi senza luce di crtica pretende dar senso a parole oseare ; ma il Luio dileguasi, ove per guida abbiasi questa, come dice il Monti, prima maestra d e ' d o t t i . E di grazia, a che la sella ed il basto ai leoni^, orsi, e dragonij ed ai lepri, alie volpi^ ai gatti, alie scimmie? quali idee associarvi^ quale smbolo applicarvi? Idea di soggezione e di schiavitii non mai, perch i potenti, i rei r e t t o r i , i supeibi nobili , e g l ' i n giusti giudici, che nelle figure di quelle bestie sono rappresentati, non soleano portare, ma imporre il basto della servit, n posso immaginarmi altro ragionevole scopo di tale p i t t u r a ; ma che vi hanno a fare le ale? vi hanno a fare moltissimo; la descrizione di si fatti mostri fantastici , librati n e l l ' a l t o delP aria in mezzo ad orribile mare, richiama 1' idea di a l e , e di grandi ale, per suscitar venti e procelle, e spingere la misera nave a naufragio, ed i n t a l modo la descrizione si rende immaginosa e sublime. Mi son riserbata per ultima u n a ragione, che detta sul bel principio mi potea liberare da l u n ga diceria. Non v ' h a dubbio che le belle immagini di questa p i t t u r a son state tolte da quel fantstico ingegno di Cola nelP Appocalisse. Di l i moltiformi mostri che conturbano la trra con hmense e rumorse a l e , il cui suono - sicut vox currum equorum multorum currentium in bellum - Di l
* Vedi osservazioni del Fiacchi al Deeamerone pag. ** Ctsarij bellesze di Dante - Infern. pag- 436. 174.

a8 aiutorio ( i ) a la nave, che pericolasse. A 10 primo ordine erano lioni, lupi, e orsi; la lettera diceva: questi son ti potentibaroni e rei rettori. A lo secondo ordine erano cani, porci, e caprioli; la lettera diceva: questi son li mali consiguen seguaci de li nobili, A lo terzo ordine stavano pecoroni, dragoni, e volpi; la lettera diceva: questi son li falsi officiali, giudici e notarii. A lo (a) quarto ordine stavano lepori, gatti, capre, e scimmie; la lettera diceva: questi son li popolari latroni micifyia11 adulteratori e spogliatori, Nella parte di
1' altra sublime immagme della maest di Dio^ che siede tremenda in mezzo al cielo, con due spade che
gli sorton di bocea - e de ore ejus gladius atraque parte acutus exibat - Di l la descrizione d e ' Sanr

t i , che stanno in orazione al cospetto del N u m e . Scoperta l a f o n t e ^ ove Cola h a a t t i n t o t a n t a copia d ' immaginij non resta dubbiezza alevina sulla le-? zione da me proposta. ( i ) Aiutorio dal l a t . adiutorium aiuto.. In que?sto senso di danno fu usato anche d a scrittori to-r scani di quel tempo. Vedasi Esopo volgarizzato per
uno da Siena: Ediz. di Brescia 1 8 1 8 pag. o r- o piefoso Iupiter, noi moriamo ; or ci esaudisci, e toc^ ci questo AIUTORIO di tanta pestilenzi.... e perci ci togli 1? AIUTO del tagliamento , e dacci quello della riposanza,

( 3 ) Nel testo si legge in questo solo luogo la prep. a , c h e per uniforniit statk agginnta anch in a n t e cedenza alie voci A lo primo ordine, A lo secando &c. e che forse era stata ommessa per errore da copisti, sebbene^ a parer mi, possa reggere i l senso anche senza.

sopra stava lo cielo, in mezzo la maiestade divina coin venisse al giudizio; due spade 1' escivano da la bocea di la e di qu; dall' uno lato stava santo Pietro, e dall' altro santo Pavolo ad orazione. Quando la gente vidde questa similitudine di tale figura, ogni persona si meravigliava.

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a

3o

OSSERVAZIONI STORICHE
' i g i ^ i a i .

Poi si lev' uno, il quale era scriba-senato, Tommaso Fftifioca avea nome, e feeeli la coda. '

Alio, scriba Fortifiocca costo assai caro questo , atto hirbesco, perch Gola in seguito il fece prendere , e mitriare q u a l falsario, condannandolo in nrolto danaro, siccome leggesi al capitolo dcimo qurto. Per questo tratto manifest che 1' autore del1' istoria non pu essere altrimenti u n Tommaso Fortifiocca scriba-senato, come erasi supposto; imperocch, per quanto semplice e sincero storico possa costui immaginarsi, non pu credersi che avesse parlato di s stesso in si fatta guisa, narrando cosa a lui tanto vituperevole senza aggiungere sitiab a a propria discolpa. E non tampoco presumibile c h ei fosse u n di lui p r e n t e , giacch la carita de' congiunti, e V onore di sua stirpe imponeano alio storico di tacere questo fatto, se la verit resa troppo manifesta gl' impediva di sostenere le sue difese. N anco probabile che fra^gli scribi del Senato vi fossero due eolio stesso nme e cognome, ed in caso affermativo u n a ragionevole prudenza avria suggerito alio scrittore di spiegarsi meglio sul cont di quel falsario mitriato, affinch non si potesse prendere equivoco pregiudicevole alia sua fama.
!

Si
C^PILOI^) III. Un altra ootta in san Giovanni Latemno ammonisce il poplo in voce coll' esempio dell' autorita gi dal Poplo romano dala a Vespasiano imperatore, e anche con figure misteriose.

Quando Cola di Rienzo scrjveva non usava penna di oca, ma sua penna era di fino ariento; dicea che tanta era la nobilitate di suo ufficio, che la penna dovea essere di ariento. Non molto tempo pass che ammonio '1 poplo per uno bello sermone vulgare, lo quale fece in santo Giovanni di Laterano. Direto del coro nel muro fece flecare ( i ) una grande e magnifica tavola di metallo con lettere antiche scritta, la quale nullo sapea leggere n 'nterpretare se non solo esso. (a) Intorno a questa tavola fece pignere figure, come lo senato romano concedea F autoritade a Vespasiano 'mperatore. La in mezzo della Chiesa fece fare uno parlatorio di tavole, fece fare gradi di legname assai alti per sedere, e fece poner ornamenti di tappeti e di celoni; (3) e congreg mol ti poten( i ) Cos i l testo Muratori , V ediz. di Brace. legge figurare. ( a ) Era un antico senato-consulto , col quale i l senato conferiva a Vespasiano i diyersi poteri d e ' r o mani imperatori; atto di servit, dice Sismondi, nel quale erano ancora consrvate le forme de' tempi liberi - Stor. delle rep. ital. cap. 37. { 3 ) Celone panno tessuto a vergato.

3a ti di Roma, ira li quali fu Stefano de la Colonna Gianni Golonna suo figlio, il quale era de li pi scaltriti e magnifici di Roma; ( i ) ci furo ancora molti uomini savii, giudici, decretalisti, e molta altra gente di autoritade. Sali in suo pergolo (a) Gola di Rienzo fra tanta buona gente, vestito era con una guarnaccia (3) e cappa alamanna, e capuccio a le gote di fino panno bianco; in capo avea uno cappelletto bianco, ne la rota, del cappelletto stavano corone di auro, fra le quali ne stava dinanti una, la quale era partita per mezzo. Da la parte di sopra del cappelletto scendeva una spada di ariento nuda, e la sua punta feriva in quella corona, e si la partiva per mezzo. (4 Audacemente sali:
( i ) Vedansi le osservazoni al cap. v n . ( 2 ) Pergolo palco o tavolato - Tav. rotond. Le

dame montano^in su i grandi pergoli giostra.

per vedere la

cile 1' interpretare questo fantstico e misterioso emblema, cbe il Rienzi colloc nella rota del suo bianco cappello, allorch presentossi a si fatto parlamento. Forse la nuda spada significava 1' audace potenza d e ' baroni e d e ' nobili , da cui era divisa ed infranta la romana grandezza, rappresentata nel1' urea corona ; oppure in quella corona cosi d i visa intendea denotare V assenza del Pontefice e
d e l ! ' Iraperatoxe^ che Roma avea perduti per la

( 4 ) Una spada ignuda di argento, che feriva e divideva per mezzo una corona d' oro. Non si fa-

( 3 ) Guarnaccia veste lunga a guisa di toga.

33 fatto silenzio, fece suo bello sermone e bella diceria, e disse: che Roma giaca abhattuta in trra, e non potea vedere dove giacesse, che V erano cacciati gli occhi fuori del capo; gli occhi erano '1 Papa e lo mperatore, li quali avea Roma perduti per la iniquitate de li suoi cittadini. Poi disse : vdete quanta era la magnijkenza de lo senato , che V autoritade dava a lo 'mperiol Poi fece leggere una carta, ne la quale erano scritti li capitoli, con 1' autoritade che '1 poplo di Roma concedeva a Vespasiano 'mperatore. n prima, che Vespasiano potesse fare a suo beneplcito leggi e confederazioni con quale gente e poplo volesse; ancora potesse mancare ( i ) ed accrescere lo giardino di Roma, cio Italia; potesse dar contado pi e meno come volesse; ancora potesse inalzare uomini a stato di duca e di r e , e deponere e degradare; potesse ancora disfare cittadi e rifare; potesse guastare letti de' fiumi e trasmutareli altrove; ancora potesse imponere gravezze e deponere a lo beneplcito suo. Tutte queste cose consentio il po5

iniquit de' suoi cittadini; oppure finalmente nella nuda spada , che feriva e rompeva la corona d' orOj potea intendere di significare ciocch egli s o so meditava di eseguire, cio di ferire, romper, ed dbbattere la potenza d e ' baroni rafigurata in quel1' infranto diadema.
( i ) Mancare per iscemare, lat. imminuere.
'6

4 polo di Roma a Vespasiano in quella fermezza, che avea consentuto a Tiberio Cesare. Letta (i) questa carta e questi capitoli, disse: signori tanta era la maiestade del poplo di Roma, che a lo 'mperatore dava V autoritade; ora mo (2,) V averno perduta, Poi si distese pi innanti, e disse: Romani voi non avete pace le postre terre non i arao; per bona fede (3) che lo giubileo si approssima, voi non sete provveduti de V annona e de le vettovaglie, che se la gente che verr a Roma, al giubileo vi trova disforniti, le pietre ne porteranno di Roma per rabbia di fame le pietre a tanta moltitudine non basteranno. Poi concluse e disse: pregovi che la pace con voi aggiate* Po queste parole (4) disse:
3 3 3 3 3 5

aggiunto all' ora da pi forza ed equivale ad or

do, avverhio di tempo, e significa ora, adesso; qui

( 1 ) Lessa, e cosi alcune altre volte. (2 ) Mo, che alcuni vogliono sincope del latino mo-

Bocc. 208 - 96 - 16 alia buonaf avestine sei? e tav. rotonda , per ma buona fe davanti che sia nona io la credo ben sapere.

&-c. son modi di esclamare e giurare, lat. hercle.

ora. ( 3 ) Per bona fede , alia bona fe , alia vostra fe

fatti colle parole si comparano le idee; quindi parabola , paravola , paraula


}

( 4 ) Paraule, e cosi altre volte, ed anche paralle dalla voce provenzale pranlas, derivata da parbola , che in greco significa comparazione, ed in
e parola.

35 scelo (i) che mola gente mi tiene in bocea per questo che dico e faceto e questo perche? per la 'nvidiaj ma ringrazio Dio che tre cose consumano li medesimi maldicenti; la prima la lussuria, la seconda 'l fuoco, (Q) la terza la 'nvidia. Fatto lo sermone e disceso, da tutta la gente fu plenamente laudato.
3

( i ) Saccio dal verbo latino sqpio, da cui formasi saccente; viene usato anche dal Poliziano e da altri antichi. ' ( a ) Cqsi nella prima edizionedi Bracciano per alludere forse agl'incendii^ che in quel tempo recarono tanti danni in Roma, e quello fra gli altri terribilissimo , che gran parte consum della chiesa di s. Giovanni di Laterano , descritto dal Petrarca ( carm. ad Clem. v i ) , oppure per indicare metafricamente il uoco della discordia. Nella edizione del Muratori leggesi giuoco (juoco); ho creduto di seguir ia prima lezione , come quella che esprime una pubblica calamita , e 1' orrore delle cittadine divisioni; impeocch molti degl' incendii erano 1' opera di privad rancori, siccome lo manifesta il Rieuzi nella epstola ai Viteibesi: pativano
}

(i romani) da ogni parte tradimenti, inimista di guerre, omicidii , rubamenti di gente e di bestiame
FUOCHI

tiche del Doni - pag. 27.

DENTRO

E DI FORA

DELLA

CITTA'-PxOSC

an-

36

OAPITOLO

IV.

Li baroni di Roma si prendono gioco di Cola. Egli con una pittura a sant' Angiolo in pescheria e in altri modi predice la sua esltzione e fa radunanza per la riforma dello stato.
}

In questi giorni usava a li mangiari ( i ) co' li signori di Roma, con Gianni Colonna; e li baroni di Roma prende vano festa de lo suo favellare. Facevanolo salire in piedi, e lo facevano sermonare. Esso ne lo suo sermone diceva: io saro grande signore o 'mperatore ; tutti questi baroni perseguiterb, quello appender quello decollarb; tutti li giudicava; di ci li baroni crepavano da le risa. Poli quante cose nanti disse de la salita sua, de lo stato de la cittate, e de lo generoso reggimento! Per questo modo fece pignere nel muro di santo Agnolo (a) pescivendolo, (3) il quale loco famoso a tutto '1 mondo, 'na figura cos fatta: nel cantone de la parte manca stava uno fuoco molto ardente, lo fumo e la fiamma del quale si stendevano fin al cielo; in questo fuoco stavano molti popolari e regi, de li quali alcuni parevano mezzo vi vi, alcuni morti. Ancora ci stava in quella medesima fiamma una femmina
3

( i ) Mangiare e mangiari sost: per desinare, pranzo - ad un mangiare fece tagliar la corda ad un ceteratore. Cento novelle a n t i c h e , edizione milanese - 1 8 2 5 - pag. 2 8 . ( 2 ) Agnilo e cos altre volte. ( 3 ) cio in pescheria.

molto veterana, ( i ) e per la grande caliditate le due part di questa veglia erano annerite, e la terza parte era rimasa illesa. Da la parte ritta nelF altro cantone era una chiesa, da la quale esciva un agnolo armato, vestito di bianco, la sua cappa era di scarlatto rosso vermiglio, in mano portava una spada n u d a , e con la mano manca prendeva quella donna veglia per mano, perch la volea liberare da penclo. NelF altezza del campanile stavano santo Pietro e santo Paolo, come venissero da cielo, e dicevano cosi: agnolo agnolo, soccorri alV albergatrice nostra. Stava ancora pinto come da cielo cadeano molti falconi, e cadevano morti in mezzo di quella ardentissima fiamma. Ancora era nelF altezza del cielo una bella palomba bianca, la quale tenea nel suo pizzo ( a ) una corona di mortella, e donavala a uno mnimo 'ccelletto come passaro, e poi cacciava quelli falconi da cielo. Quello piccolo 'ccelletto portava quella corona, e ponevala in capo a quella veglia donna. Di sotto a queste figure stava scritto cosi: vie( i ) Veterana - vecchia, antica - aggettivo. Vedi Perticari - Apolog. pag. 368, nota z. ( a ) Pizzo per becco o rostro, parola che non in uso, ma di cui si h a traccia nel verbo pizzicare, che vale ferire, pungere, o battere col becco, lat. rostro Jerire e vuol dir lo stesso che beccare.
}

38 ne ( i ) il tempo della grande giustizia e tu aspetta al tempo. La gente che confluea in santo Agnolo risguardava quelle figure;, molti dicevano ch' era vanitade, e ridevano; alcuni dicevano: con altro si vorr (a) rettificare lo stato di Roma che con figure; chi diceva: grande cosa questa, e grande significazione ha. Anco disse nanti (3) la salita sua per questa via. Scrisse una cedola, e ficcolla ne la porta di santo Giorgio de la chiavica; (4) la cedola diceva cosi: in breve tempo li romani torneranna al loro antico buono stato. Questa scritta fu posta la prima die di quaresima ne la porta di santo Giorgio de la chiavica. Po ' (5) questo, adunati molti romani popolari discreti (6) e buoni uomini, anco fra essi furo cavalerotti e di buono legnaggio,
s 5

( 1 ) Leggesi nel testo veo, cio ce'apcope di vene, per viene co\\' aggiunta in fine dell' o, per una paragoge di quelle indcate nelle osservazioni sulla pronunzia. ( a ) Nel testo scritto volzer, idiotismo di cui parla il Perticari - Apologa , pag. 339. ( 3 ) Nanti per prima.( 4 ) Santo Giorgio presso la cloaca massima, ora san Giorgio in velabro. ( 5 ) Po' e poi, talora in senso di avverbio , e talora di preposizione per dopo dal post de' latini , e qui sta appunto in tale signifcate Cosi il Boccaccio nella amorosa visione - Azzolin PO' COSTORO a gir si affrettava; e Gio. Villani - E POI
A POCHI GIOBNI

( 6 ) Discreti per saggi - Vedi la Proposta del Monti - tom. 3, parte a, pag. c u x .

quelli furono sconfitti dal cont.

molti discreti e ricchi mercanti, ebbe con essi consiglio, e ragion de lo stato de la cittade. *A la fine adun questa gente buona e matura nel monte di Aventino e 'n uno loco secreto. La fu deliberato d* intendere a lo buono stato; fra li quali esso fu levato in piedi, e recit ( i ) piangendo la miseria, la servitute, e lo pericolo, nel quale giaceva la cittate di Roma; ancora recit lo stato pacifico signorile, '1 quale li romani solevano avere, recit la fedele 6ubbiezione de le terre circostanti perdute. Queste cose dicea esso piangendo, e piangere facea cordogliosamente la gente. Poi conchiuse, e disse: che si conveniva servare pace giustizia, e comin-i ciando a consolareli disse: de la moneta non dubitate, che la camera di Roma ha mol te rendite inestimabili. In primo, per lo focatico pagano per fumante (a) quatfro soldi, comenzando dal ponte di Ceperano fino al ponte de la Paglia; montano cento mila fiorini; e pi di sale cento mila fiorini; anco li porti di Roma e le rocche di Roma cento mila fiorini ( 3) li
3

tadini la gabella de' fumanti.

( i ) B.ecitare per narrare. ( a ) Fumante per fuoco in significazione di famiglia - M. Villani lib. 2. c. 46 " distribuirono i cit( 3 ) Sismondi (cap. 38.) opina che vi si nel cont delle rendite di Roma, esposto dallo storico, qualche oosa di esagerato , osservando che quello

4o quali hanno mandati a messere lo Papa, e ci sa'l mearlo suo. Poi disse: signori^ non crediate che questo non sia di licenza e volontade del Papa che molti cittadini fanno violenza ne' li heni de le chiese. ( i ) Per queste parole accese li animi de li congregati. Anco molte cose .recit, donde piangeano; poi deliber di volere 'ntendere al buono stato, e di ci dio sacramento ne le lettere. (a )
s

non potea ascender a trecento mila fiorini, oltre la capitazione la gabella del s a l e , e quella delle porte (cosi egli legge invece di porti); ma lo scrittore romano ha detto che le ntrate di Roma, p r e se t u t t e insieme, sommavano i trecento mila fiorini , valutando il focatico cento mila , a l t r e t t a n t o il sale , ed altri cento mila le gabelle sui porti e sulle rocche (non le sol p o r t e ) nel quale p r o spetto delle romane finanze nulla avvi d' improbabile ed esagerato, narrando Giovanni Villani ( l i b . i e , cap. ix,) che le imposte del comune di Fivenze importarono fino a q u a t t r o cento cinquanta mila fiorini d' oro. (. i ) Anche Gio. Villani conviene che la Chiesa diede in principio favore ai Tribuno c o l P i n t e n d i mento forse di abbattere col mezzo di questo ardimentoso uomo la grande potenza de'barn i. In fatti dalla lettera di Clemente vi (apud Rainald. 1.S47, N . 1 4 . ) si fa manifest che il Pontefice approv la elezione di Cola al reggimento di Roma u n i t a mente a Raimondo di Orvieto suo vicario. In seguito le stravaganze di questo orgoglioso eccitarono lo sdegno del Papa ed il dispregio d e ' buoni. ( a ) Lettere per scrittnre , e per antonomasia il s. Vangelo.
s

4v
CAPITOLO V . Descrlzione dello stato di Roma in que' tempi. Cola si scopre capo della riforma dello stato di Roma; vassene armato in Campidoglio, e ragiona al poplo.

Fatto questo, ( i ) la cittate di Roma stava in grandissima travaglia. ( a ) Rettori non avea; ogni die si combattea; da ogni parte si derubava. Dove era loco di vergini si vitupera vano; (3) non c' era riparo; le piccole zittelle si fiaccavano, (4) o menavansi a disonore; la moglie era tolt al
( i ) Questo capitolo stato dal cont Perticari inserito nella sua Apologa, col testo tolto dalla edizione di Bracciano I 6 3 I , e colla riduzione d e l medesimo a l l ' a t t u a l e itlica pronuncia. Vedi Apologia nella Proposta &c. pag. 366. ( a ) Travaglia invece di travaglio us D a n t e (inf. ( 3 ) Cio esse vergini. Da un brano di questo capitolo il sig. Niccol Tomaso in u n suo libretto (Perticari confutato da D a n t e - M i l a n o i 8 a 5 - p a g . 54,) ha creduto di dar u n saggio d e ' modi i m p o prii di dir della presente istoria. Oltrecch non so scorgere questi improprii modi e questa irregolarit di s i n t a s s i , io dico ancora che da q u a t t r o linee non pu giudicarsi di u n opera. ( 4 ) N e l testo si legge - le piccole zitelle si ficnon siasi da esitare sulla correzione di questa p a rola; fiaccare equivale al frangere, cavano , e menavansi a disonore. A me sembra che al prosternere d e ' 7 ) - ahi giustizia di Dio tante chi stipa - nuove TRAVAGLIE e pene &c.

l a t i n i , ed termine attissimo ad esprimere 1' i inmaturo stupro di piccole fanciulle inflante ed i n fiacchite da violenti congiungimenti.

marito nel proprio letto: li lavoratori, quando ivano fora a lavorare, erano derubati, dove? fin su la porta di Roma. ( i ) Li pelegrini, i quali vengon per mrito de le loro anime a le sante chiese, non erano difesi, ma erano seannati e derubati; li preti stavano per mal fare: ogni lascivia ogni male, nulla giustizia, nullo freno: non c era pi rimedio, ogni persona periva. (a) Quello pi avea ragione, lo quale pi potea co la spada. Non c' era altra salvezza se non che ciascheduno si difendeva con parenti e con amici; ogni die si face va a dunanza di armati. Li nobili e baroni in Roma non stavano; messere Stefano Colonna era ito con la milizia a Corneto per grano: era a la fine de lo mese di apri? 9 5

legrini, i quali &c. ho creduto meglio seguir la l e zione del Muratori. ( 2 ) T u t t i gli storici contemporanei convengono jn questa tristissima narrazione dello stato deplorabile di Roma in q u e ' miseri tempi. Anche P e trarca nella epstola in versi al Pontefice Clemente vi descrive con dolenti parole le crudeli discordie, g P incendii, le rovine de'temjjii, e la terribile d e solazione , in cu i era ridotta 1' antica dominatrice drl mondo. Petrarca opere ediz. d i Basilea , tom. 3, pag. go.

ticari leggesi - dove fin su la porta di Roma li pel-

( 1 ) Nella edizione braceianese seguita dal Per-

43 le. ( i ) AUora Gola di Puenzo ( a ) mand ' bando a suono di tromba, che ciaschun orn senz arme venesse ( 3 ) a lo buono stato al suono de la campana; lo seguente die, l da mezza notte, odio trenta messe de lo Spirito santo (4) ne la chiesa di santo
5

( i ) Ci riferisce al tempo , in cui si assent Stefano Colonna da Roma; le cose in seguito nrrate seguirono nel mese di maggio, come si dir in appresso. ( a ) Aggiungi colla fede di molti codici a la prima die , la quale espressione h a fatto credere che il memorabil fatto seguisse il primo di del mese di maggio; io son di opinione che le parole prima die abbiansi a inteudere al modo latino, cio di primo
giomo , di prima mattina, di buon' ora nella stessa

guisa che multo die, magno die significa giomo avvauzato. ( 3 ) Venesse usato anche da Dante - Questo parea che inanzi me venesse. (Inf. i . ) Nota del Perticari. ( 4 ) Era il giomo di Pentecoste, venti di maggio dell'anno 1 3 4 7 , - Vil-lani G. l i b . 12., cap. 9 0 - f i storia Corthusiorum lib. 9, cap. 1 a , - C r o n a c a senese nel Muratori tom. x v , ed altri. Colla scoita di questi conteinporanei autori si corretta piii sotto la data dell' anuo j 3 4 6 , che c c i to errore de'copisti, per 1' omrnissione lorse di u n segno ai nnmeri imperiali , dovendo senza dubbio leggersi V anno JM eco X L V I I . L ' esposta circostanza che in quella notte fossero celbrate le messe debi Spirito santo combina mirubilmente cogli altri storiei, e mostra che la sommossa del Rienzi avvenisse nel giorno di Pentecoste (e non nel di delr Ascensiiie , come scrive Sismondi ); altrondc la oostra storia si corregge da s stessa al cap. 3 7 , in cui inrlicato il i 3 4 ? colla narrazione di fatti se-

44 Agnolo pescivendolo. ( i ) Poi su P ora di mezza terza escio fora de la predetta chiesa armato di tutte arme, ma solo il capo era discoperto. Escio fora bene e palese, moltitudine di garzoni lo seguitavano tutti gridanti; dinanti di se facevasi portare da tre buoni uomini de la coniurazione tre confaloni: lo primo confalone fu grandissimo, rosso con lettere d' auro, nel quale stava pinta Roma, e sedea sopra due lioni, e n mano tenea il mondo e la palma: questo era lo confalone de la libertade, Cola Guallato il buono dicitore ( a ) lo porta va: il secondo era bianco, nel quale stava santo Pavolo co' la spada in mano e co' la corona de la giustizia; questo portava Stefanello Magnacuccia notaro: nel terzo stava santo Pietro co' le chiavi de la
5

se posto mente quel gi ricordato P . .Gabrini avrebbe fatto un utile risparmio di u n intero capitulo del suo libro , nel quale intende provare la falsit di questa cronaca sopra un si frivolo fondamento, facendo grande sfoggio di erudizione in un p u n t o , che si risolve coll' almanacco perpetuo alia mano. ( i ) Non so dove Sismondi ( cap. 38 ) abbia tratto , che ci seguisse nella chiesa di s. Giovanni della Piscina. Compagni pag. I 3 J edis. di Pisa.
( 2 ) Dicitore per oratore ed eloquente cosi Dio

settimo mese discendo da mi dominio. Se a ci aves-

guiti nello stesso armo , cos pur al cap. 38 , i n cui si registra che in Decembre i34? erano comp i u t i sette mesi del reggimento di Cola - ora nel

45 concordia e de la pace: anco portava un altro 1 confalone, lo quale fu di santo Giorgio ( i ) cavaliere, ( a ) e perch era veterano (3) fu portato in una cassetta sopra di un' asta. Ora prende audacia Gola di Rienzo, hench non senza paura, e vanne una (4) con lo vicario del Papa e sale il palazzo di Campidoglio^ anno Domini M c c c x L v i i . Avea in suo sussidio forza di cento uomini armati. Adunata grandissima moltitudine di gente, sali in parlatorio, (5) e si parl, e fece una hellissima dice5

( 1 ) Santo Giorgio. Qui il ch. Perticari^ sebbene in cosa di poco momento, ha preso errore, interpretando santo Liborio. Iuorio colF u vocale, e non Ivorio, sta scritto in ogni edizione, e quindi per l e regle esposte nelle osservazioni sulla pronunzia dee leggersi Giuorgio. Nessun martirologio, nessuna l i turgia ci offre un santo Liborio cavaliere di m i lizia; bens un san Giorgio^ la di cui chiesa in Roma presso la cloaca massima, ora detta di s. Giorgio in velabio, tuttora sussiste, ed quella stessa che viene indicata al capitlo iB. ( 2 ) Ediz. di Bracciano cavalieri, idiotismo anche de' Pisani - Nota del Perticari. ( 3 ) Veterano, qui vale lacero per vecchiezza. Questo vocabolo ora non pi ggettivo, ma sostantivo, e vale soldaio che ha lungo servigio d' arme. I rico di Cola. Veterani boves et veteranum pecus-

latini adoperavano questa voce al modo dello stoVar-

ron. de re rust. libr. i , c a p . a o ^ - e C o l u m . l i b . 6, cap. 2. Nota del Perticari. ( 4 ) Una insieme, dal l a t i n o . Nota del medesimo. ( 5 ) Parlatorio, luogo di pubblici parlamenti, che i fiorentini chiamano a n c h e parlagio. Nota del Perticari.

, 4 ria de la miseria e de la servitude del pomplo di Roma. Poi disse: che esso per amore del Papa , e per salvezza del poplo di Roma esponeva sua persona in ogni perico o.
6

CAPITOLO

vi.

Cola pubblica in Campidoglio le leggi, che vuole si osservino pe buon governo di Roma , onde viene dal poplo acclamato signore con assol.uto imperio, e resta in Campidoglio col vicario del Papa.

Fece Cola di Rienzo leggere una cart a , ne la quale erario li ordinamenti del buono stato: Cont iglio di Ceceo Mancillo la lesse: brevemente questi furo alquanti suoi capitoli. Lo primo, che ciasche persona uccideva, esso sia ucciso nulla eccettuazione fatta.' Lo secondo, che li piati non si prolunghino, ma siano spediti fin a li quindici di. Lo terzn che nulla casa di Roma sia data per trra per aicuna cagione, ma vada in comune. ( i )
( i ) II traduttore l a t i n o nel Muratori spiega - Nul-

la domus Romae, quacumque ex causa, ad solum disiiciatur; sed comuni adiudicetur. II francese i n t e r preta - Que nulle maison de Rome ne saroit donnee en propre, pour quelque raison que cept tre: mais

Lo quarto, che in ciasche rone di Roma siano tenuti cento pedoni, e venticinque cavalieri per comn sold, dando ad essi uno pavese ( i ) del valore di cinque carlini di ariento, e convenevole stipendio. Lo quinto, che de la camera di Roma de lo comune le orfane e le vedove aggia110 aiutorio. Lo sesto, che ne li paludi ( a ) e stagni romani e nelle piaggie romane di mare sia manten uto continuamente un legno per guardia de li mercanti.
que les revenus en appartiendroient au public. L ' e-

purg. 5. - corsi al palude.

spositore francese ha preso grave shaglio. Son noti gli statuti penali di q u e ' tempi, i quali ordinavano ] ' atterramento delle case per molti d e l i t t i . Quindi Cola volendo provvedere alia conservazione delle case di Roma prescrive che le case d e ' d e l i n quenti, invece di essere date a trra, siano aggiudicate al comune. Le passate civili discordie aveano quasi disertata Roma ; imperocch i vincitori giovandosi de' municipali s t a t u t i , dettati dalla barbarie e dalla ignoranza , e col dicbiarare ribelli e fuorusciti i vinti , correvano tost ad atterrare le loro case; cosi nel 1827 le abitazioni del Cancelliere di Roma erano state disfatte colla bella torre a pi del Campidoglio , e nel 1829 erano stati a b b a t t u t i tntti i palagi de'seguaci del Bavaro, e cosi accadea in ogni incontro di civili fazioni. G. Villani lil>. 1 0 , cap. 66. (1 ) Pavese specie di scudo da imbracciarsi a d i fesa, quindi pavesi e pavesari erano detti i soldati armati ,di pavese. ( 2 ) Palude in gen. maschile disse anche Dante

48 Settinio, che li denari, li quali vengon da lo focatico, e da lo sale, e da li porti, e da li passaggi, e condannazioni, se fora necessario si dispensino al huono stato. Ottavo, che le rocche romane, li pontij, le porte e le fortezze non deggiano essere gurdate per aicuno harone, se non per lo rettore del poplo. Nono, che nullo nohile possa avere alcuna fortezza. Dcimo, che li haroni deggiano tenere le strade secure, e non recepere li latroni e li malefattori, e che deggiano fare la grascia, soppena ( i ) di mille marche di ariento. Undcimo, che da la pecunia del Comune si faccia aiutorio a li monasterii..
{ i ) Soppena per sottopena sub poena nella stessa guisa che dicesi: soscritto , sommesso, soppanno, per sottoscritto , sottomesso , sottopanno ec.

49
CAPITULO V I I . Stefano della Colorna torna a Roma, sdegnato per queste cose contro Cola, e lo minaccia. Viene percid precettato a partir di Roma , come anche tutti li baroni fecero. E Cola sifa dal poplo confirmare, ottenendo di essere egli, e il vicario del Papa chiamati tribuni e liberatori del poplo.

Fatte che furo queste cose in Roma, pervennero a le 'rrecchie di messere Stefano de la Golonna, lo quale stava a Corneto con la milizia per grano con poca compagnia. Senza dimoranza ne cavalc, e venne a Roma; giunto ne la piazza di santo Marcello, disse: che queste cose non li piaceano. La seguente die, la mattina per tempo, Cola di Rienzo mand a messere Stefano lo editto e comandamento, che si partisse da Roma. Messere Stefano la cedola pigli, e la scili, ( i ) e fecene mille pezzi, e disse: se questo pazzo mi fa poco d' ira, io lo faro gettare da le fenestre di Campidoglio. Quando Gola di Rienzo questo intese, espeditamente fece sonare la
( i ) Sciliare: sembra usato per scindere in senso di sciogliere o dividere. Disciliato uso il B . Jacopone - Tom. 3. 1 2 . 2 2 . - meglio avrian fatto che 'l cor mi avesser tratto, che nella croce tratto, starci DISCILIATO,ciob discinto, diviso dalle vesti, vale a dir denudato.

5ocampana a stormo: ( i ) tutto '1 poplo traeva (a) con furore, grande si apparecchiava pericolo. Allora messere Stefano cavalc in suo cavallo soio con un fante da piede, (3) ne fuggio fuora di Roma, e a grande pena si fisse poco in santo Lorenzo fuora le mura (4) per poco di pane manicare. Vanne a Palestrina lo veterano, denanti al iglio e a lo ipte lamenta nza fa. Allora mand Gola di Rienzo comandamento a tutti li baroni di Roma che si partissino, e gissono a le loro castellana quale cosa sbitamente fu fatta. Lo seguente die li furo renduti tutti li ponti che stanno nel circuito de la cittade: allora Cola di Rienzo fece suoi. uciali; e mo prende uno, e mo prende un altro, questo appende, a questo mozza '1 capo senza misericordia, tutti li rei giudica crudelemente. E poi parl al poplo, e 'n quello parlamento si fece confermare, e fece fermare tutti suoi fatti, e dimand di grazia dal poplo, che esso e lo vicario del papa fussino chiamati tribuni del poplo e liberatori.
( i ) Stormo: moltitudine di uomini armati per combattere; quindi suonare a stormo equivale a suonare campana a l l ' armi. M. Vi 11. libr. a. cap. 1 0 Suonarono la campana del comune a stormo. (3.) Fante a piedeo da piede vale pedone.

( a ) Trarre in sign. neutro incaminarsi andar ec. ( 4 ) Anche Petrarca us la prep. fuora olP a c -

cusativo - Canz. 3 i . 6. - Fuor tutti i nostri lidi ec.

5j
OSSERVAZIONI STORICHE
Pervennero a le 'rrecchie di messere Stefano de la Colonna &c.

necessario per la intelligenza di questa storia di conoscere t u t t i i personaggi della illustre famiglia Colonna, che si grande parte ehbe negli avvenimenti di quel tempo, ed a cui recd il T r i b u no tanto esterminio. Trascrivo adunque quella parte di genealoga, che il mi scopo richiede.
Giovanni

Stefano

sniore

Agabito

Pietro gi Prevosto di Marsiglia morto nella guerra c e n tro Gola. Pietro


i

Giovanni morto nella guerra contro Gola,

Stefano iuniore morto nella guerra contro Gola.

Giovanni cardinale mecnate del Petrarca.

Giordano che fu V H S C O v o di L u n i dopo Agabito.

-1

Giovanni morto nella guerra contro Gola.

Stefanello nico superstite di questo ramo della casa Golonnese. i figli di Stefano Agabito Vescovo di L u n i . seniore Emilio

Seguono Jacopo Vescovo di Lombez amico del Petrarca.

i . Stefan seniore, che Petrarca nomina la fenice risorta dalle cerieri degli antichi romani, (i) fu uomo di alto animo, guerriero valoroso, e di belle virt ornato. Le due potenti case Colonna ed Orsini disputavansi in quel tempo la signoria di Roma, e le altre secondarie famiglie si dividevano il favore or dell' u n a or dell' altra. Accadde che i cardinali Jacopo e Pietro Colonna, opponendosi alia elezione di Bonifacio o t t a v o , si esposero alia grande ira di quel pontefice, che intese a distruggre una famiglia, la cui potenza eragli sommamente sospett a ; quindi Stefauo fu in principal modo colpito dalla persecuzione del papa, che bandl crociata contro casa la Colonna, e la ridusse agli estremi. F u g gi Stefano lo sdegno di Bonifacio, errando oltr' a l pe di trra in trra, finch fu accolto da Filippo il bello re di Francia, cui prest considerevoli servigi. Narrasi che u n giorno, caduto a caso nelle man di satelliti che ricercavano di l u i , e richiesto di suo nome, vergognando nascondersi, rispse arditamente: io son Stefano Colonna cittadino roma-

5a

no : le quali alte p a r o l e , pronuncate con maest e fermezza, ottennero che fosse rimandato libero. Cacciato altra volta da Palestrina e da ogni suo castello, e ridotto ad estrerao periglio, quale fortezzati rimane, o Stefano? gli dice uno d e ' s u o i ; ed i l

magnnimo^ sorridendo, rispse: eccola, e pose la mano sul cuore. (a) Benedetto x i , che successe a Bonifacio^ revoc la sentenza contro i Colonnesi, e Clemente v restitu ai cardinali le dignit, ed a t u t t a la famiglia i

i ) Setiili i . i o . epist. a . a ) Petrarca ediz. di Basilea fol. 33.

53
confiscati beni. Torn Stefano in Roma piii potente di prima; e, rinnovate cogli Orsini le discordie, ebbe sugli emuli completa vittoria. Sostenne da prode contro il re Roberto di Napoli le parti d i Enrico v n , e il fece coronare in Roma 1' anno i 3 i a . Dichiaratosi contro Lodovico il Bavaro^ fu scacciato da Roma, ove rientr poco dopo, alloraquando declinarono le sorti di questo imperatore. La maledetta peste delle cittadine fazioni surse di nuovo, e pe coraggio di Stefano iuniore suo figlio ottenne nell anno i333 sugli Orsini antichi suoi netnici altra vittoria , che il Petrarca celebr n e ' suoi versi. ( i ) M a , dopo si lungo corso di fausti avvenimentij a render squallidi e d' inconsolabile tristezza ricolmi gli ultimi giorni della vita di questo generoso vecchio, piacque ai destini di trarre dalla oscurit del volgo 1' ardito tavernaio^ che inteso ad abbassare la potenza e 1' orgoglio d e ' p a t r i z i , condusse
5

la superba e marmrea Colorna a q u e l l a i n a s p e t t a -

ta ed irreparabile ruina^ che in questa istoria viene descritta. Racconta il Petrarca, c h e , al funestissimo a n n u n zio della morte del primognito suo e del ipte, non sparse lacrima, non disse parola lamentevole, non accento di dolore, ma fissi gli occhi a trra:
sia fatta esclam, o Dio, la tua volont: meglio morir che sostenere il giogo di villano tiranno. ( a )

( i ) Sonetto 8 i . Vinse Anniballe, e non seppeusar poi &-c. ( a ) Libr. ro. delle senili epist. 4- - Si legga la consolatoria dello stesso Petrarca al cardinale Giovanni Colonna fra le famigliari libr. 7 . epist. i 3 . , e l * altra a Stefano il vecchio pur fra le fam. libr. 8 . ep. 1. Heu, miserande senex &-c.

Sopravisse ai sette suoi figli, siccorne, ragionando un giomo col Petrarca, avea egli stesso vaticinato; ( i ) e mor oltre 1' ottantesimo a u n o , dopo aver veduto oppresso il distrnggitore di sua famiglia. (2) 2. Agabito fratello di Stefano, sebbene avesse in moglie una prente di papa Bonifacio, pur non ando esente dalla genrale proscrizione fnlminata dal pontefice contro t u t t i i Colonnesi. Sperando che il papa avrebbe verso lui ciualche riguardo, e p u n t o dall' amore per la sua donna, che era femmina bellissima, non pot determinarsi ad abbandonare i contorni di Roma, ove andavasi agirando; ed in occasione del giubileo d e l l ' a n n o i 3 o o , vestito da pellegrino, os entrare in Roma, accolto dalla moglie che lasci incinta. Lo seppe il pontefi-

54

( t ) Nella stessa epstola prima del lib. 8. delle famigliari. ( a ) Se pu credersi a quanto narra lo stesso Cola di Riendo nella Iettera diretta al cardinale Guido di Boulogne in teinpo della sua prigionia in Praga, il veccliio Stefano avea a lui generosamente perdonato 1' uccisione de' snoi testor, reverencie Pater, Altissimum; quod, si qua pro populi defensione sum passus et patior,pati antea eredidissem in manibus quondam domini Stephani de Columna, qui conseientia reformatus in vita , causam populi per me iuste defensam contestatus in pubblico , et filiorum furias reprobans mortuorum, per pacis osculum socero meo patenter exhibitum, omnem meam familiam , meque si afforem securavit. (Petrarc. ed. Basil. pag. n a S . ) Da questa Iettera si deduce, che quando Cola fu prigioniero in Praga, Stefano il vecchio era morto; e non regge quanto scrive il Baldelli (Pag. 378.) che muovesse egli stesso a rumore il poplo di Roma contro il Tribuno , allorch vi rientr la seconda v o l t a , e eolia di lui morte vendicasse il sangue de' suoi. Pi manifestamente ancora desumesi, che quel vecchio incomparabile pi non vivea in quel tempo, da una Iettera del Petrarca scritta a Lelio nell* incominciar dell'anno i 3 5 3 . Fam.. libr. xv epist 8. mss. reg. riportata dal De-Sade Tom. 3 . pag- 3 o o , e dal Levati Tom. 1 8 . pag. 3 1 9 .

ce, e, chiamata al suo cospetto, procurava studiosamente celar colle vest la tumidezza del ventre. Scopriti, femmina impdica, grid sdegnato Bonifacio, chi ti fe grvida? Mabille, che cosi chiamavasi la gentil donna , sommessamente rispse: santo
Padre, tu mi togliesti lo sposo; fia la folla de' pellegrini, che il giubilo condusse a Roma, uno ne vidi che molto nelle forme a lui somigliava; che far potea? la mia giovinezza e la rimembranza del perduto sposo mi sedussero; lo accolsi la notte nel mi letto, e mi lascib nello stato in cui mi vedi. Questa

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risposta plac l ira del severo pontefice, che sorrise alio scherzevole racconto della giovinetta sposa. ( i ) Pietro gi prevosto di Marsiglia^ e Giovanni^ dei quali t r a t t a questa s t o r i a , e che rimasero ambidue uccisi nella guerra contro Cola , nacquero da questo matrimonio, ( a ) Stefano Colonna seniore ebbe sette figli , (3) e questi son: i . Stefano detto il giovane che fu e m u l o , come scrive il Petrarca^ (4) delle virt e del valore del Padre. In quelle atroci guerre civili cogli Orsini, retaggio d' infelicissimi tempi , riport nel i333 completa vittoria. II papa mand in Roma nel i335 un Bertrando di Deucio cardinale a placar 1' ir
1

( t ) Petrarc. Ediz. di Basilea fol. fai. ( a ) II Baldelli non fa menzione di Giovanni figlio di Agabito, che peri anch' esso nella predetta guerra, come me asicura Giovanni Villani libr. l a . cap. 10S. ( 3 ) Tibi septem fuerunt filii, unus R. Ecclesiae cardina- lis , alius vel cardinale major futurus, si ad legittimam pervenisset aetatem, tres episcopi, do bellorum duces. Petrarc. famil. libr. 8 . epist. i . (4) famil. libr. 8. epist. i .

di parte, ed ottenne u n a tregua, nella quale occasione Stefano iuniore fu eletto 9enatore per cinque a n n i , ed ebbe a compagno nel governo di Roma uno di casa O r s i n i ; pass qnalche tempo in Avignone alia corte del pontefice, poi, tornato in Rom a , fu miseramente ucciso nella guerra contro il T r i b u n o , nel modo che nella presente istoria viene descritto. Giovanni suo figlio, che Petrarca chiama
divino giovahe pieno delV antica e vera romana gran-

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dezza, ( i ) ebbe nella stessa guerra prematura mort e . Stefanello altro suo figlio nico superstite, che fu poi senatore di Roma, sostenne coraggiosa lotta col Tribuno dopo il suo ritorno, e vide vendicato colla morte di questo il sangue d e ' congiunti. 2 Giovanni Colonna , promosso da papa Giovanni XXII alia porpora, fu uomo magnnimo, eloquent e , e d' ingenui modi; i dotti ebbero in lui u n mecenate munificentissimo, (2) ed il Petrarca, come egli stesso confessa, (3) trov in esso non un padrone, ma un fratello ed u n mico. Quando Cola di Rienzo ando ambascia tore alia corte di Avignone , le invettive, che ~ os con franca eloquenza esporre al cospetto del pontefice contro i baroni di R o m a , i pi potenti d e ' quali erano i Golonnesi, mossero per un istante lo sdegno del cardinale, che presso Clemente vi assai valea, cosicch, caduto per 0pera sua in disgrazia del pontefice, fu condotto in

( 1 ) Famil. 1. 7. epist. 1 4 . ( a ) II Ciacconio scrive di questo cardinale che - jucunda apud posteros memoria oivet, nam nec virtute, nec morum vitaeque consuetudine vel litterarum eruditione nemo Purpuratorum sua aetate clarior fuit. ( 3 ) libr. 8 . famil. epist. 1 . - Senil, libr. i 5 . epist. 1 . ed al trove.

t a n t a infermit e miseria da esser quasi costretto ad implorare ricovero in u n o spedale; ma ben presto in q u e l generoso subentr la piet alio sdegrio, e quella mano che lo depresse, quella stessa, usando le parole del nostro storico, lo inalzo di nuovo, e pose nella grazia del principe colui che dovea essere u n giorno il flagello e F esterminatore di sua famiglia, e la causa di sua raorte. Parecchie epistole del Petrarca al porporato Colonnese dirette, e che si leggono f i a le sue famigliari, addimostrano i vicendevoli sentimenti di l o ro amicizia, e quale stima questo grande nomo professasse per P illustre poeta: questi antichi affetti parvero bensi andar mancando -nell' animo del cardinale, allorch Petrarca parteggio palesamente pl Tribuno^ e scrisse quella famosa lortatoria , di cui si dir in appresso; e conveniva per verit che Giovanni Colonna avesse rinunciato ad ogni pi sacro vincolo di famiglia per mantenersi amico al P e trarca in quella occasione. ( i ) Mori nel 29 Gingno i348., sette mesi dopo V eccidio d e ' suoi; ed da credersi con ragione^ che il dolore a lui arrecato dalla funesta catstrofe gli cagionasse, o almeno gli accelerasse la morte. 3. Giacomo Colonna uno d e ' pi teneri amici del Petrarca. F u egli che ebbe cuore di affiggere alia porta di san Marco in Roma la bolla, colla quale Giovanni x x u d a v a sentenza di scomunicazione contro Lodovico il Bavaro, nel tempo stesso che q u e -

( 1 ) Osserva giudiziosatnente il Baldelli che dall' gloga ottava del Petrarca intitolata Diuortium, scritta nell' auno 1^47 quando il poeta parti per 1' Italia, si desume manifestament he fra esio- ed il cardinale non era~vi buoria concordia.

sto imperatore intendeva a farsi coronare in Vaticano; rifuggiossi in Palestrina; q u i n d i , scampato in Avignone, ottenne in premio di suo ardimento il Vescovado di Lombez. Cess di vi ver nel I 3 4 I , compianto dal Petrarca, che avea da questo magnnimo prelato ricevute molte beneficenze. 4 Agabito archidicono di Soissons e di Lombez, poi vescovo di Luni mor nel i3445. Giordano archidicono di Angens, e cannico di Noyon, poi vescovo di Luni dopo la rnorte di Agabito. 6. Enrico, che si distinse nell' armi, 7. Pietro cannico lateranense.
Esso e lo vicario del Papa fussino chiamati tribuni ec.

58

Ramondo Orvietano gi cannico di Amiens, poi vescovo di Rieti, e quindi di Orvieto sua patria, era jn quel tempo vicario del papa in Roma, gran canonista, e uomo di ottima fede; non fu molto destro nel sostenere i diritti del pontefice, e 1' avveniment o , di cui si t r a t t a , ne somministra una prova; mol nel i348. Ughelli I t a l . Sacra w De-Sade Toro. a. pag. 8 2 4 .

5o,
GAPITOLO VIII. I baroni vogliono far congiura contro Cola, e non sono a" accordo. Vengono pero da lui cuati a giu}

rare pe buon governo di Roma che i giudici e notarii.

come fecero

an-

llora i signori volsero ( i ) fare una congiura contro '1 Tribuno e lo buono stato, ma non furo in concordia; la cosa non venne fatta. Quando Gola di Rienzo 'ntese che la congiura de li baroni non venne ad effetto per la discordia loro, li cit e mandolli F editto. Lo primo, che venne al comandamento, fu Stefanello de la Colonna, figlio di messere Stefano; entr nel palazzo con pochi, vide che la ragione si rendea ad ogni gente; molto era il poplo che in Campidoglio stava, temeo, e forte si meravigliava di si folta moltitudine. Lo Tribuno F escio dinanti armato, e si lo fece giurare sopra '1 corpo di Cristo e sopra '1 vangelio di non venire contro al Tribu-/ no e a li romani, e di fare la grasci, e tenere le strade secure, e non ricettare Jatroni n le persone di mala condizione, anco di favorare a le orfane e a li pupill i , e non fraudare '1 bene del Comune, e comparere armato e senz arme ad ogni sua
5

( i ) Volse e- volsero per volle e vollero, usato anche da altri antichi scrittori. Poliziano n e l l ' O r f e o : Per sdegno amar mai pik donna non VOLSE.

6o petizione. Data licenzia a Stefanello, venne messere Rinaldo de li Orsini, poi Gianni Colonna, poi Giordano, poi messere Stefano; non giamo pi allungando: ( i ) tutti li baroni li giuraro obbedienza con paura, e a lo buono stato offersero le loro proprie persone, e le castella, e li vassalli in sussidio de la cittade. Francesco Savello fu suo speciale signore, nientedimeno venne a giurare subbiezione. Intanto si servava con crudelitade: nulla misericordia, in tal modo che decapit uno moaco ( a ) di santo Anastasio, persona infamata. Le vestimenta prime del Tribuno furo di una infiammata core fosse scarlatto: sua faccia era terribile e '1 suo aspetto. A tanta gente dava risposta, che appena averia omo creso (3) che avesse capo. Po alquanti di vennero li giudici de la cittade, e giuraro fidelitade, e offersero al buono stato; poi vennero li notarii e fecero lo medesimo; poi li mercatanti; brevemente : ( 4) per ordine ne lo stato di riposato animo senz' arme ciascheduno giur al buono stato comune: allora queste cose cominciaro a piacere, e le arme cominciaro a cessare.
5

(2) L ' esecuzione di questo moaco viene narrata anche dal Bzovio an. i 3 4 7 N . i 3 . pag. 1006. ( 3 ) Creso per creduto usarono gli antichi - Bocf cae. vis. aa. - Dante Purgat. 3 2 .
(4) Brevemente per finalmente in somma.

( 1 ) Ediz. Bracc. - non giamo piii

lontano.

OSSERVAZIONI STORICHE
i . Venne messere Rinaldo

6i

degli Orsini ec.

Era la casa degli Orsini, di parte guelfa, assai temuta in Roma a q u e ' t e m p i , e la sola che far potesse contrasto alia grande potenza de' Colonnesi. Scrive Petrarca ( i ) che avea origine d a l l ' Umbra; altri la dissero v e n u t a di Lamagna , altri di Francia. Alcuni storici, con t n t t a la gravita di un Tucidide , narrano che Licaone re di Arcadia e b be da Alceste, bellissima trojana, una figliuola di nome Calisto , la quale fu trasformata in o r s a , e da cui giunse a noi la stirpe di questi Orsini. Altri lasciarono scritto che Latera moglie di Aldoino capitano d e ' G o t i , disperata per la morte del marito, recossi a partorire nelle Fiandre, e nelP eccesso di suo dolore abbandon 1' nico frutto del lacrimato sposo alia discrezione di villana n u trice ) la quale , sortita g r v i d a d i e d e i l fanciullo , per essere a l l a t t a t o , ad u n ' orsa. II nato fu d e t to Orso ; piacque a. Placidia imperatrice , che gli fe dono di m o l t e castella in U m b r a , dove quest* Orso pose sua stanza , e di l i suoi discendenti passarono in Roma. Ci sia detto a cagione di e sempio , e perch si a manifest a quali stranezze conduca la m a t t a presnnzione di coloro, c h e , per adulare i potenti , vanno in cerca, entro il buio delP antichit, di genealogiche dottrine. Non fa mestieri d i favole per addimostrare che questa famiglia u n a delle piu antiche e celebri

( i ) Epist. hortatoria, et gloga 5.

d/ Italia , che ha dato cinque pontefici e pi di trenta cardinali alia Chiesa , ed ha pvodotto l u n ga serie di rornani senatori e di capitani valorosissimi. Giovanni Gaietano degti Orsini , che pervenne al pontificato n e l l ' anno 1 2 7 7 col nome di Nicol terzo, intese moltissimo a far potente e ricca la propria casa , la quale si divise in parecchi rami, e pass famosa in Napoli, in Francia, ed in Allemagna. ImhorF h a scritto una geuealogia di qnesta famiglia , ed il Sansovin ci ha dato di essa una intricatissima istoria ( 1 ), che un laberinto tale da rendere vano il filo di ogni pi crtese Arianna. ( 2 ) Vero si non esservi , a mi avviso , storia genealgica pi ardua di qnesta. Matteo degli Orsin i il grande, sopranominato Rbeo, senatore romano e prode cavaliero , padre, o , come altri dissero , avo di papa Nicol n i , ebbe tre mogli, e molti figli, talch la casa si divise^ e si multiplic mirabilmente; e nasce da ci la difficolt di conoscere i diversi personaggi di questa discendenza, che ebbero 1' u n dopo 1' altro nomi medesimi, e quello in ispecie di Napoleone , nome c e l e b r e , e comune a molti di quella stirpe. E riserbato al perspicace ingegno ed alie instancabili cure del cont Litta il darci accurata genealoga di questa casa, e de' rami che ne derivano. Noi ci limitere( 1 ) Venezia - iS65 ^ ( 3 ) II Sansovin nemico in si fafco modo della cronologa , che in un volume in foglio, di che si compone quella istoria , vi troverai a grave stento qu e l una qualche data; e conseguentemente prende de' granchi mirabili. Per esempio; ei pone i primi avvenimenti del Tribuno nel pontificato di Benedetto x, quando noto persino ai banchij che segurouo in quello di Clemente vi.

6a

rao a far qualche parola d e ' personaggi nominati in questa istoria. i . Giordano degli Orsini dal Monte era favorevole al Tribuno ; fu consigliero di Nicola Orsino nella guerra contro il Prefetto di Vico , ed ebbe parte in quella fatale giornata, in cui furono rotti e spenti molti Golonnesi. Questi Orsini erano appellati dal Monte,, oggi Monte Giordano, perch u n Giordano degli Orsini ebbe a p p u n t o il possedimento di quel luogo. II celebre cardinale Napolone, che nel seclo xiv fu arbitro di molti avvenimenti di Toscana e di Romagna^ venne da questo illustr ramo della casa degli Orsini . a. Cola, ossia Nicola, signore di Castello sant' Angelo , era discendente da un Gentile fratello di Nicol i n ed appartenea agli Orsini signori di castello sant' Angelo , ramo che si estnse nel seclo dcimo settimo. Ebbe dominazione in O r v i e t o , fu. anch' esso favorevole al Tribuno , e capitanggi nella guerra contro il Prefetto di Vico\, e ontro i Colonnesi. 3. Rinaldo e Giordano^ signori di M a r i n o , era* no avversi alia signoria del Tribuno , ed n i t i ai Colonnesi procacciarono la di lui ruina. Rinaldo diede opera in appresso anche a l P abhassamentO del Ceroni rettor del poplo dopo la fuga del Ren* zi, ed eccit molte civili contese in Roma. 4. II eonte Bertoldo, signore di Vicovro^ senatore r o m a n o , e Lubertello (fbrse Uhertello o R o bertello) suo figlio non si mstrarono apertamente contrarii al Tribuno , ma tennero talora in segreto cogli Orsini di Marino e con casa Colonna per opprimerlo. Presi in- sospicione anch' essi furono* iniprigionati e miiiacciati di morte cogli altri b a }

63

roni, siccome narrasi al capitolo xxix. Matteo a l tro figlio del cont milit in favore del Tribuno contro i Colonnesi. Bertoldo fu miseramente lapidato nel i353 dal p o p l o , furibondo per la grave caresta, che fu a t t r i b u i t a al monopolio d e ' potenti di Roma.
Francesco Savello fu suo speciale signare ec.

64

La famiglia d e ' Savelli era delle p i illustri di Roma. I genealogisti secondo loro costume la d i ceano derivata dalla famosa stiipe Sabellia, e narravano che Aventino principe e capitano di tal gente, combattendo in aiuto di Latino re del Lazio contro i troiani condotti da Enea, rimase estinto in q u e l colle di Roma, che poi fu detto Aventino; e che per tale avvenimento la famiglia Savelli era appellata del monte Aventino, e diceasi anche Quintilia da Quintilio Sabello assai rinomato fra gli altri di quella prosapia. Egli certo che i Savelli, talora collegati cogli Orsini, talora uniti ai Colonnesi , erano molto potenti in Roma. Pandolfo Savello, germano di papa Qnorio q u a r t o , era uomo valoroso, di grave senno, e di severi costumi, talch era detto il novello Catone. Francesco e Giacomo Savelli erano forti e temuti baroni, e Luca Savello ebbe gran parte negli avvenimenti di q u e ' tempi; era prode militare, e fu chiamato dippoi dai Fiorentini, ed eletto capitano di parte guelfa. Fanuzio libr. i . cap. 7. - Sansovino, famiglie illustri d ' I t a l i a - Venezia 1 6 1 9 - pag. 3o&\

65
CAPITOLO IX. Cola ordina la casa della giustizia e della pace per le riconciliazioni delle inimicizie. E fa tale giustizia , che ogni malfattore spaventato si fgge. In questi tempi nasce un mostr in Roma.

Po' queste cose ordin la casa de la giustizia e de la pace, e ficc in essa lo confalone di santo Pavolo, nel quale stava la spada nuda e la palma de la vittoria, e pose in essa giustissimi popolari, li quali furo sopra la pace: li buoni uomini lo ebbero a piacere. Questo 1' ordine, lo quale servava: due nimicati venivano, e davano le pieggierie ( i ) de la pace fare: poi, secondo la condizione de la ingiuria, altrettanto quello, che patito avea, ne facea a quello, che fatto 1' avea ad esso: allora si baciavano in bocea, e Y oFeso dava intera pace. Accadde che uno cec 1' occhio a un' al tro: venne, fu condotto ne le scale di Campidoglio, stava inginocchiato: venne quello, lo quale era dell' occhio privato; piangeva lo malfattore, e pregava >er Dio che li perdonasse: poi distese sua accia, se li pareva di trarli P occhio, se li fosse piaciuto: non li cec 1' occhio, che fu mosso da pietate, ma se li rimise sua ingiuria. De le cose civili si rendea
( i ) Pieggiera sigurt - Bembo l e t t . vol. i.

66 ragione speditamente. In questo tempo orribile paura entr ne li auimi de' latroni, omicidiali, malefattori, adulteratori, e di ogili persona di mala fama: ciasche difamata persona esciva fuore de la cittade nascosamente, e secretamente fuggiva: a la mala gente pareva che essi dovessero essere presi ne le loro case proprie, ed essere menati a lo martirio : ( i ) dunque fug li rei pi la assai che non son li confini de la contrada di Roma; non speravano salute in alcuno; lassavano le case, li campi, le vigne, le mogli, e li figli. Allora le selve si cominciaro a rallegrare, perch in esse non si trovava ladrone; allora li hovi cominciaro ad arare , li pellegrini cominciaro a fare la cerca per le santuaria, li mercatanti cominciaro a spasseggiare (a ) li procacci e cammini. In questo tempo ne la cittade di Roma nato fu un mostr ne la contrada di Camigliano: da una femmina pedonessa ( 3) nacque uno infante

Malespin. 1 5 9 .

( i ) Martirio per t o r m e n t o : fece pigliare Tabbate .di Vallombrosa, e per martirio confessbe -

Ere, 9 2 ; e Dante Pnrg. 7, passeggiar la costa. Spas-

coll'accusativo, spasseggiare V ammatton.ato-Yaich.i~

(t) Spasseggiare e passeggiare

in senso attivo

II Sacchetti /o8, ^g, disse anche pedona.

seggiare li procacci e cammini, cio i iuoghi di posta e le strade. ( 3 ) Pedonessa moglie di pedone, sldato a piedi.

morto, lo quale avea due capora, quattro mani, quattro piedi, come fossero due appiccicati dal petto; ma 1'- uno maggiore era dell' altro, e pareva che lo minore avanzasse lo maggiore, non senza ammirazione de la gente. In questo tempo paura e tremore assalio li tiranni; la buona gente, come liberata da servitude, si rallegrava.

CAPITULO X. II Tribuno con lettere da parte al Papa e a tutti i principi d' Europa della sua esaltazione e governo.

Allora lo Tribuno fece uno suo generare consiglio, e scrisse lettere loculentissime ( i ) a le cittadi, ed a le comunitadi di Toscana, Lombardia , Gampagna , Romagna, Marittima, a lo duca di Veezia, a messere Lucchino tiranno di Milano, a li marchesi di Ferrara, a lo santo padre Papa Clemente , a Lodovico duca di Baviera, lo quale era stato eletto 'mperatore, come detto , e a li regali di Napoli. In que( i ) Nella raccolta del Doni intitolata Prose antiche - Fiorenza 1547> rarissima edizione, si hanno alcune lettere di Cola ai Viterbesi e Fiorentini in tale occasione. Le lettere al Pontefice son regstrate dal R a i n a l d i , come si dir in seguito.

ste lettere preponeva '1 suo nome per magnifico titolo in questa forma: Nicola severo e clemente, di librtate di pace e di giustizia tribuno, anco de la santa romana Repubblica liberatore illustr. In queste lettere dichiar lo stato Buono e pacifico e giusto, lo quale cominciato avea; dichiarava come '1 viaggio di Roma, lo quale soleva essere dubbioso, era libero: poi peteva ( i ) che li mandassero sindici ( a ) sufficienti, de li quali avea bisogno a ragionare cose utili al buono stato ne la sinodo ( 3) romana: poi li confortava, e diceva che si allegrassino e dessono grazie e laude a Dio di tanto tale beneficio. Li corrieri, li quali porta vano le sue lettere, portavano in mano bastoncelle di legno pinte e inargentate; arma nulla portavano. Tanto moltiplicaro questi suoi corrieri , che di essi numero grande era , perch erano receputi graziosamente, e grande onore da ogni orno ad essi fatto e r a ;
( i ) Petere verbo attivo, del quale ora in uso soltanto il participio petito, ed i derivativi petitore,
e petitorio.

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petizione,

( a ) Sindici e Sindachi per mandatarii o procuratori - Dio Cornpagni pag. 6. Ediz. di Pisa - Dimando Sindachi di ciascuna parte, che in lui compromettessero la pace.

( 3 ) Snodo dalla greca voce Snodos, congresso, radunanza in g e n e r e , che poi fu applicata alie adunanze per cose ecclesiastiche.

guiderdone tollevano. Uno corriero suo florentino fu mandato in Avignone al Papa, e a messere Giovanni de la Colonna cardinale ; riport 'na scarsella di legno di finissimo ariento, smaltata coll' arma del Poplo di Roma e del Papa e del Tribuno; valore di fiorini trenta. Po' la sua tomata, il corriere disse: questa verga aggio portata pubblicamenteper le Selve e per le strade; migliara di persone si son inginocchiate dinanti di essa, e baciatala con lacrime per allegrezza de le strade snate ( i ) e librate da latroni. Ancora a vea lo Tribuno li molti scrittori e molti dittator i , ( a ) li quali non cessavano di e notte scrivere lettere; molti erano li pi famosi di trra di Roma. Poi ad esso cominciaro a concorrere buffoni ( 3 ) assai e cavalieri di corte, sonettatori e cantatori. Canzoni vulgari e versi per lettere de' suoi fatti fatte furo. ( 4 )

che fu uomo di corte cio buffone - Com. antic. in-

( a ) Dettatore e dittatore in significato di segretario us anche il Villani. Vedi Perticari Apologa pag. 8 1 . ( 3 ) Buffoni uomini di corte in buon senso - per-

( i ) Sanato per metfora libero danno e pericolo.

esente da ogni

fern. 6. ( 4 ) Fra i quali versi d a notarsi l a celebre canzone del Petrarca - Spirto gentil &c. Vedasi il c o mento i n fine di questa istoria.

OSSERVAZIONI STORICHE
i. A lo auca S Venezia &c.

Era doge in quel tempo Andrea Dndolo, eletto nell' anno i343_, e morto nel i354 uomo, secondo la teslimonianza del Petrarca , di molta dottrina , di singolare eloquenza e d' ingenui e liberali costumi. Scrisse la storia della sua patria, pubblicata dal Muratori nella grande opera degli italiani scrittori. Alcune di lui lettere latine al Petrarca trovansi nelle opere di questo, insieme colle altre epistole dal poeta indirizzate a quell' illustre magistrato. (Variarum libr. i . epist. i , 2 , 3 , 4 0
a. Lucchno tiranizo di Milano &c.

Lucchino Visconti, figlio di Matteo detto il Magno, assunse n e l l ' a n n o i33g, dopo la morte di Azzo suo ipte , la signoria di Milano. F u assai valoroso nell' armi , e con fortnate guerre estese di molto i confini d e ' suoi stti. Giovanni Villani lo descrive pe pi. potente signore di quel tempo , escludendone solo il re di Francia, quello d' Ingbilterra, e di Unglreria. Viene da alcuni scrittori notato per uomo di grande severit, e che seppe eolio spavent o e col rigore consolidare il suo potere; una congiura, tramata contro la sua vita da Galeazzo e Bernab suoi nipoti e da Margherita sua cugina, contribu forse a renderlo pi sospettoso, diffidente, ed austero; narrasi che tenea in sua guardia due grandi mastini di feroce n a t u r a , pronti a sbranare q u a l u n q u e uomo ad un suo cenno. Nulla di meno diede opera a pietose istituzioni j d e t t b u o n e leggi, protes-!

se il poplo dalla tlrannia de'pptenti, e f a mico degl uomini di lettere, e principalmente del Petrarca ( i ) . Mori n e l l ' a n n o 1J49J secondo la comune opinione per veleno somministratogli da Isabella de' Fieschi sua tnoglie , femmina bellissima , ma assai lasciva, che, essendosi data a scandalosi amori con Ugolino di Gonzaga e col Dndolo doge di Venezia, temea perci il risentimento del marito. Giovanni Visconti suo fratello successe a lui nel reggimento dello stato. Erasi dedicato alie ecclesiastiche. c u r e , fu vescovo di Novara, e d a l l ' a n tipapa Nicol v , ai tempi di Lodovico il Bavaro , nominato cardinale. Pacificossi di poi colla Chiesa, e fu da Clemente vi eletto ad arcivescovo di Milano. Pi inclinato alia spada che al pastorale, dilat colle armi i confini del suo impero , e si res assai temuto in Italia , che in gran parte sottopose alia sua dominazione; molto destro n e ' politici negozi seppe temperar con arte lo sdegno del Pontefice, aflora quando per l ' a c q u i s t o di Bologna fatto dai Pepoli lo minacciava d' interdetto. Di queste sue fine arti parlasi nel secondo libro della nostra storia. Narrasi che il papa invi a questo arcivescovo u n legato, afinch scegliesse fra il dominio, temporale e la spirituale autorit di M i l a n o , e che Giovanni desse solenne rispo( t ) Son a Lucchino dirette alcune epistole del Petrarca, cio la dcima quinta nel settimo delle famigliari, 1' undcima in versi latini del libro secondo, e la sesta pur in versi latini del libro terzo. In esse i l Petrarca fa grandi elogi di questo principe, e, secondo Pavolo Giovio, egli era degno degli elogi del Petrarca ; nella quale opinione non convengo^ no altri storici. Chi volesse maggiori notizie di Lucchino Visconti legga l di lui vita scritta da Giovio, la cronaca Estnse, Pietro Azario, e gli annali del Muratori.

Bta al nunzio mentre oelebrava gran messa nella sua chiesa arcivescovile; l a risposta fu che , p r e n dendo in u n a mano la croce e n e l l ' altra u n a spada ignuda, ecco, disse, la spirituale, ecco la temperale mia autorita : io sapr colla seconda difender la prima fino agli estremi. II nunzio Teco si fat-

t a risposta al Pontefice, che sdegnato cit 1' arcivescovo a comparire i n Avignone. Fe mostra i l Visconti di volere obbedire, e mand cola un suo segretario con ordine di fermar con denaro q u a n t i p a lagi, case, e scuderie pi. poteva, sicch ne insorse grave lamentanza, perch non rimanea pe'forestieri alcuno alloggiamento. II Papa richiese quel segretario in qual modo abbisognavano a l l ' arcivescovo tanti alloggi; al che l ' i n s t r u t t o ministro rispse, che non bastavano ancora, giaoch il suo signore avea seco diciotto mila u o m i n i , pitre i nobili ed i cavalieri d i M i l a n o , che 1' avrebbero accompagnato. II Papa pens dispensare 1' arcivescovo da tale viaggio, e furono pacificamente concllat e le insorte questioni. II Petrarca, che pu considerarsi per grande, ma non frequente esempio di u n uomo di lettere sommamente dai principi onorato, ottenne ancora la stima e la confidenza di questo potente , ed ebbe da esso V incarico di aringare a' Veneziani in favore d e ' Genovesi, allorch, vinti d a ' p r i m i , furono costretti nel i353 a sottomettersi volontariamente a l P arcivescovo. Mor n e l P anno 1 3543. I marchesi di Ferrara &c.

Obizzo d ' Este signore di Ferrara figlio del mrchese Rinaldo fu ardito capitano , che dilat

pe primo i dominii di sua famiglia coll' acquisto di Modena e Reggio, e con quello di Parnia a lui vergognosamente venduta da Azzo di Correggio n e l i 3 4 4 ; la quale citt non potendo pi. difendere, fu costretto cederla a Lncchino Visconti nel i346 pe prezzo di sessanta mila fiorini d ' o r o . Mori n e l l ' a n no i 3 5 a . Azzo suo figliuolo non fu meno valoroso guerriero. . '
4. Lodovico duca di Baviera &c.

