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ALLE ORIGINI DELLA PASTORELLA, UN GENERE POPOLARE

Di Lucilla Spetia La scelta dellaggettivo popolare fu proposta inizialmente da Alfred Jeanroy nel suo lavoro del 1889 sulla poesia lirica in Francia. In questa riflessione si trovano riunite due possibili letture di popolare: quella relativa alla trasmissione e destinazione di un testo e quella relativa ai residui tratti arcaici che tale termine comporterebbe. Per illustrare la propria posizione critica Jeanroy partiva dallidea largamente condivisa di definire curtoise la poesia trobadorica prodotta dai grandi signori per il divertimento delle corti, che sarebbe poi giunta tramite un percorso connotato come naturel alla cosiddetta poesia populaire, presente incoscientemente e impersonalmente in tutti i popoli. Tuttavia tale riconoscimento forniva unidea mistica e superstiziosa al tempo stesso alla poesia popolare vista come emanazione della natura, perch non consentiva indagini di verifica e riflessioni critiche. Ci escludeva che i pi antichi testi lirici Francesi potessero essere ascritti alla poesia popolare, perch i generi a cui essi appartengono appaiono gi profondamente segnati dallo spirito cortese cavalleresco, e perci sarebbero stati costituiti nel Sud della Francia. Se invece, continuava Jeanroy, con poesia popolare si intendevano quei prodotti emanati da poeti di una certa cultura, ma che sono restati col popolo per poter tradurre meglio la cultura di questo, allora le composizioni non devono essere considerate par le peuple, ma bens pour le peuple. Per cui con popolare si delinea una discesa dallalto verso il basso che ci obbliga ad accettare lidea che se i generi come ce li presentano i testi appartengono alla poesia darte, essi devono essere stati fondati su antichi temi popolari. Non un caso quindi che se lindagine di Jeanroy volta alla ricerca di temi popolari guardava anche alla questione delle origini, questa partisse allora proprio dalla pastorella; non solo perch pi ampiamente coltivata a Nord piuttosto che a Sud, ma soprattutto perch tradizionalmente considerata un genere pi arcaico, e quindi pi vicino alla matrice popolare del mondo agreste. Innanzitutto lo studioso metteva a fuoco le caratteristiche del genere (ricorrendo per a testi francesi): incontro fortuito in aperta campagna fra cavaliere e pastora; tentata seduzione del cavaliere/voce narrante con promesse, lusinghe e doni; esito indifferente con laccettazione o il rifiuto da parte della ragazza; eventualmente richiesta daiuto a parenti e compagni; stupro. Successivamente Jeanroy analizza lipotesi di Gustav Grber che faceva della pastorella la trasformazione del son damour, ossia la narrazione di un incontro cui il poeta aveva assistito o di cui era il protagonista, con una malmaritata spesso ad un villano, la quale dopo essersi lamentata della propria condizione si lasciava consolare dal poeta stesso o da un cavaliere. Jeanroy confutava questa ipotesi in quanto non solo la cronologia del genere era troppo attardata (XIII sec.) ma anche perch nella pastorella la protagonista una ragazza; daltra parte se la pastorella
Alle origini della pastorella, di Lucilla Spetia. Riassunto a cura di Enzo Santilli. Opera trattata per soli fini didattici, tutti i diritti appartengono ai rispettivi proprietari. Per info e feedback: enzo.santilli.13@gmail.com