Lodo vico di Baviera fu nominato imperatore n e l P a n n o I 3 I 4 - Gli Elettori eransi divisi in due faz i o n i , l ' u n a diretta dalla casa di Luxernburgo, che diede opera a l l ' esaltamento di Lodovico , 1' altra sostenuta dalla Casa Austraca , che fece eleggere Federico d' Austria. Ciascuna parte prese a difendere il proprio imperatore, e queste rivalit furono cagione di asprissime guerre. Lodoyico vinse 1' emulo nel JBZZ, e, fatto ai'dimentoso per P ottenuta vittoria^ volse P animo a farsi potente in Italia col favorire i Visconti , che in allora erano nella disgrazia di Papa Giovanni x x u . II Pontefice pronunci nell' anno i 3 a 3 sentenza contro il Bavaro, poi scomunicollo, e formalmente il depose nel i 3 a 4 ; il perch irato Lodovico si fe capo di gente ghibellina^ os accusare il Papa di eresia, e giudicarlo indegno della pontificale dignit: venne in Italia nel 1 3 2 7 con esercito poderoso, si cinse a Monza dell' antico frreo diadema, ed inoltrato a Roma^ fecesi coronare imperatore de'Romani nel Vaticano, e rinnov suoi processi contro il Papa, cui pretese dar per successore certo frate minore per nome Pietro di Corvara , che fece chiamare Nicol v ; locch produsse gravi scanclali e dissidii nella Chie-

sa. Assistito dalla parte ghibellina, e dalP armi di Castruccio , potente e valoroso signore di Lucca , turb per qualche anno la pace d' Italia , ma finalmente, morto Castruccio, abbandonato da molti suoi seguaci , privo di danaro per soddisfare P avidit d e ' tedeschi, volse in basso la sua fortuna, e fu costretto ad abbandonare vergognosamente l ' I t a l i a nel declinare dlP anno i$2.g. Clemente vr suscit contro di lui un potentissimo rivale nella persona di Cario di Luxemburgo, figlio del re di Boemia, il quale coll' appoggio del Pontefice e del re di F r a n c i a , fu eletto in Bna imperatore n e l l ' a n n o i346. Lodovico, i di cui interessi andavano peggiorando, mori in ottobre del successivo anno 1 347, atterrato dal proprio cavallo. I rimorsi agitavano talmente Lodovico , cbe poco prima di morir avea mandato segreti ambasciatori al T r i b u n o , pregndolo che per dio lo accordasse colla Chiesa perch non voleva morir scomunicato ( 1 ),

Gli storici descrivono questo principe con b r u t t i colori: protettore, scrive Sismondi, ( a ) della no bilt e delle citt imperiali, avea in ogni luogo contribuito alia loro ruina, avea senz vergogna sacrificati i suoi partigiani alia propria avarizia o a l P interesse del momento , non erasi m a n t e u t o fedele a veruno principe, a nessuno amico , avea fatto temer non meno la sua debo,, lezza, la sua incostanza, che la 6ua crudelt. II Petrarca ( 3 ) con franca e robusta voce avvertiva 1' Italia d e ' bavarici inganni, allorch i Fiorentini

( 1 ) Vedasi capitolo x x n . l a ) Sismondi - Storia ec. cap. xxxii.

i |3) Canzone- Italia

mia EH:,

erano tentati a richiamarlo. n grosso libro in q u a r t o stampato in Monaco nel 1 6 1 8 d ' o r d i n e di Massimiliano di Baviera non bastato a ristabilire in cont alcuno la riputazione di questo imperatore5. Ai regali di Napo &c. .

Vedesi la nota N. 7 al Capitolo x x n .

CAPITOLO XI. che esercitava tirannia, per dar terrore agli altri.

Fa appiceare Martirio di Porto , persona

In questo tempo era in Roma uno giovane, potente e nobile persona; lo nome suo era Martino di Porto, ipte del cardinale di Geccano, e di messere Jacopo Gaietano cardinale; gi per li tempi passati era stato senatore; suoi antecessori la di-, gnitade de lo senato per pi volte ebbero. Di questo Martino si fece menzione de la galera sorrenata; ( 1 ) questo fu signore del
( i ) Sorrenata cio sor renata spinta sopra la ren a ; nel modo che dicesi sorvenire, sorportare , sormontare &c. Si da in fine di questo capitolo il frammento della storia di questa galea saccheggiata, tal quale viene riportata dal Muratori - Antiquit. italic. tom. 3, pag. 395.
per sopravenire , sopraportare , sopra-

montare &c.

castello di Porto: sua vita era venuta a tirannia; sua nobiltade bruttava per tirannie e latronerie. Pigli per moglie una nobilissima femmina, madonna Masia ( i ) degli Alberteschi, la quale molto era bella, ed era rimasa vedova. Stette con quella nova sua donna forse un mese, e perch male si seppe arritenere, ( a ) anche pessimamente si temperava ( 3 ) del soperchio cibo, cadde in pessima infermitade ed incurabile: li medici lo dicon ritropico (4); suo ventre era pieno d' acqua, come botticello pareva; piene le gambe, e '1 eolio sottile, e la faccia macra, e la sete grandissima; liuto da sonare parea. Stavasi in casa quetamente rinchiuso, e faceasi medicare da li fisici. Quest' orno cos nobile, sotto specie di securitade, infermo a morte, per terrore di tutta V altra gente, (5)
( i ) Oppure Amasia e 'Masia.

presso gli a n t i c h i - V e d a s i per esempio nel vocabol.

(2)

Arritenere,

prostesi in uso

frequentemente

arritirare per ritirare, assapere per sapere &c. . ( 3 ) Temperarsi in senso di moderarsi raffrenarsi. s. Gregor. moral. 7. 2 5 - Dove V uomo non si tempera del parlare disordinato.

pria casa &c. Conosce ognuno essere errnea

l a del Muratori leggesi - Quest' orno cos nobile sotto spezie di securitade infermo a morte. Per terrore di tutta V altra gente fecelo pigliare nella pro-

(4) Ritropico per idropico, voce anliquata. Vedi Proposta vol. 2 , part. 1 , pag. 2 9 4 . ( 5 ) Nelle edizioni di Bracciano, ed anche in quel-

una

fecelo pigliare ne la propria casa, ne le man de la sua donna, nel palazzo canto '1 fiume di Ripa, armata mano, e fecelo menare a Campidoglio. Poich l a Campidoglio fu 1 barone latrone condotto, era forse ora nona. Non fece dimoranza, son la campana a stormo, lo poplo fu adunato, fu Martino dismantato ( i ) de la sua cappa a la cinciglionia fatta, e legateli le mani direto, fu fatto inginocchiare ne le scale canto '1 Lione nel loco usato. L odio la sentenza di sua morte; appena lo lass confessare perfettamente al prete; a le forche lo condann perch avea derubata la galea sorrenata. Menato cosi magnifico uom o a le forche, nel piano di Campidoglio fu appeso; sua donna da lunga per li balconi lo potea vedere. Una notte e due di pendo ne le forche, n li giov la nobiltade, n le parentezze de li Orsi5

specie di sicurezza , il senso non regge. Tolto u n ' accento ed u n punto i l periodo chiarissimo. ( i ) Qui pur nelle ctate edizioni il senso non
corre. Fu Martino dismantato. La sua cappa a la cinciglionia fatta , e legateli &c. C o l l ' aggiunta a-

tale lezione : che Martino infermasse a morte sotto

dunqne di u n solo de si corregga i l testo certamente guasto d a ' copisti, e si tolga al povero a p piccando 1' imbarazzo di quella cappa magna. Dismantare in senso di spogliare. Fr. Jacopo-

7 ni. A quel modo resse Roma, e molti in simile pena dann. ( i )


8

fatta,

ne - tom. 3 , 2 7 , 7 - Vil tonaca t' ammanta, e ti dismanta la robba pomposa. Cappa alia cinciglionia

son pendoni, i quali ponevansi alie vesti militaed il

cio alia militare con grandi cincigli,

che

r i : cingillus diminutivo di cingulus,

quindi cingulum assumere vel abiicere avea


cato di darsi alia milizia o abbandonarla.

golo militare era insigne e celebrato ornamento. Con tale voce denotavasi ancora la stessa milizia;

cin-

signifiCingillio-

nes in vece di cingilli voce d ' nfima latinit.

( 1 ) Fece tagliare la testa ad uno grande cittadino della casa degli Annibaleschi perche avea alcana piecola cosa fatta contro li suoi commandamenti, e FEOS IMPICCARE UN ALTRO GRANDE CITTADINO ROMA. Cosi le istorie pistolesi f. 2 0 5 . DI

OSSERVAZIONI STORICHE
i . ipte del cardinale di Ceccano &c.

Di questo cardinale parlasi nel Capitolo libro 2.


2 . E di messere Jacobo Gaietano cardinale &c.

i.

Jacopo Gaietano degli Stefanes chi romano, eletto cardinale di s. Giorgio in Velabro n e l l ' a n n o 1296. Era uomo per nascita e per dottrina ragguardevole^ che amava la poesa, la p i t t u r a , e le belle arti. Scrisse t r e poemi in versi erDici latini , 1' uno sulla vita del Ponteflce s. Celestino, 1' altro sulla canonizzazione del medesimo, il terzo sulla elezione di Bonifacio v m ; i quali poemi, pe* t e m p i , in cui furono scritti, Tiraboschi giudicd degni di lode. Mor nel giorno a3 giugno i 3 4 3 . Nella prefazione al primo degl' indicati poemi il cardinale da n o tizie di s stesso in questi versi:
Urbs mihi principium, generis mihi nomen Jacob Gaietanus erat, stuvii Transtybrdis amnem Stephanidum de stirpe satus , producor ab Ursa.

Muratori - Scriptor. rer. i t a l . tom. 3 , part. 1 pag. 6 1 3 . - De-Sade tom. 1 , pag. 64. - Tiraboschi tom. 5 , libr. 3., cap. 3. - Ciaccon. tom. 2 , pag. 324*
y

3. Di questo Martino si fece menzione della galera sorrenata &c.

Ecco la Storia di questa galea saccheggiata in ispiaggia romana. ,, Corre vano anni Domini mece....... de lo mese ,, di a die.... q u a n d o sorren una nave di mei-

, , canzia in piaggia romana fra Porto ed Ostia nel Tevere. La novella' fu per questa va. Mercatanti del Regno venivano da ponente, e aveano caricata in Marsilia e in Avignone una galea di p a n ,, ni franceschi; lo legno era de la regina Gioan na; li patroni, li comiti, e li marinari erano na,, poletani ed ischiani. Movesi la galea, e forte l e va in alto le vele al vento ; passa Marsilia , passa Monaco, passa il mare di Genova , po' ne passa a P i s a , po' ne ya a Pionibino , po' ne va ,, a Civitaveccbia; voleano andar a casa. Allora si mosse u n a pestilenza di vento, lo mare b u s , , sava senza misericordia, li venti erano tanto con,, t r a r i i , che maestra di marinari perdea ogni ra, , gione; la notte era forte riera, la oscuritade orribile; mai non vedesti si pena d' inferno ; nullo remedio era, salvo che ritornare al porto di C i vitavecchia ; forte e duro parea a li marinari e a le brigate tornare a reto, e t a n t a via perder. ,, Se a Civitavecchia tornavano , ponevano la na, , ve in salvo. F u deliberato tenere mezza via, di ,, cansare in piaggia romana , e , fuora '1 perico, , lo , ricoverare nel Tevere di Roma; cos fu fat to. Voltano li marinari suoi artificii ed ingegni, , , danno la volta per entrare la foce di Tevere ? ,, ahi q u a n t o pericolo passaro in quella entrata! Ora ne va la galera pe fiume , crdendo esser ,, s a l v a , poich P i r a del mare non li appota , poich la foce era passata; ma non gio cosi: quando l legno fu in mezzo del canale del T e ,, ver fra Ostia e P o r t o , lo legno stava e non si muovea; la giace un malo passo, P acqua ha l poco di fondo ; caddero l in quel malo passo dove p o c ' acqua , non tennero '1 pieno canaJ f )

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l e ; li usati marinari di Genova e di Cicilia cruello passo schifano. Allora discesero marinari a l q u a n t i per sapere la cagione de la dimoranza del l e g n o , e videro che l a galea toccava il fondo , e non valeva ai utare con pal , n premere con b r a c c i a ; anco '1 fiume tempestade aveva; lo legno si era sorrenato ne la r e n a , I ' o n da batteva e muoveva '1 legno da l a t o a lato , pareva che lo volesse rivoltare sossopra. Allora le tristizie de li marinari e del patrone furo grandi, piangono le brigate, ciascuno crede mo rire. Allora si fece d i e , lo die soccorse con sua chiarezza ; lo rumore fu sentito al castello di Porto e ad Ostia. Vennero sandalari ( i ) di Porto a quelle brigate per conducerli a trra; salvaro ' \ patrone, e li marinari, e le brigata con loro roba ; la mercanzia rimase nel legno. Era nel castello di Porto u n nobile romano ; fece t u t t a quella galea sgombrare, e trarne la mercanzia, p a n n i , e spezierie; li quali panni si vendro, e non ne volse rendere covelle a li perden ti; anco a pi chercanti, sostenne di essere

8i

( i ) Sndalo specie di barca - Dittamondo 4T -Affrica ancora-entroe con navi, con golee, e sandali. Quindi sandalari possono dirsi i conduttori di tali barche, nel modo stesso che gondolieri diconsi i conduttori di gondole, galeotti quelli delle galee &c. Tutti sanno che il sndalo dal greco sandalon era una specie di calzare simile a pianella, perci sndalo diceasi, a parer mi, tale qualit di barca, perch avea fiarse la forma del sndalo, nella guisa che sandalis ancora nominavano i latini una tale specie di palma, che egualmente somigliava al sndalo. Plin. libr. 3 . cap. 4n

scomunicato, ( i ) ohe di volere rendere 1' a l t r n j ;


assegnava una sua proverbia antica: chi pencla
in mare, pencla in trra; per la q u a l cosa, e p e r

8a

alcuno altro eccesso, Martino di Porto fu appe so per la canna, come si dicer. Muratori A n tiquit. tom. 3. pag. 395.

( i ) I predoni di mare per antiche leggi canoniche erano scomunicati.

CAPITOLO XII. Per la buona giustizia del Tribuno non solo J* impauriscono i poten ti di Roma, sicche non si senma lo stesso Soldano di Batono piu ingiustizie, bilonia ne teme.

Questa cosa spavent li animi de li potenti, li quali sapeano le loro inique operazioni. Altri per pietate ne lacrimava, altri ne temeva. Ora comincia la giustizia a prendere vigore; la fama di tale fatto spavent li magnati, che appena aveano fede di s medesimi. Allora. le strade furo aperte ; notte e die caminavano liberamente li viatori, non ardisce alcuno

83 arme portare, nullo nomo ia ad altri ingiuria , lo signore non si accotava ( i ) di


( i ) Non si accotava: leggesi n e l testo accotiava, forse per metatesi invece di accoitava , oppure colP aggiunta dell' i per maggiore dolcezza di pronunzia , siccome per la stessa ragione altrove scritto tiempo, vierso , fecie, &c. Ed ecco 1 ' a n t i co verbo colare ovvero coitare colla prostesi della lettera a, nella guisa stessa colla quale scrivesi con-

sentir ed acconsentire, compagnare ed accompagnare &c.

Non h a questo verho 1' onore del vocabulario e giacesi anzi segregato d a l l ' umano consorzio; ma V ampia famiglia d e ' suoi derivad oltre modo i l lustre e famosa. II sostantivo coto fu per due volte onorato da D a n t e , e gli altri suoi congiunti gnficamente in~hocs_a^di chiarissimi autori, e t u t ti son registrati nel cdice della nobile itlica favella. Sulla interpretazione della voce coto, usata da D a n t e , non vanno d' accordo i filologi. II Buti la deriv da quotare , che significa , come egli dice ,
giudicare in quale ordine la cosa sia, e pero le votracotare , tracotato , tracotante , tracotanza, oltracotato , oltracotante , ed oltracotanza suonano ma-

ci coto e quoto avrebbero tanto valore, quanto il quotare stesso da verbo fatto nome; quindi tracotare, secondo lo stesso B u t i , significa errare nel quoto , e tracotato vale disordinato n e l cont o nella estimazione, che 1' uomo fa di s , ed in questo intendimento col Padre Lombardi convengono gli Editori del Dante di Padova. L ' abbate Lanci, dotto n e l P arabo, vorrebbe d a questa lingua derivata l a parola coto, e la dice corrispondere al l a t i n o vis, potenza. Altri giudicano aver questa voce origine del verrbo latino cogitare, che nella lingua provenzale a

toccare '1 suo servo; ogni cosa guardiava (a) '1 Tribuno. Per V allegrezza di cosi eccelromanza si pronunci cuider, cio coitare, e per maggior sincope cotare, che vale appuntOj pensare; e dell' Alighieri , spiegarono per cattivo e puerile pensiero. Cosi fu questa voce interpretata dai Deputati alia correzione d e l Boccaccio, ed in questo sentimento son coucordi il Morando , il Biagioli, il Cesari, il Portirelli, ed il Pertieari. Dal cogitare io pur son di opinione che derivi il verbo cotare ed accotare, ma in u n senso che qualche cosa di pi significhi del p e n s a r e , nare, attentare, e sjmili; e tal valore trovasi avere fra i latini il verbo cogitare, la di cui etimologa derivano i gramatici dal coger mentem, laonde si legge in Virgilio (Georg. i . ) Denique' quid
cio intendere alV esecuzione di una cosa, macchiconseguentemente il mal coto, ed il pueril coto

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Nei tempi poi d' nfima latinit prendeasi a p punto i l verbo cogito in si fatta significazione; laonde sta scritto nel primo canone delle leggi di Rotario re de Longobardi ( Muratori script. tom.
i . part. a. pag. 1 7 . ) si quis contra animam regis COGITAyEBT aut consiliabert, animae suae incurrat periculum , et res eiiis infiscentur - Ed q u i chia-

vesper vehat quid cogitet humidus Auster - sol tib signa dabit che l'Arici ha t r a d o t t o - Alfin che porti il tardo vespro e il molle - Austro appa* recchi - ed il Leoni - che il tardo vespro apporti... e V umid' Austro - maturi &c. ed altri tradussero - che V umido Austro minacci.

toccare il suo servo - i n t e n d e r a i che il signore non attentava di toccare il servo. Interpreterai il mal coto

ro che il verbo cogitare, anteposto al consiliare, deve esprimere u n maggior grado di misfatto, e n o n pu restringersi al solo pensiero. Leggendo a d u n q u e - signore non si accotava di

85 lente fatto piangono alcuni, e pregano Dio che fortifichi '1 suo cuore e lo 'ntelietdi Nembrotte * per quel perverso attentato di giungere colla male immaginata torre a l l ' a l t o d e ' c i e l i , il quale coto non fu gi u n semplice p e n siero o desiderio, ma u n tentativo gi posto ad esecuzione, cosicch non dal perverso pensiero di Nembrotte, ma d a l l ' a t t o apptinto dell' esegnimento si confusero le favelle. Interpret^rai il pueril coto di D a n t e , nel terzo del Paradiso,** per quel vano e quasi fanciullesco tentativo o sforzo, c h ' ei fece per conoscere la causa di sua misteriosa visione; e per
u n ' attentato oltre il dovere, e vogliam dir temerit,

insolenza, spiegherai quella tracotanza *** dei demoni' di chiuder la porta dell' inferno a Cristo , a l lorch vi discese triunfante a trarre dal limbo gli antichi padri; e lo stesso significato darai alia olParadiso. **** In questo senso Guitone da Arezzo ( l e t t . 28, 7%,) scrisse mi tracoitato cuore, e il Cavalca ( med. cor. j a 3 . ) la prosperit fa uscire V uomo di senno e diventar tracoitato, e Davanzati ( stor. 2. 2 9 0 . ) non si pu credere quanto ei divenne sutracotata schiatta che s' indraca nel sedicesimo del

perbo e tracotato. E molti altri esempi addurre potrei , se di troppo stancata non avessi la pazienza del leggitore. ( 2 ) Guardiava da gardiare verbo d'nfima latni ta , custodire , conservare Officiales iurabunt

Questo N e m b r o t t e , per lo cui mal col Pare un linguaggio nel mondo non s' usa. Infern. 3 i . v . 7 7 . Non ti meravigliar perch' io sorrida , Mi disse, appresso'1 tuo pueril coro - Par. 3 , v . 2,6. '* Questa Jor tracotanza non n u o v a , Che gi 1'usaro &c. - Inf. 8 , v. i a 4 '* L' eltrecotata scliiatta^ che s' indraca Dietro chi fugge, ed a chi mostra il dente Ovver la borsa, come agnel si placa - Par. 1 6 , u 3 .

to in questo buono proponiraento. Tutta la intenzione del Tribuno primamente fu di esterminare li tiranni, e condurli a bassezza in tale via, che di essi non si trovasse pianta. Li vetturali, li quali portavano le some, lassavano le some ne le strade pubbliche, bene le ritrovavano sane e salve. Allora fu marcato ne la gota u n o , 10 quale avea nome Tortora (era de li suoi corrieri), perch avea ricevuta pecunia senza licenza, quando fu mandato a 11 regali di Napoli. La fama di si virtuoso uomo per tutto 1 mondo si distende, tutta la cristianitade fu commossa, come si rizzasse da dormir. Fu uno bolognese, '1 quale fu uno de li schiavi del Soldano di Babilonia; lo primo che poto alzare ( i ) , la pi corta ne venne a Roma. Questo disse: che al grande Raham (a) detto fu, che nella cittade di Roma si era levato un uomo di grande giustizia, uomo di poplo; lo quale rispse, e dubitando
3

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cannicos G ARD ASE et defender cum bonis suis-Apud Stephanotiura - tom. a, fragm. histor. ( a ) Alzare per alzarsi, neutro passivo colla particella non espressa - Bembo Son. 39. ediz. di Bergamo 1 7 4 5 . E il sol la oltre, ond' alza, inchini e smonti - Qui alzarsi in senso di muOversi, andarse-* ne, vulgarmente alzare il tacco. ( a ) Raham, forse a nome del Sultano, o di qualche suo ministro, se pur la parola non corrotta.

7 di se, disse: Maumeth e santo Elimason ( i ) aiutino Gerusalemme, cio la Saracinia.


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secourir Jerusalem? Osserva giustaniente/De-Sade non essere necessario intendere perfettamente 1'italiano per conoscere che questa traduzione non fedele - Conjuration &o. pag. 8 3 . - De-Sade tom. a. pag. 333.

duce-rae seroit ce point Mahomet et Elie, qui viennent

( i ) Elimason, cio Elia. II Padre du-Gercea tra-

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CAPITOLO XIII. Ordine che tenea l Tribuno nel cavalcare per la chiesa, citt, e in qual modo fu rcevuto dal clero di san Pietro , quando visito quella

Appeso che fu Martino, in quelli di fu una Jfesta di santo Giovanni di giugno: tutta Roma a santo Giovanni va la dimane j volse quest' uomo ir a la festa come li altri, e la sua ita fu per questa via. Gavalc con grande apparato di cavalieri; sedeva sopra uno destriero bianco, vestito era di bianche vestimenta di seta, fodrate ( i ) di zendado, infregiate di auro filato; suo aspetto era bello e terribiie forte: dinanti al suo cavallo 'givano li cento giurati da piede armati del rione de la Reola; sopra '1 capo suo portava '1 confalone. Un altro die cavalc po' pranzo a santo Pietro maggiore di Roma; uomini e femmine la trassero a vedere; questo fu 1' ordine di sua bella cavalcata. La prima gente che venisse fu una milizia di gente armata da cavallo, adornata e bella , la quale dovea ir a poner il campo sopra '1 Prefetto: po' questi seguitava 1' ordine de li Officiali, giudici, notarii, camerlenghi,
( i ) leggesi frrate dal lat. forratus in francese fourr, da cui n ' derivato fbdrato e foderato. Mitras linteas FORRATAS de agninis pellibus - S t a t r ordin. de Sempringham.

cancellieri, scriba-senato, ed ogni officiale, pacieri, e scindici: poi seguitavano quattro maniscalchi con li loro cavalcanti usati; po' questi seguitava Gianni di Alio, '1 quale portava la coppa di ariento inaurato in mano col dono a modo di Senatore : po' questo venivano li soldati da cavallo: poi venivano li trombatori, li quali venivano sonando con le trombe di ariento; naccari ( i ) di ariento sonanti onesto e magnifico suono facevano: poi venivano li banditori; tutta questa gente passava con silenzio; po' questi veniva un' orno solo, 1 quale portava in mano una spada nuda in segno di giustizia, Buccio figlio di Giubileo fu: po' questo seguitava un' orno, 'l quale per tutta la via veniva gettando denari, e spargendo pecunia a modo 'mperiale, Liello Migliaro fu suo nome; di la e di qu avea due persone, le quali sosteneano le sacca de la moneta; poi questi seguitava '1 Tribuno solo; sedeva in uno degtriero grande, vestito di seta, cio di velluto mezzo verde mezzo giallo, fodrato di varo ; ( a ) nella mano ritta portava una verga di
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( i ) HSfaccaro istromento, che di ordinario suoija* vasi a cavallo, ed era una specie di tmpano, ( a ) Faro e vaio, pelle delP animal di questo nome, simile alio scoiattolo col dosso bigio e la pancia bianca - Boccac. giorn. 16. Fattesi venire per
ciascuno due pala di robe, V un foderato di drappo,

e V altro di vaio. Ed un antico riportato jda Federigo Ubaldini - chi lascia ignudo, ( l a fortuna) e
chi veste di
VAHO.

aceiaro pulita lcente, ne la sua sommitade era un mel di ariento 'naurato, e sopra '1 pomo stava una crocetta di auro, e drento la crocetta stava '1 legno de la santa croce; dalP uno lato erano lettere smaltate, che dicevano Deus^ dalP altro Spiritus Sanctus : po esso immediate veniva Ceceo di Alesso, e portavali sopra '1 capo uno stendardo a modo regale; in quello stendardo era '1 campo bianco, in mezzo stava uno sol di auro splendente, e attorno stavano stelle di ariento in campo cilestro; in capo de lo stendardo era una palomba bianca di ariento, la quale portava in bocea una corona di oliva; dal lato ritto e manco avea con seco da piede cinquanta vassalli da Vitorchiano suoi fedeli con li spiedi ( i ) in mano; bene parevano orsi vestiti ed armati; po' questi seguitava la compagnia di mol ta gente disarmata di ricchi, di potenti, di consigleri, compagni, e di molta gente onesta. Con tale trionfo e con tale gloria pass 1 ponte di santo Pietro, ogni persona salutando. Di colpo le porte e le tavolata furo date per trra, e fu la strada spaziosa e libera. Poich fu giunto a le scale di santo Pietro li calonaci con tutto '1 chiericato 1' e5 5

( i ) Spiedo arma in asta - Petrarc. son. i/j-- E il colpo di saetta e non di spiedo.

sciro incontra, vestiti e parati co le eotte bianche solennemente; colla croe e eolio incens vennero cantando: Veni creator Spiritus fin a le scale, e si lo recepro con grande letizia. Inginocchiato dinanti alF altare dio sua offerta; lo chiericato predetto li raccomand li beni di santo Pietro.

CAPITOLO XIV. II Tribuno seguita ad esercitare la sua giustizia , castigando i tristi. Fa lo steccato al palazzo di Campidoglio, e fa gettare a trra tutti li rinchiostr de' baroni di Roma , facendo loro, ed a quei che erano stati senatori, contribuir per acconciare il palazzo di Campidoglio.

Lo seguente die dio audienza a le vedove, a li orfani, a li desolati, e fece prendere due sjeriba - senato, e feceli mitriare come falsarii, e condannolli in grande pecunia; mie libre per uno; F uno avea nome Tommaso di Fortifiocca, (i) F altro avea nome Poncellotto de la Camera, questi due erano molto potenti popolari. Dal principio quest' orno facea vita molto tem(i) Vedasi la nota i. in fine al capitolo secondo.

perata, poi coininci a multiplicare cene e conviti, e crapule di diversi cibi, e vini, e di molte confezioni. Poi fece stecconare ( i ) '1 palazzo di Campidoglio tra le colonne, e chiuselo di legname, e comand che tutte le steccata de li rinchiostri ( a ) de li baroni di Roma gissero per trra, e fu fatto, Ancora comand che quelli travi, (3) tavole, e legname fosse portato (4) a Campidoglio a le spese de li baroni, e fu fatto. Allora in casa di messere Stefano de la Colonna prese ladroni, li quali appese. Poi condann ciascheduno, I quale era stato senatore, in cento fiorini, perche d' essi voleva reedificare e racconciare I palazzo di Campidoglio; recepo per cia^ sebe barone cento fiorini, ma '1 palazzo non fu acconcio, bench cominciasse. E fece prendere Pietro di Agabito per la persona, '1 quale era stato queP anno senatore, ed a piede, come fosse ladrone, lo fece rnenare a
?

( i ) Steccqnare, chiudere con stecconi, cio con pali appuntati per far c h i u d e n d e : manca nel vocabulario , q u a n t u n q u e si abbia steccone e stec-f
conato.

foL a53. -r Che par che porti un trave.

( a ) Rinchiostro, chipstro o loggia rinchiusa. ( 3 ) Trave usato in genere masen. - F r , Barberino

(4) Posti insieme soggetti di numero l ' u n maggio-? re X altrp minore, il yerbo che succede pu accordarsi come si vuole. Cos il Bartoli, e ne reca pa-^ recphj esempi. TortQ e lirittq b-c. cix.

93 corte da li suoi maniscalchi. ( i ) Ora cominciano a spessare ( a ) le 'mbasciate de le terre e de li nobili. Tutta Toscana avea gi mndate le 'mbasciarie.
( i ) Maniscalco maliscalco, ufficiale o comand a n t e d ' a r m i - B e m b . stor. 2 . 2 6 . - E quello uffi* dale, che essi gran maniscalco chiamano. ( 2 ) Spessare nel testo spessiare, divenir frequente - F r . J a c o p . t o m . 7 - 6 - ^, li colpi spessro.

GAPITOLO X V . Ordina le milizie a piedi ed a cavallo. E dopo citd i potenti a rendere V ubbidienza, e a pagare il focatico. Ubbidiscono tutti, fuorch Gianni di Vico prefetto tiranno di Viterbo. Che pero da Cola vie<* ne privato della sua dignit.

Allora ordin la milizia de li cavalier di Roma con quest' ordine: per ciasche rione di Roma ordin pedoii e cavalieri trenta, e dioli ( 1 ) sold; ciasche cavaliere avea destrieri e ronzio, cavalli copertati, arme adrnate nove; bene paion ( a ) baroni: anco ordin li pedoni pu( 1 ) Dioli. Li per loro Usato antican,nte da!autori anche toscani. ( 2 ) paion leggesi pargo'

re adorni, e dio li eonfaloni, e divise li eonfaloni secondo li segnali de li rioni, e dioli sold, e comandolli che fossero prest ad ogni suono di campana, e feceli giurare fidelitate; furo pedoni i3oo, li cavalieri 36o, eletti giovani, mastri di guerra ben' armati. Poi che lo Tribuno si vede armato di cosi fatta milizia, allora si apparecchia di muovere guerra a pi potenti persone; manda suo editto'ntorno, cita tntti li potenti ne le finalizie ( i ) di Roma, eintanto ordin alquanti suoi fattori, e mandolli cogliendo '1 censo del poplo di Roma, e ogni die la moneta venia a Roma per tal va, che incresciment'o e fatica fosse contare pecunia di tanta gente: prestamente li vassalli de li baroni pagano uno carlino per fumante: apparecchiavansi a questa paga le cittadi, le terre, e le comunanze , le quali stanno ne la Toscana inferiore, in Campagna, e Marittima; non lo cresero ( a ) l i vassalli di Antioccia, pagro, poi che lo editto ebbe mandato a tut( i ) Finalizie cosi nel!' ediz. del Muratori per fin o confini. In quelle di Bracciano leggesi finaite. ( a ) Cresi, crese , Cresero per credei, credeltero son voci antieamente sate. II Muratori punteggia , e divide i periodi nel modo seguente. Non lo creseri. Li Vassalli di Antioccia pagro. Poi che lo editto ebbe mandato tutti li baroni e a le cittadi intorno, dolcemente obbediscono -c. II senso sarebbe-non lo crederui ovvero non lo crederesti. Li

95 ti li baroni e a le cittadi intorno; dulcemente obbediscono, secondo che di sopra detto , ed a la loro madre e donna Roma umile riverenza fanno. Solo Gianni di Vico,prefetto tiranno diViterbo, non volle obbedire; per mille volte citato non volse comparire: allora dio contra di esso la sentenza, e privollo in pubblico parlamento de la sua dignitate; e disse che era occiditore del suo frate, fazioso, e che non volea rendere 1' altrui, cio la rocca di Respampano ; e appellollo Gianni di Vico.

vassalli di Antioccia pagarono &c. Immo, quod mirere, Antiociae vassalli contribuerunt &c. Senza storpiare q u e l verbo credere, sembrami che il periodo nel modo da me esposto corra a s sai b e u e , ed il senso ne risulti perfetto. Non lo cresero i Vassalli di Antioccia, vale a dir non credettero alia notizia di dover pagare 1' antico censo ; ma pagarono poi quando V editto pervenne ai baroni ed alie citta circonvicine, e dulcemente obbediscono &c.

OSSERVAZIONI STORICHE

Solo Gianni di Vico, prefetto tiranno di Viterbo &c.

i . Giovanni di Vico, detto comunemente il Prefetto di Vico per avere esercitata tale carica in R o ma , era governatore pe Papa in Viterbo e d u rante 1' assenza de'Pontefici si res tiranno di quella citt, e padrone altresi di altre terre della C h i e sa. II Tribuno nella lettera scritta a Papa C l e mente * lo accusa di fratricidio e di altri d e l i t t i . Viene dai contemporanei storici descritto per u o mo sedizioso; violento, e capace di q u a l u n q u e eccesso per sostenere le proprie usurpazioni. Non serbava fede e neLT atto stesso che conveniva in qualche trattato pensava a romper i patti che sollenneniente girava. II di lui figlio Francesco n e l le guerre fatte ai romani mostr di aver ereditato dal padre lo spirito di sedizione e dispotismo.
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del 7. Luglio 1 8 4 7 .

CAPITOLO XVI.

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II Tribuno determina la guerra contro Gianni di Vico. Fa suo/' capitano Cola Orsino,che pose il campo sopra Ve tralla e prselaj ma intendendo Gianni che il Tribuno volea andarvi in persona, obbedisce, rende la rocca di Respampano, ed rivestito di sua carica.

Allora determin 1' oste sopra Gianni di Vico, e feceli capitano sopra Gola Orsino signore di Castello sant' Agnolo, e dioli per consigliero Giordano de li Orsini; ebbe i n quelF oste molti aiutorii, e posero campo sopra la cittade di Vetralla, e stettero in assedio di sessanta, e scorreano ogni pianura fin a Viterbo, ardendo e derubando: deh come grande paura fecero a Viterbesi! donde fu avuta Vetralla per buona volontade de li abitatori: eraci nna forte rocca, la quale non fu avuta. Volendola Romani prendere per arte di guerra, fecero traboechi e manganelle: (i) molto spessavano loro pietre.; poi fecero un asineJla di legno, (a) e condusserola

( i ) Traboechi e manganelle, strumenti bellici da gettar pietre e combustibili. Tav. rotond. Ordinarono TB.ABOCCHI, MANGANELLE, spingafde, e traboccavano nella citta fuoco con zolfo. ( a ) As mella, ordigno formato da grossa trave per batter m u r i e gettare a trra p o r t e . Tali strumenti erano ancora detti montoni, gatti,
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8 fin a la porta de la rocea; la notte si fece: quelli de la rocca mesticro zolfo, pece, oglio, trementina, legua, ed altre cose, e gettro questa mestura sopra lo 'dificio: 1' asinella fu in quella notte arsa, la dimane fu trovata cenere. In questa oste furo Cornetani con tutto loro sforzo, e Manfredo loro signore; furonvi le masnade (i)de' Peroscini, de Todini, de' Narniesi, e baroni
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grilli, * seeondo le loro forme , o dalla figura di q u e l P anmale, la cui testa era costume scolpire i n una delle estremit; ** per la stessa ragione i latini nominavano arieti, scorpioni &c. di verse m a c chine da guerra.*** ( i ) Masnada. Menagio deriva questa voce da di storia sgraziatissima di questa parola! in prima signific famiglia, sicch dolce suonava al cuore di un padre il nome di sua cara masnada, poi fu estesa ad ogni compagnia di gente q u a l u n q u e , poi pass a denotare truppa di gente armata , e per ultimo si res terribile, esprimendo la compagnia di scellerati ed assassini. Io giudico che ad infamare questa povera voce contribuissero le grandi compagnie di masnadieri, che nel seclo dcimo quarto scorsero 1' Italia. Cosi bargello significava una volta carica si onorevole, che stim gran vanto P esercitarla in Firenze quel gran Capitano Malatesta da Rimino, * ed ora non so qual galantuomo onorar si vorrebbe, cred' io, di si bel titolo n e in Firenze n altrove.
* Vedi Grassi, Dizionario militare. ** Vtiget. lib. 4 - cap. i 4 *** Vilruv. libr. i. cap. 5. I * G. Villani I cap. 73. ' libr. n.

mansio nata corrottamente masnata e masnada. O-

di Roma assai: molto fu bella oste, potente, ed onorata. Poi che li Romani ebbero consumato e guasto ogni campo, ebbero arso '1 lavoro e 'l lino fin a Viterbo, era a mezza state di luglio, quando '1 caldo stava in fervente. Allora '1 Tribuno determin a quest' oste gire personalmente, e mostrare tutta sua potenza con cavalieri e pedoni, e depopulare (i) le vigne di Viterbo. Quando 'i Prefetto questo sentio, incontanente pens di obbedire. In questo tempo erano in distretto (a) alquanti baroni, e di Gampidoglio non si potevano partir, cio Stefano de la Colorna, e messere Giordano di Marino. Lo Prefetto in prima mand li mbasciatori, poi personalmente venne a Roma. Era ora nona, ed a mezzo die in Campidoglio entr, e posesi sotto le braccia del Tribuno; in sua compagnia aveva forza di sessanta. Allora furo inserrate le porte di Campidoglio, e son la campana: furo adunati omini e femmine di Roma: lo Tribuno fece un parlamento, nel quale disse che Gianni di Vico li volea obbedire e al poplo di Roma. Allora lo rinvestio de la prefettura, e disse che rendea li beni del popoJ

( i ) Depopulare latinismo da depopulari, guastare distruggere. ( a ) Distretto da distringere, vale a dir che i baroni erano tennti in stretto, e guardad in modo da non poter partir.

IOO

lo, e cosi fu fatto; perch, nanti che '1 Prefetto si partisse di Roma, e nanti che P esercito di Vetralla se ne venisse, rassegnata fu a li fattori e a lo scindico di Roma la rocca di Respampano, e poi '1 Prefetto fu lasciato.

OSSERVAZIONI STORICHE
In questa ostefuro Cornetani... e Manfredo loro signore &c.

Questo Manfredo quello, di cui_ trattasi nelle osservazioni storiche al capitolo x x v n .

IOI CAPITULO XVII. Come il Tribuno avea per un sogno tutto atesto. preveduto

Ora ascolta novitade de le sognora. La notte dinanti al die delF accordo '1 Tribuno dormiva in uno suo onesto e trionfal letto (primo sonno era); mentre dormiva cominci fortemente a gridare per sogno, e diceva: lasciami, lasciami; a questo strillare li servitori de la camera corseroj, e dissero: signore nostro, che novitade e? volete covelle? allora il Tribuno era risvegliato, favell e disse: mo io mi sognava che uno frate hianco veniva a me e diceva: tolli la tua rocca di Respampano, ecco che te la rendo; e dicendo questo , in sogno mi prese per la mano: allora gridai. Questo sogno n pi n meno divenne come fu. Uno fraticello 1 quale nome avea frate Acuto d' Assisi Ospitaliere, e fece F ospitale de la croce di santa Maria Rotonda, (del quale potronne fare menzioe ne la rinovazione di ponte molo) fu santa e buona persona. Questo tratt la concordia tra li Romani e lo Prefetto ; verme '1 seguente die al Tribuno con le novelle de la pace, e disse: tolli la rocca di Respampano, io te la rendo. Parlava al poplo 1 Tribuno in parlatorio, tutta la strada di mercato piena
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joa era; in capo de la strada appare frate Acuto vestito di bianco, a cavallo in suo asinello coperto di bianco, incoronato di rami di oliva, con li rami de la oliva in mano. Per vederlo molta gente ci fioccava: da lunga lo vide '1 Tribuno, e disse a suoi cbiculari: ecco 'l sogno di questa notte. In questa oste di Vetralla lo Romano ebbe mille persone da cavallo e pedoni sei mille. La Oste fu tomata, incoronata di rami di oliva.

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OSSERVAZIONI STORICHE
Uno fraticello, 'l quale nome avea Acuto d' Assisi &c. frate

i . Questo frate Acuto cP Assisi dell' ordine degl O s p i t a l i e r i , fondatore dell' ospitale detto della Croce di S. Mara rotonda in R o m a , ci viene da altri storici deseritto per nomo di santa vita. E c co il frammento sulla rinoyazione di ponte molo riportato dal Muratori n e l F indicato Volume 3." delle antichit italiane, pag. S i 5 . In questo t e m p o , correvano anni domini MCCCXLII , venne a Roma a visitare le corpora de li santi e le basiliche sante la reina di Onga ria, madre del re Ludovico di Ongaria e di Andrea re di Puglia suo frate; stette di tre in Ro, na, e visit t u t t e le santuarie , e fece grandi doni a t u t t e le chiese. Frate Acuto, uno fraticello di Assisi , '1 quale fece lo spedale de la Groce a santa Mara r o t o n d a fu '1 primo che domandasse elemosina per acconciare ponte mo l o , '1 quale era per trra. La reina li don tanta moneta, che il ponte si rifacea con alcuno aiu to , donde foran fatte le arcora, se non avesse avuto impedimento.
} }

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CAPITULO XVIII. Si discorre sopra i sogni, e che tlvolta riescono veridichi, come quello di fraie Mierolo, di Marziano imperatore, e di Cassio.

Ora voglio un poco escire da la materia. Poterammi alcuno di mandare se lo sogno pu essere vero; a ci rispondo, e dico bene che molti sogni siano vanitade, siano molti delusioni ( i ) di demonia; niente di meno molti sogni si trovano (a) veri, come Dio li spirasse, specialmente in persone temprate, dove non abboudano fumositadi per crapola e per disordinato cibo, e in tempo che si dice aurora, quando si parte la notte dal die; che lo celabro st purificato , li spiriti stanno temperati. Di ci fa fede l beato santo Gregorio ( 3) nel dialogo: dice santo Gregorio che nel monasterio suo fu uno moaco di santa vita e buona, lo quale avea nome Mierolo; fra le mol te
( i ) Delusione da deludere, in senso d' i l l u d e r e ,
TRO-

ingannare. ( a ) Leggesi: niente di meno molti sogni si

mata per mala intelligenza, colF essersi diviso da copisti i 1 verbo trovano in due p a r o l e , avuto r i flesso che 1' a, secondo 1' ortografa di quel tempo, e come in altri loghi di questa storia, potesse esser scritto col dittongo ao.
( 3 ) Virgorio e Vrigotio e cos altre volte.

VA OMO veri. Io credo che la voce orno siasi

for-

virtudi avea questa, che non finava ( i ) dicere salmi, salvo quando manicava e dormiva; inferm , e dormendo questo frate Mierolo infermo, sognossi che una bella corona di variati fiori scendeva di cielo, e posavasi nel capo suo: questo sogno disse a li monaci; venne a. morte, e, ( a ) come interpretasse suo sogno in buona parte, allegramente passo. Po li anni'quattordici di sua morte, un altro moaco cayava (3) la sepoltura per un morto in quel luogo, dove Mierolo giaca sepolto. Come fu cavata, sbitamente da quel loco escio una fragranza, un odore soavissimo, come fossino state in quella fossa rose, viole, gig e molti iori. Dunque bene fu vero lo sogno di Mierolo, che di cielo li veniva la corona di fiori, li quali fiori po' ii anni quattordici rendro odore dentro la fossa. Anco ne fa menzione frate Martino ne la sua cronaca; dice che Marziano (4) ' ~ peratore, I quale stava in Costantinopoli, una notte si sogno che 1'arco di Atti5 m 5

io5

( i ) Finare per finir, ed in senso di cessare, cos anche G. Villani libr. l a . cap. 34(a) Leggesi: venne e moo; il senso senza d u b bio guasto. II buon frate Mierolo mor in santissima pace nel suo convento e n e l suo l e t t o , e non venne per morir da luogo alcuno ; Iaonde devesi
leggere venne a morte, ovvero venne a morir. ( 3 ) cavare per scavare.

( 4 ) Leggesi Marziale,

e cosi le altre volte.

la vedea rotto in due parti; estim Marziano che Attila fosse morto, e csi fu vero. Questo Attila fu grande rege, e fu grande tiranno; avea arcieri assai; tutta Panonia e Bulgaria gio profanando; depopul molte cittadi, Aquilea ed altre; uccise Bella frate suo, e fu sconfitto da Franzesi, Borgognoni, Sansonesi, ( i ) e Italiani; ne la quale sconfitta fu morto 'i re di Borgogna, e furonli morti cento ottanta mila capora di uomini, si che rio di sangue abbond a tale, che Attila re come sconfitto in suo paese ritorn, e adun grandissima gente di Ongari, e di Daziani, ( a ) e tornava per rientrare in Italia. De le prime terre che trovasse fu Aquilea, la quale disfece. Papa Lione santissimo in quel tempo vivea: pregollo che si escisse fuori d' Italia, e cosi fu. Come si parti d' Italia per tornare in sua contrada, morio in Panonia. La notte di sua morte apparse in sogno a Marziano 'mperatore di Costantinopoli in Grecia 1' arco di Attila r o t t o , donde Marziano stim che Attila fosse morto, e cosi fu. (3) Ne fa ancora menzione Valerio Massimo del sogno diCas( i ) Sansonesi, cio Sassonesi o Sason.

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( a ) Daziani, "Daci a ni o Daci. ( 3 ) Giovanni Villani narra a n c h ' esso questo sogno di Marziano imperatoie nel libro a." Capitoo 3..

sio Parmense, '1 quale si trov ad uccidere Giulio Cesare, donde si era par tito di Roma e gia fuggendo, edOttaviano ed Antonio lo seguitavano come nemico capitale. Questo Cassio 'na notte si ridusse in una piecola fortezza; messo al letto, sognossi 'no uomo terribile con una faccia scura, 1 quale lo minacciava: sue minaccie erano in lingua greca; ( i ) per due volte a tale sogno si svegli: a la terza si fece venire 1 lume, e comand a li suoi serventi che lo guardassero; lo medesimo sogno vidde ancora la dimane. Bene si verific questo sogno, perch le legioni di Ottaviano, e la oste di Antonio li fu sopra, e cosi fu preso Cassio, e li fu tronco '1 capo.
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107

(i) Questo sogno viene narrato da Valerio Massimo ( c a p . vil de somniis) negli stessi termini ,, ubi concubia nocte cum solicitudinibus et curis, mente sopita, in lectulo iaceret, existimavit ad se venire hominem ingentis magnitudinis , colors nigri, squallidum b a r b a , et capillo dimisso: i n terrogatumque quisnam esset, respndisse KAKODAEMON ( spirito cattivo ). Perterritus deiude tam tetro viso et nomine, horrendo, servos inclamavit &c.
]

io8
CAPITOLO XIX. DelV epmone di Arstotih sopra le cagioni

e variet de' sogrt.

AristotiJe lo filosofo di ci ne fa menzione e speciale trattato in suo volume, '1 quale ha nome de somno et vigilia^ nel capitolo de la divinazione. Nel sonno (dice Aristotile, e quelli che seguitano la sua opinione) c h e ' 1 sogno puote essere vero naturalmente, e ci sottilemente dimostra per una cotale va. In prima suppone'l filosofo che questa diFerenza sia ira '1 vegliare e '1 dormir: nel vegliare grandi movimenti paiono ( i ) alF immaginare piccoli, ne lo dormir li movimenti e le cose piccole paiono grandi. Come incontra ( a ) che in alcuna persona poco di flemma dolce li distilla per la bocea, e pareli assaggiare zucchero, niele, e cennamomo: in ale uno abbonda poco di collera, e pareli vedere saette volare pe cielo, focora, fiamrae, e tempestate: in alcuno si move ventositate, ( 3 ) e pareli vedere che tutte le ventora tempestino. La cagione di ci si , che nel sopore tutti li spiriti stan( i ) Pargono e pargo',e cosi altro v o l t e . ( a ) Incontrare per accadere, avvenire &c. l') Ovvero alcun piccolo ventarello Ed. Brac.

no insiemora ridotti dentro a la fantasa ed a la immaginativa, donde son gi temperad a comprendere; anco perch son adunati son pi potenti in sua operazione. Nel vegliare li spiriti son dispersi, le cose son vari e molte, e quando la virt st unita pi forte che quando sparsa; gi averno che li spiriti ne la notte stanno solleciti e i n t e n t o r o s i , ( i ) e piccola cosa li move. La seconda cosa, che presuppone Aristotile, questa; dice: ci che ni operamo per l ' a i r e , ( a ) senza'1 quale vivere non si p o t e ; 1' aire in mezzo di noi, la favella umana va di orno in -orno, perch Taire refratto di orno in orno;T aire si muta e move, secondo le mutazioni le quali li omini fauno, come de le densitadi de le forme che apparono ne lo specchio. Pone un altro esempio: alcuno getta la pietra nel lago, la pietra move F acqua , F acqua, mossa una parte, move F altra parte vicina in modo di rota, e tante rote fa, quanto dura la potenza del braccio; st lo pescatore con suo a m o , pesca, e non vede quello che la pietra gett, ma vede li cerchi che F acqua fa, conosce che orno li fa impaccio al pesce prendere, movesi e viene a pregare che

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( i ) Intentorosi per intenti. ( a ) aire ed airo e cosi altre v o l t e .

T TO

non getti pietre p i ; cosi, dice Aristotfl e , la favella e le operazioni umane mutano F a i r e , F aire mutato da parte in parte pervene al sentimento umano e de li altri animali; come incontra che la carnada ( i ) e le morte corpora gettano vapori corrotti per F aire, e pervene al1 ' odorato de li lupi e de li avoltori, donde si scrive che cinquecento miglia lo avoltore corre a le corpora morte: questo non bra per altro, se non per ta mutazione che fa F aire corrotto, continuato da corpo a corpo. Ora vuole Aristotile che non solamente li efetti de le cose mutino F aire, ma anche si muti F aire pe volere e pensamento de F orno; che quando uno vuoi uccidere un altro, li spiriti se F infiammano addosso, li spiriti infiammati mutano F aire, secondo qualitade di quel la collera accesa, F aire mutato si continua con la persona che deve essere ofesa: ne la persona che offesa deve essere stanno li spiriti temperati secondo la condizione del sonno, comprende F ira de F orno sopra di s e , secondo
( i ) Legges nelle antecedenti edizioni comarda , parola vuota affatto di senso, e senza dubbio g u a sta dai copisti. Togliendo le metatesi del r , eon poco cambiarnento viene a formarsi l a voce cartrefacta; ed il periodo mostra chiaramente che tale dfive essere il valore di questa voce,
nada per carnaggio o carname, rnassa di carne pu-

III

alcuna spezie, o in tale spezie, o simile. Questa la ragione naturale, la quale adduce lo filosofo, dunque non fu inconveniente se quello 'naperatore vide in soga o F arco di Attila rotto; che per morte di Attila F aire mutato ne F emisperio in parte senza contradizione pervenne a Jo spirito de lo 'mperatore dormiente. (i) Cira voglio tornare a la materia,
( i ) Cc-nosce ogni nomo di buon senno il valore di questi sottili aristotelici argomenti, che formavano un giorno il nerbo delle peripatetiche dott r i n e , ed il diletto delle antiche scuole-, ed agevolmente comprende come pe tremolio dell' aria e per i trasmessi effluvii potesse Marziano imperatore, che dormiva n e l suo letto in Costantinopoli, sentir 1' odore di A t t i l a , che era morto in P a nonia! II nostro storico sembra prestar fede con molta semplicit a l sogno fatto dal Tribuno , e procura nella lunga sua digressione addimostrarne la possibilit con fisiche ragioni, tratte dai libri di Aristotile. Ma il Rienzi era un furbo si fatto, che, avendo forse col mezzo de'suoi corrieri ed esploratori avuta anticipata notizia della resa di Respampano, e del bianco frate che dovea essere a lui inviato , intese senza dubbio a rappresentare , ad imitazione dell' antico Appolonio di Tiana, la narrata commedia, per awolgere le sue imprese in quel1' ombra di mistero, che tanto impone alia cieca moltitudine.

I 12,
CAPITOLO XX.

Vengono consegnate al Tribuno molte castella e fiortezze, e resagli obbedienza da molti potenti. Edifica una cap pella nel suo palazzo.. In che modo egli interviene alie messe. la sua moglie corteggiata dalle patrizie, e i parenti da cittadini,

Poi che '1 Prefetto obbedio, e assegn la rocca di Respampano, incontente li fu rassegnato in Marittima lo forte ed opulento castello di Ceri, poi Monticelli da presso Tivoli, Vitorchiano da presso di Viterho, la rocca di Civitavecchia canto mare, lo Piglio in Campagna, e Porto canto Tevere; ebbe allora in sue mani le fortezze, li.passi, e li ponti di Roma in tutto. Allora fece core, e ordin Gianni Colonna Capitano contro quelli di Gampagna, se fossino ribelli, specialmente contro '1 Cont di Fondi Gianni Gaetano, lo quale Gianni e li Campanini obbediro. Lo Prefetto in segno di vera obbedienza mand Francesco suo figlio per staggio molto onoratamente accompagnato. Allora Gola di Buccio di Braccia, uno potente che abitava sopra le montagne di Rieti, fuggio, e alz per la pi corta lunga da trra di Roma. Poi fece in Campidoglio una bella ca'pella rinchiusa con ferri stagnati j l dentro faceva cantare solenne Messa con cantori assai e molta illumina-

ria. ( i ) Poi si faceva stare dinanti a se, raentre sedeva, li baroni tutti in piedi ritti, con le braccia piegate e con li cappucci tratti: deh come stavano paurosi! Avea questo Cola tina sua moglie molto giovane bella, la quale*, quando giva a santo Pietro, giva accompagnata da giovani ornati (a); d le patrizie la seguitavano; le fantesch con li sottili pannicelli nanti al visaggio ( 3 ) le face va no vento ; e industriosamente rostavano, (4) che sua faccia non fosse offesa da mosche. Avea uno suo zio Gianni Barbieri avea nome, barbiere fu, e fatto fu. grande signor e , fu chiamato Gianni Ross; giva a cavallo forte accompagnato da cittadini romani; tutti li suoi parenti givano a paro. Avea una sua sorella vedova, la quale volse maritare a barone di castella.
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u3

( 3 ) visaggio viso - D a n t e , inf. 1 6 . cos ciascna il VISAGGIO - Drizzava me...

( i . ) Illuminaria per illuminazione. ( a ) Ediz. Brac. - armati (4) rostare da rosta strumento

rotando,

per far

vento

e scacciar mosche.

iil
OSSERVAZIONI S T O R I G H E
Contro il bont di Fondi Gianni Gaetano &c.

Giovanni Gaetanb c o n t di Fondi prente del cardinale nnibaldo di C e c c a n o , di cui si dir i n appresso , teneva pe Papa le terre della Campagna di Roma, le reggea da signore assoluto. Nell a lettera scritta dal Tribuno al Pontefice viene i l cont di Fondi notato di fratricidio e di altri a t r o ci m i s f a t t i : sembrano incredibili si enormi scelleratezze; ma gli crto pero non essere eostui meno malvaggio del prefetto di Vico, sebbene men valoroso in guerra.

CAPITOLO XXI. Da citta e castella lontane vien gente a Roma per giustizia. E Cola, volendo essere solo signore, licenzia il Legato del Papa,ed a sua Santit manda ambascerla.

Lo Tribuno fece anco officiali, e rinov ogni ragione. Allora fama e paura di si buono reggimento passa in ogni trra; da cittadi e terre molto lontane vennero a Roma persone, le quali accusaro; e quelle che appellaro, e quelli che furo puniti non lo poterai ( i ) credere. Ne la cit( i ) potieri, e cosi altre volte.

tade di Perusia fu occnlfamente occiso uno giudeo, ricchssimo usuraro, con la sua giudea; col tempo la esecuzione fu trattata a Roma. Molti offesi e tiranniati da le cittadi di Toscana vennero & Roma, e pregavano per Dio che li rimettesse in loro case; ad ogni gente nene nrometteva. Ora spessano li forastieri, li alberghi son ripieni per la folla de a molta forester i a , le case abbandonate si racconciano, nel mercato molta gente corre; li signori di Montagna, quelli de li Malieri, Todino di Antonio, li quali di Roma son stati sempre stranieri, tutti si rappresentano. In tempo di tanta prosperitade, volendo esser solo signore, licenzi'1 vicario del Papa suo collega, '1 quale fu uno tramontano, grande decretalista e vescovo di Viterbo , bench da Avignone da li grandi prelati avesse le molt lettere e le molte 'mbascierie. Allora mand uno 'mbasciatore al Papa, significando questo stato; questo 'mbasciatore, poi che tu tornato, disse che '1 Papa con tutti li cardinali forte dubitaro.

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n6
CAPITUL XXII.

Le princpali citth e Principi della cristianita dano ambaciatori al Tribuno.

mun-

Ora ti cont le 'mbasciat rnate, le quali ad esso venivano. Tutta Roma stava lieta, rideva, e pareva tornare a li anni migliori passati. Venne la onorabile 'mbaseiata e trionfale de' Fiorentini, de' Senesi, di Arezzo, di T o d i , di Terani, di Spoleti, di Rieti, di Amelia, di Tivoli, di Vellet r i , dLPistoia, di Foligni, di Ascisi; queste molti altri uomini di spettata bontade, persone psate ed oneste, giudici, cavalieri, mercatanti, belli e facondi parlatori, uomini di sapienza facevano le 'mbascierie; tutte queste cittadi e comunanze si offersero al buono stato; le cittadi di Campagna, '1 ducato di Sora, le terre di Patrimonio renderonsi. Non volendo stare sotto la Ghiesa '1 poplo di Gaeta, con I' ambascieria mand diecimila fiorini e offerserosi; ( i ) Veneziani scrissero lettere sigillate col sigillo pendente di piombo, ne le quali offerson al buono stato le persone loro e 1' avere. Messere Lucchino '1 grande tiranno di Milano mand
( i ) Ai nomi collettivi si da anche il verbo plurale. Bocc. 9. 2. N . 6. IL POPLO a furore corso alia prigione, e uccise le guardie, lui N' AVEVAN TRATTO f u o r i - E Dante - V inno che quella GENTE allor CNTARO.

una lettera, ne la quale confort il Tribuno a ben fare ed al buono stato, e ammaestrollo che cautamente sapesse domare li baroni. La maggiore parte de li tiranni di Lombardia lo disprezzaro, ci fe messere Taddeo de li Pepoli di Bologna, lo mrchese Obizo di Ferrara, messere Martino de la Scala di Verona, messere Filippino di Gonzaga di Mantova, li signori di Garrara di Padova, in Romagna messere Francesco de li Ordelaffi di Forli, messere Malatesta di Arimino, e molti altri tiranni, li quali, fatta laida e vituperosa risposta, avuto pi maturo consiglio, apparecchiavano di mandare solenni ambasciate. Lodovico duca di Baviera, gi 'mperatore, fin da la Alemagna mand secreti ambasciatori, e pregava per Dio che P accordasse con la Ghiesa, che non voleva morir scomunicato. Dal regno di Puglia li scrisse 1 duca Durazzo, e H fece oferta; ne lo soprascritto diceva : alV rnica nostro carissimo. Ancora li scrisse messere Aloisi principe di Taranto, ed altri regali. Da Lodovico re di Ongaria veniva una grossa 'mbasciata ed onorata; gi vennero li preventori de li 'mbasciatori, e pregavano che '1 Tribuno col poplo di Roma provedessero sopra la vendetta, la quale si dovesse fare de la cruda morte, che fece '1 re Andrea, re di Puglia, '1 quale da li baroni era stato appe5

I1

so come si dicer& poi} ( i ) erano questi preventori de 1' ambasciaria due persone assai notabili vestiti coa ricchi velluti yerdi fodrati di vari* con. cappe alemanne. Quando *1 Tribuno intese loro 'mbasciate, volendoli dar risposta, mandolli su nel parlatorio dinanti a tutto *1 poplo; era die sabato j fatta era di aliquanti giustizia: allora si fece portare in capo la sua corona tribunale, de la quale faro io mencione; ne la mano ritta teneva un mel di ariento con la croce. Allora favell, e disse: giudicher la rotonditade de le ierre ne la giustizia e li popoli nelV equitade; ( a ) disse p o i : questi son li ^mbasciatori de li Ongari li quali domandano giustizia de la morte dell' altro innocente re Andrea. Da la reina Gioanna moglie del re Andrea, infelice r e , ebbe lettere grazise; da la quale medesima la Tribunessa n' ebbe cinquecento fiorini e gioie. Dal santo Padre apostlico lettere ebbe che facesse b e n e ; da molti prelati lettere ebbe speciali che sapesse suggere le zinne de la santa Chiesa come di pietosa e dolce madre. Ora Filippo di Vallois
3 % %

n8

( i ) Manca il framment, che t r a t t a di questa morte. Vedansi le sservazioni storich in fin del capitulo.
( -i) Judicabit orbem terrarum

les in aequitate.

Psalm. 96. vers. u l t .

in Justina,

et

popu-

re di Francia lettere marida per uno ar-r cieri; la. lettera era scritta in vulgare, ne era pomposa, ma era come lettera di meiv catanti: cjuando la lettera fu giunta in Roma, 1 Tribuno era caduto di suo dominio , lo stato era volto, donde fu assegnata a li signori di castello santo Agnolo; Malabranca Gancelliere di Roma V ebbe in sua mano.

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OSSERVAZIONT STORICHE i Taddep de* Pepoli er$ figlio di Romeo ricchissimo oittadino bolognese, il q u a l e , usando liberalit nel popolo_, e prendendo a proteggere gli studenti della I J n i v e r s i t , ottenne in patria molto potere, Due fazioni in q u e l tenlpo si disputavano in Bologna il reggiment delle p u b b l i c h e cose; q u e l la d e ' Scacchesi, che favorivano i Pepoli, cosi d e t t i dallo scacchiere rappresentante lo stemma di quella famiglia, 1' altra d e ' Maltraverslj cosi d e t t i , come spiega il S i s m o n d i , dallo scopo , che aveano o credeano di avere costoro, di attraversarsi al trale. N e l l ' a n n o i3at la parto d e ' Maltraversi ebb vittoria, e Romeo con t u t t a sua famiglia fu b a n d i t o , e mori n e l l ' esiglio, dopo aver operati inutili sforzi per fae ritorno in patria. Taddeo fu richiamato durante il governo del cardinale Bertrando" del Poggetto legato del Papa , e dopo 1' espulsione di questo divenne vieppi potente; ruppe col favore de' suoi partigiani in aprile del i334 la

contraria fazione , e n e l l ' a n n o i337 si res assol u t o signore di Bologna. II Papa 1' ebbe per m bello, e g l ' i n t i m sentenza di scomunicazione; ma Taddeo seppe calmare lo sdegno del Pontefice, riconoscendo la di lui sovranit sopra Bologna, prometiendo un t r i b u t o , ed obbligandosi a somministrare armi ed armati a difesa del P a p a , e ad ogni sua incbiesta: cos rimase pacifico possessore di Bologna, e mor n e l l ' a n n o i 3 4 8 , lasciando due figli Giovanni e Giacomo , i quali ebbero cuore due anni dopo di vender a l l ' arcivescovo di Milano la citt ed i suoi cittadini , da cui aveano ricevuto esaltamento e signoria , al prezzo di due cento mila fiorini; cosa, dice lo storico V i l l a n i , detestabile ad udirsi! II disprezzo di t u t t a I t a l i a , scrive Sismondi, p u n i Pepoli di cos vergognoso mercato... Cronaca di Bologna. Muratori tom. xtu, pag, 3 3 4 , 3 7 5 , , 3 7 7 , 4 . - G. Villani, lib. 9, cap. 129 M. Villani, lib. 1, cap. 68. - Ghlrardacci storia di Bologna. tom. 2 , lib. 1 9 , pag. 1 2 , e lib. 2 2 , pag. i 3 6 , e pag. 199 - Sismondi, oper. cit. cap.' 3g. 2 Mastino della Scal signore di Verona successe nel dominio a Can grande p r i m , unitamente al di lui fratello Alberto , nell' anno 1 3 2 9 ; fu assai prode in armi, ma odioso ai popoli per grande alterigia e per fieri costumi. Conquist molte circostanti terre, ma i suoi allori furono .bruttati sempre da crudelt e da t r a d i m e n t i ; mor n e l 1* anno I 3 5 I . Di bella e cara ricordanza fia sempre il nome di quel Can grande suo antecessore , che die pietoso ed ouorevole ospizio all' sule Poeta fiorentino, e fu crtese e splendido proteggito2

iao

re delle italiane lettere , ed il refugio d e ' profughi illustri abbandonati dalla fortuna. Era mi debito il fare onorata menzione di questo benefattore magnnimo degli studi , poich il tacere sue lodi sarebbe in uno scrittore italiano vituperevole ingratitudine. Tiraboscki, tom. 5, lib. i, cap. i. - Petrarca, lib, 2 , rer. memorab. cap. 1 8 . 3 Filippino figlio di Luigi da Gonzaga. di tedesea origine, avendo ricevuto da Francesco figlio di Passerino de'Bonacossi signore di Mantova vituperevole ingiuria, deliber co' due suoi fratelli Guido e Feltrino di togliere ai Bonacossi la signoria, e ci eseguirono coll' aiuto di Cae della Scala, uccidendo Passerino ed i l figlio nel di 1 4 agosto d e l l ' anno i 3 2 8 . Quindi si fecero padroui di Man tova , dandone in apparenza il dominio a Luigi loro padre , ma reggendola eglino stessi a loro piacimento. Filippino era valoroso guerriero, milit pe re di Ungheria in I t a l i a , e mori nell' anno i358. G. Villani, lib. 10, cap. 99. - Sitnoni, origine di Mantova, lib. 5. - Tiraboschi, tom. 5, lib. 1, cap. 1. 4 Jacopo secondo da Cariara possedeva in q u e l tempo la signoria di Padova, dopo la morte (seguita n e l l ' anno 1 3 4 5 ) di Ubertino suo zio il quale erasi eletto a sceessore Marsiglietto Pappafava, che apparteneva ad un ramo della stessa famiglia de' Carraresi. Jacopo si elev al principato colla uccisione di Marsiglietto , e rendendosi caro al poplo , fece con molte belle virt dimenticare il delitto, col quale erasi acquistato la dominazione in Padova. Un Guglielmo bastardo della famiglia Carrarese lo spense nell' anno i35 , dopo cinque anni di felice e desiderato governo. Padre d e ' suoi

iai

popoli, splendido fautore d e ' buoni s t u d i , amico e librale ai dotti seppe meritarsi gli encomii de* eoutemporajiei. ,, Dappoich il mondo h a perduto il re Roberto io non ho conosciuto , (scrivea il Petrarca) chi pj di lui amasse e fayorisse le ,, l e t t e r e , e fosse in grado di giudicare delle ope re dell' ingegno. Cplmo di yirt e di gloria si , lacea apprezzare per singolare dolcezza di costumi. Era padre piuttosto che signore e padrone del sua poplo .,, Dopo tale elogio scritto da uomo si grande inutile 1' aggiunger sillaba in lode di questo principe. Petrarca, Famih lib. 11, ep. a, mss. real,- De Sade, tom. 3, pag. 97. - Tiraboscfy, tom.. 5, lib. 5, cap. a. 5 Francesco figlip di Sinibaldo degli Ordelaffi dominava la citt di Forli ed altre terre col t i tolo di Capitano. Gli QrdelafB acquistarono la signoria della patria col favore d e ' loro consorti 1' anno i'iS, e ben accetti al poplo la m a n t e n nero per molti anni. Francesco dov cederla n e l 1' anno i33a a Bertrando del Poggetto legato del Pontefice in L o m b a r d i a , alia cui forza vide non potere pi oltre resistere. Ma appena declin alquanto la fortuna di quel cardinale per la rotta di Ferrara, 1' Ordelaffio s* introdusse in Forli n a scosto entro u n carro di fieno , cors la citt col poplo, ucGidendo e cacciando gli ufficiali del legato, e nel giorno diecinove di setiembre d e l l ' a n no i333 si res novellamente padrone della trra. Datosi a parte ghibellina fu nemico acerbissimo della Chiesa, e collegato c o ' v i c i n i t i r a n n i , afrcriunse al suo dominio Cesena ed altre castella , e so3tenne con molto coraggio la propria fortuna,
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Bench abbandonafco da'consorti s u o i , scomunicato e maledetto , ebbe cuore ed ardimento di opporsi a lungo alie forze ed al valore d e l cardinale Egidio Albornozzo , che bandi crocita contro di lui , e con. aspra guerra di oltre Ere anni g a gliardamente lo strinse , e il pose in necessit di arrendersi nel di 4 luglio 1 8 5 9 , e di ceder la citt di Forlij dopo essere stato spogliato di tratto in tratto di ogni altro possedimento. Presentaosi 1' Ordelaffi quai penitente al cospetto d e l cardinale, ottenne il perdono ed il domiuio insieme di Forlimpopoli e Castrooaro per anni dieci, ma q u e l 1' orgoglioso, non domo ancora dalle sventure, perd ancora il possesso di queste d u e t e e per aver tentato nuovmente di farsi padrone di Forli. Marzia degli Ubaldini figliuola di Vanni signore di Susinana e moglie di Francesco, conOsciuta col nome di C i a , era femmina di virile coraggio , ed a lei anid 1' Ordelaffi la difesa di Cesena. Questa magnnima d o n n a , chi usa i Cesena stilV incorninciare d e l l ' a n n o i357 con duecento c a valieri ed altretfanti pedoni , sostenne Valerosamente 1' impeto del legato , e costretta a ritirarsi nella rocca si difese sino a l l ' ultima estremit. Vanni da Susinana suo padre in tanto pericolo la consigli a re adere la fortezza al legato, ma la forte donna rispse queste memorando parole: quando mi daste, o padre , al mo signore, mi comandaste che sopra tutte le cose io gli fossi ubbidiente, e cos ho fatto ed intend di fare infin illa mrte. Egli mi accomnd questa ierra, e disse che per niuna cagione V abbandotiassi, e non facessi cosa senza la sua presenza , od alean segreto 'segno , ch' egli mi ha dato. La norte ed ogni altra cosa poco cu-

ro , ove io ubbidisca a suoi comandamenti. N 1' autorit del padre , n 1' aspetto d e ' soprastant i pericoli rimuover poterono d a l P alto proponiinersto suo la gran d o n n a , la quale intese con fnaggior cura alia guardia della rocca che il marito le avea affidata; e soltanto sulle cadenti r u i ne di quella rratt col legato nel giomo a i g i u gno 1 3 5 7 per la salvezza d e ' s u o i , senza chiedere per s patto alcuno, Nel libro secondo della nostra jstoria son esquisitamente narrati gli avvenitnenti di questa guerra. Era P Ordelaifi feroce negl' impeti dell' ira sua, amplacabile co nemici e massimaxnente co'crociati a molti d e ' quali diede spietato m a r t i r i o ; ma il nostro scrittore ei fa conoscere c h ' egli era incarnato co' forlivesi, e trattava generosamente i suoi partigiani. Mor in Venezia n e l l ' a n u o 1 8 7 4 , l a sciando q u a t t r o figli ed un ipte in grande indigenza, G. Villani,' lib. %o, cap. 2.2,6- Anales caesenat, Coll. Muratori, tom. xiv, pag. u 3 5 , 1 1 5 3 , n 8 4 ' M. Villani, lib. 7 , cap. 58, 5 9 , 64, 6 3 , 6 9 - Cron. rimin. tom, xr - Muratori pag. goS , 907 , 908 Sismondi, cap. 4 5 . . 6 Malatesta da Rimino Vedi osservazioni storiche al cap. 6 , l i b . a, 7 E pregavano che l Tribuno col poplo di Roma provedessero sopra la vendetta, la quale si dovesse fare della cruda morte che fece il re Andrea , re di Puglia &c, Yedremo in appresso, al capitolo xxiv, che questa grande causa fu agitata alia banca del Trib u n o col mezzo di avvocati eletti dal re di U n gheria da una parte , e dalla regina Giovanna di
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Napoli d a l l ' altra. Ci addimostra a q u a l grado' di fama pervenuto fosse questo uomo , al cui giudizio sottoponevano i re le prvate loro q u e rele. Trattavasi di un giudizio , al quale erano rivolti t u t t i gli sguardi del mondo , trattavasi di decidere se u n a regina, se la bella e gentil i p t e |flel re Roberto, per dottrina e per valore si chiarOy fosse rea dell' assassinio del suo sposov II Tribuno prese il partito di temporggiare ef di tenere a bada le parti. Quindi P improvvisa di lui caduta gli tolse la briga di pronunciare una sentenza con tanto desiderio- aspettata.. Rilevasi pero da una delle epistole segrete' di papa' C l e m e n t e vi al cardinale Bertrando di Detcio ( i ) c h e il Rienzi, ben lontano dal pensiero di giudicare u n a causa di t a n t a importanza, intendeva invece a trarne profitto per favorire g P interessi del Bavaro edl il proprio ingrandimento. Ecco i n breve la storia della funestissimaVcata-strofe. / Roberto' re di Napoli era morto il di 19; gen-Tiajo i343 n e l l ' e t d ' a n n i o t t a n t a , avendone r e gnato' trentatr ed alcuni mesi. Narra Giovanni Villani ( a ) che fu questo Roberto il re pi saggio che fosse stato fra cristiani da cinque s e coli in poi; dotto per ingegno e per istudio, grande telogo, sommo filosofo, principe dolce ed amo-revol. Petrarca scrisse sulla di lui rnorte lettere' dolentissime, ed in u n elogio in latini versi com*

i ) Presso il Rainaldi ann. 1347'a ) Lib. i cap; 1 0 edizione di Milano. La data del' i34'2' manifest errore;

posto jteoe. palesi le sue virtu e l e valorse sue geste. Rx)X)efto non avea che due pccole n p o t , Gio. vannxi e Maria, figliuole ambedue di Cario duca di Calabria suo figlio premorto n e l P a n n o i 3 a 8 . Inteso ad assicurare la pace di sua famiglia e del regno si avvis di ottenerl colP unir le nipoti ai figli di Cario Uberto re di Ungheria, 1' uno di nome A n d r e a , V al tro Luigi. Cario U b e r t o , q u a l figlio ed erede di Cario Martello maggiore germano di Roberto, potea far valere giuste pretensioni sul regno di Napoli, queste nozze aquetavano la coscienza del re, prevenivano ogni futura discordia. Quindi Giovanna fu destinata ad Andrea e la minor sorella a L u i g i , ma per i maneggi del cardinale di Taleyrand q n e s t ' u l t i m a , dopo la morte di Roberto, con dispensazione del pontefice venne sposata a Cario duca di Durazzo suo Cugino, il quale meditara nel cas che Giovanna morisse senza figli, di salire sul trono che per testamento di R o berto decadeva alia minore sua ipte. Andrea fu condotto dal padre alia cort di Na-" poli n e l l ' e d' anni s e i , quando Giovanna ne avea nove ; ( i ) e le ceremonie delle nozze furono celbrate con molta magnificenza n e l P anno i 3 3 3 . Roberto erasi lusingato che i due f a n c i u l l i , congiunti di sangue d insieme fino dalla infanzia alr s

( i ) Cosi De-Sade ull' appoggio delle dispense date dal pontefice in novembre dell' anno r333 per \S\ nozze de' due cugini. Laonde erra il Sismondi, scrivndo ene Andrea vesse qnalche mese pi. di Giovanna, la quale anzi avea tr anni pi dello sposo. In fatti Roberto nel Suo testamento rdin che Andrea bsse coronato re, giunto ll' et d'anni a , ed allorch la moglie ne avesse venticinque.

levati, crescendo in et sarebbero presi da u n d u revole affetto, ma la seguente tristissima narrazione far manifest q u a n t o il senno di u n tanto principe andasse errato. N a t u r a avea inspirato a' giovanetti sposi ndole ed inclinazioni opposte, e F avversione e il dispetto crescevano in essi cogli a n n i , e tenean luogo del vicendevole conjgale amore. Giovanna dopo la morte di Roberto , ricca di grande tesoro , signora di florido regno , tenendo in poco cont il marito , dominava con giovanile e vano consiglio , e , come narra il Villani , pi con lasciva che virtuosa larghezza. Andrea al contrario avea recato nella splendida e voluttuosa corte di N a poli la nata ungarica rozzezza, e con inopport u n o orgoglio avea in dispregio i costumi d e ' napoletani ; usava parole di minaccie colla regina, co' principi di suo legnaggio, e co' baroni, e facea travedere c h e , divenuto r e , avrebbe fatta aspra vendetta d ' suoi nemici ; narrasi che facesse pingere in uno stendardo la sua coronazion e , e delineare in esso d e ' strumenti di morte per annunziare forse anticipatamente ai cortigiani la ferocit di sue intenzioni. Era fama che la regina fosse presa da reo affeto pe suo cugino Luigi di T a r a n t o , assai bello, e gentile nella persona, e che si dasse inoltre ad altri colpevoli amori, il perch si accrescea in Giovanna 1' avversione alio sposo, il quale era d a l V altra parte eccitato a gelosie, a sospetti, e ad ira dagli Ungari che seco avea, tra i quali certo frate Roberto precettore e consigliero del giovane, della di cui molta ignoranza e rozza alterigia scrive il

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Petrarca in una delle sue f&migliari, ( i ) e questo Roberto fomentava ancora n e l l ' Ungaro la pretesa che egli fosse il legittimo erede del t r o n o , siccom.e discendente di Cario Martello , indipendentemente dalla regina. Erano in tale stato l cose, allorch pervenne i n Napoli la novella della bolla , con cui il Papa consent va alia coronazione di Andrea prima del tempo da Roberto assegnato , per la quale ceremonia si prefigga il giorno venti settembre dell' anno i345. Spaventati i rei cortigiani dal funesto destino che loro soprastava , dterminarono la morte d e l P i n felice re , e meditarono in tenebrosa congrega i l modo di p o n e in secuzion il grande misfatto. II cont di ArtesiO bastardo del re Roberto, e Filippina la Catanse favorita di Giovanna si fecero capi della congiura , e volser ogni studio a t e n tar 1' animo della regina. Rappresentavano ad essa 1' ndole di Andrea facile l l ' i r ed alie vendette, V orgogli.l'avarizia, e la crudelt degli Ungari che 10 dominavano , 1' infelicit d e ' suoi popoli sotto 11 duro imperio di si fatto r e ; 1' atterrivano n a r rando i sospetti e le palesi minaccie del m a r i t o , addimostravano essere mal sicuri i suoi giorni , e la faceano sopratutto tremare sulla vita dell' amato cngino. Questi ripetuti ssalti al cuore di govanetta regina c o m b a t t u t a da t a n t passioni ot-, tennero, se non espresso, almeno un tcito consentimento a q u a n t o d a l P altrui perfidia erasi roeditato.

( 1 ) Libr. 5, epist. 3 .

Era la notte del diciotto di settembre dell'an-. no i 3 4 5 , e la corte stava a diporto in u n delizioso luogo di A versa, piccola citt che giace fra Cap u a e Napoli: i congiurati fecero chiamare i l misero principe, in procinto di coricarsi nel letto m a r i tale , sotto pretesto di grandi novelle venute da N a p o l i ; mentre il giovane re s' incamminava alia funesta sua sorte, dicesi che Giovanna , p u n t a da rimorso , facesse motto a richiamarlo , ma il fatal uscio della camera fu rinserrato tost dietro di lui , ed i traditori, postogli un capestro al eolio, il trascinarono fuori dello sporto d' una sala sopra il giardino , ed ivi spenzolandolo , tirato pe' piedi, fu miseramente strangolato. Accorse u n ' t i n gara sua nudrice, per nome Isolda, destata al tu-r multo, e, mandando alte grida, spavent i congiur a t i , che si fuggirono, lasciando il maltrattato cadavere del re nel giardino. Giovanna fece trasportarlo a Napoli, ove fu sepolto nella Chiesa di s. L u i gi senza farne lamento n pianto, e nell' anno dopo si diede sposa a Luigi di Taranto suo c u g i n o , di cui abbiamo di sopra parlato. L ' atroce avvenimento turb la pace del regno. Cario di Durazzo, che forse in segreto avea secondato i disordini della regina e le discordie degli sposi, eccitava il poplo a vendicare la mor te del re, sperando che, cacciata Giovanna dal t r o n o , potesse egli fcilmente Ottenerlo. D a l P altra parte Luigi di Taranto e la regina radunavano p a r t i giani per sostenersi nel pericolo che ad essi soprastava. Papa Clemente conturbato alia funesta novella se ne dolse in pubblico concistorio, scomunic gli autori ed i fautori della crudel morte di A n d r e a ,
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e commise al cont Bertrando di Beaux , grande giustiziero del r e g n o , di punir i colpevoli senza riguardo a stato ed a condizione. Questo Bertrando col favore del poplo sommosso fece prendere R a i mondo di Catania grande Maniscalco, la Catanese favorita della r e g i n a , intilmente da lei difesa, ed altri congiurati; e dopo averli fatti martoriare con asprissime torture li commise a morte fra atroci supplizi. Narrasi che, quando i rei erano torturati per la scoperta d e ' complici , u n largo steccato impediva al poplo di udire le loro confessioni, ed erano mandati a morte con u n ' amo alia bocea: crudeli precauzioni, che, invece di salvare l ' i n nocenza della regina, erano atte ad accusarla maggiormente. Luigi re di Ungheria si mosse n e l l ' auno 1347 con grande oste a vendicare 1' uccisione del fratello, e recava seco un l g u b r e stendardo, su cui era dipinta la cruda morte di Andrea , miseranda vista che eccitava il poplo a compassione ed a sdegno! Giunto a Benevento in gennaio del i 3 4 8 , la regina Giovanna, e dietro lei il-principe di Taranto fuggirono in Avignone , tal che 1' Ungaro ridusse a sua obbedienza quasi t u t t o il regno, che intese a governare in nome del piccolo fanciullo Cario Martello figlio di Giovanna e di Andrea, nato dopo la morte del padre. Nel di 24 di detto mese il re Luigi soggiornava in Aversa, e il duca di Durazzo con altri reali era con fidanza ven uto a rendergli omaggio: allora Luigi volle essere condotto al Inogo, dove il fratello era stato posto a morte, ed iv pervenuto, si rivolse a Cario di Durazzo con fiero sembiante, e con terribil voce. Traditore , gli disse , del sangue tuo, che farai? ed in

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quello istante i l d u c a , che invano chiedea misericordia , fu t r a t t o al logo dove fu strangolato Andrea, ed ivi ferito da u n Ungaro , secondo che il re avea predisposto, gli fu tagliata la gola , e , fatto in due pezzi, fu gettato nello stesso giardino. Scrive Matteo Villani che il re di Ungheria fu i n famato di crudelt non tanto per la uccisione del duca, che era r e p u t a t o innocente della mor te del cugino, q u a n t o anche per la prigionia d e ' giovani reali, che sotto fede di a m i s t a erano venuti al duca per fare ad esso riverenza. Alcuni storici hanno procurato difendere la regina dalla accusa di complicit nella morte del marito ; altri la credono rea, e Muratori aggiunge esser pi fcil cosa lavare ed imbiancare il volto ad un Etiope, di quello che sostenere con buono effetto la causa di Giovanna di Napoli. ( i ) Una lacnica lettera del re Luigi indirizzata alia regina contiene in succinto t u t t a la forza delle prove che si hanno contro di lei. ( a ) Con t u t t o ci 1' Abb. De Sade assume le difese di questa regina colP ardore di un antico cavaliero ma t u t t o lo sforzo di sua eloquenza ottiene assai, se giunge a togliere a q u e sta regina la taocia di u n espresso consentimento, o ad iscusarla di seduzione. Bella e gentil cosa farsi difensore di vaga e giovine regina, erede e ipte

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( ) 55 Qui Joannam de hujusmodi crimine purgare conati sunt judicio meo jEthiopem lavandum ac dealbandum su scepere Goll. Murator. tom. i a , fol. 5 4 7 . (a) Johanna! inordinata vita praeterita, ambitiosa retenjj tio potestatis in regno, neglecta vindicta, vir alter suscej , ptus, et excusatio subsequens necis viri tui te probant fuisse participem et consortem. Bonfin. de rebus ungaricis - Dec. n , lib. x, pag. a 6 i .
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del Salomone del seclo dcimo quarto , di u n re saggio e valoroso , amico ed ammiratore del Petrarca e mecenate dei dotti , ma la verit pi bella ed amabile , e non ammette rivali. Gio: Villani, lib, xa, cap. 5i e 5a - Matteo Villani, lib. i, cap. 9 e i o - De Sade tom, a , p a g . 7 8 2 4 6 , e nota pag. a i . - Sismondi cap. 36.

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CAPITOLO XXIII.

Delle magnifiche rispaste che da Cola agli ambasciatori.

Voglio al cune cose abbreviare ( 1 ) de le magnifiche risposte, le quali dava. Venne a Roma 1' ambasciata del principe di Taranto 5 tre furo li 'mbasciatori; uno arcivescovo delF ordine di santo Francesco, mastro in Teologia, uno cavaliere a speroni di auro, ed uno giudice con bella compagnia, some, ed altro mese. Quando li tre ambasciatori furo dinanti al Tribuno, Y arcivescovo propose queste parple: misit viros revocare apiicitiam: (a) poi si distese, e disse: come loro signore si allegrava
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( 1 ) abbreviare per dir brevemente. ( a ) Dal testo de'Maccabei libr. \ , cap. 1 3 , vers. 1 Jonathas misit eos Romam .... revocare cum eis amicitiam ,,

molto di si fatto stato; poi lo confort, poi si ofFerio, poi domando che rmani fossino una con esso a contrariare al re di Ongaria, lo quale veniva ad arder e refocare '1 reame di Puglia: dette queste parole Y ambasciatore fece fine. A queste parole '1 Tribuno senza previsione ale una rispse per questa via: in prima propose COS: sint procul a nobis arma et gladius; trra marique sit pax; poi disse: averno alquanti popolari, con li quali avuto consiglio, a voi daremo risposta. Quando lo frate mastro in teologia queste parole ebbe inteso, sbitamente esbigottio si forte, che brevemente non sapea che si dicere: la cagione del suo sbigottimento fu questa , che la risposta del Tribuno rispondea a la proposta, ed ambedue erano di uno testo poco di lunga Y uno dall' altro nel libro de li Maccabei. ( i ) L' opera fu cosi: gente straniera per forza entro nel reame di Giudea, li regali di Giudea forte resistenza fecero , la guerra fu grande, li campi non furo coltivati, la caresta era grande per le contrade, e non avevano foraggio; convenne a li giudei ricorrere a' romani, con li quali avevano lega, donde mandaro a Roma li Am-

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( i ) Nello stesso libro e capitolo d e ' Maccabei vers. a 3 .

basciatori per rinovare questa amistanza, che volevano aiuto e soccorso; anco vennero, e addimandaro grano per la caresta che avevano; in ci addussero navi , e addussero moneta assai. Romani risposero in una lettera, e scrissero che essi ottavano ( i ) non essere guerra in loro paese di Giudea, e che pace li donasse Dio per trra e per mare: all' opera dell' annona li romani caricaro le navi di grano, e rimandaro in retro la moneta. Di ci lo frate esbigottio, che pens in suo animo: moli savio orno questo Tribuno; molta scienza, mola memoria e prodezza ha.

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( i ) Ottare dal latino optare , desiderare.

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CAPITOLO XXIV.

Esempi notabili della buona del Tribuno.

giustizia

Ora ti voglio contare alcuna cosa de la giustizia, la quale questo facea. Gonfesso clie quelli, i quali in Roma vendono carne e pesce, siano li peggiori uomini del mondo ; ogni gente sogliono 'mbarattare; ( i ) allora dicevano nettamente: questa carne di peco, (a) questa di capra, questa .setoliccia: ( 3 ) questo pesce buono, questo rio: nettamente ciasche arte diceva la veritade. Tra gli altri 'mbasciatori un moaco ero de. la cittade di Gastello venne a Roma, alberg in campo di fiore; l po' vespro, levato da cena, non poto trovare la cappa, la quale avea lasciata fuori, che era stata furata; ebbe lo moaco alquante parole coll' oste; 1' oste diceva: non mi assegnasti cappa: non volendolo turbare a trovare la cappa, lo moaco ne gio dinanti al Tribuno, e disse: messere, io mi posi a cena, lassai mia cappa di fori dell' albergo, credevo che vostra signoria me la conservasse; ora mi stata furata, non la pos( i ) Imbarattare per fraudare , ingannare . ( a ) peco becco. ( 3 ) Leggesi sediticcia voce contrafatta: il senso mostra doversi leggere sedoccia o setoliccia, cio setolosa, di porco da setole.

so riavere: moaco sacrato son, in gonnella me ne vado leggieri a modo di sparviero: a ci rispse 1 Tribuno e disse: tua cappa salva e; mand per panni, e in quello istante li fece tagliare e cocire ricca cappa di quel panno e di quel colore; ora torna lo moaco molto contento all' albergo ; e disse: non aggio perduta cosa alcana, ecco mia cappa. Lo notaro del Tribuno scrisse li conini del loco, e se la ruina sua maturata non fosse, ne traeva pi di mille fiorini. Nel terreno di Gapranica fu derubato uno vetturale, ben li fu tolto un mulo ed una soma d' oglio; per buona fede '1 cont Bertolda, di cui era la signoria del* castello, mand per 1' oglio e pe mulo fiorini trenta, e quattro cento fiorini pag per la condannazion e , che male guard il paese. Anco un corriere li port lettere; dormendo in suo albergo di notte un altro corriere lo ammazz , e tolseli sua moneta : essendo lo malfattore preso, fu sotterrato vivo, e di sopra di esso in una fossa fu messo F ucciso. Anco pi bella questione de la morte del re Andrea si devolvea in Roma: li avvocati del re di Ongaria e li avvocati de la reina Giovanna comparsero nanti a la banca del giudice del. Tribuno , e questionavano. Li avvocati del re addomandavano giustizia, quelli de la reina dicevano che non fu aicuna colpa de la mor3

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te di suo marito, Y altra parte si mormorava de la ingiuria, e con istanza domandava vendetta. Le avvocazioni ( i ) dell' lina parte e dell' altra si mettevano in libro. Questa cosa fu magna di non poco onore.

( i ) Avvocazione difesa di cause - Cento nov. antiche, pag. 75, ediz. Milanese 1 8 2 5 .

CAPITULO XXV.

17 Tribuno prende V ordine di caballera COT molta pompa e ceremonia.

Ora ti voglio contare come fu fatto cavaliere a grande onore. Poich 1 Tribuno vide che ogni cosa li succedea prospera, e che pacificamente e senza contraddizione reggeva, cominci a desiderare la orioranza de la cavalleria. ( ) La grandezza di
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( 1 ) Dunque fu fatto cavliere bagnato nella notte di s. Mara di mezzo agosto. Questo periodo che trovasi nelle altre edizioni stato da me tolto senza scrupolo alcuno, persuaso che vi sia stato in ser-i to da ignoranti copisti. Difatti se lo storico assegna per tale ceremonia, poche linee dopj la vigilia di s. Pietro in Viticoli, la cui festa stabilmente ricorrc al primo giomo di agosto di

questa festa fu per questa va. In prima apparecchi le nozze tutto '1 palazzo del Papa con ogni circostanza ( i ) di santo Giovanni di Laterano, e per molti di dinanti fece le mense da manicare da li rinchiostri de li baroni di Roma, e furo stese queste mense per tutta la sala vecchia del vecchio palazzo di Costantno, e
ciascun' a u n o , come potea qui assegnarvi la n o t t e antecedente alia festa delP Assunzione di M. V. che si celebra il giorno i 5 dello stesso mese? Come pu ammettersi nel testo u n a si contradditoria lezione? T u t t i gli storici contemporanei convengono che le descritte solennit seguirono nella vigilia e nella festa di s. Pietro in Vincoli dell' anno i'^y. * % Quindi devesi ritenere la seconda d a t a , e concludere che la prima vi stata aggiunta per opera altrui. E da osservarsi che nel giorno i 5 agosto i347 segui realmente altra grande ceremonia, quella cio delP incoronazione del Tribuno descritta da a l t r i storii, ** ma di cui non fa alcun cenno il nostro Annimo. Son quindi di opinione c h e , mancando nel testo la descrizione di questa seconda festa, ed avendosene forse qualche frammento, siasi da ignari copisti confusa 1' poca d e l l ' u n a e delP altra , e formato u n certo guazzabuglio storico, che u n ' accurato editore dovea correggere. . ( i ) Circostanza e circumstanza, luogo all' intorno dal lat. circumstare.
* G. Villani, libr. t a , cap. qo - Historia Gorthus. libr. 9. cap. 1a - Cronac. estens. pag. 4 ^ 7 ed altri. ** Hocsemio, loe. cit, pag, 5oS - Pellini storia di Perngia, pag. 8 7 9 .

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del Papa, e del palazzo nuovo, sicch stupore parea a chi le considerava ; e furp rotti li muri de le sale, donde venivano scaloni di legno a l o scoperto per agio di portar la cucina e ad ogni sala apparecchi lo cellario ( i ) di vino nel cantone. Era la vigilia di santo Pietro in Vincoli, ora era di nona; tutta Roma, maschi e femmine ne vanno a santo Giovanni; tutti si apparecchiano sotto li porticali ( a ) per la festa vedere, e ne le vie pubbliche per questo trionfo vedere. Allora venne la molta cavalleria di diverse nazioni di gente, baroni e popolari, foresi a pettorali di sonaglie (3) vestiti di zendado con bandiere acevano grande festa, e correano giocando: ora ne vengono bufbni (4) senza fine, chi suona trombe, clii cornamuse , ( 5) chi ciaramelle, ( 6 )

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( i ) Cellario e cellaio, dal latino cellarium. Cellarium a reponendis celandisque rebus esculentis e poculentis dicitur. Donat. ad Ter. Adelph, 4 3. ( 2 ) Porticale prtico. { 3 ) Pettorale a sonaglie - striscia di cuoio con sonagli che si appone ordinariamente al petto di cayalli. ( 4 ) Buffoni - uoiuini di corte. Vedi anche il cap. x. ( 5 ) Cornamusa o piva, struniento da flato. ( 6 ) Ciaramella e cennatnella al tro strumento musicale da flato - Vedi Pertitari Apolog. pag. ao5.
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chi mezzi canoni: ( i ) po'questo grande suono, venne la moglie a piede con la sua madre, molte oneste donne F accompagnavano per volerle compiacere; dinanti a la donna venivano due assettati giovani, li quali portavano in mano uno nobilissimo tre-r no ( a ) da cavallo tutto inaurato: trombe di argento senza numero, ora si ode troinb a r e : po' questi venne gran numero di giocatori da cavallo, li piu avvanzarani furo li Perosini e Cornetani, due volte gettaro loro vestimenta di seta: po' veniva I Tribuno e '1 Vicario del Papa a canto; dinanti al Tribuno veniva u n o , *1 quale portava una spada ignuda in mano, sopra 1 capo un altro li portava lo pendone , ( 3 ) in mano portava una verga di accia5 5

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di

( i ) Mezzi canoni strumento come sopra, specie flauti. ( a ) Nelle edizioni di Bracciano e nel Muratori si .legge freno, ma non comprendo a quale proposito un freno da cavallo fosse portato in due avanti alia moglie del Tribuno; quindi ho per ferino che abbiasi a leggere treno, e treno voce bellissima, che indica appunto il magnifico equipaggio d e ' cavalli riccamente ornati d' oro che occorreva in servigio della Tribunessa e di sua madre. Queste dame erano modestamente a piedi, siccome a femmine pi si a d d i c e , mentre t u t t a la comitiva era a cavallo ; ma il decoro chiedea che vi fosse nel corteggio anche il loro treno di cavalli per la maggior pompa della ceremonia. ( 3 ) Pendone stendardo a modo regale.

r o , molti e molti noLili erano in sua compagnia: era vestito con una gonnella blanca di seta miri candoris inganzata ( i ) di auro filato. La sera fra notte e die sali ne la cappella di Bonifazio Papa, e favell alpoplo e disse: sappiate che questa notte mi deggw fare cavaliere: crai ( a ) tornarete e odirete cose che piaceranno a Dio in cielo e a li uomini in trra; di maniera che in tanta moltitudine da ogni parte era letizia : non fu orrore, non furo armi; due persone ehhero parole, adirati trassero le spade, e nanti che l colpo menassero le tornaro in sue vagine. Ognuno va in sua via: de le cittadi vicine a questa festa vennero gli abitatori, che pi? e li veterani, e le pulzelle, vedove e maritate. Poi che ogni gente fu partita, allora fu celbralo solenne officio pe chiericato, e p o 1 ' officio entr nel bagno, e bagnossi ne la conca de lo 'mperatore Costantino, la quale di finissimo paragone, ( 3) stupore ques 5

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( i ) Leggesi inzaganata per metatesi essendosi anteposta senza dnbhio la sillaba za i n v e c e d ' i n gan-za-ta. Cangio gangio e ganzo A' oro dieesi quel lavoro o tessnto d' oro, il quale contesto colla seta cangia secoudo 1' aspetto della luce i color, ed detto anche cangiante. ( 2 ) Crai dal eras latino voce antieainente in uso. ( ') Era fama che in quella conca si fosse bagnato V imperatore Costantino allorch fu guarito dalla lebbra dal santo Pontefice Silvestro; raa u n a tale tradizione non avea alcuna autenticit.

sto a dicere, molto fece la gente favellare. Uno cittadino di Roma messere Vico Scotto cavaliere li cinse la spada; poi si addormio in un Ietto venerabile, e giacque in quel loco che si dice '1 fonte di santo Giovanni, dentro def circuito de le colonne; l compio tutta quella notte. Ora sent meraviglia grande; il letto e la lettiera novi erano: come venne 1 Tribuno a salire al letto sbitamente una parte del letto cadde in trra, et sic in norte silenti rnansit. Fatta la dimane, -levossi '1 Tribuno vestito di scarlatto con vari, cinta la spada per messere Vico Scott o , con speroni di auro come cavaliere. Tutta Roma e ogni cavaliere ne va a santo Gioanni, ne vanno ncora tutti li baroni e foresi e cittadini per vedere messere Cola di Rienzi cavaliere; fassi gran festa e gran letizia.
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OSSERVAZIONI STORICHE

Era in q u e ' tempi universale n e ' grandi il desiderio di onorarsi d e l l ' o r d i n e di cavalleria con molte ceremonie, e con pompa eguale a solenni nozze. Narra una antica leggenda ( 1 ) che ancora al famoso Saladino sultano di Egitto venne la voglia di farsi creare cavaliere bagnato. E siccome in tale leggenda son descritti t u t t i i riti di si fatta misteriosa ceremonia, e vi si aggiunge la spiegazione , cosi piacemi di qui riportarne il tenore.. Allora ( Ugo di T a b a n a ) fece immantenente apparecchiare t u t t o ci che si conviene a cava,, liere fare. Primamente il suo capo e la sua bar La li fece pi bellamente apparecchiare , che non era davanti. Appresso ci i l mise in u n b a gno e disse : signore, questo bagno significa che t u t t o altresi n e t t o , e altresi p u r o , e altre si mondo di t u t t e lordure di peccato , come il ,, fanciullo quando esce dalla fonte , in t u t t o a l tresi netto vi conviene uscire di questo bagno senz' altra villana. Certo , Ugo , disse il Saladio, questo molto bello cominciamento. Ap,, presso il bagno il fece Ugo coricare in u n letto t u t t o novello, e gli disse: signore, questo ,, significa il grande l e t t o di riposo, che noi dobbiamo avere e conquistare per nostra cavalleria. Appresso ci, quando fu un poco giacciuto, egli il lev e vest d i bianchi drappi di seta : poi

( 1 ) Prose antiche raccolte dal Doni - Fiorenza 1 S 4 7 pag. 1 7 .

gli disse: signore, questi bianchi drappi ci signi,, ficano la gran nettezza, che noi dobbiamo guardar Jiberamente e puramente: Appresso il vest di una robba vermiglia , e gli disse: signore, ,, questa robba vermiglia ci significa il s a n g u e , che noi dobbiamo spandere per nostro Signore ,, e per santa Chiesa difendere. Appresso gli calz ,, brue calze di saia ovvero di seta ; poscia gli ,, disse: signore, queste brue calze significano la trra, ove noi dobbiamo ritornare, che noi dob,, biarno in rimembranza avere che noi siamo ve,, nuti di trra , e che in trra ci convien ritornare. Appresso il fece rizzare in sustante, e gli ,, cinse una bianca cintura ; poscia gli disse : si,, gnore , questa bianca cintura significa virginit , , e nettezza , che molto dee uno cavaliere guar, dar al suo affare , anzi che egli pecchi villamente del suo corpo. Appresso gli calz uno ,, sprone d' oro o dorato, e gli disse: signore, que,, sto sprone ci significa che t u t t o altresi gisti ,, ed altresi i n t a l e n t a t i , come noi vogliamo che no, , stri cavalli siano, dovete voi essere, a nostro Si,, gnore servir, e a fare i suoi comandamenti. Ap presso ci gli cinse una spada, e poscia gli disse: signore questa spada ci significa securt contro ,, al diavolo: i due tagli ci significano dirittura e ,, lealt, siccome guardare il povero contro al ricco , e il debile contro al forte , perch il forte ,, non lo sormonti. Appresso gli mise una bianca ,, cuffia sopra il suo capo e gli disse: signore, que,, sta cuffia significa , che per lo netto delle cose ,, che sotto vi son, altresi netta e altresi p u r a , co me la cuffia, dovete voi rendere la vostra anima al nostro Signore. Signore, ancora ci ha u n ' altra
}

*44.

>, cosa, c h ' io non vi dar& mica, cio l a gotata che P uomo dona a novello cavaliere. Perch? disse il Saladino , e che significa quella gotata ? S i ,, gnore , disse Ugo , la gotata significa la mem,, branza di colui che P ha fatto cavaliere &c. , , II Saladino onorato della cavalleria ricompens Ugo con dieci mila bisan t i , ma ignoro se pensasse giammai ad eseguire i precetti , che sotto P allegorla del vermiglio vestimento , della candida cintura , e della bianca cuma gli vennero insegnati.

CAPITOLO

XXVII.

II Tribuno, fatto cavaliero, pubblicamente cita il Papa , il collegio de' cardinali, il Bavaro , gli elettori dell' impero , e fa altri atti di giurisdizione.

Stava raesser Gola come cavaliere ornato ne la cappella di Papa Bonifazio con solenne compagnia; l si cantava solennissima messa; non ci manc cantor';, n ornamenta , n apparato. Mentre che tale solennitade si celebrava, come spra detto , ' 1 Tribuno si fece nanti al poplo, mise gran voce, e disse: noi citiarno messere Papa Clemente, che a Roma ne venga a la sua sede: poi cit '1 collegio de li cardinali; ancora cit'1 Bavaro; poi cit li elettori de lo 'mpero in Alemagna , e disse: voglio vedere che ragione hanno ne laelezione; che trovava scritto che, pas10

sato alcrm tempo, la elezione ricadeva a li romani. Fatta tale citazione, prestamente furo apparecchiate lettere e corrieri, e furo messi in via. Poi questo, trasse fuori della guaina la spada, e ferio P aere intorno in tre part del mondo, e disse: questo mi, questo mi, questo mi. ( i ) Era l presente a queste cose 1 vicario del Papa , stava come legno e come idiota, non sentiva, ma, stupefatto da questa novitade, contradisse. Ebbe un suo notaro, e per sentenza pubblica si protest, e disse che queste cose non si facevano di sua volontade, anzi senza sua coscienza e licenza del Papa, e di ci preg '1 notaro che ne traesse pubblico strumeiito. Mentre che '1 notaro faceva al poplo queste protestazioni ad alta voce gridando, messere Gola comand che trombe, trombette, nacchere e ciara melle sonassero, cb pe maggiore suono la voce del notaro non s'intendesse, a tale che 'i maggiore rumore celava il minore:
5

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( i ) Disgrazia che il buon Colombo non avea pur anche scoperta 1' America, e che il Tribuno non fu in tempo di prendere possesso di questa quarta part e del mondo! Si fatte ridicole ceremonie mostrano a qual grado divenga folie colui, che s' inebria di ambizione e di orgoglio. Nelle osservazioni storiche in fine di questo capitolo si tratter della supposta citazione al Papa.

viziosa buiTonia! ( i ) Fatta questa cosa, la messa fornita fu: intendi un' cosa notabile: in quella die continuamente da la mattina nell' alba fino a nona per le nari del cavallp di Gostantino che di bronz o , per canali di piombo ordinati esciva per frogia (a) ritta vino rosso, e per frogia manca escio acqua, e cadea indeficientemente ne la conca piena: tutti li zitelli, cittadini e stranieri, li quali avea no sete, stavano a lo 'ntorno con festa bevendo.

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( i ) bufforia per buffa o buffoneria, vanit, beffa. ( 2 ) Nel testo Jrose a: frogia e froge la pelle di sopra delle narici de' cavalli. Asolan. 2 5 8 . E come pendevano quelle froge del naso.

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OSSERVAZIONI STORICHE o i a i
Papa.

Sulla citazione del Tribuno al

De-sade su di ci contraddice al nostro storico, e sostiene che non regge la supposta citazione al Pontefice ed ai cardinali. Ecco gli argomenti che adduce a difesa di sua opinione. i T u t t i gli altri storici contemporanei che hanno t r a t t a t o di questo a v v e n i m e n t o , fra i quali Giovanni Villani, ( i ) 1' Hocsemio, ( 2 ) u n manoscritto del Vaticano , ( 3 ) ed altre cronache , narrano aver Cola di Rienzi citato bensi i due imperatori Lodovico di Baviera e Cario di Luxemburgo cogli elettori, ma non fanno menzione alcuna che costui giungesse a tanto ardirnento di citare il Papa ed i cardinali. 2. Hocsemio ci ha conservato 1' a t t o Iitterale di tale citazione , (4) in cui son nominati gl' imperatori ed elettori , ma non il Pontefice n i car-

( 1 ) G. Villani libr. i a , cap. 8 9 . ( a ) Hocsem. tom. a, cap. . 3 5 . ( 3 ) Manoscrit. vatican. N. 3 7 6 S , fol. 3 a . ( 4 ) Ecco questo curioso documento scritto in latino, riportato dall' Hocsemio, e da me tradotto. Ad onore e gloria di Dio , Padre, P i g l i u o l o , e Spirito s a n t o , de' beatissimi Apostoli santo Pietro e santo Pao lo, e di san Giovanni Battista, nel cui tempio abbiamo ri,, cevuto il grado militare di cavaliere, nel sortire dalla con ca del sacratissimo principe, ( Costantino) e sotto i fulgidi simboli dello Spirito santo , di cui siamo indegni servidori , , e soldati; ad onore e riverenza della romana Ghiesa nostra , , madre , per la prosperit del sovrano Pontefice nostro si,, gnore, per 1' accrescimento della santa citt di Roma e del la sagrata Italia, e di tutta la fede cristiana, Noi cavaliere candidato dello Spirito santo, Nicola severo e clemente, liberatore di Roma, zelatore dell' Italia, amatore del mondo

dinali. Anche la cronaca estense ce ne h a lasciato un transunto, e questo corrisponde col documento riportato dal Preposto di Liegi.

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intero, Tribuno augusto: volendo e desiderando imitare i doni dello Spirito santo, e l liberta degli antichi reggitori di Roma, facciamo sapere a t u t t i , che, dopo aver Noi accettato 1' incarico di Tribuno, il Poplo romano, col parere di tutti i giudici, magistrati, e sggi uomini, ha riconosciuto che esso possiede ancora la medesima autorit, potere e giurisdizione in tutta la trra, siccome ebbe nel suo cominciamento e nel tempo della sua pi. grande esaltazione, ed ha revocati tutti i privilegi cpncessi in pregiudizio della sua autorit. Noi adutique in virt di quella stessa autorit, potere e giurisdizione, che il Poplo romano in un genrale parla ment ha rimesso nelle nostre man , locch stato poco dopo altresi approyato dal sovrano Pontefice, siccome consta dalle sue bolle apostoliche , per non parere ingrati o avari del dono e della grazia dello Spirito santo, e de' favori del sacro Poplo romano , e per non lasciare pi a lungo di struggere i suoi diritti, dichiariamo, sentenziamo, e pubbli chiamo nella roiglior forma, che noi possiamo e dobbiamo, ,, che le citt di Roma capitale del mondo e fundamento del la Gristianit, e tutte e single le citt d' Italia son libe re e res tali per 1' avvenire, dichiarando ancora che tutti i popoli di dette citt d' Italia son liberi e cittadini ro,, man. In virt della stessa autorit, e della grazia di Dio e dello Spirito santo , e del Poplo romano, pronunciamo e protestiamo che 1' impero romano , 1' elezione , giurisdizione e mo narchia di tutto il santo impero romano appartengono di pie no diritto a Roma, al suo Poplo, ed a tutta 1'Italia, in mo do che tutto ci loro legittimamente devoluto per molte buone ragioni, che saranno da noi esposte a suo tempo e luogo. Intimiamo nel tempo stesso colle present a tutti e sin,3 goli i potentati, imperatori eletti, re, duchi, principi, con,3 ti, marchesi, popoli, universit, ed a tutti gli altri in generale ed in particolare, di qualunque preminenza, stato e condizione essi sieno, i quali volessero dir il contrario , 3, e sotto pretesto di elezione o altro qualunque pretendes sero potere e autorit nell'imperio, che abbiano a com parir avanti a noi, ed agli altri orBciali del Papa e del po33 polo romano nella Ghiesa di san Giovanni di Laterano da ,3 questo giorno sino alia prossima Pentecoste, che il termin

I5 3 Le parole istesse di tale atto mostrarlo apertamente non aver Cola di Rienzo intendimento di citare il Pontefice. Si legge in esso che gl' i m p e ratori ed elettori dovesseio comparire nella Chiesa di s. Giovanni in Laterano avanti di lui e degli officiali del Papa, e si dichiara in fine che non intende p u n t o derogare a l F obbedienza dovuta al Pontefice ed al sagro collegio. Poteva egli citare il Papa ed i cardinali avanti agli officiali dello stesso Papa? potea aver V impudenza di citare il Pontefice, e nel tempo stesso dichiarare solennemente che non intendea derogare a l l ' obbedienza a lui dovuta? 4 II Pontefice Clemente vi, nel breve in data a Ottobre i347 diretto a Bertrando di Deucio suo legato in Italia , e nella epstola del 3 Dicembre anno stesso al poplo romano ( i ) , enumerando t u t t i gli eccessi del Rienzi, indica quello di aver osato con impura bocea (labiis pollutis) citare al suo
ne quale loro concedanlo il pi lungo, per esporre i proprii titoli e pretensioni, altrimenti, spirato un tale termine, procederemo secondo le forme di diritto, e secondo le ispirazioni dello Spirito santo. ,, Inoltre per lo stesso efTelto Noi citiamo personalmente gl' illustri principi Luigi duca di Baviera e Cario re di Boem i a , che si dicono imperatori o eletti all'impuro, citiamo il duca di Sassonia, il mrchese di Brandeburgo, e gli Arcivescovi di Magonza, di Treveri, e di Colonia a comparire entro il detto termine in persona avanti di Noi, o degli altri magistrat! del poplo romano ; il tutto senza derogare all'autorit della Chiesa, del Papa, e del sacro collegio. Pubblicato, accettato ed approvato dal poplo romano, riunito nella gran piazza di san Giovanni di Laterano il primo giorno di Agosto , indizione xv, anno 1 3 4 7 j " presenza del vicario del Papa, ed alia presenza &c. ( S i ommettono i nomi di altre persone presenti).
a a

,,

( r ) Oderic. Rainald. ann, 1 3 4 ? , num. 1 7 .

eospetto gl' imperatori, di aver nominato Lodovico col ti tolo di duca di Baviera, ed in fine di essersi usurpati i diritti del Pontificato, citando ed i m prigionando a suo talento cherici ed i religiosi; nulla pero dice della supposta citazione. Sarebbe egli possibile, argomenta De-sade , che Papa Clemente, nel sottoporre alia considerazione d e ' r o mani t u t t i gli eccessi di Rienzi per renderlo odioso, avesse taciuto il sommo degli a t t e n t a t i , q u e l lo cio di aver ardito citare impudentemente lui stesso ed i cardinali al suo eospetto? Questi ed altri argomenti, che il De-sade con molta buona critica espone, son si validi, che convien ceder alia forza del vero ; non per questo pero che si abbia a ritrarne 1' inconsiderata conseguenza che 1' autore di questa storia sia bugiardo od apcrifo. De-sade istesso giustifica il nostro scrittore da questa taccia, addimostrando che per avere il Tribuno nel suo decreto citati in generale t u t t i i potentati di Europa senza distinzione di grado e di preminenza, e per avere citati inoltre con pubblico editto t u t t i gli ecelesiastici romani, che erano assenti da 'Roma, a ritornarvi, ( i ) poteva il bigrafo di Cola credere in buona fede che il Papa ed i cardinali fossero stati compresi in queste generali denominazioni. Io pens per altro che qualche cosa di pi siasi osato da quest' uomo, che i fausti successi a vean reso cotanto orgoglioso. Un altro autore con-

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( i ) Glericos Romanos manentes extra urhem, ut ad eamdem redeant, proposito edicto citavit. Epist. Clementis vi - Rainald.
1347.

N.

17.

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temporneo ( i ) ne assicura che il Tribuno seriase a Clemente c h e , se dentro 1' anno non ritornava in Roma, e non vi risedea , avrbbe eletto unitamente ai romani un altro Papa; e questo fatto riportato aneora dal Fleury. ( a ) E fcil cosa che lo storico di Cola abbia preso errore in buona fede, allegando una oitazione in vece di q u e sta arrogante Iettera , siccome probabile che la corte Avignonese credesse ben fatto tacere e dissimulare questa segreta ingiuriaj per non ridestare n e ' romani nuovo e pi vivo desiderio del ritorno del Pontefice nell' antica sede, il quale silenzio pero sarebbe stato inutile, ove si fosse t r a t t a t o di solenne e pubblica citazione.

a ) Histoire eccle. ana, 1.347, l'r. 95, art. 3 9 .

i ) Albert, Argentara Grnnaca pag. 140.

CAPITULO XXVII.

Dopo la ceremonia della cavalleria il Tribuno fa un solennissimo convito , e tornas ene in Campidoglio.

Poi che palesato fu che bag nato s' era ne la conca di Costautino, e che citato avea '1 Papa, molto ne stette la gente sospesa e dubbiosa; fu tale che lo riprese di audacia, e tale disse che era fantstico e pazzo. Ora ne vanno a lo splendidissimo pranzo di variati e molti cibi e nobili vini ; signori e donne assai; sedero messere Cola e '1 vicario del Papa soli alia tavola marmrea, mensa ppale ; la sala vecchia di santo Giovanni tutta quanta fu piena di mense; la moglie con le donne manic ne la sala del palazzo novo del Papa. In questo pranzo fu maggiore caresta di acqua che di vino; chi volse stare al pranzo stette, n ci fu ordine alcuno; abbati, cherici, cavalieri, mercatanti e altra gente assai; confetti di divsate maniere; fucci abbondanza di storione lo pesce delicato, fagiani e capretti, e chi vol va portare lo repudio ( i ) portava liberamente. A tale convito furo li 'mbasciatori, li quali ad esso erano venuti da di verse parti; mentre lo manicare si faceva senza li al( i ) Leggesi refudio per 1' avvauzo del cibo rifiutato o non mangiato.

tri buffoni molti, fu uno vestito di cuoio (i ) di bove; le corna in capo avea, bove parea, gioc e salt. Fornito il pranzo, cavalc messere Cola di Rienzo a Campidoglio, vestito di scarlatto con vari, con grande cavalleria. Non lascier dicere quello che ordin ne la sua salita; fece una cassa con un forame di sopra di gran prezzo, poi divenne in viltade; ancora si fece un cappelletto tutto di perle molto bello, e su ne la cima stava una palombella di perle. Questi diversi vizi lo fecero tramazzare, e condusserlo in perdimento per questa via.

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( i ) Leggesi cuoro.

OSSERVAZIONI STORICHE

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Narra lo storico Giovanni Villani ( i ) che il Tribuno parl al poplo, e disse che volea riformare t u t t a Italia a l P obbedienza di Roma al modo antico, mantenendo le citt in loro liberta e giustizia , e consegn diverse insegne agli ambasciatori delle citt italiane in segno di alleanza. Una insegna diede al sindaco del comune di Perugia con u n ' aquila d' oro in campo vermiglio , ed altro ne trasse, dov' era u n a donna sedente in figura di R o m a , e dinanzi le stava ritta u n a giovane femmina col globo del mondo in mano, rappresentando alia figura della citt di Firenze che il porgesse a Roma , e fece chiamare se v ' avesse sindacato del comune di Firenze, e non essendosi presentato alcuno a ricevere V insegna, la fece porre sopra u n ' a s t a , e disse: verr bene chi la prendera a tempo e luogo j e p i altri st'endardi diede a sindachi di altre citt italiane. La cronaca estense ( a ) racconta con poca d i versit questa medesima ceremonia , e vi assegna il terzo giorno di agosto del detto a n n o , aggiungendo che si presentarono gli ambasciatori di F i lenze, e si scusarono di non aver licenza d a ' P r i o ri di ricevere 1' insegna. Nota ancora che gli ambasciatori di Arezzo pregarono il Tribuno a ricevere il loro comune nella sua suggezione, e che il Rienzi elesse Guido dell' Isola cittadino romano in signore di quella citt , e diede nello stesso gior-

( r ) lh. 11, cap. qo, ediz. di Milano. (>.} Muratori - tora, xy, pag. 4 4 o .

no a Manfredo da Corneto il dominio del P a t r i monio , gli assegn il proprio vessillo e quello del poplo romano , e don u n anello a ciascuno degli ambasciatori,, fra i quali eranvi qielli del coiiiune di Siena e di Todi. Mancando al nostro storico il racconto della fantastica ceremonia , che il Tribuno dispose nel giorno J 5 agosto i347 P ^ incoronazione con certo stranissimo mescnglio di pagani e cristiani r i t i , eccone la descrizione tolta dall'Hocsemio. ( i ) Nella m a t t i n a d e l P indicato giorno il Tribuno recossi col corteggio consueto alia chiesa di s. Gioyanni di Laterano ; ivi erano preprate sette corone per alludere ai sette doni dello Spirito santo. La prima corona era di quercia, e gli fu p r e sntala dal priore della chiesa di Laterano con queste parole: ricen, o Tribuno , la corona cvica per aver liberato i cittadini dalla morte. II priore di s. Pietro gli offeri una seconda corona di edera dicendo; ricevi quest' edera perch hai amato'la ree r a s u a

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( i ) La narrazione di questo cmico spettacolo si ha ancora con poca considerevole diversit nella storia cortusiana, * nella cronaca estnse,** e nelle istorie pistolesi. *** L'estense limita a sei il numero delle corone, omettendo 1' ultima, e nelle pistolesi scritto che la settima fu d' oro. Ho seguito 1' Hocsemio, il cui racconto assai ragionevole ed accurato. Inclino pero a credere in quanto all'ultima corona eolio storico di Pistoja che fosse d' oro, e pu conciliarsi colla narrazione dell' Hocsemio potendo que' rami intrecciati essere d' oro. * Loco cit: ** Loe. cit. pag, 4 4 ? *** Muratori x i , pag: 38q. N parla anche nese, e dice che le corone furono cingue.

la cronaca

se-

ligione. La terza corona era di mirto e gl fu e s bita dal decano di s. P a o l o , che gli disse: ricevi il mirto , perch hai eseguiti i tuoi doveri, hai amata la scienza, ed abborrita V avarizia. L ' abbate di s. Lorenzo gli fece con simili parole V oferta di una quarta corona di alloro. Altra di olivo gli fu data dal priore di s- Mara maggiore , che gli disse: uomo umile, prend questa corona di olivo, perche la tua umilta ha trionfato sulV orgoglio d" potenti. La sesta corona era di argnto, e il priore di santo Spirito glie la pose in c a p o , e gli di in mano uno scettro dicendo: Tribuno augusto, ricevi i doni dello Spirito Santo e la corona spirtuale, designata da questo diadema e da questo scettro. II cavaliere Godefroi gli present per settima corona alcuni rami intrecciati di alberi fruttiferi con qneste parole. Tribuno augusto, ricevi ed ama i simboli della giustizia, e donaci in contraccambio la liberta, e la pace. Di mano in mano che erano a lui offerte le corone , u n mascalzone che stava al suo flanco glie le toglieva sgarbatamente di capo, cioi;ch il Tribuno dicea di soffrire per umilta ad i mitazione degli antichi eroi, i quali nel giorno del loro trionfo soffiir dovevano g l ' insulti di licenziosa soldatesca. Questa stolta ed insieme orgogliosa ceremonia, che abbass di molto il crdito del Tribuno , fu eseguita alia presenza degli ambasciatori Perugini , Senesi , Fiorentini e di altre citt d' Italia.
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CAPITOLO XXVIII.

II Tribuno con varii pretesti fa venire a s i baroni e li pone in carcere.

Una die ( i ) convit a pranzo messere Stefano de la Colonna 'l vegliardo , de la di cui bontade detto di sopra. Come fu ora di pranzo, cosi lo fece menare per forza in Campidoglio, e la lo ritenne; poi fece menare Pietro di Agabito signore di Genazzano, '1 quale fu preposto di Marsiglia e aliora era senatore; anco fece menare per forza Lubertello figlio del cont Bertoldo, 1 quale esso ancora era senatore, questi due senatori fece menare in Campidoglio come fossero ladroncelli; anco ritenne lo prosperoso giovane Gianni Colonna, '1 quale a pochi di avea fatto capitano sopra Campagna; anco ritenne Giordano degl Orsini del Monte, anco messere Rinaldo de li Orsini di Marino, ritenne Cola Orsino signore di Castel sant' Agnolo, ritenne '1 cont Bertoldo signore di Vicovaro de li Orsini e molti altri de li baroni di Roma. Non ebbe Lea di Savello, n Stefanello de la Colonna , n messere Giordano de Marini. Li sopradetti baroni ebbe in sua ristretta pris

( i ) cio il 14 di setiembre 1847. - Lettera del Tribuno all'Arcidiacono di Liegi cappellano del Papa nell' Hocsemio, cap. 35.

gione '1 Tribuno sotto guardie, e tenneli sotto specie di tradimento dandoli ad iritendere che si volea consigliare con essi , e ad alcuni dando ad intendere per pranzare. Ven ata la sera, li popolari di Roma molto biasimavano la malizia de li nobili, e magnificavano la bont del Tribuno. ( i ) Allora messere Stefano lo vegardo mosse una questione: quale era meglio ad un rettore di poplo 1' essere prodigo, ovvero avaro; molto fu disputato su di ci; dopo tutti messere Stefano prese la punta de la nobile guarnaccia del Tribuno, e cosi disse: per te. Tribuno, fora pi convenevole che portassi vestimenta
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( i ) Queste parole mostrano abbastanza cbe i Baroni erano imputa ti di qualche reit : di fatti la cronaca di Bologna scrive che aveano tentato di far uccidere '1 Tribuno. ,, Alquanti nobili romani ,, e altri signori, cio i Colonnesi, gli Ursini,ed i Sabelli,non essendo contenti della signoria del T r i b u n o , penarono e trattarono insieme come p o ,, tessero uscire dalla signoria del detto Tribuno. Ultimamente ordinarono con uno ssassino, che per pecunia lo dovesse uccidere. Quel t r a t t a t o ven ne a notizia di l u i ; preso detto ssassino e tor,, mentato cnfess t u t t o il trattato ,, Cron. di Bologna, Coll. Muratori tom. 1 8 , pag. 4 0 6 , altrettanto n a n a la cronaca estense, aggiungendo che i medesimi baroni confessarono il delitto, Cron. estens. loe. citat. pag. 4 4 a

oneste e da bizoco, ( i ) che queste pompse-, e ci dicendo li mostr la punta de la guarnaccia. Questo udendo Gola di Rienzo fu turba to; la sera era, fece stringere tutti li nobili e aggiungere guardie. Messere Stefano '1 veterano fu rinchiuso in quella sala ove si fa 1' assettamento, tutta la notte stette senza letto, andava di l e di q u , toccava la porta, e pregava le guardie che riaprissero, le guardie non lo ascoltavano. Grudele cosa fatta li fu in quella notte senza pietade; ora si fa die.
( r ) Bizochi erario cosi dtti i segnaci o terziari di quegli eretici denominad fraticelli, che faceano pompa di apparente cinica austerit e di rozzi abiti da eremita. Qnindi il nome di Bizoco pass in proverbio per denotare coloro che poneano loro san ti ta in uno apparente rigore; ed abito da bizoco dcesi proverbialmente ogni rozzo ed umile vestiario.

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CAPITOLO XXIX.

II Tribuno fa etnnunziare la morte ai baroni careerali; ma per- consiglio di alcuni cittadini li libera, distribuendo loro dignita e present'.

Lo Tribuno avea delibrate di troncare la testa ad ogni uno nel parlatorio per liberare a fotto 1 poplo di Roma. Comand che il parlatorio fosse parato tutto di p&nni di seta di colore rosso e bianco, e fatto fu; ci fece in segnale di sangue: po' fece suonare la campana e adun '1 poplo, po' mand '1 confessore, cio uno frate minore a ciasche barone, che si levassino a penitenza.e prendessero'1 corpo di Cristo. Quando li baroni sentiro tale novella una con lo stormo de la campana, diventaro si gelati, che non poteano favellare. La maggior parte si umili, e prese penitenza e comunione; messere Rinaldo de li Orsini e lcun altro, perch la dimane per tempo aveano manicate le fieora fresche, non potro comunicarsi; messere Stefano de la Colonna non si volse confessare n comunicare: diceva che non era apparecchiato, n sue cose avea dispnsate. In tanto alcuni cittadini romani, considerando '1 giudizio che questo volea fare, impedimentaronlo con parole dolci e lusinghevoli, ed a la fine ruppero '1 Tribuno in sua opinione e levronlo di pro5

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ponimento. Era ora di terza; tutti li baroni, come dannati, tristi discesero giuso al parlatorio; suonavano le trombe come si volessino giustiziare li baroni, e dinanti al poplo stavano. Lo Tribuno mutato del suo proponimento sali ne la ringhieraf e fece u bello sermone, fondandosi nel patre nostro dove dice: dimitte nobis debita nostra; poi scus li baroni, e disse che volevano essere in servizio del poplo, e pacificolli col poplo. Aicuni di loro fece prefetti sopra 1' annona, aicuni duchi di Toscana, aicuni duchi di Camagua, e dio a ciascheduno una bella roa fodrata di varo e adorna, ed un confalone tutto di spiche d' auro. Poi li fece pranzare con esso, e cavalc per Roma, e menossegli direto , po' li lasci ir in loro viaggi. Questo fatto molto dispiacque a li discreti; disse la gente: questo ha acceso 'l fuoco e la fiamma la quale non la potra spegnere. ( i )
s }

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( J ) Aggiungasi per la fedelt del testo il seguiente p e r i o d o - E d iodico questo proverbio: che vale petere poi culo stringere?faticasi le natiche-Bono queste le uniche parole, che fanno ingratissima dissonanza con t u t t o il resto della storia,e quasimi rendonodubbioso sulP autenticit della lezione. Gomunque sia la cosa, il proverbio nascoudesi in questa nota, vergognoso di mostrarsi francamente al pubblico, oggi che l'universale gentilezza de'costumi non fa grazia nel dir a q u e ' m o d i , che forse P a n t i c a semplicit pi fcilmente cornportava. Narrano aicuni storiciche il Rienzi avesse deliberatodi porread esecuzioneil gran colpo dispe-

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CAPtTLO X X X .

%A baroni lberati congiurano contro Cola. no Marino ed altre fortezze, ie porte di Roma.

Fortifica-

onde vengono citati;

ma essi invece di obbedire fanno scorrerie sino al-

Vengoti a dicere ora in che modo fu assediato '1 castello di Marino . Poich li baroni furono lasciati, non curaro di compagnia, vanno fuora di Roma a le loro
gnere t u t t i i baroni , ma che , avvertito d a ' suoi del frmito che incominciava ad eccitarsi nel poplo, commosso da piet per tante illustri v i t t i me che andavano a sacrificarsi, temesse per la propria sicurezza , e si volgesse al partito d' i n necessit virt. Du-Cerceau
tom. 2. pag. gz. tuonare il dimitte nobis debita nostra , facendo di

pag. 1 7 6 -

De-Sade,

II Tribuno descrisse questo avvenimento a R i naldo degli Orsini con u n a lettera in data 17 setRinaldo degli Orsini, ipte del celebre cardinale Napoleone , era archidicono di Liegi, cappellano e notaro del Papa in Avignone, e fu in seguito da Clemente eletto egli pur cardinale n e l l ' a n n o i35o. Hocsemio preposto di Liegi per essere in continu relazioni coll' archidicono della stessa sua chiesa potea conoscere con esattezza ciocch passava in Avignone , e conservarci le lettere scritte dal Tribuno a quel prelato, le quali lettere non si trovano stampate in altro autore. ( 1 )
( 1 ) Trovansi bensi manoscritte rmo. nella biblioteca reale di To-

iembre 1 3 4 7 , dicendo che avea fatto questa paura ai baroni per indurli a fare una buona confessione!

fortezze, fra denti minacciavano, ma non era accotante ( i ) alcuno cominciare la baratta (a) con romani. Frattanto li Colonnesi e li signori di Marino, messere Rinaldo e messere Giordano, fortificano le loro fortezze secretamente, e fanno una congiura. Mostrano che vonno ribellare, fortificano Marino, rinovano T fossato, e intorno menano un forte steccato di doppia legna. Tanto fu F apata ( 3 ) del Tribuno che ci non seppe vetare; non si par al principio , aspett fin che '1 castello fu forte guernito. Frattanto questo Tribuno divent iniquo, e molta gente di esso mormorava. Poicch '1 castello di Marino fu bene inforzato e guernito di uomini, saette, lancie, targoni , vettovaglie, mura, legna me, e vino, la rebellione si scoperse. Fu man3

( i ) Accotante - Vedasi la nota al capitolo x u , pag. 83. ( a ) baratta , c o n t r a s t o , contesa, l a t . praelium. Dante inf. a i - Non temer tu, ch' i' ho le cose pronte - Perch altra volta fui a tal BABATTA. ( 3 ) Nel testo leggesi la psela, che alcuni lianno spiegato pazzia, ma che io credo doversi leggere F apata dal greco ptheia (ajfectum vacuitas), che Gellio libr. i a . eguaglia ad indolenza - apathias... oel indolentias, quod fere dem estj diffatti in questo passo lo storico intende addimostrare a p p u n t o la indolenza del Tribitno, il quale non tent d' impedir a tempo che i signori di Marino fortificassero il castello. Anche nel Muratori si traduce oscitantia.

dato di sbito lo editto che comparessero; al messaggio furo fatte non meno di tre ferite in capo l fra le vigne di Marino; poi escivano fuori di Marino, ed ogni die preda vano li campi di Roma; menavano bovi, pcora, porci, giumenti, e tutto conducevano a Marino. Ora ;vedonsi per Roma sciliar ( i ) le gote , ogni persona lagnata strilla, rancore e paura nascono. Un' altra volta '1 Tribuno li cit, e comand che venissero a Roma a' piedi sotto pena di suo furore; poi ordin che fossino pinta messere Rinaldo e messere Giordano nanti al palazzo di Campidoglio come cavalieri col capo di sotto retroso e li piedi di sopra. Perci peggio ne fa messere Giordano; correva fin a la porta di santo Giovanni, e prendeva uomini, femmine, armenti di bestie, e ogni cosa ne portava a Marino. Messere Rinaldo '1 frate ne pass di l dal Tevere, ed entr ne la cittade di Nepi, e correva di l e di qua, ardendo e predando. rdea t e r r e , arse la Castelluzza, e case, e uomini. Non si schif di arder una nobile donna vedova veterana in una torre. Per tale crudeltade li romani furo pi irati, molto

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( i ) Sciliare le gote - scioglier le gote per dissolvere, in senso di consumare e dimagrire. Vedasi la nota al cap v n , pagina 49-

hanno conceputo contro messere Rinaldo e messere Giordano odio; non pare opera da gahbe; ( i ) la perversa mente de' romani fu contra Colonnesi.
( i ) galbo e gabba, burla, scherzo. Che non impresa da piglire a gabbo - Dante inf. 3a - e novell. antic. 76, a, le gabbe non piacquero al signore,

T 66

GAPITOLO

XXXI.

II Tribuno va colV esercito a Marino. Prende la Castelluzza e fa moho danno ; donde , instantemente richiamato dal Papa, ritorna.

Erano al lora le vende mmie, 1' uva era matura e la gente la pistava. In cruel tempo '1 Tribuno aduno tutto 'f poplo armato, e trasse fuora F oste di Roma, ed escio fuora sopra '1 castello di Marino, e loc suo esercito in un loco, '1 quale si dice la Maccantrevola; valle sotto una selva lunga dal castello forse un miglio. La oste fu bella, grossa, e potente di pedoni e di cavalieri; pedoni furo da venti mila, cavalierida ottocento. Era l tempo forte corrucciato e piovoso, per tale via che impacciava la oste, e non li lasciava fare guasto alcuno. A la fine in ispazio forsi di otto di guast tutto ci che era intorno al castello di Marino, tutto depopularo '1 suo ter5

reno, tagtiaro le vigne ed arbori, arsero moli, sbalzaro la nobile selva ( i ) non toccata fin a quel tempo, ogni cosa guastaro; per anni quel castello non fu tale n tanto. Po trassero da li arnari ( a ) preda secon5

( 1 ) La nobile selva: E questo senza dubbio Y antico bosco tanto celebre per le adunanze d e ' - p o poli del Lazio e dove Tarquinio il superbo di morte a Turno Erdonico. ( 2 ) Da li arnari: nel Muratori tradotto ex Arnariis. A primo aspetto sembra doversi intendere di abitatori di qualche paese , e cos parve a me pur snlle p r i m e m a pi pondrate ragioni mi hanno persuaso al contrario ; imperocch il luogo dovrebbe essere prossimo a Marino, e non ho trovato che vi sia , o siavi stta giammai in quelle vicinanze alcuna trra di tale denominazione. Arria , citt dell' Umbra oggi Civitella d' Arno presgo Perugia , di cui scrive Silvio Itlico , ( l i b r . 8, vers. 4^7) ^ Amara nlla Campagna presso Ceccano son luoghi troppo discosti da Marino , n pu ritenersi che lo scrittore avesse intendimento di favellare di essi. Nella prima edizione di Bracciano la parola spiegasi per grotte , n so con quale fondamento: da amia, arniari, arenan- n u l l a ho potuto trarre , che stia a coppella di buona critica. Di che razza adunque son cotesti arnari? Son tentato ad affermare che la voce derivi dal greco, ed abbiasi ad interpretare per custodi di gregge, pastori, oppure per le stalle del gregge ossiano gli ovili, da ars arnos agnello , da cui ne vengono i derivativi arnacis, arneibs &c. Anche i latini dissero ama per mater ovis, ed arnacides per le pelli o lae delle greggi, e ne pu q u i n di proceder la parola arnarius per custode del gregge , ovvero arnarium, pe luogo ove sta il gregge. Dal contesto poi della narrazione aperto che tale dovrebbe essere il significato della parola, perch fra i molti guasti e rubbamenti e n u m e r a d

do che si poto ; tutta Roma giaca l. In questi di sopravenne a Roma un cardin a l e , legato era del Papa; questo legato infestava tuttavia '1 Tribuno con lettere che tornasse a Roma, che li volea alcuna cosa ragionare. Fatto che ebbe il guasto, 'i Tribuno una dimane per tempo lev M campo, e ando sopra la Gastelluzza poco di lunga da Marino; sbito la prese, e in quello istante furo dati per trra li muri intorno. Gi voleva combatiere la rocca e la torre rotonda, dove si era ridotta la fanteria, e per espugnare quella torre fece fare due castella di legname, le quali si voltavano sopra rote; avea scale ed artificii di legname (mai non vedesti si belli ingegni) apparecchiava picconi ed altri instrumenti. Mol te 'mbasciate recepo in quel loco. Correa di l un' acquicella; in quella acquicella bagn due cani, e disse
dallo storico , non erano da tacersi le prede delle greggi, essendo pi agevole che l ' o s t e romana perdonasse alie alte moli, ai tralci, ed alia nobile selva , di quello che facesse grazia ai grassi agnelli ed ai buoni capretti. Non questa la sola voce che lo scrittore abbia tratto dal greco , e giova inoltre 1' osservare che presso Marino giace 1' antica e ricca abbazia di greci monaci in Grotta Ferr a t a , e perci nierite di pi facile che vi si conservassero alcune greche denominazioni. Parmi che alcuno d e ' leggitori mi sussurri a l l ' orrecchio che queste mi spiegazioni siano eruditi sogni ; rispnder al lettore benignJssimo : si quid novisti rectius istis , candidus impert, si non , his utere mecum.

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che erano Rinaldo e Giordano cani cavalieri. Poi guast la mola, poi mosse tutta sua oste e torn a Roma, perche le lettere del legato infrettavano. La dimane per tempo dio per trra le belle palazza in piede di santo Pietro in fronte di santo Celso, poi ne gio con sua cavalleria a santo Pietro, entr ne la sagrestia, e sopra tutte le armi si vestio la dalmtica ( 1 ) gi stata d' imperatori; quella dalmtica vestono F imperatori quando s' incoronano, tutta di minute perle lavorata, ricco quel vestiniento! Con tale veste sopra le armi a modo de Cesari sali al palazzo del Papa con trombe sonanti, e fu dinanti al legato. Sua hacchetta in mano, sua corona in capo, terribile e fantstico parea. Quando fu pervenuto al legato, parl'1 Tribuno e disse: mandaste per noi, che vi piace di comandare? rispse 1 legato: noi averno mglte informazioni di nostro signore 'l Papa. Quando 'i Tribuno ci udio, gett una voce assai alta e disse: che informazioni son queste? Sentendo '1 legato si rampognosa risposta, tenne a s, e stette zitto. Dio la volta a retro 1 Tribuno, e fe guerra contro Marino, e Marino contro Romani.
5 3 5

169

( 1 ) Dalmtica, veste candida con nianiclie gi ad uso di Sacerdoti, poi degl' imperatori; dicesi dalmtica perch le prime si lavoravano in Dalmazia.

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OSSERVAZIONI STORICHE ira questi di sopravenne a Roma un cardinale legato &c.

Parlasi di Bertrando di D e u x , nato nel villaggio di Blandiniano nella dicesi uticense in Francia. Era stato preposto poi arcivescovo di E m b r u n , e da Benedetto x n fatto cardinale di s; Marco , e p o co dopo da Clemente vi eletto vescovo di Sabina. N e l F anno i333 fu inviato dal Papa in Italia per trattare la pace coi collegati di Lombardia ; venne in Bologna , e si trov presente alia terribile sommossa di quella citt contro il cardinale Bertrando del Poggetto. Nel i335 fu mandato in R o ma a trattar pace fra gli Orsini ed i Colonnesi, e finalmente nel i346, legato del Pontefice in Italia, fu. quello che unitamente ai Colonnesi ed agli altri baroni di Roma abbass il T r i b u n o , e lo d chiar scomunicato ed e r t i c o , come si narra i n questa istoria: mori il a r . Ottobre i354Raynald. ann. i346, e i348 - Gio. Villani libr. 1 1 . cap. 6. - Ghirardacci storia di Bologna, libr. 2.1, pag. 1 1 2 - Hocsemio loe. cit. pag. 489, e 5og. Scrive Sismondi ( 1 ) che questo legato, entrando in Roma, fu ricvuto da Cola di Rienzo con segni di molto ossequio , e fu da lui presen tato al poplo in pieno p a r l a m e n t o , ed assicurato di sua obbedienza. II fatto dissopra esposto mostra ben altro che riverenza e sommissione , ed il racconto del nostro bigrafo pienamente giustificato d a l ( 1 ) Sismondi, opera cit. cap. 3 7 .

le parole dirette da Papa Clemente al poplo romano nel breve 3 Decembre i347, nel quale fammenta ai romani P orgoglio ed il d3pregio, con cui il Tribuno avea ricevuta la missione del cardinale Bertrando di Deucio. ( i ) II Sismondi crede forse giustificare la sua narrazione coll' autorit di Giovanni Villani , ma da considerarsi che lo storico florentino parla di un vicario del Papa ( a ) e non di un legato , e col titolo di vicario anche in quei tempi indicaras! quel prelato, che intendeva in Roma pe Pontefice alie cose spirituali. Si osservi ancora che il Villani, poco prima nello stesso capitolo, narra che il legato trovavasi a Monte Fiascone, e dava opera unitamente i Colonnesi ed agli altri nobili alP abbassamento del Tribuno, ed quindi chiaro che, quando parla della venuta in Roma di u n vicario del Papa, non pu intendersi di detto cardinale, che poche linee dopo torna ad indicare eolio stesso litlo di legato , e non da confondeisi 1' uno colP altro. E poi certo che il cardinale fu dal Tribuno caeciato di Roma ( 3 ) , e si ritir a Monte Fiascone',

( i ) Breve Glementis 3 deceaibr. i 3 4 y apud Rayiiald. n. x v n . ( a ) libr. ta, cap. i o 5 . Montem Flisconem ( Gron. estn, pag. 44^ ) ^ ' " ferma dalla cronaca bolognese (Muratori tom. xvni., pag. }> 4 7 ) Q e l legato chiamato da Giordano ando a Roma da Napoli, e cominci un trattato con certi principi romani ; ,, il quale trattato pervenuto a notizia del Tribuno, caccio quel legato da Roma, che se ne fuggi a Monte Fiascone - E la cronaca senese aggiunge che il detto legato nel mese,
s l c o n u

( 3 ) Expulsit

eittn extra

civitatem,

qui

legatus

fugit

ad

di novemhre

no - Gron. senese pag, I I 3 .

giunse

a Siena,

e domciiid

ahito

contro

il

Tribu-

e non torn Boma se non dopo la caduta del Rienzi. Del vicario , indicato dal Villani ed anche dalla cronaca estense , si parlera in appresso.

17a

CAPITOW)

XXXII.

I Colonnesi armano in Palestrina e con molti altri baroni vengono verso Roma. II Tribuno mettesl in armi, e insospettito del Prefetto , che gli era venuto in soccorso , lo ritiene prigione.

Vengoti ora a contare come i Colonnesi furo sconfitti in Roma. La guerra era fort e , li cittadini di Roma parevano forte afannati da la fatica, dal disagio, e dal danno. Lo Tribuno non pagava li soldati come solea, grande bisbiglio per la cittade era. Li cavalierotti di Roma scrissero lettere a messere Stefano de la Colonna che venisse con gente, che li voleano aprire la porta. Li Colonnesi fecero F adunata in Palestrina in numero di settecento cavalieri e pedoni quattro mila. Per forza vonno tornare a Roma, e molti baroni son ne la congiura con essi; grande apparecchio si fa in Palestrina, e per tornare a Roma davano dolci risposte che volevano venire a le loro case. Di ale adunanza '1 Tribuno fortemente spavent, e

divent come fosse infermo e matto; non prendeva cibo n dormiva. Una dimane tempore, nanti a la sconfitta forse tre di, parl al poplo e confortollo , e fra le molte parole disse: sappiate che in que^ sta notte mi apparso santo Martino, 'l quale fu figlio di tribuno, e dissemi : non dubitare che tu ucciderai li nemici di Dio. L' altra dimane seguente molto tempore suon sua campana a stormo, radun '1 poplo tutto armato; assettato li parl e disse: signori, facciovi sapere che in questa notte mi apparso santo Bonifacio Papa, (1) e dissemi che oggi in questo die faremo vendetta de li suoi nemici Colonnesi, li quali s laidamente vituperro la Chiesa di Dio; poi disse: aggio un figlio, Lorenzo ha nome, che verr con meco a la battaglia contro li traditori del poplo, e contro li spergiuri; poi disse: sappiamo per le spie nostre che questa gente venuta, e posatasi appresso la cittade a quattro miglia in uno loco, che si dice MONUMENTO , donde vero segnale che non solamente saranno sconfitti, ma saranno anche uccisi e sepolti nel monumento; e detto cpaesto fece suonare trombe, ciaramelle, e naccliere, ed ordin la battaglia, e fece li

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( 1 ) Bonifacio v m preso ad Anagni ed imprigionato dai Colonnesi. Vedsi G. Vill. l i b . 8, cap. 63.

capitani, e clio '1 nome - Spirito santo cavaliere. - ( i ) Ci fatto quetamente senza rumore con le legioni ordinat da piede e da cavallo se ne vanno a porta santo Lorenzo, la quale ha nome tevertina* De li baroni furono col poplo Giordano de li Orsini, ( a ) Gola Orsino di Gastel sant Agnolo, ( 3 ) Malabranca Cacliere de la Piscina, Matteo figlio del cont Bertoldo e molti altri. Non voglio lasciare il modo che serbo '1 Tribuno del prefetto nanti la sconfitta. Lo Tribuno mand pe prefetto; 1 prefetto volendo obbedire venne con cento cavalieri per essere a la battaglia in servigio de' romani; da quindici baronetti di Toscana ( 4 ) avea con seco menati; anco avea menato suo figlio Francescoj e quella fu Ja prima volta che ar5 5

?4 .