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conclude un processo evolutivo, si sarebbero dovuti trovare in Provenza tracce degli stadi intermedi, che mancano. I sons inoltre, a differenza della pastorella non sono veri e propri dialoghi, ma pi che altro monologhi. E partendo dalla peculiarit del dialogo Jeanroy osserva una stretta aderenza della pastorella pi antica (Lauter jostuna sebissa di Marcabruno) al Contrasto del siciliano Cielo dAlcamo. I due testi presentano rilevanti analogie nel tono e nella situazione rappresentata, ma la rigida costituzione con la conclusione della capitolazione della donna tipici del dbat amoreux sono elementi fondanti di un genere, il contrasto appunto, di cui resta qualche traccia in Francia. Ne deriva che si tratta con ogni probabilit di una delle forme elementari della poesia popolare. Largomento del dbat era naturalmente prossimo a quello delloaristys (incontro e unione degli amanti) e Alessandro DAncona aveva gi inteso le somiglianze tra i versi dei pastori siciliani e quelli degli antichi greci durante il suo periodo di studi sul Contrasto, presupponendo cos una sorta di linea continua fra gli antichi scritti e quelli siciliani, che avrebbe naturalmente condotto ai primi esempi di pastorella. Vista la carenza di fonti proposte dal DAncona, tuttavia, Jeanroy non appoggi questa tesi, pur ammettendo che potesse esistere un legame fra questo filone e quello del canto alternato (versi improvvisati a mo di botta e risposta) largamente diffuso allepoca sia in Italia, che in Francia che in Portogallo. Se, come ipotizzava Jeanroy, il soggetto era una dichiarazione damore di un ragazzo ad una ragazza, ecco delinearsi il contrasto, che si doveva presumere coltivato nella poesia popolare del Medioevo. Il contrasto sarebbe poi stato ben presto rimpiazzato dalle due variet che ne sono derivate, ossia la tenzone (scambio di ingiurie o discussione su questioni teoriche) e la pastorella, caratterizzata dalla differente situazione sociale dei due interlocutori, mantenutasi invariata nel tempo. Nella ricostruzione dello studioso restavano per da chiarire ancora le ragioni che avevano determinato proprio lambientazione pastorale del genere in esame, e quelle del suo straordinario successo. A proposito di questultimo Jeanroy invocava lantico gusto del vanto, del gab, che si era palesato gi nel famoso testo di Guglielmo IX Farai un vers, pos mi sonelh; quanto invece allambientazione in campagna, metteva in guardia da ascriverla alla poesia popolare, visto che il popolo non ama descrivere se stesso e predilige gli eventi di alto rango. Il disprezzo per le pastore andava quindi imputato allambiente aristocratico dei poeti che, non osando chiamare in causa le loro amate nobili dame, ripiegavano su anonime villane. Rimaneva tuttavia irrisolta la principale difficolt interpretativa del genere: ovvero come mai tra tutte le donne di modestia condizione sociale fossero state prescelte come protagoniste proprio le bergeres. Per uscire dallimpasse lo studioso prese a prestito unidea del suo maestro Gaston Paris, secondo cui gli autori erano stati condizionati da qualche poesia pastorale, di origine per puramente aristocratica, e la teoria ci potrebbe venire confermata dagli elementi di satira sociale e parodia presenti gi nelle prime pastorelle di Marcabruno, che farebbero di questo genere un genere gi maturo per lepoca e quindi precedentemente costituito. A partire dalla testimonianza di Marcabruno, Jeanroy tracciava una breve storia del genere comparando testi occitanici e oitanici, cercando di
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testimoniare a differenza di ci che sostenevano Brakelmann e Schultz il primato cronologico del Sud sul Nord nel presentare opere di questo tipo, sottolineando oltretutto il carattere spiccatamente cortese della pastorella provenzale rispetto a quella francese. Staccandosi dagli ogni tempo. Infine lautore procedeva a definire lessenza del genere medievale: ne negava la fedelt assoluta alla realt, propugnata invece da Greber, e ammetteva piuttosto un mescolarsi di vero e falso. Quindi la realt pastorale non avrebbe avuto un influsso diretto sulla composizione delle opere, almeno non dal primo momento, ma solo quando i trovieri iniziarono ad avvicinarsi fisicamente alla vita pastorale dipingendo quelle che sono state rinominate pastorelle oggettive. Tale complessit, ma soprattutto il riconoscimento delle lontane origini popolari, sono state progressivamente svuotate di valore da parte degli studiosi successivi, sino alla loro negazione. Quanto agli elementi costitutivi (contrasto e oaristys), si proceduto ad eliminare linfluenza del contrasto man mano che si studiava la sempre pi presente componente narrativa delle pastorelle oitaniche, seppur in quelle occitaniche la struttura portante del dialogo sia rimasta pressoch invariata nel tempo. Fra i primi che si occuparono degli studi di Jeanroy vi fu sicuramente il suo stesso maestro, Gaston Paris. Questi riconosceva negli elementi indicati dallallievo la correttezza dellaccostamento del dbat amoureux allidillio di Teocrito ma ne riduceva la portata considerando loaristys connesso alla poesia popolare con il contrasto e assimilando le pastorelle alle chansons personnages (i sons damour di Grber) caratterizzate dallanonimato dei personaggi, dalla scarsit dazione e dalla prevalenza del dialogo (le quali per venivano narrate dal punto di vista della donna). Poich linizio delle chansons personnages si ricollega alla primavera e alle circostanze che laccompagnano, ne deriva per Paris che i giullari avrebbero no bilitato i canti di danza eseguiti in primavera, riconducibili nella forma pi antica ad un monologo di donna, e li avrebbero trasformati inserendo unintroduzione per giustificare la loro entrata (o quella dei cavalieri) in qualit di testimoni. Jeanroy aveva trascurato il quadro primaverile, ma un fatto che anche le pastorelle sarebbero il risultato di una trasformazione prima giullaresca, poi aristocratica delle canzoni di donna e delle scene eseguite durante le feste di maggio, in cui pastori e pastore erano i protagonisti che suonavano strumenti e cantavano canzoni. Questo elemento non di poco conto in quanto introduce il concetto di refrain, attestato solo nei canti oitanici. Le stesse pastorelle definite classiche con la scena di seduzione , potevano essere considerate una specie di pantomima delle canzoni di maggio. Appare cos ribaltato il ragionamento di Jeanroy che faceva delle pastorelle oggettive una variazione successiva delle pastorelle classiche; ma se Jeanroy non aveva ben motivato la condizione pastorale della ragazza, Paris non spiegava bene lirruzione del cavaliere sulla scena delle feste di maggio. Quanto
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archetipi tradizionali, la pastorella trobadorica poteva essere equiparata alla poesia pastorale di

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ai refrains, Jeanroy aveva gi ricondotto tali elementi alla lontana origine popolare di temi e modalit dei generi lirici reinterpretata in ambito cortese, che sarebbero poi stati reinseriti a partire dal XIII secolo nelle pastorelle del Nord. Sarebbero stati composti per lo pi da poeti di pastore nelle canzoni di maggio. La teoria vedeva in tal senso Paris daccordo con Jeanroy. Proprio la presenza dei refrains nelle pi antiche pastorelle era postulata da Alfred Pillet, che not nel testo marcabruniano Lautrer jostuna sebissa la presenza della parola-rima vilayna sempre al quarto verso di ogni strofa, mentre al settimo ricorrono parole differenti, ma tutte terminanti in -ana. Il componimento in questione formato da settenari femminili con schema aaaBaaB e presentava quindi un refrain interno (detto secondario) che corrisponde ad uno finale (detto primario). Vista la somiglianza strutturale dellaltra pastorella di Marcabruno, Lautrier a lissida dabriu, Pillett ipotizzava lesistenza di un Urtypus della pastorella, con una strofa monorimica di 4 del tutto simile a quella delle chansons de toile. Nel suo lungo articolo Pillet concordava con Paris nellattribuire come luogo di nascita del genere al Poitou e al Limosino, ma soprattutto si domandava se la poesia bucolica dellantichit greca e latina avesse giocato un ruolo nella nascita del genere romanzo: effettivamente i due tipi di testo avevano elementi comuni (struttura del dialogo, lamento del pastore, descrizione del paesaggio, ruolo dominante dellamore) ma Pillet fu bravo a coglierne anche le differenze, come la brevit delle pastorelle rispetto alle ecloghe, e lo spostamento in secondo pianto dellelemento bucolico a favore della descrizione dellavventura amorosa. Realisticamente Pillet negava qualsiasi influsso letterario; piuttosto ammetteva che le concordanze potessero trovare spiegazione nella similarit di condizioni sociali e nel parallelo processo che aveva visto nellantichit e nel Medioevo il trasferimento di un genere di origine popolare nella forma letteraria. Tuttavia, daccordo con Paris, riduceva ulteriormente limportanza del contrasto a favore delloaristys come vero elemento fondante della pastorella: un breve racconto popolare dellincontro e riconciliazione fra due innamorati, allinterno del quale si era sviluppato un debt amoureux per influsso letterario, e strutturato formalmente come una canzone di danza eseguita nelle feste di maggio a giustificare lentrata in scena dei pastori. A differenza di Paris non riteneva invece che la pastorella classica potesse essere considerata un gioco. Cos, nel ribaltare completamente la ricostruzione di Jeanroy, Pillet veniva a definire lidea poi costituitasi come assioma che il genere non avesse conosciuto sostanziali modifiche nel tempo: la sua struttura fondante era di carattere narrativo, e in questottica i testi ma rcabruniani manifestano per il loro carattere originale (prevalenza del dialogo, assenza di conclusione erotica) la decadenza del genere, che dopo Marcabruno al Sud dopo conobbe una pausa di quasi un secolo. Il lavoro di Pillet, pur nella sua completezza, mirava a focalizzarsi su un concetto fondamentale, ossia la negazione radicale dellorigine popolare del genere.
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corte, che avrebbero utilizzato come calco gli antichi refrains cantati nelle canzoni di pastori e