"{ J ) Anche le storie pistolesi ( pag. 389 ) scrivcno di questa parola d' ordine data dal T r i b u n o , e della visione di Papa Bonifacio narrata al poplo per eccitarlo al corabattimento. ( a ) Quello del Monto. Vedansi le osservazioni al capitolo V I I I , e Gio: Villani l i b . 1 2 , cap. i o 5 . ( 3 ) Questo castello sant' Angelo molte volte n o rninato giace presso Tivoli. Alfonsina di Roberto Orsini lo rec in dote a Pietro d e ' Medici ; poi lo tenne Margherita d' Austria vedova di Allessandro de'Medici, c h ' e b b e a secondo marito Ottavio Farnese , e da lei fu detto Castel Madama. ( 4 ) Pompeo Pellini narra che questi baronetti erano in numero di trenta - Storia di Perugia pag. 88c.

iy5 mi port. Dinanti a s mand some cinquecento di grano per grascia, e come si conviene a prefetto erasi sforzato di complacer a' romani. Come fu giunto, fu invitato a pranzo; sedendo fur tolte le arme a s ed a li suoi compagni, poi fu messo in prigione esso col nglio; lo arnese e li cavalli li fur tolti e dati per romani. Fece uno parlamento '1 Tribuno al poplo, nel quale disse cosi: non vi meravigliate che io detengo in prigione il prefetto, che esso era venuto per fedire di costa e per sconfiggere 'l poplo di Roma. ( i )

( i ) II prefetto di Vico favoriva in realt secretamente i Colonnesi, gli Orsini, ed i Savelli in dis'are il Tribuno - Cosi la cronaca bolognese , pag. 4o6 , e 1' estense , pag. 444-

176
CAPITULO XXXIII.

I Colonnesi arrivano a Roma coll' esercito, e la trovano serrataj ma aprendosi la porta, mentre la gente passa in ordinanza, solo Gianni Colonna vi entra generosamente, e vi rimane ucciso.

Ora me ne torno a la battaglia. Colonnesi si mossero con grande sforzo da Monumento a la mezza n o t t e , e condusseronsi al monasterio di santo Lorenzo fuori le mura. Era 1 tempo rincrescevole per la pioggia e per 1' spero freddo; adunaronsi li baroni Stefano de la Colonna, Gianni suo iglio, Pietro di Agabito, il quale era stato preposto di Marsiglia, signore di Gennazzano, messere Giordano di Marino, Cola di Buccio Braccia, Sciarretta de la Colonna e molti altri vennero a consiglio di che dovessero fare, perch Stefano era infestato da un vmico , e trema va come fronda. Pietro di Agabito , essendo un poco appannato, sognato si avea di vedere la sua donna vedova, che piagneva e scapigliavasi; per paura di tal sogno si volea dall oste assentare, e non si volea trovare a la rotta; anco udivano suonare la campana a stormo, sapevano che 1 poplo forte irato era e corrucciato, anco perch Stefano ( 1 ) de la
5 5 5

( 1 ) Era Stefano Colonna il juniore non il vecchio come scrive Sismondi - cap. 37.

Colonna capitano di tutta 1* oste genrale, come giunse l dinanti tutti, la prima cosa solo con un fante a cavallo ed uno palafreno ne gio a la volta de la porta di Roma, e cominci a chiamare ad alta voce la guardia a nome; pregava che aprisse la porta, e adduceva queste ragioni: io sono cittadino di Roma voglio a casa mia tornare^ vengo pe buono stato. A queste parole rispse la guardia de la porta ( Pavolo Buffa avea nome '1 buon balestriere) e disse: quella guardia, che chiamate, qua non st; le guardie son muate, io son venuto di nuovo con li rniei compagni, voi non potete entrare qua per via alcana, la porta serrata. Non conoscete quatita ira have il poplo di voi che trbate lo buono stato? non udite la campana? pregovi per Dio, partitevi, non vogliate essere a tanto male. In segno che voi non possiate entrare^ ecco che getto la chiave di fuora. Gett la chiave, e caddo in una pescogiia ( i ) d acqua di fuora per lo mal tempo che era. Quando li baroni, stando a consiglio, pensaro a tutte queste cose, ben viddero che entrare non poteano, e delibralo di partirsene ad onore. Fatte tre
9 s

( i ) Pescoglia o pescla, voce in uso in molti luoglii d' Italia, e massimamente in Romagna, per denotare poca adunanza di acqua, forse da pescaia , che quella chiusa che si fa per deviar acqua.
1 2

schiere, ordinaro venire fin a la porta dinanti di Roma con le sonanti trombe ed altri strumenti, e dar la volta a mano ritta, e tornarsene a casa con grande onore, e cosi fatto fu. Gi n erano venute due battaglie, la prima e la seconda, si de la pedonaglia, si de la cavalleria. Petruccio Frangipane fu '1 conduttore. Suonate le trombe a la porta, diero la volta a mano ritta, e senza alcuna lesione tornaro. Ora veniva la terza schiera ; in questa era la moltitudine de la cavalleria, eranci la nobil gente, eranci li prodi e li bene a cavallo, e tutta la fortezza. Un bando fu nanti messo che nessuno ferisse a pena del piede; li primi feritori furo da otto nobili baroni, fra li quali lo disventurato Gianni de la Colonna. Questi nobili, primi feritori, nanti givano ad ogni moltitudine da uno buono spazio. Era allora Y alba del die; li Romani dentro de la porta non avevano la chiave, per forza apersero per escire a la barata; grande rumore fa '1 ferire de le accette, grande la confusione de lo atrillare, la porta ritta fu aperta , la manca rimase 'nserrata. Gianni de la Colonna approssimandosi a la porta consider '1 rumore dentro , e considrate'1 non ordinato aperire, estim che suoi amici avessino mosso dentro rumore , e che avessino rotta la porta per forza. Questo considrate, Gianni Colon5

178

, *79 na sbito s' imbraccia '1 pavesotto con una lancia a la coscia, spron '1 suo destriero, adorno come barone, e forte correndo non si ritenne. Entr la porta de la citt; deh come grande paura fece al poplo! allora dinanti ad esso dio la volta a fuggire tutta la cavalleria di Roma, smilmente torn a retro tutto '1 poplo, fuggendo quasi per spazio di mezza balestrata. Non per tanto questo Gianni Colonna fu seguitato da li suoi amici di/ maniera che rimase solo l come se fosse chiamato al giudizio. Allora i Romani presero vigore, intendendo che esso era solo; anco fu pi la sua disa/vventura; lo suo destriero lo trasport in una grotta poco pi l de la porta dal lato manco, entrando la porta; in quella grotta fu scavalcato da cavallo; conoscendo Gianni la sua disavventura domandava al poplo misericordia, e adiurava per Dio che sue armature non se li dispogliassero. Che vo pi dicendo? l fu denudato, e, dateli tre ferite, morio. Fonneraglia di Trejo fu il. primo che lo colpio; giovane era di buona ndole, barba non avea messa, la sua fama suonava per ogni trra di virtude e di gloria; giace nudo supino ferito e morto in un monterozzolo canto 'l muro de la cittade drento la porta; erano suoi capelli caricati di loto, e a pena si poteva riconoscere. Ora vedi meraviglia! incontanente 'l tempo pe-

stilenziale e turbato si cominci a rischiar a r e , lo sol da va lucen ti raggi, da tempo caliginoso fu fatto sereno ed allegro.

i8o

CAPITOLO X X X I V .

Stefano de la Colonna e molti altri baroni restao morti, e ne segu gran rotta per la banda de' baroni.

Fra tanto Stefano de la Colonna in tanta moltitudine, la quale ordinatamente veniva dinanti a la porta , teneramente domando del suo'figio Gianni, e risposto li sospett Stefano che avesse entrato la porta. Perci spron e solo entr la porta, e vidde che '1 figlio giaca in trra in mezzo di molti, che P uccidevano intra la grotta e '1 pantano delP acqua. Di ci Stefano temendo di sua persona , torn a retro, escio la porta, e la sua mente razionale lo abbandon; fu smarrito, 1' amore del figlio lo convinse, e non fece parola alcuna, anco torn, ed entr la porta se per via alcuna poteva suo figlio liberare. Non si approssim, che conobbe che '1 figlio morto era, e attendeva a campare la sua persona ; torn a retro tristo, e nell' escire che fece de la
fu: noi non sappiamo dove sia gito. Allora che aggia fatto, n

porta venne di sopra dal torricello una grossa macina, e percosse esso nelle s palie e '1 cavailo ne la groppa; ora lo seguitano le lancie lanciate di la e di qua; -1 cavailo ferito nel petto di lancia gettava calci, e tanto spesso, che, non potendosi mantenere a cavailo, caddo per trra. Di sbito viene l poplo senza ragone, e si 1' uccide in fronte de la porta, in quel loco dove stanno le immagini ne la prete in mezzo a la strada. L giacque in veduta ad ogni poplo e a chi passava; non avea uno de' piedi, mlte ferite avea, fra '1 naso e li occhi avea una ferita'e si terribile apertura , che parea M guado ( i ) de le gote del lupo ; '1 suo figlio Gianni ebbe solo due ferite nel pettignone ed una nel petto. Ora esce '1 poplo furioso senza ordine, senza legge cerca a chi dia morte; scaraparo li giovani; ( a ) Pietro di As

I8

( i ) guado propriamente il largo del fiime, ove si pu passare a piedi , qui per metfora apertura, larghezza. (2,) Scontraro li giovani Pietro Agabito de la Colonna che &c. cosi le edizioni di Bracciano, ma il senso non regge, perch Pietro Agabito pi sotto dicesi calvo e veterano, e riferendosi a lui solo il periodo, si dovria leggere scontraro il giovane Pietro Agabito e non li giovani. II Muratori , dopo la parola giovani , pone un p u n t o e virgola, separando cosi i due periodi, ma ci non ostante il senso, rimanendo sospeso, non pienamente chiaro.

gbito de la Colonna, che era stato pre posto di Marsiglia, '1 quale chierico fu e mai vestite armi non si avea se non allora, era caduto da cavailo; non potea liberamente andar perch la trra era scivolente, e fuggissi in una vigna vicina; calvo era e veterano, pregava per Dio che li perdonassero; non valse lo pregare; in prima li tolsero sua moneta, poi lo disarmaro, poi li tolsero la vita; stette in quella vigna n u d o , calvo, grasso; non parea uomo da guerra. Appresso di esso in quella vigna giaca un atro barone, cio Pando lfo de li signori di Bellovedere. Furo di mortirin poco di spazio da dodici, e a la supina giaceano; tutta 1' altra moltitudine si di pedoni si di cavalieri lasciaro P arme di l e di qu senz' ordine con grande paura , non si voltarono direto, e non fu chi dasse colpo. Messere Giordano lev la frondosa ( i ) e non si ritenne fin a Marino. SconSospetto adunque che abbiasi a leggere scamparo i giovani, come quelli che erano pi solleciti a fuggire, e Pietro Agabito, che era chierico, calvo e veterano, cadde da cavailo, e venne nelle man degl' inirnici. Conformasi questa lezione con quanto in appresso si narra che t u t t i fuggirono senz' ordine , n si voltavano addietro , e non vi fu chi dasse colpo ; le quali parole mal corrisponderebbero alie antecedenti scontraro i giovani, perch non s' inoontra chi fugge , ma s' insegue e si raggiunge. ( i ) Messer Giordano lev la frondosa e non si ritenne fin a Marino. II traduttore nel Muratori in-

i8a

i83 itta fu ogni moltitudine, aHbattuti furo li neraici, e giacquero morti in trra in veduta de li passanti e di ogni poplo quelli, quali furono senatori illustri, fin ad ora di nona. Di vero che lo stendardo del Tribuno gio per trra; lo Tribuno sbigottio, stava con li occhi alzati al cielo, altra parola non disse se non questa; ahi Dio! hammi tu tradito? ( i )
tende la parola frondosa
minus Jordanus

per frusta

e scrive: domiforse perch

la frusta a q u e ' tempi era fronznta, o avea alt.ro ornamento che somigliava a fronda, il quale uso di adornare la sommit delle fruste signorili con vaiiata foggia di penacchi, o di altre cose somiglianti a fiori ed a frondi, non ignoto anche a' nostii giorni j siccome ignoto non il proverbio di mente. ' Aicuni legger vorrebbero alzo la frontosa, vale a dir il fiontale o caschetto delP e l m o , che chindes! per riparare i c o l p i , e che messer Giordano dovea alzare per fuggirsene pi espeditamente, rna usandosi di tal frase pi sotto al capitolo n libro a ove parlasi di un cardinale, a cui non pu concedersi elmo in testa, non ho potuto ritener b u o na questa lezione. Potrebbesi anche leggere - levo l frettoso , cio frettoloso, il q u a l senso converrebbe ad ambidue i luoghi. ( i ) Aicuni altri scrittori contemporanei * lontani da Roma narrano che erasi combattuto da ain1

equum frula

incitans,

alzare

e ciottare

la frusta

per andarsene frettolosa-

* G. Villani libr. ra. cap. 1 0 S . - Cronac. senese Muratori, pag, u g . Gron. estens. pag. 4 4 4 -

tom. xv.

be le part con molto v a l o r e , ma da preferirsil racconto dello storico romano , perch, siccome conveDgono De-Sade e Sismondi, * fu testimonio occulare, e dovea aver interesse di soatenere , poteudo , 1' onore d e ' p r o p r i i concittadini.
* DB-Sade - tom. a, pag. 8 9 8 . * Sismondi - cap. 8 7 .

*84

CAPITOLO

XXXV.

II Tribuno^ tomate- trionfante, depose la sua corona e la sua verga all' areceli, n permette che ai cadaveri de' tre Cotonnesi si faccia onore alcuno.

Poich la vittoria fu pe poplo, '1 Tribuno fece suonare sue trombe d/ ariento, e con grande gloria e trionfo raccolse '1 campo, e posesi in capo la sua corona di ariento di frondi di oliva, e torno in Roma con tutto '1 poplo trionfante, e gione a santa Maria di Aracielo, e l rassegn la sua verga di acciaro e la corona di oliva a la Vergiue Maria; dinanti a quella venerabile immagine appese la bacchetta e la corona in casa de li frati minori. Di poi mai non port bastone, n corona, n confalone sopra capo. Po' questo parl al poplo in parlatorio, e disse che volea convertere sua spada ne la guaina; e tratta la spada a s l forbiva con le vestimenta sue, e disse: ha i mozzata 'recv

cha di tale capo, che non la poto tagliare- Papa n 'mperatore. Quelle tre corpora morte furo prtate in 6 A N T A Maria de li frati, coperte di palii d a u r o , ne la cappella de li Colonnesi. Vennero le contesse con moltitudine di donne scapigliate per ululare di sopra li raorti, cio sopra le corpora di Stefano, Giann i , e Pietro Agabito. II Tribuno le fece cacciare, e non volse. che li fosse fatto onore n esequio, e disse: se mi fanno poco d' ira quelle tre corpora maledette, facetle gettare nel catafesso de li appesi, che sno periurii e non son degni d' essere seppelliti. Allora queste tre corpora furo secretamente di notte prtate ne la chiesa di santo Silvestro del capo, e l senza ululato furo seppell^te da le, monach. ( i ) De li altri morti cittadini furo Cola Pali di Moral la, Polo di Liba no, e molti altri gentiiuomini romani, orvietani, e di altre terre vicine a Roma amici de le sopra: dette tre corpora morte; ( 2 . ) li prigioui furo posti in Campidoglio.
5

i85

( i ) Q u e s t o c o n v e n t o fu lorna fratello raine (a) naca 607 della sua Regest. Joarin. Casa , che :<xiij tom. )>
e

fonclato da Giacomo voleano g, fol. ( pag. dalla altri 6o.

Giovanni p e r Je

Cofem-

d e f cardinale

farsi 519), inoiti,

religioso dalla cio

D a l l e i s t o r i e pistc!(-si estense (pag. 444 i tiomi degli

cro(pag. Cola Co-

inutiliense

) si h a n n o

B a i l o di C a v i

o Gavi, Giordano degli Aitushii,

la di Trtara o Frfara, Buzio de* Caligari o Galligalli, Cario d e Meli, Ridolfo di Palestrina, Petruccio de' Frangipani, due signori di Luiano , Camillo figlio bastardo di Stefano Colonna con ottanta altri partigiani de Colonnesi. Fra i feriti mortdlmente si annoverano Giordano Orsini di Marino, Cola Buccio di Braccia, e Cio Gaietani fratello del Cont di Fondi. Cola Bailo di Molara dalla cronaca estense si da per ferito inortalmente, non per ucciso.
J >

i86

CAPITOLO

XXXVI.

Riprenstone al Tribuno , che a similitudine di An~ nibale non seppe valersi di questa vittoria.

Qua voglio un poco dilungarmi da la materia. Scrive 1 facondo recitatore Tito Livio che di Affrica si mosse un capitano, 'i migliore che mai fosse nel mondo; Aniballo di Cartagine avea nome. Questo Anihallo ruppe la pace a Romani, e disfece la cittade di Sagonza ( i ) ne la Spagna a dispetto ed onta, del Senato di Roma. Poi pass le Alpi di qu in Piedemonti, e venne in Lombardia, e l sconfisse Sempronio consolo di Roma ad un fiume,
5

( i ) L ' antica Sagunto , i di cui cittadini fedeli ai Romani vollero piuttosto bruciarsi sui roghi , che darsi vinti ad Annibale - Tit. Liv. libr. a i .

che dicesi Tesino canto Pavia. Poi ne venne in Toscana, e l al laco di Perusia sconfisse F esercito di Roma , e tagli '1 capo a Flaminio Consol; poi dio la votta in Gampagna a Monte Casino, e l venne a la frontiera Fabio lo saputo '"'Con grande oste, e tennelo a baio ( 1 ) anni t r e , poi li tre anni furo mutati li capitaui. Fabio fu casso, e li capitani furo due; per li nobili Emilio Paolo, per li popolari Terenzio Varrone. Lo sapere e F industria di Aniballo fu tanta che lev questi due capitani da li piedi loro, e condusseii con ogni loro potenza di cavalieri e di pedoni fin in Puglia ad un fiume, '1 quale si dice Volturno, e l sconfisse '1 poplo di Roma, e sconfisse due osti. L moo uno de li'mperatori, Emilio Paolo, furono morti ottanta Seuatori, morioci Servilio, '1 quale F anno passato era stato consolo, morironci Tribuni e buona gente assai, morironci quaranta quattro migliara di pedoni, -morironc'i otto mila otto cento cavalieri, e dieci mila furo li prigionieri. Fu guadagnata robba infinita, cavalli ed armi, auro ed ariento; li fren i e le coperte de' cavalli de' Romani erano tutte di auro lavorate. Roma fu terribilmente vedovata.

187

( a ) Balo o bata: teuere a baia , anche pi di tenere a bada, ed equivale a (enere a scherzo.

i 88 Fatta cotale scohfitta, era ora tarda, .cala va 'i sol. Aniballo vittorioso stava forte allegro; li principi de la oste sua li fecero intorno rota, facendoli festa e" allegria del trionfo che avea in tale die avuto; poi li domandaro per grazia che quella notte al die seguente dasse posa a s ed a la cavalleria, perch erano lassi e stanchi. Stava fra questi principi Uno prudentissimo uomo, '1 quale nome avea Maharballe; questo era duca e cOnducitore de la cavalleria. Fecesi dinanti Maharballe, e disse queste parole: Aniballo, la mia opinione non che tu dia posa n a te , n a li cavalieri. Vuoi tu sapere che hai guadagnato oggi in questa sc.onfitta? di qua a cinque di tu vincitore rnanicherai e farai festa in Campidoglio, se senza dimoranza seguiti la tua fortuna; dunque 7 posare non fa per te , muovi tuoi cavalieri e tue rnasnade, non li dar posa, pass'/amone a Roma; sarai signore a bacchetta; la troveremo disfornita con le porte aperte, meglio che romani dicano Aniballo venuto, che Aniballo dee venire. A queste parole Aniballo rispse e disse: Maharballe, io molto laudo tua buona volontade; ma la notte ha consiglio, vogliomi alquanto pensare e consigliare; rispse Maharballe : Aniballo Aniballo, tu sai co' tuoi ingegni vincere, ma nou sai usa-

re la vittoria. ( i ) Bene dice Tito Livio che quella diraoranza fu salutfera al poplo di Roma, che liber romani da servitude, e ritrasse 1' imperio di mano delli Affricani, a li quali decadea. Ora al proposito ; se Gola di Rienzo '1 Tribuno avesse seguitata la sua vittoria, e avesse cavalcato a Marino, prendea '1 castello di Marino, e disertava ( a ) al tutto Giordano, che mai pi. levava '1 capo, e '1 poplo di Roma fora rimaso senza tribulazione in libertade.

i8()

( i ) Vincere seis Anbal, victoria uti nescis. Tit. Liv. lib. '%%. ( 2 ) Disertare in senso di rovinare, spogliare, conciar male &c. G. V. g, 8 4 , 2 . di tutte sue terre il disertaro - Boccac. nov. ', 1 8 . Oim malvagia femmina tu m' hai diserto.

190
CAPITOLO XXXVII.

//

Tribuno fa Lorenzo suo figlio candilero della Vittoria. Comincia'ad insuperbirsi ed a tiranneggiare, e libera il Prefetto. Giordano de' Marini danneggia Roma, e nascono molti disordini.

Vengoti a dicere come '1 Tribuno cadde da la sua signoria. La dimane po' la sconfitta furo chiamati tutti li cavalieri romani, li quali appellava sacra milizia , e disseli: vogliovi dar la pace ( 1 ) doppia, e vegniate con meco: non sapeva alcuno che volesse fare. Suonando le trombe ne gio a quel loco dove fu fatta la sconfitta, la quale sconfitta fecesi anno Domini MCCCXLVH nel mese di novembre; ( a ) meno con esso un suo figlio, Lorenzo ebbe nome, nel loco dove fu morto Stefano Colonna; in quel loco eraci rimasta una pescoglia di acqua. Giunto che fu, '1 Tribuno fece scavalcare '1 figlio, e gettavali sopra F acqua e '1 sangue di Stefano da quella pescoglia, e disse: sarai cavaliere de la vittoria. Maravigliaronsi tut-

( 1 ) Per quanto narrasi in appresso pu arguirsi che a scherno maggiore fosse scritto la paga doppia. Quella sacra milizia chiedea sold e non cere monie. ( 2 ) Era il giorno 2 0 del mese di novembre di detto anno. G. Villani l i b . 1 2 . cap. io5 - Vedi il soramario cronolgico.

ti gli altri, anco stordiro; poi comand che li contestaholi da Cavallo ferissino '1 figlio piattoni con le spade l dal lomho. Questo fatto, torn a Gampidoglio, e disse; gite a la va vostra, opera comune quella che averno fatta, averno tutti essere (i) romani; a noi e a voi spetta pugnare per la patria. Questo detto turb ii animi de li cavalieri, di poi mai non volsero armi portare. Allora 1 Tribuno cominci ad acquistar odio ; la gente ne sparlava, e dicea che sua arroganza era non poca. Ailora cominci terribilmente a diventare iniquo, e lasciare le vestimenta de la onestade; vestiva panni come fosse uno asiano (a) tiraimo; gi mostrava di volere tiranniare per forza; gi cominci a tollere de le abbadie; gi prendea chi pecunia avea, toglievala a chi F avea, e imponeali silenzio. Si spesso non facea parlamento per la paura che avea del furore del popoJo; e mise colore e carne assai, e meglio ma5

igi

( i ) 'ssire e cosi altre volte. ( a ) vestiva panni come fosse un asinino tiranno; cosi le edizioni di Bracciano , e quella pur del Muratori. Dalia narrazione pero della mollezza e tirannide del Tribuno piii avanti fatta si rende manifest che abbiasi a leggere asiao tiranno; mi eonferma in questo intendimento 1' uso che si fatto di questo stesso epteto nel capitolo xvni del libro secondo, ove leggesi - Avea una ventresca tonda trionfale a modo di uno abbate ASIANO.

nica va, e meglio dormiva. Allora lasci '1 Prefetto, perch non era sano de la persona, e tenne per staggio '1 figlio. Allora li popoli lo cominciaro ad abbandouare, e li baroni non tanto givano a corte per ragione, come soleano. Allora impose la data del sale, e volea pecunia per soldati. In questo'stante messere Giordano de' Marini non cessava di novitade rnuovere ogni die, e prendeva e derubava la gent e , e di presure ( 1 ) si mormorava. Era '1 tempo dell' autunno l dopo le vendemmie; lo grano era caro , e valeva lo rubbio sette libre di moneta. Questo toglieva la pecunia a chi Pavea; messere Giordano predava, e l poplo male si contentava. Lo Legato Gardinale, del quale detto di sopra , lo maledisse e giudicollo per ertico; poi compose con li signor i , cio Luca Sabello e Scarretta de la Colonna, e davali in tutto favore. Allora le strade furo chiuse, li massari de le terre non portavano grano a Roma , ogni die nasceva nuovo rumore.
5

192.

( 1 ) Presura per presa.

193
CAPITULO XXXVlIT.

Il cont messere Giovanni Pipino, che in questi tempi abitava in Roma, commove il poplo,' laonde Cola e sua moglie fuggono. Egli ne va in diversi luoghi, ed in Roma dipinto come traditore , e dal legato del Papa h giudicato ertico.

Era in quelli tempi a Roma un cont cacciato dal Regno, messere Giovanni Pipino nome avea, Paladino di Altamura, cont di Minorbino. Questo Paladino dimorava in Roma, perch sue grandie ( i ) e ribalderie non poteano patire li regali di Napoli: cum familia sua degebat Romee. Messere lo cont Paladino in questo tempo fece gettare una sbarra grande sotto P arco di Salvatore in Pesoli. ( a ) Una notte ed uno die son a stormo (3) la campana di sant' Agnolo pescivendolo; un giudeo la suonava, e non ci traeva alcuno a romper questa sbarra: lo Tribuno sbito mand per diffesa una bandiera da cavallo; l a questa sbarra uno contestabile, '1 quale avea nome Scarpetta, combattendo cadde morto ferito di lancia. Quan( i ) granara o grandigia per giandezza, anoganza. ( a ) La cronaca senese narra clie Stefano Colonna il vecchio era col cont di Altamura nella sommossa contro il T r i b u n o . Ci non p r o b a b i l e : quell' infelice vecchio era in et endent sulF orlo del sepolcro, ed incapace di esporsi a combar timento. - C i o a . senese, Muratori, tom. i 5 , p a g . 1 2 1 . ( 3) cio Cola di Rienzo. i3

194 do '1 Tribuno seppe che Scarptta era morto e che '1 poplo non traeva al suo stormare, considerando la campana di sant' Agnolo pescivendolo sonare, sospirava forte, tutto raffreddato piagnea, non sapea che si facesse, shigottito ed annullato '1 suo core e r a , non avea virtude per 'no piccolo garzone, appena poteva favell a r e , e stimava che in mezzo la cittade li fossino posti li agguati la quale cosa non e r a , perch nullo si pales ribello, e non era chi si levasse contro '1 poplo, ma solo era raffreddato. Che vado pi dicendo? conciosiacosach non fosse uomo di tanta virtude, che volesse morir in servizio del poplo come promesso avea, piangendo e sospirando fece uno sermone al poplo, '1 quale l si trovo, e disse: che esso avea bene retto e per la irwidia la gente non si contentava di esso; ora nel settimo mese discndo dal mi dominio. Queste parole piangendo quando ebbe detto> sali a cavallo, e suonando trombe di ariento con le insegne imperiali, accompagnato da armati triumphaliter descendit e gio a castello sant' Agnolo; ( i ) l se ne stava celato e rinchiuso; la moglie si parti in abito di frate minore dal palazzo de' Lals 3

( i ) Ci segu il giorno i 5 Decembre 1 3 4 7 - V e di sommario cronolgico , e le osservazioni storiche in fine di questo capitolo.

ro,5 li. Quando *1 Tribuno scendo da sua grandezza piagnevano anche li altri che con esso stavano, e piagnea lo miserabile poplo. La camera sua fu trovata piena di grandi ornamenti; di tali lettere missive, che furo trvate, non lo crederesti. ( i ) Li baroni sapevano tale caduta, ma stettero di tr nant che volessero tornare a Roma per paura. Li senatori fatti po* lo Tribuno ressero dbilmente; pnsero '1 Tribuno col capo di sotto e con li piedi di sopra, a modo di cavaliere, nel muro del palazzo di Campidoglio; anco pinsero Ceceo Mancino suo notaro e cancelliere; pinsero cont suo ipte, '1 quale rendo la rocca di Civitavecchia. Lo Cardinale Legato entr in Roma, e procede contro esso, e dann la maggiore parte de li suoi fatti, e disse che era ertico. Poi Gola di Rienzo nascosamente ne gio in Boemia a lo 'mperatore Garlo, e stette in Praga la cittade reale, poi ne gio al Papa in Avignone , e l seppe si fare, che fu revocato suo processo, e fu fatto senatore di Roma pe Papa, e venne a Roma, e fece cose di meraviglia e grandi, come si dicer; a la fine poi fu ucciso pe poplo, e fattone grande giudizio, come si toc-

( i ) Creseri,

e cosi altre

volte.

196 cher nel capitolo di sua tomata in Italia. Lo Paladino, '1 quale ruppe Roma e '1 buono stato, digno Dei judicio, finio male e vituperosamente morio. Po' questo fatto anni o t t o , fu appeso per la canna in Puglia, in una sua t r r a , donde era Paladino, la quale avea nome Altamura. In capo li fu posta una mitria di Carta a modo di corona; la lettera diceva cosi: messere Gianni Pipino cavaliere, di Altamura Paladino, cont di Minorbino, signore di Bar i, liberatore del poplo di Boma. Nanti che fosse appeso , molto si riparava con suo parlare, dicendo: non son di legnaggio di essere appeso, moneta falsa fatta non aggio, n devo portar mitria. Se dato pe mi mal fare che io mora, tagliatemi il capo. La risposta de li regali fu questa: Per le tue stommacherie 'l re Roberto t' imprigionb in perpetuo carcere, 7 re Andrea ti libero, e funne amaramente morto; da le man de li regali campare non potevi, sola Roma ti recepo\ e si ti salv; tu le togliesti 'l suo buono stato; tornasti in grazia de li regali, poi ti facesti capo di grande compagnia; arcieri ed arrubbatori in tue terre allocavi; tutto il reame consumavi, derubbavi e predavi; re di Puglia ti facevi; d,unque degna cosa che tua vita fine aggia laida e vituperosa, come hai meritato. Fin qui son li fatti primi di Gola di R e n z o , ' 1 quale si fece chiamare Tribuno auguso.

OSSERVAZIONI STORICHE

197 *

i. Giovanni Pipino, cont di Minorhino e Paladino di Altaraura nel regno di Napoli, era d* ndole trbida e faziosa ; assoldava b a n d i t i , e dava opera con essi ad ogni sorte di violenze e ladroneggi. Roberto lo chiain a render cont di sue ribalderie e vessazioni; ma trascurando il cont di obbedire, il re irritato mand il cont di Tailice suo grande maresciallo afBnch lo conducesse vivo o morto al suo cospetto. Assediato il ribelle in un suo castello, fu astretto ad arrendersi, ed a compariie alia presenza del r e , da cui fu condannato a perpetuo carcere nel castello di Capua. Dopo la morte di Roberto , il cardinale Giovanni Colonna prese favoreggiare per costui, senza che si conosca il peich, e diede commissione al Petrarca di chiedeve al re Andrea la di lui liberazione, che fu conoessa nel 1 343. Dopo la crudele uccisione di Andrea , il cont temendo di cadere nelle man d e ' rali di Napoli che 1' odiavano, ando in Ungheria per eccitare il re Luigi a venire in Italia ed a vendicare la morte del frtello, e lo attendea in Roma per unirsi al suo seguito; II Tribuno lo avea sbandito per ladroneggi opera ti nella spiaggia di Tenacilla, e Giovanni per farne vendetta si present al legato Bertrando di Deucio in Montefiascone, e si prese V incarico di abbassare il Tribuno , siccome esegui. Datosi in seguito a nuove violenze e rubberie, fu preso ed appiccato ad Altamura otto anni d o p o , nel modo narrato in questa storia. Matteo V illai, libr. n, cap. 1 0 2 , e io3. - Istor. pistolesi, Muratori, tom. xi, pag. 2 0 8 . - Dom. Graviua chion. de rebus in Apu.lia gestis.
T

a. La cronaca stense oi ha cnservato il diario esatto degli u l t i m i avvenimenti della signoria del Tribuno nel modo che segu. N e l giomo sette del mese di decembre dell' ann o i347 il Tribuno raduno i l consiglio di Roma, e volle aggiungerv trentanove suoi partigiani sotto il nome di sapienti. Certo Jacobello Ganellucci os contraddirgli, e spalleggiato da u n suo prente per nome Folchetto ottenne che i trentanove novel sapienti fossero espulsi. E r a venuto in Roma u n vicario del P a p a , e vedendo Cola di Rienzo le sue cose a mal p a r t i t o , si mostr disposto ad obbedire al Pontefice. L a o n de adunato consiglio e grande parlamento in C a m pidoglio alia presenza di q u e l vicario propose di voler reggere colle condizioni e patti , che avea recate il cardinale Legato d' ordine del P a p a , ma i l poplo t u m u l t u a n d o chiedea di udire quali fossero si fatte condizioni; il Tribuno aquet la m o l titudine rispondendo: ciocch accettera il Tribuno non sara in pregiudizio del poplo. II vicario , t e niendo il furore popolare, part i l giomo undici per Monte Fiascone e si un al Legato. Nel dodici e tredici di detto mese i l Tribuno pose accordo fra il prefetto di Vico e Giordano del Monte, ed il nglio del prefetto tolse a moglie u n a figliuola di Giordano. Finalmente nel sabbato i 5 . Decembre i347 '-'Uca Savelli fece afnggere un appello agli amici e partigiani suoi , eccitandoli a cacciare il T r i b u n o ; questi fece lacerare la c a r t a , e vi sostitui u n libello di citazione contro il Savello scritto in questi tennini : Noi Nicola Cavaliere , e rettore per parte del Papa nostro signore comandiamo a Luca

198

Saoelti di compadre avanti di noi entro tre

giorn.

Fece irnprigionare alcuni fautori di Luca p e ' suoi maniscalchi, uno d e ' q u a l i fu offeso dal Cont P a latino di Altamura, che cercava di muovere contro Rienzi i suoi stipendiati. II Tribuno ordin al cont di p a r t i r tost di Roma , ma il Palatino si r i tir invece e si aForz in sua contrada, e ribellandosi apertamente , sconfisse u n a compagnia di a r m a t i , che Cola avea spedito contro di l u i , ed u c cise Scarpetta suo contestabile. Ritiratosi allora il T r i b u n o in Campidoglio, e suonata indarno la sua campana per radunar poplo -, vedendo che non gli venia soccorso a l c u n o , A N D O a chiudersi in castello s a n t ' A n g i o l o , come detto in questa storia.
Cronaca estense, pag. 44^ s 446 - Ota. libr. 1 2 , cap. i o 5 , ediz. di Milano.

Villani

Prezzo del I; V o l u m e
Ossiano

^ 5o.

Italiane

... a. 7 1 .

DELLA VITA
DI

GOLA DI
LIBRO

RIENZO
SECONDO

LIBRO

SECODCT*
CAP1T0L0 I.

Venuta a Roma del cardinle di Ceccano legato appostolico pe gibleo.

Oorrevano anni domini MCCCL, quando* Papa Clemente vi concedo a li romani la nni ver sale indulgenzia di pena e colpa per un anno. In quell anno senza impedimento alcuno venne a Roma tutta la cristianitade; a questa indulgenza fu '1 cardinle di Bologna sul mare legato di Lombardia, e messere Annibaldo di Ceccano cardinle legato in Roma pe Papa per correggere 1 poplo, e per ministerio e sussidio de li pellegrini. Questo cardinle legato, scritta che ebbe sua famiglia,
5 5

* Anche nella biblioteca Malabecchiana di F i renze trdvasi un cdice di cronaca annima, copiata nel seclo xvi da altro cdice pi antico. Due o tre capitoli di quella cronaca contengono la p r e sente istoria del T r i b u n o , ed i fatti del cardinle Albornozzo in Italia. Una lettera assai gentile dell illustre professore sig. cav. Sebastiano Ciampi, pervenutami dopo la pubblicazione del primo libro, mi ha somministrato una tale notizia. E mi debito farne menzione, e di rendere al dottissimo uomo quelle maggiori grazie che io posso per tanta sua cortesa.
5

mosso da Avignone discendo in Lombardia. Messere Gianni Visconte arcivescovo di Milano tiranno (i) di Lombardia li escio innanti per fareli onore; chique destrieri coperti di scarlatto menati a mano givano dinanti al? arcivescovo; quando '1 legato vidde questo, stordio, favell e disse: Arcivescovo, che pompa, che vanagloria questa? rispse 1' arcivescovo e disse: legato, questa non e pompa, ma e che voglio sappia '/ Padre santo, che esso ha sotto di se uno chierichetto, "l quale puote qualche cosa, (a) A questo arcivescovo non era possibile a ver questi destrieri, che erano di grossi cvalli de li contestabili, li quali avea sparsi per le cittadi. Poich Messere Annibaldo fu giunto in Roma pos nel palazzo del Papa, e cominci a provvedere de lo stato di Roma e de li pellegrini. Questo messer Annibaldo ebbe in se quattro proprietadi non laudabili; la prima, che esso fu di Gampagna; la seconda, esso fu guercio; la terza, fu molto pomp-

L A i ) Non solo in questo ma anche in altri luoghi lo storico prende la parola tiranno in buon senso dalla voce greca tvpa7vof che significa Signore , e monarca. ( a ) II chierichetto potea anche disporre a suo talento di dodici mila cavalieri e del doppio di pedoni , che in quel tempo formavano una considerabile armata.

o5 so, e pieno di vanagloria; la quarta voglio tacere. ( i ) Questo cardinale giunto in Roma venne a discordia con romani per questa via: avea un suo cammello, 1 quale teneva con li muli per la salmeria. ( a ) La gente trasse una die a questo cammello per yederlo nel rinchiostro a piede del palazzo; grandi cose fa intorno al palaz5

( i ) Che 'questo cardinale Annibaldo fosse di Campagna, avesse la disgrazia di essere guerci, e si mostrasse alquanto pomposo , son difetti , che poco montano; ma questa maliziosa reticenza pecc a , per vero d i r , contro la carita cristiana. Osserva 1 ' Olduino continuatore del Ciacconio che 1 ' annimo autore della vita del Rienzi scrisse t a li cose in detrazione della fama dell' Annibaldo per rendere vieppiii i l l u s t r i . l e geste del suo eroe, ovvero per blandir ai romani, a cui il cardinale era inviso per le dispense date ai pellegrini sul n u mero delle visite da farsi alie sacre basiliche per 1 ' acquisto del giubileo, abbreviando cosi loro d i mora in Roma. Questo secondo motivo pi r a gionevole , e si conforma col racconto di Matteo Villani, * il quale narra essere il cardinale da Ceccano mal veduto dai romani perocche dispensaba e accorciava i termini delle visitazioni ai romei contro alV appetito della loro avarizia, onde pi volte standosi nel suo ostiere fu saettato da loro,. ed alia sua famiglia fatta vergogna, e assaliti e fediti cavalcando per Roma. Onde egli sdegnoso si par , e andossene in Campagna. Aggiungi ancora che la presenza del Tribuno, che trovavasi in Roma sostenuto da molti partigiani, dava stimolo al maltalentb d e ' romani contro questo cardinale.
* Libr. i . cap. 8 7 .

( 2 ) Salmeria - carico di some.

zo la gente vana; chi lo mira, chi li tocca '1 pelo, chi '1 capo, chi li bernardi; lo cavalcano, e lo vonno far andar; grande lo zufFolare, grande 1 rumore. Stava l un famiglio del legato; parseli male di tanta licenza, e cosi riprendeva la gente; a l e riprese aggiunse le minaccie, ed ogni persona fece partir da lo steccato . La gente non volse pi udire, prende pietre a piena mano, rompe lo steccato $ e tengon dietro al famigliaccio; gettavano pietre suso al palazzo, gridando come si fa, ah ah. a lo patarino. ( i ) A questo rumore tragge la gente con li bastoni e stanghe: da la piazza di santo Pietro; traggono quelli di Portica, armati di tutte armi, elmora (a) di acciaroj pavesi, panziere, scudi, balestre. Al palazzo si fa gran combatte3

so 6

( i ) Patareni, Patarini furono detti secondo V opfnione di mlti certi eretici di razza manichea, i quali dalla Bulgheria vennero in Italia nell' u n dcimo seclo, e teneano loro adunanze in un quartiere di Milano, che diceasi Patara. Nel dcimo terzo seclo fu applicato questo nome agli eretici va2desi,,e quindi cos nominavansi gli eretici e scismatici in genrale , e davasi anche si fatto titolo per ingiuria e dispregio . II Garampi fa derivare questa voce da patior e passio , m a r t o r i a t i . Vita della b . Chi ara. ( a ) Nelle edizioni di Bracciano leggesi armati di tutte armi, e LJSNORA di acciaro, pavesi ec. ed in quella del Muratori clinora d' acciaro^, che il traduttore spiega instructi clavis aeneis_. E chiara

ac-7 re, la porta serrata era, '1 rumore era terribile, le pietre fioccavano, e varute, e lancie lanciate come acqua ventosa; ben pare che per forza voglianp togliere la fortezza. Quando *1 legato ci sentio, meravigliossi ed ebbe paura. Stava su li balconi di sopra, tutto vedea, non sapea perch cagione questo fosse, davasi de le man pe visaggio, e diceva: questo che vuol dicere? che aggio fattof perch tanto vituperio mi si fa? Vedi come date cagione voi romani che il Padre santo venga a Roma! in questa trra 'l Papa non.fora signore, non fora giusto arciprete; non mi cresi venir e a badaluccare (i); hanno li romani somma povertade e grande.rigoglio! (a_) Stendeva la mano, e facea sembiante (3) che cessassino da tale furore, A la fine frate Gianni di Lucca commendatore di santo Spirito cors, e si racquet li irrazionabili cittadini, e ogni uomo torna a cay

la scorrezione, e devesi leggere elmora di acciaro per e l m i , e di fatti nella enurnerazione di ogni sorta d' armi 1' elino dovea teuere il primo luogo. ( i ) Badaluccare scaramuociare. ( a ) rigoglio per orgoglio. ( 3 ) Sembiante e semblanza per cenno: D a n t e P a r . aA. - poi mi volsi a Beatrice, e quella pronte - sembianze femmi.

ao8 sa. Lo cardinle ebbe grande feltrenga; (i) averiasi pigliato di stare in Avignone.
( t ) Feltrenga; cos trovasi sciitto non solo n e l le due edizioni di Bracciano, ma anche n e ' codici esaminati dal Muratori. Dal contesto del periodo aperto che questa parola significa paura o spavento, ed stata appnnto nel Muratori tradotta in latino in questo senso. * Ho cercato trvame traccia nel verho faltare l a t : deficere mancare venir m e n o , da cui fbrse proceder ne potea antiquatamente falta e faltenga, ma non ho potuto persuadefmene. Mi son quindi rivolto a pi ragionevole opinione, e sembrami di poter affermare che questo sia u n modo proverbiis di dir in Roma ed in q u e ' tempi in uso, di c u i , siccome a p p u n t o suole accadere de' modi proverbiali, si perduta del t u t t o la memoria. Se non erro sembrami altresi poterlo derivare da qualche famosa rotta o spavento d e ' feltreschi passato in provverbio _, come di frequente accade n e ' grandi e strepitosi avvenimenti. Per t a le ragione dicesi ancora un vespro siciliano , un san Bartolomeo ad ogni e q u a l u n q u e grande strage od eccidio in relazione alie note famose catstrofe accadute^iu Sicilia ed in Francia , e per la ragione stessa potea dirsi una grande feltresca o feltrensa, e per antiquata desinenza feltrenga, per una grande paura , in memoria di uno strepitoso spavento avuto dai signori di Monte Feltro e suoi seguaci. E quale maggiore esterminio e spavento d e ' Feltreschi di quello occorso n e l l ' anno i 3 2 2 dscritto dal Villani? ** Teneva il cont Federico le citt di Urbino_, di Osimo, e diRecanati contro il mrchese, che reggea la marca di Ancona per la Chiesa, e vi mantenea asprissime guerre col mezzo d e ' suoi partigiani. II Papa fece bandir crociata contro Federico e consorti suoi, perlocch il poplo di Urbino levossi a r u m o r e , e lo sgraziato cont fu costretto
*

* Cardinalis nimirum lbr. 9 . cap. i 3 a .

tzmens.

arrendersi, implorando per grazia una sollecita mort e . Presentossi 1' infelice yecchio, spogliato di v e stimenta, con capestro al eolio , e con u n tenero figliuoletto fra le braccia, chiedendo al poplo misericordia; ma la furente moltitudine, sorda ad ogni sentimento di piet, il trasse col figlio a cruda morte , e come scomunicato fu sepolto fra carcami di uccise carogne. Nel tempo stesso la citt di Osimo fu espugnata , e quella di Recanati posta a sacco ed a fuoco, e tutti i seguaci de'Feltrensi presi da grandissimo spaveuto si diedero alia fuga per sottiarsi al minacciato esterminio. Due figli del cont, e molti suoi compagui furono presi in Agubbio, e Speranza da Monte Feltro cugino di Federico rifuggiossi in s. Marino , ove pot scampare la vita * Ed ecco un eccidio ed uno spavento tale da poter fcilmente passare in proverbio. La circostanza di essere il cont Federico, ed i partigiani suoi in odio alia Cbiesa, scomunicati, e perseguitati da crociata avvalora vieppi la mia opinione , giacch quanto pi i fatti son, clamorosi tanto pi. danno adito a modi provverbiali fra il poplo. Non mi si opponga essere trascorsi oltre q u a t t r o lustri dopo tale avvenimento , ed essere per5 tempo che la terribile vicenda fosse caduta in dimenticanza. Ognuno conosce che per stabilire un modo provverbiale di consentimento genrale del poplo necessario sufficiente lasso di t e m p o , e che poi non si facile il dimenticarlo.
* Deifico. Storia della Repubbl. di s. Marino. Milano 1 8 0 S , pag. 9 7 . _ ' Saint Hippolyte. Essai bistorique sur la Republique .de s. Marino. Paris 1 8 2 7 , pag. 1 6 9 .

OSSERVAZIONI STORICHE i . Correvano anni domini MCCCL, guando Papa Clemente vi concedo a ti romani la unirversale indulgenzia &o. Era antichissima tradizione , che coloro i quali visitavano la chiesa del prineipe degli Appostoli in Roma il primo anno di ciascun seclo godevano di universale indulgenza. Alcuni hanno creduto che quest* uso avesse origine dalle feste secolari che gli antichi Romani soleano celebrare ogni cent o a n n i , e che dopo lo stabilimento del cristianesimo, seguendo i popoli la vetusta costumanza di andar in R o m a , fssero rivolti i profani riti in devote pratiche sulla tomba d e ' beatissimi Appos t o l i , la quale opinione pero non h a alcun fondamento. Bonifazio v n i institu con bolla questo anno secolare cristiano concedendo plenaria remissione a t u t t i quelli, che nel i3oo vistate avessero le sanie chiese degli Appostoli in Roma. Clemente vi con bolla del 2 7 Gennaro i3j.3 , a preghiera d e ' romani, abbrevi il tempo, e res questa genrale indulgenza simile al giubileo antioo degli ebrei , cosi detto dalla parola ebraica Jobelj che significa remissione, (.1) e che eelebravasi ogni c i n q u a n t ' a n n i . Urbano vi ridusse il giubileo ad ogni trentatr anni in memoria del teinpo che N. S. dimor fra gli uomini , e Pavolo 11 avendo aguardo alia
f

( i^) Sanctificabis annum quinquagesirmim , vocabisque remissionem cunctis habitantibus tnrrae tuae : ipse enim est Jubilaeus. Levitic. cap. a5.

frage natura dell' uomo , ed alia poco durevole sua vita, prescrisse che fosse oelebrato ogni venticinque anni. a. A questa indulgenzia fu 'l cardinale di Bologna sul mare 6-c. Guido era figlio DI Roberto v n , cont di Auvergne e di Bologne sur mer, e di Maria di Fiandra , ed appartenea ad una famiglia unita con vincoli di parentela alia reale casa di Francia, avendo u n a sua ipte nel i349 Psato il re G i o v a n n i ; ( i ) era altresi prente ed amico di Cario imperatore. Non avea che venti anni quando fu eletto vescovo di Lione. II Pontefice Clemente vi lo elesse cardinale di santa Lucia nelP anno i34a. Era d' n dole dolce ed insinuante, assai coito nelle lettere, e molto able e circospetto n e ' politici negozi. Papa Clemente lo invi con amplissimi poteri legato al re di Ungheria nel i348 per t r a t t a r pace colla regina Giovanna, e sollecitare la liberazione d e ' r e a l i di Napoli, e dar opera al r i p o s o d ' I t a l i a . In febbraro dell' anno i35o trovavasi in Padova , dove gli fu caro il conversare famigliarmente col Petrarca, che i vi tenea suo soggiorno, e che ave va altre volte conosciuto in Avignone. Quindi ne a n DO in Roma pe ginbileoj edijj^appunto di questo illustre cardinale che parla i l ' n o s t r o storico n e l seguente capitolo. Ritornato in Padova assist il giorno dieci di Maggio al concilio ivi celebrato , poi si pose in viaggi per Milano, quindi per Avignone. Nel i35i da Clemente fu eletto vescvo
s

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( i ) M. Villani libr! i. cap. 3a.

212

di Porto dopo la morte del cardinle d' AlbL E diretta a Guido di Bologna la lunga latina epistola di Cola di Rienzo in forma di orazione, che trovasi nelle qpere del Petrarca. ( i ) In q u e s t a e p stola i l Rienzi imprigionato a Praga invoca la protezione del cardinle , di cui dice aver altre volte esperimentata la bont, ( a ) forse avendolo conoscuto in Roma in tempo del giubileo. Questo i l lustre e benfico prelato mor il giorno a3 di novernbre del ^j'. 3 Fuvvi messer Annibaldo di Ceccano cardinle &c. Annibaldo di Ceccano nato in Campagna di Roma da illustre s t i r p e , dotto n e ' sacri eanoni , ed assai cupido di onori, fu eletto da Giovanni x x n arciyescovo di N a p o l i poi nel di 1 8 decembre i 3 a 7 cardinle e vescovo tusculano ; mori nella villa di Si Giorgio , come narra il nostro storico, i l giorno 17 Luglio i 3 5 o , mentre era spedito legato del Pontefice a Lodovico.re di Ungheria. Si ha di lui una vita in versi latini degli Apostoli ss. Pietro e Paolo. M. Villani libr. 1.* cap. 86. Vedasi la nota a l capitolo 3..
}

( i ) Ediz. di B a s i l e a ^ P a g . n a 3 . { a ) Cuius alas immemae benignitatit

expertus

- vi -

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CAPITOLO I I .

Azioni e autorit del legato, e come, ferito da un verruto scomunica il Tribuno da lui stimato del tradimenlo autore.

Questo legato fece preciare cose; esso ficc in santo Pietro quelli due belli pann i , li quali stanno dal lato del coro, e donnne uno a santo Gioanni, ed un altro a santa Maria maggiore. Questo volse revisitare '1 tesauro di santo Pietro; questo dava assoluzioni e penitenze di provincie, di cittadi, di principi, e di cose; questo puni penitenzieri, cassnne e imprigionnne; fece cavalieri e dio dignitadi ed offici; alzava e abbassava li termni de li di; concedea la remissione da li quindici in uno die per la tanta gente che era in Roma, che s questo non facea, Roma non auria potuto reggere tanto, (i) Questo diceva messa pontificalmente con tutte ceremonie come Papa; a suono di

( i ) Scrive Matteo Villani , che la moltitudine di cristiani, che ando in Roma in tempo di q u e sto giubileo, fu innumerabile. Fu estimato che da; Natale a Pasqua di ressurezione T fossero c o n t i nuamente sino ad un milione e duecento milat pellegrini che per Y Ascensione e la Pentecoste ve ne fossero ottocento mila, e nel rimanente del 1' anno non ve ne fossero meno di ducentet mila M. Villani l i b . i." cap- 56.

trombe di ariento veniva a la chiesa, e tornava al palazzo. Questo legato volse far la cerca (i) quindici di, e guadagnare P anima come li altri, ma vedi che F incontr: detta messa, cavalc uno die '1 legato per fare la cerca; mossesi da santo Pietro, e givasene a santo Paolo; mentre che pass per la strada, che va da li Armeni a santo Spirito, in quel loco, che sta in mezzo fra santo Lorenzo de li pesci e santo Agnolo de le scale, di subbito escio da una casetta per la fenestrella de la incarcerata (a) di lato a santo Lorenzo due verruti, (3) li quali furo balestrati per uccidere '1 Legato; F uno non lo tocc, e ne gio in aria vano, F altro lo percosse su nel cappello, e vi si flec dentro; di tale vicenda (4) stordio '1 cardina-

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( i ) Fare la cerca, cio la cerca de le indulgenze, visitando le chiese. Nel viaggio del Frescobaldi leggesi iVoJ vplevamo far le cerche maggiori a" oltramare , cio de' luoghi santi di Palestina. ( a ) incarcerata per luogo chiuso con ferriate a modo di carcere. ( 3 ) , verruto dardo dal l a t : veru. ( 4 ) Leggesi vidanna e videnna: ho ritenuto doversi leggere vicenda per caso avvenimento ec. G. Vill. nota lettore isvariate VJGENDE e CASI che fa la fortuna del seclo, l i b . n . cap. 63. II cambiamento del c in d pu essere errore del copista, ovvero idiotismo di pronuncia.

l e ; si fisse la traccia (i) de la famiglia, lo soccorse, e feceli rosta intorno; (a) lo rumore b grande: prend prend, corr di l corr di qua, per trovare chi avea voluto uccidere '1 cardinale. Gorsero ne la casetta, d onde erano venuti li verruti; avea la casetta direto una postica ( 3 ) per cpa.ella postica li balestrieri, lasciate le balestre, s' erano partiti; mesticaronsi con la molta gente folta per la perdonanza, e non furono conosciuti; ne la casetta non fu trovara persona alcuna, due balestre trvate furono; la casetta gio per trra piaa ta ; justus pro peccatore; uno prete fu preso e messo al tormento, mai non disse chi fossero li balestrieri. Allora si torna a casa '1 legato, uomo pomposo che cercava gloria ; ( 4 ) vedeva che non era reputato, crepava di dolore, stava infianmiato, non trovava posa, batteva le mani, e dice va : dove son io venuto ! ahi Roma deserta! meglio mi fora essere in Avignone piccolo pievano? che in Roma
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( i ) Trcela per seguito , brigata ec. Si fisse la traccia de la famiglia, cio si fermb il seguito di sua famiglia. Dante infern. 18. Dal vecchio ponte guardavarn la TRACCIA che venia verso noi &c. (z)far rosta per metaf. far circolo stare intorno. ( 3 ) Postica parola pretta latina , Postica o posticum V nscio di dietro della casa. ( 4 ) Cos V edizione prima di Bracciano. Muratori legge cenava gloria.\

316 grande prelato; hannomi combattuto a casa nel palazzo poi mi hanno balestrato; non saccio di'chi vendetta fare: questo dicendo, non pu sua ira temperare, fece grande scrutinio de li malfattori, mai non fu potuto sapere chi fossino quelli; estim ed ebbe ferma opinione che Cola di Rienzo Tribuno fosse stato quello, e in nuil o altro posesi la colpa. ( i ) Allora, acciocch '1 Papa ne avesse compassione, scrisse lettere in corte al santo Padre, dove recit suo infortunio, come era combattuto, come era balestrato e voluto uccidere, e dentro de la lettera messe '1 verruto. Poi per satisfazione dio terribile sentenza e maledizione contro chi avea peccato contra esso. Maledisse e scomunic Cola di Rienzo e chi avea frode, appellandolo patarino e fantstico; ed annull ogni suo fatto, e dioli ogni maledizione che poto, e priv li colpevoli de li offici, beneficii, e dignitadi; tolsei acqua e fuoco, e non ci lasci a fare covelle per confondere suoi nemici; uomo era decretalista , sapea quanto grave era
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( i ) In quel tempo il Tribuno trovavasi in Roma , ed avvi ogni fundamento di credere che essc fosse 1' autore , o almeno I' eccitatore di tale att e n t a t o ; anzi dal mss. Vaticano N . 5 5 2 2 citato dal Rainaldi nn. i35o N . 45 . se ne ha quasi la certezza.
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P errore, e quanta pena do vea avere. Da quel tempo innanti sempre port '\ legato sotto'1 cappello una cervelliera di ferro, e addoss buone corazzine sotto la cappa. Trovavasi a Roma a queste cose '1 cardinle di santo Grisogono, uomo di Francia , grande prelato, grande barone; ( i ) go dian ti a messere Annibaldo, e per consolarlo queste parole disse; chi volesse rettificare Roma conveneria che tutta la gastasse, poi la edificasse di nuovo ; ci detto, lev la frondosa, e cammina in sua legazione.

( i) cardinle di s. Grisogono. Osserva il Baluzzi che in q u e l l ' anno non v ' era alcun cardinle di questo titolo, ed ecco una delle sue forti ragioni per giudicare francamente, che questa istoria non di contemporneo scrittore. Avesse pur 1' autore preso sbaglio sul titolo di questo cardinl e , q u a l uomo discreto pu fondare il suo giudizio sopra si frivolo pretesto? Altronde certo che il cardinle Guido di Boulogne, legato del Papa per concillare le questioni fra il re di Ungheria e la regina di Napoli , venne in Roma pe giubileo. Egli era figlio di Roberto x n cont d Auvergne e di Boulogne discendente dei re di F r a n c i a , congiunro di Cario imperatore , arcivescovo di Lione , e ad esso convenivano i titoli di uomo di Francia, grande prelato, e grande barone, e non v' ha dubbio che questo il cardinle , che 1' autore intende indicare , poco montando se avesse errato n e l titolo.
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CAPITOLO I I I .

Morte del cardinale legato e de' suoi nepoti

Voglio m dicere , come '1 legato morio. Era del mese di luglio '1 fervente caldo; a questo messere Annibaldo di comandamento del Papa convenne assentare fuora di Roma, e gire a Napoli, e provvedere sopra la desolazione del regno di Puglia, 'i quale giva in dispersione, come si dicer. Spontaneo si parte da Roma 1 legato, oltre per Campagna visit Ceccano la sua contrada; passonne a Monte Casino, e venne a santo Germano; l pos; la seguente die mossesi da santo Germano e- fece piccola giornata; venne ad un castello non molto da lunga, e in quel castello pos; come usanza , li present li corrono da ogni parte, e fra le altre cose li furo presentati molti buoni vini in fiaschi. Dice uomo che questi vihi furo avvelenati, ( i ) che le botti tutte erano ve5

( i ) C O S opina Matteo Villani l i b r . i , cap. 87. - nel cammino ( i l cardinale) mor di veleno con assai suoi famigliari. Dissesi che ad 'Aquino era stato apvelenato vino nelle botti , del quale non ebbono guardia, e bevvonsene; se per altro modo fu non si pot sapere. - . II nostro autore seinbra essere di contraria opinione, ed attrihuisce la morte del cardinale alP a-

nenate per la grande compagnia che correva'1 paese. Questo non verosimile, pazzo fora chi volesse avvelenare suo vino ; ma di questi diversi .vini '1 cardinle, caldo per cavalcare, bebbe e hene , perch aveva sete; era de li buoni bevitori, che avesse quel tempo ; fu a la tavola in sala a la cena; uomo di Campagna volse vedere T universa sua famiglia , st lieto a huon aria, e cena; po' le vivando per rinfrescare, di consiglio di due suoi present medici mstro Guido da Prato e mastro Matteo da Viterbo , soleva manicare latte fresco pecorino; volse la usanza servare; convenne che alcuno de la famiglia gisse a le precoia, ( i ) e l mungesse le pecore; empiuto che ebbe di latte uno grande catino di ariento, vennesi a la cena; grande ora passata aspett, mentre questo latte si pone ed munto ; lo cardinle, venuto '1 latte, sopra si pose con suo cuchiaro, a manicare comincia, e presene a pieno ventre; cibo corruttibile!; grande ora
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ver mangiato d e ' cocomeri in aceto con latte fresco ; ma pi sotto narra che un nepote del cardinle moo , tutta la famiglia sbito moo, altro nepote in santo Spirito di Roma moo, ,eppure non tutti costoro aveano manicato latte fresco pecorino, ed i cocomeri nell' aceto. ( i ) Precoio e prequoio, stalla o mandria di armetiti.

po' '1 pasto e po' 1 latte, vennero cetriuoli, e di quelli per rinfrescare manic, infusi nelP aceto di comandamento de li medici detti. La notte fatta, gio a posare, non trov posa alcuna, non dormio, lo cibo li stava ne lo stomaco crudo ed indigesto; la dimare si lev svogliato; pe poco spazio di tempo che avea cavalcato, '1 primo luogo che trov fu la villa di santo Giorgio; l pos, che a cavailo non potea pi gire, posato non mangi la sera, e di notte pass di questa vita. Molta tristizia ebbe la sua compagnia, cosi fu disperduta come le pecorelle abbandonate dal suo pastore per due ragioni: la prima, che tutto arnese li fu levato da li baroni de la contrada: la seconda, che '1 nepote del cardinale, uno de li due morio, sbito tutta la famiglia morio, e uomo non ne camp; chi morio per le terre di Campagna, chi a Roma, chi a Viterbo; messere Gianni 1' altro nepote morio in santo Spirito di Roma; non remansit canis mingens ad parietem. Ecco la novitad e : lo legato del Papa morio in viaggio ne la villa di san Giorgio, po' esso '1 nepote e tutta la famiglia anno domini MCCCL nel giubileo. Lo corpo del legato fu aperto; grasso era dentro come fosse vitello lattante; la vacuitade del ventre fu empita di cera monda, '1 corpo fu inunto di aloe, e vestito in abito di frate minore;

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messo in una cassa sopra di un mulo, come fosse una soma, qua venerat ma Romam rediit. Venuto in santo Pietro senza compaghia, senza ullulato, senza chierico, fu aperta semplicemente la sepultura di sua cappella , e l fu gettato , si che cadde imbocconi, e cosi imhocconato rimase. Considera dunque che la gloria del mondo, e che 1* onore! uomo pomposo, alto prelato, che desiderava la moneta, li onori, le grande casamenta, le onorahili compagnie, giace solo in ahito di povertade, rinchiuso in sua totnha, n sue richezze valsero che uno vile uomo si faticasse a distendere quel corpo, secondo debitam figurara, supino.

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CAPITOLO

IV.

II Senatore di Roma lapidato dal per avere affamata la citta.

poplo

Morto Papa Clemente fu creato Papa Innocenzo, 1 quale fu detto '1 cardinale di Chiaramonte dell' ahito di santo Pietro, prete secolare. Come Papa Innocenzo fu creato, Dio li mostr grande vendetta di quelli, che li avevano tolto il senato. vGorrevano anni domini MCCCLIU di quare5

aaa sima , fu di sabbato e di Febbra.ro; ( i ) levossi una voce sbitamente per mercato di Roma, la quale voce diceva: paplo poplo; a la quale i romani corrono di l e di qua come demonia accesi di pessimo furore. Gettano pietre al palazzo, mettono a ruba quanto si parava innanti e specialmente li cavalli del senatore. Quando Bertoldo de li Orsini sentio '1 rumore pens del campare, e di salvarsi a la casa; armossi di tutte armi, elmo rilucente in capo, speroni al piede come barone discendeva per li gradi per montare a cavallo; lo strillare e '1 furore si converte, ne lo sventurato senatore; pi -pietre e sassi li fioccano di sopra come Frondi che cascano da li arbori 1' autunno; chi li d, chi li promette; stordito '1 senatore per li molti colpi, non li basta di coprirsi di sotto sue armi, pur ebbe potestade di gire in pi del palazzo dove st la 'mmagine di santa Maria. L da presso pe molto fioccare di pietre la virtude li venne meno. Allora '1 poplo senza misericordia n legge in quel loco li compio li d i , allapidandolo come cae, gettando sassi sopra '1 capo come a santo Stefano; l ' 1 cont passo di questa vita
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( i ) il i5 FeKbraro i353 - M, Villani cap. 57.

libr.

3,

3 S 3

scomunicato, e non fece tnotto alcuno. Morto che fu lasciato, ogni persona torna a casa. Senator collega tur pite f per fuera demissus deformi pleo per posticam palatii, obvoluta facie transivit ad domum. La cagione di tanta severitade fu , che i due senatori viveano come tiranni; gi erano infamati (i) che grano mandavano per mare fuora di Roma. Era '\ grano carissimo, la canaglia non comportava la fame e '1 digiuno; non sa temer '1 poplo affamato, non aspetta che dichi : fa questo; questa condizione ha la caresta, che molti potenti ha perterrato (a). Anco potera essere la cagione, che Dio non consente che le cose de la Ghiesa siano vilate. Di ci favella Valerio Massimo, (3) e d 1' esempio di Dionisio tiranno di Sicilia, '1 quale tagua va li capelli e le barbe di auro, le quali avevano i suoi Dii, e diceva che li Dei non dovevano avere similitudine di becchi barbati. Di quest ont a , la quale fece a suoi Dii, fu p u n i t o , (4) che in sua vita vivea con p a u r a ^ e
f 3 5

( i ) infamare in senso di dar fama cattiva , vituperare - Boccae. nov. 4- ~ di ladroneggi ed altre vilissime cattivita era infamato. ( a ) Perterrato in sign. di atterrato. ( 3 ) Valerio Massimo - Cap. j . de religione. ( 4 ) Abbiasi per fermo dai nostri leggitori che quegli D e i , a cui Dionisio radeva si bene la bar-

po' la morte sua, suo figlio venne in tanta miseria, che vivea d' insegnare li garzoni 1' alfabeto, e forse pi non sapea. Vedi meraviglia! saputa che fu la morte del senatore lapidato, la carestia di sbito cess pe paese intorno, e fu apparecchiar ta convenevole derrata di grano.
t a , ed alleggeriva con tanta cortesa la chiom a , non aveano potere di punir a l c u n o ; ma i sacerdoti siracusani non dovevano patire di buon occhio , che i loro aurei nurni avessero u n si attento e sollecito parrucchiere.

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OSSERVAZIONI STORIGHE
i . Morto Papa Clemente fu creato Papa lnnocenzo &c.

Stefano Aubert, nato nel villaggio di Beissac dicesi di Limoges, fu professore di civile diritto in Tolosa , vescovo di Noyon nel 1 337, poi di Clerm o n t d ' A u v e r g n e nel i34o, e quindi da Clemente sesto nel 1 34a creato cardinale d e ' s s . Giovanni Pavolo , e nel I 3 5 I vescovo d' Ostia e gran penitenziere. F u eletto pontefice nel giorno dieciotto del mese di decembre delP anno i35a , e prese il nome d' lnnocenzo V. Era uomo di sem-

plici ed innocenti costumi, e di esemplarissima vita. Scrive Matteo Villani ( i ) che non avea grido di molta scienza, ma altri storici lo esaltano q u a l grande ed eccellente canonista. ( 2 ) Vi chi narra che questo Pontefice tenea Petrarca in concetto di mago perch leggea Virgilio , ma non so in modo aluno comprendere come alcuni uomini dotti abbiano mostrato di credere a si stolta novella. Per q u a n t o possa ritenersi Innocenzo sesto alieno dalle dolcezze della poesia e d a l l ' a m e n i t delle lettere, essendo egli stato professore n e l P universit di Tolosa, dovea di necessit aver conosciuto di q u a l magia sapeano i versi del mantovano poeta. A h u o n cont Innocenzo, appena elevato al t r o n o , col mezzo del cardinale di Teleyrand chiam questo mago presso di s q u a l suo segretario, ciocch fa ben conoscere che il Pontefice non avea in capo si strano pensiero. ( 3 ) F u Innocenzo molto zelante degP interessi della Chiesa; medit di togliere le terre ai tiranni, che le aveano usrpate, e col valore del cardinale E '

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( 1 ) libr. 3, cap. 44-' ( a ) Rollewinch fase, tempor. Tritheme chron. Hirsang. &c, ( 3 ) Non credit prefecto magum Pontlfex, quem segretarium vult, nec scaelestis dar operara carminibus, quem interiori thalami arcano dignum et sacris aptum censet epistolh - son parole dello stesso Petrarca nella epstola terza del primo libro delle senili diretta al cardinale di Taleyrand. De-Sade avvisa che tale opinione non fosse del Papa, ma di un vecchio e poco instrutto cardinale. Io poi son di sentimento che si trattasse di qualehe scherzevole parola detta alia presenza del Pontefice, e riferita , chi sa in qual-senso , al Petrarca., il quale sembra che in detta epstola talora la giudichi scherz o , e talora sembra adontarsene, siccome 1'ndole sua eC' citabilissima lo trasportava.

gidio Albornozzo ottenne V i n t e n t o , siccome in que sta istoria si narra. Oper utili riforme, e mor in Avignon il giorno dodioi di setiembre del x36a.
M. V i l l a n i , lib. 3 , cap. 44* BZOT. ann. i 3 5 a

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De-Sade Tom. 3 , pag. 2 7 9 . a. Come Papa Innocenzo fu creato , Dio li mostr grande vendetta di quelli, che li avevano tolto il sealo. I baroni di Roma dopo la caduta del Rienzi si disputavano coll' armi la carica di senatore. Nell ' a n n o I 3 5 I Giordano degli Orsini reggea 1' ufficio senatorio con poco contentamento d e ' romani , perlocch gli mossero g u e r r a , e fu costretto ad abbandonare il senato. Ponzio Perrotto vescovo di Orvieto uomo saggio e di grande autorit, e che era vicario del Papa, entr in Campidoglio , e ne prese guardia in nome del Pontefice , finch la Chiesa provvedesse di al tro senatore. Jacopo Savelli unito a Stefano Colonna , nico superstite di sua famiglia, cacci il vicario del Papa da Campidoglio, e l a citt rimase senza alcun reggimento. Laonde il poplo , eccitato ad ira per le gare de' n o b i l i , elesse a suo rettore nel giorno 2.6 decembre I 3 5 I u n bnon vecchio per nome Giovanni Cerroni, il quale fu confermato dal vicario del Papa, dopo aver giurata fede alia Chiesa. Tenne il Cerroni saggio governo delle pubbliche cose di Roma i n q u e ' dificili. tempi, ma oltraggiato dai baroni, e male obbedito dal poplo, fu costretto in s u l l ' i n cominciare di setiembre del j 3 5 a rinunciare alia signoria. Di poi Bertoldo degli Orsini e Stefano Colonna usurparono 1' autorit del senato senza al-

cun eonsentimento del P a p a , ed ecco perch il nostro scrittoie dice essere 1' Orsini morto scomunicato. Mat. Villanz lib. 3 , cap. 47 lh. 3 , cap. 33, e S7.
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227

CAPITOLO

V.

Il Cardinle messer Egidio Cuenchese di Spagna, mandato da Papa Innocenzo legato in Italia sforza Gianni di Vico a restituir Viterbo, Orvieto, Marta , e Canino da lui usurpati alia Chiesa.