o 5 ottosillabi maschili provvisti di refrain finale e pi tardi di refrain interno, struttura tra laltro

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Cos da un lato, ci che Pillet aveva escluso a partire dal raffronto operato tra pastorelle e testi classici, venne invece sostenuto da Faral, che sulla base di una dettagliata analisi delle Ecloghe di Virgilio e di pastorelle quasi esclusivamente francesi, ammise linfluenza delle une sulle altre quanto a principi ispiratori e modalit realizzative. Vedeva somiglianze nella comune tendenza a dipingere la vita rustica in opposizione a quella dei cittadini, e quindi lantitesi tra villano e cortese di cui si nutre la pastorella rivelerebbe per intero il carattere aristocratico dellopera, presupponente quindi sia spirito che canzone cortese. Quindi si tratterebbe di un genere aristocratico che vuole trattare i temi della commedia, non di uno popolare. Daltro canto Delbouille ritornava a dare risalto alla struttura narrativa dellopera, e quindi a connettere la pastorella alle chansons dramatiques sulla base del tema comune, ossia il racconto del poeta di unavventura amorosa in campagna. Secondo Delbouille i testi della poesia clericale (X-XI secolo) rappresentavano la preistoria del genere. Ma se a Faral si poteva contestare larbitrariet della occupato Pillet, sicuramente Delbouille liquidava troppo rapidamente la teoria delle feste di maggio, e soprattutto non spiegava la sostituzione della pastora alle dame o alle ninfe che compaiono nei testi che utilizza come fonti. Gli elementi interessanti delle indagini dei due studiosi, comunque, sono sicuramente il puntuale confronto tra ecloghe e pastorelle effettuato da Faral che ha permesso di mettere in luce alcuni topoi luoghi comuni dei due generi ( nomi propri dei pastori, riferimento agli animali pascolati, alcuni elementi del paesaggio, presenza di ritornelli); mentre grazie ad alcuni dei testi citati da Dalbouille notiamo la presenza di situazioni simili a quelle presenti nelle pastorelle (poeta che parla in prima persona, ninfa come metafora della nobile dama, richiesta damore in cambio di doni e ricchezze). Le due ipotesi, soprattutto quella di Delbouille, trovarono comunque un buon riscontro nel periodo che divideva le due guerre mondiali e che osannava la rimozione della cultura popolare. Su questa linea Piguet neg che la pastorella fosse la testimonianza di una canzone popolare, ma piuttosto una specie di sopravvivenza folklorica di quella classica. Di diverso avviso era William Powell Jones che nel 1931, basandosi sul metodo del Folklore Fellows of Finlands obbiett che fosse del tutto naturale che nella tradizione orale si potesse assistere ad un costante cambio della storia con laggiunta o linflusso di elementi che non avevano nulla a che fare col genere originale. Cos al dbat amoreux si sarebbero aggiunti gli elementi de The Baffled Knight e soprattutto quello della pastora che, in stretta connessione al luogo dorigine del genere (tra Limosino e Poitou, grandi regioni pastorali), avrebbe naturalmente sostituito la ragazza di campagna della tradizione popolare. Solo a partire dagli anni 60 con Maria Dumitrescu si inizi ad interrogare le opere dei trovatori per trovarvi tracce o riflessi di unantica poesia orale. Se ne trovano sicuramente nella lirica Pro ai del chan essenhadors di Jaufr Rudel, in cui lautore alluderebbe al
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comparazione fra testi medievali e antichi e lomissione ai riferimenti a Teo crito di cui si era

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canto dei pastori assegnando quindi alla pastorella uninequivocabile origine popolare . Il riferimento ai pastori da parte di Jaufr (che aveva contatti con Marcabruno) si ritrova anche nella lirica Chantarai daquestz trobadors di Peire dAlvernha in cui lautore paragona i trovatori Aurelio Roncaglia che interpret la contrapposizione tra trovatori e pastori come la traduzione in termini medievali di quella moderna fra poesia darte e poesia popolare. Lattenzione per la componente popolare fu invece del tutto ignorata da Ada Biella che prefer concentrarsi sul concetto di de-generazione (inteso come caduta dallalto verso il basso) soffermandosi sulle differenze sostanziali che connotano il genere al Sud e al Nord. Emergeva cos che i trovatori introducono nel dibattito amoroso fra pastora e cavalieri argomenti di attualit e impegni polemici (gi visti ai tempi di Marcabruno) sfruttando le potenzialit del genere dalla almeno in una prima istanza, mutano con scarsa originalit i temi marcabruniani (soprattutto quello della disparit di condizione sociale). Per poi procedere alla rivitalizzazione di un genere oramai sentito come banale con un arricchimento narrativo formale ed edonistico, ma non ideologico. Ne consegue nei testi francesi la presenza di una spiccata attenzione alla realt, una comicit grossolana e il gusto per la rappresentazione scenica che testimonierebbero, per lappunto, una degenerazione rispetto al motivo ispiratore di Lautrer jostuna sebissa. Gli elementi costitutivi della pastorella erano quindi un tipo di componimento narrativo-drammatico il cui fulcro risiede nel dibattito damore ed in cui calata una polemica a sfondo sociale. Dopodich Biella passava ad esaminare la tradizione mediolatina soffermandosi su due testi di Gautier, databili dopo la nascita del romanzo. Ma se nel primo era evidente linfluenza della tradizione latina precedente (prevalenza di strofe descrittive e narrative, importanza dellambientazione primaverile, esaltazione della donna in quanto essere soprannaturale, invocazione damore del poeta), nel secondo si notavano evidenti elementi propri della pastorella marcabruniana pi che romanza (breve introduzione, prevalenza del dibattito damore distribuito su strofe, forte rilevanza della disparit sociale) a testimoniare che gi attorno al 1170-1180 un chierico raffinato come Gautier de Chatillon ne aveva scritto unimitazione. Le conclusio ni di Biella si reggevano dunque sulla linea tracciata da Delbouille riguardo la sostanziale continuit con la tradizione mediolatina, la quale aveva fornito lo schema compositivo a Marcabruno, da considerare vero motore propulsivo del genere: la prima pastorella datata appare infatti profondamente impegnata di motivi poetici e moduli stilistici che gli appartengono (polemica anticortese, linguaggio realistico, composizione strutturalmente perfetta) che ponevano quindi lautore nella prestigiosa posizione di aver inventato la pastorella. Tuttavia lo studio di Biella non riusciva a chiarire n i motivi dellintroduzione del dialogo serrato, n tantomeno le ragioni della scelta di una pastora.
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privi di consapevolezza tecnica proprio ai pastori. Il legame tra i due passaggi non sfugg ad

polivalente mobilit, aprendosi in seguito anche allinfluenza del tipo francese. I trovieri invece,

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Tale ruolo non era stato invece riconosciuto da Erich Khler, il quale pur rilevando loriginalit del testo marcabruniano e del suo messaggio, aveva parlato di parodia di una schema gi fisso, poich gi da tempo esisteva un tipo classico di pastorella nella forma dellavventura amorosa tra chierico e pastora. E il nucleo pi antico del genere andava individuato in un monologo e lamento di donna (dando quindi credito alla teoria del Paris), elemento che si ritrovava sia in testi medio-tedeschi che portoghesi. Khler tentava dunque di mediare tra origini popolari e tradizione mediolatina che egli ammetteva per spiegare lorigine della pastorella: ai clerici vagantes, influenzati dai canti del popolo, si doveva lintroduzione del personaggio della pastora in ragione di quella tensione sociale fra chierici e cavalieri che si era gi vista nel gab di Guglielmo IX, e in un secondo momento al clerc delle pi remote pastorelle latine si sarebbe sostituito il cavaliere nella letteratura cortese volgare. Il critico tedesco era molto attento alla questione sociale del genere, e interpretava infatti la pastorella romanza come lespressione della necessaria opposizione al villan da parte della classe nobiliare; ed il testo di Marcabruno esemplare in questo senso poich il trovatore parla per bocca della pastora e osserva e giudica austeramente il senher intento ad infrangere le barriere morali che dividono due stati. Quindi una volta consolidatasi la concezione cavalleresca del mondo, la pastorella sarebbe diventata soprattutto nel Nord una forma di autoironia e, con la partecipazione di una certa borghesia, uno strumento di polemica nei confronti dei cavalieri. A partire dagli anni 70 si iniziato ad attribuire maggiore rilevanza ai testi francesi, pi ricchi in

numero e protetti da una storia forte, a discapito di quelli trobadorici. Cos Paul Zumthor fa della pastorella un canto narrativo di Incontro che si sostanzia in una richiesta damore, composto come un divertissement. Per William Paden lelemento pi importante dei vari indicati fin ora il mondo pastorale, ci che gli consente di connettere il genere medievale alla tradizione pastorale di ispirazione virgiliana e a quella biblica del Cantico dei Cantici: proprio in questi testi infatti possibile rintracciare il dialogo tra amanti inserito allinterno di una narrazione poetica. La novit dellintervento di Paden risiede proprio nellapertura alla tradizione biblica cristiana, in particolare allEcloga Theoduli gi menzionata da Pillet, un ludus pastoralis medievale in cui rappresentata la sfida fra la Verit impersonata da una pastora e la Menzogna che veste i panni di un pastore, messi al cospetto di una terza pastora, la Sapienza. Il testo attua lo slittamento del topos pastorale di tradizione virgiliana in una forma nuova alla luce dellinterpretazione cristiana, e fra le novit stilistiche vanno ricordate lintroduzione di una pastora nel quadro virgiliano e lidea sottesa di una rusticitas apparentemente inadatta a celebrare la vittoria teologica del cristianesimo sul paganesimo. LEcloga vide probabilmente la luce alla met del IX secolo nel regno carolingio ed ebbe unincredibile fortuna editoriale.