Questo Papa Innocenzo la prima cosa, che si pose in core, fu che li tiranni restituissero V a l t r u i , li heni de la Chiesa che avevano usurpati e sforzati. A ci eseguire mand suo legato in Italia messere Gilio ( 1 ) Cnchese ( 2 ) di Spagna cardinle. Questo don Gilio quanto fosse suficiente guerriero 1' opere sue lo dimostraro; esso fu in prima cavaliere a speroni di auro, poi fu archidicono di Gon( 1 ) Gilio dal francese Giles,Egidio. Anche Matteo Vllani cos nomina il cardinle Albornoz120 - mand legato messer Gilio di Spagna cardinle. lib. 3. cap. 84. (a,) Cio di Cuenca citt della nuova Castiglia i pi avanti pronunziata Conche.

aa8 che, e fu di tanta industria, che fu confaloniere del re di Castelle, e personalmente si trov a la rotta di Talifa in Ispagna. Disceso '1 legato don Gilio nel Patrimonio, venne a Monte Fiascone, Acqua pendente, e Bolzena; tutte si arrendero ; le altre trre teneva occupate Gianni di Vico prefetto di Viterbo; anco teneva Terani, Amelia, Nargni, Orvieto, Viterbo , Marta, e Canino; era magno, e iussava per corromper Perusia. Lo legato trovando si poche terre, forte li parse; nientediraeno volse parlamentare col prefetto; mand per esso e furo insiemora, Avea '1 prefetto in se una mala natura, che ci che uomo li domalidava di sbito Fammettreva e diceva: fatta sara, bene el place; a la fine non ser va va le promesse, e quanto pi ti prometteva peggio ti attendeva. Per la mala usanza questa condizione serv al legato, e non se ne seppe astenere. Come furo insiemora \ legato disse: prefetto che vuoi tu? Lo prefetto rispse: clocch place a te; lo legato disse : voglio che tu rend a la 'Chiesa 11 suo, e tengati 'l tuo, lo prefetto .disse: voglio farlo volontlerl: son contento, e n ci pose '1 suo sigillo ne la carta con li capitoli scritti, e dio la volta in reto a Viterbo. De le promesse niente servai r a ; dice va : non ne voglio fare covelle; aggiungeva; '.Z legato ha cinquanta preti fra
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compagni e cappellani; li miei ragazzi bastarlo a contrastare a li preti suoi. Questa parola non si poteo celare, che non pervenisse a le recchie del legato, a ci rispse '1 legato e disse : bene si veder che miei preti saranno pi valorosi che 'Z prefetto co suoi ragazzi. Poich '1 legato conohhe P animo del prefetto indurato, e vide la perversa mente ostinata, (crociata non li handio sopra, che non li pareva da tanto, ma ebbe 1* aiutorio de la lega di Toscana, di Perusia, di Fiorenza, e di Siena,) fece oste grande, ne la quale fu esso personalmente; in quella oste ci fu Cola di Rienzo, '1 quale veniva assoluto dal Papa. Poca cura fece 1 prefetto de la oste de' soldati. Allora escio fuora 1 poplo di Roma; Gianni cont di Vallemonte fu '1 capitano; cominci a fare '1 guasto a uno terziere di Viterbo; guasta vigne, oliveta, arbori, ogni cosa mette in rovina. La gente sparlava del prefetto; Ranieri di Bufia lo molestava; lo prefetto, come tiranno dubitando di sue cittadi, videsi male pr a t e Delibralo consilio saniori mise '1 suo capo in braccio e in grembo de la Ghiesa, rendendo P altru ( i ) Rendo Viter3 > 5

'

22 ,9

( t ) La sommissione del prefetto di Vico segni nel mese di Giugno i 3 5 4 - - - M . Villani lib. 4. c a p . J O . - Cronaca di Orvieto, Muratori Tom. X V , pag682.

bo, Orvieto, Marta, e Canino : remaseroli sue castella nettamente; remaseli ancora Corneto, Civitavecchia, e Respampano. Po' non molto Giordano de li Orsini li tolse Corneto in mezzo' die. Lamentossi 'l prefetto al legato, e,disse che era ingannato, perch era cacciato di Viterbo; rispse 'i legato e disse: prefetto tu non pati torio; mostrolli la cedola con li patti sigillati ; la cedola diceva: io voglio restituir V altrui e tenere 'l mi proprio; ci udito 'I prefetto stette queto. In questo Viterbo '1 legato fondo-un bellissimo castello casato, fornito con molte torri, palazza e casamenta per fermamento e fortezza de la Chiesa di Roma, "1 quale castello st e cresce fin a li nostri di; giace a la porta, che va a Monte Fiascone; F acqua sufficiente, e fossapiena d'acqua st intorno.

a3o

OSSERVAZIONI STORICHE i . Mand suo legato in Italia Messere Gilio cnchese di Spagna cardinle.

Egidio Albornoz, detto il cardinle Albornozzo, < nacque in Cuenca nella nuova Castiglia, e diceasi disceso dalle reali case di Leone e di Aragona. Fu norninato assai giovane arcivescovo di Toledo. Alfonso xi re di Castiglia, che lo avea in gran pie-

a3i
g i o , seco il condusse alia guerra contro i Mor , e niolto vi si distinse. Alfonso volle essere armato cavaliere per di lui mano dopo la famosa b a t t a glia di Taliffe , nella quale 1' armata de' Mori fu interamente distrutta , e nel i343 fu seco lui a l 1' assedio di Algesras , e mostr anche in quella occasione molto valore ed abilit militare. Dopo la morte di Alfonso seguita nel i35o 1' Albornozzo si rec alia corte di Avignone, e Clemente vi 10 cre cardinle del titolo di s. Clemente e vescovo di S a b i n a , avendo rinunciato a l l ' a r c i v e scovato di Toledo. Innocenzo vi, che avea formato 11 progetto di abbassare i tiranni che aveano u sarpato le terre della Chiesa , si prevalse d e l l ' esperienza e del craggio di questo cardinle, e lo invi suo legato in Italia. L ' Albornozzo part da Avignone in agosto del i 3 5 3 , venne in Monte Fiascone accompagna,to da Cola di Rienzo , che il Pontefice avea liberato dalla prigionia e nominato senatore di Roma, amnch il cardinle si giovasse d e ' suoi talenti, della sua facondia , e della favorevole opinione che ancora avea fra i romani. L ' Albornozzo, che era valoroso guerriero ed insiemo abile politico , rivolse in primo le sue forze contro Giovanni di Vico prefetto e signore di Viterbo, e lo costrinse ad arrendersi nel mese di giugno i354 > riducendo ad obbedienza della Chiesa V i t e r b o , Orvieto , e t u t t o il Patrimonio; poi a b bass la potenza d e ' Malatesta , sottopose le Marche, e rivolse 1' armi contro 1' Ordelaffi capitano di Forli , cui tolse Cesena ed altre castella. Nel 1 357 fu richiamato. dal Papa per opporlo alie escuisioni del cont di Savoia in Provenza. In decembre delP anno i358 ritorn in Roinagna, astria-

ge 1' Ordelaffi a sottomettersi, ed a ceder Forli nel mese di Luglio 1 3 5 9 . L'Albornozzo dopo aver u miliati t u t t i i piccoli tiranni , e tolte loro t u t t e le citt e terre, che aveano usrpate alia Chiesa, mor in Viterbo il di 2 4 Agosto 1867. Narrasi che Urbano V chiese un giorno al cardinale i conti delle somme ricevnte nella sua missione in Italia; 1' Albornozzo present al Pontefice un carro pieno di chiavi delle mol te c i t t , t e r r e , e fortezze che avea conqustate, ed ecco, rispse al Papa, i miei conti, ecco dove ho impiegato il vostro danaro. Abbracciollo il Pontefice, n si parl pi di conti. Rainaldi ann. i 3 5 3 . pag. 338 - De-Sade-Tom. 3. pag. 3 i 3 Sismondi cap. 4 2

a3a

CAPITOLO

VI.

Il legato, dopo avere ricuperato Narni ed Amelia, passa contro i Malatesta nella Marca , dove Galleotto Malaiesta se gli rende prigione. (1)

Spedita che fu. V opera nel Patrimonio, '1 Legato aiquanto diraor in Orvieto, ri( 1 ) Quanto narra lo storico in questo e n e ' successivi capitoli v n i , ix, x , x i , come una digressione alia vita del R i e n z i , e si raccontano fatti seguid dopo la morte di esso. Avendo 1' annimo scrittore incominciato ad esporre i fatti d' arme del cardinale Egidio, contro il prefetto di Vico ha voluto senza interrompimento proseguir a narrare le guerre dal medesimo con molto valore sostenute contro i Malatesti di Rimino e V Ordelaffi di Forli ; quindi al capitolo x n riassume la storia del Tribuno,

concilio Orvieto e'1 paese, 1 quale molto era corrotto. Poi. ebbe Nargni, poi Amelia, poi ne va a maggiori cose fare, a espedire li fatti d l a Marca, ed abbassare 1' arroganza de li Malatesta, Era messer Malatesta uno d li pi savii guerrieri di Romagna, e tiranno potente; molte cittadi e castella signoreggiava; la maggiore parte de la Marca di Ancona teneva si per amore, si per forza, Avea un suo frate messer Galeotto, e sempre questo mandava a le frontaglie, e teneva Ancona la nobile cittade. Gome messere Galeotto seutxo '1 legato approssimarsi ne la Marca e ne la contrada, grande moltitudine, e pi di tre mila cavalieri aduno; escio fuora di Ancona , e venne a Recanati jncontra al legato; era con messere Galeotto Gentile da Magliano di Fermo con molti altri caporali de la Marca, Mando allora dicendo al legato che sua venuta non era utile, e non potea con li Malatesta bilanciare o guadagnare; lo legato a queste parole rispse, e scrisse in una carta solo queste parole: da buoni guerrieri buoni pattiri (i) da buoni pattiri buoni guerrieri; rispse messere Galeotto: di al legato che tanta gente non pericoli, che io voglio combatiere con esso in campo a solo a solo; lo legato rispse: va, ed eccomi proprio in
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a33

( i ) Per p a t t i , ovvero

patleggiatori,
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na a persona, e non si parta; rispse messere Galeotto: va e di a monsignore 'l le-

campo, la lo voglio, proprio con esso perso-

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gato che io non la voglio da persona a persona con esso, che se io lo vincessi , gi io perdera, che esso uomo veterano, prelato atto a sola paternitade. Trovossi allora col

legato un gentilotto de la Marca, Nicola da Buscareto avea nome; questo Nicola da Buscareto essendo presente a questa ambasciata disse: signore lo legato, non
non Gaconnon

finare di turbar li Malatesta da

conosci tu la rottura de li Malatesta? ti accorgi che ne le parole sue messer leotto rotto e Sperduto? non ti puo' trariare, averno vinto; legato, infesta, e

Rimino,

le parole di messere Nicola Buscareto '1 legato fu acceso di perseguitare li Malatesta. Avea con seco '1 legato buona gente assai; molti caporali partigiani de la Marca, messere Lomo da Jesi, Giumeutafo da la Pira, lo Signore di Gagli, Messere Ridolfo da Camerino, Esmoduccio di santo Severino; anco avea la nobile gente tedesca che li don !' imperatore. Era a quelli di in Roma Cario 'mperatore anno domirii MCCLV, ( i ) di cui si dicer;
( i } Cosi F erlizione del Muratori, avendo corrette quelle di Bracciano, che portano per errore la da

che Galeotto gi convinto, 'l core li man* ca, e questo mi dimostra ' suo favellare. Per

avea pigata la corona; tutta Toscana, la Lombardia, la Romagna, e 1' Alemagna li fece omaggio. A questo 'mperatore 'I legato d-iman.do sussidio; lo 'mperatore mand li cavalieri, li quali mandati gli avea '1 comune di Perusia e di Fiorenza; anco baroni de la Lemagna molto provati messere Garlo li mand, Intanto '1 legato con sua gente si era assembiato in camp ; messer Galeotto "Malatesta ridotto si era in una trra forte, la quale si dice Paterno fra Macerata ed Ancona. Quando ecco sbito, che direto li veniva la nobile gente 'mperiale, todeschi e toscani, conti de 1' Alemagna usati a guerra; molti cimieri; loro cornamuse sonando e naccari, di caminare non aveano posato. Gome messere Galeotto sentio V aiutorio al legato venire, perdo la mente e la virtude; non si poteva aiutare; chiamossi vinto, confessossi prigione, domando mercde al legato, e'l Legato 1' ebbe ne le sue niani prigione con tutta gente sua.

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ta del 1 356. Difatti Cario imperatore givinse in Roma il giovedi santo , a aprile 1 555 , visit le chiese in abito di pellegrino, e fu con molta soleo-, ni ta coronato in Vaticano la successiva domenica di P a s q u a , cio il q u i n t giorno dello stesso mese. M. Villani, lib. 4> P - 89 -Cronaca snese, pag, 149. - Cronaca di Orvietoj pag. 684.
c a

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OSSERVAZIONI STORICHE
tavii

Era messer Malatesta uno de li pi guerrieri di Romagna ec.

i. h' illustre e potente famiglia d e ' Malatesta signoreggi in Rimino ed in gran parte di Romagna per p i secoli , e molto deve ad essa Rimino e la nostra Cesena. Malatesta 6econdo e Galeotto figli di Pandolfo fnrono acclamati dal poplo al reggimento della citt di Rimino dopo 1' espulsione di Ferrantino, e dominarono insieme dal i335 in poi. Erano ambidue i fratelli abili gnerrieri, e Malatesta fu capitano della repubblica florentina, e milit da prode per la regina Giovanna di Napoli , faeendo prigione in Avversa il famoso Monreale , che combatteva in allora agli stipendi del re di TJngheria, S impadronirono di Ancona nel i348 , costrinsero Gentile da Magano tiranno di Fermo a ceder loro gran parte di stato, e si fecero in segnito signori della citt di Ascoli, Galeotto fu vinto e fatto prigione d a l l ' Albornozzo presso Recanati nel i 3 5 5 , siccorae narrasi in questa istoria, e quindi i due fratelli fnrono solleciti a fermar pace col cardinale, che li elesse capitani pella Chiesa , lasciando loro alcune belle e potenti citt. Malatesta mori nel i364; Galeotto sopravisse per molti anni ; aggiunse Cesena e Cervia alia sua dominazione, e mori nel i385.
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a. Gentile da Magliano, uno d e ' vicarii delBavaro jn Italia, prteggiava p e ' G h i b e j l i n i , ed erasi reso signore di Fermo e di molte castella. Galeotto Malatesta suo competitore il ruppe presso san Seve-

rio nel i'^g, lo assedi in F e r i n o , e lo condusse a tale estretno da chiedere i soccorsi del Monrale capo della grande compagnia, e nemico di Malatesta per la ragion qui sopra esposta; ma pag ben caro il servigio di frate Monreale , essendosi dovuto render statico della compagnia, e riscattarsi eolio sborso di trentamila fiorini pagati da lui e da Francesco Ordelaffi suo cognato e consorte. Giunto il cardinale Albornozzo in Italia , lo stfinse in guisa che fu astretto a ceder la citt di Fermo, che ad instigazion d e l l ' Ordelaffi e del" Malatesta fellonescamente si ritolse di poi; ma poco dopo , cio in giugno del i 3 5 5 , gli abitanti di Fermo, che V odiavano, si diedero al cardinale, e Gentile, capitulando, salv colla cessione di Fermo alcuni castelli , di cui 1' Albornozzo lasciollo generosamente signore. Non contento di sua sorte meditava altre pi stolte imprese , talch il cardinale lo spogli di t u t t o , e lngi dalla patria termin ramingo miseramente i suoi giorni. A. Nicol Buscareto da Corinaldo, Lomo di santa Maria di Jesi, Nolfo'da Cagli, ebe avea in isposa una sorella del cont Antonio di Monte F e l t r o , Ridolfo da Varano signore di C a m e r i n o , Ismoduccio della Scala da san Severino, erano t u t t i capi Ghibellini, ed eletti vioarii del Bavaro nelle Marche. I n t e n t i ad ingrandirsi, muoveano vicendevoli gare, ed ora si confederavano , ora si c o m b a t t e a n o , seguendo sempre le parti del pi forte, Impotenti a resistere al valore ed alia forza delP Albornozzo si unirono a l u i , e furono generosamente ricompensati d e l l ' o pera loro, Ridolfo da Varano, che appartenea a l T illustre casa, da cui procedettero i duchi di Camerino, era fra costoro uno d e ' pi prodi e potenti

c a p i t a n i , e contribu moltissimo alie vittorie del cardinle. Inviato da Papa Clemente vi in Asia avea combattuto g l ' infedeli e presa Stnirne 5 ritornato in Italia fu eletto vicer degli Abruzzi da Luigi e Giovanna di Napoli nel i354> P ' gonfaloniere della Chiesa, capitano de* fiorentini ; era di piacevoli modi, ed aicuni suoi detti faceti 6ono riferiti dal Sacchetti nella novella settima, ed in altre. Mor nel i384.
0

a38

GAPITOLO V i l .

// Malatesta per ricuperare ilfratello restituiSce concordemente al legato quanto Occupava 'della Chiesa. Si raccontano le crudeli e tiranniche azioni di Francesco Ordelaffi, di Forli.

Messere Malatesta per ricomperare '1 frate fece obbedienza al legatoj rendoli liberamente la cittade di Ancona e tutte le terre che teneva ne la Marca; rendoli quelle che teneva in Romagna. Allora la Chiesa guadagn la nobile cittade di Ancona, trra portuosa (1) col mare, con le mercanzie, con li.molti proventi; l fece due bellissime rocch, le quali fin al die di oggi ci stanno. Poi volse fare uno suo ipte mar-

( 1 ) Prtuoso che ha porto dal lat.

portuoss.

chese, e mandollo per correttore de la Marca; poi condiscese, e discretamente provvedo a li Malatesta che potessero vivere onoratamente (i) e gentilmente di loro frutto. Lassli quattro buone e famose cittadi Arimini, Fano, Pesaro, e Fossambruno, quattro notabili e poderose terre; poi li fece capitani de la Chiesa contra li rihelli, Po' queste cose movosi a maggiori fatti e movimenti fare. Era in Romagna uno prfido cae patarino, ribello de la santa Chiesa; trenta anni era stato scomunicato, e interdetto suo pase senza messa cantare; molte terre teneva occupate de la Chiesa, la cittade di Forli, la cittade di Gesena, Forlimpopoli, Castrocaro, Brettinoro, Imola, e Giazzolo. Tutte queste teneva e tiranniava, senza molte altre castella e comunanze le quali erano de li paesani. Era questo Francesco Ordelaffi uomo disperatp, avea odio mortale a li prelati, ricordandosi che gi fu male trattato dal legato antico messere Bertrando del Poggetto cardinale di Ostia; non voleva de caeiero vivere a descrizione di pret i ; stava prfido tiranno ostinato. Questo Francesco, quando sentio le campane suonare a la scomunicazione, di sbito fece suonare le altre campane, e scomunic

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( i ) Onorata e cosi altre volte,

'1 Papa e li cardinali, e , che peggio fu, fece arder e Papa e cardinali in piazza, li quali erano di carta pieni di fieno. Stando a ragionare con li gentiii amici suoi,
dice va: ecco che semo scomunicati, non per tanto "l pane, la carne, 'l vino che hevemo, non ci sa buono, non ci fa prode. (1) De

2,4

li preti e de li religiosi tenne questa via: fatta la scomunicazione pe vescovo, '1 vescovo, receputa alcuna ingiuria vituperosa, si assent; allora '1 capitano costrinse la clericia a celebrare; celebraro li molti essendo interdetti. Quattordici clerici, sette religiosi e sette secolari, recepro l santo martirio; sette ne furo appesi per la canna, e sette ne furo scorticati. Era inCarnato (a) con forlivesi, e amato caramente, dimostrava modo come di pietosa caritade; maritava orfane , allocava p u l z e l l e , e sovveniva a povera gente di sua amistade.
s

( 1 ) Far prode o pro, far giovamento o profitto a prode e a placer di coloro, che non sanno e desirano sapere. Cent. nov. antich. ed. milanese l8a5 , pag. 6. ( 2 ) Incarnato, strettamente n n i t o , quasi una carne. Guid. rim. antic. Amor m' ha preso ed tncar' nato tutto.

OSSERVAZIONI STORICH

2,41

Era questo Francesco Ordelaffi. &c. Vedasi il pargrafo 5. delle osservazioni storiche al capitulo XXII, lib. 1.

CAPITOLO

VIH.

// legato,dopo aver mosso guerra lVOrdelaffi,, e chiamato dl Papa, che per nuovo legato manda V b* bate di Borgogna*

Vengo a la guerra; Don Gilio cnchese di Spagna fece suo fondamento e residenza in Ancona, e per avere pi fortezza handio la crociata. Io la odii predicare; remissione di pena e di colpa a chi prendeva la croce, o a chi faceva aiutorio. Ora ne viene 'l legato sopra '1 cae capitano di Forli Francesco de li Ordelaffi; nanti che '1 campo fosse posto, apparecchiaronsi tutte cose necessarie a l oste. Lo legato mand vescovi e cavalieri e altra gente buona, che predicassero al capitano che on perseverasse nel tale suo errore. La predicazione quetamente u d i o ; la notte esciva di Forli, e predava terre de la Chiesa; altra risposta non faceva. Lo legato conoscendo 1' animo indurato di Francesco de li Ordelaffi, pose '1 campo sopra la cittade di Cesena ; li Malatesta erano
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caporali e conduttori de 1' oste, dodici mila furo li crociati, trenta mila li soldad. Due osti furo, ognuno dal canto suo per se; fece l* Oste grande guasto e dannaggio; a suono di trombetta tr mila guastatori con bandiere si ponevano e leIn tanto *1 santo Padre mand lettere espresse, che don Gilio tornasse in Provenza ; la cagione fu che '1 cont di Sa-" voia con sua grande compagnia di barbute ( i ) giva guastando tutta la Pro venza; prendeva terre, derubbava, e revendearisi li uomini. Nanti che don Gilio partisse, venne Un altro legato, uomo di Francia, abbate di Borgogna , prebndate di gran frutto, molto potente e sufficiente persona. Avea 1' Ordelaffi un suo figlio, nome messer Giovanni avea, aveane un altro, nome messer Lodovico; questo, ito dinanti a suo padre, milemente lo preg e disse t
Padre, per Dio ti piaccia di non voler contender con la Chiesa, e non volere contrastare a Dio; facciamo le comandamenta, siamo obbedienti, son certo che '/ legato discreto; come bene ha trattato li Malatesta, cos bene tratterd noi; tanto ci lascier, che bene onoratamente poteremo vivere: a le pava van o dal guasta; res digna memoratu!

24.2 -

( i ) Barbilla delata; si prende anche per soldato avente la barbuia.

sti bescione, (i ) ovvero mi fosti

rote umili '1 superbo padre rispse: tufo* a li fonti. Lo figlio, sentencio la sbitezza del padre, partisseli dinanti, e dio la volta ; allora '1 padre li gett direto un cortello lungo nudo, e ferilo ne li reni, de la quale feruta Lodovico suo figlio moo nanti mezza notte. (a) Mentre che '1 legato abhate si assedava a la guerra, messere Gilio non lasciava di far forte guerra sopra Cesena j lasci tre hattifolli ( 3 ) dieci miglia da lunge ciascuno. Li legati tornarlo a Rimino.
( i ) Bescione da bscio o besso becco, cos c h i a mato in diverse parti d' Italia , e qui in senso di bastardo , figlio di becco, oppure becco stesso che non conosce padre. ( 2 ) II Bonoli nelle istorie di Forli, sebbene convenga riell'aspra e bizzarra natura deH'Ordelafrl, pur pone in dttbbio 1' uccisioue del figlio, e quella della figliuola di cui si narra in appresso. Ed in vero n gli antichi annali forlivesi, n il Rossi di si fatta atrocit fanno parola alcuna , e sembra anzi che questo Lodovico fosse quello, che raori in Cesena 1' anno i 3 5 6 , siccome rilevasi dagli annali cesenati. (Muratori tom. i 4 , p a g . i 1 83 ) Forse l ' a > nonimo scrittore prest soverchia credenza al grido popolare,che accresceva 1* infamia dell' Ordelaffi ne mico della Chiesa, ed in odi agli ecclesiastici. Bonoli - istorie di Forli - Forli 1661 libr. 6. pag. i5. ( 3 ) Battifolle, bastione.

scambiato

<44
OSSERVAZtONI STORICHE Verme un altro legato, uomo di Francia, abbate di Sorgogna , prebendato di gran frutto , molto po* tente e ufflchnte persona &c.
i

Parlasi di Androino della Rocca che altri a p pellarono Adriano , nativo di Borgogna , moaco di s. Benedetto, poi abbate di Clugny, che da P a p a Innocenzo vi fu mandato in Italia a proseguir 1' opera dell' abbassamento dell* Ordelaffi de* Man fredi , e degli altri tiranni che teneano le terre della Chiesa in Romagna. L ' Androino era pi a b i le politico che guerriero> e q u a n t u n q u e ottenesse d' indebolire di molto le forze di Ordelaffi , pur i l Pontefice che volea sollecitamente compiuta la liberazione di Romagna , richiamato 1' Androino n e commise di ntiovo 1' incarico al cardinale A l bornozzo. h' abbate di Clugny nel i 3 ando l e gato del Pontefice in nghil trra a t r a t t a r pace fra Eduardo re di quel paese e Giovanni re di F r a n cia , ed in tale missione riuscl tanto mirabilment e che da Innocenzo n e l l ' a n n o I 3 6 I fu eletto cardinale di s. Marcello. Urbano V I I I lo mand n u o vmente in Italia nel 1 3 6 3 contro i Visconti, che furono astretti chieder pace con p a t t i favorevoli alia Chiesa. Mori di peste in Viterbo n e l F anno 136o.
s s

Rainald. a n n . iHSa-Ciaeoonio ed altri, i-

345
GABITLO I X .

Cesena per opera di quattro \tittadini e presa dal legato,

Ca, aggate buona e sllecita cura de la cittade di Cesena. Madonna Cia rispse in questa forma: signore mi, piacciavi di aver buona cura di Forll, che io averb buo na cura di Cesena, Iterato il capitano scrissta: Cia, di nostro comandamento fa che mozzi 'l capo a quattro popolari di Cesena, cio Gianni Savanella, Jacobo de li Bastardi, Palazzino, ed JJbertunuccio (1) uomini guel-

In Cesena stava madonna Ca, la moglie del capitano di Forli con suoi nipoti e con grande foresteria dentro de la roe ca. A questa madonna Cia l capitano scrisse una Iettera, la Iettera diceva cosi;
s

se un altra Iettera, la sentenza era que-

( 1 ) Colla scorta degli annali cesenat nella collezione del Muratori (tom. xiv, pag. 11 84?) ho corretto alcuni di questi n o m i , che erano stat brbaramente storpiati. Giovannj sopranominat $a~ vanella figlio di Masio deg Aguselli, Jacopo figlio di Bastardo pur degli Aguselli, Palazzino che giu sta i suddetti annali sembra fosse uno d e ' figli di Filippino degli O t t a r d i , ed Ubertonuccio Foschi degli Articlini furono quelli che nel giorno zg apri le 1 3 5 7 sollevarono la t r r a , giccome iq appvegBo si narra. Giorgio d e ' Tiberti e Sgariglino da Pjetra acuta erano i due consiglieri di p a r t e ghibellina partigiani d e l l ' Ordelaffi, che da madonna Ca fu roo fatti decapitare nel giorno i 3 maggio di eletto anno.

a46
fi

ricevuta la lettera non cors sbito a la sentenza; anco esquisitamente ( i ) con diligenza spia de la condizione di questi quattro cittadini, e trovo ch' erano buone persone fedeli; specialmente la donna ebbe consiglio di due fedelissimi arnici del marito, cio Sgariglino nobile uomo, e Giorgio de li Tiberti; a questi mostra la lettera; la risposta di questi fu: ma3 s

de li quali averno sospizione;

la donna

donna non vedemo cagione per la quale questi deggiano morir non sentiamo che altra novitade movano, se questi perdessino la vita fora pericolo che 7 poplo si sdegnasse; passa dunque pur mo di questo giudicio fare; noi in ' questo mezzo staremo attentorosi, e metteremo pensiero e porremo cura agli atti e modi loro; quando vedessimo alcun male sembiante alV inanti faremo, comprenderemoli con manifest giudicio, e ad essi toglieremo la vita di sbito. La
3 3 3

donna assentio al consiglio de li due uobili fedeli di suo marito; soprastettesi di novitade fare. Questo trattato fu di secreto, e di segreto fu rivelato a questi quattro; allora questi quattro tengon nuovo trattato, pensando di rivoltare la cittade sottosopro. Gianni Savanella dio T

exquite.

( i ) exquisitamente,

per accuratamonte dal latino

ordine intra li amici suoi; con un ronzinetto eavalcava per la trra, questo e quello sollecitava. Una dimane, come la cosa era receute, Jacobo de li Bastardi corre con la vicnanza a la porta de la Troia e se la prese, Ubertonuccio e Palazzino fecero poplo e sbarraro la cittade, poi mandaro a Savignano nel battifolle, celeriter lli vadunt, Quando madonna Cia udio '1 rumore, e seppe che si levava poplo , sbito fece armare sua foresteria, soldati da cavallo e da piede, e comand che corressino la cittade; ma ci fare non si potea, che la trra stava sbarrata, '1 poplo armato, la porta de la Troia presa, li torri rincastellati, e , che pi* fu, li cavaliri venivano in soccorso al poi polo l ne la calata del sol, ottocento arcieri di Ongheria, li quali stavano in Savignano nel battifolle, gente veloce, attesa a guerra. Non entraro in Cesena, ma givano intorno a la cittade ora inanti ora arreto, per dar core a li cittadini. Ci vedendo madonna Cia si ritrasse arreto sua foresteria, e rinchiusesi nel cassero ( i ) , e l si sostenne, Quel cassero parte de la citt . e forte mrato intorno, ha dentro la piazza del comune 1 palazzo e la t o r r e , ha dentro grandi abitaggi di par5

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( i ) Cassero piccola fortegga.

ziali; loco alquaafo alto e soprasta a la cittade, che giace piaa. Ira ta madonna Cia di questa perdenza, convertio la sua ira ne li due consiglieri amicissimi del marito, Giorgio de li Tiherti e Sgariglin o , e feceli decollare. Quod factum maritus improbavit pstera die luce orta.

a48

CAP1TOLO

x.

Presa della rocca di Cesena, e prigioriia di madonna Cia.

, Ecco li Malatesta venire col grande soccorso, e con la molta potenza. Datali la porta de la Troia, entrao in Cesena, ove sta assediata madonna Cia ne la rocca; allora fu renduto '1 castello Fiumone; li Malatesta fanno spero hattagliare a la rocca, fanno hadalucchi, gettano dentro fuoco, levan o trahocchi, gettano pietre e sassi assai, e non fanno utilitade alcuna. Era dentro I'acqua, ed eraci dentro la mastra torre sopra la porta del cassero. Comand'1 legato la cavata, opera faticosa di molta spesa e lunga; fatta la cavata sotto, la cisterna fu rotta, 1' acqua fu perduta; poi giuuse la cavata sotto la maestra torre de la piazza; messo fuoco

a li puntelli., la torre con grande ruina cadde; ora si fa la cavata a la torre sopr a la porta, donde era la entrata del cassero. Madonna Cia, irata di ci, non sapea che si fare, prese de li cittadini, che li parse, dentro de lo cassero, de li quali pi dubitava, e messeli in quella torre sopra pra di voi; la torre stava in puntelli e tremava. Lo legato, don Gilio passava per la contrada. con grande compagnia, e veniva per vedere la condizione di Cesena, Topera de la cavata, e T aspetto de 1'assedio; allora da cinquecento donne di Cesena esciro fuora scapigliate, sfesse dal petto,piangendo e lamentando facevano grande rumore; inginocchiate nanti al legato domandavano mercede. Inscius lo legato de la cagione di si amaro pianto, domando perch questo facevano; risposero le donne:
ne la torre sopra la porta son rinchiusi nostri mariti, fratelli e parenti, la cavata fornita se la torre cade, Ji uomini sono perduti; donde per Dio ti pregamo che tardi di metiere fuoco ne li puntelli. Lo
}

la porta, e disse: se la torre cade, cada so-

legato conohb che madonna Cia dubitava di s, e che era volta ne P animo; ebbe trattato, ed a sue mani ebbe li cesenati messi ne la torre. Messo fuoco ne la torre, in poco tempo cadde con grande parte del girone; allora '1 guado fu libero per entrare; non prci che alcuno en*7

trasse con furore, ma di pieno consenso. Lo legato ebbe a le sue mani madonna Cia con un suo figlio, e due suoi nipoti. ( i ) Ricus madonna Cia di essere liberata, temendo la subitezza di suo marito, anco con istanza preg che la Chiesa la salvasse. Tre ma fiorini costavan '1 die li mastri de le cvate, de li trabocchi, e de li altri artificii; dodici mila fiorini costavan '1 die li soldati. Lo legato entr in Cesena, e mantenne la trra per la Chiesa; questo il modo che fu la cittade di Cesena ne la Romagna guadagnata dal legato ( a ) .

a5o

( i ) II figlio avea nome Sinibaldo, ed i nepoti, Giovanni e Tebaldo, erano figli di Lodovico degli Ordelaffi morto in Cesena P antecedente anno i356 il primo di del mese di gennaro. Anales Caesen. Muratori tom. 14, pag. 1 1 8 3 . ( 2 ) Le genti del legato ebbero la citt di Cesena nel giorno 27 maggio 1 3 5 7 ; ' della rocca segu il 2 1 giugno dello stesso anno Anuales etc. pag. 1 1 8 5 .
a r e s a

25 1
CAPITULO XJ.

II legato pi volte bandisre la crociata contro Y Ordelaffi, e finalmente lo spogli, di Faenza e di Bertinoro.

Ora si para T legato sopra la cittade di Forli, Prima ordin P oste grande e copiosa ; intanto saputo fu de la prigionia di madonna Cia, la quale era mandata in Ancona in guardia. Una sua figliola, donna nobile maritata ad un grande Marcbigiano, venne dinanti al padre, lacrimando con le braccia piegate, inginocchiata
parl e disse: padre e signor mio piacciati che cosi fatta donna e madonna matrema non stia in mano altrui come prigioniera, pregoti, fa la volontade de la santa Chiesa.
3

A queste parole 1' Ordelaffi altra risposta non dio, se non che prese questa sua fi* glia per le treccie, e con un cortello le parti la testa dal busto. ( i ) Po la presa di Cesena'l legato mand al capitano, dicen5

do cosi: capitano , rendi quello che tuo non , io ti rendo tua donna figlioto e nepoti;
3

( 2 ) a queste parole '1 capitano dio que-

( i ) Vedi la nota alia pagina %tfi. ( 2 ) Son frequenti negli scrittori antichi le posposizioni delle particelle to mo so per tuo mi suo etc. Per colpa tua lo torra a figliolto. Cent. nov. antjche.

aoa
sta risposta: dicete al legato che io credeva fosse sano uomo; ora mai lo tengo per una bestia pazza; diceteli che se io vessi avuto in prigione esso tre di passati sono che io V averia appeso per la carina, come es3 3

so ha avuto le cose mi. Indurato 1' animo di si perverso ertico patarino, don Gilio '1 legato antico si parti, e gione in Provenza. Come la compagnia sentio approssimare don Gilio a le finanze ( i ) cosi si dislegu come fa la poca nev a fervente sol. Rimase '1 legato noy ello 1' abbate di Borgogna. Questo abbate fece F oste ponderosa ( a ) sopra Forli. Per molti anni

( r ) Finanze per confini. ( a ) Nel testo leggesi V oste pentolosa, forse in senso di dispregio per indicare una guerra debole e da poco. E vero che l abbate di Clugni successore .dell' Albornozzo ci viene descritto da alcuni storici come* uomo di poco vigore (Sismondi cap. 45 ) , ma cos non la pensa P annimo, il quale narra aver egli sostenuta una guerra fe rvente, e descrivle perdite fatte dall'Ordelaffi. on pu adunque ritenersi che 1' autore colla parola pentolosa voiesse indicare un oste debole, n pu absolutamente quel vocabolo intendersi in senso dispregiativo, poich in tal modo contradirebbe a se stesso. Parmi adunque che questa voce, in t a l modo priva di senso , abbiasi a correggere come guasta e nial sciitta, e che la coirezione da me fatta sia la pi o p p o i t u n a . e conforme. Di fatti P epteto ponderosa, cio pesante o grave, esprime la guerra fatta d a l P abbate di Clugni, la q u a l e , sebbene lenta e di lunga d u r a t a , pur ftt molesta e pesante a l l ' Ordelaffi.
5

a53 bandio la crociata, e fu predicata la croce per tutta Italia; mozzava '1 grano, tagliava le vigne, arbori ed oliveta, brugiava ad ogni ora. Per questa fervente guerra '1 capitano perdo Faenza, e li Manfredi suoi consorti giurati con esso; anco perdo Bertinoro; allora si restrinse dentro Forli nel forte. In questo assedio sopra Forli furo presi de li crociati assai volte, li quali per mentare erano iti a combatiere contro di quelli scismatici; li crociati presi erano menati dinanti a Francesco, '1 quale diceva queste parole: voi prtate la fragdi; allora era apparecchiato un ferro candente in forma di croce, questo ferro loro poneva sotto a la pianta de li piedi, e COS li lasciava derubati gire. Molti altri crociati prese, a li quali disse queste
parole: siete venuti per guadagnare V anima; se vi lascio, forse tornarete a li primi vostri peccati, meglio che in questa vostra tenerezza, mentre siete contriti, morate; Dio vi recepera ne la sua cittade; ci detcroce, la croce di panno,'/ panno s infragida; io voglio che portiate croce, che non s' inv

to li faceva, scorticare, appendere, decapitare, aggliiadare, (i) tanagliare, e di diyersi martirii morir. La guerra dur anni molti; per questa guerra mantenere fu

( i ) Agghiadare

trafiggere.

predicata la crociata molte volte. Ora mo nuovamente che corre anno domini m ccc lvixs di gennaro ne la citt di Tivoli fu predicata His ferme diebus Jpannes rex franciae'captus est a filio regis Angliae, bello magis tumultuario quam militari, apud Villam quamdam, ductusque in Angliam sub custodia, annis ferme duobus* Tndem cum magno suo detrimento et regni evasit.

a&4

OSSERVAZIONI STORICHE I. Ora che corre anno domii MCCCLVUJ di gennaro nella citt di Tivoli fa predicata His ferme diebus &c. Questa l a t i n a digressione di poche linee ha dato motivo a d u e grandi aecuse di falsit * contro Y annimo scrittore di questa 6toria, cipe i . Che la prigionia di Giovanni re di Francia dopo l a battaglia vinta presso Pittieri dal principe di Galles segu il giorno 1 8 settembre d e l l ' a n no i356 ** e n o n in gennajo del i 3 5 8 , c o m e sembra annunziare 1' annimo.
* Gabrini - Osservazioni sulla vita di Rienzi, pag. 6 1 .
* * Matteo V i l l a n i , l i b . 7 , cap. 1 9 .

a. Che la detta prigionia dur airni quattro e giorni venticinque, * e non due anni, siccome narra lo stesso storico. Non va dubbio sulla verit di queste indioazion, ma da considerarsi 1. Che quel brano storico stato tratto dalla cronaca, che 1' atore avea scritta in latino, e che non forse collocato a suo logo. 2 . Non sussiste che il bigrafo assegni positivamente a tale prigionia il mese di gennajo i358. Egli narra che fu bandita crociata contro il capitano di Forli , e che 1' udl predicare di nuovo in Tivoli in gennaro i358. Quindi il racconto della prigionia del re di Francia pu riferire al tempo in cui fu bandita crociata contro 1* Ordelaffi, locch segu appunto nell' anno i356 per opera del1' Albomozzo , sebbene fosse in seguito di nuovo predicata. 3. E vero che il re di Francia rest in Inghilterra pi di quattro a n n i , ma la di lui prigionia non ne dur che due, giacch nel di 8 maggio i3S8, stabiliti i patti, fu pubblicata la pace fra i due re, i quali , narra Matteo Villani., ra pubblico parlatorio feciono la pace insieme , e bbracciaronsi e baciarono in bocea ** : ed il re Giovanni rimase in Inghilterra per ]'esecuzione d e ' p a t t i , su i quali insorse in seguito qualche questione. Il nostro istorico parla appunto di quel tempo in cui il re francese rimase sotto custodia, sub custodia annis ferme duobusj tndem, cum magno suo detrimento et regni evasit. Si notino le parole ferme e tah * Matteo Villani, libr. g, cap. io5. ' ** lo stesso, libi% 8, cap. 5t.

a55

a56
de\m che a p p u n t o ndicano un tempo maggiore di quello espresso, e mostrano c h e altro tempo passasse fra la custodia e V evasione. Parmi c h e possa difendersi lo storico con molta ragione, ed al pi possa essere imputato di q u a l c h e modo improprio di dir, non' di falsit.
}

II. Perdo Faenza, e ti Manfredi suoi consorti giurati con esso etc. E intendimento dello storico d ' indicare i due Manfredi Giovanni e Guglielmo figli leggittimati di Riccardo, che tennero insieme la citt di F a e n za , ed erano potenti e t e m u t i \ s i g n o r i . Collegati coll' Ordelaffi si opposero alia potenza del l e g a t o , ma poi nell' anno i356 , ponendo mente ai gravi periColi, cui erano sposti, fecero accordo col card i n a l e , che lasci loro alcune t e r r e , fra le quali Bagnacavallo e Solarolo.
y

GAPlTOLO X I I .

(i)

Cola (2.) vassene all' imperatore, dal quale ben accolto.

Correvano anni domini MCCCLIIII, lo primo die di agosto, quando Cola di Rienzo
( r ) In questo capitolo lo scrittore riassume la storia della vita di Cola di R i e n z o , che avea nterrotta per narrare i fatti del cardinale Egidio. ( a ) Leggeasi - Cola, dopo essersi per sette anni in varii modi occultat, vassene all' imperatore etc. Co-

torn-a .Roma, e fu ricevuto solennissimamente, e a la fine a voce di poplo fu ucciso: la noyella fu per questa via. Da poi che Gola di Rienzo cadde dal. suo dominio, deliber di partirsi e girsene dinanti al Papa. Nanti a la sua partita fece pignere nel muro di santa Maria Madalena in piazza di Gastello un agulo, armato con 1' arma di Roma, '1 quale teneva in mano una croce, e su la croce stava una palombella; li piedi teneva quest'agnolo sopra F aspido, sopra 1 basalisco, sopra "1 leone, e sopra '1 dragone. Pinto che fu, li balordi ( i ) di Roma li gettaro sopra '1 loto per detrazione. Una sera venne Gola di Rienzo secretamente disconosciuto per vedere la figura nanti sua partenza; viddela, e conobbe che poco 1' avevano onorata li balordi. Allora ordin che una lampana le ardesse dinanti un anno. Di notte si parti, e gio lungo
5

la si present all'imperatore nel i35o, (vedi sommario cronolgico) d u n q u e tre, e non sette a n n i , erasi tenuto occulto prima di andar a Cario iaii peratore. Dissi altrove che gli argomenti d e ' capitoli non son opera dello stesso scrittore , ma aggiunti posteriormente da poco esperta mano, laonde doveasi togliere si fatto pal ese e grossolano sproposito, che contradice a q u a n t o narrasi nella stessa istoria. ( i ) Balordi per insensati privi di senno Fir. Asin. 1 4 9 - Rimase Psiche come una balorda.

a58 tempo venaje, (i.) anni furo sette; ( a ) giva forte divisto ( 3 ) per paura de li potenti di Roma, gio come fraticello, giacendo per le montagne di Maiella (4) con romiti e persone di penitenza. A la fine si avvi in Boemia a lo 'mperatore Garlo, de la ci venuta si dicer, ( 5 ) e trovollo in una cittade, che si appella Praga. L dinanti a la maestade 'mperiale inginnocchiato parl prontamente. Queste furo sue parole e suo luculento sermone dinanti a Cario re di Boemia, ipte di Enrico 'mperatore, novellamente eletto imperatore pe Papa: Serenissimo principe al quale conceduta la gloria di tutto 'l mondo: io son quel Cola al quale Dio dio grazia di poter governare in pace, giustizia;, e lbertade Roma e ' distretto. Ebbi V obbe3 3

( i ) Gio lungo tempo venale. Venales erano gli antichi schiavi esposti a vendita, e q u i Cola p u alludere ad essere egli stato le tant volte esposto ad essere consegnato , e qnasi venduto per prezzo a suoi nemici; ovvero per metfora pu intendersi che era stato costretto per tan ti anni ad offerire altrui per prezzo i proprii servigi. ( a ) Cio sette anni dalla sua partita al suo r i torno in Roma, e ci spiegasi meglio al c a p . xix. ( 3 ) Divisto , contrafatto , cangiato di vestito Vedi proposta, part. i, Vol. a, pag. 3 7 1 . (4) Maiella, montagna nel regno di Napoli; questi eremiti erano d e l l ' o r d i n e d e ' Celestini. ( 5 ) Manca questo ftammento di storia.

a5q

Lienza de la Toscana, Campagna, e Marittima; raffrenai le arroganze de li potenti , purgai molte cose inique; verme son uomo fragile, pianta come gli altri, portavo in mano'l bastone di ferro , l quale per la mia umiltade convertii in bastone di legno; imperci Dio mi ha voluto castigare. Li potenti mi perseguitano , cercano l' anima mia; per la invidia e per la superbia m hanno cacciato di mi dominio, non vonno essere puniti; di vostro legnaggio son, figlio di bastardo d' Enrico imperatore l prode; ( i ) a voi confugio, a le ali vostre ricorro, sotto la cui ombra e scudo uomo dee essere salvo; credomi essere salvato, credo che mi difenderete, non mi lasciarete affogare nel loco de la ingiustizia, e ci vrosimile, che imperatore siete, e vostra
3 , 3 3

( i ) De Sade inclina a l l ' opinione che la madre del Rienzi fosse la figlia di un bastardo del1' imperatore Enrico v n , citando il manoscritto del Vaticano N . u o , ove leggesi che la tradizione era in favore della madre. Qui pero il Tribuno apertamente si vanta figlio di un bastardo di Enrico. II padre Gabrini cita una inscrizione in sigle collocata negli avvanzi di u n a fabbrica, che dicesi ristaurata dal Tribuno presso il ponte senatorio, della quale sigle fu duta spiegazione nell' antologa di Roma, fascicolo di settembre 1 7 9 8 , e viene in essa indicata la pretesa attinenza in questi term i n i - Nicolaus Tribunas, severas, clemens, LAVRENTJI TEUTONICI filias, Gabrinius, Romae servator Gabrini, osservazioni, pag. 96.

a6o
spada dee limare li tiranni. Vidi la\profezia di frate Agnolo di Monte di Cielo ne la montagna di Maiella, e disse che ' Acquila uccider li cornacchioni; questa fu la.

diceria di Cola. Poich ebbe parlto, Garlo distese la mano, ricevolo graziosam e n t e , e disse che non dubitasse di covelle. Quando giunse in Praga fu '1 primo die di agosto; ( i ) dimor per lo spazio di alcun tempo, disputava con mastri di teologia; molto diceva, parlava cose meravigliose, lingua diserta, (a) faceva stordir quelli tedeschi, quelli boemi, quelli schiavoni; abbair (3) fea ogni persona; inprigione non stette, ma con, compagnia assai onorata sotto qualche guardia; assai vino, assai vivanda li era data.

( i ) D e l l ' anno i35 - Vedasi sommario cronolgico, ( a ) Diserta, dal. latino disertus eloquente. ( 3 ) Abbair fea, Vedasi la nota al cap. xv.

OSSERVAZIONI STORICHE
I. Correvano anni Domini
MCCCZJIII

a6i

etc.

Ho aggiunto un segno alia data d e l l ' a n n o non solo in questo, ma anche n e ' capitoli xvii, xx, e xxv, giacch V ingresso di Cola senatore in R o m a , 1' assedio di Palestrina, e 1' infelice morte di questo uomo seguirono senza dubbio nell' anno i 3 5 4 , e non n e l l ' a n t e c e d e n t e i 3 5 3 , nel che convengono t a t t i gli storici ( i ) . Muratori, sulla fede di alcuno de'codici da esso esaminati , aveva gi corretta la data della morte del Tribuno , potea correggere egualmente quella del solenne suo ingresso in Roma, perch u n a delle varianti , da lui riprtate in fine della pagina 547 nota appunto per tale avvenimento 1' anno i 3 5 4 , Ogni buona critica suggerisce qnesta correzione, imperocch, se al capitolo xiv di questa istoria si narra che il Rienzi parti da Avignone col cardinale Egidio,e seco lui venne a Monte Fiascon e , e se cosa certa che 1' Albornozzo part dalla d e t t a citt in agosto del i 3 5 3 , giunse a Milano il giorno 14 di setiembre, entr in Firenze il due di ott o b r e , e prosegu il suo viaggio per Monte Fiascone n e l l ' giorno undici di ottobre dello stesso anno i 3 5 3 , ( 2 ) come potea Cola di Rienzo aver fatto il suo ingresso in Roma il di primo agosto di quel1' anno? E indubitato che V entrata del Rienzi in Roma
( 1 ) M. Villani libr. 4> cap. a 5 . - Historia Chartus. libr. g, cap. 1 a . - Tiraboschi, De Sade , Sismondi &c. ( a ) Petrarca variar.' epist. a 8 . - M. Villani, libr. 3 , cap. 84.

non pu essere seguita prima del mese di agosto del i 3 5 4 e lo si desame dai segueuti riflessi. 1. Cola assold per recarsi in Roma le milizie, che il Malatesta da Rimino avea cassate allorch fu astretto arrendersi e ricomperarsi a prezzo d ' oro dalla grande compagnia , locch segu dopo il mese di marzo i354> ( ) 2. L ' entrata di Rienzi in Roma avvenne dopo la resa di Viterbo, seguita in gingno di detto a n no , ( 2 ) e dopo ancora che la grande compagnia erasi divisa e si di rige va alia Lombardia; essendosi il Monreale, ricco di prede, ritirato per godere in pace gli acquistati tesori , ( 3 ) e ci avvenne nel mese di luglio del i354- ( 4 )
? 1

a6a

II. A la fine si avvid Cario etc.

in Boernia a lo 'mperatore

Cario iv della casa di Luxemburgo, figlio di Giovanni re di Boemiaj e ipte di Enrico v n , c o l l ' a i u t o di Clemente vi fu eletto in Boma imperatoTe n e l l ' anno 1346 II Pontefice diede opera alia sua elezione per fare insorgere un forte oppositore al Bavaro 5 la di cui morte, seguita 1' anno dopo, tolse al Boemo ogni ostacolo al pacifico possediniento d e l l ' impero. Venne con poco segnito in Italia nel mese di ottobre del i 3 5 4 ; ricev in gennaio del i355 la corona frrea di Lombardia, quindi pass in Toscana, e nel giorno 5. aprile di quel1' anno fu coronato imperatore in Roma, e ritorn nel mese di giugno in Alemagna. Avverte il Sis( 1 ) M. Villani, libr. 3, cap. 1 1 0 . ( a ) detto, libr. 4, cap. 10 - Cronaca di Orvieto nel Muratori, tom. x v , pag. 68a. ( 3 ) Vedi questa storia cap. x v . (4) M. Villani, libr. 4j cap. 16.

mondi che gli storici boemi parlano con entusiasmo di questo impeatore, non cos pero gli storici i t a l i a n i , Se si eccettuano alcune cronache di Lucca. Matteo Villani lo descrive qual principe di perspicace discernimento e di pronta eloquenza , modesto nel vestir, parco nello spendere, ma molto vido al denaro, e di poco coraggio ; narra che egli venn in Italia non come imperatore, ma come mercatante che vada in fretta alia fiera, e ne part colla borsa ricca di denaro, ma con poca gloria , e con vergogna ed abbassamento della imperiale maest. Molto onorato al suo arrivo, ma assai vilipeso nella partenza, poco manc che a Pisa in u n a sedizione non fosse fatta vergogna a l l ' onore della imperatrice e delle sue damigelle, e nel passare per gli etati di Milano si vedea chiudere in faccia le porte delle citt e delle terre che u b b i divano ai Visconti. Petrarca avea riposte molte speranze in questo principe per la gloria e per la liberta d' Italia, ma poi rimasto deluso si vendic colF annunziare in molte lettere la di lui debolezza ed avarizia. Non per questo Cario avea assai buone qualit; amministrava con molta speditezza ed imparzialit la giustizia a'suoi popoli, dava all'Alemagna b u o n e leggi, promovea Y agricultura, proteggea le a r t i , ed onorava i l e t t e r a t i . Petrarca ottenne da questo imperatore molti contrassegni di stima , coron di sua mano Zenobi di Strada amico del Petrarca stesso , ed ammise fra suoi consiglieri il celebre Bartolo giureconsulto. Mor! nel 1 3 7 8 in Praga citt da lui fabbricata. M. Villani, lib. 4 P - % j lil>- 5 , cap. 5 3 . De Sade, tom. 3 , lib. 5 . - Sismondi, cap. 4^c a

63

a64
III. Queste furo sue parole e luculento sermone a
Cario - SERENISSIMO PRINCIPE etc.

De S a d e , e seco lui il professore Levati hanno creduto di seguir il Polistore ( i )_ n e l l ' esporre 1' arringa fatta da Gola di Rienzo in Praga a l ia maest di Cario iv imperatore. De Sade reca^ per ragione della preferenza data alia cronaca del Polistore 1' essere la medesima stata scritta da u n Domenicano inquisitore di F e r r a r a , che potea ben e essere instrutto di t u t t o ci che accadea a q u e ' tempi. Esaminiamo il racconto del Polistore, e vediamo se sia tale da meritare la preferenza. In q u e l P anno nel mese di agosto ( i 3 5 o ) u n ,, uomo in abito strano ando in Alemagna alia citt di Praga , e alia casa di uno spezJale fio,, rentio , e il preg che il presentasse a messer Cario eletto imperatore per la Chiesa di Roma , perch volea dirgli cosa di suo onore e di sua ,, utilit. II quale uomo presentato al detto im peratore dissegli queste parole. Egli abita in Mongibello uno eremita per nome frate Angiolo , il quale ha eletto due ambasciatori, V uno ha mandato al Papa a Vignone , e V altro a voi impe ratore , e io son quella. L ' imperatore dissegli , ,, che sponesse la sua ambasciata. Allora q u e l P u o mo incominci a dir in questo modo: sappiate, messere imperatore, che il predetto frate Angiolo vi manda a dir che fino al tempo presente ha ,, regnato n mondo il Padre, e il suo figliuolo Iddio.
} ) } }

( i ) II Polistore, C O S intitolata dal greco la cronaca, vale a a dir Autore di varia storia. Collez. del Muratori, tom. 4> cap- x x x y i , pag. 8 1 9 .

Ora tolta la possanza, e data alio Spirito santo, , il quale dee regnare sul tempo che ha a venire. h' imperatore, udendo_ che q u e l l ' uomo separava , e partiva il padre e il figliuolo dallo Spirito , santo , disse:' se' ta colui, il quale io pens? ed , egli rispse : chi pensate voi ch' io sia? Y i m p e , radore disse: io pens che tu sia il Tribuno di Ro, ma, e questo pens P imperadore , perch avea , udito delle resle del d e t t o Tribuno. Ed egli r i , spose: veramente io son colui, che fui Tribuno e , cacciato da Roma. Allora T imperatore mand , incontanente per 1' arcivescovo di Treveri e per , altri vescovi , e per gli ambasciatori del re di , Scozia, e per altri ambasciatori e dottori. E fe, ce 1' imperatore che il detto uomo disse quelle , medesime parole in presenza di t u t t i q u e ' va, lent'issimi signori, che detto avea occultamente , a l l ' i m p e r a t o r e . E oltre q u e l l e , disse: che q u e l , messo, che era andato al Papa a Vignone, gli d i , rebbe smilmente, e che il Papa per quelle pa, role il farebbe abbrugiare , ma egli resuscita, rebbe il terzo di per la virt dello Spirito san, t o . Per la quale cagione il poplo di Vignone , correrebbe alie a r m i , e ucciderebbe il Papa con , t u t t i i cardinali , e poi fatto sarebbe un Papa , i t l i c o , il quale rimoverebbe la corte di Vi, gnone , e ridurrebbela a Roma. quale Papa ., mander per voi. imperatore, e per me, i quali dob, biamo, essere una cosa col detto Papa, il quale coronera voi con la corona d' oro del reame di ,, Sicilia, di Calabria, e Puglia, e me coronera di ,, argento, facendomi re di Roma e di tutta Italia. Quegli arcivescovi, udendo quelle favole, parti. ronsi, dicendo che colui era uno stolto ertico,

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e'fecero che il Tribuno scrisse di sua mano t u t ,, to quello che avea d e t t o , la quale scrittura si gillata col sigillo d e l l ' imperatore fu mandata al Papa a Vignone. E il detto Tribuno fu posto in prigione molto ben custodito sino alia rispo sta del Papa. ,, Possono ecriversi pi strane ed incredibili cose? e come mai orbo di ogni luce d' intelletto era divenuto q u e l T r i b u n o , che pocn anzi dava legge a Roma? Presentasi egli per la prima volta al cospetto di possente principe, che sa essere suo nemico, alia maest di un imperatore eletto per opera del Papa, e palesamente dedito ag' interessi della Chiesa , ed a procurarsi il suo favore crede opportuno mezzo quello di narrare a lui u n a stoltissima favola, contesta di sozze ed impudenti eresie. Appena Cario h a udito 1' empie bestemmie r i conosce s u l l ' istante a tale linguaggio il Tribuno di Roma , cui nessuno storico infamo giammai di si b r n t t e eresie. II Tribuno scopresi allora, e 1' imperatore chiama vescovi ed arcivescovi, dottori ed ambasciatori, ed invita il Rienzi ad esporre di nuovo al cospetto di t a n t i valentissimi uomini le gi dette bestemmie, con cui attentava niente m e n o a l l a potenza delP eterno Padre e del Figliuolo, cui t o glieva in avvenire ogni cura e governo del mondo. L ' avveduto T r i b u n o incomincia alia presenza di q u e ' signori a ripetere da capo la devota istoria , e ne fa senza alcuna esitanza solenne rogito m u nito d' imperiale suggello da spedirsi al Pontefice^ per ottenere forse pi presto la di lui grazia, e la propria liberazione. Ed questa la leggenda, che q u e l dotto critico di De-Sade ha preferito alia dignitosa ed eloquente arringa, che il nostro biogra-

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i b ci ha conservato, degna di un Temistocle, che chiede asilo al persiano monarca? II racconto del Polistore assolutamente falso, e lo provano i seguenti argomenti. i . h' Hocsemio , ( i ) ed il Petrarca (a) ci fanno sapere i titoli , di cui era Cola di Rienzo ccusat o , n si fa per loro menzione alcuna di u n avven i m e n t o si manifest e scandaloso. a. L ' imperatore non avrehhe preso a favoreggiare palesamente il T r i b u n o , se costui si fosse d i chiarato ertico in cosi stolta e sfacciata manie' ra. (3) 3. II Petrarca non avrebbe osato difenderlo con t a n t o impegno. (4) 4 N Cola sarebbe stato si ardito di scrivere al cardinale Guido di Boulogne, protestandosi con franche parole innocente, e chiedendo di essere mandato al Pontefice, ovvero di essere ammesso nel sacro ordine gerosolomitano. (5) Se il fatto sussisteva, non avrebbe dovuto in qnalche modo scusarsene , e nol potendo, addimostrarsi almeno p e n t i t o di u n
(1) Hocsemio, cap. 5, lib. 3 . (a) Petrarca, epist. 6, libr. i 3 , mss. real. (3) Fugit ad dominum Carolum imperatorem, qui ejus intervena ad Ecclesiae gratiam fuit receptas. Histor. Gorthus. pag. qa4. (4) Epist. ad pop. romn. Edit. Basileae, pag. 7 1 a . De-Sade (nota al tom. a , pag. 7 1 . ) giustifica vigorosamente Rienzi sulla supposta citazione ai Papa per giustificare, dice egli, il Petrarca che 1' avea difeso. Aiasi justifier Rienzi c' estjustifier Petrarque. Je crois qui il est de mn devoir de le faire. E come mai 1' erudito nomo ha ereduto questa volta di ammettere Grecamente col Polistore una si stolida ed empia condotta del Rienzi, con tanto disonore del Petrarca che 1' avea difeso, senza dir sillaba in favore n dell'uno n dell'altro? (5) Nelle opere del Petrarca (ediz. di Basilea, pag. u a 3 . ) Nicolai Tribuni romani ad Guidonem Boloniensem S. R. E. cardinalm oratio.
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d e l i t t o , che non potea celarsi, e di cui le irrefragabili prove erano i n mano del P a p a ? 5. Dopo u n avvenimento el palese e noto a l m o n d o , come potea essere dichiarato da. Innocenzo vi fedele cristiano? e come mai questo Pontefice avrebbe a l u i diretto u n breve onorevole, chiamandolo figlio, e trattandold con t a n t o affetto e con t a n t a distinzione ? (i) Ogni altra mancanza potea dissimularsi, ma un fatto cos enorme e manifest non si potea per q u a l u n q u e considerazione tacere. Se m a l non mi a p p o n g o , credo ci basti a far conoscere V insussistenza della polistorica n a r r a zione.
(r) Breve d'Innocenzo vi al Rienzi presso Rainaldi, a n n . . i 3 5 4 , N . ni. CAPITOLO XIII.

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Cola va per giustificarsi dopo assoluto dalla Ceccano.

in Avignone; e carcerato e sentenza del cardinal di

Po' alcun tempo domando in grazia a lo 'mperatore di gire in Avignone a comprele dinanti al Papa, e mostrare come non era ertico n patarino. Molto li contrast lo "mperatore che non gisse, a la fine condiscese a sua volontade. Diceva Cola di Rienzo: serenissimo principe, io voluntario vo dinanti al santo Padre; dunque, se voi non mi mndate per forza, siete innocente del sacramento. (1.) Nel gire che
(j) F u consegnato a Giovanni vescovo di S p o l e t o , a Ruggiero di Monliuneuf, e ad Ugo di Carina

a6g faceva, per tutte le terre si levavano li popoli, e fatto gregge, ( i ) con rumore li venivano dinanti; prendevanlo e dicevano che lo volevana salvare da le mani del Papa, e non volevano che gisse; a tutti rispondeva e diceva: io voluntario vo e non costretto. Ringraziavali, e cosi passava di cittade in cittade. Per tutta la via li furo fatti solenni onori; quando li popoli vedeano esso meravigliavansi, e lo accompagnavano, e per tale va giunse in Avignone. Giunto Gola di Rienzo in Avignone parla dinanti al Papa, scusavasi che non era patarino, n incorrea la sentenza del cardinale di Ceccano e d' Ombruno; volea stare a la esaminazione. A queste parole 1 Papa stette queto; fu rinchiuso in una torre grossa e larga; una giusta catena teneva in gamba, la catena era alligata su la volta de la torre. L stava Cola vestito di panni mezzani avea libri assai, suo Tito Livio, sue storie di Roma,
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ufficiali del Papa ( De Sade, tom. 3 , pag. 2 2 7 . ) L ' i m p e r a t o r e molto s' interessd pe Rienzi presso i l Papa (Histor. Cortlius. libr. 9, cap. 1 2 , ) ed questo u n ' altro argomento contro i l racconto del Polistore. ( 1 ) gregge per rnoltitudine adunata i u 3 e m e , cos usato anche dai latini. Terenz. ut me in gregem vestrum recipietis. Dante infera. 1^. a" anime nude vidi molta gregge; usato ancora in genere maschile a modo latino - raunato cosi bello e devoto gregge Fior, s. Francesco.

la Bibbia, e altri libri assai:; non finava di studiare; vitto assai sfficiente da la scodella del Papa, ( i ) che per Dio si dava. Furo esaminati suoi fatti, e fu trovato fedele cristiano; allora fu revocato,'1 processo e la sentenza d' Ombruno e del cardinale di Ceccano; fu assoluto, venne in grazia del Papa, e fu scapolato (a).
( i ) Dalla scodella del Papa, cio dal piatto del Papa , a. sue spese. i ( 2 ) Scapolato liberatoAG. Vill. lib. 1 2 , cap. 16. - scapolati i prgionieri.

OSSERVAZIONI STORICHE
Scusavasi che non era patarino, n incorrea la sentenza del cardinale di Ceccano e d' Ombruno etc. Leggesi nelle antecedenti edizioni - n incorrea la sentenza del' cardinale di Ceccano e DON NO BRUNO, e pi sotto - fu revocato il processo e la sentenza di DONNO BRUNO e del cardinale di Ceccano. E chiaro q u a n t o la luce del bel meriggio che deve leggersi d' Ombruno, e che si parla del cardinale Bertrando di Deucio legato del Pap a , che fu quello il quale n e l l ' a n n o 1847 perd. il T r i b u n o , e giudicollo di eresla. Egli fu preposto di E m b r u n , ne divenne 1' arcivescovo , ed era chiamato il cardinale di E m b r u n , la quale citt Giovanni Villani nomina a n c h ' esso Ombruno. ( 1 ) Cola scrivendo al cardinale Guido di Boulogne
( i) libr. i a , cap. 7 1 .

e volendo nominare il cardinale Bertrando suddetto lo chiama appunto Dominus Obredunensis. ( i ) E p p u r e il Muratori h a lasciato trascorrer questo errore, ed il traduttore latino ha scritto che quella sentenza fuit a DOMINO BRNONE promlgala. Anche il Bzovio ( 2 ) fece di questo cardinale u n altro don Bruno , il quale deve la sua promozione alia mancanza di un apostrofo. Si corregga adunque nel modo da me esposto 1' errore, e si corregga altresi per la ragione istessa la lezione della storia di Giovanni Villani al capitolo sesto del libro undcimo, ove narra - che 1' arcivescovo DON SRITNO fu mandato dal Papa in Lombardia, e questo terzo don Bruno pur in anima ed in corpo lo stesso arcivescovo di Embruo ovvero di Ombruno, cio Bertrando di Deucio , che con molta paura trovavasi col legato Bertrando del Poggetto in Bologna nel di 1 7 marzo i 333 per quella grande sconfitta dal Villani in detto capitolo narrata. ( 3 )
( 1 ) Petrarca, ediz. di Basilea pag. n a 3 . Anche la cronaca estense ( pag. ,446 ) appella questo cardinale - Dominus Bertrandus VE OMBRUXT, ( a ) ann. i3S3. ( 3 ) G. Villani loe. citat. - Ghirardacci storia di Bologna libr. a i , pag. n a . Nella recente edizione delle storie del Villani con note del ch. Zannoni - Frenze pe Magheri - i8a3 - leggesi l' arcivescovo Dambruno, lezione questa pur inesatta.

CAPITOLO

XIV.

Cola accompagnatosi col legato torna a Roma, dove ha molte richieste da quel poplo.

Quando escio, dovea venire in Italia '1 legato don Gilio cnchese cardinale di Spagna; apparecchiavasi, e scrivea sua fa-

miglia. Cola di Rienzo con questo legato escio di Avignone, purgato, benedetto, assoluto, e col legato pass la Provenza, e venne a Monte Fiascone per ricuperare "1 Patrimonio, come detto ( i ) . De le prime terre, che si rendro a la Chiesa, fu Toscanella, e '\ cassaro fa renduto per moneta. Cola di Rienzo si trov a prendere la trra per la Chiesa, poi si trov nelP assedio di Viterbo, e ritrovossi a tutti quelli fatti d' arme da cavaliere; avea vestimenta assai giuste e oneste, e buon cavallo. Non solamente ne la oste, anco in Monte Fiascone avea tanta richiesta di Romani , che stupore era a dicere. Ogni Romano ad esso fa capo, forte visitato, gran coda di popolari si strascinava direto; ogni gente facea meravigliare, perfino '1 legato;
( i ) Osserva De-Sade * che il Pontefice, scrivendo ad Arpaion suo internunzio in Roma in data i 5 setiembre i 3 5 3 , gli annunzia che presto avrebbe a lui inviato Cola di Rienzo - cito remittemu's per opporlo alie turbolenze del Baroncelli , che avea usnrpato il governo di Roma , ed opina perci che Cola non potesse esser partito d Avignone col cardinale Egidio, la di cui partenza segu in agosto di detto anno. A me pare senza contradizione alcuna che il Papa potea benissimo scrivere a l l ' i n t e r n u n z i o , che presto avrebbe inviato in Roma il Rienzi, q u a n t n n q u e fosse in viaggio col legato, ci dipendendo dagli ordini, che avea d a t i , o potea dar al cardinale.
* Tom. 3 , pag. 3yi.

tanto lo appresciava ( i ) la richiesta de li cittadini di Roma; per meraviglia lo vedevano e forte li pareva che campata avesse la vita in fra tanti potenti. A la sopradetta depopulazione di Viterbo, come sopra narrato , furo i Romani; tomata F oste, grande partita di Romani trasse a vedere Gola di Rienzo; uomini popolar i , grandi lingue e cuori; maggiori proferte, poche attese; diceano: torna a la
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sente. Queste vesciche li popolari di Roma li davano,"e non li davano denaro uno. Per queste parole mosso Cola di Rienzo, anco per la gloria, che naturalmente affettava, (a) pensava di fare alcun fonda ment , donde potesse avere gente e sussidio per entrare a Roma. Dissene col legato, n li dio denaro u n o ; avea tamen ordinato che dal comune di Perusia avesse alcuna provvisione, donde potea giustamente vivere con onore; questa sua provvisione non li bastava a far soldati, e perci cavalc e gio a Perusia, e per molte volte andava al consiglio; bene parla va, bene diceva, meglio prometteva, assai ave( i ) Appresciare far prsela, affrettare. ( a ) Affettare coll' e larga, bramare con ansiet - - Ch' altro non affetto che veder lei - M. Cin. rime.

tua Roma, crala di tanta infermitade? ne signore, noi ti daremo sovveriimento, vore e forza, non dubitare, mai non tanto addimandato n amato quanto al

siafafosti pre-

vano quegli consiglieri le'recchie attente ad udire per a dolcezza de le parole ; (i) ma perch i consiglieri stanno a sindacato, convenne fare huona custodia de le cose del suo comune, e dal comune di Perusia non poto ottenere uno cortonese (a).
(,i ) Che si lasciavano ascoltare, e cos si faceano leccare come 'l mel. Ed. Mur, ( a ) Cortonese piccola moneta di Cortona di poco valore. Di queste pratiche di Cola qol comune di Perugia parla ancora Pomp. Pellini nella storia di quella c i t t , parte i.* lib. 7.

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OSSERVAZIONI STORICHE
A la sopradetta depopulazione di Viterbo.... furo i Romani etc. Appena il cardinle Albornozzo giunse in Mont e Fiascone nel mese di ottobre dell' anno 1 35B i Romani, abbandonato il Baroncelli che ad imitazione del Rienzi erasi fatto eleggere T r i b u n o , t r a t tarono di accomandarsi alia Chiesa, e fatto accord o col l e g a t o , a lui si unirono contro il Prefetto di Vico, e mossero al guasto delle terre di Viterbo. Ecco la storia di questo secondo Tribuno. Francesco Baroncelli, figlio di Giacomo e di una t a l e Sulpizia L u n e l l a , era scriba del senato , ossia notaio di campidoglio. Matteo Villani il cbiama lo schiavo Baroncelli, uomo di piccola e vile nazione , e di poca scienza. Erasi tolta a moglie una Luigia Barati, ed avea due figli grandi, assai scogtumati e violenti. II Baroncelli non possedea I V loquenza e la dottrina del primo Tribuno, era pero

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nel pari ambizioso, forse pi risoluto, e maggiormente severo e crudele. , I baroni tenzonavano del senato, e teneano Ro_ ma in grande ed orribile discordia ; Luca Savelli parteggiava coi Colonnesi e con alcuni degli Orsini, e gli altri Orsini tenevano contraria fazione, e per questo ven ero alie armi, abbarrarono la citt, e combatterono 1' un 1' altro tutto il mese di agosto d e l l ' i n d i c a t o anno i 3 5 3 . I mezzo a queste asprissime divisioni il Baroncelli medit farsi padrone del Campidoglio e di quella famosa campana, di cui il Rienzi avea si bene fatto conoscere Y uso e l'importanza. Paolo Jacol i n i . capitano delle guardie di Campidoglio avea .nimicizia con certo Niccol Calvio' possente populare; Baroncelli finse di favoreggiare quest' ultimo^ e seco lui collegato, trov modo di entrare in Campidoglio e di por mano alia mgica campana, chiamando con quella a stormo il poplo di Roma. II Jacolini fu massacrato, il t u m u l t o crebbe, e Baroncelli, radunato il poplo in chiesa di Araceli, lo eccitava col favore d e ' suoi amici a l i b e r t a . Cupidi i romani di novit , sdegnosi delle discordie d e ' nobili, ricordevoli del Rienzi, lo crearono T r i b u n o . Vestito di u n broccato di oro ricev da Tarquinio Lelli uno scettro con croce in cima a similitudine di quello usato da Cola di Rienzo, e Pietro Roscio lo salut Tribuno di Roma^ Imprese a reggere la citt con grande spavento e facea d e ' malfattori rigidissima giustizia , Ordin alcuni buoni s t a t u t i , talch il poplo romano parve che cominciasse a gustare alcuno sentimento di franchigia; ma lungi dal seguir 1' esempio del primo Tribuno n e l l ' incominciare di suo governo ,
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si pppose tsto direttamente alia corte di AvignoJ. n e , e tendea farsi u n partito di Ghibellini in I t a l i a , ed invitava Garlo imperatpre a ricevere in Roma la corona imperiale. F u allora che lnnocenzo v i , contro cui sfacciat a m e n t e declamava il Baroncelli, cred di opporre al novello tiranno 1' antico Tribuno , che , emnd a t e dalle sue sventure , potea sperare di averio devoto. I n t a n t o i figli del tiranno comettev'no in Roma ogni eccesso ,, violando vergini sotto gli occ h i delle supplichevoli madri , e disonorando le anogli al cospetto d e ' mariti invano frementi. Proserizioni-, esilii , supplizi atterrivano Roma , t a l ch u n generoso giovane, chiamato Riccardo T a n credi, imprese a purgare la trra da questo scell e r a t o , ed assalitolo al sortire di Campidoglio, il fe1 1 di molti col pi di f e r r o , ma non 1' uccise. Allora le prigionie, le t o r t u r e , le morti non ebbero posa. Salvossi il giovane Tancredi nelle terre degli Orsini , ma i suoi famigliari ed amici furono posti a crudele supplicio. Finalmente il Baroncelli maledetto e scomunicato dal P a p a , , abbandon a t o ed abborrito dai romani , che si diedero a l l ' Albornozzo, intese a salvarsi colla fuga, ma fu massacrato dal poplo a meta di decembre dell' anno i353. Non sussiste q u i n d i , come alcuni hanno lasciato scritto , che il Baroncelli fosse ucciso in combattimento da Cola di Rienzo , e n tampoco regge q u a n t o i l Cavriani narra (vita del Petrarca pag. 68) che il detto Baroncelli succedesse n e l tribunato al Rienzi dopo la di lui morte. Manoscritto Vaticano riportato dal Bzovio, ann. i 3 5 3 , N. 2.. Matteo Villani, lib, 3> cap, 78.

27.6

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CAPITULO XV*

Cola per V aluto di messere Arimbaldo dottore di legge e messere Brettone si dispone a tentare nuovamente sua fortuna.

Ritrovaronsi allora in Perusia due giovani provenzali, messere Arimbaldo dottore di legge, e messere Brettone (i) cavaliero di Narba (a) in Provenza fratelli carnali. Qusti erano fratelli carnali del prode fra Moreale. Fra Moreale fu a far la guerra del re di Ongaria; poi fu capo de la grande compagnia; guast molte terre di Puglia, arse e refoc molte comunanze, mise a ruba e portonne le femmine in Toscana; rivendo Siena, Firenza, Arezzo e molte terre, e la pecunia partiva fra suoi compagni; poi ne pass ne la Marca, e consum li Malatesta; pigli per forza Monte filottrano eFilino, (3) dove moriro pi di settecento villani, arse le terre
(i) Lo scrittore fraucese Du Cerceau legge Brittone. (a) Narba, l a t . Narbo, c i t t nella antca Gallia Narbonese, ora d e t t a Narbotia.' (3) Monte Filottrano , mons filiorum Optrani, ora Filottrano citt in -amenissimo colle del P i c e n o , che dicesi fabbricata dai figli di O t t r a n o longobardo sulle rovine d e l l ' antica Veragra. Di Filino non si h a memoria alcuna nella topografa maVchi-

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e derubolle, rivendo li uomini, e portonne le d o n n e quelle che apparenza a ve vano. Era friere (i) di santo Giovanni , uomo sollecito e prode, de la di cui prodezza si dicer. Questo avea acquistato di molta pecunia per le ruberie e per le prede; avea tanta moneta, che poteva suficientemente vivere ad onore senza gire pi soldato. Condusse questi due suoi frati in Perusia, e feceli dar provisione dal cornune. La sua moneta dio a li mercanti, e comand a li frati che avessero tra loro pace, e non facessero contenzione, e poich li avea allocati, intendeva di servir all abito suo. Gio fr Moreale altrove per altri suoi mestieri fare. Poi che Cola di Rienzo sentio dimorare in Perusia messere Arimbaldo di
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gana; perloceh la voce al certo corrotta. Son t e n t a t o a creciere possa essere quello, che nelle carte del seclo xiv si nomina tnons, o castrum Staphili e q u i n d i aggettivamente staphilinium, ora Staffolo trra prossima a Filottrano. L'espugnazione di Filottrano e di Staffolo fatta dal Monreale si ha anche da M. Villani (libr. 3, cap. 89 e 1 0 7 , ) e sno nomnate u n a presso V altra. ( 1 ) Nelle altve edizioni scritto fiore di s. Giovanni. E manifest che deve leggersi friere. M. V i l l a n i , lib. 1 , cap. 94, lasci suo vicario fia Morale cavaliere FRIERE di s. Giovanni di Provenza. Friere titolo d ' uomo d ' o r d i n e o di religione militare.

Narba^ uomo govane e persona letterata, avviossi al suo ostiero, ( i ) e volse con esso pranzare. Sumpto cibo mette mano Cola di Rienzo a favellare de la potenza <de'Romani, mstica sue storie di Tito Livio, dice sue cose de la Bibbia, apr 'I fonte di suo sapere; deh come bene parla va! tutta sua virtude opera nel ragionare, e si di punto dice, che ogni uomo abbair fa ( a ) sua bella diceria; leva da piedi ogni uomo, tiene la mano a la gota , e ascolta con silenzio. Messere Arimbaldo meravigliossi di suo bello parlare, ammira la magnitudine de li virtuosi Romani ; incalescente vino salta 1' animo in altezza, lo fantstico piace al fantstico; messere Arimbaldo senza di Cola di Rienzo non sa dimorare, con esso sta, con esso va, uno cibo prendono, in uno letto posano; pensano di fare cose magne, dirizzare Roma, e farla tornare in prstino

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( i ) Ostiero per ostello, albergo. ( 2 ) Leggesi nelle aritecedent.i edizioni ahafa, parola vuota affatto di senso. Mi sembrato che questa voce debba dividersi, e scriversi abbair fa da i verbi abbaire e fare. Baire abbaire e sbaire per slupire lat. obstupescere antico verbo; 1' us Matleo Villani ne! lib. 1 2 cap. 33. -forte sba, eperde la favella, erl q u e l lo appunto cho si conviene al sentiraento di q u e sto periodo, e d e l l ' a l t r o al-cap tolo xii.

a8o suo stato. A ci fare bisognava rooneta ; senza sida ti non si pu fare; a tre mila fiorini sali la massa che ( i ) fe'cesi prometiere, tre mila fiorini ad esso promise di rendere, e per mrito promise di farlo citradino di Roma e grande capitano onorato a dispetto del frate messere Rrett o n e ; anco dal mercatante tolse dal posto quattro mila fiorini, e dioli a Cola di Rienzo. Nanti tamen che messere Arimbaldo assegnasse questa moneta a Co( i ) A tre mila fiorini sano LA MASTJCE , - fecesi prometiere tre mila fiorinied, esso promise di rendere etc. -cosi n e l i e altre edizioni. C h e cosa significa questa mastice? non mi sembra fac l e il rispondervi ; potrebbe in q u e s t a parola nascondersi u n q u a l c h e modo proverbiale di q u e l tempo per esprimeve l a necessit ,. in c u i trovavasi il Rienzi di tre mila fiorini , n e l l a stessa guisa c h e suole ora dirsi essere nel viscki, nella pania, o nella pece q u e l pover u o m o c h e troyasi in grave intrico o b i s o g n o ed il mastice essendo cosa assai pi t e n a ce d e l v i s c h i o e d e l l a p e c e l a metfora sarebbe v i e p p i espressiva; q u i n d i n e l l a traduzioue l a t i n a in Muratori leggesi ad summam trium millium fiorenorurn prcesens necessit.as devenit. lo son pero di o p i n i o n e c h e l a parola sia g u a sta e m a l t r a t t a t a , e c h e la correzione da m e f a t ta corrispnda con t u t t a p r o b a b i l i t al sensO d e l periodo. La massa o V ammasso son voci c h e eq u i v a l g o n o a l i e p a r o l e somma,ammontare etc. QuelY ignorante c h e trov scritto la massache, i n v e c e di partir giust ame irte le voci ne p o t formare q u e s t o mas/ice tenacissimo, da c u i difficile il sori.kne con onore.
y -

la volsene avere licenza dal suo mggiore frate Moreale; mandli una lettera;
la sentenza era questa: onorato fratello; pi aggio guadagnato io in uno die, che voi in tutto 'l tempo di vostra vita; io aggio cquistata la signoa di Roma, la quale mi promette messere Cola di Rienzi , cavaliere, tribuno, visitato da Romani e chiamato dal poplo; credo che mi pensiere non verr fallat veggo che colV aiutorio dell' ingegno vostro 7 mi stato non sara rotto: bisogna in ci moneta per cominciare; quando piacer a vostra fraternitade io toglio (i) quattro mila fiorini dal posto, e con potente armata me ne cammino a Roma. Fra Moreale, letta la let}J

a8i

tera di suo frate, rescrisse; lo tenore di

sua scriftiira era questo : grande ora aggio pensato sopra V opera, la quale intendi di fare; grande e importabile peso quello che vuoi fornire; nelV animo mi non cape che ti venga fatto, la mente non ci va, la ragione mel contraddice: niente di menofate voi efate bene; in primamente aggiate guardia che li quattro mila fiorini non si perdano, se vi scontrasse alcana cosa sinistra, scriveterrii; verr con soccorso di mil le o due mille persone, quanto bisogneranno, efar le cose magnifiche, non dubitate; tu e tuo frate a-

( i ) Cosi anticamente per tolgo da

togliere. *9

sere Arimbaldo ricevuta la lettera fu lieto assai; mise in ordine col Tribuno del camminare.
s

matevi

a8a

onoratevi,

e non fate rumore. Mes-

OSSERVAZIONI STORICHE
Questi erano fratelli carnali del prode fra Moreale. II Montreal cavaliere di s. Giovanni di Gerusalerame era un gentiluomo di Provenza ( i ) chiarnato dagl Italiani fra Moreale o Morale. Venne in Italia, e trovossi in quella galea , che fu saccheggiata da Martino d i Porto presso Ostia, e nella quale erano i denari, che la regina Giovanna di Napoli ritraea dalle sue terre di Provenza, siccome leggesi nel frammento di storia riportato alia pagina 79. F u al servigio del r e d i Ungheria nelle guerre di Napoli , ed eletto vicario di d e t t o , r e in Aversa. Giovanna mosse eontro di lui nel i35a Malatesta da Rimino, che lo assedi, e lo costrinse ad arrendersi, ed a ceder le prede che avea raccolte. Quindi pass co' suoi alio stipendio della Chiesa contro il Prefetto di Vico , e , venduto sempre a colui che gli offeriv maggior prezzo, si uni in seguito alio stesso Prefetto, che tenea Vit e r b o , Orvieto, ed altre terre. Nel 1353 ad imita5

( i ) II nostro storico lo dice di Narba, cio di Narbona, citt che anticamente formav parte della Provenza, lat. Provincia. Sismondi lo dice nativo di Albarno , lnnocenzo xi lo chiam pur de Albarno ( t o m . r, epist. secret. p. ia5)forse Auban in Linguadoca non molto lungi da Narbona.

zione del tedesco Werner , detto dagP italiani il duca Guarnieri , si fece capo di quella maledetta compagnia, che rec tanti danni a l l ' I t a l i a , e ponea a contribuzione le citt e le provincie, portando ov u n q u e il saccheggio e la strage. Non dimentico della umiliazione, in cui Malatesta da Fumino P avea ridotto in Aversa, rivolse contro d i l u le sue forze, e lo condusse a tale estremo di ricomperarsi con grandi somme, per pagare le quali fn astretto a l i cenziare quasi t u t t e le sue milizie. N e l mese di luglio del i354 mand la sua compagnia alio stipen dio della lega contro i Visconti di Milano sotto gli ordini del cont Lando suo vicario, ed egli, onorato della cittadinanzadi Perugia, parea desideroso di riposare da tan te stragi, e di godere IL pace il frutto d i tanti ladr-onecci, allorch il cattivo suo genio lo trasse in Roma a subir nel giorno 29 Agosto del i354 la meritata pena de'suoi d e l i t t i ; e cosi, scrive Matteo Villani, fini il malvagio friere, per la cui morte si aggiungerebbe memoria degna di grandi lodi al T r i b u n o , se ci avesse operato per movimento di cinara giustizia; ma poich egli prese i fratelli ed i beni del Morale, e pubblicolli a se, parve che d' ingratitudine e di avarizia macchiasse la propria fama. E da considerarsi pero a giustificazione del T r i b u n o , secondo l ' o p i n i o n e del nostro storico e dello stesso Villani, che il prezzolato ed avaro capitano erasi mosso a recarsi inRoma,di accordo coi Colonnesi,per a b b a t t r e la signoria del tribuno, il quale non da condannarsi, se seppe prevenire in tempo le di lui insidie. II Villani d lode a costui di valen te e ridottato cavaliere , e P annimo nostro scrittore lo predica tal capitano, che da Cesare in poi non era comparso in sulla trra P eguale , e sembra

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che in questa opinione convenga il Pellini nella storia di Perugia. Per q u a n t o valoroso fosse i l Monreale, dehito di onesto storico il collocare il suo nome fra i famosi ed arditi ladroni , non mai fra i gloriosi e saggi capitani, p e ' quali va famosa 1' Italia. Meritamente il Pontefice Innocenzo vi lo paragona ad u n Oloferne , e lo chiama p i empio e pi brbaro di Totila. M. Villani, lib. i , cap. g3 - lib. 3 , cap. 4o, 89, 1 0 8 , e 1 1 0 -lib. 4, cap: i 5 , 1 6 , e a 3 . Odorico Rainaldi, ann. i3S4> N. 4Pomp. Pellini, Istor. di Perugia, lib. 7. Vedasi il capitolo xxn di questa storia.
CAPITOLO XVI.

a&*4

Cola, fatto dal legato senatore di Roma, gente assoldata a quella volta.

va con

Poi che Cola di Rienzo ebbe li quattro mila fiorini, vestiosi riccamente di pi r o b e , addobbossi a senno savio suo ornatamente; fecesi fare gonnella , guarnaccia, e cappa di scarlatto foderata di varo, infregiata di auro fino, pistiglioni ( 1 ) di a u r o , spada ornata in cinta, cavallo ornato, speroni di a u r o , famiglia vestita nuova-; cosi adorno ne torn a Monte Fiascone dinanti al legato; menava per compagnia messere Brettone e messere Arimbaldo di Narba fratelli coa fa( 1 ) Pistiglioni, globetti d' oro per ornamento.

aniglia e cose. Quando fu dinanti al legato faceva dell' altiero; mostravasi grosso, ( i ) con suo cappuccio in canna di scarlatto e con cappa di scarlatto fodrata di panze di vari; stava superno, capezzava ( a ) , menava '1 capo nanti e retro, come dicesse: chi son io? io chi son? poi rizzavasi ne le punte de li piedi, mo si alzava, mo si abbassava. Meraviglossi '1 legato, e dio alquanta fede a le sue parole, pur non li dio nullo denaro. Allora parl Cola e disse: legato, fammi Lo legato '1 fece senatore, e mandollo via. A potere venire in Roma bisognava gente; di novello messere Malatesta di Arimino avea cassato li soldati suoi, da sedici bandiere, buona gente; duecento cinquanta barbute dimoravano a Perusia per trovar sold. Per questa gente avere, mand Cola di Rienzo suo messaggio. ( 3 ) Lo messaggio trov li contestabili, e disse
cosi: prndete sold per due mesi, ricevete per uno la paga, avrete sido in perpetuo; conducerete messere Cola di Rienzo a Rosenatore di Roma; io vado, e paroti la va.

a85

ma senatore pe Papa. A queste parole li

( i ) grosso, per grande orgoglioso - Sagliendo in acun grado di onore par che si dimentichino delli compagni, e fanno si del GROSSO che etc. Cvale, espos. d e ' simboli, p . i 3 . ( a ) capezzare, in signifcate- di scuotere il capo. ( 3 ) messaggio, per messaggiero.

<86 contestabili furo in consiglio; la sentenza de li todeschi fu di non gire; assegnavano


tre cagioni; la prima: romani son mala gente, superba, arrogante, non hann se non parole; la seconda: questo uomo popolare povro e di me condizione, non avr da pagare, dunque a chi serviremo noi ? la terza: li potenti di Roma non vonno lo stato di questo uomo , tutti ne saranno nemici che li displace; dunque questo sold non prendiamo, V andata di Roma non fa per noi.
s

Da vero questa fu la risposta de li tedeschi, e fu vera. Son li tedeschi, come discendon da la Alemagna, semplici, puri, senza fraude, come si allocano tra 'taliani, diventano mastri coduti, ( i ) viziosi, che sentono ogni-malizia. A li tedeschi rispse un contestabile borgognone, e disse: pren,

diamo questi denari, novelli soldacciati (a) per un mese, torneremo l buono uomo in casa; scortaremolo in Roma, guadagneremo la perdonanza, chi corra tornare tornera, e chi vorr rimanere rimaner. Questa sentenza

vinse, le sedici bandiere presero sold da Cola di Rienzo; questa gente da cavallo ebbe; ebbe anco* alquanti perugini figli di buoni uomini; ebbe anche duecento fanti toscani, masnadieri con corazzine da sold, nobile e bella brigata.

( 1 ) Coduti, besti codute, e per metaf. ostinati. ( 2.) scritto sollaccia, senza dubbio per soldacciati ih senso di assoldati.

a87
CAPITOLO XVII.

Pubblica

e solenne entrata di Cola in Roma.

Con questa gente discende per Toscana, passa valli e monti e locora periclose, senza riparo ( i ) giunse ad Orta. Allora la sua venuta fu a Roma sentita; romani si apparecchiavano a riceverlo con letizia; li potenti stavano a la guatata. ( a ) Da Orta si mosse, e giunse a Roma anno domini M ccc LIII. La cavalleria di Roma li escio dinanti fin a Monte mare con le frasche de le olive in mano in segno 'di vittoria e pace; escioli'l poplo con grande letizia, come fosse Scipione aFricano. Furo fatti archi trionfali; entro la porta di castello, per tutta piazza di castello, pe ponte, e per la strada furo fatte arcora di drappi di donne, e di ornamenta di auro ed ariento. Pareva che per la letizia tutta Roma si aperisse; (3) grande V allegrezza e '1 favore del poplo. Con questo onore fu menato finente al palazzo di Campidoglio. L fece suo helio e

( I ) Senza riparo, cio senza contrasto - G. Vill. g, a i 3 , i . Que' dell' oste senza RIPARO di basttaglia si partirono. ( a ) Guatata e aguatata^ per aguato. ( 3 ) Aprirsi,- per metfora manifestarsi operamente, spiegar V animo.

a88 loculento parlare, e disse: che sette anni era ito sperso fuora di casa sua, ( i ) come gio Nahuccodonosor, ma perla potenza del virtuoso Dio era tornato in sua -sede senatore per bocea del Papa; non che esso fosse sufficiente, la sua bocea lo potea sufficiente fare; aggiunse che intendeva rettificare e rilevare lo stato di Roma. Allora fece capitani di guerra messere Brettone e messere Arimbaldo di Narba, e donlli lo confalone di Roma. Fece cavaliere uno Ceceo di Perusia suo consigliere, e vestido di auro. Grande festa li Romani li fecero, come fecero li giudei a Cristo quando entr in Gerusalemme a cavallo nell' asina; quelii lo onorro, distendendoli inanti panni e frasche di oliva, e cantando: benedictas qui venit; a la fine tornro a casa, e laseiaronlo solo con li discepoli ne la piazza, n fu chi li proferisse un povero manicare. Lo seguente die Cola di Rienzo ebbe alcuno 'mbasciatore de le vicinanze intorno; deh come bene risponda! dava risposte e promessioni, e apparecchiavasi di ferventemente guidare.
( i ) Correva a p p u n t o il settimo anno , da che egli avea deposta la signoria, ed erasi partito da Roma nel 1 3 4 7 . II cont non pu essere pi esatto, e non so vedervi quella falsit che il Baluzzi pretende trovarvi,

289
CAPITOLO XVIII.

Condotta e costumi di Cola, che dopo V entrata in Roma richiede i Baroni di ubbidienza, e i cui precetti da Stefanello Colonna son dispregiati, ed i messi mole trattati.

I baroni stavano a i' aguatata a che riusciva. Lo stormo del trionfo era grande; molte bandiere; mai non fu tanta pompa; fanti con durindaine (1 ) di l e d i q u ; ben pare che voglia per tirannia guidare. De le sue cose che perdo le molte li furono rassegnate. Mand'1 commandamento e lettere per le terre e '1 distretto di sua felice tomata, vuole che ciasche uomo si apparecchi al buono stato. Era questo uomo fortemente mutato da li primi suoi modi, solea prima esser sobrio, temprate , astinehte, ora diventato distemperatissimo bevitore, sommamente usava 'i vino, ad ogni ora confettava e beveva, non ci servava ordihe n tempo, tempera va '1 greco col flaviano ( a ) , la malva( 1 ) Durindaine, forse dalla voce romanza durando! o durandaris, che cos erano dette le spade degli antichi paladini e guerrieri - Leggesi nel romanzo di Roncevatix ms. Tint DURAN DARS dont li brans fu lettres - Tale origine pu avere la durindana del Boiardo e dell' Ariosto. ( 3 ) Leggesi fiaiano , e 11 e deduco che ahbiasi a ritenere flaviano dal l a t i n o Flavianum, ora corrottamente Foiaho , trra nella Etruria in valle d i

9 sia ( i ) con la rebola, (a ), ad ogni ora era del bevere pi fresco; orribiL cosa era patir di vederlo; troppo bevea; dicea che ne la prigione era stato ascarmato (3); anco era diventato grasso sterminatament e , avea una ventresca tonda trionfale a modo di un abbate asiano (4 )j tutto era pieno di carni lucenti come pavone; rosso e barba lunga; sbito si mutava ne la faccia, sbito suoi occhi tratto seFinfiammavano, mutavasi di opinione, e cosi si mutava suo intelletto come fuoco; avea
a

Chiana presso Monte P u l c i a n o , luogo famoso per ottimi vini. ( 1 ) Mahasia e malvagia, qualit o" uva v e n u t a di Candia , e da cui formasi eccellente vino che porta lo stesso nome. ( 2 ) Rebola - non so q u a l sorta di vino sia q u e sto , di cui non ho trovato indicazione neppure nel ditirambo del Redi, nel quale nessuna specie di vino o buona o cattiva dimenticata ; forse trebula , da cui ne venne il vinum trebulanum, da Trebula antico paese della Sabina, oggi detto vino trebbiano. ( 3 ) Ascarmato e scarmato, per soarmanato, che h a i l male della scarmana, pleuritis- Si rimasero V uno alV osteria, e V altro scarmanato alio spedale. Malm,
1 , 29.

( 4 ) Abbate asiano, cio principe o 6atrapa di Asia. Abbate voce a noi venuta dal siriaco abba, che significa capo o rettore , nel Forcellini rector collegii vel societatis. Osserva il Perticari che del nome di abbati non furono gi in antico onorati i soli sacercloti, ed i prefetti d e ' monacr, ma egli

20,1 gli occhi bianchi, e tratto tratto se li arrossavano ( i ) come sangue. Stato che fu nel palazzo di Campidoglio , di quattro , mand per la obhedienza a tutti li baroni. Fra gli altri richiese Stefanello de la Colonna in Palestrina; questo Stefanello rimase piccolo garzone po' la morte del padre Stefano e di Gianni Colonna suo frate, come detto ; ridotto si ora in Palestrina al forte. A questo Stefanello mand due cittadini di Roma Buccio di Giubileo e Gianni Caffarello per ambasciatori che dovesse obbedire li commandamenti de lo santo Senato sotto pena di sua i r a ; quelli ambasciatori Stefanello ritenn e , anco uno ( a ) di essi mise in oscuritade, anco li trasse un dente, e condannollo in quattrocento fiorini. Lo seguente die corre li campi di Roma con li suoi arcieri e brigate; tutto '1 bestiarne
3

fu titolo di nobilt e di feudo, simile a quello di barone o di cont, come si pu leggere in Cuiaccio ( d e feudis libr. i , tit. i . ) e nella cronaca di Suidigero che insegna - bbates in antiquis historiis non sunt monachi, sed barones magnatesque. Anticament e la repubblica genovese avea un magistrato el e t t o dal poplo col titolo di Abbate. Georg. StelIce Annal. genuens. pag. 1 0 7 2 et alibi. ( 1 ) Arrossare per divenir rosso. ( 2 ) scritto aicuni di essi. Se gli ambasciatori erano due la lezione non regge ; ho corretto ANCO UNO di essi mise in oscuritade.

ne menava; '1 rumore si lev per Roma* la mormorazione ne venne al Tribuno de la preda de' romani, che se ne giva.

CAPITOLO

XIX.

Cola, incitato dal disprezzo e dalle scorrerie de' Colonnesi, esce contro di loro armato, ed esorta con bella dicea le genti alia battaglia.

Allora '1 Tribuno cavalc con li suoi pochi famigli; solo escio da la porta, li soldati lo seguitaro, tale armato, tale n, secondo che '1 tempo pativa. ( i ) Corsero di porta maggiore a la via di Palestrina per locora salvatiche e deserte. La tratta^fu vana e inutile, non trovaro uomo, n bestia, n arcieri. Li arcieri e li fanti di Palestrina dotti di guerra, per molte fate discretamente avano condotta la preda, e nascostala in una selva, la quale si chiama Pantano, che giace fra Tivoli e Palestrina, l si tennero queti la notte; saviamente quella preda trassero
9

( i ) Patire in senso di permettere - meraviglia come questo male si PATISCE O permette fra cristiani, e come non si punisca dalle signoe - C v a l e . Pungil. 374>

di Pantano, e salvronla inPalestrina. Cercato che ebbe molto la gente del Tribuno, non trovando cosa alcuna, perch la notte era, venne a la citt di Tivoli; la pos; fatta la dimane, la novella giunse, che le bestie d li romani erano tratte di Pantano e condotte in Palestrina. Allora '1 tribuno disse irato: che giova gire

in Tivoli stette, mand suoi editti, speditamente fece venire da Roma la romana cavalleria, tutti li soldati da cavailo e li fanti masnadieri; era vivace di scrivere; stava suo stendardo in Tivoli con sua arma di azzurro , sol di auro e stelle di ariento, e con V arma di Roma; forte cosa! quello stendardo non era lucente come era prima; stava miserabile, fiacco, e non dava le code al vento rigoglioso. Venuto lo stuolo de' suoi soldati con le molte bandiere cornamuse, trombette as-

l e qu per locra senza vie ? non voglio pi schermire ( i ) con casa de la Colonna, a lemani voglio essere. Quattro di

( i ) Cosi una delle varan ti riportate dal M u ratori ; leggesi per metatesi schrimire, e dee correggersi schermire in senso di giocar d ' a r m i , perdersi i n t i l m e n t e in scaramuceie , ludicrum certamen agere. Lie edizion di Braceiano hanno scernere; non voglio pi scernere casa de la Colonna cio non v o glio pi vederla. La prima lezione sembrami per p i a proposito.

394 sai; venuti messere Brettone e.messere Arimbaldo, li quali avea fatti capitani di guerra generai, li soldati si mormoravano che voleano la paga. Li contestabili tedeschi dimandavano moneta, che loro arme stavano in pegno; molte scuse trovavano, non valea pi la fuga. Vedi bella lercieria ( i ) che fece a li suoi capitani; ebbe messere Brettone e messere Arimbaldo e
disseli: trovo scritto ne le storie romane che non era moneta in comune di Roma per soldati. Lo consolo adun li baroni di Roma e disse: noi che averno li offici e le dignitadi siamo li primi a donare quello che ciascuno pu di buona volontade; per quello dono fu adunata tanta moneta , che giustamente la milizia fu pagata. Cosi voi due cominciate a donare, la buona gente di Roma veder che voi forestieri dnate, sar pronta a donare, e averem denari a furore.

Li capitani allora li donaro mille fiorini , cinquecento per uno in due borse; quella pecunia '1 tribuuo comparti a li soldati; a la fanteria dio mezza paga di moneta di Tivertirii. ( a ) Poi adun poplo ne Ja piazza di santo Lorenzo di

( i ) Lercieria, cosa sporca vergognosa, da terciare lar. faedare. ( 2 ) Cio moneta di Tivoli.

Tivoli, e fece sua bella diceria; disse:


come era ito venale ( i ) anni sette, come fu in grazia di Cario 'mperatore , lo cui aiutorio di prossimo aspettava; disse: come fu in grazia del Papa a dispetto de' Colonnesi suoi nemici; mo era pe Papa senatore di Roma, non lasciato guidare per la tirannia de' Colonnesi, di Stefanello, serpente velenoso, giunco vallico; (2.) dunque intendeva di disertare casa de la Colonna, e farle peggio che quello prima le fece altra volta; casa maledetta, che per la sua superbia trra ( 3 ) di Roma vive in povertade, e le altre contrade vivono in ricchezza; poi aggiunse e disse : voglio fare la oste sopra Palestrina, e farle l guasto genrale; dunque prego voi Tivertini, che di buon cuore ci accompagniate, in tanta neccessitade ci sovvenghiate, e non ci abbandoniate.
v 3

( 1 ) Vedasi la nota al capitolo x n . ( a ) Giunco vallico cio di valle. Cosi il Rienzi nomina per disprezzo Stefanello in riflesso alia sua giovinezza ed a l l ' essere il solo superstite di casa Colonna. ( 3 ) Terra per citt usarono e il Boccaccio, e il V i l l a n i , DinO Compagni ed altri - Vedi Perticari Apol. pag. 1 8 7 .

296
CAPITOLO X X .
\

Cola fortificato

da genti ausiliarie mettc assedio in Palestrina

Questa diceria fu fatta nel parapetto de li Palloni; fatta questa diceria lo segu rite die mosse la fanteria forestiera, mosse tutta sua cavalleria e '1 poplo di Tivoli con grascia e arnese ad oste, e gione a Castiglione di santa Presede; l pos di due, l si adun la gente tutta; poi si mosse '1 seguente die, e fu sopra Palestrina con tutto suo sforzo, anno domini M ccc LIIII ; assedio Palestrina, e alloc '1 Tribuno P oste a santa Maria de la Villa, due miglia di lunga da la cittade. L furo mille cavaeri fra romani e soldati, fu '1 poplo di Tivoli e di Velletri, e le masnade de le comunanze intorno, e de la montagna. Posto 1' assedio ciasche persona covelle facea; solo esso Cola di Rienz;o di continuo avea gli occhi sopra Palestrina; alzava 1 capo e riguardava 1' alto colle e '1 forte castello, e considera va per quale modo potesse confondere e dirovinare quelle edificia; non levava 'I guardo di l, e diceva: questo quel monte, '1 quale mi conviene appianare; spesso anco continuo ( 1 ) guardando e non moven5

( 1 ) continuo, a modo latino per continuamente.

97 do '1 pensiero suo da Palestrina, vedea che da la parte di sopra hestiame ven iva da pascere, ed entra va da la porta di sopra per ahbeverare, ( i ) poi tornavaa li pascoli; anco vedeva dall' altra porta'di sopra entrare uomini con salmerie e con some , vedea la lunga traccia de li vetturali, che venivano con fodere ( a ) in Palestrina; allora domandava quelli, li quali stavano con seco, e dicea: quelli somarieri che vonno dicere? rispondevano quelli che con esso stavano: senatore, quel hestiame viene da pascere, e torna in Palestrina all'acqua per hevere: quelli uomini portano faria e grasciaper infoderare la trra che non affamassej allora rispondea e dicea: non si poteriano pigliare li passi che questo hestiame cosi lberament non gisse a pastura, e quelli non portassero fodere? rispondevano li meno leali romani e diceano: tanf la fortua

verarsi. ( 2 ) Fodero e fodera

( i ) Abbeverare in senso neutro pass. per abbeper vettovaglia, da fodrutn

antica voce longobarda che significa raccolta. II capitolo praeterea della legge cannica de ture Patrn, servesi di tale vocabolo^ ,ed ivi nota la glossa essere di longobarda origine. Quindi n e ' bassi tempi fodrum in latino diceasi 1 ' a n n o n a militare. Forrnasi dalla stessa parola il verbo infoderare in senso
;

di portare ed introdurre vettovaglie. 20

ra C i ) de li monti di Palestrina, che que-* ste ntrate ed escite di sopra a quelli non si possono vietare, tanf la selvatichezza di questo loco , che nulla oste l potera dimorare; ma non era cosi; anco era la crudelitad de li baroni di Roma, li quali stavano a vedere che ne esciva, e non si volevano operare. Allora '1 Tribuno disse queste parole: mai non ti lento (aj finch non ti consumo, o Palestrina, e se io, po' la sconfitta de' Colonnesi a porta di santo Lorenzo, avessi cavalcato col poplo di Roma, in questa trra liberamente entrava senza contraddizione; gia fora dirovinata, io non sostenerla al presente questo affanno, e 7 poplo di Roma vivea in pace riposato.

aq8

( i ) Fortura per fortezza, voce anticamente in uso. ( a ) Lentare ed alintate in significato di dar posa o tregua.

a 9
9

CAPITOLO XXI. Si discioglie V assedio di Palestrina, e Cola, insospettito che messere Moreale lo volesse tradire, lo fa carcerare.

A la seconda die che 1' oste posta fu, fu eomincato '1 guasto, e fu depopulato tutto '1 giardino (i) di Palestrina, e tutto '1 piano fin a la cittade; non rimase altro che 1^ parte di sopra, meno che '\ terzo; quel poco non fu depopulato perch a li di otto la oste si parti, e questa partenza fu per due cagioni; la prima, che Veletrani erano odiosi con Tivertini, (a) e per tale via furo avuti sospetti che la haratta non si levasse nelP oste; la seconda cagione fu, che la fante di messer Moreale, '1 quale se n' era venuto a Roma da li suoi fratelli, sentio favellare pi volte al suo padrone che volea in ogni patto uccidere. 'I Tribuno Cola di Rienzo, che li avea cacciato da le mani, e tolto quanto essi avevano, e non ci era speranza di riaver covelle, e quello che era peggio poche bone parole. Che ti fece la

( i ) giardino, per metfora luogo eletto, luogo delizioso - Dante Purg. 6. Che il GIARDIN dello 'mperio sia diserto. { a ) sbitamente si mettevano dentro di Palestrina per tale via &c. E. M.

3oo bona femmina? perch ebbe molte male parole, oltraggio, e mali fatti dal suo padrone, se ne gio a trovare '1 Tribuno, e lamentandosi scoperseli e rivelli quanto messere Mrcale aveva detto che voleva fare. ( i ) Per tale cagione'1 Tribuno prestamente lo fece chiamare, e miselo in prigione in Campidoglio con li ceppi e con li ferri a li piedi insiemora con li suoi fratelli, che essi ancora avevano sparlato del Tribuno, ed erano di consejato col fratello suo, e per tale cagione li aveano mal' animo addosso. Fra tanto '1 Tribuno iva cercando ogni via di dirupare Palestrina, e giva pensando donde potera cacciare denari per dar '1 sold a la gente sua, perch molto mormoravano, e volevano denari de la loro paga, e per questo fatto esso si condoleva. Ora vedendosi frate Moreale preso per opera de la sua fante, e sapeva quanto essa poteva dicere, forte dubit che questa fosse P ultima ruina sua; pur fece core, sapendo che '1 Tribuno era in bisogno di moneta; si dispose di vedere se in qualche maniera potera liberarsi, e cosi fece intendere

( 3 ) Matteo Villani narra essere realmente opinione di m o l t i , che i Colonnesi s' intendessero col Monreale per abbattere il T r i b u n o dalla signoria Lib. 4 < cap* 2 3 .

3o i a messere Cola di Rienzo che, se 1 lasciava gire, esso F averia provisto di tutto 1 sold e gente armata che fora bisogno, e darli tutto quello che voleva. Pensando dunque frate Moreale di ricevere la grazia, giva dicendo a li suoi fratelli prigioni messere Arimbaldo e messere Brettone: sostenga qui uno o due di voi, lasci gir me; io li faro venire dieci mila venti mila fiorini, e moneta e gente quanto li place. Allora risposero suoi fratelli: deh facclalo per Dio! a queste parole non trova va tutore ( i ) alcuno.
5 3

( i ) tutore, in senso di protettore, difensore.

CAPITOLO

XXII

Esame rigoroso e morte di messere Marale

Fatta la notte, preso da primo sonno fra Moreale fu menato al tormento. Quando vide la corda, disdegnato con mormorazione disse: v' agglo ben detto che voi rustid villani siete, volendomi poner al tormento ; non vdete che io son cavaliere? com' In voi tanta villana? pur un poco fu alzato, e allora disse: lo son stato capo de la grande compagnia, e perch son

3oa
cavaliere, son voluto venire ad onore; aggio rivendute le cittadi di Toscana, messa la taglia, dirupate le terre, e presa la gen-

te. Allora fu tornato nel loco de li suoi fratelli; conobbe che morir li convenia; domando penitenza, e per tutta la notte ebbe con seco uno frate, 'i quale lo cotifessava, e cos ordin tutti suoi fatti; udendo '1 mormorito de' suoi fratelli, allora si volta va ad essi, e parlava, e queste parole diceva : dolci frati non dubitate, voi

siete zitelli giovani, non avete provato le onde de la ventura; voi non morirete; io morro, e di mia morte non dubito; la vita mia sempre fu con tribulazioni, fastidio m' era lo vivere, di morir non dubitava; son contento che moro in quella trra, dove moriro li beati santo Pietro e santo Paolo; bench nostra disavventura per tua colpa messer Arimbaldo, che m' hai condotto in questo laberinto; non perci questo lascio (i) non vi mormoriate, n vi dogliate di me , ch' io moro volontieri. Uomo son, come zitello fui ingannato, come li altri uomini son tradito; Dio mi avrd misericordia; fui buono al mondo, sar buono dinanti a Dio, (a_) e specialmente non dubito.

( i ) manca il che sottinteso. ( a ) Quauto poco scrupolo faceasi questo Monreale di essersi fatto capo di scellerati ladroni, di aver aise o poste a sacco le terre , uccisi o ven-

3o3 perch venri con intenzione di bene fare. Voi giovani siete, tmete, che non avete conosciuto che la fortuna; pregovi che vi amiate e siate valorosi al mondo, comefui io, che mi feci fare obbedienza a la Puglia, Toscana,eala Marca. Spesse volte cosi dicendo, lo die si fece; la dimane voise udire la messa, e udiola stando scalzo a nude gam-. b e ; all' ora di mezza terza fu suonata la campana; fu adunato '1 poplo. Gondotto fia Moreale ne le scale al lione, stava inginnocchiato dinanti a madonna santa Maria ; a le sue gote tenevasi un cappuccio di scuro con uno fregio diauro, addosso teneva uno giupparello di veluto bruno cocito di fila d' auro, discinto era, senza alcun cignimento, le calze in gambo di scuro, le mani lgate, e teneva la croce santa in mano; tre fraticelli con

dti gli u o m i n i , rapite e vilate le femmine , e taglieggiate le intere, provineie! Col capo omai sotto la mannaia del carnefice, non odesi dal suo labbro sillaba di p e n t i m e n t o , anzi sem-bra menar vanto di sue inique azioni, e proporle ad esempio ai fratelli come fatti gloriosi degni di essere i m i t a t i ; e aggiungi che un solo il nostro annimo scrittore, ma ben anche altri storici contemporanei * danno aperta lode alie geste di costui , ponendolo persino al confronto di Cesare; tanto la barbarie d e ' tempi e la prepotenza dell' armi avean sconvolta ogni idea del retto e d e l P onesto
* Vedi Pellini storia di Perugia, lib. 7 .

esso stavano; mentre che odiva la sentenza, parlava e diceva: ahi romani! come consentite mia morte ? mai non vi feci offesa; ma la vostra povertade e le mi ricchezze mi fanno morir; poi diceva: dove son io coito! per mia fede (i) cotanta gente m* aggio veduta dinanti, e pi che

3o4

( i ) Nelle antecedenti edizioni leggesi - per mia


FE DIECI
TANTA

pi che questa non - Quale strana e barbara elocuzione mai questa di scrivere dieci tanta per esprimere dieci volte di pi? Io dico che qui ancora si fatto un mescuglio di sillabe, confuse insieme le parole, e che poste le lettere a suo luogo deve servato esser frequente nello scrittore 1' epentesi del1' i in mezzo alie parole, e quindi pu essersi scritto fedie per fede nel modo stesso che trovasi spesso in
altri luoghi ciento, tiempo, solennie per cento, temcosi leggersi - per mia fede coianta gente m' aggio veduta dinanti, e pi che questa non . Abbiamo os-

gente

aggio

veduta

dinanti,

po, solenne. * L ' nico cambiamento sarebbe quello d e l l ' i in o nella voce cotanta, e non questa la prima volta che imperiti copisti abbiano di p r o prio arbitrio variata od aggiunta u n a Iettera, guastando le parole , quando essi credevano di correggerle. II senso della querimonia di frate Monreale si quello di trovarsi ivi coito ed abbandonato, egli che avea veduta a s soggetta cotanta gente e p i ancora di quella che gli stava davanti spettatrice del suo supplicio. II sovvenirsi delle p r o sperit pur troppo frequente tormento, d e ' miseri.
* Vedansi le osservazioni sulla pronunzia alia Iettera I.

tovate le forche; allora stordio forte, e levossi sbito in piedi come persona smarita; allora quelli, che stavano intorno, lo confortro che non dubitasse, fecero fede che condannato era ne la testa; di ci fu contento e stette queto. Avviato al piano, per tutta la strada non finava di volversi ( i ) di l e di qua; parla va e diceva: romani, ingiustamente moro, moro per la vostra povertade e per le mi ricchezze; questa cittade io intendeva di rilevare; po' molto cose, diceva: ah piet ah pie-

questa non e! poi diceva: son allegro di morir l dove mor ir o Pietro e Paolo la mia vita senza trbulazione non e stata; poi diceva: tristo questo mal traditore ptf la mia mortel Ne la sentenza furo men-

3o5

t! la croce baciava, e forte si maneggiava di quello che pote va; uomo operativo, trionfatore, sottile guerriero; da Cesare fin a questo di mai non fu alcuno migliore. Questo quello, '1 quale con fortuna arrivato ruppe in piaggia romana, come detto di sopra de la galea sorrenata. (a) Poich fu nel piano, l dove furo le fundamenta de la torre, fatta la rota intorno, inginnocchiossi in t r r a , poi si lev

( i ) Dal latino se volvere volgeisi voltarsi. ( a ) Vedasi la teiza nota al capitolo xi del l i bro i..

3o6 e disse: non sto bene; voltossi verso oriente, e raccomandossi a Dio, poi, s' inginnocchi in trra, baci '1 ceppo, e disse: Dio ti salvi santa giustizia! fece con la mano una croce sopra '1 ceppo e baciolla, trassesi '1 cappuccio e gettollo; posta che li fu la mannaia sul eolio, fjavell e disse: non sto bene; allora era seco molta buona gente, fra la quale '1 suo medico di piaghe, ( i ) questi li ritrv la giunta del1' osso del eolio; posto 1 ferro, al primo colpo sbalz, (a) l pochi peli de la barba rimasero nel ceppo. Frati minori tolsero suo corpo in una cassa, giunto '1 capo col busto, pareva che attorno al eolio avesse una zaccherella di seta rossa. (3) Fu tumulato in santa Maria delF Araceli lo eccellente uomo fr Moreale, del quale fama suon per tutta la Italia di virtude e di gloria. Ne la cittade di Tivoli stava un domestico suo di suo legnaggio , '1 quale, udita la morte di suo signore, lo seguente die di dolore raorio senza ritardo.
( i ) Medico di piaghe, cos erano d e t t i comune-

mente in q u e ' tempi i chirurghi. ne qui pur sia assai chiara.


( 8 ) Zaccherella, RELLA, o cintolin

( 2 ) Leggesi - staizb

- sembrami che la correzio-

Merci - 22 - Che non

per fetuccia o nastro. Lorenzo de mi chiedi qualche ZACCHEper legare i cuffioni?

3o7
CAPITOLO XXIII. Cola palesa i motivi pe' quali ha dannato messere Moreale. Crea capitana di poplo Riccardo degli Annbldi signore di Monte Compatro , e nuevamente siringe Palestrina ed i Coloinesi.

Morto questo valente uomo, li romani ne stavano forte efferati. ( i ) Allora 1 Tribuno adun '1 poplo e disse: signori,.
non state turbati de la morte di questo uomo, che stato 'l peggiore del mondo. Ha derubato cittadi e castella, morti e, presi uomini e donne; due rhila femmine manda cattive; al presente era veryuto per turbare nostro stato e non rilevarlo; cercava di essere libero signore; esso voleva le grazie fare; voleva depopulare Campagna, Terra di Roma, e'l ressiduo d' Italia. Nostra briga (a,) bene conduceremo a buon fine con la grazia di Dio ; ma al presente faremo come fa 7 tfescatore .(%) del grano; la spula e le scorze vuqte manda al vento, le bacca (^) tutte si serva per se; cos noi averno dannato questo falso uomo, e la moneta
( i ) efferato infierito sdegnato, dal latino effe-

ratus.

( 2 ) briga per faccenda, negozio. ( i ) trescatore per maneggiatore - Morali di s.


Girolamo - leggiamo

laspaglia, ( 4 ) E scritto vacca. per bacca,

noi che trescando

spartendo

grani.

3o8 Per queste parole i romani furo alquanto acquietati. Frattanto una espressa lettera e comandamento venne dal legato, che messere Arimbaldo li fosse mandato sano, e cosi fu fatto; rimase suo frate messere Brettone ne le catene. De la moneta di fra Moreale ebbe l Tribuno gran parte, ( i ) tutta n o , perch messer Gianni di Castello n' ebbe la maggior parte. Allora li nobili di Roma si guardavano da esso , come da traditore, perch non servava fede a suo amico, Allora Cola di Rienzo pag li soldati espeditamente da piede da cavailo, quelli che rimanere volsero , li altri liberamente lasci tornare, Raccolse arcieri in grande quantitade, da trecento uomini da cavailo avea; fece capitano del poplo 'I savio e saputo guerriero Riccardo Imprendente de li Annibaldi signore di Monte de li Compatri; mise le masnade intorno a le terre di Palestrina; in Frasear! teneva masnada di fanti e di arcier i ; in Castiglione di santa Presseda mise masnada di fanti; in Tivoli teneva lo manescalco. Si riserv in Roma nel CampiJ

sua li cavalli riostra briga.

e le arme

teremo

per

fare

( I ) H denaro tolto al Monreale importava cent o mila fiorini. Hystor. Monaldeschi ed altri. Corthus. pag. 92.3. Annali

3og doglio per provvedere e pe vedefe che era da fare; grandi pensieri avea di procacciare moneta per soldati, ristretto si era a povera spesa, ogni deiiaro voleva per mehe; mai non fu veduto tale uomosolo esso portava l i pensieri d e r o m a n i ; pi vedeva esso stando in Campidoglio, che suoi officiali a le locora posti; semprebussava, (i) sempre scriveva a li officiali; da va '1 modo e 1' ordine di fare le cose e li fatti prestamente, di chiudere li passi donde si acevano le offese, e di prendere uomini e spie; mai non finava; ma suoi officiali stavano lenti e freddi, mai non facevano cose notabil, salvo '1 prode guerriero Riccardo, '1 quale non s' infingeva; notte e die face va predare Golonnesi, per tutta Campagna li persegutava, e non l lasciava coglier cielo; c o n s U m a v a Stefanello, Colonnesi, e Palestrinesi; la guerra meilava a buon fine; uomo mastro cjie sapeva li passi e le locora, conosceva li tempi, sapeasi f a r e a m a r e da soldad, ed era ubbidito di vogla. Diceano li Ongar i : mai loroso.

Disarmato voltava do: quel bestiame venga cea cosi veniva; a buon fine la guerra veniva.

non fu

veduto

tale

capitano si va* la m a n o dicenqua; c o m e ^1 d-

( i } Bussare in significato d '

ittsistere.

3io
OSSERVAZIONI STORICHE
Riccardo Imprendente degli Annibaldi &c.

La famiglia degli Annibaldi era antica ed illustre , ed i genealogisti secondo il loro costurne la facean discendere da Annibale. Un Giovanni Annibaldi fu perseguitato da Bonifacio v m per aver presa parte in favore d e ' Colonnesi. Paolo degli Annibaldi fu senatore ed amico del Petrarca, che gli fa molti elogi (i). Narra lo stesso Petrarca che n e l l ' anno 1-355 un figlio di questo Paolo nel fior degli a n n i , valoroso, e di grandi speranze fu ucciso in un combattimento , e che V ira d e ' nemici incrudeli pur anche s u l l ' e s a n i m e spglia d e l l ' e s t i n to , ed essendo il Padre testimonio di uno spettacol cotanto atroce cadde morto s u l l ' i s t a n t e , versando grande copia di lacrime. ( 2 ) Le circostanze dell' et, del tempo, e della condizione persuadono che questo Riccardo fosse q u e l l ' infelice valoroso giovane.
( 1 ) Paulus Annibaldensis unus ex romanis principibus , cui me familiarem virtus et humanitas fecerat... homo nobilissimus, et mea opinione fortissimus ac strenuus. Var. 1 7 . ( a ) Variar, eadem epstola.

3ii
CAP TOLO XXIV.

Relazione
5

della

morte di Cola di

Rienzo.

Ora vglio contare la morte del Tribuno. Avea l Tribuno fatta una gabella di vino e di altre cose, e psele nome sussidio; colse sei denari per soma di vino; coglievasi la molta moneta, e romani se lo comportavano per avere stato; anco strigneva ( i ) '1 sale per pi moneta avere ; anco strigneva sua vita e sua famiglia ne le spese; ogni cosa pensa per soldati. Repente piglia un cittadino di Roma nobile assai, persona sufficiente e saputa, nome avea Pandolfuccio di Guido, uomo virtuoso assai : desiderava la signoria del poplo, e si li tronc la testa senza misericordia e cagione alcuna, (a) de la quale morte tutta Roma fu turba ta. Stavano

( i ) Siringe re e strignere - Usar parcit , e vender conseguentemente a pi caro prezzo. Bocc. i n trod. non instringendosi nelle vivande.

( a ) Anche Matteo Villani scrive che questo Pandolfuccio d e ' Pandolfucci era un valente e savio uomo, antico c i t t a d i n o , e di grande autorit al cospetto del poplo, perlocch teniendo il Tribuno di lui solo, come quello che gli parea pi atto a poter muovere il poplo per la sua autorit e per la sua eloquenza, tirannescamente e senza colpa il fece d e c a p i t a r e , dal che ne venne la sua r u i na. - M. Villani lib. 4- p > a6.
ca

romani come pecorelle queti, non ardivano favellare, cosi temevano questa Tribuno come demonio. In loco consilii obtinebat omnem suam voluntatem nullo consi. liatore contradicente ipso ^ instanti ridens plangebaty et emittens lacrymas et suspiria ridebat, tanta ei inerat varietas et mobili3

3ia

tas voluntatis. Ora lacrima va, ora sgavazzava; ( i ) poi si dio a prendare la gente; prendeva questo e quello e rivendevali. Lo mormorito ( a ) quetamente per Roma suonava, perci a fortezza di s sold cinquanta pedoni romani per ciasche rione presti ad ogni stormo. Le paghe non li dava, prometteva ogni die, e tenevali in speranze ; prometteva abbondanza di grano e cose assai'. Novissime cass Riccardo da la capitana, e fece altri capitani; questa fu F ultima sua sconfittura. llra lasci Riccardo '1 predare e '1 sollecito guerreggiare, mormorandosi debitamente di si ingrato uomo. Era del mese di setiembre a di otto; stava Gola di Rienzo la dimane in suo letto, e aveasi lavata la faccia di greco. Sbitamente vengon voci gridando; viva

( i ) Sgavazzare
grezza l a t . sterper

e gavazzare,
letitia.

strepitare per aliesignificato di

( a ) Mormorito

per mrmorio, in

niormorazione.

'l poplo, viva 7 poplo: A queste voc la gente traeva per le strade di l e di qua, la voce ingrossava, la gente cresceva. Nel capo croce di mercato accapito gente armata, che veniva da santo Agnolo e da Rpa, e gente che veniva da Colonna e da Trejo; come si gunsero ( i ) insiemora, mutata voce, dissero : mora

3i3

Ora si fiocca la gioventude senza ragione; quelli proprio, che scritti avea in suo sussdio, (non furo tutti lirioni, salvo quelli li quali detti son) coi'sero al palazzo di Campidoglio, e aloro si aggunse l molto poplo; uomini, femmine, ztelli gettano pietre, fanno strepit e rumore, intorniano 1 palazzo da ogni lato, direto e
s

traditore

Cola

di

Rienzo

mora.

(a)

dinanti, dicendo: mora 7 traditore


la gabella, mora;-

fatta

terribile loro

che ha

( i ) GiunserO per congiunsero - Si vede G-IUNGER Je ginocchia al petto. D a n t e Purg. i o . ( 2 ) L a rivolta era stata predisposta per t r a m a d e ' Colonnesi e d e ' Savelli, i quali temeano forte, e procacciavano di farlo cacciare o morir. Sparta (scrive M. Villani l i b . 4- c a p . 2 6 . ) la infamia della morte di Pandolfo tra il poplo, fu pi leggiere a' Colonnesi ed a Luca Savelli veire alia loro intenzione, e con Heve movimento alquanti amici de' Colonnesi e Savelli della riva del <Tevere a loro stanza, cominciarono a levare il rumore contro il Tribuno, e corsono all' arme, e con l' aiuto de' Colonnesi e de' Savelli, e di certi' romani ojfesi per la
2,1

furore. A queste cose '1 Tribuno riparo non fece, non suon campana, non si guernio di gente; anco da prima diceva: essi
dicono viva 'Z poplo, e anco noi lo dicemo; noi per alzare 'l poplo, qui stiamo; miei scritti soldati son; la lettera del Papa de la mia confermazione venuta , non resta s non pubblicarla in consiglio. Quan-

3i4

do poi vide che l voce terminava a male, dubit forte, specialmente che esso fu abbandonato da ogni persona vivente che in Campidoglio stava; giudici, notari, fanti, e ogni persona avea procacciato di,campare la pelle; solo esso con tre persone rimase, fra le quali fu Lucciolo Pelliciaro suo prente. Quando vide '1 Tribuno pur '1 tumulto del poplo crescere, e videsi abbandonato enon provveduto, forte dubitava; domandava a li tre che era da fare, e volendo rimediare, fecesi voglia, ( i ) e disse: arm guernitamente di tutte arme a modo di cavaliere, la barbuta in testa, corrazze salde e gambiere, prese '1 confalone del poplo, e solo si afece ( a ) a li
morte di Pandolfo , dimenticando la franchigia del poplo;., corsono al Campidoglio, dicendo MUOJA. ( i ) Voglia in senso di animo, coraggio.

non

ir cosi per la fede

mia. Allora si

( a ) ffece , il verbo fare colla protesi delP a in vece di affacciarsi - Mi FMCZ ad una fenestra. Firenz. Asin. 2 8 4 .

balconi de la sala di sopra maggiore. Distender la mano , faceva sembiante che tacessino, che volea favellare; sine dubbio che, se lo avessero ascoltato, li averia rotri e mutati di opinione, e 1' opera era sbaragliata; ma l i romani non lo volevano udire, facevauo come porci, gettavano pietre , balestravano, e correvano con fuoco per arder le porte. Tante furo le balestrate e li veruti, che a li balconi non poto durare; uno veruto li colse la mallo; allora prese questo confalone-, stendea lo zendado, e da ammendue le mani mostrava le lettere di auro, e 1' armi de li citadini di Roma; quasi venisse a dicere:
parlare non mi lasciate , ecco che io son cittadino e popolare come voi, amo voi, e se uccidete me, uccidete voi che romani siete.

3i5

Non valse questi modi tenere; peggio fa la gente senza intelletto; mora lo traditore chiama. Non potendo pi sostenere, pens per altra via campare; dubitavasi di rimanere su ne la scala di sopra, perch anco stava prigione messere Brettone di Narba, a cui avea fatta tanta ingiuria; dubitava che non lo uccidessedi sua mano, conosceva e vedeva che rispondea al poplo. Pens partirsi da la sala di sopra, e dilungarsi da messere Brettone per cagione, come detto , di pi sicuritade. Allora ebbe tovaglie da tavola, e legossi in cinta, e fecesi discendere giuso ne lo

scoperto dinanti a la prigione. In quella prigione stavano tutti li prgionieri; essi vedeano tutto; tolse le chiavi e teneale a s , che de li prgionieri duhitava. Di sopra ne la sala rimase Locciolo Pellicciaro, '1 quale a quando a quando si faceva a li balconi, e facea atti con le man e con la bocea al poplo, e diceva : poi s voltava al Tribuno e confortavalo, e dicea che non dubitasse, poi tornava al poplo facendo li simili cenn: eccolo di retro, eccolo di retro; da val la via e P ordine. Locciolo lo uccise, Locciolo Pelliciaro confuse la liberta del poplo , il quale mai non trov capo, e solo per quelP uomo potea trovare libertade; solo Locciolo se lo avesse confrtate, di fermo non moriva, che fu arsa la sala, lo ponte de la scala cadde a poco di ora, e ad esso non potea alcuno venire; lo die cresceva, li rioni de la Reola e li altri forano venuti, lo poplo cresciuto, le volontadi muate per la diversitade, ogni uomo fora trnate a casa, owero grande battagla stata fora; ma Locciolo li tolse la speranza, e lo Tribuno disperato si mise a pericolo de la fortuna. Stando a lo scoperto '1 Tribuno dinanti a la cancellar i a , ora si traeva la barbuta, ora se la metteva; questo era che ebbe davvero due opinioni; la prima opinione sua era di voeccolo che viene giuso di retro al palazzo;

3i6

ler morir ad onore, armato colP arme e con la spada in mano, fra 'i poplo a modo di persona magnifica e d' imperio, e ci dimostrava, qnando si metteva la barbuta e teneasi armato; la seconda opinione fu di voler campare la persona e non morir, e questo dimostrava quando si cavava la barbuta; queste due volontadi eombattevano ne la mente sua; vinse la volontade di voler campare e vivere; uomo era come tutti li altri e temeva del morir. Poi che deliber pe meglio di voler vivere per qualunque via potea, cerc e trov '1 modo vituperoso e di poco animo, Gi li romani avevano gettato fuoco ne la prima porta, legna, oglio, e pece; la porta ardeva, e l solaio de la loggia fiammava, ( i ) la seconda porta ardeva, e cascava '1 solaio e 1 legname a pezzo a pezzo; orribile era lo strillare. Pens '1 Tribuno divisato passare per que! fuoco, e misticarsi con li altri, e campare; questa fu sua opinione, altra va non trovava. Dunque si spogli le insegne di barona, P arme pose giuso in t u t t o ; dolore a
s 5

3i

( i ) Leggesi fiarava: questa parola non ha alcun senso; dovea quindi esser stato scritto fiammava, oppure forse fiagrava dal lat. flagrare, abbrucciare.

3i8 ricordarsene! forficciossi ( i ) la barba, e tinsesi l a faccia di tinta era. Era l dappresso una casaluccia, dove dorma '1 portinaro; entrato l , tolse un vecchio tabarro di vile panno fatto ai modo pastoT a l e campanillo, quel vile tabarro vestio , poi si mise in* capo una coltre ( a ) da letto, e cosi divisato ne viene giuso. Passa la porta che fiammava, passa le scale e M terrore del solaro che cascava, passa la nfima porta liberamente , fuoco nol tocca, e misticossi con li altri. Deformato deformava la favella parla va cara panino e dicea : suso suso - a gliu traditore. Se le ultime scale passava, era campato, che la gente avea P animo suso al palazzo. Passata 1'ultima porta, uno se li afece dinanti, e si lo rafigur, e dioli di mano, e disse: non gire, dove vai tu? Levolli quelio piumaecio di capo, e massimamente che esso appariva a lo spiendore che davan li braccialetti , che erano inaurati, e non parea opera di ribaldo. ( 3 ) Allor, come fu scoperto,
3

( i ) Forficciare

o forbicciare, tagliare con forbici

dal latino forfex. ( 2 ) Coltre , coperta o panno da l e t t o . ( 3 ) Ribaldo povero, meschino - Cvale, caed,
cor. - Per questo... alcuna volta poveri uomini ed innocenti, avendo perduto le lor ca$e, son costrelti andar RIBALDI per lo mondo.

porsesi '1 Tribuno, e manifestamente mostra che esso era; non potea dar pi la volta, nullo rimedio era, se non di stare a la misericordia e al volere altrui. Preso per le braccia, liberamente fu addotto per tutte le scale senza offesa fin al loco del lione, dove li altri la sentenza odono. Dove esso sentenziato li altri avea, l fu addotto, e fatto fu uno silenzio; nullo uomo era ardito di toccarlo; l stette per meno di un ora, la barba tonduta, '1 volto ero come fornaro , in giupparello di seta verde, scinto, con li musacchini ( i ) inaurati, con le calze di blata ( a ) a modo di barone, e le braccia teneva piegate. In questo silenzio mosse la faccia, e guard di l e di qu; allora Ceceo del Vecchio impugn mano ad uno stocco, e dioli nel ventre; questo fu '1 primo; irnmediate po' esso secondo ( 3 ) '1 venire di

278 - poiche
e

( i ) Musacchino - parte di- armatura - Filoc. 2.


ebbe rmate le braccia di belli bracciali
MUSACCHINI.

( 2 ) Calza di blata cio calze di porpora a m o do degli antichi baroni. E scritto blada invece di blata dal latino blata e blatta, che significa porpora; laonde nel Sidonio lib. 9. leggesi rutilas Matas le rosseggianti porpore , e blatteus color pe color di porpora , blatteas tnicas &c. ( 3 ) secondare per esser secondo - Vedi Proposta Tom. 3 , pag. 280,

3ao Treio notaro, e dioli la spada in capo; allora 1' u n o , F a l t r o , e li altri lo per-. cuotono, chi li da, chi li promettej nullo motto faeea, a l prima morio, e pena non sentio. ( i ) Venne uno con fue, annodolli tutti due li piedi, dirolo in

( i ) II Petrarca, narrando 1' infelice morte del


T r i b u n o , scrive gladiis hostium non occisus sed disceptus ,'puto Avenionis carcerem suspiravit. (Ediz.

Basil. pag. 74-) lo opino con De Sade che essendo morto al primo colpo, non avesse alcun pensiero del carcere di Avignone De Sade T o m . 3, pag. 37-5. Matteo Villani racconta in modo conforme, sebbene pi brevemente, la miserabi] fine del Rienzi. II Tribuno sproveduto di questo sbito e n o n pensato furore del poplo, francamente si p r o vidde, come necessit P ammaestrava, e di p r e sent si armo, e prese il gonfalone del poplo, ,, e con esso in mano si fece alie finestre ; t r a t ,, tolo fuori, cominci a gridare ad alte voci: vi va il poplo , pensando che '1 poplo dovesse trarre al sno aiuto; ma trovossi ingannato, che '1 poplo il saettava, e gridava la sua morte, A,, vendo egli sostenuto con parole e con difesa ,, P assalto infino a vespro, e vedendo il poplo pi acerbo e pi infuocato contro a se da sezzo ,, che da prima , e che soccorso da niuna parte , aspettava , pens di campare per ingegno, ,, e tramutato 1' abito suo in abito da ribaldo , fece aprire le porte del palagio alia sua fa,, rniglia al poplo , perch intendesse a ruba,, r e , come solea essere loro usanza , e mostra tosi nella ruberia come u n o di loro, avea preso
}

trra, strascinavanlo, e cosi lo passavano come fosse crivello; ogniuno se ne giocava, ed a la perdonanza li parea destare; per questa via fu strascinato fin a santo Marcello , la fu sbito appeso per li piedi ad un menianello; ( i ) capo non avea, erano rimase le ciocche per via donde e*

3ai

un fascio di u n a materassa con altri panni del l e t t o , e scendendo la prima e la seconda scala seniza essere conosciuto, diceva agli a l t r i : su a
}

,, mo di scampare la morte, quando u n o , cui egli avea offeso, cosi col fascio in eolio '1 couobbe, , e gridando: questi e il Tribuno, il fedi, e Y uno dopo 1' a l t r o , trattolo fuori delP uscio del pa,, lazzo, t u t t i lo stamparono co'ferri, e tagliaronli ,, le mani, e sventraronlo, e misongli un capestro ,, in eolio , e tranaronlo in fino a casa i Colon nesi, E fatto ivi un paio di forebe v ' appicca roo lo sventurato corpo, ove pi gio m i i.I ten,, ero appeso senza sepoltura, E questa fu la fine del T r i b u n o , dal quale '1 poplo romano spe,, rava poter riprendere sua liberta. La sostanza della narrazione si conforma a quella del nostro storico, il quale pero nelle minute circostanze del fatto merita maggior fede , come quello che fu spettatore del tristissimo avvenimento. ( i ) Menianello diminutivo del latino menianum, poggiuolo. Questa voce ebbe origine dal fatto di certo Menio buffone, il quale, vendendo ai consoli Catone e Flacco la propria casa per costruirvi una baslica , si riserb il diritto sopra una sola eo-*
}

, rubare , che vi ha roba assai.

Era quasi al

som-

ra traseinato; tante ferite avea, che parea crivello, non era loco senza ferita; le massa ( i ) di fuore grasse, grasso era orribilmente, e bianco come latte insanguinato; tanta era la sua grassezza, che parea smisurato bfalo, ovvero vacca da macello. L pendo di due e notte una, e li zitelli li gettavano pietre; al terzo die di comandamento di Giugurta e di Sciaretta de la Colonna fu trascinato al campo dell' Austa; (a ) l si adunarono tutti li giudei jn grande moltitudine ; l fu fatto un fuoco di cardi secchi, e in quel fuoco di cardi fu messo; era grasso, e per sua grassezza ardeva volontier i ; stavano li giudei fortemente affaccendati, affarosi ed afolti, attizzavano li cardi perch ardessino; cosi quel corpo fu arso, fu ridtto in polvere, e non

3aa

lonna , nella quale plant una trave, e form un piccolo poggiuolo, da cui egli ed i suoi discendenti poteseero vedere le lotte d e ' gladiatori. Sveton. in ( i ) massa per tutto i l complessa delle inte-? yiora. ( a ) Austa sincope di Augusta. In questo camrpo eravi una antica fortezza de'Colonnesi, d e t t a l' agosta o l' augusta perch diceasi fatta fabhrjcare da Cesare Augusto , e che fu distrutta d a ' r o m a n i 1 'anng 1 1 6 7 , - ' G, Villini lib. 5. cap. 1
} }

Caligul.

3a3 ne rimase cica..Questa fine ebbe Cola di Rienzo, '1 quale si fece Tribuno augusto di Roma, e'l quale volse essere campione de' romani. In camera sua fu trovato uno speccbio di aceiaro molto pulito con caratteri e figure assai, e in quel] o specchio costringeva lo spirito di Fiorone; ( i ) anco li furo trovati pugillari, ( a ) dove scritti romani avea, e la col ta che voleva metiere. Al primo ordine cento p e r sone da cinquecento fiorini, al secondo ordine cento persone da quattro cento fiorini, al terzo da cento fiorini, al quarto da cinquanta fiorini, al quinto da dieci fiorini. Quando questo uomo fu cciso correvano anni domini MCCCLIIII a li otto di setiembre ( 3) in ora de la terza.

( i ) Ecco altra voce da aggiungersi alia nomenclatura diablica di Dante , pi gentile assai dei ficane &c. Se questo non il vocabolo Farfarone guasto e contrafatto, non saprei quale etimologa o spiegazione applicarvi; laonde da ritenersi che fosse un modo proverbiale del poplo per indicare lo spirito maligno, nel modo stesso che ora dicesi
spirito folletto, farfarello, e simili. Barbarcela, Malacoda, Libicocco, Calcabrina, Graf-

( 2 ) pugillari dal latino pugillares, che erano antiche tavolette cerate, in cui gli antichi soleano scrivere. V e r a n o anche i pugillari detti membranei, perch fatti da membrane. ( 3 ) II nostro storico pone 1' uccisione del Tribuno nel giorno 8 di setiembre del i354, < ? Matteo Villani nel di 8 del mese di ottobre dello stesso

Non solamente questo fu morto in furar di poplo, ma tutta sua foresteria fu derubata di tutto arnese; perdo cavalli ed arme, e furo lasciati ignudi si quelli che si trovaro a Roma, si quelli che stavano di fuori per le fortezze a guerreggiare.
anno. Gonvenendo ambidue gli storici nel giorno medesimo, forza il dir che in q u a n t o alia i n dicazione del mese sia corso sbaglio di copisti. Inclino a ritenere col Villani che questa morte seguisse nel giorno 8 di ottobre. Le operazioni fatte dal Rienzi dal primo agosto in poi, e nrrate dal nostro scrittore, richiedevano un tempo maggiore, e per questa ragione manifest lo sbaglio. Aggiungi che le parole poste ir bocea al Rienzi sul1' incominciare del t u m u l t o mostrano che fosse a l u i gi pervenuto il breve del Papa di sua conferma, ed avendo qtiesto la data del 9 settembre, di necessit convenire eolio storico Villani e crreggere 1' errore.

3a4

3s5
CAPITOLO X X V .

Digression

dello

Scrittore

di questa

vita

Vogliomi stendere sopra questa materia. Franceschi ( i ) entraro in Roma, e assediaro Tarpeia al monte di Campidoglio. Per la paura romani si erano ridotti l; poiche viddero che in Tarpeia non era sufficienza di fodero, deliberaro di mandare fuori li veterani come persone inutili, per avere pi fodero e per salvare la gioventude. Cosi fu; li veterani nanti che gissero fuori di Tarpeia furo in consiglio, e dissero cosi: noi giamo a le case
nostre , fra li franceschi per carnario (2) morti saremo senza dubbiomeglio che moriamo in abito di virtude che di miseria, ognuno si vesta le ornamenta sue; cos fu: li veterani ne giro a le case; cia-

sche persona di essi si addobb di quelle ornamenta, le quali avevano avuto ne le onoranze de li offci. Tale si vestio a modo di pontefice, tale a modo di sena-

cosi anche nel Villani, l i b . J , cap. 3g, ed altri ant i c h i - Vedasi Perticari nella Proposta tom. 2 , part. 1 , pag. i 3 8 .
( 2 ) carnario e carnaggio per strage, quindi far
attendevano

( 1 ) Francesco

per francese ca francus

francicus,

a far carne - Davanzati stor. 3. 3. 2 7 .

carne

equivale a far strage - / soldati

tore, e chi di prefetto, e tale a modo di consol. Allocaronsi ne li faldistori, ( i ) adornati con le bacchette in mano adorne di pietre preziose e di auro; fra li altri uno avea nome Papirio; forte adorno stava dinanti a la sua casa cum praetexta et trabea indutus. La dimane li franceschi si meravigliavano di tale novitade; corsero a vedere come cosa nuova. Uno francesco mise la mano a la barba di queste Papirio e disse: ahi vegliardo ! allora Papirio si disdegu perch '1 francesco non li parl con riverenza, come 1' abito suo mostrava, distese la bacchetta , e f e r i o f r a n c e s c o nel capo, e non temo di morir per salvare 1' onoranza de la maestade sua. Lo buono romano non volse morir con la coltre in cap , come Cola di Rienzo morio.
}

3a6

( i ) Leggesi falcistori. S u l l a etimologa d e l l a parola faldistorio non son concordi l e opinioni. A l cuni la d e i i v a i o n o dalla voce sassone fald, sedia con bracciali, alcuni la spiegarono sellaplicatilis dal Germnico falden piegare , altri in fine i n t e r p r e taron o fandi - slorium , cio locus fandi vel perorandi. O a eoA dicesi q u e l l a sedia portatile c h e usano i prelati.