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Anche Michael Zink identifica la pastorella come una richiesta damore dal tono piacevole rivolta ad una pastora e condita di proposte piccanti. Tuttavia lo scopo del genere non risiederebbe nel ridicolizzare i villains; piuttosto andrebbe interpretato alla luce del rapporto tra dottrina cortese e morale cristiana e al rapporto che queste hanno con la sessualit. Cos, mentre attorno al mille nel Sud prende piede unetica libera dalla restrizioni morali, nella societ del Nord pi sottoposta al giogo della Chiesa si perde larmonia conquistata nella poesia cortese. Perci i trovieri, che pure avevano bisogno di dar sfogo ai loro pensieri scabrosi si rivolsero ad un genere che secondo Zink era il fallimento dellumanismo cortese per aver sottostimato la reazione delle interdizioni ecclesiastiche. La pastorella rappresenterebbe allora lespressione di un mondo fuorilegge in cui gli istinti del poeta trovavano libero sfogo a contatto con una pastora, una vilaine, donna demoniaca guidata da pulsioni erotiche legata alle feste del rinnovamento primaverile, di cui restano ampie tracce nella serrana iberica. Questa connessione col mondo primordiale e con le sue folklore discusso da Zink. N Zink, n Paden ci spiegano come mai la protagonista sia proprio una pastora piuttosto che una villana qualsiasi. Per ultimo Pierre Bec nel suo studio tipologico sui generi letterari medievali, mostra di aderire pienamente allipotesi di Khler non solo facendo del lamento damore una delle strutture poetiche accanto allincontro e al dbat, su cui poggia la pastorella; ma soprattutto postulando una poligenesi al Nord, al Sud come altrove associata ad una stratificazione nel tempo di generi diversi. Ancor pi audacemente, egli riconosce nella pastorella la presenza di generi arcaici (canzone di donna, lamento damore, larchetipo della donna selvaggia), aprendo cos alla tradizione popolare: sulle prove gi fornite da Piquet, Bec concludeva che per i testi pi antichi cos come per quelli recenti andava postulata una doppia e ininterrotta corrente di scambio tra llite ed il popolo. La pastorella marcabruniana stata al centro degli interventi critici degli ultimi trentanni. Va menzionato innanzitutto il lavoro di Nicol Pasero che ha studiato comparativamente lopera dellautore guascone e le opere Guglielmo IX, in particolare i tre vers ai companho e il gab Farai un vers, pos mi sonelh. Ne emerge una fitta trama di relazioni intertestuali per cui Marcabruno avrebbe citato parti dei testi guglielmini al fine di demistificare o fare una parodia della presunta superiorit amorosa di Guglielmo, che aveva posto il suo gab allinterno dellantinomia clercchevalier. Infatti nelle prime due strofe del gab il duca dAquitania prendeva di mira le dommas de mal conselh che rifiutano lamore dei cavalieri, ed anche i monaci e i chierici considerati non solo possibili rivali in amore, ma soprattutto responsabili di lanciare anatemi moralistici contro lamore materiale. Proprio con lidea di amor de chevalier in contrasto a quella dellamore ortodosso, Marcabruno decideva di polemizzare a distanza con la pastorella contrapponendo, a chi non rispettava il principio di mezura, una villana che negava al senher la soddisfazione del suo
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figure, che fa eco a quanto detto da Jeanroy e Paris, la spina dorsale di tutto il riferimento al

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desiderio erotico, e faceva valere contro la foudatz di quello il proprio sen nellidea che laccoppiamento fosse possibile solo fra persone della stessa natura sociale. Lentrata in scena della villana era unintrusione che veniva a mettere in crisi il rapporto clerc-chevalier sottolineando il fatto che era lei a voler far rispettare certi precetti e sollevando il chierico dallesporsi in prima Guglielmo IX (qui torna utile unintuizione di Jeanroy, che accostava le due opere per struttura drammatica e situazione prospettata). Molto importanti nel definire il processo di ideazione e composizione della nostra pastorella furono gli interventi di Maria Luisa Meneghetti. In uno di questi la studiosa sottopone ad unindagine linguistico-culturale alcune lezioni testuali di Lautrer jostuna sebissa: in particolare lindicazione metereologica fornita dal senher quando dichiara il dispiacere per il freddo provato dalla toza e la localizzazione dellincontro dei due su un altopiano: elementi entrambi riconducibili allarea iberica, poich riscontrabili in opere successive di quella regione. Marcabruno avrebbe quindi accolto tali elementi di quella cultura (soggiorn presso la corte di Castiglia e Lon dal 1134 al 1143), e ci permetterebbe di spiegare alcune scelte lessicali come laggettivo mestissa, gi presente in alcuni versetti di S. Girolamo, dove si ritrova anche un comune accostamento dei pastori alle locuste che abbandonano le siepi con il primo tepore. Tale condizione riecheggia proprio nella pastorella che mestissa, la cui condizione di straniera si poteva spiegare solo nella penisola iberica vista la presenza di musulmani: ne deriva allora che la pastora concupita dal cavaliere una fanciulla araba in contrasto con la posizione socioideologica del senher. A proposito di questa sorprendente identificazione, Lucia Lazzerini riconosce la vicinanza del verso marcabruniano al passo biblico, e fa notare che loriginale mixticios andava inteso come pellegrino, quindi avvicinando la giovane alla lettura del Cantico dei Cantici. Allora dietro la villana trasparirebbe limmagine della sposa del Cantico, la Sulamita nigra sed formosa e di condizione pastorale, dando ancora maggior credito allidentificazione di una ragazza di origine araba. Nellarticolo successivo, per ribadire lipotesi della Spagna come luogo dorigine del genere, la Meneghetti fa notare la vicinanza dello schema metrico della composizione marcabruniana con alcune poesie dellautore arabo-andaluso Ab-Ishq ad-Duwain, domandandosi quindi se non fosse possibile ipotizzare lesistenza in terra iberica di componimenti autoctoni di tipo tradizionale in cui la protagonista femminile svolgeva un ruolo di primo piano nella sfrontata assunzione delliniziativa erotica. Marcabruno avrebbe quindi effettuato la trasformazione del modello iberico appartenente al folklore, tenendo conto sia dellesperienza mediolatina del conflictus e dellinvitatio amicae, sia della nuova ideologia cortese che imponeva alluomo liniziativa; il richiamo alla ragazza forestiera avrebbe infine attribuito alla figura femminile lo status di pastora. La Lazzerini riconosce dunque una tradizione popolare alla base delle pastorelle, anche se la qualifica di pastora discende da antecedenti colti e di ispirazione cristiana.
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persona. E se la villana la diretta portavoce di Marcabruno, allora il cavaliere non pu che essere

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Sulla linea della coesistenza in Lautrer jostuna sebissa di significati simbolici e tradizionali popolari si sono espressi Jordi Cedr Subirachs e Vincent Pollina. Il primo era in aperto contrasto con la lettura sociologica di Khler e imputa a Marcabruno la novit di rappresentare con la pastora una voce femminile della letteratura morale e religiosa, con il gab da considerare un precedente immediato del genere pastorale provenzale. Pollina invece analizza le uniche melodie marcabruniane conservate riscontrando nella pastorella maggiore una regolarit strutturale nella ripetizione di 3 versi melodici su 4 e tuttavia lo schema musicale AB AB CCD con classica bipartizione tra pedes a rima incrociata (vv. 1-4) e cauda a forma libera (vv. 5-7) del tutto indipendente dallo schema rimico (7 aaabaab). Lo stile musicale sembra inoltre rifarsi a quello di una danza tradizionale, con numerosi tratti melodici aventi funzione coreografica, come il fatto che tutti i versi tranne lultimo iniziano in DO onde facilitare agli ascoltatori la consapevolezza della fine della strofa. Saremmo di fronte dunque ad un forte contrasto tra una struttura melodica popolareggiante e un contenuto destinato a un pubblico aristocratico.