SOMMARIO

CRONOLGICO

Sao,
SOMMARIO CRONOLGICO
DE' FATTI CHE KISGUARDANO LA VITA

DI COLA DI RIENZO Osserv 1* esudito atore della vita del Petrarca (i) che, qualora imprendesi a gcrivere i fatti degli uomini illustri, necessrio 1' aiuto della Cronologa perch senza di questa l e mniense fatiche de' biografi nuil' altro divengno che informe ammasso di notizie, che, invece di spander luce nella istoria de' tempi, arrecano tenebre e confusione. E se questo soccorso si conosce indispensabile nell' esporre la vita di qualunque famoso personaggio, molto pi parmi che lo sia in questa del celebre COLA DI R IENZO , in cui s' incontrano frequenti ostacoli ed oscufitL M son qundi accinto, a stabiire con precisone la cronologa de' fatti, che riferiscono all storia di questo uomo, pe doppio scopo, e di togliere gni dubbiezza, e di addimostrare insieme, che gli avvenimenti narrati dal nostro icrittore corrispondono esattamente con quelli esposti dagli storici contemporanei, che saranno da me a suo luogo indicati. (a)

(i) 11 Cante BaldelTi Mella citata opera, p a g . a 8 3 . (a) Nulla interessando al nostro scopo Ja storia dell' antecedente privata ed oscura vita del Rienzi, le indicazioni cronologiche cominciano dalla di lui ambasciata a Papa Clemente v i ,
22.

33o
AVVENIJSIENTI GIUSTIFICAZlOin

1344.

Va in Avignone ambasciator a Papa Clemente vi da parte de' capi di ciascun rione di Roma, e la sua eloquenza pate al Pontefice ; declama contro i baroni e potenti di Roma , quindi per opera del cardinle Giovanni Colonna viene in disgrazia del Papa ; lo stesso cardinle gli procaccia di nuovo il favore del Pontefice.

LIBRO I , CAPITOLO

di

questa istoria. Giovanni Villani, librla, capitolo 90, edizione milanese. Vedas! in fine il corametito sulla canzone spirto gentil del Petrarca , dove son esposte le ragioni per attribuire a quest' anno un tale avvenimento.

E fatto notaro della Camera di Roma. i 3 4 4 > 3 4 5 Ritornato a Roma,eseri346. cita suo ufficio onoratamente; declama contro la tirannia de' baroni e de'potenti, e dispone gli animi al buono stato della citt. Viene eletto dal popi347- . 20 maggio lo Tribuno di Roma con grande antorit ; riordina la citt con buone leggi; eseroita severa giustizia e fuggono i malfattori; i baroni e potenti di Roma son presi da grande spavento.
1 3

Detto In aprile

Regest. Clementis vi, tom. 1 9 , fol. 4 3 a

Dal

CAPITOLO

a.

al

4-

di

questa istoria.

Dal

CAPITOLO

al

9,

della stessa istoria. Giovanni Villani, libro la, cap. go. Cronaca senese nel Muratori, tom. x v , pag. 1 1 8 . Historia Corthusiorum, libr. 9, cap. 1 2 . - Ne) Muratori, tom. xii. Ghronicon estnse. - Ivi tom. x v , pag. 4 3 7 -

Epstola del Tribuno Scrive lettera al Pon1347. a Papa Clemente vi, presIn giugno, tefice, il quale sanziona so Hocsemio, pag. 5oo. la sua nomina. e laglio Epistole secrete di Clemente vi, tom. vi, epist.
4 6
9

1 * La epstola del Tribuno al Pontefice troasi anche nella biblioteca rea di Torino colla differenza, che quella riportata dall' Hocsemio ha la data del 7 Luglio , e quella di Torino ha la data dell' 8 detto 1 3 4 7 .

33
AVVBNtM~ENTI GIUSTIFICAZIONI

Lettera del Tribuno ai Scrive a - molte citt e principi d' Italia, par- Viterbesi, lettere ed oraticipando loro il nuovo zione ai Fiorentini, nelle prose antiche raccolte ordinamento di Roma. dal Doni - Fiorenza i547, pag. 3 6 . Epstola ortatoria nelPetrarca dirige ad esso ed al poplo romano le opere del Petrarca , una epstola ortatoria , ediz. di Basilea, pag. S3S. Risposta del Tribuno cui il Tribuno d conin data 3 8 luglio 1347, veniente risposta. nella biblioteca reaie di Torino, N. 784, riportata dal De Sade, pieces j u stificativ. N . xxx.
Dal C A P I T O L O 10 al aS Sottopone ad obbedienza i baroni; ordina le mi di questa storia. G. Villani, libro e calizie ; muove guerra a PreB-tto di Vico tiranno pitolo citato Cronaca senese, luogo di Viterbo, e lo costringe a sottomettersi; rice- citato. ve onorevoli lettere ed ambasciate; si agita al suo cospetto la famosa causa dell' infelice morte di Andrea re di Napoli.

i.

i34 .
7

agosto

Prende l'ordine di cavalleria con molta solennit; sostiene le ragiorii del poplo romano sulla elezione dell' imperatore, e cita per tale cagione gl'imperatori eletti Lodovico di Baviera e CariodiBoeniia^e gliElettori;* si fanno conviti e feste; si pubblicano vrsi e canzoni in sua ode. **

CAPITOLO

26

37

di

44o.

questa storia. G. Villani, luogo citato. Historia Corthusiorum, libr. 9, cap. ia. Chronicon estense, pag. Alberti Argentani, Chronicon, pag. iqa. Atto di citazione agli Imperatori ed Elettori riportato in quest' opera alia osservazione storica in fine del cap. x x v i .
1

Veilasi la nota al cap. xxvi sullafyretesa citazione al Papa. Vedasi in fine il commeato sulla canzune spirto gentil del Petrarca.

33*
AJTN1 AVVKJliaSNTl GISTISICAZIOI

1 3 4 7 .

3 agosto

Consegna diversi stendardi agli ambasciatori di Perugia, di Siena e di altre Citt d' Italia in segno di alleanza.

Lettere mndate in ta le occasione alie citt d'Italia, riferite da Giovanni Bazzno,Chfnicon Mutin, nel Muraf ori,tom. xv, pag. 6og. Lettere del Petrarca al Tribuno, riportate dal De Sade-pieces - N . xxx e xxxii,

l5

Detto agosto

Hocsemio, tonl. a, pag. Si fa coronare in san Giovanni di Laterano 5o5. con diverse corone ad Fomp. Pellini, storia di imitazione degli antichi Perugia, pag. 879. Historia Corthusiorum alia presenza di molti ambasciatori delle citt pag. 9a3. Chronicon estense, pag. d' Italia.
y

Cronaca Senesr, p. 118*. II nostro Storico ed i l Villani tacciono quet' avvenimenta, che non pero da porsi in dubbio.
C A P I T U L O ay di questa Detto Molte accuse son pr, Jn agosto e tate al Papa contro il storia. Lettera del Tribuno a Tribuno, delle quali cersetiembre ca giustificarsi. Rinaldo degli Orsini cappellano/del Papa, riportata dali' Hocsemio, tom. a, cap. 35.

44a.

Lettera del Petrarca al Un suo corriere preso e percosso presso Avi- Tribuno. Epist. a s i n e titulo. gnone. Altra. Epist. 3 sine t i ' Nuovsr esortazioni del tulo. Petrarca al Tribuno. iS
tre

Dettosettem-

Avenido" i baroni conCAMOLO a8 e ag di giurato contro il Tribu- questa storia. no, questi li enlama sotCronaca di Bologna,nel to aicuni pretesti, li fa Muratori,tom. xviil, pag imprigionare , e dispone 4o6. perch sia loro tagliata la testa; rotto peij nella sua opinione da aicuni
1

333
ArVBNIMMNTl GISTIFICAZIONI

cittadini, li libera, e di Lettera del Tribuno a stribuisce ad essi alcune Rinaldo Orsini di sopra dignit. I baroni appena indicata. liberati si ritirano nelle loro fortezze e si preparano a combattere il Tribuno, II Papa serive a Pietro Breve di Clemente v i di Pino vice-rettore de' del ao setiembre i 3 4 7 , Patrimonio sugli atten- riportato dal Rainaldi,antati di R i e n z i , il quale no 3 4 7 , N . a. muove contro gli Orsini ed i Colonnesi, Altra lettera del PonRiportsta dal Rainaldi, tefice al cardinale Ber- ann. 1 3 4 7 , N . 1 6 . trando di Deucio contro il Rienzi,
i

11 legato Bertrando CAPITOLO 3I giunge a Roma; cbiama sent storia. il Tribuno, che gli si presenta vestito dell' antica dalmtica imprtale, e gli risponde con arroganjza.

della pre-

I Colonnesi muovono C A P I T O L O 3a, 3 3 , 3 4 , 3 5 , verso Roma e son rotti. e 3 6 . Stefano Colonna e sn<o G. V i l l a n i , libr. l a , figlio Giovanni, Pietro cap. 1 0 S . di Agabito Colonna e GioHocsemio, tom. a,c. 35. vanni suo fratello con Historia Corthus. loe. due bastardi di casa Co- citato. lonna vi rimangono u c Pellini storia di Perucisi. Il Tribuno non sa gia, pag. 8 8 0 . prevalersi della vittoria. ' Lettera di Rienzi a Rinaldo degli Orsini cappellano del Papa in data ao novembre i347, riportata dall' Hocsemio sud,

334
AVVENIMENTI GIUSTIFICAZ10N1

Fa cavaliere suo figlio i34 . a i novem- Lorenzo riel luogo della vittoria, e il bagna col bre. sangue dell' ucciso Stefano ; barbara e ridicola ceremonia che gli procaccia 1' odio delle milizie e del poplo romano.
7

CAPITOLO

3J.

G. Villani,luogo citato. Manoscritto vaticano presso Bzovio, anh. i 3 4 7 . II Villani assegna a qnesta stolta ceremonia il giorno a4 novembre: si A qui seguito il nostro storico sull' appoggio anche del mss. vaticano.

Lettera a Lelio, fra le II Petrarca si duole Detto aa novem- per le cattive novelle a- familiari, epist. 5 , libr. 7 . vute sulla condotta del bre. Tribuno. Lettera al Tribuno. FaLo stesso scrive letteDetto a6 detto. ra di rimprovero al Tri- miliar, epist. 7, libr. 7 / buno. Detto 3 decembre. Breve di Clemente vi II Pontefice manda al poplo romano un breve presso Rainaldi , ann . 1 3 4 7 N. 1 7 . contro Rienzi.
C A P I T O L O 3? di questa 11 Cardinale Bertrando si unisce ai baroni ad storia. oggetto di perderlo, e lo scomunica. CAPITOLO 38. Si muove contro il TriDetto Gio. Villani, libr. i a iS decem,' buno il cont Paladino di Altamura per opera cap. i o 5 . bre del cardinale. Abbandonato dal poplo il Tribuno si rinchiude in castello di s. Angelo. Historia Corthusiorum, Parte secretamente per i348. In gennajo Napoli; accolto con fu- libr. g, cap. 1 a . Rebdorf. apud Baluvore da Luigi re di n gheria, col quale dicesi tium, in nota pag. 886. iacesse secreto trattato. Lettera di Clemente al Papa Clemente chiede Detto 1 maggio col inezzo del cardinale cardinale Bertrando di Bertrando al re di Un- Deucio, presso il Rainalgheri la consegna del di, ann. i348, N . 1 0 . Tribuno. II re lo consiglia a partirsene.
/

335
ArVENIMENTI
GIUSTIFICAZIONI

Si rivolge al duca WerBreve del Pontefice al ner sunzu effetto ; man- cardinale Annibaldo di tiene secrete relazioni co' Ceccano in data ai n o suoi partigiani in Roma. vembre 1348 , presso il smid. Rainaldi , ann.
i348 N. i3.

Si ritira fra gli eremiCAPITULO 1 7 , libr. a ti di Monte Maiella, ove di questa storia. Historia Gorthusiorum, passa quasi tutto 1' anno i34g. libr. 9, cap. la. Recasi pe giubileo a Roma, e protetto da'suoi partigiani si rende temuto e da briga al cardinale di Ceccano legato del Papa, da cui nuevamente scomunicato. Va pubblicamente i n contro al re di Ungheria, che si reca a Roma'pe giubileo. Breve di Clemente v i , in data 8 giugno i35o , al cardinale di Ceccano, presso Rainaldi,ann .i35o, N. i 8 , t o m . 9, epist. secr.
a6.

Bonfinius de rebus ungaricis, libr. a, dec. 10.

C A P I T O L O ia, libr. di Va in Praga, presentasi all'imperatore Cario questa storia. di Boemia , ed a lui si Polistore, nel Muratoaffida. L' imperatore lo ri, tom. x x i v , pag. 8 1 9 . fa custodire con riguarChron. estense, p. 4 6 0 . do.

Epistola di Clemente II Papa chiede a Cario che gli sia consegnato il v i all' imperatore Cario in data 1 7 agosto i3So , Tribuno. presso il Rainaldi anno sudd. N. a i . detenuto in Praga ; scrive al cardinale Guido di Boulogne per chiedere il suo favore. L'imperatore esita a darlo in potere del Papa ; finalmente lo stesso Tribuno vi acconsente O mostra di acconsentirvi.
CAJITOLO I 3 , libr. a , di questa storia. Epistola del Tribuno al cardinale Guido di Boulogne fra le opere del Petrarca, ediz. di Basilea, tom. a, pag. n a 3 .

336
ArrswinEjsrT GIU8TIFICZ10NI

In

i35a. luglio

C A P I T U L O I 3 , libr. a. condotto in AvignoLettera del Petrarca ne, imprigionato e sottoa Luglio i35a. Familiar, posto a processo. epist, 6 , mss. real,

Epistola del med. al Petrarca ecrive al Poplo romano jn sua di- poplo romano. Sine titulo, epist. 4; pag- 7 1 a . fesa, Detto 6 decembre
CAPITOLO Muore Clemente vi, ed suddetto. eletto Innocenzo vi. II Tribuno custodito nel carcere con ogni riguardo.

4 e i 3 , libro

i353. luglio

C A P I T O L O 1 6 , libr. sud. Papa Innocenzo nomiMatteo Villani, libr. 3 , na il cardinale Egidio Albornozzo suo legato in cap. 8 5 . Epistola d' Innocenzo Italia. Assolve Gola di Rienzo e lo elegge sena- v i ad Ugo di Arpaion' suo internunzio in Roma tore di Roma. presso Rainaldi , ann . i 3 5 3 , N . i v , e tom. 1 , delle epistole secr. d' InnocenzV v i , JT. 1 8 8 . .

Jn

Detto Cola parte col legato agosto da Avignone. Detto Giunge col rnedesimo In ottobre a Monte Fiascone,

\ CAPITOLO

e libr. sud.

In

Detto Matteo Villani, libr. 3 , I romani, ucciso il Banovemb. roncelli che rasi usur- cap. 9. C A P I T O L O I4, libr. a , pato il goyerno di Roma , si sottomettono al di questa storia. legato, II Tribuno milita col rnedesimo contro il Prefetto di Vico per ricuperare il Patrimonio. 1354. C A P I T O L O e libr. sud. Trovasi alia presa di In marzo Toscanella seguita in Matteo Villani, libr. 3 , cap. 1 1 9 . questo mese. Detto C A P I T O L O e libro pred, Milita col cardinale alIn maggio 1' assedio di Viterbo; i roM. Villani, libr.4 c. mani vengono in aiuto del legato ed invitarlo

9.

337
ANNI AvVEKIMXNTI GIUSTIFIC AZ10 NI

Cola ariprendere jl reggimento della citt di Roma. L' Albornozzo ricusa dar ad esso sussidio alcuno per questo oggetto.

Jn

r3S4.

1 1 Prefetto di Vico si C A P I T O L O I 5 e 1 6 , libr. giugno sottomette, ed preso Vi- suddetto. terbo. Rienzi va in PeM. Villani, libr. 4, c o . rugia ; trova denaro dai Pomp. Pellini storia fratelli di Monreale; as- di Perugia,part. i, libr. j . solda le milizie licenziate dal Malatesta, e col consentiraento del, legato va senatore a Roma. Fa solenne ingresso in Roma ed assume la dignit di senatore; intima obbedienza ai baroni, muove guerra a Stefanello Colonna, ed assedia Palestrina. Fa tagliare la testa a Monreale, e seguita a far guerra contro il Colonnese.
Dal CAPITOLO 17

Detto X agosto

al

ai.

M. Villanijlibr. 4 c . a 3 ,

Detto ag detto

CAPITOLO

aa

a3.

M. Villani, luogo citato.

Detto 3o detto

Epistola d' Innocenzo Papa Innocenzo gli scrive lettera, e lo esorta a v i a Cola di R i e n z o , presso il Rainaldi ann. govemare rettamente.

i354, pag. 5g3,

Detto
9 settem-

re.

Breve del med. PonteLo conferma senatore fice presso lo stesso Raicon pubblico breve. naldi, anno sud. N . i v , e tm. a, epist. secr. 8 7 .

338
AVVENIMENT1 G1USTIFICAZI0NI

CAPITOLO 3 4 , libro Fa tagliar la testa a Pandolfo di Guido citta- predetto. M. Villani, libr. I \ , c. a6. dino di grande autorit presso il poplo ; irrita i romani; ed i Colonnesi e Savelli procacciano la sua perdita

E ueciso a furor di p o plo,

C A P I T O L O suddetto. M. Villani, luogo citato. - HistoriaGorthusiorum, libr. 9, cap. i a .

* Si osservi la nota al predetto capitolo s4 di questa storia. Sulla eia del Tribuno nulla si ha di positivo. SICCOME nell' epstola al cardinle Guido di Boulogne (luogo citato) tenta egli d'iscusar la sua impresa, attribuendola ad ardore di giovinezza > cos pub desumersi che fosse AACORA in et giovanile , perch dalV impresa stessa alia di lui morte non trascorsero che sette anni. Altrettanto addimostra la descrizione che ne fa lo storico nostro al capitolo primo, ed altrettonto Vantico ritratto nel Museo Barberino; quello appunto posto in fronte a que,ft' opera , ridotto peraltro a migliori lineamenfi.

OSSERVAZIONI
SULLA
PRONUNZIA

34i
OSSERVAZIONI
SULLA

PRONUNZIA

La pronunzia dell lettere dipendendo, come ognuno Conosce, dal maggiof minore movimnto dgli organi inservienti all parola, e dal vario modo di Comprimere e dirigere Y a ria con ssij ne consegue che dalla diversa attitiidine degli organi stess variar deve necesariamente anche la pronunza. 1 popoli meridionali, fornit generalmente d organi pi attiv e pronti ai moyimentij son per natura iclinati a pronunzia pi aperta, pi spedita e fluida, al contrario dgli sttentrionali, i cui muScolij resi pi O mend rigidi e dfficili al motd , son costretti a pronunzia pi dura, pi tronca e guttrale. (i) L' Alfieri, scherzando sulla pafola capitano, ne ha fatta in un breve epigrmma l dimostrazione: ptii iii hocca di abitatori di clima diverso una stss voce latina^ e ne udirai differenza tale da non intendersi talora il signifcate. E qusta diversita, prodotta dal clima e dalla topogrfica posizione de' popoli, sussiste ancora in uomini di una stessa nazione e di una stessa favella, e la nostra Italia ne somministra, forse pi di qualunque altra, una pro va. E da osservar3 inoltre che questa differenza deve essere pi or tahile ne'primordii,della formazione di una linguaj perch, mancando allora leggi certe e de(i) Leggasi quanto sulle lingue oriental! ha scritto il Perticari. Apologa ec. pag. 179 e 180,

34a
termnate per dar regle di uniforme pronuncizione^ la lingua ia balia di quella, cui pi inclina, 1' autore, o per fsica attitudine o per circostanze particolari, la quale licenza per la stessa ragione rendesi comune e al discorso ed alia scrittura; perci negli esordii della lingua latina ed italiana vediamo essersi variata la scrittura secondo la particolare pronunzia degli scrittori, e scambiar di frequente, secondo 1' inclinazione di quelli, F una lettera per 1' altra, siccome in seguito pi particolarmente si fara manifest. La vita di GOLA DI RIENZO sent appunto di quella armoniosa e fluida pronuncia meridionale, ed inclina pi di ogni altra scrittura di que' tempi a desinenze rotonde, sonore e sdrucciole, che furono pero sate, seKbene pi parcamente, anche dagli autori toscani; ma in fondo la sostanza della lingua eguale e conforme a quella de' primi che crearono 1' itlico idioma; arroge una maggiore dipendenza dalla latina favella, di cui in Roma, piucch in altro luogo, manteeasi la memoria. Queste differenze pero e cambiamenti di lettere o sillabe, derivati da ispecial modo di pronunciare dello scrittore, credo poter ridurre alie regle generali della itlica ortografa, senza far oltraggio alia veneranda anichita, e senza meritarmi accusa di temerario. Mi credo bensi in dovere di rendere ragione di tali cambiamenti, notando in particolare la pronunzia di ciascuna lettera, come in appresso.
LETTERA A.

Trovasi talvolta posta invece dell' e , v. gr. abbe per ebbe, cha per che ec. Altre volte posta per i, v. gr. doa, noa, voa per doi, noi, voi ec. Tali cambiamenti furono usati anche dagli

343
altri antichi scrttor; per esempio sama
za; mia e sua per miei, suoi ec. (i)

per sen*,

Ao

dannao, invece dell' o stretto accentato, per una pi sonora pronunzia, e forse a maggior somiglianza delle aperte voci latine cogitavit, congregvit , damnavit ec.

dittongo per o, cio pensao,

congregao

Au

venzale aucire ca, (a)

dittongo per u nel verbo ucidere


B. e V.

uccidere, usato anche dal Petrar-

dal pro-

Son poste spes 1' una per 1' altra =:

aero,

hoce, Bespasiano, bedoa, heder, per Valerio, voce, Vespasiano, vedova , vedere , e vice versa vasso, avitare, vasare, vraccia, varone, vagnato, invece di hasso, abitare, basare, braccia, barone, baguato ec.

La pronuncia di queste due lettere labbiali prossima in modo, che Basta un lieve movimento delle labbra per cambiare il suono dlF una con quella delF altra. Pero i latini pronunciava-

no e scrivevano bidua e vidua, bixit e vixit, ed i toscani del trecento hoce e voce, bote e voto, imbolare ed involare, Calavria e Calabria, var-

vassoro

e barbassoro

(3) ec., ed oggidi dicesi ine ervo, diavolicO

diferentemente, serbare e servare, nerbo higlietto e viglietto, civor'io e ciborio, e diablico ec.

( i ) G. Villani, libr. I L , cap. a i - Sacehetti proemio, e no* vella 96 - Salviati, avvertimenti, libr. a, cap. 10 - Passavanti,. distinzione 3, cap. a, ed altri. (a) Vedasi Perticari, apologa ec. pag. 1 7 0 e 1 7 5 . Alia lettera b nelle parole latine italianizzate si sustitu-" ta in ran parte la lettera v, per esempio fbula, fbula, ta* berna, diabolus,.laborare, nubilosas ec. favola, lavla, taverna diavolo, lavorare, nuvuloso ec. (3) G. Villani, libr. i , cap. 5, e libr. x i , aa -.-M. Villani,libr. 1 . cap. 8, ed altri,
t

344
C,

e o.

Si trovano quste pur nella nostr firolaca Sostituite 1' una per 1' altra = affocata, pacare, verca, aucusta, per affogata pagare, verga, augusta, ed al contrario aguto, Gostatinopoli, Lugrezio, per auto, Costantnopoli, Lucrezi. Queste due lettere cortsuonano ambedue nel palato, ed facile lo scambiarne la pronuncia. ""Anche gli antichi toscani scrissero navcare e navigare, (i) Piagenza e Piacenza, (a) Gosttinopoli e Costantnopoli, (3^ gavillazione (4) e cavillazione , aguto (5) ed acuto; siccome gli antichi atini avean scritto leciones per legiones, teces per lges, macistratum per magisiratum , (6) ed oggidi scrivesi comunemente Federico e Federigo, Amerigo ed AmericO, sagro e sacro Lugrezio e Lucrezi ec.
} -

C. ed S. Cicilia e Sicilia, vicitare e visitare, plcentera e piasenteria son pronuncie comuni ad altri antichi scrittori, ed anche attualmeute in uso. C. e Z< Officiale ed offiziale, specie e speze, comiii" ciare e comenzare, prenze e prence, pronuncia e pronunzia, socio e sozio ec. son voci ene si pronunciano e scrivono indiferentemente. ( 7 )
( 1 ) Sacclietti, nov. 1 7 - (a) - G. Villani, x i , 3 i . - (3) Detto x u , 7 5 - ( 4 ) Gento novelle antiche, pag. 7 5 - (5) Passavanti, prologo, e distinzione 3 , cap. a - D a n t e , inf. 3 7 , i a 8 . (6) Per questi e per gli altri esempi di antiqnate voci latine si osservino le leggi delle dodici tavole, la colonna di Emilio, la tavola in onor di Scipione, il senato consulto c o n tro i baccanali, la tavola del cdice papiriano, ed altri antichi monumenti. (7) G. Villani, libr. x i cap. a 3 -Sacchetti n o t . 1 3 7 - P a s s a vanti dit. 4J cap. 1 , ed altri.
1

345
C.

per N.

Soco, kaeo, voco, per son, hanno, vonno, quando non siano errori di copisti, siccome probabile son idiotismi, che a suo luogo furono corretti. D.

Tacciuto per ispeditezza di pronuncia come


aoperare ' per adoperare. E. (1)

ed

I.

Queste due vocali nell' antico latino trovansi di so vente poste 1' una per 1' altra: en per. in preposizione j caepet per caepit, mensebus per mensibus. Quintiliano osserva che al suo tempo usavasi here per her; Tito Livio avea scritto sebe per sibi; il dittongo ei fu comunemente nelle antiche scritture latine posto per , v. gr. invece di omni, castris, civis &c. (a) Frequente lo scambio di queste anche nella nostra storia, in cui s' incontrano spesso le particelle de se ce ve me, per di si ci vi mi, e cosi pur odeva, lengua, pento, femmena, ordene, cento invece di o diva, lingua, pinto &c. ed al contrario missere, site , tappito per messere, sete, tappeto &c. De' quali camhiamenti di pronunzia si hanno molti esempi anche ne' toscani scrit( 1 ) Egual sincope t r o v a s i in G. Villani, libr. x r , c 3; e nel cap. a8 di detto libro leggesi arirrora aontare per adontare, e aoppiare per adoppiare. (a) Vedi 1' antecedente osservaEione sulle a n t i c h e voci latine.
2.6

omnei,

castris,

civeis,

opeima,quei,

Marteis

&c.

346

tori; eo, meo, per io, mi; Metano, (a) presione, (3) openione, (4) vettoria, (5) Isopo. ~per Esopo, iguale per eguale (6) &c. In molte voci si mantenuta F origine latina, come in eo, meo, Melano &c. (7) Taceiuto per dolcezza ed ispeditezza di pronuncia, draoni, leitore, fiure, reimenio , paare sbiutire, invece di dragoni, leggitore, figure ,
reggimento , pagare,

(i)

Eguale sincope leggesi in Passavanti, (8) cio loica per lgica, in Sacchetti (9) viilia per vigilia, in G. Villani (10) Araona per Aragona, ed alcune son tuttora in uso v. gr. reina per
regina, raunare per ragunare, G. rai per raggi &c.

sbigutire.

ed

S.

Ginegio per Ginesio , malvagia per malvasia, e viceversa fresio e presio per fregio e pregio; ed anche se invece del g, v. gr. rascione, cascioiie, ascio, e disascio per ragione, cagione, agio, e disagio. Malvagia per malvasia trovasi scritto ancora in Giovanni Villani, ( 1 1 ) Jegi per Iesi nel rnedesimo, (ia) presio per pregio nelle rime di Dante Aligliieri,, ( i 3 ) presione invece di prigione nel Sacchetti, (14) asci per agi nel Passavanti, ( i 5 ) rasione per ragione ne' gradi di s. Giro-

lamo &e. (16)

( I ) Guittone da Arezzo, cap. 6 8 - (a) Passavanti, distinz. 3 , cap. 4 - - ( 3 ) G . Villani, libr. a, cap. i 4 - - ( 4 ) M. Villani, libr. 5 , cap. i 4 - - ( S ) D i n o Compagni, pag. 4 ediz. di P i s a - ( 6 ) Dante infera. a 3 , 4- Peradis i 5 , 7 7 . ( 7 ) Perticari, Apologia ec. pag. a i 4 , nota 6 . (8) Cap. a, distinz. 3 . - (9) novell. i 8 5 - ( i o ) Libr. x n , c. iS. ( I I ) libr. i 3 . - (ia) libr. l a , cap. i 5 - ( i 3 ) Edizione del Bettoni pag; 3 7 4 - ( i 4 ) - 1 7 3 - ( i S ) Cap. a, distinz. 3 . ( 1 6 ) Vedi Perticari, Apologia, pag. iSa.
1 n o v

347
G. per Z. Condannagione, confermagione, obbligagione,

&c. Troverai pur nel Passavanti d in Giovanni Villani riformagione, partigione &e. inveee di
riformazione-, partizione &c. (1) G. per V.

Golpe per Volpe, voce registrata nel Vocabulario. Leggi il piacevole dialogo del Monti nel secondo volurne della Proposta, (a) in cui tratla parentela
ta ex professo del Golpe del Golpone e di tutta

golpina.
I.

Tacciuto per sincope e speditezza v. gr. compagna

Molti esempi di egual sincope avrai ne' toscani scrittori; compagna per compagnia in Dante (3)
salaro, vicaro, sudaro in Giovanni Villani, inveee di salario , vicario, sudario &c. (4)

per compagnia,

domino

per dominio

&c.

Aggiunto talvolta per maggiore dolcezza di favella a modo de' Ionici; tiempo, potiente, pietto, tierzo, liepori, prefetto

esempi di simili epentesi anche in altri autori classici; vedi biene in Sacchetti, (5) ferie e faitenzia, ed altri simili, che hanno origine del latino, in tutti gli scrittori antichi.
(1) Passavanti, Distinz. 4 P - 3. - Villani Gio. libr. ia , cap. 34, ed altrove. (a) Part. I, pag. 190. (3) Infern. a5. - (4) Gio. Villani, libr. 1 0 , cap. 53, libr. ra, cap. 1 e i,5, ed altrove. (5) Nov. 34._
c a

&c. Non mancano

te nel vocabulario al verbo fare;

chiesia,

peni-

voci. Mantengono cosi queste la loro latina originaria pronuncia, v. gr. iustitia, iustus, iudex iudeus, iuventudo &c, ed in quasi tutti gli scrittori del trecento viene osservata una tale regola. Vedansi anche in Perticari citate le anticue parole ioia, iorno, iostra per gioia, giorno,
giostra.

per gi craasi sempre; iustizia, iudice, mdei, iuventudine, Cartaine, ariento, iardino, torno, (giorno) pieierie, (pieggierie) veriine, (vergine) immaiine (immagine); Iorgio, Iuorgio e Iuorio, (Giorgio) iinocchio (gmocchio) ed altre simili
I

348

Leggonsi talvolta due i, ovvero V i lungo invece di due g; legnajo, leje viaiio, suj'ere, rejere per legnaggio, gere &c. legge, viaggio, suggere, reg-

(i)

I per L a maggiore dolcezza di pronuncia;

moito, aitro , maidicente , aicuno , foito , doice, sepoito, salvo, invece di molto, altro, maldicente alcuno &c il qual modo di metatesi uso ancora Giovanni Villani, scrivendo pubbiico e pubbiicare per pubbiico e pubblicare pi volte. N. N per L; perne invece di perle; leggesi smilmente in Sacehetti (a) Valdensa per Valdelsa. O. U. E.

ed

I.

O per u; fo per f u , too o soo invece di tuo


e suo i lopo, cuito, udire, circoito, odire, lungo &c. longo, "per lupo, cir-

( i ) Apolog. pag. i36. (a) Nov. 3.

34g
U per O; migare, puse, luvanni, secundo 6-c. O per E messore, cammora per messere e cam^ mera. 0 per i; vestuio, feruta, iatuta, per vestito, ferita, salita &c.

Queste Vcali dagl ntichi latini furono fcilmente scambiate 1' una per 1' altra $ nel cdice papirno leggesi sovente, angosta, sospen*
dito improdns, sonto , equom, honc, inveee di Augusta, suspenditOj imprdens, sunto, equuft, hunc; in Terenzo e Salustio mosirum, vorsus, animadvorti) amplocti per vstrutn versas 6-c. in Priscn huminem per homitiem, optumo, proesumo, maesuth, plorume per ptimo, prximo, mximo, plurime b-Ct
x

1 quali cambament di lettere s trovano angionnodrire


covidigia, adolterio, (i) ed attualmente

cora fra i trecentisti toscani v. gr. Rossia,


gere,

pronunciasi e scrivesi indiferentemente

derivan dal latino,, e possono mantenere 1' originaria pronuncia.


Pentuto, feruto

e nutrir, volgare e vulgare, surgere e Sorgre , sostituire er sustituir, sustanza e sostanza,~ cumulo e cumolo, tutta e lotta, ed altre voci, che

sate ancora da altri buoni autori. (a)


R. R per L; farconi

e feruta

son termnazioni u -

trovato in questa storia alta metatesi di tal lettera; parecchie bensi ne osservo nel Villana per
esempio, obbrigare , fragellum Dei, dobbra ed altre, inveee di obbligare Dei &-c. (3) cresastico , fiagellum

in luogo di falconi:

non ha

(i) G. Vil. libr. i, eap. 5. - libr. 6, cap. a s , - libr, T * cap. 5 4 ; - Sacchetti, nov. 1 0 6 , ed altri. (a) Dante infern. i, ic4; e a 4 , 1 4 6 . (3) Lib. 3 , cap, 5&~detto> cap, 1 1 4 - l i b r , tt Cap- 1 7 ' t ed altrove,
f f

35o
Se per due s, e per due z; rosti> pascio, si per rosso, pazzo, Assisi. Rosti ed Asciesi Ascieson

voci sate ancora dal Boccaccio, (i) 5 per z; meso invece di mezzo. I latini d i s sero Mesentius, e Mezentius, e Gio. Villani resuressione per resurezione. (a) T. T per D;patre, matre, Matalena, cittate, ltiro e latrone, contato, cetola, scintici, Antrea,

i n luogo di padre, madre &c. Riteneasi cosi anticamente la deriyazione l a t i n a , ma i n seguito per desiderio di maggiore dolcezza il t si c a n giato in d. II suono di queste due lettere d e n tali pur si prossimo, che facile il v a r a m e la pronuncia; quindi dicesi amatore e amadore,
servitore e servidore, adro &c. latrone e ladrone, atro e

T i n liogo della Z; magnificentia, iustitia, rivrrentia, abbondantia &c- usavano tutti gli a n ichi al modo latino.

17. e 17 V ed Vu aggiunti per dar maggior forza


di pronuncia all' o, v. gr. uocchi e ouocchi, (occ h i ) vuovo, ( o v o ) aduosso,puoi, (poi) nuobile, puopolo, muerto, Campituolio, buove, ( b o v e ) bis'uogno, cuollo, (eolio) vuorfani, (orfani) vuoglio, (oglio) paraula, paravula , e paravola (parola) Antuonio 6-c.

' Usarono tal maniera di p i u forte pronuncia i l a t i n i , che sci'issero Senatous per Senatus; e g l i antichi scrittori t o s c a n i , n e quali leggesi Am1

bruogio

per Ambrogio,

rispuose

per rispse,

mo-

vola per nuvula (3) &c. Gomunemente scriviamo ancora al presente orno e uomo, ova e yuova,
I \ Vedi pag. ? 7 di questa storia, a) Libr. I I , cap. 1 9 . ' 3) Passavanti, cap. 4.

35i muovere e mover, novo e nuovo, notare e nuotare per andar a nuoto. &c. V per d; Avolterio per adolterio usato anche dal Sacchetti e dal Villani. (i)
V per g; Vonella e Vrigorio gorio. V per p; Ovra per opra, per gonella cupido per e Gricupido.

Villani uso pur la stessa parola ovra per o/?ra, e covidigia per copidigia, (a) e comuni son le voci, che anche presentemente si pronuneiano indiferentemente con dette lettere, v. gr. sovra
e sopra, coverto vretto e cavriolo

tissime altre.

e coperto, levriero e lepriero, per capretto e capriolo, e

camol-

2 . ed 5. per 5 a maggiore dolcezza; verzo,


falzo, perzona, volzero, uzura conziglieri, offerze, cierno, orzo &c. uso Tunizi per Tunisi; (3)

Anche Gio: Villani per usura abbiamo ne'gradi di s. Girolamo , (4) e di promicua pronuncia son anche al presente, zolfo e solfo, zezzq e sezzo (ultimo)
zinfonia e sinfona, suppa e zuppa &c. ACCORCIAMENTI DI PAROLE

(per cuni dal latino


ne

voglio, ere' credo, ve' e te' veviene e 'erae.) ilfo', secondo almodo, (ora) j?o' poi, pe' per, sor sopra, so' sotto, co' con. Iaccio', consent', vengo', dico', nasco', appargo' in luogo di giacciono o giaccion, consentono, vengono &e.
i) Sacchetti, nov. 106 - G. Villani, libr. a, ca)>. 8. a) G. Villani, libr. x i , cap. 5 4 , e 9 1 . (3) Lo stesso, libr. 7- c a p . 37.
(4) Gr. 1 , 4 6 .

So' son, e tee,

vo'

35a
Furo, amaro, stiro &c. per furono, amarono, salirono. Presto, onesto, certo, a w e r b i i i n v e c e d i prestamente, onestamente, certamente.

D i tale apcope per ispeditezza e vezzo di pronuncia usarono altri scrittori trecentisti i n grande abbondanza. So' per son, gio' per gioia, mo'

per ora us Poliziano; po' per poi il Boccaccio; ere' per credo il Petrarca; vo' per voi Guittone da Arezzo; e chi ne desidera u n bel saggio legga quel doppio coro cantato dalla turba de' poveri poeti storpii nella Proposta del Monti, che
incomincia - Donna per vo', la nostra gio', con

quello che segu,

(i)

AGGIUNTA DI LETTERE IN FINE DELLE PAROLE


\

Paragoge c o l l ' o ; vao,poteo,


monlo, sallio,

gio, concepeo,
do e

amdio

verrao, hao, (ha) sao, (sa) fuo, temo &c. sae, ambe, coste,

I toscani aggiunsero per lo p i 1' e invece d e l 1' o, v. gr. hae, fae, cibe, per

ci &c. le al tre paragogi pero coll' o, pateo, gio, ammonio, dio &c. si mantengono tuttora m a s simamente nella poesia. Colla sillaba gio, ci, e io in fine v. gr. aggio per ho, saccio per so, sarb, faro, e simili. sarbio e farbio per

Aggio e faraggio son voci regstrate n e l v o cabulario ne' vei'bi avere e fare. Colla particella ne; ene, cione, modi sovente usati dagli antichi, e massimamente n e ' fioretti di s. Francesco.
Coll' ente ed into; chente, fuente, cosinto, in-

vece di che, fino, cosi. Una tal paragoge era u ( i ) Proposta, Voi. 3, part. , pag. x x v .

353
sata dagli a n t i c h i p e r isfuggire 1' asprezza d e l 1' a c c e n t o ; i toscanl inclinavano ad aggiungere la e, i r o m a n i p e r maggior desiderio d i armonia inclinavano invece alia o. Chente a n t i c a m n t e dicevasi c h i n t o , e d i r o m a n i p e r conformita, invece
d i cosie, p r o n u n c i a v a n o cosinto. (i)

AGGIUNTA DI LETTERE IN.PRINCIPIO DI PAROLE

Accosi cosi, aturare t i r a r e e simili. Di tal sorta d i prostesi usiamo a n c h e n e l l ' a t t u a l e p r o n u n c i a p e r maggiore dolcezza di suono, v. gr. isdegnare,
isbandeggiare, assapere &c.

METATESI
m o o <

Osservano il M o n t i ed il P e r t i c a r i (a) esser legge c o m u n e nella p r o n u n z i a e scrittura p r o venzale e r o m a n a , c h e n o n si proferisca n, scriva, il e d il dopo la n, m a c h e i n v e c e , i n grazia d i soavita, si m u t i i n u n altra n; la quale legge c o s t a n t e m e n t e m a n t e n u t a i n questa stor i a t r o v a n d o s i scritto vennetta, onne, distennere, scennere, vennita, zennado, sinnichi, quanno &c. p e r vendetta, onde, distendere &c. cannare, orine, sennire p e r contare, onte, sentir, alia q u a l e

p e r m u t a z i o n e inclin G u i t t o n e d ' A r e z z o , (3) c h e scrisse dir onne e far di villana, che il Bottari m a l a m e n t e i n t e r p r e t p e r ogni, perlocch il povero G u i t t o n e n e fa l a m e n t a n z a con monsignore
(i) Monti, Propoata, tom a, part. i , pag. u g . - Perticari, Apologia, pag. n 5 , nota la e 3 3 g . (a) Proposta, vol. a, parte 3 , pag. xi. - Apolog. pag. ia6. (3) Perticari i vi, pag. ai 6.

in que' piacevoli dialoghi, co' quali il Monti rallegr 1' aridezza delle grammaticali questioni. (i) E non solo questa permutazione ha effetto, allora quando alia n segu il d od il t, ma quando eziandio altra consonante muta o liquida succede alia medesima lettera n, ed ancora alie lettere g ed l, per esempo: inninocchiare per inginnopchiare, lennaggio per legnaggio , sonno, e stanno per rassegnare, sogno, e finalmente Renallo, sollo, sollati, Rinaldo, sold, soldati, e caldo. rassennare, e stagno; callo per

354

La ragione di si fatte metatesi si ripete a parer mi dalla dolcezza non tanto, ma anche dal- la speditezza della pronuncia, cosicch la voce poggiando sulla prima lettera si confonde in essa il suono, e non lascia sentir quella della consonante muta o liquida che succede. E avr io cuore di lasciar trascorrer le erape, le priete, il precche, il vagnelio, la grolia, il Ghirgorio, il fisolof o, in luogo di copre', pietre, perche, vangelio, gloria, Grigorio , filosofo,

ed altre simili delizie sortite dalla penna d' ignoranti copisti, e frtto di harhari tempi? eppure si fatti gioielli risplendono ancora in molti de' nostri classici, e non vi stata anima pietosa, che abbia avuta la misericordia di liherarli da questo lezzo. II Ghirigorio per esempio. alabella ancora le pagine dello storico florentino,
ed ha per compagni V assempro, il piuvvico, il capresto, e il rimedire per redimere, e la ponga per.

pugna. ( 2 ) E nelle cento novelle antiche il leggitore ristorasi 1' animo eolio storfnento, colla storlomia, coll' aguiglia per istrumento, strolomia,

( i ) Proposta, rol. a, parte 3, pag. X L e X L I . '(a) G. Villani, libr. l a , cap. a i - prologo - e libr. xi, cap. 1 6 a , e Jbr. i i , cap. i a e a j .

355
ed acquila; ( i ) ed in Poliziano (a) si tro vano le priete per pietre; perloccli in riflesso di tanto vitupero mi rimorde coscienza di aver mossa test si aspra querela contro quel povero gesuita francesej che in buona fede avea preso tutte queE basti, o lettore trppo benigno, di queste inamene grammaticali osservazioni. Colle premesse avvertenze spero di avere ottenuto pi vantaggi; quello pe primo di aver esposto un completo saggio della romanesca pronunqia usata dall' annimo autore di questa storia; di aver fatto conoscere con esempi, essere la medesima in gran parte conforme a quella degli scrittori anche toscani di quel seclo; e P ultimo di aver torta la noia di troppo frequenti note grammaticali, che avrebbero cagionata molta distrazione, e che per renderle amene e piacevoli sarebbe stata necessaria la penna di un Monti e di un Perticari.
(i) Cento nov. antiche ediz. di Milano l 8 a 5 , - pag. 6, 5a, e iaSv (a) Poliziano - stanza i.

ste priete

per tanti

preii.

COMENTO
SULLA CANZONE
Spirto gentil DEL PETRARCA

35c;

COMENTO
SULLA CANZONE Spirto gentil DEL PETRARCA

Q u e s t a canzone considerata u n a delle miglior del Petrarca; cos giudic il Muratori, cosi il Tassoni assai parco lodatote ; Voltaire ( i ) afferm es~
sere la pi bella poesa del poeta italiano , e Giuguen h a scritto che tutto mostrasi in essa il genio del grande uomo, l' elevatezza ed il vigore della sua mente (a).

Gli antichi comentatori concordemente l a dissero indirizzata a Cola di Rienzo Tribuno di R o m a ; Antonio Mintnrno vescovo di Crotone, uno de* pi famosi letterati del seclo dcimo sesto , giuTar solea a nessuno convenir quella canzone siccome a Nicol di Rienzo, (3) ed il Velutello , i l Gesualdo, Giulio Camillo, Castelvetro, Tassoni, e i l Muratori furono di questa opinione. Insorse sul declinare dello scorso seclo 1' abbate De S a d e , e rampognando agP Italiani (4) di non avere pur anche conosciuto q u a l sia 1' eroe , di cui tratta la p i robusta canzone del Petrarca,
(i) (Evres, edit. de Genve, tom. x n , pag. 5o. (a) Histoire de la letterat. italien. p. i . c. x i v . 3) Gesualdo, sulla indicata canzone. 4) Memoires &c. tom. r, nota x i . pag. 6a. Ecco le sue parole Quoi ! 1' Italie entire, la nation la plus spiri tuelle de 1* Europe, qui idolatre Petrarque, et qui depuis pres de trois siecles fait son afFaire la plus seriuse de 1' ex pliquer, ignreroit encor le suiet de son plus beau pome,

ntese a provar con u n a lunga nota (i) essg stata scritta per Stefano Colonna il giovane , a l lorche fu eletto senatore pe Pontefice in Roma giudiziose son le ragioni da l u i addotte,, e la cosa t r a t t a t a con quella crtica, per; cui t a n t o si d i stingue V erudito frattces. II Tiraboschi , (a) ed il gesuita Bettinelli (3) sembrarono convint delle prove esposte dal De S a d e ; Giuguen (4) segu 1' opinione di quest senza proceder a discussione a l c u n a , e cosi ancora il professore Levati; (5) i l cont Baldelli (6) h a preso il partito di non p a r a m e , ed il Biagioli (7) intitola appertamente la canzion a Cola di Rienzo, come se non vi fosse stata giammai a l c u n a difficolt ; eppure avendo egli dato a suoi c o m e n t i 1 ' a t t r i b u t o di storici, sembrava che il d o t to uomo non dovesse passare sotto silenzio la storica questionej, che fra gli eruditi erasi agitata^ e nella q u a l e , dopo la nota del De Sade, nessuno arrischiavasi conceder la canzone al Tribuno di Roma, Non da tacersi di q u e l Padre Gabrini , a cui non resse 1' animo che fosse tolto a l l ' eroe di sua
j , elle seroit dans P erreur sur le nom du heros a qu ce poeme , , est andress! c' est ce qu' il est impossible de concevore, _,, ie ne le coinprends pas moi mme, et cepedant j ' ai entre* pris de le prouver ; la temerit de cette etreprise me fait ,, frmir Questo mescuglio di agro e dolce non credo possa piacere ad un palato italiano. Frattanto io m' ingegner di provre senza alcun raccapriccio che la nzione spirituelle ir questo non si ' punto ingannata. i ) Ivi, e pag. 3 7 6 del detto tom. I . a) Storia della letteratura italiana, prefazione al tom. V / ediz. di Roma. (3) Opere, tom. v i , pag. 3 i o , edizione di Venezia 1799;. (4) Luogo citato. 5) Viaggi del Petrarca &c. tom. a, pag. 4^5. 6) Del Petrarca e delle sue opere - Firenze - 1 7 9 7 . (7) Comento alia indicata canzone.
1

36o

prosapia V onore delle ldi del Petrarca , e volle a n c h ' esso vendicarlo da questa ingiuria: (i) in mez-. zo a molta loquacit reca il Gabrini alcune buone ragioni; se non che troppo ei dice ove l a cosa per se stessa manifesta, e poco o nulla ove sta i l sommo della difEcolta, Anche i l cont Federico Cauriani in u n a delle note alia vita del Petrarca, da l u i scritta, h a tent a t o di restituir a Nicol di Rienzi V antica sua canzone,
10 pirre con quella liberta, che ogni uomo dee godere nella repubblica delle lettere ( 3 ) , mi presento

36i

a l l ' arringo , e dopo avere esposta quella di tanti dottissimi uomini, ardisco di sottoporre a l retto e prtese giudizio del pubblico l a mia opinione.
$1La canzone spirto gentil conviene totalmente a Cola di Rienzo, i sentimenti in essa contenuti son que' medesimi, che Petrarca espresse nelle sue lettere al Tribuno.

Appena il Petrarca ebbe notizia d e ' grandi avyenimenti di R o m a , indirizz esultante al Rienzi pd al poplo romano quella celebre epistola esort a t o r i a , c h e leggesi nelle sue opere latine , (4)
( i ) Comento sopra la canzone stessa - Roma - 1 8 0 7 per Fulgoni. (2,) Vita del Petrarca, Mantova i 8 i 6 , n o t a alia pag. 8 0 . (3) Cosi De-Sade nella citata nota. I e dirai ce que ie pense avec la libert, dont onondoit iovir dans la repubblique des . lettres. , , _ (4) Edizione di Basilea, pag. 535. E stata tradotta dal professore Levati, ed estesamente riportata nella sua qpera, Viaggi del Petrarca &c. tom. a, pag. 4^6. 11 De-Sade giudica che questa epistola senza data fosse s e n t a dal Petrarca verso la fine di g i u g n o , o nell' incominciare di luglio delP anno i347> l o son di parere che il Poeta la

manifest insieme il desiderio di celebrare ben tost poticamente i memorandi successi , , m i toglierd per poco ( scrive egli) alie mi occupazioni, e poi,-, che il tempo siringe, pomprender in tumultuaria epistola pensieri degnissimi di omerico stile (i) ed

36a

9 >

altrove ,, mi son affrettato adunque di prendere in mano la p e n n a , affinch in si grande e si ce,, lebre consenso della liberta dei poplo si udisse almeno di lontano la mia voce, e fosse in tal modo da me adempiuto il dovere di romano cit,, tadino. Del resto , ciocch ora ho t r a t t a t o con libera orazione, forse ben tost tratterj... come
,, spro e desidero con altro genere di dir... Coro-

,, ,,

nato di apollinea fronda ascender 1' alto e d e serto Elicona ; cola presso il castalio fonte , ri* chiamate d a l l ' esilio le muse, cantero ad eterna vostra memoria qualche cosa di pi elevata e sonoro che da lungi si udir (a)

scrivesse sbito che ebbe notizia dell' esaltamento del Tribuno. Le parole stesse della lettera addimostrano che il Petrarca si mosse sull' istante ad esprimere i moti tumultuara dell' animo suo pe repentino ed inopinato gaudio. L' avvenimento, di cui trattasi. segui, siccome si detto, nel giorno venti' di maggio i347 ' ^ Petrarca trovavasi in Avignone, e n' ebbe sbito la novella per trra e per mare , come egli stesso afferma - venit ad me per trras et maa mea virilis portio letitiae r II di lui entusiasmo non lascia immaginare mora alcuaa; pero la data della epistola da stabilirsi al pi tardi ai primi di giugno di quell* anno. (i) Furabor me tantisper meis occupationibus, et homrico stilo degnitsimos cogitatus tumultuaria complectar epistola ,, loe. citato. (a). Itaque calamum festinabundus arripui, ut in tanto tara ,, celebri libertatis populi consensu , vox mea de longinquo ,, audiretur : vel sic romani civis ufficio fungerer. Gaeterum quod soluta oratione nUnc attigi , attingam fortasse prope diem alio dicendi genere,... quod spero quidem et cupio. Apollinea fronde redimitus, desertum atque altura Elicona pe,, netrabo. Illic castalium ad fontem, musis ab exilio revocatis, ad mansuram gloria? vestrae memoriam sonantius aliquid ca,, nam quod longe audietur. ( l o e . c i t a t . )

Per le quali parole si fa manifest , che il Petrarca avea in animo di scrivere alti e magnanimi versi , ma che la ristrettezza del tempo ed il d e siderio di far udire s n l l ' istante q u a l romano c i t tadino la sua voce, lo avean determnalo ad inviare frattanto quella epstola, che egli dice tumultuaria, prometiendo di scrivere fra poco u n carme degno della grandezza del soggetto. Un uomo come il Petrarca quasi delirante per la desiderata liberta di Roma e d' Italia^ non da credersi frapponesse alcun indugio a mantenere la parola. La canzone^ di cui ragionasi, quella che scioglie il voto del p o e t a , ed tale che corrisponde alie di lui promesse. Dco adunque che Petrarca compose ed invi in Roma la canzone spirto gentil poco dopo alia famosa esortatoria per e c citare 1' entusiasmo nel poplo r o m a n o , e. per r i chiamarlo ai generosi sentimenti d e l l ' antico valore (i).
( i ) Da alcuni tratti di una lettera scritta all' amico Smonide dopo la caduta del Tribuno, (famil. lib. l 3 , epist. 6 mss. real.) sembra potersi dedurre che il Petrarca non avea appoeto a questa poesia il proprio nome, ma il genio del grande poeta tradiva ben tost il suo segreto. l o gli ho prodigati (scrivea) molti elogi..; ci forse pi noto di quel che vorrei... io ponea in opera tutto ci che estimava efficace ad a c c e n derlo, e le lodi principalmente, di cui non era avaro, per che conoscea 1' impressione che faceano sul di lui cuore sen sibile alia gloria. Porse alcuni mi apporranno averie io pro fuse di troppo, ma io scrivea cid che sentiva, e lodava ci ,, che avea operato per animarlo a compiere 1' impresa. Ho scritte ancora a lui alcune lettere &c. Dalle quali ultime parole si ha manifest argomento che Petrarca non si propose nell' antecedente periodo di avere ragione alcuna alie lettere dirette al T r i b u n o , e molto meno potea averne alia epstola ortatoria, la quale sendo scritta all' intero poplo romano, con poco senno avria potuto dolersi che fosse pi nota di quello che volea. In quanto all' gloga latina poche e modrate lodi in essa si contengono, coperta con tale velo allegorico > che

363

Esaminiamo a d u n q u e l a canzone , poniamola a confronto colla indicata epstola, colle altre lettere scritte dal Petrarca al T r i b u n o , e colP gloga quint a latina^ nella quale con pastorali allegorie si celebrano le imprese di G o l a , e vi scorgeremo conformi sentimenti, talch si verifica la promessa fatt a dal poeta allorch scrivea - Ouod soluta oratione
rtunc attigi, attingam cendi genere, apollinea aliquid canam... quod fortasse propediem fronde redimitus... longius audietur. alio disonantius

364

Spirto gentil, che quelle membra reggi Dentro le qua'peregrinando alberga Un signor valoroso accorto e saggio ,

II pensiero che uno spirto celeste dirigesse le azioni del T r i b u n o , trovasi conformemente espresso in queste parole ,, ora dov' q u e l salutare ,, t u o genio , quello spirito consigliero di b u o n e ,, opere, col quale credeasi che t u avessi assiduo colloquio , poich sembrava che si grandi cose eseguir non si potessero da u n uomo? ( i ) L ' a b b a t e De Sade osserva che il titolo di signore valeroso non convenga a Cola di Rienzo figlio di tayernaio; obbiezion per vero dir poco degna di si. celebre scrittore. Si leggano in dette epistole titoli ben pi fastosi, quelli cio di uomo Musir,
uomo chiarissimo, principe romano &c, (2.)

senza chiave difficile chiarirne il significato. Di quali elogi adunque intende ragionare il Petrarca, se non di quelli profusi nella volgare canzone ? (1) ,, Ubi nunc ille tuus salutaris genius, ubi ille bonorum operum consultor spiritus cum quo assidue colloqui putabar i s , eque enim aliter talia fieri posse per hominem videbatur? ,, Ep. famil. l i b . 7, epist. 7. (a) E quelli inoltre di vir fortissime, r magnanime, vir mi' fice, Romae liberator, excellentia tua &-c.

Poi che se' giunto all' onorata verga , Con la qual Roma e suoi erranti correggi, E la richiami al suo antico viaggio.

365

Per 1' onorata verga intendesi apertamente F a l t a dignit di T r i b u n o , cui era giunto Nicol di Rienzo, o anche materialmente la stessa. verga tribunizia descritta dal nostro storico, e grandemente dal poplo onorata. ( i ) Si leggono eguali sentimenti nella epstola terza senza titolo indirizzat a al R i e n z i , , T u i n t a n t o , o uomo fortissimo, he il grande incarco assumesti di reggere la cadente , r e p u b b l i c a , t u , che i fati elessero duce di tanta , impresa, prosegu ciocch incominciasti, nulla venta. (2)
} }

lo parlo a te , pero ch' altrove un raggio Non veggio di virt , ch' al mondo e spenta, iVe trovo chi di mal far si vergogni.

Petrarca tenea per fermo che il Rienzi fosse q u e l solo, che render potesse gloriosi i destini di Roma e d' I t a l i a , e lo annunzia come uomo mandato dal cielo. ,, Credete, o cittadini, esseje a voi q u e s t ' u o m o 6pedito dal cielo, e venratelo qual raro dono di Dio (3) ,,
Che s' aspetti non so , ne che s' agogni Italia , che suoi guai non par che senta Vecchia oziosa e lenta
}

( i ) Era di aociaio con globo dorato e croce in cima; erayi scritto intorno Deus e Spiritus SanetiiSj e dentro alcune reliquie. Vedi lib. 1 . cap. i 3 . (a) Tu. vero vir fortissime, qui tantam labenti reipubbli ca: molem piis humeris subisti... tu, inquam, quem tantse rei ducem fata costituunt, perge quaa caspisti, nil formidaberis ( Sine titulo, epist. 3. ) . (3) Vos vero cives hunc virum caelitus vobis missum credite, hunc, ut rarum Dei munus, c o l i t e , ( Epist. hortator.)

Dormir sempre , e non fia chi la svegli ? Le man V avess' io avvolte entro capegli. Non spero , che giammai dal pigro sonno Muova la testa per chiarnar ch' uom faccia , Si gravemente e oppressa e di tal soma. Ma non senza destino alie tue braccia , Che scuoter forte e sollevarla ponno , or commesso il nostro capo Roma. Pon man in quella venerbil chioma Securamente e nelle treccie sparte , Si che la neghittosa esca dal fango. V, che di e. notte del suo strazio piango , Di mia speranza ho in te la maggior parte: Che se 'l popol di Marte Dovesse al pvoprio onor alzar mai gli occhi, Parmi pr ch' a' tuoi di la grazia tocchi.
}

366

Queste immagini, che rappresentano il grave sonno e il letargo miserando^ in che giaceano in q u e l tempo e Roma ed Italia , trovansi ripetute nelle epistole scritte dal Petrarca al T r i b u n o , nel q u a l e riponea ogni speranza di loro risorgimento il no me di romano cittadino (esclamava quello spirito ardente di patria c a r i t a ) gi venne a vile.... 6pero pero che al fine e i l romano poplo, e gli ,, abitatori t u t t i d e l l ' itlica trra scuoteranno da gli animi la gravezza di q u e l t o r p o r e , che i n ,, tiepidisce 1' antica vigoria dell' ndole loro ge,, nerosa.-. o uomo iljustre, ergi la sorgente p a t r i a , e mostra al mondo piocch possa ancor Roma... ,, guai se incomincia a destarsi , anzi se il capo ,, estolle.e conogce le ingiurie e i danni a le, men tre dormiva, arrecati! ma gi a q u e s t ' o r a , cre dilo, desta, non d o r m e , ' m a tace, ricorda i pas sati sogni , e pensa ciocch dovr operare sor
3>

' g e n d o . . . I t a l i a t u t t a , che pocatizi giacea languen,


}

36

t e con infermo c a p o , gi per t e vigorosamente risorta. (i) , , L' antiche E Del Di trema mura ck' ancor 'l mondo andato quando chiuse teme si le senza ed ama, ^ rimembra si rivolve, membra fama, , , , venuto ,

tempo tai,

e indietro

E i sassi,

dove fur pria saldar

che non saranno quel

Se V universo E tutto Per O grandi Quanto Rumor Come Si faccia


}

non si dissolve involve ogni fedel suo

ch' una ruina

te spera

vizio.

Scipionio v' aggrada

Bruto

, se gli ancor

laggi ere' che lieto

del ben locato Fabrizio udendo la

offizio. novella!

E dice : Roma la molta fiducia

mia sar

ancor

bella,

T o r n a n o i medesimi sentimenti , che esprimono del p o e t a , che per opera del Trisusseguente mostrano chiaral a canzone poco b u n o risorgesse Roma a l l ' a n t i c a grandezza. L ' u n dcimo verso mente che ed il il P e t r a r c a compose

dopo la l e t t e r a esortatoria, ed in questa ed in q u e l la si fa gran pompa degli esempi t r a t t i dalla rom a n a i s t o r i a , e son nouiiuati i B r u t i , i Scipionj, ( i ) Iam romanorum civium viluit tiomen... totius Populi romani atque omnium italorum aninis... spero excussurum gravedinem torporis, quo nunc prisous indolia vigor tepet. (Sino titulo, ep. 3.) Vir illustria, erige surgentem patriam... et quid nunc etiam Roma possit ostende... vae si illa caepetit expergesci, imo vero si caput extulerit, et dormienti sibi illatas iniurias et dam> na prospexerit: experecta enirr. iam nunc est, crede mihi; non dormit, sed s i l e t , et soronia praeteriti temporil sub silentio repetit, et quid surgens actura sit cogitat. (Sine titulo, ep, a.) Italia, quae cum capite egrotante languebat,se se jam nuno per te erexit in cubituin. (Epist. hortatoria, )

m
i Carrjillj, e i Manlii per confortare P impresa 4! Cola,' al quale consigliava aver sempre i n n a n t i p i m m a g i n e d e l l ' a n t i c o Bruto , , o giovane Bruto al> bi sempre' avanti gli occhi F immagine d e l l ' a n , tico ,, (i) ed altroye. ,, Romolo fondo la c i t t / B n i t o , phe sovente io nomino, stabili la l i b e r t a , ,, Gamillo ristaur e 1' u n a e V altra ; q u a l diffe renza a d u n q u e avvi fra questi e t e , o uomo chia,, rissimo, se non che Romolo oircondd u n a picco,, la citt con frage vallo t u di validissime mura pingi la pi grande delle citt che son e ,, che furono? Bruto yendico la liberta usurpata da u n s o l o , t u la v e n d i d a u s u r p a t a da molti tiranni, Gamillo ristabili la eitt sulle nuove e ancor fumanti ruin , t u la ergi sulle antiche del che erasi perduta ogni speranza. Salve., o TOT stro Camillo , nostro Bruto , nostro Romolo , o con qualiinque altro nome ti piaccia essere chia-. , m a t o , salve o autore della romana liberta, della ,, romana pace, della romana concordia (2) *
? v f

( 1 ) lunipr Brute senioris imaginern ante pculos semper ha? be ( epist. horatpr. ) (a) Romolus urbein condidit, bic qui saepe nomino Brutus librtateme Gamillus utramque restituit. Quid rgo inter hos tecum, elarissime yir, intererat nisi quod Romulus urbem e x i guam fragili vallo circumdedit, tu bmnium quae sunt quae fuerunt permaximam pivitatem yalidissimis muris cingis? Brutus ab uno , tu a multis tirannis usnrpatam libertatem vinr dicas. Gamillus ex nqvis et adliuc fumantibus , tu ex de-r speratis ,et yeteribus ruipis eyersa restitus; salye, noster Gamille, noster Brute, noster Romule,siye quolibet alio nomine dici mayis, salve romanae libertatis, romanae pacis ^romanae tranquillitatis autor, (epist. hprtatnria. ) * h' entusiasmo ardentissimo, col quale p scritta 1' epistola esortatoria, ha datp motivo ad sipuni nemjci della memoria de} Petrarca di appprgjj tacpia di demagogo, fautore e consiglierQ di pppolari tumulti, Alie sfrontate accuse di palunniatori maligni risponder che il poeta in tutta quella lunghissima letteraeplama ppntrp i priyati pptenti, che si erano cpstituiti cojla.

E d afrov si mostrano ad esempio i Deci, Curzii^ e i Regoli, i Scevola , i Fabbrizii , ed i trecento Fabiij e Manlio e Catoe/ t u t t a l l u n ghissima serie degli antichi romani toi,ciocch tralascio di riportare per arrire di brevit.
E s cosa di qua n cie si cura L' anim che lassi son cittdine, Ed hanno i COrpi athandoati in terrd ,> Dal lung odio civil ti pregan fin,

Egual prece rivolge al T r i b u n o ed a poplo romano i l poeta nll indicata esortatoria , . Renjj dte grazie a Dio largitore di tali doni, che puf anche noii si dihientic della sacratissinia sua"
t i

forza iri dominari tiran'ni di Roma-in ont alia suprema autorit d alie leggi, ed opprinievano l'infelice poplo colle civili guefre, colle tiorti, co' saccheggi, e lo taglieggiavano cot infinite vessazioni, talcli ad essi era dovuto il tito'lo di turLlenti sediziosi; risponder che il Tribuno era legittimo' tettore di Roma per sanzione del Pontefice,-ed o'sserver in fine col ch: Professore Levati che il Petrarca col nome di liberta n o n intende qtella popolsre dominazione,- fonte per lo' pi\ di anarchia e disordine, ma il retto e giusto gqv'efno di Tin solo che difende ogni cittadino dgli alti ttntati , e costringe la privata ambizione e 1' orgoglio de'potenti all' impero delle leggi* Che tali fossero i di li sentitlenti lo addimostran o le epistole da esso indirizzate a Papa Clemente v i , a Cario' imperatore, l Pontefice U r b a n o - v , e ai quattro cardinali incaricati a riformare il governa di Roma y nele qtfal epistole descrive egualmente l stato deplorabile di Roma^ declama con franco linguaggio contro P oligarchca tiranriide dei potenti baroni. Qell' anini fef vidissima , che tanto mava la sua Roma, e 1' itlica trra , si appigliava a qualunqe a"vola, nella quale sperar potess salvamento dal temoto naufragio. Forse err nel creder capace il Tribuno di tanta' impresa, forse quel fuoco di patrio' amre , che gl' ntiam'mav il generoso petto e gli agita va la mente,- I trasportaba: come dice De-Sade, persino al delirio, ma gli erfori di rjesto' grand'uomo, ed i suoi delirii,- che fraggno origine' da si alti e retti prtnci-pii, devono essere rispettafi.-

3?o
citt... si cancelli, vi prego, dal vostro seno ogni vestigio di civile furore. ( i ) ,,, Per cui la gente ben non $' assicura : Onde 'l cammino a' lor tetti si sena , Che fur gi si devoti ed ora in guerra Quasi spelunca di ladrn son fatti, Tal ch' a' buon solamente uscio si chiude , E tra gli altari , e tra le s tatu ignude Ogni impresa crudel par che si tratti Deh quanto d'wersi atti! N senza squille s' ihcmincia assalio , Che per Dio ringraziar fur poste in alto. Le donne lagrimse , e 'l vulgo inerme Della teera etate , e i vecchi stanchi, C hanno s in odio e la soverchia vita E i neri fraticelli, e i bigi , e i bianchi, Con V altre schier travagliate e 'nferme Gridan: o signor nostro alta aita: E la povera gente sbigottita Ti scopre le sue piaghe a mille a mille, Ch' Annibale , non ch' altri, farian pi. E se ben guardi alia magion di Dio , Ch' arde oggi tutta ; assai poche faville Spegnendo , fien tranquille Le voglieche si mostran si 'nfiammate: Onde fian V opre te nel del ladate. N e l capitolo q u i n t o di questa storia, che il con-^ te Perticari riport n e l l a lodata apologia s u l P a m o r p a t r i o di D a n t e , e commend q u a l hellissimo squarcio di eloquenza, d i p i n t o con eguali tristi color
}

( i ) Grati.as agentes talinm munerum largitori Deo, qni nondum sacratissimae suae urbis oblitus est... deleant, oro , de medio vestrum civilis furoris omne vestigium. ( E p i s t . hortatoria).

il quadro miserabile della citt di Rotoa in quel tempo. Corrisponde a questa descrizione la esortatoria suddetta, di cui recher aicuni brani. Costoro ( parla a p p u n t o d e ' potenti b a r o n i ) ammassarono i laceri avanzi della Repubblica nelle spelonche e negl' infandi penetrali d e ' l o ro ladroneggi, n la vergogna che presso le genti si divulgasse il delitto , n la carita dell' infe lice patria li contenne dallo spogliare empia m e n t e i santi tempii di Dio , dall' occupare le rocche e le pubbliche sostanze , dal dividersi ,, fra loro il comando della c i t t , e gli onori delle magistratura ; e questi t u r b u l e n t i e sediziosi, che discordavano in t u t t o il resto della vita^ furono ,, in ci soltanto concordi e mirabilmente riuniti in barbara federazione per trattare ogni ria i m presa, ed incrudelire persino contro i ponti, contro le mura , e contro gl' innocenti siniula cri. ( i ) AH' aspetto delle quali miserie esclamava: ,-, Ten,, tar d u n q u e devesi qualche cosa pe' figli vostri, per le consorti^ per la canizie d e ' padri, per le tombe degli avi... imperocch in ci solo ognuno riconosce riposto il t u t t o , il mercadante la ,, sicurezzaj il guerriero la g l o r i a , 1' agricoltore ,, V utilit , religiosi santi rit , gli studiosi
(i) Laceraras reipublioae reliquias, carptisque iri speluncis et infandis latrocinii sui penetralibus congesserunt, nec pudor apud gentes vulgandi facinoris , nec infelicis patriae miseratio pietasque contiuuit, quonrinus post impie spoliata Dei templa, occu patas arces, opea pubblicas, regiones urbis atquo honores magistratuum nter se divsos, qua una in re turbolenti ao seditiosr homines, et totius vitae auxiliis ac ratione discordes, inhumani foederis stupenda societate convenerant, in pontes et maenia, atque immeritos lapides desevirent (epist. hortatoria )

3i
7

gli ozii , i vecchi s t a n c h i i l raposo, l a teera e t a de le d i s c i p l i n e , le fanciulle l a speranza delle , , nozze, l e m a t r o n e l a p u d i c i z i a , e t u t t i i n somm a ogni c o n t e n t o . . . d a t e a b b i a il dono la p r e sent e t d i morir l i b e r a , e di nascer l i b e r a futura, (i) Orsi, Ad Nelle e serpi colonna danno. i faed i caprincipali i Gaetani, Cosi n e l , marmrea lupi , leoni , aquile una gran figure di la

37

JFanno noia sonete, l i s p e t t i v i stemmi

ed a se

questi animali rappresentanti son d e n t a t e l e i Conti,

miglie , c h e si d i s p u t a v a n o di R o m a , cio gli Orsini, Savelli, pitulo Cola d i e sotto alia (2) e n e l l a casa Colonna boleggiati in allora

c o l l ' a r m i l a signoria 1' i l l u s t r

marmrea colonna potentissima.

secondo di q u e s t a storia son a p p u n t o simin q u e l l a misteriosa p i t t u r a , colla q u a l e ordine questi erano son LEONI li LUPI ed ORSI EARONI COLONgran Rienzo i n d i c a v a a l poplo l a t i r a n n i a d&' era scritto: POTENTI

n o b i l i : nel primo E RE RETTORI. UTA in cui si

L O stesso P e t r a r c a yolendo a l l u d e r - nostra speranza e 'l

famiglia Colonnese , scriveva: gloriosa appoggia

(1) udendum praeterea aliquid pro filiis vestris, pro conj u g i b u s , pro parentum canitie, pro avorum tumulis... in hoc enim una reposita sibi omnia norint o m n e s ; securitatera mercator, gloriam miles, utilitatem agrcola... religiosi ceremonias, ocium studiosi, rquiem senes, rudimenta disciplinarum p u e r i , nuptias puellae , pudicitiam matronae, gaudim omnes invenient... tibi debeat praesens aetas, quae in libertat e morietur, tibi posteritas, quae nascetur. ( i b i ) . (a) Negli orsi era indicata l a famiglia Orsina, le aquile rappresentavano 1' impresa gentilizia della principale famiglia de' Conti Tusculani, ed i lupi quella di ltro ramo della stessa famiglia, i leoni forinavano lo stemma de' Savelli, e le serpi quello de' Gaetani.

nome latino;

(i)

ed Arosto: ma spezzar

LA COLON-

33
7

NA , e spegner z' osso, (z) per denotare le guerre de' Papi contro i Colonnesi e gli Orsini. (3)
( i ) Sonetto a di vario argomento ediz. del Mersand; ed altrove - un lauro verde una gentil COLONNA... portato ho in seno; e per la morte del cardiqale Colonna e di Laura - rotta V alta COLONNA e 'l verde lauro - Sonetto 207 in vita di M. Laura, e Son. a in morte, edizione sudd. (a) Stira a. (3) Opina il Cauriani che nella grande e marmrea colonna abbia il poeta raffigurato la citt di Roma, oppure la romana liberta, ed in quelle bestie le potenti famiglie, che e c citavano le civili discordie , ovvero le repubbliche di Siena, di F i r e n z e , ed i duchi di Ferrara e Milano invidiosi della romana grandezza. Orazio, aggiunge il ch. scrittore, nell'ode vigsima nona design 1' impero di Roma in una forte ed elevata colonna, e lo stesso Petrarca con una medesima similitudine chiam altra volta la sua Laura alta colonna di valore. Ingegnosa la spiegazione, ma presenta a mi credere rilevanti difficolt. 1 . Se nella colonna simboleggiata Roma, ed in quegli orsi, lupi, leoni, aquile, e serpi son indcate le famiglie, che per la loro tirannide le davan noia , come potea il Petrarca esclndere la Colonnese, motrice principale delle. fazioni, la pi potente e la pi. cupida di dominio? da credersi forse che il ritenesse grattudine di benefici ? ebbe egli tale scrupolo nella epstola esortatoria e nell'gloga quinta,,ove , fra le male piante che egli consiglia di estirpare, indica per la prima la Colonnese, come quella appunto che pi di ogni altra turbava la pace e la liberta di Roma? a che ora questa inopportuna riserva contraria alia storica verit ed ai sentimenti tante altre volte ripetuti ? a. Molto meno da ritenersi che nelle figure di si fatte belve intend'er volesse le repubbliche ed i principi d' Italia, che dassero briga alia potenza di Roma, designata in quella. grande colonna, Imperocch , non sussistendo in fatto che in que' tempi la citt di Siena e di Firenze, ed i duchi di Ferrara e Milano fossero nemici di Roma, peccarebbe qui pur la canzone contro la stcrica verit, e pi'gravemente contro lo scopo, cui la canzone stessa diretta, quello cio di eccitare non solo R o m a , ma Italia tutta all'antico valore ed ai magnanimi sentimenti di genrale riunione, il quale alto scopo, tanto sospirato dal Petrarca, e che si appalesa in ogni suo scritto, mal si otterrebbe rammentando le municipal! gare, origine delle italiano discordie. 3. La figura di grande e marmrea colonna contiene necessariamente 1' idea di fortezza, di potenza, e di valore ; cosi Orazio nell' ode citata, per mostrare lo stato fiorente e potena5
v

Con questi versi ebbe intendimento il Petrarca di esporre agli occhi del novello T r i b u n o t u t t o il furofe delle civili guerre che desolavano Roma ; imperocch se 1' orribile p i t t u r a d' orsi, di l u p i , di serpi, e di aquile, che in istrano collegamento s'avventano alia marmrea colonna, giova ad indicare allegoricamente i potenti che turbavano la pace del poplo romano , esprime poi in mirabil modo la grande ferocia d e l l ' ir c i t t a d i n e , e la temibil potenza d e ' Colonnesi, che tallora soli contro t u t t i , e per lo pi vittoriosi, erano da t a n t o da imporre la legge a Roma. Con eguale allegoria il Petrarca, allorch il T r i b u n o giunse a h i t a m e n t e ad abbattere P orgoglio di questi tiranni, dirigea a Cola di Rienzo n e l l ' e gloga q u i n t a i seguenti versi.
Fortia teneris ab olioibus arcent claustra l u p o s , tristis non mormurat ursus

?4

tissimo del romano imperio, lo rassomiglia salda ed elevata colonna; ma come potea il Petrarca applicare questi attributi a quella Roma , di cui in tutto il resto della canzone esprime la debolezza e 1' avvilimento ? non rivolge egli sua prece al Tribuno perch la scuota dal pigro sonno, e la sollevi dal fango in cui giacea ? Pon mano in quella venerabil chioma Securament e nelle treccie sparte Si che la neghittosa esca dal fango. I', che di e notte del suo strazio piango, Di mia speranza ho in te la maggior parte : E altrove-PaJzfo gia pi che il millesim' auno Che 'n lei mancar queW anime leggiadre, Che tocata V avean l dov' ell' era. Quanta gloria ti fia Dir: gli altri I' aitar giovane e forte, Questi in vecchiezza la scampb da morte. Questi ed altri conformi sentimenti, di cui abbonda la canzone, mostrano il decadimento, in cui trovavasi allora la citt di Roma, e non'danno idea alcuna di fortezza e possanza, per somigliarla ad alta e robusta colonna; ed frza il concludere che per tale figura viene indicata la famiglia Colonna uel modo esposto.