In tempi recenti alla rigidit schematica di epoca positivista che ammetteva solo una discesa dallalto verso il basso (la citata de-generazione) si sostituita lidea di osmosi, cio la possibilit di una comunicazione a doppio senso, tanto pi valida nel medioevo agli albori delle lingue e delle letterature volgari, in una societ fortemente connotata da plurilinguismo culturale che avrebbe favorito lintersecarsi incessante di voci di ispirazione e finalit diverse, colte cos come popolari, clericali cos come laiche in rapporto parallelo e chiastico fra loro. Tuttavia la filologia medievale mostra ancora una certa diffidenza nei confronti del mondo folklorico, seppur per quanto concerne il genere narrativo si tende ad accettare un maggiore influsso da parte degli elementi provenienti dal basso (ad esempio celtici) per la stessa natura del genere meno legato al rigore formale di una struttura rigida, come invece accade per il genere lirico. Cercare di individuare a tutti i costi i motivi della danza nel genere pastorale rischierebbe altres di far perdere di vista quello che il principale motivo ispiratore della pastorella, ovvero il dialogo alternato fra uomo e donna. Difatti nonostante si sia detto molto sul genere e sullopera letteraria di Marcabruno, rimangono ancora tanti interrogativi sul genere, quali: se Marcabruno veramente linventore del genere, come si spiega il silenzio attestato dopo di lui? Si pu riscostruire il percorso di trapianto del genere al Nord e le ragioni del suo successo? E soprattutto, conto degli indizi di oralit rilevati dalla Dimitrescu? Vista lesistenza di moduli analoghi a quelli di Marcabruno, siamo costretti ad allargare il campo dindagine sia diatopicamente e diacronicamente al fine di rintracciare condizioni culturali e sociali comuni alle due differenti realt storiche sulla scia delle riflessioni di Pillet e di Sbardella. Difatti, nel corso del IV secolo a.C., in piena et ellenistica, si assiste ad una scissione tra la cultura delle classi dominanti, affidata ormai alla scrittura, e quella delle classi subalterne
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si pu spiegare con il richiamo alla tradizione cristiana la presenza della pastora, senza tener

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strettamente legata alloralit. Personalit di rilievo come Teocrito allora decisero di rivolgersi alle tradizioni popolari per affermare la propria poesia nel senso di verit; e Teocrito infatti fond la poesia bucolica prendendo come scenario un ambiente pastorale in cui, alla presenza di un giudice, si svolgevano gare di canto fra due contendenti in unalternanza prestabilita o improvvisata, pur rispettando norme rigorose. Cercando tradizioni simili al difuori della Grecia, ci accorgiamo che Gregorio Serrao, partendo proprio dallIdillio V di Teocrito, ha stabilito le regole del canto fra pastori: unopposizione di generi maschile-femminile, esplicitata nei motivi trattati che conta risposte in senso orizzontale (proposta-risposta), verticale (proposte-risposte di uno stesso gruppo) e obliquo (in ciascun gruppo ogni risposta condiziona la proposta della coppia successiva). Reinhold Markelbach individu che nelle Alpi bavaresi e tirolesi, in Italia e addirittura in Siberia, il genere del canto improvvisato pressoch identico, anche metricamente, nonostante le evidenti differenze linguistiche e culturali. Ma se la struttura metrica della quartina sembra essere un elemento comune e fondamentale affinch il dibattito avvenga, il genere bucolico nasce come forma anomala perch oscilla tra la struttura drammatica e quella narrativa. Essendo quindi un genere privo di effettiva forma, tutto il fulcro dellattenzione va spostato sul contenuto, e principalmente sul contenuto delle reinterpretazioni latine ove verranno inseriti elementi non convenzionali (vicende politiche, ansie religiose, tendenze letterarie) e fissato il paesaggio ideale con conseguente disinteressamento per leffettiva realt. Ai pastori originali si sostituiscono quindi i pastores otiosi, i quali non dibattono realmente ma solo cantano, ed il mondo medievale si rivolger alla poesia bucolica per la convergenza del pastore virgiliano con quello cristiano. In questo senso lEcloga Theoduli rappresenta un esempio perfettamente riuscito di genere pastorale, alla luce dellampio risveglio virgiliano avvenuto tra lVIII e il XI secolo. Ben diverso il caso di Lautrer jostuna sebissa dove si assiste allo scontro verbale tra la toza e il senher, scontro che procede per associazione e opposizione di motivi come nellidillio teocriteo con il consolidamento strutturale di connessione strofica a coblas doblas. Dopo una breve introduzione in cui viene fondamentalmente descritta la ragazza, nella strofa II luomo parla per primo, ma la donna parla di pi. Nella strofa III lalternanza perfetta e qui si trova il punto cruciale del contrasto: luomo la definisce douce pia e le propone un tipo particolare di compagnia, la pareil-paria, che lei rifiuta perch la pareillaria solo parzialmente paritaria. Da qui il cavaliere prender la strada della lusinga, lodandone la bellezza e le presunte origini nobili da IX). In ogni circostanza la pastora ribalta quanto detto dal cavaliere mettendolo sempre al suo posto e facendogli notare la stoltezza delle di lui parole, concludendo nelle ultime strofe che non scambier la sua verginit col nome di puttana e che ognuno deve accoppiarsi secondo la propria natura. Tale struttura mette in risalto tutta la complessit e la raffinatezza delloperazione marcabruniana testimoniando lapertura del trovatore al mondo folklorico con lutilizzo di termin i lessicali fortemente connotati in senso popolare e di un ritornello con valore onomatopeico. Se
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parte di padre (str. V), da parte di madre (str. VII) e infine riconoscendone le umili origini (str.