Sanguineus non saevit aper, non sibilat angnis, Non rabidi praedas agitant de more leones, Non a q u i l a curvis circumdant unguibus agnas, Excelso perdulce canens sedet agere custos. ( i ) Di costor piange quella gentil donna, Che t' ha chiamato, acciocch di lei sterpi Le male piante che fiorir non sanno. Passalo e gi pi che 'l millesim' anno Che 'n lei mancar quell' anime leggiadre , Che locata V anean la dov' elV era. Ahi nova gente oltra misara altera, Irriverente a tanta ed a tal madre!

375

F u consiglio pi volte dal Petrarca ripetuto al Tribuno di abbassare, e spegnere se facea d ' uopo^ k potenti famiglie che tiranneggiavano R o m a . Era si grande 1' entusiasmo del poeta per questa chimera di liberta., e per questo novello suo Bruto da far tacere ogni privato-affetto, e persino q u e ' sentimenti di riconoscenza , c h ' egli dovea a' Colonnesi suoi antichi benefattori ; talch ebbe a scrivere con sincero linguaggio , che niuna fami glia era di questa a lui pi cara in t u t t a la t e r ra , ma p i cara eragli la repubblica , p i cai-a ,, Roma, pi cara 1' Italia; ,,(2) sensi degni di u n antico romano, eroe, ma che troppo erano mal fondati nelP impresa di questo fantstico. T u t t a quella epistola esortatoria, di cui si par a t e , inspira questo magnnimo sdegno, o vogliam dir fierezza. ,, Sappi, scrivea, non poter essere a mico n a te n a se rnedesimo chiunque sco( 1 ) gloga 5, ediz. di Basilea pag. ra, tom. 3. (a) Nulla toto orbe principum familia earior, carior tamen respubblica, carior Roma, carior Italia (famil. x i , epist. 1 6 , mss. real. }

376
prirai nemico della liberta i traditori della patria siano da ferro vendicatore c o l p i t i , e pa,, ghino n e l P inferno i l meritato fio... con questa schiatta d ' uomini, o piuttosto di belve, pietosa la severit, ed i n u m a n a ogni misericordia; , , ( 1 ) e questa razza non di uomini ma di belve era a p p u n t o quella nuova gente oltra misara altera, irrive-

rente a tanta ed a tal madre, cio gli Orsini ed i Colonnesi, che Petrarca chiama nuova gente, perch la credea straniera a Roma , ed originaria la prima dalla valle di Spoleto, la seconda dal Reno, o dal Rdano, o da qualche altra pi ignobil trra. ,, Voi foste servido chiarissimi c i t t a d i n i , v o i , a qua li t u t t e le nazioni erano avvezze a servir, foste ,, oppressi dalla tirannide di pochi abbietti voi, sot,, to i cui piedi stavano umiliati i regi, e ciocch , forma P eccesso del mi dolore e della vostra ,, vergogna, aveste avventizii ed estranei p a d r o n i , ,, rapitori d e l l ' o n o r vostro e delle vostre fortune. Numrate coloro, che calpestano la vostra liber,, t , riconoscete la loro origine ; questi fu a voi ,, mandato dalla spoletana v a l l e , quegli dal Reno, , , o dal Rdano _, o da qualche al tro ignobile an,, golo della trra. (2)
}

(1) Quem libertatis inimicum esse senseris, scias hunc non amicum tibi esse posse quam sibi... proditores patriae gladio ultore ferientur, et apud inferos meritas poenas luent... in hoc genere hominum, seu potius belluarutn, severitas pia, misericordia omnis inhumana est. ( Hortatoria-, loco c i t . ) (a) Servistis, clarissimi cives, quibus omnes nationes servir consueverant, et, quorum su> pedibus reges erant, sub paucorum infmi tirannide iacuistis; quodque ad doloris cedit et pudoris cumulum, adventitios et aliengenas dminos habuistis decoris vestri fortunarum raptores; libertatis cursores * dinumerate , singulorum origines r c e n s e t e , hunc vallis spoleturna, illum Rhenus, aut Rhodanus, aut aliquis ignobilis terrarum angulus misit. ( ibi ) * Forse dovrebbe leggersi percussores.

E nella ricordata gloga quinta.

377

negat almaque mater Partem uteri vos esse sui, suppostaque jurat Pignora falsa sibi, vallis te prxima misit, Appeninigenae quae prata virentia sylvae Spoletana metunt armenia, gregesque protervi, Te longinqua dedit tellus et pasqua Reni Tu marito, tu Padre, Ogni soccorso di tua man s' atiende ,

Una quasi conforme espressione leggesi nella indicata gloga.


Jam fundamenta domorum Sede loeat patria,' genitrix sibi rura gregemque Credidit, et nati gremio secura quiescit. Che 7 maggior Podr ad altra opera intende.

Cio il Pontefice , che intendea alia grande opera della crociata.


Rade volte adivien ch' all' alte imprese Fortuna ingiuriosa non contrasii; Ch' agli animosi fatti mal s' accorda. Ora sgombrando 'l passo, onde tu intrasti, Fammisi perdonar molt' altre bffese , Ch' almen qui da se stessa si discord: Pero che quanto 'l mondo si ric^rda , Ad uom mortal non fu aperta la via Per farsi, come a te, di fama eterno, . Che puoi drizzar, s' i' non falso discerno , In stato la pi nobil monarchia. Quanta gloria ti fia JDir: gli altri V aitar giovine e forte , Questi in vecchiezza la scamp da morte.
Questa opinione dal Petrarca espressa di nuovo nella lettera ai quattro cardinali incaricati dal Pontece della riforma del governo di Roma. ( famil. lib. x i , e p i s t . i6, mss, real.)

Non potea il poeta tacere di molti pericoli , che l a gigantesca impresa recava seco, e pero non li tace neppure nella lettera esortatoria, (i) in cui mostra egualmente al Tribuno q u a n t o di fama e di gloria procacciarsi potea coll' inalzare al prisco stato la romana potenza: a chi s' inoltra in questo calle ,, si apprestano molte cose pericolose, molte d u b ,, b i e , molte aspre; cos la virt dilettasi delle ardue , la pazienza delle difficili; nasciamo a glo,, rise fatiche, perch sospiriamo u n a inertissima quiete? Aggiungi che molte cose sembrarono difficili a chi l e incominciava, che in seguito p r o ,, seguendo apparvero facilissime... tu poi, o uomo egregio, ti sei aperta u n a via per farti eterno di ,, fama; perseverar devi, se brami giungere al ter mine d e l l ' impresa &c.
Sopra 7 monte Tarpeo, canzon, vedrai Un cavalier, ch' Italia tutta onora, Pensoso pi d' altrui che di se stesso. JDigli: un che non ti vide ancor dappresso Se non come per fama uom s' innamora, Dice che Roma ogni ora Con gli occhi di dolor hagnati e molli Ti chier merce da tutti sette i colli.

38
7

Anche 1' epistola esortatoria chiudesi con poco dissimili espressioni. ,, Questa orazione nico confor,, to, che io possa offrirvi, io vi trasmetto. Appe,, n a udii la fama di si grandi avvenimenti con( i ) Hoc autem calle gradienti multa periculosa, multa perplexa, multa spera se ostendunt; sic virtus arduis, patientia difficilibus delectatur; ad laborem gloribsum nascimur , quid ad quietem inertissimam suspiramus? Adde quod multa difficilia primum aggredientibus visa sunt, quae lougius progressis apparuer facillima .... tu quidem tibi vir egregie ad immortalitatem nominis aperuisti aditum ; perseverandum est, si cupis ad terminum pervenire ( Hortatoria &lc.)

,, ,, ,,

iesso che invidiai la vostra sorte , e con moltiplici querele accusai la ua fortuna, che mi t o gliesse d' esser presente a tanto gaudio; ma perche non ne fossi del t u t t o privo, mi giunsero e per t e n a e per mare le novelle della vostra grande letizia, e diedi tost di piglio alia penna, affinche in si celebre consenso della liberta del p o polo si udisse almeno di lontano la mia voce... Salve o campione valorosissimo, slvete ottimi cittadini, salve o gloriosissima citt d e ' sette coll (i)
Un cavalier che Italia tutta onora. Osserva giu-

79

stamente il Cauriani (a) che in diversi significati si adopera la parola cavaliere, e che in q u e ' tempi bastava essere uomo d' armi e condottiero di arma ti per ottenere u n tale titolo , quindi cade per se stessa F obbiezione del De-Sade; cosi lo stesso P e trarca.
Tal cavalier tutta una schiera atierra Quando fortuna a tanto onore il mena.

Aggiungi che per ndole di quel seclo era i n dispensabile a chi montava in signoria di acquistare 1' onoranza di cavaliere, poich senza di questa menomavasi al cospetto della moltitudine il suo crdito e la sua autorit. Osservammo che persino al Soldano di Babilonia venne desiderio di cayal( i ) Quqd unum auxilii genus habeo, verba trasmiti; et primo quidem clarissimis rumoribus excitatus, invidi, fateor, bol ori vestro, fortunamque meam multiplicibus querelis onerav i , quod me pra?sentis tanti gaudii fecisset exortem, sed ne exortem fecerit, venit ad me per trras et maria mea virilis portio letitiae. Itaque calamum estinabundus arripui, ut in tanto tara celebri libertatis populi consensu vox mea de longinquo saltem audiretur.... Vale vir fortissime, vlete viri optimi, vale gloriosissima septicollis. ( Moratoria &e.) a) Opera citata, pag. 83.

38o
l e n a , e non quindi da rneravigliarsi se il Petrarca onor il Tribuno di questo t i t o l o , ben certo che non avrebbe p u n t o indugiato a decorarsi d e l 1' ordine cavalleresco colui che ne avea il potere ed il d i r i t t o , e difatti se ne decor poco dopo siccome leggesi nel capitolo x x v di questa storia. Q u a n t o temuto ed onorato fosse i l Tribuno da t u t t a Italia lo si addimostra in ogni pagina della stessa istoria senza necessit di altre parole.
Pensoso pi di ltrui che di se stesso , , S o l o esso

portava i pensieri de* romani ,, scrive il nostro bigrafo, (i) e Petrarca aggiunge. Potea quest' u o mo fuggir lontano dalla miseranda c i t t , e con spontaneo esiglio sottrarsi dalle contumelie; ma i l ritrasse i l solo amore della patria, e repu,, tando sacrilegio Y abbandonarla, stabili di ofrire ad essa la sua v i t a , e per essa morir ,, (2)
Digli: un che non ti vide ancor dappfesso - Se non come per fama uom s' innamora etc. Questi versi for-

mano i l principale argomento delle obbiezioni d i M . De-Sade^ pero u n a tale questione sar da noi t r a t tata in separato articolo.
Dice che Roma ognora - con gli occhi di dolor bagnati e molli - ti chier merc etc. Sentimenti a l t r e

volte ripetuti , cosi ancora n e l P gloga q u i n t a si esprimono i gemiti e le lacrime di Roma indicata col tenero nome di madre.
Quid genitrix veneranda dolet, germane, quid Mi

( 1 ) libr. a, cap. s 3 . (a) Licuit procul ab aspectu misrrimas urbis effugere, spontaneo exilio suum caput a contumeliis eripere ; retraxit eum sobus amor patria;, quam cum in eo stata deserere sacrilegium putaret, in hae sibi vivendum, pro hac moriendum statuit. (Hortator. loe. c i t . )

Accidit hoc dignum getnitu? quorsumve recentes Multa pluit lacrymas? E pi avanti - Filius es, matricui subveniamus egenti?

38i

Se per 1' esposto confronto chiaro rifulge, a chi gli occhi non chiuda ad ogni luce di v e r i t , che la canzone Spirto gentil etc. contiene i medesimi sentiinenti espressi n e l l ' esortatona, nell' gloga, e nelle altre lettere dirette dal Petrarca al Tribuno di Roma, chi niegher che questa canzone ad esso convenga? chi potra persuadesi che, se fosse stata scritta dal Petrarca ad alcno d e ' nobili e potenti di Roma , avesse di poi vituperato q u e ' potenti e q u e ' nobili stessi, servendosi delle medesime espresioni, d e ' medesimi pensiri, e persino delle medesime parole, con cui ave p o c ' a n z i lodato alcuno di loro? Altro argoniento in prova del mi assunto io desamo d a l l ' orazione detta nel consiglio di Firenze da Francesco Baroncelli ambasciatore del T r i b u n o , e riportata nelle prose antiche raccolte dal Doni. In questa orazione, di cui trascriver q u i sotto alcuni s q u a r c i , vi son compresi interi versi della nostra canzone. Molto per verit conveniva a l l ' ambasciatore del Tribuno F ornare quel suo ragionamento pronunciato al cospetto del consiglio florentino con versi scritti dal florentino poeta in lode del Tribuno medesimo, e se questo era bello ed acconcio artitizio a couciliarsi gli animi de' reggitori di quella r e p u b b l i c a , cui era caro il nome del Petrarca, per ottenere il richiesto sovvenimento , pessimo ed inconcepibile consiglio a l tronde sarebbe stato quello d' inserir nell' arringa q u e ' versi , che fossero stati scritti per alcun nemico del T r i b u n o , e in lode di uno di q u e ' poten?-

ti baroni , contro i quali P ambasciatore romano si altamente declamava. So bene che alie prose del Doni non si prest pe passato gran fede, e non ho poluto altronde sapere in quale archivio sia d e positato P orignale; ma s pur anche che la diffidenza al Doni va scemando, per rinvenirsi, di t r a t t o in tratto nelle antiche biblioteche alcuno degli originali di quelle prose che prima si sospettavano apocrife; cosi la epstola volgare del Petrarca a Nicpl Acciaiuoli gran siniscalco di N a p o l i , inserita nelle prose stesse, fu creduta tradotta dal Doni medesimoj ma poi si verificato conservarsene due antichi esemplari nella biblioteca capitolare di Veroa, ( j ) e la riputazione di quel povero bizzarro cervello del Doni ormai vendicata. (a)
( i ) Levati , Viaggi &c. tom. 4 J V S 4 - Cdice Veron. n. 335, e 5ig. - Molti codici di questa l e t t e r a , scritti t u t ti nel seclo xv, si trovano anche nelle biblioteche Ricciardiana e Magliabecchiana di Firenze. (2,) Orazione di Francesco Baroncelli * nel consiglio di Firenze- Signori, la presente ambasciata contiene pi cose, ma potissimamente t r e , le quali cosi distintamente proseguir per far aiuto alia difettosa mia memoria. Come gi udito avte, il nostro signor Tribuno e liberatore, e '1 poplo tutto di quella santa citt di Roma nostra madre, sorella ed rnica manda a voi grandi e cari saluti , con caritativa pace rinovazione e confermazione di antica parentezza; la quale pace, insieme con esso lu potete e dovete avere e partecipare, come strettissimi di essa santa citt e poplo fratelli ed araici. E si pu dire a voi quella parola di Geremia : quente pacem CIVITATIS, et orate pro ea ad Dominurn , quia in pace illius erit pax vestra. E questo quanto al primo. La seconda cosa si j che vi notifichiamo a grande allegrezza ed esultazione, la liberazione
a I 0

38a

* Questo Baroncelli ambasciatore fu colui, che divenne nel i 3 5 3 Tribuno ad imitazione del Rienzi. Scrive Matteo Villani (lib. 3, cap. 7 8 ) che il Baroncelli scriba senato era uomo di piccola e vile nazione, e di poca scienza, e pero inetto a scrivere un'orazione abbastanza tersa ed immaginosa. Lo stile enftico , ed i modi scritturali mostrano piuttosto che fu scritta dallo stesso Cola di Rienzo, leggendosi conformi espressioni nella di lui lettera ai Viterbeti,

s riduzione di essa santa citt nostra da tanta servit, tribuIazione, oppressione, e oscurit dov' ella era, e in questo, come manifest si e a voi ed a tutto 'l mondo, per proprie colpe e difetti de' suoi tiranni rettori, e. pastori fatti l u p i , dei quali si potrebbe dir quella parola, rectores raptores. * Ed era fatta vedova e ignuda d' ogni virt e d' ogni bene, madre e vestita d'ogni vizio e d'ogni difetto, divenuta a tanto, ch' ella era selva di offensione , spelonca di ladrotii, ricetto di micidiali , falsi, e d'ogni altra rea g e n t e , e solamente a'buoni le porte si chiudeano, e infra gli altari ** e ne' luoghi santi ogni impresa crudele si trattava e commetteva. Le donne lagrimse, il poplo lacralo, i romei, *** religiusi, ed altra gente, tutti travagliati e oppressi, quale per un modo, e quale per un altro, mostvavano le loro piaghe delle loro ingiurie a mille insierne. che non solo altri, ma Annibale crudelissimo avriano fatto pietoso... ma quel Signore che tutto regge, loquale molte volte, quanto si mo* stra pi lontano, allora pi dappresso, non perrnettendo la-* sciar perire il santuario suo, ma volendo che si ricunuscesse, inspirante esso nostro signore Iridio, ed esso poplo vigilando de i lunghi sonni delle molte angoscie, volendosi addunere a lume di verit , conferendo infra loro medesimi, e dicendo quella parola del profeta Geremia: num irtvenire puteritis virmn qui spiritu Dei plenas sit? parlando della persona del nostro signor Tribuno e liberatnre , e considerando le universo virt di esso, coadunato esso poplo., tutto insierne di uno animo e di una volont, come uno uomo. fosse, gridando chiamarpno: te Niccola chiamiamo aiutatore, te chiarniamo nostro signore, tu se' nostro liberatore, te conoschiamo tribuno, tu ci aiuta, tu ci libera, tu ci ordina, difendi e salva, e questo poplo, sedente in tenebre e in ombra di morte chiarificaj perocch venuta l' ora, la quale voglia Iddio che non si parta: concedendogli ogni potest che dir si potesse , e diceudogli quella parola della santa scrittura: omnia qiue locutus eris faciemus , et erimus obedientes, ut bene sit nobis. Lo quale nostro signore , vedendo queste cose, e considerando ch'era opera dello spirito Santo, della grazia del quale esso manifestamente era ed pieno, e ricordandosi del gran valore di quegli eccelleuti nostri cittadini , i quali passarono di questa vita, gi pi che 'l millesim' anno, e che la fama loro non perira mai,, se l' universo prima non si dissolve, come fu Giulio Cesare, Scipione, Fabrizio, Ottavian o , e gli altri , che per loro virt avevano locato Roma dov' ella era al loro tempo; ricordandosi ancora delle maniere e fatti loro, i quali esso nostro signore ha tutti bene a memoria ed ebbe dal principio di sua giovent, virilmente egli accett la * Parla appunto de' potenfi baroni di Roma. ** Leggesi: e infra gli altri e i luoghi santi; manifest l 'errare dovendosi leggere infra gli altari. *** Romei pellegrini, e propriamente quelli che andavano a Roma, i
y

383

signoria, e cominciando a reggere ed a eorreggere , ci ha salvati, ordinati, chiarifcati... La terza e ultima cosa si , che per certi gravi bisogni , ch' esso nostro signore e santo poplo si ha a fare di presente, per volersi fortificare e formare in questo felicissimo suo e vostro statoj lo quale sia preambolo e confermamento del giubileo, il quale sar di qui a breve tempo... e ancora per intendere ad estirpazione di qualunque male piante in esso bello viridario e in essa santa citt fiorire non sapessero, e a confusione di qualunque questo stato contradicess e , domanda a voi con grandissima affezione e fede he vi piaccia di sovvenirgli di aiuto, di consiglio e favore, e al presente .senza nessuno intervallo di cento cavalieri, pi o meno come a voi piacer, facendo questo servigio prima a Dio. E potrassi ben dir di voi quella parola, che scrive Matteo : merces .vestra copiosa est apud Deum; e giustamente, perch aiutarete a servare quella santissima citt sua, comune patria legittimo ovile, fundamento della fede cristiana , gente santa, poplo da acquistare, lo quale Iddio in eredit se lo elesse &c.
}

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Prose antiche del Doni - Firenze - I547J p a g - 8 . E riportata anche dal Zannoni nella edizione della cronaca di Giovannj "Villani - Firenze pe Magheri i8a3 - vol. v a , pag. crx.
3

385
S .
La canzone spirto gentil non pub convenire
Colonna il giovane.

Stefano

i . II personaggio, per cui fu scritta l canzone,


era tale, che Italia tutta onorava, e che potea indirizzar Roma a stato della pi grande e nobile monarchia

del mondo ( i ) . Stefano Colonna,per quanto nelle prvate gare cogli Orsini si mostrasse vale-roso- guerriero, quali onori ebbe da Italia tutta? come potea reputarsi tale da erigere Roma a stato della prima monarchia dell' universo? Stefano Colonna el e t t o senatore pe Pontefice n e l l ' a n n o i335 dal legato Bertrando di Deucio con un collega a l u i eguale, tratto da una famiglia a lui nemica, e con limitato potere, poteasi credere atto ad operare si grande mutazione? a. Suppone il De-Sade che la canzone fosse scritta per Stefano Colonna allorch fu eletto senatore; e per verit altra occasione non pu supporsi, in cui pi gli convenisse. (a) Dicemmo che questa carica ebbe il Colonnese n e l l ' occasione che Bertrando di Deucio Arcivescovo di E m b r u n , recat-si a Roma nel i 3 3 5 , indusse a concordia le due famiglie Orsina e Colonnese, e per mantenere la pace cre due senatori in Roma, uno di casa Colonna, e fu Stefano, 1' altro di casa Orsini, e fu Matteo, nel che conviene anche lo stesso De-Sade; (3) ma con quale stranissimo consiglio avrebbe p o t u t o il Pe(i) (a) sente orada (3) Canzone, strof. 7 ed ultima. Diffatti il Petrarca parla di nn personaggio eletto di prea qualche dignit.-'o grandi Scipioni.... quanto v' ags' egli ancor t'cnuto - rumor laggi del ben locato uffizio.. toen, i , pag. 376 - Regest, Benedicti x n , tom. 1, fol. 36o.

trarca, in oocasione della desiderata pace, rammentare le gare antiche delle due famiglie, consigliare al novello senatore lo esterminio del suo collega , che era a p p u n t o u n o di quegli Orsini i n d i cati , secondo 1' opinione del De-Sade , nelle male piante che il Colonnese dovea estirpare, opporsi al desiderio di t u t t i , e turbare con arte maligna i l riposo di JRoma? 3. Nella sesta strofa della canzone scrive il poet a che Roma atiende ogni soccorso ad altra dal personaggio, Se il Pontefi-

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cui la poesia diretta, giacch il maggwr Padre, cio


i l Pontefice, intendea opera.

ce mand u n suo legato in Roma per pacificare le famiglie nemiche, rimover le civili discordie, soccorrere ai romani c i t t a d i n i , provvedere al loro governo , e nominar Stefano senatore , non so come il Petrarca potesse apertamente in faccia a t u t t a Roma asserire che intendea ad altr' opera. Questa riflessione del Sig. Cauriani, e conforta molto la nostra opinione. 4- II cont Baldelli con invincibili ragioni fissa a l l ' anno i335 P poca del primo yiaggio di P e trarca a Roma. L ' epstola dello stesso Petrarca a Giovanni Colonna, ( 1 ) comprova che Jacopo Colonn a vescovo d i Lombez e Stefano il giovane vennero con gran corteggio a prenderlo in Capranica nel di 16 gennaio per condnrlo in Roma, e seco loro parti per a q u e l l a grande citt . Se fin dall' incominciare' del i335 Petrarca non solo avea veduto e conosciuto Stefano Colonna, ma avea seco lui famigliarmente conversato a lungo in sua casa, come potea scrivere
nella canzone di non averio
( 1 ) Familiar, libr. a, epist. i 3 .

ancora Veduto

dappresso

se la sua elezione in senatore segu poco d-opo uel10 stesso anno? (i) Questa oHbiezione assai pi rilevante di quella , che il De-Sade muove nello stesso argomento sul cont del Tribuno, e non ammette risposta , e mi sorprende come il professore Levati possa adottare 1' opinione del Baldelli circa a l l ' poca del viaggio di Petrarca a Roma in gennaio del i 3 3 5 , e poi convenire col critico francese che la canzone fosse scritta per Stefano il giovane, dopoch fu eletto senatore di Roma; opinioni contraddittorie in modo, che non possono in guisa alcuna essere conciliate. (a)
( r ) Registro di Benedetto x n , luogo citato. (a) Ecco le prove convincentissime per fissare all'anno i335 11 primo viaggio del Petrarca in Roma. Teniamo dietro alia cronologa stabilita dal Baldelli. N e l l ' a n n o t3a6 il Petrarca parte da Bologna, ove avea dimorato pe' studi, e va in Avignone in et d' arini ventuno compiti, essendo nato nel ao luglio i3o4. Nel i3a7 a' innamora di Laura, e su questo punto la cronologa non pu essere pi certa, perch nel sonetto 174 S ^ stesso ci fa saper'e 1'anno, il mese, il giorno, e l'ora'in questi versi -mille trecento eentisette appunto-sull'ora prima al di sesto di aprile-nel laberinto entrai. Nel i33o va in Guascogna a visitare Giacomo Colonna vescovo di Lombez . Anche quest' poca sicura , accertandoci lo stesso Petrarca che QTTARTO igitur postquam Bononia redieram ANSO Tolosam, Garumnaeque alveum, et Pyreneos collesadii. Senil, lib. 10, epist. i r . Di ritorno da Lombez nel medesimo anno va ad abitare col cardinale Colonna fratello del vescovo. Quest' poca egualmente certa, poich il poeta ci narra di esser passato al servigio del cardinale tre anni dopo il suo innamoratnento un lauro verde, una gentil Colonna, - quindici V una, e V altro dieciott' anni -portato ho in seno (Son. 2 3 7 ) e ci si conferma nella epistola alia posterit -- REDIBNS ( d a Lombez) sub fratre ejus Joanne Columna cardinali multos per annos... in domo fui. A quest' poca , o poco dopo son da notarsi i suoi viaggi in Francia ed in Germania, siccome nella medesima lettera proseguendo ci accenna: quo TEMPORE iuveilis me impulit appeiituSy.ut et Gallias et Germaniam peregrinarer. Petrarca non avrebbe potuto scrivre quo tempore, se questi viaggi fossero
e

388
seguiti tre anni d o p o , cio nel i333, come De-Sade e il T raboschi pretendono. Nella ci tata epstola delle senili ci conferma che i detti viaggi furono fatti dopo il quarto anno, dacch era tornato da Bologna , ( s e n i l . l o , epist. li) e ci narra ancora che furono intrapresi, allorch era presso al ventesimo quinto anno di sua et - circa VIOESIDWM OVINTOM vitae annum. nter Belgas Helvetiosque festinans, cum Leodinum pervenissem... locch non reggerebbe stando all' opinione dello scrittore francese e del Tiraboschi , perch il Petrarca nat^ come si disse il ao luglio t3o4, avrebbe avuto venti otto anni belli che suonati presso ai ventinove , e quel circa se vale a favorire la nostra opinione, non pero da tanto d' acconciare una diferenza di tre e pi anni. All'anno i33i son da assegnarsi adunque gl indicati viaggi, e secondo i testi citati dal Baldelli, il poeta parti da A vignone in primavera, e ritorn a Lione il giorno 9 di agosto del detto anno. Fam.il. libr. 1 , epist. 5. Stabilita quest' poca, le altre vengono di seguito, e si r i staura una cronologia posta sossopra dal De-Sade, quasi direi pe solo piacere di toglire a Gola di Rienzo 1' onore di quella' erHEone del Petrarca. Ora trattiamo del viaggio di Roma. Petrarca ci annunzia averio fatto quattro anni dopo quello delle Gallie - a prima gallicana peregrinatione reversus, QUAUT itidem post ANSIO primum Romam adii - Senil. 1 0 , epist. 1 1 . De-Sade ne conviene, perch avendo assegnato ai primi viaggi 1' anno :333, vuol dedurre essere avvenuto il secondo a Roma 1' anno i337 ; ma le premesse prove addimostrando che i primi seguirono nel i 3 3 i , ne consegue manifestamente che 1' altro di Roma deve ascriversi all' anno i33S. II Baldelli inoltre ha verificato che ne' testi manoscritti il viaggio di Roma antecedente alia gita fatta da Petrarca al Monte Ventoso, che segui nel i336, come si rileva dalla epstola al cardinle Colonna (famii. lib. 4> epist. 1 . ) Altissimum montem, quem non immerito YENTOSUMI vocant HODIERNA DIE... ascend; suspiran ad italicum aerem... dicebam enim ad me ipsum: SO DIE SEClMtrs ANJsrus completur ex quo, puerilibus studiis dimissis, Bononiam excessisti. Vedemmo che Petrarca parti da Bologna 1' anno i 3 a 6 , dunque non fa d' uopo di moho abaco per conoscere che questo viaggio segui nel i336; e se quello di Roma fu antecedente, conviene riportarlo al i33S, come altronde si addimostrato Avvis De-Sade di trarre argomento a suo favore dalla lettera che Petrarca scrisse da Roma al Boccaccio sull' incominciare del giubileo i3So, nella quale si espresse in questi termini: QTTAETUS ET DECIMUS ANNTTS est, ex quo Romam... prirnum veni; ma quantunque confessar si debba che, scrivendo il poeta nostro famigliarmente agli amici, non avea neccessit di si rgido calclo, ben lungi dall' immaginarsi che venisse un tempo, nel quale un abbate francese, un cavaliere florentino, ed
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nno scrttorello di Romagna con tanta severit gli rivedessero i c o n t i , pur ci sembra di potere affermare che 1' argumento del critico francese si ritorce piuttosto contro la sua opinione ; imperocch non quattordici, ma solo tredici anni sarebbero trascorsi, se quel primo viaggio a Roma fosse s e guito nell anno i337, siccome la cosa aritmticamente si manifesta.
9

38

Non sussiste che Petrarca e Cota di Rienzo fossero ambasciatori insieme al Pontefice Clemente FJ.

Che Petrarca avesse qualche personale conoscenza di Cola prima che fosse eletto Tribuno^ pu& conciliarsi col q u a r t o e q u i n t o verso della chinsa d i questa canzone, nella quale dichiara di non averio
pur anche veduto dappresso j imperocch la forza

della proposizione dappresso modera V antecedente negativa: ma se poi fosse provato che Petrarca e Rienzi andassero unitamente ambasciatori a Papa Clemente vi ed orassero ambidue al Pontefice, se la missione, di cui erano onorati, richiedea fra loro lunga frequenza di famigliari colloqui e l a conseguente opportunit di manifestare 1' un V sitio i propri sentimenti, e di contrarre colle a t t r a t t i v e di quella eloquenza, di cui erano in grado.eminente adorni, u n o scambievole affetto, io dubito che la parola dappresso sia da t a n t o da vincere u n argum e n t o , n e l quale i l critico francese h a posto ogni suo sforzo. Esarainiamo adunque u n a questione che tanto importa al nostro assunto. Cola di Rienzo , come leggesi in questa storia , fu eletto ambasciatore al Papa per parte d e ' t r e dici buoni uomini di Roma: questi buoni uomini erano q u e ' magistrati scelti dai tredici quartieri della citt ossiano r i o n i , detti perei capo-rioni ,
a6

chej sebbene privi di ogni autorit e potere, formavano pero in Roma una rispettabile rappresentanza. L ' a b b a t e De-Sade ( i ) e seco lui molti storici (a) hanno scritto che questa ambascieria di Cola segu n e l l ' anno 1 3 4 2 dopo V elezion di Clemente vi al pontificato, la quale avvenne nel giorno sette di maggio in q u e l P anno , che ebbe compagnO nella missione il Petrarca, ed ambidue arringarono al P a p a , rappresentando ad esso con molta eloquenza lo stato miserabile della citt di Roma, e supplicandolo di restituir la sede di san Pietro a l l ' antica capitale del mondo. II Sismondi asserisce (3) che sebbene avesse socio il Petrarca in q u e l la legazione, pur Cola di Rienzo ebbe t u t t o P o nore di parlare al Pontefice, il quale molto arnmir la facondia del romano oratore. Venerando 1' opinione di questi dottissimi uomini , dico non essere in guisa alcuna provato che il Rienzi fosse unito al Petrarca nella missione di cui si t r a t t a , e che V ambasciata di Cola non h a p u n t o che fare con quella inviata a Clemente nel1' anno i34a dal senato e dal poplo romano. 1 / nica prova, che De-Sade adduce per addimostrare u n a tale u n i o n e , sta in due sol parole di u n a epistola scritta dal Petrarca n e l l ' a n n o 1 35 1 a Simonide, (4) nella quale narra 1' arrivo del Rienzi
a) Tiraboschi, Ginguen, il Baldelli, il professor Levati &c. (3) Storia &c. cap. 37. Non so da qual fonte il Sismondi i) Opera citat. tom. a, pag. bfi.

abbia attinto che in questa deputazione parlasse Cola di Rienzi, e tacesse 1' uomo reputato il pi eloquente del suo seclo. Eppure Petrarca narra egli stesso di ayer parlato ,, Dum super rebus italicis, pro quibus ab Italia missus eram, Ce mentem sextum alloquerer. Ediz. di Basil. pag. 8 1 7 . . (4) Epist. famil. i 3 , epist. 6, mss. real.

prigioniero in Avignone. , , giunto (scrive) non ha guari il Rienzi; quel Tribuno una volta cos\ potente e t e m u t o , ora il pi infelice degli uonnn i , fu qui condotto prigioniero ,, poi proseguendo intende giustificarsi delle lodi a lui profuse^ delle lettere scrittegli, e della fiducia in esso riposta; parla a lungo della sua impresa e delle cose di R o ma , poi soggiunge che il Rienzi richiese in Avignone di l u i , rcordandosi dell' amicizia contratta un

giorno in que' luoghi; (i) sopra il senso delle quali parole il De-Sade forma t u t t a la macchina del suo argomento. In primo luogo suppone essere necessario per contrarre quella amicizia che si fossero insierne vedut i , ciocch Petrarca non dice, e non si prova fosse di essenza della cosa, imperocch q u e l P amicizia , come 60vente solea il Petrarca , potea essere cont r a t t a per lettere. Secondariamente suppone che la parola eis ovvero iis in locis, come sta scritta, voglia necessariamente essere interpretata in questi luoghi, cio in Avignone dove il Poeta scrivea, quando grammaticalmente parlando pu essere meglio tradotta in que' luoghi, ed avere cosi ginsta reiazione a Roma, i di cui avvenimenti erano poco anzi dal Petrarca in quella lettera narrati. 11 De-Sade stravolge a suo modo il senso di quelle parole, e le amplifica, traducendo , , E g l i , (cio il Rienzi) ri,, chiese di me, e si ricord dell' antica nostra amiciziaj i di cui viucoli furono per la prima voi- i ta stretti in Avignone In terzo luogo suppone , ed questo il maggiore su pposto che dalle riferite parole possa dedursi, che q u e ' due personaggi
( i ) eisque in locis contractae lib. i 3 , epiat. 6, mss. real.) olim amicitiae memoria ( famil,

3ga
fossero insieme ambasciatori a Papa Clemente al-* lorch fa eletto pontefice, la q u a l e conclusione se possa riteriersi legittima , lo chiedo a c h i u n q u e a b bia seme di lgica in capo. Stando alia interpretazione dello scrittore francese ptrebbe a l pi inferirsi che Petrarca conobbe Rienzi, e contrasse seco l u i amicizia o in Roma, o anche in Avignone, ma non potra mai fermarsi per istorica verit che fossero insieme ambasciatori- al Pontefice n e l l ' a n n o 1342. H a questo difetto i l D e - S a d e , osservato prima di me dal B a l d e l l i , di trarre conseguenze certe ed i n d u b i t a t e da premesse debolissime ed i n certe , e di amplificare e tradurre le epistole del Petrarca a suo modo per creare d e ' s i s t e m i storici, i quali non sussistono talora che nella sua immaginazione. Altronde in t u t t e le lettere scritte dal Petrarca al Tribuno n e l P auge di sua possanza , ed in d u e lunghissime epistole da lui dirette al poplo r o mano n e p p u r sillaba si legge di questa loro comune missione , sebbene sarebbe stato molto opport u n o il rammentarla, massimamente al poplo r o mano quando ad esso raccomandava la difesa del Rienzi, che si trovava prigioniero in Avignone. E non solo nelle opere del P e t r a r c a , ma in nessun altr storico contemporneo si h a indizio di tale associazione, e gli autori moderni da me indicati corsero al grido del De-Sade senza esaminare di proposito la questione. A me poi sembra di averne prova convincente i n contrario negli argomenti che seguono. 1 . L ' a u t o r e di questa storia n e ' f r a m m e n t i , che ci furono dati dal Muratori (1) ci descrive 1' am( 1 ) Lib. 1 , cap.

ia, pag.

343.

bascieria di Roma a Papa Clemente appena fu el e t t o Pontefice i n questi termini Gorrevano anni domini i 3 4 a quando Papa Benedetto '1 bianco morio, e fu eletto Papa Clemente vi... a questo Papa venne 1' ambasciata da Roma molto ono rabile; dodici persone, (i) sei secolari e sei clerici. Capo loro fu Stefano de la Colonna, e 1 commen datore di santo Spirito. Questi dodici ambascia, tori lo pregaro da parte di Dio e del poplo di Roma che gli piacesse di venire a visitare la sede del suo vescovado di Roma ; anco lo p r e gar che li concedesse la indulgenza genrale del giubbileo, e che tornasse cento anni al numero di c i n q u a n t a , perch la etade breve, e pochi ne vengono al numero di cento. A questi ambasciatori '1 Papa rispse, e primieramente prov che la petizione loro era giusta... e concedo T giubbileo... delle condizioni del quale si dicer. ,, Osserviamo poi nel capitolo primo del secondo l i b r o , giusta la edizione del Muratori , (a) la' de-> scrizione d e l P ambasciata di C o l a . , , Pensa lunga mano addirizzare la cittade di Roma male gui d a t a , perci gio per suo procaccio in Avignone per ambasciatore a Papa Clemente da parte de li ,, tredici buoni uomini di Roma; la sua diceria fu si avvanzerana e bella, che sbito ebbe ' n a m o rato Papa Clemente ; molto ammira Papa Cle( i ) Altri storici contemporanei ne aumentano l numero fin o a dieciotto, e cosi pare che la cosa fosse. Si osservi pero a giustificazione del nostro scrittore che nell' annunziato n u mero non si dice che vi fossero compresi i c a p i , e che egli indica soltanto il numero degli ambasciatori partiti da Roma, ai quali di seguito potrebbro essere stati aggiunti altri, che 6 trovavano di gi in corte di Avignone od altrove, fra i qual i il Petrarca , un Lelio de' Gosecchi maestro del palazzo del Papa, nominato nella terza vita di Clemente presso il Baluzzi &c. (a) Pag. 3 9 9 .

, mente lo bello stile de la lingua di Cola oia, 8che die vedere lo vol. assai palese che queste due depntazioni, collocate dallo stesso scrittore in due capitoli diversi, con u n intervallo di altri avvenimenti che si succedono progressivamente ed in ragione cronolgica, son diverse e distinte ambasciate; diversi sono i tempij diverse le cause e le circostanze; nella prima trattasi di u n a missione del s e n a t o , del clero, e del poplo romano, cui presiedevano Stefano Colonna ed il commendatore di santo Spirito, personaggi d e ' pi potenti e nobili di Roma, u n ' ambasciata di t u t t i gli ordini della citt riuniti in pubblica rappresentanza; la seconda era una deputazione particolare , inviata dai capi rioni magir strati popolari , ai quali- la eloquenza di Cola avea sapnto imporre ; nella prima Stefano Colonn a avea diritto, siccome principale capo di arringare al Pontefice , ed probabile che cedesse in parte q u e s t ' onore al Petrarca come a suo amico, e ad uomo affezionato alia casa C o l o n n a , r e p u t a to il pi grande oratore del suo t e m p o , coronato n e l l ' antecedente anno in Campidoglio, e solenne-, mente ascritto alia romana cittadinanza. Se questi riflessi potevano mover il Colonnese ad incaricare il Petrarca dell' orazione al Pontefice, non ve n ' e r a alcuno che avesse potuto suggerire ad esso ed agli altri soci di dar questo onore al Rienzi, uomo di abietto stato, ed in allora ignotOj cosicch se fosse pur stato nel numero degli ambasciatori non era in grado di far pompa presso al Papa di sua facondia in modo da riportarne si gran vanto ; ma dal bigrafo annimo tutta la gloria d e l l ' a m b a s c i a t a , t u t t a la lode dell' arringa, t u t t a 1' ammirazione del
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Pontefice si concede a Cola di Rienzo, e solo esso apparisce in questa missione ; dunque forza il conchiudere che la seconda ambasciata diversa dalla prima, e segu in altro tempo . Se una sola fosse stata la deputazione 6io quella del i34a, e Cola annoverato fosse fra i dodici o dieciotto ambasciatori alia corte di Avignone, il bigrafo, i n t e n to ad esaltare quest' uomo, non 1' avrebbe tacciuto nell' antecedente capitolo , e non avrebbe ommesso nel secondo di notare, che il Rienzi era unito ad altri nobilissimi colleghi. Lo scrittore di questa istoria ha ovunque il pregio di ammirabile semplicit e chiarezza , siccome lo stesso De-Sade ne conviene , e non quindi da presumersi che abbia lasciate le cose oscure e confuse in modo da contraddirsi notabilmente. 2.. L ' autore dell' antica vita di Clemente vi presso il Baluzzi nomina espressamnte i principali personaggi, che presiedevano all' ambasciata di cui si ragiona , e questi furono Stefano Colonna senatore di R o m a , Francesco di Vico, che lo storico appella uomo illustre e verierabile ( i ) , e L e fio figlio di Pietro Stefano d e ' Cosecchi sindaco di Roma e maestro di palazzo del Papa , i quali esposero con molta eleganza le preci d e ' romani (2) al Pontefice. Quell' antico diligente bigrafo non fa menzione alcuna del Rienzi; eppure la celebrit di
5/

(1) Forse era questo il cominendatore di s. Spirito indicato dal nostro bigrafo. (a) Ad quas quidem petitiones per tres dictorum Ambasciatorurn, scilicet per magnificum virum Stephanum Columnam senatorem dictse urbis illustrem, et venerabilem virum Franciscam de Vico, et nobilem virum Lelium Petri Stephani de Coffecchis syndacum dictse urbis ac magistrum ostiariorum dicti Papse.... plusquam eleganter expsitas^ idem Papa.... multum grate respondit. ( Tertia vita Glementis vi, apud Baluzz i , tom. 1 , pag. 2 8 6 . )

sua facondia e l ' a l t e z z a , cui sal i n seguito, erano circos tanze, che lo avrebbero consigliato a non t a cere il nome del T r i b u n o , se qualche parte avesse avuto n e l l ' ambasciata da lui con t a n t a accuratezza descritta. 3. L ' arringa di Cola avea principale scopo di rappresentare al Pontefice la tirannide d e ' baroni e d e ' nobili di Roma per moverlo a far ritorno ali a sua sede Allora si distende C o l a , e dice ch li baroni di Roma son derubatori di strade; essi consentono le omicidia, le ruberie, le adulte ria e ogni mate; essi vonno che la loro cittade giaccia desolata; molto concepo '1 Papa contro li potenti &c. ( i ) Non possibile il persuadersi che il Rienzi avesse osato di declamare in si fatta guisa nella orazion sua al Pontefice contro quegli stessi baroni e nobili romani, che a l cospetto del Principe erano seco lui compagni in quella missione , di cui anzi erano capi coloro che appartenevano alie pi p o t e n t i famiglie di Roma. 4- Giovanni Villani descrive n c h ' esso 1' a m b a sciata di Rienzi, ed a lui t u t t o n e a t t r i b u i s c e l ' o nore: ,, essendo tornato a Roma u n Nicolajo di Ren,, zo , c h ' era andato a corte del Papa per lo p o polo di Roma a richiederlo che venisse a dimorare alia sedia di san Pietro, come dovea, colla sua corte, e avendoli il Papa di ci data buona ma vana speranza, si ragun parlamento in Roma .,, ec. (a) per le quali parole del Villani parmi cader non possa dubbiezza alcuna che Rienzi non ebb e soci in quella deputazione, e che t u t t o adempi egli stesso l'incarico di oratore del poplo romano. ( i ) Libr. i, cap. 90. (a) Libr. ia. cap.

3o,6

5. Cola di Rienzo fu ele.tto notaro della camera di Roma quando si trovava ancora per l a riferita ambascieria in Avignone; su di ci lo storico si eaprirne chiaramente: messere Giovanni de la Colonna lo rimise dinanti al Papa ; torn in gra zia; fu fatto notaro della camera di Roma; torn molto allegro (i) ec. E n e l l ' incominciare del sus,, seguente capitolo: ,, Poich fu tornato da corte co menz a usare suo ufficio cortesemente. (2) In questo p u n t o son concordi t u t t i gli storici e V a b b a t e De-Sade pi degli a l t r i ; (3) ma co'registri del Pontefice Clemente vi si prova che la concessione di q u e l l ' ufiicio segu nel mese di aprile dell' a n no i 3 4 4 ; (4) d u n q u e a quest anno d ' u o p o r i mettere la missione del Rienzi , (5) cio d u e anni dopo la prima, non essendo verosimile che, appartenendo egli a si illustre consesso, fosse di poi r i masto due interi anni in Avignone, piuttosto che ritornare in Roma a render ragione co'rispettabili suoi colleghi del sostenuto incarico. 6. Scrive il nostro bigrafo che il Rienzi ,, venne in t a n t a p o v e r t a d e , e in t a n t a infermitade , , che poca differenza era di gire a lo spedale... stava al sol come biscia. ,, Come mai u n ambasciatore romano, che formava parte di una depu5

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(1) libr. 1 , cap. i. (a) detto, cap. a. (3) mss. vaticano presso Bzovio, pag, ioo3 - Du Girceali,pag. 2 5 . - Sismondi cap. 3 7 . - De-Sade tom. a, pag. 5o. e pag. 3ai. (4) Regest. Glementis v i , tom. 19, fol. 4 3 (5) Petrarca oratore al Papa nel i34a fu ricompensato poclii mesi dopo colla concessione fattagii li 6- ottobre i34a del priorato di Migliarino nella dicesi di Pisa; (regest. Glementis v i , tom. 1, pag. a 8 5 ) 1* ndole benigna e librale di Clemente sesto non Jascia immaginare il lungo ritardo di dns anni a rimuuerare Cola di Rienzo.
a

tazione d e ' primi ordini della nobilta e del clero di Roma, potea cadere in tanta povert da starsene al sol q u a l meschino pezzente, e da essere quasi astretto a procacciarsi ricovero in uno spedale , allorch per la sua franca eloquenza incontr lo sdegno del cardinale Colonna? Per q u a n t o il Rienzi meritato avesse la sua disgrazia ed il dispregio d e ' suoi colleghi, non convenia giammai al decoro e d alia grandezza di si onorato consesso di a b b a u donare un suo rnembro alia miseria ed a l l ' obbrobrio; questa circostanza pu reggere soltanto nel nostro caso, in cui il romano deputato si trov in q u e l l a corte esposto a l l ' ira di potente cardinale, senza eornpagni, senza appoggio, e senza il soccorso di alcuno. Con queste ragioni parmi avere a sufficienza addimostrato che P ambascieria di Cola di Rienzo da p a r t e de'-cap d e ' rioni di Roma non si dee confondere con quella del 1 3 4 2 ; che fu posteriore, e eembra doversi assegnare a l l ' anno i344 j regge conseguentemente che Petrarca ed il T r i b u no fossero soci in tale missione ed oratori insieme a Papa Clemente v i _ , siccome De-Sade ed altri storici h a n n o scritto.
c r i e n o n

3 8
9

4Si risolvono alcune obbiezioni del

De-Sade..

1 ,, Allorch il Petrarca scrivea a Cola di Rienzo 1' epstola esortatoria, e prometteva di celebrarlo con un carme degno d e l l ' a l t a sua impre. sa , certo che non avea composto per anche in sua lode alcuna poesa In una seconda l e t t v

tera del ag novembre di q u e l l ' a n n o , ( i ) infor mato d e ' traviamenti del Tribuno, lo minacciava di convertir in stira il lrico componimento, nel quale stava allora occupato. Cadiito poco dopo dalla signoria di Roma, non eravi pi motivo di cantare le sue gesta ; d u n q u e , conclude ,, De-Sade, il Petrarca non ha giammai diretta al ,, Tribuno romano la canzone di cui si tratta. ,, Si conceda che prima delP esortatoria il Poeta non avesse ancora scritta quella canzone, ed ind u b i t a t o che non potea averia scritta; si conceda inoltre che le parole della seconda epstola abbiano quel senso, che ad esse attribuisce De-Sade; si pot r a t u t t o al pi dedurre che Petrarca nel mese di novembre di q n e l P a n n o era inteso a scrivere qualche lirico componimento in lode del T r i b u n o , che poi non condusse a fine , minacciandolo invece di rivolgerlo in stira ; ma non si potra giammai ritrarne la conseguenza che non avesse il Petrarca composta prima in q u e l l ' i n t e r v a l l o di tempo alcuna sorta di poesia in favore del Rienzi. Questa conseguenza non sussiste, e ad ogni modo sarebbe contro il fatto , poiche Petrarca avea gi scritta e diretta al Tribuno u n ' gloga in versi latini , nel che lo stesso critico francese conviene. ' poi vero che i l senso di quel periodo della latina epstola sia tale in realt quale lo spiega il De-Sade? Abbiamo digi osservato che se il Francese arricchi le sue memorie con molti sconosciuti documenti t r a t t i da lettere inedite del Petrarca , sovente gli tradusse con poca fedelt per confor( i ) E3iz. d i Basile, pag. 677.

99

4GO
marli alie proprie opinioni. Esaminiamo i l t e s t o , e giudichi il pubblico della mia interpretazione. H a n c mihi q u o q u e durissimam necessitatem (i) exime, ne lyricus apparatus (2) t u a r u m l a u d u m , ,, in q u o quidem, teste lioc clamo, (3) mutvis e r a m , (4) desinere cogatur (5)in satyram. ((>) T o glimi ancora la durissima necessit di soffrire che la magnifica esposizione lirica delle tue l o d i , nella q u a l e , testimonio n ' la mia penna , io ,, avea detto alcerto le molte cose, abbiasi a convertir in stira vale a dir che le grandi lodi riconosciute bugiarde dal pubblico si rivolgerebbe10 in derisione ed in stira. Si ravvisa esser questo il sentimento dello scrittore dal progresso della medesima lettera ,, Quam obrem et si, quod o p i n a n nequeo, tuam famam , fortasse negligis, at saltera famae meae consule ; seis q u a n t a mihi impendat procella, q u a n t a , si labi caeperis, in caput meum reprehensorum t u r s

( 1 ) Necessitas, forza che costringe a fare o a patire alcuna cosa, e che non in proprio arbitrio di evitare. (a) Apparatus non significa soltanto apparecchio, ina sovente pompa, magnificenza. Nepot. in Pausan, apparatu regio uti, ed Orazio, prsicos odi puer apparatus ; translatamente si prende per elocuzione magnifica, sfoggio di parole; Cicerone dicere cau\sam nullo apparatu, sed pur et dilucide. (3) Teste hoc clamo* Si osservi, cioccli si detto altrove, che la canzone fu pubblicata senza il nome del Petrarca. (4) In quo multus eram.Multum esse/inre quapiam esser copioso, prolisso, dir molte cose. Su di ci si hanno parecchi esempi in Cicerone: multus sermo - in orationibus multus - multus in laudanda magnificentia - nolo in hac re multus videri &-c. (5) Cogatur desinere in satyram. Il senso esprime non che il Poeta fsse costretto a rivolgere in stira il componimento, ma che il componimento sarebbe forzato a convertirsi in stira; ci mostra che 1' argomento di stira sarebbe stato nella stes6a poesia. (6) Satyra, un genere d stira anche la derisione.

b a conspret. ( i ) Si ponga mente alia b r u t t a vilt , d i cui l a spiegazione del De-Sade addimo6trarebbe esser capace il gentil poeta di Valchiusa; volgere i n vitupero ed in stira que'medesimi versi pocanzi d a l u i scritti in lode del T r i b u n o ! avrebbe egli con si fatto t u r p e mezzo provveduto alia propria fama? e q u a l era questa durissima n e cessit , che lo costringesse a soffrire ciocch' egli stesso potea evitare? necessita dura ed inevitabile era bensi i l giudizio del pubblico , che riconoscendo menzognere le lodi concesse a quest' uomo , le avrebbe convertite i n derisione , e d i ci a p p u n t o temeva i l Petrarca, i l quale rivolgea la sua prece al T r i b u n o , e gli scrivea queste memorande parole: , P e r t a n t o se trascuri, ciocch non posso credere, la t u a fama , provvedi almeno alia m i a : t u sai q u a l procella mi sovrasti , q u a n t a turba di r i prensori cospirer contro di me... pensa ciocch t u sei, ciocch fpsti, ciocch promettesti, e vedrai che t u sei ministro non padrone della r e p u b Mica (a). a. Petrarca dirige l a sua canzone ad un Ca,, valiere, ad un signore valorosoj Cola di Rienzo fi-

glio di u n tavernaio non era n P u n o n 1' altro. A questa obbiezione di poco peso abbiamo gi risposto n e l l ' esame della prima ed ultima strofa della canzone. 3. ,, Nella q u a r t a e q u i n t a stanza si dicono t u t ,, tora esistenti i disordipi di Roma, e si addimo stra che 1' eroe, cui diretta a canzone , poco
(1) Loco ctato. (2) Loco citato.

,, o nulla avea operato ; ma il Tribuno avea g i i fatto cambiar faccia alie cose. Risponde il Cauriani, e giustamente osserva e s sere ragionevole interidimento contar per poco u n a novella riforma , considerando al molto he rimanea ancora da farsi. ( i ) Anche la lettera esortatoria fu scritta quando il Tribuno avea operato i notabili cambiamenti, che il De-Sade accenna; e p p u r e in essa egualmente il Petrarca descrive desolata R o m a , che chiede soccorso a l P eroe , e mostra a lui le sue piaghe , /rappresentando i molti ostacoli, che rimangono ancora a superarsi. Pnete m e n t e , egli esclama, che nessuno di que'. lupi rapaci si avventi con frode e con finto u ,, lulato a'vostri ovili... essi hanno ancor sete del ,, sangue della greggia e del pastore... voi vdete ,, in qual precipitoso luogo sia egli venuto, soceor,, rtelo acci non cada... molto temo, perch mol,, to amo. ,, E di questi sentimenti piena q u e l la l e t t e r a , che perci a p p u u t o il Petrarca intitol
esortatoria.

o a

4. ,, II Petrarca dopo aver detto nella sesta stan za che gli Orsini e le altre potenti famiglie di Roma desgnate nelle figure di quegli orsi, l u p i , leoni &c. davano noia e briga ai Colonnesi, sim,, boleggiati j n quella grande marmrea Colonna, ,, si rivolge a l P eroe della sua canzone, perch e,, stirpi i primi e difenda i secondi; come mai po,, tea il poeta favellare in tal guisa al Tribuno ,, nemico implacabile di. Casa Colonna? ,,

(1) Aggiungi il riflesso che la canzone fu scritta sull' incomin ciare dell'impresa del Tribuno, siccome altrove si addimostrato.

Narrando il Petrarca che gli Orsini e loro consorti stavano contro Casa Colonna viene ad esporre le malnate discordie fra quelle potenti famiglie, onde ne piangea Roma, e non piangea soltanto d e ' p r i m i , ma degli uni e degli altri, che iniqnamente turbavano la pace d e ' suoi cittadini.
x

43

Di costor piange quella gentildonna Che t' ha chiamato, acciocche di lei

sterpi

Le male piante, che fiorir non 'sanno. Ahi nova gente oltre misma altera,
Irriverente a tanta ed a tal madre!

Con quale ragione si pu affermare che le male


piante di lei da estirparsi, e la gente nuova ed altera irriverente alia gran madre siano, i soli Orsini

e loro seguaci, e non t u t t i q u e ' potenti insieme , di cui h a antecedentemente parlato? II senso sarebbe per s stesso aperto e chiaro, ma pi manifest ancora si rende dalle parole altrove esposte, dalla epstola esortatoria , e dall' gloga q u i n t a , in cui si fa palese che quelle male piante , che davano seme amarissimo di discordia , e quella gente nova e superba straniera a Roma erano le due famiglie Orsina e Colonnese, e su di ci basti , riportandomi a quanto dissi nell'esame della sesta stanza. ( i ) 5. ,, Nella licenza ossia chiusa della canzone il ,, Petrarca appertamente dichiarava di non aver ve(i) Stando ancora al senso, che lo scrittore francese attribuisce ai versi di questa stanza, non ha per questo maggior forza il di lui argomento; se la canzone fu scritta poco dopo all' esaltamento del Rienzi, e prima che i Colonnesi si dichiarassero manifestamente a lui avversi, poteva benissimo il Petrarca sup o n e che la famiglia Colonna fosse favorevole al novello ordine di c o s e , e pregare il Tribuno a difenderla da suoi nemici. ,

duto dappresso ,, ,,

44
e

i l personaggio suo protogonista ,


per fama; come possono a p -

, , ma esserne innamorto

plicarsi al Tribuno queste parole , se i l Petrarca fu seco l u i ambasciatore al Papa n e l i5^2, , e se nelle lettere lo stesso Petrarca annunzia d i averio lngo tempo addietro conosciuto_, e di aver contratta con esso amicizia? Per le ragioni esposte n e l l ' a n t e c e d e n t e pargrafo m i avviso di a ver menomato di molto la forza d i q u e s t ' u l t i m o argomento d e l critico francese ; im* perocch non verificandosi che Petrarca e Rienzi a n dassero insieme ratori a Papa Clemente v i , toll o , come si disse^ u n grande motivo fra loro da recare a necessit i l vedersi e conoscersi personalmente dappresso. Non mi propongo pero di negare che Petrarca avesse veduto d i persona i l T r i b u n o prima di suo i n a l z a m e n t o , poich q u e ' medesimi versi, che formano i l subietto della presente controversia, ne dann o u n a prova forse maggiore di quella che somministrar possono le latine epistole., le q u a l i , per q u a n to calde siano di affetto pe romano T r i b u n o , n o n manifestano pero se quella benevolenza fosse cont r a t t a p e r lettere, oppure per dimestica consuetudin e e familiari colloqui ; d ' altronde scrivendo il Poeta nella canzone di non aver veduto DAPPRESSO il Tribuno, viene con queste parole ad affermare averio in qualche guisa veduto. La proposizione dappresso fu dal Petrarca in a l t r i luoghi usata per significare grande e costante avvicinamento di persona. Favellando degli occhi di L a u r a , egli scrive : cos vedessi io fiso - come amor dulcemente PRESSO - senza gli governa - sol un giorno volger giammai rota superna ; DAPcon

che viene ad esprimere il desiderio di mirare per sempre da vicino gli ocohi di sua donna 5 ed altrove : sol per le tornai da quel ch' i' era poich soffersi gli occhi suoi dappresso. Laonde

veder dappresso parmi che valga lunga e prossima contemplazione di un oggetto co' propri occhi , e parlando di persona tiene significato di molta famigliarit e dimestichezza. Alcuni t r a t t i delle latine epistole riferiti dal D e Sade addimostrano senza! dubbio che il Petrarca era partecipe de'sentimenti di Cola e della medit a t a impresa, (1) che con esso avea contratta a n t i ca amicizia, (a) ed eragli cognito e caro da lungo tempo, (3) ma queste espressioni non contraddicono alie parole della canzone; imperocch potea il Petrarca aver veduto alcuna volta il R i e n z i , senza conversare appresso lui lungamente, e questa breve persnate conoscenza, alimentata di poi ed accresciuta per epistolare commercio, e per la fama che di sua facondia eragli pervenuta, potea giungere al grado d' intima e costante amicizia, i n modo, come scrive il poeta, d'essere di lili innamorato.

Poniam mente altresl ai fervidi modi , ed alia grande efffisione di affetti, con cui solea dispiegare il Petrarca i\ propri sentimenti nelle sue epistole. Facile per ndole dolce e crtese a contrarre amicizia anche per lettera, tutto espande in quel( 1 ) Testis ego sibi sum semper, eum hoc quod tndem peperit sub prsecordis habuisse; sed tempus idoneum expectabat quod> ubi afiuit, nihilo segnius primo arripuit. (Ed. Basil. fol. 536. ) (ci) ...Eis in locs'contractae olim amicitiae memoria (famil. 1 . i 3 , e p . 6, mss. real.) (3) D i u ante mihi cognitum, dilectumque. ( i b i ) .

a .
7

le il suo cuore generoso, e si delizia nelle espressioni di u n a sincera benevolenza. Leggendo le epistole da lui scritte a Stefano Colonna il giovan e , prima che il vedesse di persona, (i) diresti che avessero ambidue per lunga seri d' anni conversato insieme dappresso , e per la sua Roma poi rdea di t a n t a carita, che non temea di scrivere per quella libere ed afFettuose parole anche ad i g n o t i , siccome egli stesso nella epistola al Pontefice Urbano v manifesta. (2) Ma dove Petrarca avea veduto Cola di Rienzo? Non in Avignone, ove questi fu oratore al Pontefice, come si disse, nel i344> poich in q u e l l ' anno e n e l P antecedente ancora il Petrarca era da quella citt lontano, n vi fece ritorno che sul finir del trecento q u a r a n t a c i n q u e . (3) Parmi bensi di potere con qualche ragione inferir , che si vedessero in Roma nel i 3 3 5 , allorch il Petrarca mosse la prima volta per quella desiderata trra, ovvero n e l I 3 4 I , quando vi si rec per ricevere 1' onore della corona, (4) Sommo era in Petrarca 1' ardore per lo studio delle a n t i c h i t , ardore che ben si appalesa in t u t t e le sue opere. Narra il nostro bigrafo non esservi in Roma altri che il Rienzi, che sapesse leggere gil antichi pitaffi; egli tutte scritture antiche volgarizzava, e tutte le figure di marmo giustamente

4o6

gibus terrae saepe etiam ignotis scriberem.... eque ipsi mihi quodammodo videbar loqui; mea fides, mea devotio, meus amor reipublieae loquebatur. (senil, libr. v n , epist. 1 . ) (3) Baldelli - Cronol. pag. 397. (4) Leggasi quanto si detto nell' antecedente pargrafo su quel tratto della epistola sesta lib. x m delle famigliari eis in locis &>c.

a) Hsec me opinio et spes impulit, ut prsedecessoribus tuis duobus, quin et romano imperatori, ac principalibus, et re-

i\ Famil. libr. 3 . epist. 3 , 4J 5, 6.

interpretaba $ e n e l considerare le antiche magaiJicenze spesse volte esclamava: dove son que' buoni romani? dov' loro somma giustizia!potrommi vare in tempo che questi fioriscano? tro-

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N u l l a d u n q u e di pi probabile che al Petrarca fosse indicato i l Rienzi q u a l nico e profondo conoscitore ed interprete degli antichi romani m o n u m e n t i , allorch trovavasi in Roma , e nulla di p i verosimile altresi che in quella occasione il poeta scoprisse in lui q u e ' sentimenti di patrio amore e di desiderio della romana grandezza, d e ' q u a l i t a n t o si piacea, e che in appresso coltivati, e meglio spiegati per lettere , formarono poi quei vincoli di scambievole affetto, che 1' uniformit dell e opinioni res p i durevoli e cari. E sia p u r che Petrarca avesse veduto altrove il T r i b u n o , egli pero certo che u n primo e momentneo avvicinamento, che lasciava desiderio di pi lunga e frequente famigliarit, non togliea p u n t o che i l Petrarca potesse senza contraddirsi dopo i l decorso di pi anni scrivere di non averio ancora veduto DAPPRESSO , e di esserne innamorato pi pe grido di sue virt , che per la conoscenza di sua persona. E si osservi che nella canzone i l poe/ta rivolge le sue parole al magistrato, a l l ' e r o e , al Tribuno di Roma ; ben altro 1' aver veduto per breve colloquio un uomo in sua privata ed umile condizione, di quello che mirarlo circondato di gloria e n e l l ' a u g e di sua grandezza, e contemplar dappresso le grandi sue imprese , le quali solo conoscea per fama; ed in questo senso il Petrarca non avea per certo veduto il T r i b u n o , (i)
(i) Quest' ultima riflessione del cont Gauriani.

o 8

t ) l t r e ci i ' argomento del De-Sade con maggiore ragione si ritorce contro di l u i . A b b i a m di gi addimostrato che Petrarca vide Stefano Colonna il giovane pochi mesi prima che salisse nel i335 alia dignit senatoria, e/non solo ilvide, ma ebbe in sua casa lunga dimora, ed us con lui dimesticamente. Se d u n q u e molto meno conviene a Stefano (i) la canzone, se con t u t t o fondamento lo stesso De-Sade h a condannato le opinioni di coloro, che la credeano scritta a Pandolfo Malatesta, a Giordano Savelli, a Cario iv, a cui d u n q u e diretta? Al romano Tribuno senza dubbio dovuta q u e sta sublime canzone del Petrarca , e parmi averio di gi apertamente provato senza necessita di p i lungo ragionamento. Non mi si appooga essermi di troppo esteso su questo soggetto , e si consideri che la lunga nota del De-Sade richiedea u n a risposta, e mi sembrato che fosse d e l l ' o n o r e nazionale d' Italia di darla accuratamente, prendendo a pi critico esame q u e ' f a t t i storici, n e ' q u a l i e il Tiraboschi, e t a n t i altri valorosi troppo mecamente eransi sottoposti a l P autorit dello scrittore francese. Trattavasi della difesa di una tradizione di q u a t t r o secoli, in cui uomini , he furono la luce d e l P italiana sapienza, avrebbero errato. Ben m ' ayveggo che non era cotesto incarico da miel omeri;

(a) Va pero errato il Cauriani scrivendo che De-Sade assegni la canzone a Stefano Colonna, che govern Roma al tempo di Urbano v, e di cui fa menzione il Petrarca nella a, e 3 epistola del l i b . xiv delle senili. De-Sade intende attribuirla a quello Stefano, che appellavasi il giovane per distinguerlo dal seniore, che fu eletto senatore nel 1 3 3 5 , ed era padre di quello , che resse Roma al tempo di papa Urbano q u i n t o , e che in detto anuo era piccolo garzones.

ma valganmi il buon volere, la benignit de' leggitori, e la fidanza che la verit, bench avvolta in rozzi e laceri panni, sapr risplendere, e farsi per s stessa palese.

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ERRORI TRASCORSI IN ALCUNI ESEMPLARI E D AGGIUNTE

a i , lili. 3 t , nota 45, nota 54, nota 8 6 , nota 1 0 6 , nota l a 6 , liu. I64J lin. i 8 5 , lin. 1 9 7 , lin. a3i, detta, a6a, 36i, 376, lin. lint lin. nota nota

4- Si tolga il segno ( a ) , perch la nota va, unita alia pagina antecedente. s . 11 frammento del senato-consulto , di cui trattasi, insrito nelle iscrizioni del Grutero, num. c c x w i . 1. Deve leggersi cap. ir, e non cap. 1 8 . a. Cosi pur - Levati tom. ir, e non tom. 1 8 . a. Ove scritto -forse a nome del Sultano, si corregga - forse nome del Sultano. 1 . Correggi Sassoni ove si legge Sasoni. 1 8 . Deve leggersi venne Sposa , e non venne spotata. ro. Tanto fu V apaa - leggi - Tanta fu V apatla. ao. Si legga - Cola Pali di Motara, e non Moralla. La cronaca estense lo nomina Cola Bailo di Motara. 1 4 . II Cardinale Colonna pres afavoreggiare per costui. Si tolga il per. 4 - Taliffe - si corregga - Taliffa. 6. Algesras Algesiras. 1 9 . Fu eletto in Boma.... fu eletto in Bona. 3 . Onondoit On doit. a. Spoletuma Spoletana.

Forolivii

die 29 Aprilis IMPRIMATUR

1828
Apost.

videlit Rmo D. D. Ep. Vio. ac Vitit.

D. BRUNELU R. ECCL.

IMPRIMATUR FR. STEPHANUS BERlRDI ORO. PHAED, Sane ti Off. Forol. pro Vic.

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