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inoltre si tiene conto delle intuizioni metriche e musicali di Pillet e Pollina, ci si rende conto che il meccanismo costruttivo del dialogo tra pastori stato inserito allinterno di una struttura strofica di antica tradizione folklorica romanza connessa con il canto e con la danza: si tratta della strofa zagialesca, costituita da un tristico monorimico e un refrain. Stessa costruzione riscontrata nel gab di Guglielmo IX (aaabcb), e almeno da questo punto di vista le due esperienze sono entrambe avvicinate al mondo popolare. indubbio che una scelta del genere dovette apparire dirompente in rapporto ai contenuti polemici pregni di valore allusivo: una modesta pastora trova la forza di unautorit morale esemplare senza precedenti, in quanto voce femminile e in ambito volgare, e parla in modo equivalente al cavaliere grazie al canto alternato per rintuzzare le proposte oscene di lui in nome di quei valori che avrebbero dovuto appartenergli in quanto lui stesso espressione del mondo cortese. Per di pi, lei riesce a confonderlo e sovrastarlo, tanto da avvalersi addirittura dellultima parola. Potrebbe apparire come il riconoscimento di unideale eguaglianza di popolo, ma ci sarebbe in forte contrasto con la dichiarata visione di Marcabruno, convinto assertore della divisione fra gli stati. La reazione clericale non si fece attendere: lo testimonia la pi antica pastorella mediolatina conservata, il carmen buranum 89, che mette in scena due pastori significativamente identificati alla maniera virgiliana i quali introducono un canto, e una pastora nigra puella abbigliata miseramente e imbruttita dal lavoro. La ragazza si volge spavaldamente ai pastori e rimproverando loro il rifiuto della vita attiva, il desiderio di guadagno, lamore per lozio e la trascuratezza nei confronti del gregge lasciato a rischio delle aggressioni del lupo. Alle dure parole della ragazza dallaspetto delirante, rispondono i pastori rivendicando per loro stessi la prerogativa del canto; da un lato esibendo la presunzione del loro alto magistero, dallaltro svilendo la figura e il ruolo della donna, destinata ad un lavoro femminile e a dover accudire il gregge. Pillet osserv per primo questo testo, definendolo una parodia religiosa del genere pastorella e identificando la pastora con la Chiesa che rimprovera ai suoi pastori cupidigia e trascuratezza (sulla stessa linea era Delbouille). A seguito di unindagine pi accurata Hans Spanke colse loriginalit della scrittura per una mescolanza di dialogo e narrazione. Studiandone gli elementi geograficamente ai cantori di una corte del Sud della Francia o della Spagna. In base a tali indicazioni avanz una datazione attorno al 1150, che faceva di questo testo un omologo latino di Lautrer jostuna sebissa. Daltronde si tratta di unopera che si comprende appieno se posta in rapporto dialettico con la pastorella di Marcabruno: la pastorella di questultimo perde di bellezza e di arguzia nel carmen buranum 89; i pastori del carmen, a differenza del cavaliere marcabruniano, si sentono in dovere di colpire latto di superbia della giovane (non a caso sono i
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strutturali riusc a ricollegare il testo allopera dei sammarziali e quindi a ricondurla

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primi e gli ultimi a parlare) e di ricondurla entro i limiti imposti dalla sua condizione di donna e pastora. Colpisce poi quel nigra puella, evidente traduzione della tozeta mestissa, nonch la ricchezza del personaggio: se in Marcabruno pascolava i capretti, qui ha un gregge misero e promiscuo come le classi sociali contro cui si era scagliato il trovatore guascone. Ma c di pi: nel rinnegare dal profondo Marcabruno e la sua scelta senza dubbio eversiva di raccoglimento e nobilitazione delle tradizioni popolari con valore polemico nei confronti dellideologia dominante, lanonimo autore del carmen buranum 89 riporta sulla scena due pastori come nellecloga virgiliana di tradizione colta anche nella reintepretazione cristiana, e costituisce il proprio testo dal punto di vista rimico, ricorrendo al modulo espressivo proprio del mondo clericale. Loperazione marcabruniana viene quindi violentemente contraddetta e svuotata del suo valore originario attraverso la riduzione al silenzio della pastora da un lato, dallaltro col fare di lei una puttana (fine scongiurata in Marcabruno) nel carmen buranum 90, in cui la pastora propone ad un giovane appena incontrato un gioco erotico. E tuttavia non appare ancora pienamente chiarito perch per sottrarre forza e autorevolezza alla pastorella marcabruniana in cui ad essere deriso il cavaliere, si sia mosso il mondo clericale. Per capirlo si deve ancora una volta ritornare al paragone col gab di Guglielmo IX. Se sono chiari i punti di connessione fra le due opere, non vanno trascurati i punti di opposizione: nel gab il cavaliere (Guglielmo IX) parla in prima persona a due donne sposate e probabilmente realmente esistite, mentre nella pastorella i due personaggi sono individuati come toza / bella e senher / don; alle coblas unissonans del gab rispondono le doblas della pastorella e infine se nella prima opera lavventura tutta costruita intorno al mutismo del cavaliere nella seconda lo scontro dialogico serve a mettere in risalto labilit dialettica della ragazza. C poi quel verbo trobiei presente sia in Marcabruno che in Guglielmo IX, portatore di una fortissima valenza semantica in quanto significante sia incontrare che poetare. Se da questi spunti ne risulta rafforzata la connessione fra le due opere, si evidenzia anche il legame fra i testi stessi e lattivit del comporre in volgare, di cui alla lirica guglielmina va attribuito il primato cronologico e sulla quale vale quindi la pena di soffermarsi un attimo. Come gi osservato, il duca pone la propria avventura allinterno dellantinomia clerc-chevalier, iniziando con un mood sonnolento nel fare riferimento alla pratica elioterapica disapprovata dalla Chiesa, con probabile rimando parodico al De Somnio, di origine clericale. Ma se nellopera di riferimento lamore carnale avviene in sogno, il potente duca sceglie di raccontarcene uno fin troppo realistico, un vero e proprio tour-de-force osceno con ben due donne sposate. Nella cobla bilingue il protagonista risponde al saluto delle donne emettendo suoni disarticolati per apparire muto e in una delle due versioni arrivateci una traduzione potrebbe ricondurre quanto dice ad una frase oscena araba. Indipendentemente da quale che sia ledizione considerata ed il significato che si vuole attribuire alle parole, indubbio che il senso di quanto detto vada ricollegato al parlare arabo.
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Allora Guglielmo avrebbe sapientemente costruito la parodia di una chanson de rencontre di ispirazione ovidiana e di tradizione clericale, da un lato utilizzando i motivi folklorici del finto muto e del gatto rosso, dallaltro ammiccando ai testi zagialeschi dellarabo Aben Guzmn. Si sarebbe trattato quindi di un riferimento pi o meno esplicito alla cultura degli infedeli nonch di una rivendicazione, nel proprio poetare, della validit della lingua volgare in opposizione alla tirannia del latino, prerogativa dei chierici. A sua volta Marcabruno rovescia la parodia e la arricchisse di ulteriori doppi sensi e di intenti polemici: alla realt oscena del suo predecessore oppone la sana realt del mondo pastorale ambientando il dialogo allaria aperta e fresca (in opposizione al tepore del chiuso della casa di una delle due donne del gab) ed utilizza una pastorella araba che le canta chiare al senher, realizzando cos un effetto di straniamento travolgente. Era troppo per il mondo clericale: far parlare in volgare e secondo le modalit di canto popolare una ragazza araba che si faceva portavoce di principi etici del mondo cortese e che alludeva con la sua stessa presenza a testi scritturali non era tollerabile. Bisognava ricondurre tutto entro i termini della rassicurante antinomia clerc-chevalier, perch rispettosa dellideologia dominante secondo la quale alla villana viene negata la voce ed assegnato il ruolo previsto dalla tripartizione canonica, quello di laborator. Non un caso allora che alle carmina burana 89 e 90 (dove viene messo in chiaro il labor della pastora) ne siano seguite altre due in cui i chierici vengono richiamati ai loro doveri e, in un dialogo fra vergini, vengano scelti come beneficiari del dono dellamore a scapito dei cavalieri. Quanto a Lautrer jostuna sebissa, possibile che il soggiorno di Marcabruno in Spagna sia stato determinante per la sua composizione, tenendo conto delle considerazioni della Meneghetti; tuttavia egli poteva aver avuto coscienza delle modalit di canto alternato proprio dai pastori del Poitou durante il suo soggiorno al servizio di Guglielmo VIII (figlio dellautore del gab). In ogni caso a questo testo va attribuita la primogenitura assoluta per il processo di ideazione del genere e per la forza prorompente propria dellopera grazie alla sua forma e contenuto costr uiti in maniera perfetta. Le pastorelle successive di Marcabruno andrebbero, in virt di quanto detto fin ora, considerate come un tentativo dellautore di correggere il tiro, e provare cos a sottrarsi alla censura clericale, cui si deve il lungo silenzio nel ricorso a genere pastorella. La pastorella maggiore dovette tuttavia continuare a circolare forse spinta dalla facilit di trasmissione orale tanto che nel decennio 1170-1180 un chierico del Nord torn ad esplorare il genere imponendogli per modifiche sostanziali che ne limitassero il potere eversivo. Il Declinante frigore di Gautier riconduce ad esempio la pastorella al mondo dellinvitatio amicae e in Sole regente lora addirittura recuperato il dialogo, seppur indebolito dalle molte allusioni classiche. Nella prima opera cambia il protagonista ( un chierico) e vagamente anche nella seconda, in quanto qui il cavaliere viene descritto in maniera un po parodistica. Ma lelemento degno di nota sta
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nella forte connotazione narrativa di entrambi i testi, e soprattutto nel comune finale con la ragazza costretta a subire lamplesso. La strada per il trapianto al Nord ormai aperta. Se infatti il ricorso allo stupro violento non maggioritario nelle pastorelle oitaniche, la narrazione della conclusione erotica diventa lelemento connotante della pastorella al Nord, fungendo come uno dei tanti fattori volti al ricomponimento del rapporto gerarchico tra i sessi, con la pastorella abile e scaltra, ma di solito poco virtuosa, e il protagonista maschile oggetto di ironia, identificato una volta per tutte con un cavaliere. Non un caso che tale trapianto avvenga per mano di chierici, ed in una societ dove la borghesia economica, critica nei confronti del mondo cortese, desiderosa di prendere le distanze dalle proprie umili origini. A tale mondo apparteneva proprio Jean Bodel (attivo negli ultimi decenni del 1100) e considerato grande innovatore della letteratura oitanica per la scrittura dei primi racconti in forma di fabliaux e del primo miracolo in volgare, ma anche per linvenzione del genere lirico dei Congs; si po ammettere allora che le cinque pastorelle a lui attribuite siano tra le prime. Il suo rinnovamento passa attraverso lesplorazione e quindi la mediazione della tradizione giullaresca e della cultura clericale, spesso in opposizione tra loro. Le sue pastorelle si fanno portavoce del risentimento borghese contro i cavalieri, ed in misura minore contro i chierici. Gli elementi folkloristici, che rammendano le origini popolari degli autori, vengono rivalutati e rimescolati neutralizzando cos lintervento eversivo dellopera marcabruniana. Da un lato lassunzione del punto di vista dellautore da parte del cavaliere (e non pi della pastora) il primo assaggio del rovesciamento dellelemento costituivo del genere; dallaltro il ruolo giocato dalla tozeta marcabruniana e dalla sua identit etnica si osserva in una pastorella di Guiraut de Bronelh, in cui il cavaliere rifiuta le avances della pastora perch innamorato di una dama, e termina rimettendo la villana al suo posto. Da questo momento e proprio da questa negazione la pastorella torner ad essere coltivata in Provenza, ormai nellalveo della tradizione trobadorica, e risentendo nel tempo infl uenze rilevanti dellesperienza oitanica. E tuttavia lesperimento di Marcabruno di apertura al folklore stato talmente potente da oltrepassare epoche, luoghi, censure nelle infinite variazioni formali e contenutistiche che lo contraddistinguono; ma soprattutto da rifarsi folklore come un giro di valzer dalle analoghe vicende compositive.

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